Realizzare… realizzandosi
Desidero scrivere questa tesi con un unico intento, quello di poter realizzare in piccolo, il cambiamento che vorrei vedere in futuro.
Desidero realizzare uno scritto che possa raccontare passo passo il mio progetto, un documento che possa specificare con chiarezza qual è stato il mio percorso di ricerca, quali persone ho conosciuto ed esperienze vissute, contaminando così la mia mente con altri pensieri e guide ispiratrici, sulle quali desidero fondare il mio lavoro ed il mio credo.
Questa tesi vuole essere un manifesto di idee, desideri, passioni; un incontro di persone che insieme cercano di creare qualcosa di nuovo e soprattutto di utile.
Sono qui oggi a concludere un percorso iniziato alcuni anni fa, difatti, dopo aver deciso di intraprendere gli studi pedagogici, per esplorare e approfondire teorie e principi, ho ricercato una strada nuova, una via non facile ma sicuramente molto stimolante.
Di conseguenza conobbi e frequentai il Corso di Laurea in Scienze per la pace. Mi sembrava interessante poter vivere e capire il conflitto, i discorsi e gli interventi svolti in aula mi stimolarono e mi spinsero ad approfondire concetti ed argomenti a me sconosciuti.
Con il tempo è cresciuto dentro di me il desiderio di andare oltre, di mettere in pratica ciò che stavo studiando, decidendo profondamente di occuparmi e prendermi cura dei conflitti emotivi.
La parola conflitto sottende uno sforzo continuo e la stessa parola diviene la chiave per entrare in un’altra dimensione, un mondo che spaventa, scoraggia e spesso si evita. Nella sfera del conflitto non esistono regole ben precise su come procedere, se non quelle date dall’istinto di ricercare il bene per sè ed empaticamente per gli altri.
C’è un passaggio forzato quando si affronta un conflitto emotivo, con sé stessi o con gli altri, ed è quello di fare i conti con i propri bisogni, le proprie emozioni e con il proprio sé che emerge e con il quale ti devi confrontare. Si ha tra le mani un’ampolla molto delicata, contenente sentimenti, emozioni, che in campo conflittuale regnano sovrani. Non si può pensare di affrontare un conflitto evitandolo, rispondendo a se stessi con un “ma si… non è niente”, oppure “gli passerà!!!”. Proprio nel momento in cui si nasconde un disagio, una sofferenza, si rischia di diventare ciechi, di isolarsi o peggio ancora accontentarsi di quello che si ha, praticando l’abitudine di vedere l’altro come un caso irrecuperabile, quindi ci si abbandona alla sconfitta, si rinuncia al cambiamento. 1
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