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Densità e intensità come strumenti di riqualificazione delle periferie residenziali : i complessi abitativi di MBM arcquitectes a Barcellona

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Tesi di Dottorato in Progetto Urbano Sostenibile - XXVI Ciclo Relatore Prof. Arch. Andrea Vidotto

Corelatore Prof. Arch. Valerio Palmieri Coordinatore Prof. Arch. Lucia Martincigh

COME STRUMENTI DI RIQUALIFICAZIONE

DELLE PERIFERIE RESIDENZIALI

I COMPLESSI ABITATIVI DI MBM ARQUITECTES

A BARCELLONA

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cessa di essere incorporato, cessa di essere ap-propriato. Lo spazio è un dubbio: devo continu-amente individuarlo, designarlo. Non è mai mio, mai mi viene dato, devo conquistarlo.

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Introduzione

Campo di interesse Oggetto della ricerca

Focus della ricerca empirica Obiettivi

Metodo

Risultati conseguiti

Previsione di sviluppi futuri Impostazione della ricerca

Capitolo primo

Le periferie residenziali

Un’ obiettivo per la riqualificazione

1.1 Riqualificare la città

1.2 La questione delle periferie residenziali 11

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2.4 Le tre dimensioni della densità: di costruito, d’incontro, d’usi 2.4.1 Densità di costruito

2.4.2 Densità d’incontro 2.4.3 Densità d’usi

2.5 Intensità: la dimensione sensibile della densità 2.6 Qualità urbana e spazi dell’abitare

2.6.1 Obiettivi per la qualità

2.6.2 Il ruolo dello spazio collettivo: lo spazio abitabile tra le cose (e le case)

2.6.3 Il ruolo degli spazi intermedi

2.6.4 Densità, intensità, identità: da spazio a luogo 2.6.5 L’abitare come pratica urbana

2.7 La dimensione nascosta della prossemica

Capitolo terzo

MBM Arquitectes a Barcellona

Densità, intensità, residenza

3.1 Le ragioni di una scelta

3.2 Il contesto di riferimento: Barcellona 3.2 1 Caratteri morfologici del territorio 3.2.2 Evoluzione e trasformazione urbana 66

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3.4 MBM Arquitectes e il progetto della residenza 3.5 Riferimenti e confronti

Capitolo quarto

Leggere la densità e l’intensità

Analisi dei complessi abitativi di MBM

4.1 Introduzione all’analisi

4.2 Criteri di selezione dei casi studio 4.3 Le fasi dell’indagine

4.4 Il metodo di analisi

4.5 L’osservazione come tecnica di ricerca 4.6 La verifica del tempo

4.7 Definizione dei criteri di analisi 4.8 Lo spazio collettivo: focus dell’analisi 4.9 I casi di studio

Isolato Escorial 50 Isolato Milans del Bosch Isolato La Salut

Isolato Vall Roig Isolato Martì l’Huma Isolato La Maquinista Isolato Mollet

Isolato Can Folch 103

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5.2 Il confronto dei dati: una matrice CRITERI|PROGETTI 5.3 Categorie di analisi ed elementi invarianti

5.4 Conclusioni e risultati del confronto

5.5 La ricerca progettuale di MBM Arquitectes e la questione delle periferie

5.6 Strategie progettuali per la riqualificazione delle periferie residenziali

5.7 Strumenti di supporto per la riqualificazione delle periferie residenziali

5.7.1 Strumento A: METODO COMBINATORIO 5.7.2 Strumento B: MATRICE METATESTUALE 5.8 I destinatari degli strumenti di supporto

Capitolo sesto

Possibili sviluppi futuri

6.1 Applicazione degli strumenti di supporto ad un caso della periferia romana

6.2 Il caso di Val Melaina. Una possibile occasione di intervento

6.3 La corte tipo di Val Melaina a Roma e il caso studio 07. Mollet

Bibliografia

Fonti Iconografiche

241 254 273

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INTRODUZIONE

Campo di interesse

Oggi il tema della riqualificazione della città ha assunto un ruolo rilevante nell’ambito dell’ evoluzione del sistema insediativo, soprattutto perché rappresenta una modalità di intervento che contribuisce a contenere il consumo di suolo, ponendosi come alternativa ai processi di espansione delle città.

Obiettivo della riqualificazione urbana è la realizzazione di un ambiente urbano sostenibile, con una concezione della sostenibilità, intesa come benessere, sicurezza e cura dell’ambiente, alla ricerca di quella qualità urbana carente o mancante in molte aree della città, in un confronto costante tra le potenzialità dell’esistente e le mutate esigenze dell’utenza. Nell’ambito della riqualificazione urbana, negli ultimi decenni, si è rivolta particolare attenzione alle periferie residenziali delle città: luoghi oggi marginali a causa dei pessimi collegamenti, indifferenziati, monofunzionali e privi dei servizi più elementari, che quindi gravitano attorno a centri

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urbani sovraccaricati e si dimostrano incapaci di rispondere alle mutate esigenze abitative ed inadeguati dal punto di vista delle caratteristiche morfologiche, tipologiche ed energetiche. Le periferie residenziali rappresentano però anche una risorsa attiva nell’ambito della riqualificazione urbana: questi contesti urbani, con le loro le loro caratteristiche specifiche di indefinitezza, mancanza di caratterizzazione, presenza di ampi spazi vuoti, abbandonati, si offrono oggi come occasione di trasformazione, materiale da manipolare per riqualificare e ridare una dimensione urbana a spazi senza significato.

Oggetto della ricerca

Tra le molteplici tematiche ricadenti nel campo della riqualificazione delle periferie residenziali, si è scelto di trattare i temi della densità e dell’intensità: si ritiene che la sinergia tra la densità quantitativa e l’intensità, intesa come espressione degli aspetti qualitativi della densità, sia elemento essenziale da indagare per lo sviluppo di una città complessa e vitale e sia strumento utile di indagine e controllo negli interventi di trasformazione della città.

La densità è considerata elemento fondamentale per studiare e comprendere i fenomeni urbani ed anche per poterli controllare, si tende spesso però a interpretare la densità come un parametro quantitativo salvifico che automaticamente possa determinare qualità, invece il passaggio cela una maggiore complessità, prefigurando una visione più ampia del concetto di densità.

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valore numerico quantitativo che ha notevoli implicazioni nella qualità dell’architettura e della vita di chi la abita.

Per mettere a fuoco le possibili interpretazioni della densità, in questa tesi, sono state analizzate molteplici ricerche che toccano direttamente o attraversano in modo trasversale il tema della densità in ambito urbano.

La presente ricerca propone l’idea che la densità quantitativa da sola non sia sufficiente per produrre qualità urbana e che il concetto di densità urbana debba essere esteso alla triplice accezione di densità di costruito, densità di incontro e densità d’usi, quindi esteso agli aspetti qualitativi della densità, che possono essere riassunti e definiti attraverso il concetto di intensità urbana. Si propone l’estensione del concetto di densità a quello di intensità, come elemento necessario al raggiungimento della qualità urbana, dunque la possibilità di andare oltre la misura quantitativa della densità di un ambiente urbano e di misurarne anche la qualità, in funzione di quei “caratteri dell’ambiente costruito che influenzano le relazioni tra le persone rendendole possibili, impedendole o facilitandole“ (Gehl, 1991/1971).

Per costruire o ricostruire spazi urbani che siano luoghi abitabili, dove venga vissuta e osservata la vita urbana, è necessario studiare e agire oltre che sulla densità quantitativa anche sull’intensità intesa come “concentrazione di esperienze spaziali, sociali e ambientali che possono trovarvi luogo” (Metta, 2013). Il grado, la misura e il carattere delle attività all’aperto vengono infatti influenzati dalla progettazione fisica degli spazi.

Ciò che interessa approfondire in questa ricerca è l’interazione tra densità e intensità e gli effetti prodotti da questa interazione negli spazi dell’abitare, con particolare

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attenzione rivolta allo spazio collettivo, con la consapevolezza che la misura e valutazione di questi aspetti sia strettamente connessa alla presenza di persone in relazione con lo spazio. Per studiare tale interazione è necessario infatti osservare e analizzare le caratteristiche dello spazio e della relazione tra spazio e abitanti.

Focus della ricerca empirica

Per analizzare e approfondire il tema dell’interazione tra densità e intensità negli spazi dell’abitare si è scelto di focalizzare l’attenzione sul lavoro di uno specifico studio di architettura: lo studio MBM Arquitectes di Barcellona.

La scelta è dovuta a diversi fattori, in primis all’aver riscontrato una notevole corrispondenza tra i temi affrontati in questa tesi e la ricerca progettuale dello studio. Altro fattore determinante è stata la possibilità di osservare una grande produzione di edilizia residenziale ad opera di MBM Arquiteces, costruita a partire dagli gli anni ’50 fino ad oggi: ciò fornisce un vasto campionario di casi studio da analizzare, selezionare e confrontare, che permette di approfondire in termini applicativi i temi affrontati in questa ricerca. L’opera di MBM Arquitectes rappresenta quindi uno strumento utile per la dimostrazione delle premesse della tesi.

Lo studio, attivo a Barcellona dagli anni ’50, ha incentrato la sua opera teorica e pratica sulla ricerca della qualità urbana, della definizione e ridefinizione della città, e sul tema della residenza, considerata elemento generatore di urbanità. Inoltre ha contribuito notevolmente, in termini teorici

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e pratici, alla questione della trasformazione della città, dichiarandosi, già dagli anni ‘80, a favore della ricostruzione e della non espansione della città e promuovendo la necessità di un ritorno alla città compatta, una città densa di persone e di funzioni, alla ricerca dell’urbanità. Applicando queste teorie, tra gli anni ’80 e ’90, lo studio ha contribuito in modo attivo a trasformare la città di Barcellona, partecipando sia attraverso azioni progettuali che attraverso azioni processuali e amministrative.

Oriol Bohigas (1992/1985) promotore e teorizzatore dello studio, considera la città, non come un unicum, ma come una giustapposizione di parti e rintraccia nel quartiere il limite possibile della progettazione urbana: la dimensione locale acquista grande valore, in questo senso infatti la strategia di trasformazione della città si esprime attraverso azioni puntuali per la dotazione di servizi e la riconsiderazione degli spazi pubblici.

Lo studio MBM ha contribuito proprio attraverso azioni puntuali alla trasformazione urbana tramite interventi nella città consolidata e interventi di espansione, lavorando sui temi della residenza urbana e dell’isolato, considerato come elemento regolatore della città.

L’attenzione è rivolta principalmente al tema del disegno dello spazio urbano e dei servizi collettivi: la ricostruzione della città inizia dalla costruzione dello spazio collettivo; le gerarchie e forme dello spazio urbano sono i temi cardine della pianificazione.

Dall’analisi dell’opera e della ricerca teorica dello studio MBM si evidenzia come gli elementi coinvolti nella trasformazione della città siano principalmente la residenza, l’isolato e lo spazio pubblico. Particolare attenzione è data anche alla questione

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della mixitè urbana e alla questione della dimensione significante della città, espressa attraverso lo spazio pubblico, elemento su cui agire per restituire dimensione urbana ai brani di città che l’hanno persa o mai avuta.

Obiettivi

Alla luce dell’inquadramento tracciato, il presente lavoro di ricerca ha fissato i seguenti obiettivi:

1. approfondimento del dibattito disciplinare in relazione al tema proposto e messa a punto di una bibliografia di riferimento;

2. ricerca teorica sul lavoro dello studio MBM Arquitectes: approfondimenti, sintesi, interpretazioni. La tesi si ripropone di fornire un quadro chiaro e sufficientemente esaustivo della ricerca progettuale dello studio e del suo operato nell’ambito dell’edilizia residenziale, con particolare attenzione al contesto della città di Barcellona;

3. rilevanza dei contenuti cognitivi che legano la ricerca progettuale dello studio MBM Arquitectes con i temi della presente ricerca;

3. messa a punto di un metodo di analisi e valutazione della interazione tra densità e intensità per analizzare e confrontare una selezione di casi studio, realizzati da MBM Arquitectes. 4. definizione e proposta di strumenti progettuali di supporto per la riqualificazione di complessi residenziali periferici.

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Metodo

Il metodo di ricerca si articola attraverso cinque punti salienti: 1. approfondimento del dibattito scientifico sui temi della densità e dell’intensità urbana. Il lavoro è consistito nella raccolta e selezione di riferimenti bibliografici utili all’approfondimento teorico.

2. approfondimento della ricerca progettuale dello studio MBM Arquitectes, con focus sul tema dell’edilizia residenziale e delle azioni trasformative nella città consolidata. Il lavoro è consistito nella raccolta e selezione di riferimenti bibliografici. 3. definizione di un metodo di analisi dei progetti in funzione della chiave di lettura dell’interazione tra densità e intensità, basato su criteri interpretativi delle caratteristiche dello spazio e della relazione tra spazio e abitanti. Il metodo di analisi si basa sullo studio approfondito e dettagliato delle caratteristiche fisiche e delle modalità di uso dello spazio. Sono stati definiti criteri di valutazione alla scala urbana e alla scala dell’isolato, al fine di valutare la relazione del complesso residenziale con il contesto, la qualità dello spazio e la qualità della relazione tra spazio e abitanti. Obiettivo a cui mira l’analisi è contribuire ad ottenere informazioni riguardo gli elementi che caratterizzano lo spazio e il modo in cui esso viene vissuto, determinando la qualità della vita in un ambito urbano.

4. analisi di una selezione di complessi abitativi dello studio MBM, realizzati nell’area metropolitana di Barcellona, attraverso il metodo prefigurato.

Una prima fase dell’indagine è stata dedicata alla consultazione e raccolta di materiale riguardante i progetti presso l’Archivio Storico del Comune di Barcellona, dove è conservato tutto il

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materiale cartaceo dei progetti dello studio MBM Arquitectes dagli anni ’50 agli anni 2000, e presso l’archivio privato dello studio MBM Arquitectes, che conserva il materiale dei progetti più recenti. È stato inoltre consultato e raccolto materiale digitale presso l’Archivio del Dipartimento di Urbanistica del Comune di Barcellona.

La fase successiva dell’indagine è stata ai sopralluoghi ai casi di studio selezionati, durante i quali è stata compiuta una raccolta di materiale fotografico e di dati rilevati dall’osservazione. I sopralluoghi sono stati effettuati in tre tempi: un primo sopralluogo generale ai casi, un secondo di analisi più dettagliata e un ultimo sopralluogo, di conferma dei dati raccolti. Questa successione di sopralluoghi ha permesso di verificare possibili variazioni temporali nell’uso dello spazio dei complessi residenziali.

5. approfondimento attraverso interviste ad esperti. Per conoscere in modo più diretto il contesto di riferimento e la ricerca progettuale dello studio MBM sono state effettuate interviste ai progettisti, all’amministrazione comunale e a docenti universitari. Le interviste sono state utili ad apprendere notizie riguardanti gli indirizzi della ricerca progettuale dello studio MBM e le intenzioni celate dietro i progetti, ad approfondire la conoscenza del ruolo politico e sociale svolto dallo studio MBM nella città di Barcellona, nonché ad apprendere informazioni utili sulla legislazione urbanistica della città di Barcellona e sulla sua evoluzione. I soggetti delle interviste sono stati:

- Oriol Bohigas, architetto socio dello studio MBM Arquitectes. - Francesc Gual, architetto socio dello studio MBM Arquitectes. - Ferran Sagarra Trias, professore ordinario direttore della facoltà di Architettura della ETSAB – Escuela Tecnica Superior

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de Arquitectura de Barcelona.

- Xavier Monteys Roig, professore ordinario e coordinatore del dottorato e del gruppo di ricerca Habitar della ETSAB, attraverso cui si occupa del tema dell’abitare e della trasformazione della città.

- Aurea Gallen, architetto direttore del Dipartimento di Pianificazione e Sviluppo del Comune di Barcellona.

6. confronto tra i dati raccolti attraverso l’analisi dei casi studio ed estrapolazione per deduzione di strategie progettuali in relazione al tema dell’interazione tra densità e intensità.

Risultati conseguiti

Al termine del lavoro di tesi, i risultati raggiunti sono stati: 1. la messa a punto di un quadro di riferimento analitico sul tema dell’interazione tra densità e intensità;

2. la verifica delle affinità tra il tema proposto e la ricerca progettuale di MBM Arquitectes;

2. la costruzione di una bibliografica sui temi della densità e intensità e sulla ricerca progettuale dello studio MBM Arquitectes;

3. la messa a punto di un metodo di analisi e valutazione dei casi studio in termini di interazione tra densità e intensità; 4. la definizione e proposta di strumenti progettuali di supporto per la riqualificazione delle periferie residenziali. Attraverso il confronto dei dati ottenuti attraverso l’analisi effettuata sui casi studio, sono state dedotte strategie progettuali. Con la consapevolezza che l’interazione tra densità e intensità non possa essere generata attraverso soluzioni

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tipizzate o metodi fissi, sono stati poi proposti strumenti di supporto, che possono rappresentare orientamenti e indirizzi progettuali di supporto ai progetti di riqualificazione delle periferie residenziali.

Previsione di sviluppi futuri

Si prefigura la possibilità di esportare ed utilizzare gli stru-menti di supporto, proposti come orientamento nel progetto di riqualificazione, applicandoli a realtà di complessi periferi-ci in un contesto differente. Si vuole proporre come possibile sviluppo futuro della presente ricerca l’applicazione e la veri-fica degli strumenti, attraverso un processo simulato di appli-cazione. La simulazione rappresenta uno sviluppo ulteriore della ricerca ed una verifica dei risultati elaborati in questa tesi.

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Impostazione della ricerca

Per maggiore chiarezza di lettura qui di seguito viene descritta l’articolazione della ricerca.

Nel primo capitolo viene esposto il campo di interesse. La ricerca ha inteso affrontare il noto problema delle periferie residenziali.

Nel secondo capitolo viene dichiarato e trattato il tema della ricerca: la questione dell’interazione tra densità e intensità, in ambito urbano. Gli argomenti vengono esposti in forma documentativa, attraverso sintesi e citazioni, ed in forma valutativa, attraverso commenti e interpretazioni.

Nel terzo capitolo viene affrontato l’approfondimento della ricerca su un caso reale: i complessi abitativi dello studio MBM Arquitectes a Barcellona. Vengono descritti il contesto di riferimento, a livello geografico e urbanistico, la ricerca progettuale dello studio, con particolare attenzione ai temi della residenza collettiva.

Nel quarto capitolo viene affrontata in modo specifico l’analisi di casi studio selezionati, nove complessi abitativi all’interno dell’area metropolitana di Barcellona. Viene descritto in modo dettagliato il metodo di analisi formulato in modo originale, e viene esposta l’analisi dei casi, in forma di schemi, illustrazioni e testo.

Nel quinto capitolo viene esposto il confronto tra i casi studio, in forma di schemi, grafici e illustrazioni, e viene elaborata una sintesi dei dati ottenuti. Attraverso l’analisi e interpretazione dei dati, vengono elaborati e proposti strumenti di supporto per il progetto di riqualificazione delle periferie residenziali. Nel sesto capitolo vengono esposti i possibili sviluppi futuri della ricerca.

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Capitolo primo

Le periferie residenziali

Un’ obiettivo per la riqualificazione

La periferia è la città del nostro tempo della quale tutti siamo in un modo o nell’altro responsabili. Perciò sarebbe bene cominciare a studiarla con impegno e, possibilmente, con tolleranza.

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Fig. 1. Illustrazione di Kenneth Browne. West End, Londra: Ar-chitectural Press, 1971.

1.1 Riqualificare la città

Oggi il tema della riqualificazione della città ha assunto un ruolo rilevante nell’ambito dell’ evoluzione del sistema in-sediativo, soprattutto perché rappresenta una modalità di intervento che contribuisce a contenere il consumo di suolo, ponendosi come alternativa ai processi di espansione delle città. La riqualificazione urbana interpreta una modalità di sviluppo della città attraverso una crescita urbana che non è espansione, ma ottimizzazione delle risorse e trasformazione dell’esistente.

La riqualificazione urbana è dunque un tema di grande ri�è dunque un tema di grande ri�di grande ri-lievo negli studi e riflessioni sulla città contemporanea; af-ferma Caudo (2011) che “è qui, dentro la città costruita e da ristrutturare, che prende corpo la mutazione principale che attraversa le città europee e che ne sta rinnovando la condi-zione attraverso i processi di rigeneracondi-zione urbana che negli ultimi anni si sono incrementati di molto per numero e per rilevanza.”

La questione della riqualificazione urbana rimanda ad obiet-tivi come l’aumento di competiobiet-tività delle città, la necessità di ottimizzazione delle risorse, il miglioramento della qualità urbana. Interessante definizione della riqualificazione urba-na ci è data da Borri (1985) che la definisce che uurba-na “attività pianificatoria, programmata o progettuale, finalizzata al re-cupero di una valida dimensione qualitativa e funzionale in strutture urbane e/o edilizie – nell’insieme o in singole parti – compromesse da obsolescenza o da degrado”.

Obiettivo della riqualificazione urbana è dunque la realizza-zione di un ambiente urbano sostenibile, con una concerealizza-zione

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della sostenibilità, intesa come benessere, sicurezza e cura dell’ambiente. Alla ricerca di quella qualità urbana carente o mancante in molte aree della città, in un confronto costante tra le potenzialità dell’esistente e le mutate esigenze dell’u-tenza.

La questione della qualità è un tema centrale negli interventi di riqualificazione urbana, Il recupero della qualità delle città è oggi la premessa indispensabile per uno sviluppo economi-co economi-corretto e sostenibile: “la principale sfida per la pianifica-zione urbana del Duemila consiste nell’esigenza di migliorare la qualità urbana nelle grandi città e aree metropolitane. Qua-lità urbana significa un’organizzazione urbana che persegue due obiettivi: l’efficienza e l’attrattività della città, per render-la vincente nelrender-la competizione internazionale fra grandi aree” (Bagnasco, 2005).

La qualità urbana si realizza come punto di equilibro in conti-nua variazione, tra le aspettative della domanda e le prestazio-ni che la città è in grado di offrire effettivamente: “l’approccio concettuale si basa sul presupposto che la qualità urbana sia il risultato dell’incontro fra la domanda di vivibilità, sicurez-za, efficienza della città che promana dalla comunità locale e la capacità della città stessa di soddisfarla” (Bagnasco, 2005).

La riqualificazione dell’esistente si presenta oggi come una alternativa da perseguire e contrappore alla costruzione ex-novo, al fine di evitare ulteriore consumo di suolo, limitare il fenomeno dello sprawl urbano e ridurre e ottimizzare il consumo di risorse impiegate. Il modello della città compat-ta rappresencompat-ta una risposcompat-ta alla necessità di ottimizzazione e riduzione delle risorse, realizzando tessuti urbani densi in

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Fig. 4

Fig. 2-4. Trasformazione del complesso Florijn nel quartiere Bijlmermeer ad Amsterdam, ad opera dello studio Van Shagen Architekten di Rotterdam. Fig. 2

Fig. 3

contrapposizione alla crescita urbana incontrollata.

La scelta a favore della riqualificazione in contrapposizione ad un modello di sviluppo basato su espansione sostituzione, è oggi un imperativo etico e questa scelta etica nel suo ma-nifestarsi diviene anche una scelta estetica, che è possibile definire come l’estetica della durata (Magnago Lampugnani, 1999).

Il processo di riqualificazione manifesta inoltre un valore ag-giunto, il valore della continuità temporale. La radicale rottura compiuta attraverso le operazioni di demolizione e ricostru-zione viene sostituita da una continuità temporale nello svi-luppo urbano: il rinnovo, attraverso il meccanismo del costru-ire la città strato dopo strato, permette uno sviluppo urbano graduale e continuo, come il processo di sedimentazione di un fiume (Van Schagen Architekten et al., 2009). La storica del luogo è un valore, le tracce del passato si trovano nel terreno, negli edifici, nel verde, nelle visuali, ma anche nello spazio, negli ostacoli, nei confini, nei collegamenti, nelle intenzioni, nei successi e negli insuccessi.

Ai fini della riqualificazione è necessario comprendere e uti-lizzare le opportunità offerte dall’esistente, cercando di risve-gliarne le potenzialità, piuttosto che distruggerle.

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Fig.5. Giorgio De Chirico, Mistero e malinconia di una strada, 1914.

Fig. 6. Mario Sironi, Periferia, 1922.

1.2 La questione delle periferie residenziali

Nell’ambito della riqualificazione urbana, hanno assunto un ruolo fondamentale le periferie residenziali: luoghi oggi mar-ginali a causa dei pessimi collegamenti, indifferenziati, mo-nofunzionali e privi dei servizi più elementari, che risultano gravitare attorno a centri urbani sovraccaricati. Questi quar-tieri si dimostrano incapaci di rispondere alle mutate esigen-ze abitative ed inadeguati dal punto di vista delle caratteristi-che morfologicaratteristi-che, tipologicaratteristi-che ed energeticaratteristi-che.

Le periferie residenziali costituiscono un ampio patrimonio abitativo e rappresentano oggi un problema da risolvere a livello europeo, che può essere letto contemporaneamen-te come una risorsa per la trasformazione della città, consi-stente dal punto di vista dimensionale ed interessante per le potenzialità di trasformazione: “l’urgenza è di riqualificare piuttosto che costruire ex novo, perché è sull’esistente che si manifestano i principali fenomeni di degrado e marginalità, ed allo stesso tempo è dove si riscoprono nuove potenzialità e valori locali” (De Matteis, 2010).

La periferia viene definita spesso per negazione: come il

luo-go dell’assenza o come il luoluo-go della perdita (Di Biagi, 2006).

Nella periferia mancano infatti spesso qualità, significato, identità e si perdono l’organizzazione dello spazio, la coeren-za, la forma, i limiti.

il termine periferia deriva dal greco “perí” (“intorno”) e

“phe-rein” (“portare”) e indica uno spazio racchiuso, indica le aree

di una città al di fuori del centro storico, in una visione an-titetica tra centro e periferia. Oggi è più che mai evidente il superamento della dicotomia geografica centro�periferia. Ci si

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Fig. 9. Dettaglio di una facciata in stato di degrado. Val Melaina. Fig. 7. Spazio pubblico sopraele-vato. Pietralata, Roma.

Fig. 8. Spazio antistante gli edifici. Vigne Nuove, Roma.

imbatte di frequente in aree periferiche che si collocano all’in-terno dello sviluppo urbano. La definizione di queste aree non è più in funzione di una collocazione geografica ma in funzio-ne delle loro caratteristiche specifiche. In questo senso è pos-sibile parlare di una nuova condizione periferica1 trasversale che comprende spazio società e cultura.

Oggi caratteri principali di identificazione delle aree periferi-che sono la provvisorietà2 e la non finitezza, soprattutto nella definizione degli spazi aperti e delle attrezzature collettive (figg. 7, 8). Spesso queste aree risultano essere incompiute ri-spetto ai progetti originari: non sono stati realizzati i servizi che erano stati previsti o manca un vero e proprio progetto dello spazio pubblico, che spesso risulta costituito da ampie distese indifferenziate e inabitate.

Queste caratteristiche di provvisorietà e non finitezza rivela-no alcune potenzialità di trasformazione delle aree periferi-che, che evidenziano la presenza di materiale su cui agire e da trasformare. Le periferie divengono così una risorsa per la traformazione della città.

Le periferie residenziali presentano una molteplicità di aspet-ti problemaaspet-tici, come la quesaspet-tione della scarsa qualità co-struttiva (fig. 9): l’edilizia esistente è spesso mancante e

difet-1 “Emerge un modo di essere periferici prima ancora di radicarsi in localizzazioni

periferiche: descrizione di una città interstiziale nella quale la precarizzazione

de-gli statuti disegna geografie impreviste che rendono contigue forme di cosiddetta

esclusione con situazioni di normale integrazione basterebbe a testimoniare di

una simile evoluzione.” (Caudo, 2009:35�36).

2 “(…) uno dei caratteri fondamentali della periferia è la provvisorietà, cioè l’evi-dente incompiutezza dei processi insediativi, sia spontanei che pianificati, che le hanno prodotte.” (Cerasoli, 2008:18).

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Fig. 10. Facciata continua. Val Me-laina, Roma.

Fig. 11. Campi sportivia Val Me-laina, Roma. Foto di Stefano

Ciof-Fig. 12. Centro sportivo a Tor Bel-la Monaca. Foto di Stefano Cioffi.

tosa, non soddisfa le mutate e mutevoli esigenze degli utenti e non rispetta i requisiti minimi di efficienza energetica. Gli edifici costruiti prima degli anni ’70 non prevedevano nessun accorgimento ai fini del risparmio energetico e necessitano oggi di una forte azione di miglioramento.

Un altro aspetto problematico riguarda la crescente diver-sificazione della domanda abitativa, che deriva da molteplici fattori: aumento del numero di famiglie, contrazione progres-siva del nucleo familiare, invecchiamento della popolazione, crescente presenza di famiglia straniere, giovani adulti che vivono in famiglia. Ciò rende necessario agire sull’offerta in-differenziata di alloggi dei complessi residenziali esistenti, re-alizzando un’offerta che risponda alle mutate esigenze.

Inoltre altri due elementi su cui è interessante soffermare lo sguardo per comprendere la problematicità delle peri-ferie residenziali sono le questioni della dimensione e della proporzione. In questi quartieri le dimensioni sono spesso troppo ampie, le distanze troppo grandi, gli spazi aperti vuoti ed enormi; ciò rappresenta di per sè un problema poiché la grande dimensione scoraggia la vita all’aperto e la creazione di relazioni sociali nello spazio collettivo (figg. 10�12). Questi aspetti comportano una percezione di totale mancanza di ri-conoscibilità e identificazione ed un pressoché totale disuso di quegli spazi che dovrebbero invece contenere il fulcro della vita urbana di questi quartieri, a discapito di quelle possibili relazioni interpersonali che potrebbero e dovrebbero avveni-re in quegli spazi aperti(Gehl, 1991/1971).

La pianificazione del dopoguerra ha modificato il modo di vi-vere tra gli edifici, la vita urbana è stata portata al di fuori dei

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complessi abitativi, dichiarando una forzata dipendenza di questi complessi dai centri urbani più vicini. Ciò ha scoraggia-to la circolazione pedonale in queste aree a favore della circo-lazione automobilistica. Un termine interessante per definire questa modalità di pianificazione urbana è desert-planning3; le aree periferiche assumono l’aspetto di terra di nessuno, luoghi senza vita, privi di senso, deserti (figg. 13�16). L’antro-pologo Franco La Cecla (2011/1988:37) racconta gli effetti di questa dimensione periferica:

“l’angoscia territoriale è la prefigurazione della perdita di appartenenza di un luogo ad un gruppo umano e vice-versa. Oggi esiste un perdersi che è senso di distrazione permanente rispetto al proprio ambito territoriale. La città, il paese, il territorio diventano indifferenti per il cit-tadino medio. La sua attività di abitante non è attività di creazione dei luoghi. Egli è solo utente. Esiste in questi casi una condizione di costante spaesamento, di cronico fuori-luogo, di tendenza effettiva a perdersi, a non di-stinguere con facilità un luogo dall’altro”.

Vediamo come, se ancora oggi il centro storico delle città e il paesaggio rurale sono dotati di senso poiché rappresen-tano stratificazione e permanenza, la periferia “è la città dei linguaggi diversi, ma non nel senso della stratificazione e se-dimentazione storica, bensì nel senso della contemporanei-tà (relativamente) istantanea delle edificazioni linguistiche” (Bellicini, 2001:44). Per descrivere la periferia, Bellicini

uti-3 Il termine desertplanning è stato introdotto da Gordon Cullen nel suo testo Townscape, pubblicato per la prima volta nel 1961. 

Fig. 13. Percorso tra le case. Ti-burtino III, Roma.

Fig. 14, 15, 16. Passaggi. Val Me-laina, Roma.

Fig. 14

Fig. 15

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lizza il termine elementi indifferenti (2001: 53), elementi che caratterizzano complessivamente la periferia italiana, inten-dendo caratteristiche comuni a tutte le periferie e alluinten-dendo ad un’idea di indifferenza al contesto e al luogo.

Si ritiene importante tornare a sottolineare il ruolo delle peri-ferie residenziali come risorsa attiva nell’ambito della riqua-lificazione urbana. Questi contesti urbani, con le loro le loro caratteristiche di indefinitezza e mancanza di caratterizzazio-ne, si offrono come occasione di trasformaziocaratterizzazio-ne, materiale da manipolare per riqualificare e ridare una dimensione urbana a spazi senza significato. Gli interventi di riqualificazione nel-le periferie residenziali costituiscono dunque un enel-lemento fondamentale per restituire qualità urbana e quindi qualità della vita ad ampie aree urbane degradate.

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Intensificare la città attraverso mezzi sensibili, intensificare la relazione con la città, fornire una migliore acutezza percettiva, rafforzare il sentimento di urbanità

Pascal Amphoux, Polaritè, Mixitè, Intensitè, 2005

Capitolo secondo

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2.1 Densità: un concetto dai confini labili

Il termine densità viene utilizzato in molte discipline quali la geografia, la matematica, la fisica, l’urbanistica: in ogni conte-sto di riferimento assume significati del tutto differenti. Per assumere un significato ha sempre bisogno di un aggetti-vo specificatiaggetti-vo che ne dia la collocazione semantica ed esiste in quanto relazionato con un altro elemento che sia di riferi-mento.

Il termine densità deriva dal latino densus che significa “con una certa consistenza, fitto, poco fluido, il contrario di raro”1.

Sul vocabolario italiano il termine densità è designato come l’essere denso, la qualità di ciò che è denso: “con significato relativo, la condizione di un corpo, o di un complesso costitu-ito di molti elementi, le cui parti costitutive sono più o meno vicine fra loro, secondo un rapporto che può essere precisato numericamente, o espresso genericamente mediante aggetti-vi come basso, alto, elevato”2.

Se ne può dedurre che il termine rimanda ad un’idea di con-centrazione, di contenimento di elementi in uno spazio e di relazione tra contenitore e contenuto.

In fisica la densità è definibile come assoluta o relativa, la pri-ma è una grandezza adimensionale definita come il rapporto tra la massa di un corpo e il suo volume ed è una proprietà in-trinseca del corpo stesso, quindi definisce la concentrazione di massa in un volume, mentre la seconda è il rapporto tra la densità di un corpo e quella di un corpo preso a riferimento,

1 Definizione da Castiglioni Mariotti Vocabolario Latino-Italiano, s.v. “densus”. 2 Definizione da Treccani Vocabolario Etimologico, s.v. “denso”.

Fig. 1. Concentrazione.

Alberto Biasi, Rilievo ottico dina-mico, 1962.

Fig. 2. Hong Kong. Foto di Michael Wolf

Fig. 3. La spiaggia di Chowpatty durante il festival di Ganesh. Foto di Jehangir Sorabjee.

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a parità di temperatura e pressione. Il termine si applica a grandezze che hanno massa e volume, quindi una distribuzio-ne spaziale ed ha a che fare con l’idea della concentraziodistribuzio-ne di elementi nello spazio.

Alla metà dell’800 il concetto di densità ha subito una trasla-zione dalla fisica, per essere utilizzato in ambito urbanistico, al fine di misurare e controllare l’espansione esplosiva della città industriale. L’uso del parametro densità esprime l’esi-genza di dare ordine e regola alla città e alla sua crescita in-controllata, esso viene infatti utilizzato inizialmente come parametro limite nei regolamenti di igiene, creati per contra-stare mortalità ed epidemie dei quartieri sovraffollati a causa della forte urbanizzazione di massa seguita all’industrializza-zione.

2.2 Densità in ambito urbano

L’interesse nell’uso del parametro densità in ambito urbano è dovuto alla sua capacità di misurare la concentrazione di per-sone e di edificazione all’interno di un contesto urbano, ma anche alla sua capacità di essere un parametro interscalare, in grado di misurare la concentrazione alla grande e alla piccola scala.

La nascita della densità edilizia nell’800 sancisce l’uso di un parametro utile a stabilire i limiti della costruzione a livello volumetrico rispetto a terreni non edificati.

In seguito il parametro densità è presente in molti piani ur-banistici che danno forma alle città europee, un esempio è il

Plan Cerdà (fig. 4) di Barcellona la cui formulazione risale al Fig. 4. Un dettaglio del Piano per

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1859, questo piano di ampliamento della città si affida al pa-rametro della densità e alla definizione di una maglia rego-lare, per controllare e dirigere l’espansione e per creare una città equa, identificando nelle quantità un possibile elemento di oggettività.

In questa fase della storia urbanistica la densità come para-metro quantitativo, nel suo valore certo di numero, offre la sicurezza della riuscita del piano, o perlomeno ne dà la sen-sazione. Alla fine del secolo il parametro densità si consolida come parte integrante dei piani urbanistici delle principali città europee.

In seguito la densità è sempre stata elemento dominante nella pianificazione urbana, come ad esempio nella logiche di pia-nificazione dello zoning funzionalista.

Il concetto di densità si è quindi codificato nel tempo in am-bito urbanistico come un parametro numerico di misura e controllo dell’espansione e “a poco a poco la nozione si è tec-nicizzata e ha la tendenza ad essere ridotta a strumento di misurazione e valutazione, al servizio delle grandi operazio-ni di urbaoperazio-nistica funzionalista e dello sviluppo immobiliare”3 (Amphoux, 2005).

Ad oggi il parametro densità fa parte dei piani urbani delle città e grazie ad essa vengono definiti valori limite di quan-tità edilizie e valori minimi obbligatori per i servizi pubblici (standard).

Nel tempo la densità ha quindi assunto accezioni diverse fino a diventare oggi un elemento che incarna prescrizioni o divie-3 Traduzione dell’autore

Fig. 5. Espansione della città. Mexico City

Fig. 6. Espansione della città. New York

Fig. 7. Espansione della città. San Francisco

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ti e parametro di valutazione e analisi di situazioni urbane esistenti.

Durante l’ultimo secolo infatti la densità è stata usata sia per descrivere i problemi della città che come riferimento per prescrivere alternative, formulate come densità massime o minime.

La densità si presenta quindi come una variabile urbana, uno strumento utile per leggere, interpretare e controllare i feno-meni urbani, parametro principale dal punto di vista quanti-tativo per il controllo delle trasformazioni urbane.

Elemento di interesse per la presente ricerca è il fatto che la densità urbana sia un parametro numerico quantitativo che produce effetti sulla qualità dello spazio costruito e che de-termina notevoli implicazioni nella qualità dell’architettura e della vita di chi la abita.

2.3 Oltre la densità quantitativa: un’intepretazione molteplice

La distanza tra prevedibilità e caso è determinata dallo specifico carattere della densità Michael Sorkin, 2003 La densità si presenta come un elemento interessante per stu-diare e comprendere i fenomeni urbani ed anche per poterli controllare ed è legata agli aspetti sia quantitativi che qualita-tivi dello spazio. Si tende spesso però a considerare la densità come un parametro quantitativo salvifico che possa automati-camente determinare la qualità di un ambiente urbano,

inve-Fig. 8. Confronto tra topologie insediative e calcolo della densi-tà FAR su un ettaro di superficie edificabile. (Rielaborazione da: Reale, 2008)

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ce il passaggio cela una maggiore complessità, prefigurando una visione più ampia del concetto di densità.

È stato dimostrato che non è sufficiente un numero o un agget-tivazione per avere la certezza di un buon risultato attraver-so l’uattraver-so del parametro densità in ambito urbano (Amphoux, 2005), cosa che si riteneva essere agli inizi dell’urbanistica moderna. La realtà urbana è evidentemente più complessa, oltre alla questione della quantità si evidenzia la necessità di osservare e lavorare su altri elementi coinvolti.

Afferma Luca Reale (2008) che “diverse densità sono in grado di definire spazi di qualità differente”. Il delicato passaggio tra quantità e qualità è tanto importante quanto spesso dato per scontato; la densità è sicuramente uno strumento utile per l’interpretazione e la trasformazione dell’ambiente urbano, ma una adeguata densità quantitativa non determina in modo automatico qualità urbana.

Dietro l’apparente semplicità del numero e del valore tecni-co, vi è una maggiore complessità, legata a molteplici aspet-ti, quali la natura e i caratteri dello spazio misurato, la scala urbana di riferimento, ma anche a molti presupposti impli-citi che rendono insufficiente il concetto: “esso presuppone il territorio di riferimento isotropo e omogeneo, gli elemen-ti coinvolelemen-ti immobili e permanenelemen-ti, i comportamenelemen-ti sociali standard e proporzionali… raramente ciò accade in una città.” (Amphoux, 2005).

Questo studio propone l’idea che la densità quantitativa da sola non sia sufficiente per ottenere ambienti urbani vitali e che il concetto di densità urbana debba essere esteso alla tri-plice accezione di densità di costruito, densità di incontro e

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densità d’usi, quindi esteso agli aspetti qualitativi della densi-tà, che possono essere riassunti e definiti attraverso il concet-to di intensità urbana.

L’ipotesi è che si possa andare oltre la misura quantitativa della densità di un ambiente urbano e che si possa e deb-ba misurarne anche la qualità, in funzione di quei “caratte-ri dell’ambiente costruito che influenzano le relazioni tra le persone rendendole possibili, impedendole o facilitandole“ (Gehl, 1991/1971). Per costruire o ricostruire spazi urbani che siano luoghi abitabili, dove venga vissuta e osservata la vita urbana, è necessario studiare e agire oltre che sulla densi-tà quantitativa quindi anche sulla intensidensi-tà intesa come “con-centrazione di esperienze spaziali, sociali e ambientali che possono trovarvi luogo e alla misura della qualità e del senso dell’abitare” (Metta, 2013:267).

Il carattere e la misura delle attività all’aperto vengono infatti influenzati dalla progettazione fisica degli spazi: “tramite le decisioni progettuali è possibile influenzare il campionario delle attività, determinare migliori o peggiori condizioni per le azioni all’aperto e creare città animate, oppure senza vita” (Gehl, 1991/1971:47)

Interessante il contributo teorico sul tema della densità forni-to dal critico di architettura americano Michael Sorkin (2003), che si inserisce in una visione estesa del concetto di densità. Egli considera la densità come un “agente sia fisico, che so-ciale ed ambientale” e promuove un’interpretazione molte-plice della densità, che miri all’obiettivo della qualità urbana, riscontrabile nello svolgersi della vita urbana attraverso le relazioni di prossimità. Sorkin fa riferimento al modello della

Fig. 9. Herald/Greely Sqare, New York. © Gehl Architects.

Fig. 10. Nautholsvik Beach, Rey-kjavik. © Gehl Architects.

Fig. 11. BO01 Malmo, Svezia. © Gehl Architects.

Fig. 12. Madison Square, New York. © Gehl Architects.

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città antica come obiettivo per la qualità, non tanto per la sua densità quantitativa, quindi la sua compattezza fisica, quanto per la sua configurazione dovuta alla stratificazione.

Ciò che interessa approfondire in questa ricerca sono gli ef-fetti qualitativi della densità, come poterli misurare e confi-gurare.

La ricerca parte dall’assunto che, ai fini della qualità urbana, e quindi della riqualificazione, sia necessario agire sull’interre-lazione delle tre dimensioni della densità: densità di costrui-to, d’usi e d’incontro e per studiare questa interrelazione è ne-cessario osservare e analizzare le caratteristiche dello spazio e della relazione tra spazio e abitanti:

“l’ambiente come “intorno” è un’interazione tra due presenze, quella dell’abitante e quella del luogo. Le presenze sono affini perché il corpo, il nostro corpo, non è nello spazio, ma abita lo spazio, è fatto della sua stessa sostanza, ne è parte integrante”

(La Cecla, 2011/1988: 88).

La densità genera implicazioni sociali e ambientali e questi aspetti che sono forse i più difficili ma i più interessanti da rilevare e tentare di misurare, implicano a loro volta la pre-senza di persone in relazione con lo spazio misurato.

Obiettivo della ricerca è dunque quello di studiare le implizioni spaziali della densità quantitativa e qualitativa, cioè ca-pire quali siano le caratteristiche dello spazio che favoriscono le qualità della densità al fine di investigare le possibilità di trasformazione della città.

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2.4 Le tre dimensioni della densita’: di costruito, d’incontro, d’usi

2.4.1 Densità di costruito

Studiare la densità urbana significa tornare a misurare lo spazio

Luca Reale, 2008

Nell’accezione di densità di costruito la densità è letta dal punto di vista prettamente quantitativo. Essa è un rapporto numerico, uno strumento di analisi, interpretazione e control-lo dei fenomeni urbani, frequentemente usato in urbanistica per descrivere la relazione tra una data area e un numero di certe entità in quell’area: tali entità possono essere persone, alloggi, servizi o superfici.

La definizione della densità in relazione all’ambiente costru-ito può avere significati diversi o di diversa quantificazione il base al metodo di analisi e agli indici spaziali presi in consi-derazione. Non esiste una formula standard universale, come afferma Patrizia Gabellini (2001:59) ”non esiste un sistema unificato, non è stabilito quali debbano essere i parametri e gli indici da usare sempre e comunque, né ai medesimi termi-ni corrispondono medesimi sigtermi-nificati o a medesimi sigtermi-nifica- significa-ti medesimi termini”.

Esistono infatti molteplici metodi per misurare la densità dal punto di vista urbanistico. Preso a riferimento un lotto edifi-cato o edificabile la cui estensione superficiale è espressa in

Fig. 13. Puzzle di densità. Rudy Uytenhaak Architectenbureau

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termini di Superficie Fondiaria (Sf)4 è possibile identificare i

seguenti metodi:

Densità abitativa o di popolazione che esprime il rapporto tra

numero di abitanti nel dato lotto e la superficie fondiaria di quest’ultimo e può essere espressa sia in termini di abitanti che di famiglie, utile per misurare il carico insediativo (fig. 14);

Densità di alloggi che esprime il rapporto tra numero di

allog-gi e superficie fondiaria

Densità di superficie che è il rapporto tra superficie utile lorda5

e superficie fondiaria (Sul/Sf) e si misura in mq/mq (fig. 15);

Densità di volume che esprime il rapporto tra volume

costrui-to e superficie fondiaria

Rapporto di copertura che è il rapporto tra la superficie

co-perta6 e la superficie fondiaria e si esprime come percentuale

(fig. 16).

Oggi si tende a privilegiare l’utilizzo del parametro densità di superficie, metodo di misurazione solo di recente entrato a far parte delle normative, introdotto per la prima volta nel conte-sto olandese; esso si presenta come “l’indicatore più neutrale che combina tutta la superficie per descrivere e prescrivere

4 Superficie fondiaria (Sf) Corrisponde alla superficie dei singoli lotti edificabili comprensiva dei parcheggi e del verde a servizio degli edifici che nel lotto sono inclusi. Rispetto alla St esclude le opere di urbanizzazione primaria e quelle di urbanizzazione secondaria. (Gabellini, 2001:60)

5 Superficie Utile Lorda (Sul), anche definita Superficie Lorda di Pavimento (Slp): “È la somma delle superfici calpestabili che fanno parte dell’edificio o di una sua singola parte, alloggio o altro” (Gabellini, 2001:62)

6 Superficie coperta (Sc): “E’ la parte di superficie dei singoli lotti interessata da costruzioni.” (Gabellini, 2001:61).

Fig. 17. Schema di interazione tra differenti tipi di misurazione del-la densità.

Fig. 15. Rappresentazione della densità di superficie

Fig. 16. Rappresentazione rap-porto di copertura

Fig. 14. Rappresentazione della densità di popolazione.

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densità indipendentemente dalla funzione” (Berghauser Pont & Haupt).

La densità di superficie, chiamata anche FAR (Floor Area Ra-tio) o FSI (Floor Space Idex), merita particolare attenzione poiché permette di ottenere un valore equivalente al rap-porto tra tutta la superficie calpestabile di un insediamento e la superficie insediata o da insediare; fornisce dati sulla consistenza edilizia, svincolando la misura della densità da parametri demografici o funzionali. E’ un parametro utile a rappresentare la relazione tra la densità e la morfologia del costruito, legato agli aspetti morfologici del sistema urbano piuttosto che ai dati demografici della popolazione. In questo approccio analitico la densità è vista come il “rapporto tra consistenza architettonica e superficie antropizzata” (Reale, 2008).

Altro aspetto rilevante riguarda il fatto che l’utilizzo della densità di superficie - invece che volumetrica - svincola anche dalla variabile altezza e rende possibili scelte architettoniche che verrebbero rese difficili dal calcolo della cubatura. Nel

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contesto italiano si è sempre fatto uso di indici volumetrici7

e ciò ha indotto alla massimizzazione della superficie costru-ita a scapito delle altezze, rese minime. Ciò ha condotto allo schiacciamento delle altezze negli spazi comuni degli edifici residenziali e si può affermare che l’uso di questo tipo di pa-rametro sia andato a scapito della qualità degli spazi.

La misura della densità come parametro di superficie è uno strumento più aperto rispetto agli indicatori volumetrici ed è molto interessante per la sua diretta relazione con lo spazio costruito, ma da sola non permette di descrivere adeguata-mente i caratteri dello spazio.

È importante sottolineare infatti l’importanza della misura multipla della densità, ai fini di una effettiva conoscenza di un territorio o ai fini di una prefigurazione esauriente di un intervento edificatorio. La lettura della densità attraverso l’u-so di più parametri distinti contemporaneamente permette di ottenere una visione più ampia e completa.

Le misurazioni differenti della densità in termini di alloggi, abitanti, indice di copertura e FAR, sono misure codificate, spesso utilizzate da sole; ognuna di esse guarda a un diffe-rente aspetto della densità e fornisce informazioni specifiche riguardo ad dato un territorio, insieme però permettono di ottenere un quadro più esaustivo della densità. È dunque im-portante mettere in relazione le differenti misure, per ottene-re una accurata rappottene-resentazione della densità quantitativa (Berghauser Pont & Haupt, 2009).

7 Ciò è avvenuto anche a Roma fino all’approvazione dell’ultimo Piano Regolatore Generale del 2003 che ha introdotto per la prima volta il parametro di densità di superficie, insieme al parametro della SUL superficie utile lorda.

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2.4.2 Densità d’incontro

La densità di incontro è il substrato della socialità e la base materiale della democrazia

Michael Sorkin, 2003

La densità non è solo un parametro quantitativo ma anche un termine di valutazione a livello sociale ed ambientale, at-traverso il quale è possibile leggere la relazione tra spazio e abitanti in termini di concentrazione. Con il termine densità di incontro si fa riferimento ad un’idea di concentrazione di esperienze spaziali e di relazioni sociali nello spazio. La con-centrazione ha a che fare con la vicinanza, cioè con la prossi-mità: “parlare di prossimità permette di rinviare tanto all’idea di contiguità fisica e spaziale, quanto a quella di contatto af-fettivo e relazionale tra persone e tra persone e luoghi” (Lam-bertini, 2013: 295).

In questo senso è interessante fare riferimento alla prossemi-ca8, disciplina che si occupa di definire lo spazio personale e

sociale e il modo in cui l’uomo li percepisce, studia anche le distanze tra gli uomini, che variano in funzione della cultura e del periodo storico. Nella nostra cultura la prossimità è un valore ed un elemento necessario alla definizione della città, così come lo sono l’interazione personale casuale e i rapporti di vicinato.

La densità di incontro, quindi la frequenza, il carattere e la controllabilità degli incontri casuali definiscono la qualità della vita urbana, in contrasto con i consueti caratteri di soli-tudine e dispersione tipici della periferia, infatti “la densità di

8 Cfr.: “La dimensione nascosta della prossemica”, Par. 2.7, pp. 64-65. Fig. 19. Disegno di Kennet

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incontro è il substrato della socialità e la base materiale della democrazia” (Sorkin, 2003:6).

È interessante riflettere sul fatto che il modello urbano di riferimento qualitativo, per nuovi insediamenti o per la trasformazione della città, sia spesso rintracciato nel modello della città antica, che è possibile vedere mantenuto ad oggi nei centri storici. Questo riferimento è dovuto in primis al fatto che i quartieri antichi presentano automaticamente la cosiddetta mixitè, che ha ripreso ad essere considerata ele-mento determinante per la qualità dello spazio urbano; poi al fatto che la città antica ha una sua identità forte, gli abitanti vi si riconoscono, contribuendo ad un meccanismo ciclico auto-rinforzante di identificazione. Secondo Edward Sorkin infat-ti “apprezziamo l’informe tessitura dei quarinfat-tieri aninfat-tichi non solo grazie ad un rarefatto senso estetico, ma perché ospitano una densità di sentimenti comuni” (Sorkin, 2003:10). Anche Jane Jacobs fa riferimento a questo modello nel tentativo pro-porre soluzioni ai problemi delle città americane:

“le concentrazioni umane aventi dimensioni e densità ur-bane possono essere considerate come un fatto positive e desiderabile, nella convinzione che siano una fonte di im-mensa vitalità e che rappresentino, in territori di limitate dimensioni, una grande ed esuberante ricchezza di diffe-renze e di possibilità, molte delle quali uniche e impreve-dibili, e proprio per questo tanto più preziose” (Jacobs,

1961:206).

Questo riconosciuto modello qualitativo si contrappone al modello odierno tipico delle periferie residenziali, che rap-presenta una questione problematica importante per le città

Fig. 20. Piazza del Popolo, Roma.

Fig. 21. Madrid.

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contemporanee, infatti:

“mentre i centri medievali con il loro assetto e le loro di-mensioni a misura d’uomo radunavano gente e attività nelle strade e nelle piazze, incoraggiando la circolazione pedonale e le soste all’aperto, le aree suburbane e i pro-getti funzionalisti esercitano esattamente l’influsso oppo-sto” (Ghel, 1991/1971).

Obiettivo qualitativo è dunque rappresentato dal paradigma della città storica in cui convivono varietà e mix funzionale. I quartieri periferici del dopoguerra infatti evidenziano la mancanza di sentimenti comuni, di identità, di mixitè: “i colle-gamenti, basati sull’automobile, contribuiscono poi a ridurre ulteriormente i rapporti interpersonali; mentre la progetta-zione puramente meccanica e priva di sensibilità degli spazi esterni nei singoli progetti ha un effetto drammatico sulle at-tività all’aperto” (Gehl, 1991/1971).

2.4.3 Densità d’usi

Le città sono riserve pubbliche per la produzione di esperienze private

Michael Sorkin, 2003

Un quartiere nel quale si possa vivere bene è rappresentato anche da un altro tipo di densità: la densità di usi. La qualità della densità urbana è legata infatti anche alla quantità di fun-zioni presenti quindi alla diversità, altro elemento necessario per favorire la molteplicità dell’esperienza quotidiana.

Il concetto di diversità, la cosiddetta mixitè, può essere

am-Fig. 23. Disegno di Kennet Brow-ne. Soho.

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pliato oltre l’ idea di mix funzionale fino a considerare la di-versità come effetto dell’interazione tra il livello tecnico del mix misurabile di funzioni urbane e il livello simbolico di un mix percepibile di usi e pratiche nello spazio. È poi probabi-le che il livello tecnico del mix funzionaprobabi-le possa generare, in alcuni casi, una vera mixitè sociale (Amphoux, 2005). La di-versità rappresenta quindi l’interazione tra funzioni urbane, ma anche tra livelli simbolici, nella percezione della ricchezza funzionale.

Operare sulla densità urbana negli interventi di trasformazio-ne della città dunque “non è semplicemente densificare o ri-empire (infill) ma stabilire nuovi rapporti, costruire relazioni di prossimità”(Caudo, 2011). Obiettivo è dare luogo a quella che è possibile definire la terza città (Caudo, 2011), che non si costruisce attraverso l’espansione o la conservazione, ma attraverso la rigenerazione, la riqualificazione e la trasforma-zione di ciò che è già stato costruito, con l’obiettivo di creare una città a misura d’uomo, in cui i limiti siano luoghi di in-contro e non di separazione: ”La terza città è densificazione, è costruire la città nella città (…) quindi non è operazione me-ramente quantitativa” (Caudo, 2011).

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2.5 Intensità: la dimensione sensibile della densità

La dimensione qualitativa della densità trova una più speci-fica ed efspeci-ficace definizione nel concetto di intensità urbana, termine recentemente riproposto nell’ambito degli studi ur-bani per interpretare e definire le condizioni essenziali per lo sviluppo della vitalità e vivibilità della città.

Per comprendere in modo approfondito il concetto di in-tensità in ambito urbano è interessante analizzare l’aspetto semantico del termine: esso deriva dal latino intensus, che significa intendere, tendere verso. Da vocabolario italiano il termine intensità si riferisce al grado di forza con cui si produ-ce o manifesta un fenomeno, un sentimento, una sensazione, una relazione9.

Come nel caso del termine densità, anche il termine intensi-tà può avere significati fortemente diversi a seconda dell’ag-gettivo di specificazione, che ne determina il campo di riferi-mento, in fisica e tecnica il termine è usato sempre con una specificazione, per indicare determinate grandezze aventi attinenza con l’entità di certe azioni, con l’energia associata a certi fenomeni.

Il termine può indicare quindi da un lato il grado di attività o di energia con cui si produce un fenomeno sensibile, dall’altro può indicare la vivacità di un sentimento o una relazione. In ambito urbano con il concetto di intensità si intende “la di-mensione sensibile dell’intensità” (Amphoux, 2005). Essa si presenta come:

92 Definizione da Treccani Vocabolario Etimologico, s.v. “intensità”.

Fig. 24. Plaza de la Virreina, Bar-cellona.

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“un’altra dimensione della densità, non fisica ma percetti-va una densità percepita di cui è più difficile cogliere rego-le e implicazioni, il concetto di densità quindi si inspessisce attraverso alcune categorie che rilevano maggiormente la sua dimensione percettiva: privacy, prossimità affolla-mento, relazioni sociali, paesaggio, anonimato. A questa idea diamo il nome di Intensità” (Metta, 2013).

Il termine intensità fa riferimento, come quello di densità, ad un’idea di concentrazione, alludendo non alla concentrazione di elementi fisici misurabili, come ad esempio la concentra-zione di costruito o persone per quanto concerne la misura della densità, ma allude alla concentrazione di esperienze spaziali, sociali e ambientali.

Il concetto esprime dunque un’idea di concentrazione, di op-portunità e di esperienze che possono aver luogo nello spa-zio urbano, è legato alla dimensione dell’abitare urbano ed esprime il modo in cui viene vissuta la città, esprime cioè la relazione e la sinergia che può determinarsi tra lo spazio e ai suoi bitanti.

Lavorare sull’intensità in ambito urbano, quindi intensificare la città, significa rafforzare l’identità di un luogo. Di grande interesse al riguardo si ritiene il contributo dello studioso e architetto francese Pascal Amhpoux (2005), che considera l’intensità come la forma sensibile della densità, riferita alla possibilità di migliorare l’interazione tra le persone e l’am-biente urbano in modo da rafforzare l’identità. L’autore ci of-fre un duplice suggerimento: da un lato restituire al’intensità, considerata come dimensione sociale e sensibile della densi-tà, lo stesso ruolo e valore attribuito alla dimensione tecnica

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della densità, d’altro lato, sostituire alle problematiche della definizione dell’identità urbana la questione della definizione di una intensità urbana e di principi di intensificazione per-cettiva. Egli afferma che il concetto di intensità contiene in sé quello di identità, ritenendo quest’ultimo non esaustivo per raccontare la vivacità e vitalità dello spazio urbano e parago-na contrapponendoli i due concetti: mentre l’identità, venen-do dal latino “idem”, ha a che fare con qualcosa di identico che ritorna in sé stesso, l’intensità ha a che fare con l’entrare in tensione e suggerisce un’idea di apertura e relazione. Lavora-re sull’intensità significa quindi miglioraLavora-re e rafforzaLavora-re l’inte-razione tra spazio urbano e abitanti:

“Intensificare la città attraverso mezzi sensibili, intensi-ficare la relazione con la città, fornire una migliore acu-tezza percettiva, rafforzare il sentimento di urbanità o ancora rafforzare l’identità di un territorio considerato.”

(Amphoux, 2005) DEFINITIÒN POLARITÉ MIXITÉ INTENSITÉ Normes de Polarisation Reglés de Mixitè Principes d’identification Dimension spatiale dominante Dimension sociale dominante Dimension sensible dominante (Se distingue et inclut la notion de centralitè)

(Se distingue et inclut la notion de mélange)

(Se distingue et inclut la notion d’identité)

Relatiòn entre el Centre et l’Agglomeratiòn Mouvements conjoints de densificaciòn-dédensific. Management urbain de petites opérationes. Diversitè sociologique des quartiers

Equipement et services de promixité Espaces publics

Qualitè architecturale des espaces densifiès Principes méthodologiques et minimalisme Adèquation entre densité et image du lieu

Politques urbaines d’image

Portage fiscal entre le centre et l’agglomeratiòn Modalités conjointes de densificaciòn-dédensific. Promotion de petites opération complexes. Reglés topologiques et morphologiques Regles chronologiques Reglés d’adaptation de l’habitat individuel

Mettre en tension les éléments de la composition urbaine

Faire effet (avéc una écono-mie de moyens) Réinterpréter el contexte Révéler la présence humaine THÈMES ORIENTATIONS

ET RACCOMANDATIONS

Fig. 25. Tabella esplicativa delle diverse dimensioni della densità. (Amphoux, 2003)

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2.6 Qualità urbana e spazi dell’abitare 2.6.1 Obiettivi per la qualità

Per studiare gli aspetti qualitativi della densità si ritiene ne-cessario osservare e analizzare le caratteristiche dello spazio e della relazione tra spazio e abitanti. Così come per proget-tare ambienti urbani vitali è necessario lavorare sullo spazio fisico con l’obiettivo di favorire l’interrelazione tra spazio e abitanti.

L’antropologo e architetto Franco La Cecla (2011/1988) chia-ma questa interrelazione “coltivazione dello spazio”, riflet-tendo sull’interazione tra soggetto e spazio e considerando la presenza nello spazio come attività di conoscenza, quindi un’azione attiva e non passiva dell’abitante che percepisce lo spazio intorno a sé e al contempo lo definisce. Il compito di chi progetta lo spazio è quello di contribuire a generare que-sta interazione: “ciò che è possibile fare come architetti è pro-gettare quindi le condizioni per cui lo spazio sia letto come un luogo; cioè fornendo quelle dimensioni o meglio quell’artico-lazione che in una certa situazione determina il giusto senso di appropriazione e identificazione10 (Hertzberger, 2000).

Per analizzare le qualità della densità può essere interessante leggerla e interpretarla attraverso le sue esplicazioni, cioè at-traverso azioni che, se si determinano nello spazio e se lo spa-zio favorisce il loro determinarsi, garantiscono la presenza di una relazione positiva tra spazio e abitanti e quindi la vitalità dello spazio urbano.

Sono state definite delle azioni che sono opportunità che lo

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spazio può offrire, attraverso le sue caratteristiche. Queste opportunità vengono definite come obiettivi dichiarati ai fini della qualità. Essi hanno a che fare con lo spazio e con l’uso che ne viene fatto, quindi con chi lo vive. Le azioni-oppor-tunità vengono presentate in ordine alfabetico per denotare l’assenza di priorità di una sull’altra, dichiarando che il valore aggiunto risiede nella loro interazione.

Azioni-obiettivi: Appropriazione Estensione Identificazione Orientamento Socializzazione Transizione

Appropriazione: identifica l’opportunità di utilizzare spazi comuni per usi privati o condivisi. Rappresenta l’opportunità che uno spazio non codificato funzionalmente possa determi-nare usi variabili da parte degli abitanti, i quali contribuisco-no a caratterizzarlo, appropriandosene. Lo spazio, in funzione delle sue caratteristiche (dimensione e forma), può o meno generare forme di appropriazione da parte degli abitanti.

Estensione: Rappresenta l’opportunità di estendere le

attivi-tà domestiche (Monteys Roig, 2012) all’esterno quindi di

Figura

Fig. 1. Illustrazione di Kenneth  Browne. West End, Londra:  Ar-chitectural Press, 1971.
Fig. 6. Mario Sironi, Periferia,  1922.
Fig. 9. Dettaglio di una facciata  in stato di degrado. Val Melaina. Fig. 7. Spazio pubblico sopraele-vato
Fig. 11. Campi sportivia Val Me- Me-laina, Roma. Foto di Stefano
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