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3- IL BILANCIO SOCIALE

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Academic year: 2021

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INTRODUZIONE

La Politica Agricola Comunitaria, con Agenda 2000, ha sancito l’importanza della multifunzionalità dell’agricoltura e di un approccio integrato allo sviluppo rurale.

Tali misure ridisegnano in parte la figura dell’imprenditore agricolo, che si vede riconosciuto un ruolo rilevante per il territorio in cui opera, con particolare riferimento alla produzione di una molteplicità di beni e servizi, alimentari, culturali, ambientali e sociali.

Il nuovo scenario disegna per le imprese agricole un campo di lavoro più ampio e, allo stesso tempo, la necessità di adottare nuove attitudini, tra cui una nuova dimensione del processo produttivo ed una capacità di comunicare su una scala ampia con i portatori di interesse pubblici e privati dell’agricoltura multifunzionale.

Rendere conto delle attività svolte, diviene oggi cruciale per le imprese agricole, per stabilire rapporti più diretti con i consumatori e con i fruitori della più ampia gamma di servizi offerti. Non tutti i beni ed i servizi offerti, però, hanno poste un riconoscimento economico diretto.

Soprattutto nel caso di servizi ambientali ed immateriali il riconoscimento può derivare attraverso modalità indirette, attraverso una crescita della reputazione e della visibilità delle imprese. Perché ciò possa accadere, però, è necessario utilizzare sistemi di rendicontazione e di comunicazione innovativi e capaci di evidenziare, accanto alle poste economiche, anche i valori qualitativi che le imprese agricole sono in grado di offrire.

I consumatori, da parte loro, se da una parte sono disposti a diversificare le loro scelte di acquisto e a porre maggiore attenzione alle specificità dei prodotti e dei servizi offerti, anche in funzione della località, è anche vero che, specie nel consumo etico e critico,

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appare esigente ed attento rispetto alla veridicità e ai contenuti della nuova offerta dell’agricoltura multifunzionale.

D’altra parte, già J.S. Mill formulò il principio della sovranità del consumatore, secondo cui:

“il consumatore è sovrano quando, disponendo liberamente del proprio potere d'acquisto, risulta essere in grado di orientare, seguendo il suo sistema di valori, i soggetti di offerta sia sui modi di realizzare i processi produttivi, sia sulla composizione dell'insieme dei beni da produrre”.

Questa continua richiesta d’informazioni da parte dei portatori d’interesse delle imprese, quindi, allarga l’esigenza di comunicazione a tutti gli ambiti della gestione, interessando sempre più dati e informazioni su elementi quantitativi e qualitativi non strettamente

“contabili”.

Si tratta di una tendenza generale che riguarda tutti i settori produttivi ed in particolare quelli che più di altri offrono valori immateriali ai loro clienti.

Proprio in considerazione di tale cambiamento, si è sviluppato un intenso dibattito riguardo gli strumenti da utilizzare per rendere conto e comunicare i valori prodotti.

Tra questi strumenti, il bilancio sociale rappresenta un documento redatto periodicamente dalle aziende per comunicare le conseguenze delle loro attività sia sul piano economico, che ambientale e sociale (secondo la logica della triple bottom line).

Si tratta in molti casi di strumenti che sono nati e che si sono sviluppati nell’ambito del settore dei servizi o industriale e che, ancora oggi, hanno trovato poca diffusione in campo agricolo. Al contrario, proprio l’idea dell’agricoltura multifunzionale apre necessità nuove in questo campo e la definizione di strumenti adeguati di rendicontazione e comunicazione.

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Scopo della tesi è quello di analizzare le “nuove” funzioni dell’agricoltura, e gli attuali metodi per potere rendicontare ad un consumatore critico e responsabile i beni ed i servizi offerti.

In questa prospettiva, il primo capitolo ha lo scopo di descrivere la multifunzionalità in campo agricolo, le forme e le differenti modalità attraverso le quali si esprime; vedremo come costituisce uno dei cardini della politica dello sviluppo rurale ed è ormai presente nei più importanti documenti comunitari incentrati sulla problematica dello sviluppo integrato del settore primario.

Secondo una visione multifunzionale, un’azienda agricola vede l’“integrazione” di nuovi compiti e funzioni, dai servizi ambientali alla salvaguardia del territorio e del patrimonio culturale, alle vocazioni turistico-rurali, rappresenta un imprescindibile valore aggiunto al miglioramento qualitativo dell’impresa stessa e alla diversificazione dei servizi offerti.

L'essere competitivi costituisce, oggi, una condizione indispensabile per qualsivoglia impresa che si muova e cerchi di sopravvivere nel mercato, globale o locale che sia, il raggiungimento di questo obiettivo - che è puramente economico non è reso possibile solo dalle caratteristiche aziendali ma anche dalle capacità personali dell'imprenditore.

La multifunzionalità è legata alle capacità dell'agricoltura di fornire alla collettività servizi non vendibili, cercando di limitare il più possibile esternalità negative traducendole in positive, abbiamo visto come molteplici attività interessano non solo gli interessi dell’azienda ma l’intera società, come la salvaguardia del paesaggio e i servizi ambientali.

La pratica di soddisfare in misura sempre crescente, andando al di là degli obblighi di legge, le legittime attese sociali e ambientale, oltre che economiche, dei vari portatori

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d’interesse interni ed esterni, mediante le attività aziendali, viene definita con un termine che ritroveremo spesso in seguito: responsabilità sociale d’impresa.

L’importanza del fenomeno sarà esaminato nel capitolo due, sia a livello europeo che a livello italiano, vedremo quali sono i benefici e i metodi di rendicontazione a disposizione, tra i quali ci occuperemo in maniera approfondita del bilancio sociale.

Questo particolare tipo di bilancio, trattato nel capitolo tre, è definito come:

“ Modello di rendicontazione sulle quantità e sulle qualità di relazione tra l’impresa ed i gruppi di riferimento rappresentativi dell’intera collettività, mirante a delineare un quadro omogeneo, puntuale, completo e trasparente della complessa interdipendenza tra i fattori economici e quelli socio-politici connaturati e conseguenti alle scelte fatte”.

Una volta definite le caratteristiche principali di questo strumento e averlo adattato alle specifiche del settore agricolo, lo applicheremo al nostro caso di studio, il Centro interdipartimentale di ricerca Enrico Avanzi, nel capitolo quattro ne sarà infatti messa in evidenza la Mission, quali sono gli ambiti di rendicontazione e i relativi stakeholders.

L’impostazione data al documento ha inteso renderlo utile anche in una prospettiva futura, in modo da essere il primo bilancio di una lunga serie.

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MATERIALI E METODI

In questo capitolo deve essere spiegato l’obiettivo della tesi, le domande alle quali vuole rispondere ed il modo attraverso il quale si è proceduto per rispondere al quesito:

analisi della letteratura sulla politica agraria comunitaria e sulla sua evoluzione, sulla multifunzionalità dell’impresa agricola, sul concetto di responsabilità sociale d’impresa e sugli strumenti per rendere conto;

definizione di uno strumento – bilancio sociale – da adattare alle specifiche condizioni dell’attività agricola, alla sua scala dimensionale ed alle tipologie di servizi che l’agricoltura può offrire;

applicazione dello strumento al caso di studio del CIRAA mediante: la raccolta di informazioni in azienda, la predisposizione di questionari e la raccolta di informazioni presso i portatori di interesse del CIRAA.

Perché e come redigere un bilancio sociale?

Oggi ci si interroga sul perché un’azienda debba diventare socialmente responsabile, quali convenienze ha, che cosa deve fare, quali strumenti debba adottare e infine quali fasi debba seguire per riorientare la propria gestione.

La Responsabilità sociale d’impresa è definita come la manifestazione della volontà dell’impresa di gestire efficacemente le problematiche d’impatto sociale ed etico al loro interno e nelle zone di attività, ed è proprio quello che il Centro sta cercando di fare.

Tanto più la gente riconosce il valore sociale prodotto e il livello di responsabilità sociale dell’impresa, tanto più contribuisce con il consenso a creare anche valore economico.

L’argomento trattato non è ancora molto conosciuto, quindi sarà descritto passo dopo passo in modo che possa essere facilmente compreso; lo scopo è quello di rendere noto

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al lettore/consumatore il ruolo sempre più importante che egli ricopre nella società e quali siano gli strumenti per venire a conoscenza di una politica socialmente responsabile delle aziende da cui si “pretende” un certo comportamento.

Il bilancio sociale è uno dei risultati conclusivi possibili del processo di rendicontazione sociale, esso è un report da affiancare ai documenti già esistenti, che ha come obiettivo quello di rendicontare a tutti gli stakeholder dell’impresa i propri comportamenti, declinati però, in tema di ambiente, etica, filantropia e sviluppo sostenibile.

Con gli anni, questo si è combinato sempre più con gli altri strumenti di gestione, fino a diventare a sua volta, un nuovo importante mezzo per curare la relazione con gli stakeholder e per governare la gestione del suo interno.

La tesi ha lo scopo di creare uno schema di bilancio sociale da adattare al Centro, mettendo in evidenza tutto ciò che non lo è in un bilancio tradizionale, inserendo per il più possibile i dati concessi .

Questo strumento sarà analizzato nel miglior modo possibile, dopo aver messo in evidenza le molteplici attività proposte dal Centro Avanzi che lo caratterizzano da una qualsiasi altra realtà agricola a livello regionale.

Le analisi delle condizioni attuali saranno effettuate utilizzando questionari, grafici e schemi che ci aiuteranno a semplificare il processo di rendicontazione sociale, essendo inoltre, ad una prima redazione, cercheremo di aiutarci con altri bilanci redatti a livello sia comunale ( es. comune di Piacenza), che accademico (es. bilancio sociale S. Anna).

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1 - LA MULTIFUNZIONALITA’

1.1 – LA PAC: DALLA PRODUZIONE DI ALIMENTI ALLA MULTIFUNZIONALITÀ DELL’AGRICOLTURA

Parlare di multifunzionalità dell’agricoltura, oggi, appare semplice e scontato, sebbene ancora non siano sempre pienamente esplorate le potenzialità e le opportunità legate all’organizzazione di una agricoltura multifunzionale.

E’ anche scontato dire che non è sempre stato così e che, per lungo tempo l’agricoltura ha sviluppato una sua sola funzione, quella di produzione di alimenti.

D’altra parte, le agricolture europee hanno subito una profonda evoluzione che le ha viste passare attraverso un processo di profonda modernizzazione, intensificazione e specializzazione produttiva.

Nel caso dell’Europa Comunitaria, gran parte di questo processo è stato regolato attraverso l’intervento di Politica Agricola Comunitaria, ed in particolare attraverso la politica di garanzia dei mercati agricoli.

La modernizzazione del settore primario, se ha visto un più profondo legame tra le imprese agricole ed i mercati, ha finito per scollegare le stesse dal contesto locale, in particolare dai consumatori e dagli abitanti locali.

A metà degli anni ‘80, in un contesto di forte evoluzione, diventava sempre più evidente che le politiche di gestione dei mercati e di regolazione dei prezzi, non potevano da sole rappresentare la soluzione adeguata ai problemi dell’agricoltura europea.

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Iniziava a farsi strada l’idea che, detti problemi, dovessero essere affrontati con un modello di sviluppo agricolo sostenibile e integrato, con al suo interno lo sviluppo delle zone rurali.

In tale contesto, la Commissione Europea avvia un processo di profondo ripensamento della PAC, e pubblica il Libro Verde nel 1985 intitolato “Prospettive per la politica agricola comune”.

Il documento avanza proposte di modifica di quello che sarebbe stato chiamato il primo pilastro della PAC, la politica di garanzia dei mercati e di sostegno al reddito, e di rilancio delle politiche strutturali e di sviluppo rurale, legandole a programmi regionali e territoriali parzialmente cofinanziati.

Il documento inizia ad esaminare i problemi ambientali connessi ad un uso eccessivo di input chimici, e introduce i primi riferimenti all’agricoltura biologica, come alternativa possibile alle tecniche tradizionali, ma soprattutto come possibile strada per la differenziazione dell’offerta da parte di tipologie aziendali che non avevano possibilità di competere sui mercati dei prodotti agricoli convenzionali.

Il ruolo dell’agricoltura viene enfatizzato sia nei processi di mantenimento che di salvaguardia delle aree svantaggiate.

Nella parte conclusiva del Libro Verde, intitolata Agricoltura nella società, la Commissione indica nuovamente la strada dello sviluppo rurale e prospetta la rivalutazione di alcune componenti fino a quel tempo trascurate: la collocazione dell’agricoltura nel contesto socio-economico delle aree rurali, e l’importanza del territorio, dell’ambiente e dei servizi, concetti che una quindicina d’anni più tardi avrebbero dato corpo alla MF dell’agricoltura.

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Nel Libro Verde, che rappresenta uno dei momenti più significativi del processo di integrazione tra politica ambientale e politica agraria, il tema della sostenibilità ambientale assume al tempo stesso la veste di vincolo e di obiettivo della PAC.

L’integrazione degli obiettivi di tutela ambientale nelle politiche agricole, deriva dai Trattati sull’Unione che dal 1986, con l’Atto Unico europeo, ha definito la politica ambientale “un intervento orizzontale da includere nell’ambito delle politiche settoriali”.

L’intervento nel settore ambientale deve mirare al raggiungimento di un elevato livello di tutela, adottando il principio dell’azione preventiva, il principio del “chi inquina paga”, e il principio per cui le esigenze di tutela dell’ambiente devono essere una componente delle altre politiche comunitarie.

L'Atto Unico europeo, modificando il Trattato di Roma, introduce tra le finalità della Comunità, il rafforzamento della coesione economica e sociale, da realizzare tramite la riduzione del divario di sviluppo tra le regioni e tramite un'azione specifica in quelle meno favorite o insulari, con particolare riguardo alle zone rurali (art. 158).

Questa disposizione adotta una logica di politica economica orientata al territorio piuttosto che al settore, per le politiche comunitarie riferite alle aree rurali, di cui costituisce la base giuridica di riferimento.

Con il regolamento (CEE) n. 1760/87, la realizzazione degli obiettivi di contenimento delle esternalità negative viene associata alla riduzione dell’attività agricola, con il sostegno alla riconversione e la estensivizzazione, quest’ultima tramite la messa a riposo rotazionale, il rimboschimento e l’utilizzo dei terreni a scopi non agricoli.

In “Ambiente e agricoltura” del 1988, la Commissione Europea parla per la prima volta dell’agricoltura e dello spazio rurale come di realtà multifunzionali, soffermandosi sul ruolo degli agricoltori nella conservazione del paesaggio.

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Ne “Il futuro del mondo rurale” (Commissione Europea, 1988), il rapporto tra agricoltura e ambiente è affrontato in maniera più complessa, ponendolo in relazione alle diverse tipologie di agricoltura individuate nell’ambito della Comunità.

Sempre del 1988, arriva la riforma dei fondi a finalità strutturale (FESR, FSE, FEOGA sezione orientamento), essa estende la portata degli interventi comunitari al di fuori del settore agricolo verso altre attività economiche sul territorio, attraverso la creazione o il rafforzamento dei legami tra attività agricola ed altre attività locali, sia sul mercato dei fattori della produzione, sia sul mercato dei prodotti. E’ di quegli anni la prima sperimentazione di interventi innovativi allo sviluppo rurale, portatori di approcci più partecipativi e di tipo bottom up, quale l’iniziativa comunitaria Leader.

La questione ambientale è ripresa anche nel documento “Lo sviluppo rurale: una nuova dinamica” (1990), nel quale sono approfonditi i temi del rapporto tra agricoltura e aree protette e si affrontano i temi complessi del coinvolgimento dell’agricoltura nella gestione del territorio.

Nell’ambito delle misure di accompagnamento della riforma PAC del 1992 (denominata

“Mac Sharry”), si realizza uno dei passi più decisivi nel processo di integrazione degli obiettivi ambientali della PAC con l’adozione del Reg. n. 2078/92 (finanziato da Feoga). Esso fa riferimento alle misure agroambientali, con incentivi allo sviluppo di produzioni eco-compatibili, meno intensive e più rispettose dell'ambiente, compresa l’incentivazione all’agricoltura biologica.

Il regolamento introduce forti elementi d’innovazione nel quadro dell'intervento comunitario in materia: il criterio della punizione delle attività inquinanti “chi inquina paga”, è sostituito con quello dell'incentivazione di pratiche agricole eco-compatibili.

Viene abbandonata la logica di un intervento ristretto alle aree sensibili, riconoscendo a tutti gli agricoltori una funzione positiva nella gestione dell'ambiente e lasciando loro, la

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possibilità di applicare le misure agroambientali sulla totalità del loro territorio, o secondo specifiche esigenze tramite programmi zonali pluriennali.

Il rafforzamento della politica di sviluppo rurale come II pilastro della PAC (cfr. dopo Agenda 2000), vide la sua consacrazione già nella Dichiarazione finale su “Un ambiente rurale sostenibile” della I Conferenza europea sullo sviluppo rurale (Cork, 1996).

La parola chiave della riforma della PAC del 1999 – merita sottolinearlo – è dunque la valorizzazione della multifunzionalità dell’agricoltura.

In tale contesto il modello di nuova PAC avrebbe dovuto essere più equo rispetto al passato, per riequilibrare almeno in parte la spesa destinata al I pilastro e quella degli interventi sui prezzi e sui mercati a beneficio della spesa destinata al II pilastro (sviluppo rurale).

La nuova PAC avrebbe inoltre dovuto prevedere il meccanismo di disaccoppiamento delle misure di sostegno del mercato, con incentivi alla produzione di beni pubblici, e strumenti volti alla stabilizzazione del reddito agricolo, senza interferire sulle tendenze di lungo periodo del mercato, ovvero senza distorsioni nelle scelte produttive.

Il summit di Bruxelles dell’ ottobre 2003 aveva concluso che l’agricoltura multifunzionale sarebbe stata mantenuta in tutte le aree d’Europa, in accordo con le conclusioni del Consiglio di Berlino del 1999.

E’ con la Riforma della PAC del 2003 (Prospettive a lungo termine per un’agricoltura sostenibile) che il tema della multifunzionalità dell’agricoltura acquisisce ulteriore evidenza e concretezza. Secondo la Revisione Intermedia di Agenda 2000 il ruolo e le funzioni dell’agricoltura multifunzionale entrano a fare parte del modello agricolo europeo.

Di conseguenza, il tema dell’agricoltura multifunzionale diviene trasversale all’applicazione della PAC, attraverso i principi dell’ecocondizionalità.

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Secondo questo punto di vista le aziende agricole la devono tendere a:

• migliorare il rispetto delle norme (ambiente, igiene alimentare, benessere degli animali);

• migliorare la qualità dei prodotti;

• rafforzare lo sviluppo rurale (II pilastro della PAC, con maggiori risorse finanziarie e con un’ampliata disponibilità di strumenti).

Va infine ricordato che il 14 luglio 2004 la Commissione ha adottato la proposta di regolamento comunitario che dovrà disciplinare la politica di sviluppo rurale nel periodo di programmazione 2007-2013 (Proposta di regolamento del Consiglio sul sostegno allo sviluppo rurale da parte del Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale o FEASR).

Nella tabella che segue sono state riportate sinteticamente le fasi più importanti con gli avvenimenti che le hanno segnate.

1985 REG. (CE) n.797/1985

LIBRO VERDE (CE)

- agricoltura nel contesto socioeconomico delle aree rurali.

- nuovi obiettivi dell’azienda agricola.

1986 ATTO UNICO EUROPEO

- Politica ambientale inclusa nelle politiche settoriali.

- Politica economica orientata al territorio.

1987 REG. (CE) 1760/87

- Contenimento esternalità negative

- Riconversione e estensivizzazione

1988 AMBIENTE E

AGRICOLTURA (CE)

- Agricoltura e spazio rurale come realtà multifunzionali - Ruolo degli agricoltori nei confronti dell’ambiente e del paesaggio

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1988 REG. (CEE) 2052/88

-Rafforzamento dei legami tra attività agricola e altre attività locali

1988 REG. (CEE) 1094/88

-Vincoli ambientali sui terreni messi a riposo

-Intervento a cavallo tra politica di mercato e di SR

1990 LO SR: UNA NUOVA

DINAMICA

- Coinvolgimento

dell’agricoltura nella gestione del territorio

1992 REG. (CEE) 2078/92 - Misure agroalimentari

1996

DICHIARAZIONE DI CORK

- Principi generali della politica di SR: programmazione, approccio integrato,

diversificazione, sostenibilità..

1997

AGENDA 2000

- Recepisce la dichiarazione di Cork

- Fissa nuovi obiettivi per lo sviluppo, in relazione alle molteplici funzioni dell’agricoltura.

- primo tentativo di definire un’agricoltura

multifunzionale

- definisce la politica di SR come il pilastro della PAC

1999 CONSIGLIO DI BERLINO

(RIFORMA PAC)

- Valorizzazione della MF dell’agricoltura diviene un obiettivo esplicito

- Agricoltura come produttrice di beni pubblici

2003 RIFORMA FISCHLER

- Incentra prevalentemente sul rafforzamento della MF

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1.2 - MF: DALLA PRODUZIONE DI BENI ALLA PRODUZIONE DI SERVIZI

Non esiste una definizione unica di multifunzionalità, anzi ce ne sono molteplici, ma di seguito ne riporteremo alcune che sintetizzano i due modi diversi di concepirla e definirla:

DDDeeefffiiinnniiizzziiiooonnneeennnooorrrmmmaaatttiiivvvaaa: “…LINSIEME DEI CONTRIBUTI CHE IL SETTORE AGRICOLO PUÒ APPORTARE AL BENESSERE SOCIALE ED ECONOMICO DELLA COLLETTIVITÀ E CHE

QUESTULTIMA RICONOSCE COME PROPRI DELLAGRICOLTURA”.

(IDDA 2002) Tende ad evidenziare i ruoli che dovrebbero essere coperti dall’agricoltura a supporto della società, ed ha una evidenza in termini di obiettivi politici.

DDDeeefffiiinnniiizzziiiooonnneeepppooosssiitittiiivvvaaa: “…È UN CONCETTO CHE INDICA UNATTIVITÀ ECONOMICA CHE PUÒ DARE LUOGO A PIÙ PRODOTTI CONGIUNTI E, IN VIRTÙ DI QUESTO PUÒ CONTRIBUIRE A RAGGIUNGERE CONTEMPORANEAMENTE VARI OBIETTIVI SOCIALI”.

(OECD 2001) Tende a mettere in evidenza la traduzione tecnica del concetto indicando il legame stretto tra l’attivazione di un processo produttivo agricolo e la possibilità di ottenere una molteplicità di output in modo contemporaneo.

Secondo questa visione la multifunzionalità consente di:

- produrre molteplici output, alcuni sono beni (commodities) altri sono servizi (non commodities);

- alcuni servizi sono connessi a beni pubblici, producono esternalità, quindi, non hanno mercato (servizi, non market outputs). In quest’ottica l’imprenditore è

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multifunzionale per definizione, il suo ruolo è quello di internalizzare le funzioni pubbliche attraverso il mercato. Il ruolo delle politiche è quello di intervenire nel caso in cui alcuni beni e servizi non riescono a trovare apprezzamento da parte dei mercati e devono quindi essere assicurati grazie all’intervento di risorse pubbliche.

In questa seconda definizione, gli obiettivi sociali che riguardano l’agricoltura sono senz’altro generici, essi, infatti, comprendono sia i beni e i servizi tradizionalmente connessi all’agricoltura e valutati dal mercato, sia una serie di contributi del settore che possono avere una ulteriore valenza sociale esplicabile nel garantire autosufficienza alimentare, occupazione, presidio del territorio e conservazione del paesaggio.

La multifunzionalità nell’agricoltura può essere utilizzata come una chiave strategica per il nuovo modello di agricoltura europea, esso è in grado di orientare un modello di sviluppo sostenibile nelle aree rurali e sintetizzare il nuovo e complesso insieme di bisogni che hanno i consumatori, i residenti e più in generale gli abitanti di questi territori.

L’attenzione a questi particolari aspetti emergono anche dal mutato quadro derivante dalla recente conferma del sostegno dalla Politica Agricola Comunitaria, infatti le prospettive finanziarie dell’Unione Europea per gli anni 2007-2013 sono:

1.Migliorare la competitività dei settori agricolo e forestale;

2.Migliorare l’ambiente e il paesaggio rurale;

3.Migliorare la qualità della vita nelle zone rurali e promuovere la diversificazione;

4.Costruire la capacità locale di occupazione e diversificazione;

5.Tradurre le priorità in programmi;

6.Garantire la complementarità tra gli strumenti comunitari.

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Il processo di adeguamento alla nuova PAC slega definitivamente gli aiuti legati alle quantità prodotte e introduce il riconoscimento dell’attività agricola multifunzionale, aperta alle nuove domande della società. Dobbiamo considerare che questo avviene in un periodo di straordinari cambiamenti: la liberalizzazione dei mercati, la moltiplicazione dei consumi e la crescita del peso delle sensibilità sociali.

In questo caso gli agricoltori, oltre a dover affrontare una maggior pressione competitiva, dovranno anche attrezzarsi per produrre beni di qualità e dimostrare capacità di attivare servizi materiali e immateriali, collettivi e di pubblica utilità.

Le aziende agricole oggi risentono molto della MF: è infatti frequente trovare affiancata all’attività principale essenzialmente agricola, attività accessorie.

Si rileva un aumento del numero di aziende che, oltre alla produzione agricola, realizzano altro (processo accessori), o che sono passate da una situazione di sola produzione agricola a una situazione di diversificazione della produzione.

Tale diversificazione può riguardare sia la trasformazione e la successiva vendita di prodotti finiti, sia la produzione e la vendita di beni e servizi altri (servizi culturali, ricreativi, sociali, riabilitativi, ambientali); Multifunzionalità delle aziende agricole: si

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intende la capacità delle aziende di realizzare, oltre all’attività principale, anche beni e servizi secondari di varia natura: • beni pubblici ed esternalità; • attività accessorie, integrate con quella principale e costituite dalla trasformazione e vendita dei prodotti finiti ottenuti dalla coltivazione e dall’allevamento, nonché dalla produzione e vendita di servizi culturali, ricreativi, sociali, riabilitativi, ambientali.

In tale contesto si può parlare di MF primaria per le attività principali e di MF da diversificazione produttiva (o, anche, MF agroterziaria) nel caso di attività accessorie.

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1.3 - L’AGRICOLTURA MULTIFUNZIONALE DAL PUNTO DI VISTA GIURIDICO

Il ruolo multifunzionale dell’agricoltura ha trovato riscontro in Italia, con l’emanazione del decreto legislativo n. 228 del 18 maggio 2001 che, in attuazione della cosiddetta

“legge di orientamento” dà una nuova configurazione giuridica e funzionale all’impresa agraria e definisce, per la prima volta sul piano normativo, il distretto rurale e il distretto agroalimentare: in sostanza, amplia lo spettro delle attività che possono definirsi agricole.

Per il decreto le attività principali dell’impresa agraria sono

“dirette alla cura e allo sviluppo di un ciclo biologico o di una fase necessaria a tale ciclo che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco o le acque dolci, salmastre e marine” e quelle connesse “alla manipolazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dell’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda comprese le attività di valorizzazione del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione e di ospitalità.”

Il decreto inoltre precisa che “rientrano tra le attività agrituristiche, ancorché svolte all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell’impresa, l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di ippoturismo, finalizzate ad una migliore conoscenza e fruizione del territorio, nonché la degustazione dei prodotti aziendali, compresa la mescita del vino”.

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Nel recepire il concetto di agricoltura multifunzionale, la “legge di orientamento delinea un’impresa agraria che, pur restando ancorata al settore agricolo, può realizzare attività che sconfinano nei settori industriale e/o terziario: l’impresa che gestisce un’azienda agraria multifunzionale deve cessare di essere “mono- settoriale” e diventare “multi-settoriale”.

1.4 - LA MULTIFUNZIONALITA’ COME OPPORTUNITÀ

La multifunzionalità, oggi, è vista come un’opportunità economica per le aziende, le quali, a fronte di una crisi di competizione, cercano di valorizzare funzioni e prodotti/servizi che, nella fase della modernizzazione, avevano perso significato. Lo sviluppo della multifunzionalità, in particolare per quelle funzioni che trovano un apprezzamento diretto sul mercato, ovvero, in caso di riferimenti espliciti –come nel caso di alcuni servizi sul territorio- da parte delle politiche, possono consentire una diversificazione delle attività produttive, una integrazione dei redditi aziendali e, in definitiva, la sostenibilità economica del settore.

L’entità dei servizi richiesti ed offerti dalle aziende agricole è in continua crescita per numero e tipologia.

La domanda di multifunzionalità, infatti, mostra caratteristiche estremamente variabili, in relazione al cambiamento del tenore di vita medio, agli stili di vita ed ai modelli di consumo, alla disponibilità di tempo libero ed alle sensibilità –ambientali e sociali - di larghe fasce della popolazione.

Anche il rapporto con il territorio chiama l’agricoltura in modo sempre più esplicito a svolgere più direttamente un’azione di salvaguardia e gestione delle risorse, quali acqua, suolo e vegetazione.

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In sintesi, i caratteri di multifunzionalità dell’agricoltura possono essere distinti, anche se in modo molto schematico, nelle seguenti funzioni:

- Produzione di alimenti;

- Produzione di servizi vendibili;

- Produzione di servizi di occupazione;

- Produzione di funzioni sociali;

- Produzione di funzioni culturali;

- Produzione di funzioni ambientali.

Dal punto di vista delle politiche di settore, invece, l’uso ricreativo delle risorse agricole è, insieme con il tema della compatibilità ambientale delle agrotecnologie, uno degli obiettivi prioritari di riqualificazione dell’attività agricola.

Alle funzioni ricreative è assegnato, in particolare, un ruolo fondamentale nel favorire i percorsi di sviluppo rurale.

La società attuale si aspetta che l’agricoltura assicuri cibo sicuro e di alta qualità, protegga l’ambiente, salvaguardi o risparmi risorse limitate, conservi il paesaggio rurale e contribuisca allo sviluppo socio economico delle aree rurali.

E’ necessario sottolineare che lo sviluppo della multifunzionalità non implichi l’abbandono dell’agricoltura “produttiva” ma, al contrario, richiede la ricerca di una soluzione di compromesso efficiente tra gli obiettivi strettamente produttivi e quelli sociali ed ambientali.

Ricapitolando possiamo dire che, un’azienda agricola oltre a garantire una buona strategia economica è chiamata sempre più a tener di conto anche di fattori come il rispetto di principi sociali e ambientali al fine di produrre beni e servizi secondari di varia natura oltre che alimentari.

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L’imprenditore agricolo che si sente chiamato a fare della crescente soddisfazione delle attese socio-ambientali degli stakeholder una parte integrante della strategia aziendale, così che essa risulti funzionale allo sviluppo dell’impresa, si dice socialmente responsabile.

Questo tipo di imprenditoria, grazie al contributo positivo che esercita sull’azienda e sull’ambiente economico e istituzionale in cui opera, dà la possibilità all’azienda di raggiungere gli obiettivi privati e di andare incontro alle esigenze della collettività.

Il tema della RSI è strettamente legato al concetto di agricoltura multifunzionale.

L’impresa che fa uso di beni pubblici (tradizioni, cultura locale, ambiente) per valorizzarli ma ai fini economici, ha il compito di partecipare attivamente alla reintegrazione del capitale rurale utilizzato.

I servizi rilasciati, hanno lo scopo di soddisfare un’ampia e varia gamma di stakeholder interni ed esterni, la RSI si caratterizza per la ricerca di soluzioni innovative atte a soddisfare in misura sempre maggiore le attese di uno o più gruppi di portatori d’interessi, tendendo a fare di tali soluzioni un fattore di sviluppo della competitività aziendale.

In tal senso il termine responsabilità sociale diventa sinonimo di una creatività, idee molteplici messe al servizio delle attese degli altri.

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2 - RESPONSABILITA’ SOCIALE D’IMPRESA

2.1 - GLI APPROCCI ALLA RSI

Nella società odierna, l’individuo è posto di fronte a scelte sempre più importanti, nelle quali può orientarsi solo in base ai propri principi etici, l’autonomia che ne deriva è frutto e conseguenza dell’esercizio della responsabilità, e ha una valenza eminentemente sociale.

La responsabilità non ha soltanto una dimensione individuale ma coinvolge tutti gli attori della società.

L’immagine del consumatore-cliente si sta evolvendo progressivamente verso quella più esigente e matura del consumatore-cittadino, che pretende di esercitare la propria sovranità a tutto campo e dunque di influire sul versante dell’offerta dei beni e dei servizi a lui destinati.

Nella teoria economica del passato, prevaleva l’opinione che l’agire economico (specie quello dell’impresa) fosse naturalmente volto al bene attraverso la produzione di valore, e nessuno era a conoscenza della problematica della responsabilità sociale.

Solo da pochi decenni a questa parte, grazie ad alcuni economisti c’è stato il ritorno delle istanze etiche nell’economia.

Oltreoceano, il concetto di responsabilità era già conosciuto e discusso negli anni ‘20, ma il vero dibattito a riguardo di tale argomento ha preso vigore a partire dagli anni ‘50.

Nel corso degli anni ‘60, gradualmente crebbero in numero e qualità i contributi teorici in materia, affermandosi definitivamente la definizione di Corporate Social Responsibility (CSR) o Responsabilità sociale d’impresa (RSI).

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Questa teoria ha approfondito temi diversi tra cui:

- definizione del genere di comportamento dell’impresa che la rende socialmente responsabile;

- l’importanza del contesto socio culturale in cui l’impresa è inserita;

- interiorizzazione dall’azienda di problematiche come quelle rivolte al sociale, per permettere di anticipare e rispondere alle istanze dell’ambiente esterno.

Negli anni ‘70, nuovi movimenti sociali iniziarono a battersi per la tutela del consumatore, per la difesa dell’ambiente e per la sicurezza sul posto di lavoro.

Sono gli anni in cui Carrol elabora la piramide del corporate social responsability in base alla quale, la responsabilità d’impresa si realizza in ordine di priorità, prima a livello economico, poi a livello legale in termini di conformità alla legge, quindi in termini etici legati alla conformità ai valori e alle norme sociali e in fine in termini di volontarismo; questa piramide è diventata un punto di riferimento per tutti gli studiosi in materia.

A partire dagli anni ‘80 e nei decenni successivi, gli approfondimenti teorici consentono di meglio circoscrivere e più precisamente definire il concetto di responsabilità sociale e la figura dello stakeholder, ovvero quel soggetto e/o categoria, a cui le imprese devono sentirsi responsabili (to hold a stake: avere un interesse inteso come diritto).

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(R.E. Freeman, Strategic Management. A stakeholder Approch, Londra, 1984).

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La teoria degli stakeholder postula che ciascun gruppo di portatori d’interesse non deve essere usato come mezzo orientato a un fine, ma partecipare a definire l’indirizzo generale dell’azienda, in un certo senso si configura come un insieme di relazioni tra gruppi che hanno un interesse per le sue attività.

Si possono individuare tre livelli di stakeholder:

1) influenti: soggetti rilevanti per l’impresa e che l’impresa riconosce come tali, capaci di influire direttamente sul raggiungimento dei suoi obiettivi ritardandoli o accelerandoli;

2) non riconosciuti: soggetti portatori d’interesse verso l’impresa ma che non vengono considerati tali dall’organizzazione;

3) stakeholder non influenti: soggetti non consapevoli e non verosimilmente interessati a interloquire con l’organizzazione che tuttavia l’impresa considera rilevanti ai propri fini e con i quali decide di aprire un sistema di relazione.

Il concetto di responsabilità sociale è dunque intimamente connesso alle caratteristiche degli stakeholder che si relazionano con l’azienda.

Dal momento che ogni azienda ha stakeholders diversi, la RSI non può essere un modello standard per tutti, ma si deve flettere in base alle caratteristiche dell’impresa che la vuole intraprendere.

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Da diversi anni il tema della Responsabilità Sociale delle Imprese è argomento di discussione in ITALIA e in EUROPA.

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A partire dal Summit di Lisbona del 2000, l’Unione Europea ha inserito la RSI tra i suoi obiettivi strategici, da allora sono stati fatti numerosi passi avanti grazie anche all’impegno di importanti attori istituzionali, tra i quali l’Unioncamere.

Il tema della responsabilità sociale non è certo un tema nuovo, l’impresa ha sempre avuto obblighi di natura morale, oltre che legale, nei confronti della società in cui è inserita ed opera, ma nel tempo le richieste dei diversi soggetti con i quale opera sono cambiate.

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Socialmente responsabili sono quegli esponenti del management che si sentono chiamati a fare della crescente soddisfazione delle attese socio-ambientali degli stakeholder, una parte integrante della strategia aziendale, così che essa risulti funzionale allo sviluppo dell’impresa.

La diffusione della RSI è andata di pari passo con una nuova idea di mercato, le prassi aziendalistiche si coniugano con l’attenzione alla qualità sociale, etica e ambientale secondo una logica di sviluppo sostenibile, non importa più il “quanto” produrre ma il

“come”.

I temi del RSI fanno riferimento in particolare alla qualità delle produzioni, al loro legame con il territorio, ai processi produttivi che ne stanno alla base e alla capacità dell’impresa di veicolare un’immagine compatibile con i propri valori e principi.

Come è facile osservare, allora, il tema della RSI è fortemente legato all’imprenditore agricolo e agroalimentare, inteso nella sua accezione più ampia quale “produttore di beni” e quale “fornitore di servizi” ricreativi, culturali e sociali, che lo configurano come principale custode delle tradizioni, delle identità e delle specificità locali.

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Come suggerisce la sua stessa etimologia, il termine responsabilità, indica la volontà e/o la necessità di rispondere a uno o più soggetti che avanzano richieste e attese.

Il fine è quello di garantire ottimi servizi, ottimi prodotti, soddisfare i consumatori, essere accettati nelle comunità locali e contribuire al loro sviluppo.

Oggi un’impresa può dirsi legittima di fronte alla società civile, solo se, oltre al valore economico crea valore sociale nel lungo termine.

La parola sociale quindi, oltre che riferirsi agli azionisti dell’impresa, si interessa anche dei collaboratori e l’esercizio della responsabilità con gli interventi volti a soddisfare specifiche esigenze della società civile.

Investire in reputazione, rispettare un codice etico d’impresa, rendersi disponibili al benessere della comunità si traduce oggi in un fattore di competitività per l’impresa.

Il che implica andare oltre il semplice rispetto della normativa vigente, investendo maggiormente, e su base volontaria, su quello che crea valore nel tempo: il capitale umano, la comunità, l’ambiente.

La figura che segue mostra cosa s’intende per sostenibilità: una triplice e contemporanea crescita di obiettivi economici, sociali e ambientali, senza che alcuni di essi precludano gli altri, il tutto in un’ottica di miglioramento continuo.

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