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Academic year: 2021

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CAPITOLO 2

Descrizione del ricevitore di segnali

modulato in ampiezza.

2.1 introduzione.

In questo capitolo si descrive un sistema di ricezione di segnali modulati in ampiezza basato su un semplice fotorivelatore realizzato con un fotodiodo opportuno e da un amplificatore a transimpedenza con determinate caratteristiche.

In questo caso il segnale modulato in ampiezza da rivelare è dato dal Mach Zender sbilanciato. È proprio il Mach Zender sbilanciato a comportarsi da sensore mentre l’idrofono si comporta da laser di pompa.

Il segnale generato dall’idrofono è inviato ad un Mach Zender sbilanciato che effettua una modulazione di ampiezza. Il segnale così ottenuto è rivelato da un fotodiodo che lo trasforma in un segnale elettrico e successivamente amplificato. Il segnale in uscita è visualizzabile direttamente attraverso un semplice oscilloscopio ad esempio.

I collegamenti tra idrofono e Mach Zender e lo stesso Mach Zender sono realizzati in fibra ottica per cui, in fase di progetto, bisogna considerare l’attenuazione della potenza del segnale dovuta alla dispersione e alle perdite in fibra.

2.2 Trasmissione in fibra ottica.

I collegamenti tra gli idrofoni e il sistema di ricezione avvengono per mezzo di fibre ottiche, per cui si dovrebbe tener conto di un importante fattore limitante nella trasmissione di segnali ottici che è legato alle caratteristiche della fibra. Bisogna

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considerare delle perdite interne, dovute sia all’assorbimento che alla dispersione, in quanto vanno a limitare la potenza media che raggiunge il ricevitore.

Infatti il ricevitore necessita di una potenza minima per recuperare il segnale in maniera accurata, di conseguenza la distanza di trasmissione è intrinsecamente limitata altrimenti, per distanze elevate, è necessario inserire dei ripetitori di segnale, esistono diversi modi per rigenerare il segnale:

• Ripetitori convenzionali in cui il processo di rigenerazione è lento e dispendioso dal punto di vista energetico, oltre che costoso

• Ripetitori che utilizzano un singolo amplificatore ottico lineare, questi ricevitori hanno costi inferiori, maggiore velocità ma in contropartita lo spettro di guadagno è piatto solo in una regione finita di spettro, ed esiste un rumore aggiuntivo caratteristico dell’amplificatore.

Per cui è di fondamentale importanza la scelta del materiale della fibra che bisogna utilizzare in modo da ridurre le perdite ad un livello sufficiente da permettere la trasmissione anche su distanze maggiori di 10 km. Una prima causa di perdita nella fibra è dovuta all’assorbimento da parte del materiale di cui essa è composta, questo assorbimento può essere sia intrinseco, che corrisponde alle perdite dovute al materiale in se stesso, sia estrinseco, ossia dovuto alla presenza di impurità all’interno della fibra stessa.

Una delle cause di perdite intrinseche è dovuta allo scattering di Rayleigh che è governato da un coefficiente di attenuazione pari a

4 r C α λ =

dove C è una costante variabile nell’intervallo 0.7-0.9 dB/km µ4 a seconda dei materiali

con cui è realizzato il core della fibra, altre cause di natura intrinseca possono essere nella banda frequenziale dell’infrarosso e dell’ultavioletto, mentre una causa estrinseca è legata alla presenza di vapor acqueo all’interno della fibra. Possiamo descrivere tutte le attenuazioni all’interno della fibra attraverso la relazione

dP

P dz = −α

dove P è la potenza espressa in Watt e α è il coefficiente di attenuazione che include tutte le cause di attenuazione, mentre se Pin è la potenza in ingresso alla fibra la

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( ) ( ) L

out in

P t =P t e−α

dove L è la lunghezza della fibra.

Possiamo tracciare graficamente il profilo spettrale, in funzione della lunghezza d’onda, delle perdite di una fibra a singolo modo con i diversi meccanismi di perdita rappresentati dalle linee tratteggiate.

Figura 2.1 andamento del coefficiente di assorbimento in funzione della lunghezza d'onda.

Si è sempre supposto, teoricamente, che una fibra monomodale ideale guidi i modi ottici senza perdite nello strato di cladding, in realtà le imperfezioni sull’interfaccia tra core e cladding come anche la presenza di forti curvature nella fibra possono causare perdite aggiuntive. Infatti normalmente un raggio in guida subisce riflessione totale, all’interfaccia core cladding, perché il suo angolo di incidenza è maggiore dell’angolo critico, nel momento in cui si ha una curvatura questo angolo diminuisce in vicinanza della curvatura stessa e può diventare minore dell’angolo critico per cui non si ha più una riflessione totale ma parte del raggio esce dal core per cui viene trasmessa tutta

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l’informazione ma parte di essa viene persa nel cladding. Altre cause aggiuntive di perdita possono essere imputate alla presenza di giunti, al cablaggio e alla presenza di particolari droganti utilizzati per la fabbricazione di particolari fibre.

Le cause di perdita, analizzate per i collegamenti in fibra ottica, valgono anche per l’interferometro perché è realizzato anch esso in fibra ottica.

In fase di progetto di dispositivi così realizzati bisogna tener conto del deterioramento del segnale dovuto alla componentistica usata e quindi scegliere opportunamente uil tipo di fibra da utilizzare nei collegamenti e per il Mach Zender.

2.3 Modulatore Mach Zender.

Ogni volta che l’ idrofono rivela una particella genera un’emissione laser ad una determinata lunghezza d’onda per cui si può pensare di utilizzare l’idrofono come sorgente laser per un Mach Zender sbilanciato che si comporta da modulatore di ampiezza.

Il MZ genera una modulazione d’ampiezza dovuta al fatto che è realizzato con rami di diversa lunghezza. L’ idea che si sfrutta è di convertire lo shift di lunghezza d’onda generata dall’idrofono a causa della rivelazione di particelle diverse, in uno shift di fase. L’interferometro Mach Zender infatti è costituito da due guide disaccoppiate di lunghezza o caratteristiche fisiche differenti, ai due estremi le guide o sono connesse a Y o da due accoppiatori a -3dB.

Supponiamo che in guida si propaghi solo il modo fondamentale e che la guida sia in condizioni adiabatiche in modo che non venga alterata la costante di fase del modo.

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Figura 2.2 interferometro Mach Zender sbilanciato.

Lo sfasatore è costituito da due guide disaccoppiate di diversa lunghezza. Se indichiamo con La e Lb le diverse lunghezze dei rami e con βa e βb le diverse costanti di

fase del modo nei due rami, nell’ipotesi che le costanti di fase non mutino, si ha che

(

2 2 1 1

)

eff eff eff

L n L n L ∆ = − . 1 cos 2 2 out P = + Φ

che quantifica lo sbilanciamento dell’interferometro, risulta evidente che può essere ottenuto modificando l’indice di rifrazione o la distanza percorsa dal modo nei due rami. Poiché in ingresso al Mach Zender arriva la radiazione luminosa, che si divide su tutte e due i rami in maniera equa, si ha che lo sbilanciamento è dato dal diverso cammino percorso dalla radiazione nei due rami, quindi per ottenere una modulazione d’ampiezza si varia la lunghezza di un ramo rispetto all’altro. In uscita otteniamo una modulazione d’ampiezza che dipende dalla lunghezza d’onda con cui il sensore emette. Poiché la radiazione è la stessa e l’indice di rifrazione delle due guide non cambia si ha che ∆Leff =n L

(

2−L1

)

per cui la differenza di fase è Φ = ∆β L dove

2 n L

β π

λ

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Il β è fisso per ogni lunghezza d’onda con cui l’idrofono emette, ossia il comportamento del sensore è simile a quello di un laser di pompa a frequenza fissata .

Andando ad agire sulla lunghezza di uno dei rami del Mach Zender è possibile modificare la potenza ripartita sulle due guide infatti la potenza varia cosinusoidalmente con Φ

1 cos 2 2

out

P = + Φ

Figura 2.3 Andamento della Potenza in uscita dal'interferometro.

di seguito sono riportati dei grafici che ci permettono di vedere l’ andamento della Potenza, in uno dei due rami del MZI, in funzione della variazione della lunghezza

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Figura 2.4 andamento della potenza in uscita al variare della lunghezza i uno dei 2 rami

I modulatori MZ sono oggi i più utilizzati per le trasmissioni ad altissime prestazioni e hanno raggiunto ottimi livelli in termini di prestazioni infatti permettono di ottenere elevate bande di modulazione, chirp praticamente nullo e Extinction ratio: 15-20 dB.

2.4 .Fotorivelatore.

Il segnale in uscita al Mach Zehnder è inviato ad un fotorivelatore che ha il compito di estrarre da un segnale ottico un segnale elettrico proporzionale all’intensità della radiazione luminosa, il funzionamento di questi rivelatori si basa sul meccanismo di assorbimento della radiazione elettromagnetica da parte della materia con cui sono realizzati i fotorivelatori.

Ogni rivelatore fotoinduttivo richiede, per rivelare la radiazione luminosa incidente, la presenza di una polarizzzazione esterna che, in assenza di radiazione incidente, è praticamente nulla per la bassa conduttività del semiconduttore intrinseco.

Per un fotorivelatore reale la corrente misurata è pari a

0 qP I hf η =

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dove η è l’efficienza quantica del dispositivo che dipende dal coefficiente di assorbimento α0 del dispositivo con cui il materiale è realizzato, α0 dipende fortemente

dalla lunghezza d’onda, questa dipendenza è riportata di seguito per alcuni materiali semiconduttori impiegati nella costruzione dei fotorivelatori.

Figura 2.5 coefficiente di assorbimento per vari semiconduttori.

Per cui in fase di progetto bisogna scegliere il fotorivelatore del materiale che ci permette di lavorare con il minore coefficiente di assorbimento e quindi una maggiore efficienza a parità di lunghezza d’onda.

La relazione che caratterizza il fotorivelatore, in assenza di rumore,è

I=RP

Dove R è la Responsivity del ricevitore ed è pari a

0 q R hf η = in A/W.

Il fotorivelatore utilizzato per comunicazioni ottiche è il fotodiodo, fondamentalmente questo dispositivo assorbe un fotone e restituisce una coppia elettrone-lacuna

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producendo una corrente. I fotodiodi usati nelle telecomunicazioni sono i PIN e gli APD (avance photo detector). I fotodiodi PIN sono realizzati da una giunzione tra gli stati di semiconduttore di tipo p, intrinseco e di tipo n, mentre i fotodiodi APD hanno degli strati aggiuntivi per l’accelerazione e la moltiplicazione a valanga dei portatori. Per entrambi i dispositivi, poiché sono polarizzati inversamente, esiste una corrente di buio che scorre nel dispositivo anche quando non è presente nessun segnale ottico.

Il fotodiodo PIN ha il vantaggio di essere un dispositivo a larga banda che può essere ulteriormente aumentata utilizzando materiali ternari ma presenta una scarsa Responsivity, che resta dell’ordine dei mA/mW, mentre per realizzare sistemui efficientissimi deve sfruttare al massimo la potenza ottica facendo incidere sul fotorivelatore la massima potenza prevista per avere le prestazioni richieste. Per cui in tali condizioni la corrente di fotodiodo ottenuta con un PIN è molto piccola e richiede una forte amplificazione, ma ciò può far si che si abbia un peggioramento delle prestazioni dei ricevitori con fotodiodo PIN a causa del rumore introdotto dal fotodiodo e dai primi stadi di amplificazione. In molte applicazioni, a causa di questi problemi, è possibile utilizzare dispositivi con guadagno intrinseco già in fase di rivelazione. Un dispositivo di questo tipo è il diodo a valanga APD, che si basa su un effetto a valanga generato da una ionizzazione per impatto, un portatore, interno al semiconduttore, prodotto per assorbimento di un fotone viene accelerato dal forte campo elettrico presente nella zona attiva e può acquistare un’energia cinetica tale da poter creare una nuova coppia elettrone lacuna che a loro volta possono acquistare energia tale da generare un’altra coppia e così via, ossia si generano coppie secondarie che contribuiscono alla fotoconduzione. La Responsivity di un APD, rispetto a quella del PIN, è maggiore di un fattore M, che per buoni fotorivelatori può variare dalla decina al centinaio. Il guadagno che si ottiene negli APD si paga in termini di rumore in quanto il processo di moltiplicazione è intrinsecamente rumoroso, un altro problema è legato alla banda, maggiore è il guadagno M e minore è la banda associata al fotodiodo.

Bisogna tener conto che ogni fotorivelatore è intrinsecamente rumoroso, infatti esistono due meccanismi che non possono essere trascurati: il rumore shot e il rumore termico, rumore indotto dalle fluttuazioni della corrente che influenza le prestazioni di tutto il ricevitore. Il rumore shot deriva dalla natura statistica della generazione degli elettroni, la corrente i generata da un segnale ottico è data da

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( ) s sh

i= +i i t

dove is=RPs è la corrente media e ish

( )

t è la fluttuazione della corrente legata al

rumore shot, che da un punto di vista matematico può essere approssimato con le statistiche gaussiane. Si può considerare il rumore bianco tale che la sua densità spettrale sia Ssh( )f =qis, il contributo di rumore shot, nei fotodiodi PIN è minore di

quello dei fotodiodi APD.

Per cui, in fase di progetto del ricevitore, bisogna decidere se si preferisce un segnale elettrico con un fattore di rumore basso e larga banda ma a discapito della potenza d’uscita che risulta essere bassa per i PIN per cui si deve far in modo che segua uno stadio opportuno di amplificazione o un segnale amplificato in fase di rivelazione ma corrotto da rumore.

Solitamente le scelte ricadono su dei PIN per i vantaggi di banda ad esso associato, infatti ci permette di rivelare segnali con frequenza molto elevata, e la sua bassa rumorosità.

2.5 Tipologie di Amplificatori ottici.

L’ amplificatore ottico adempie la funzione critica di interfacciare il segnale ricevuto dal ricevitore ottico bilanciato al resto del ricevitore. Solitamente l’amplificatore converte la fotocorrente in un segnale di tensione, quindi gioca un ruolo cruciale nel determinare molti aspetti e le performance totali del ricevitore come velocità, sensibilità e range dinamico.

I segnali ottici convertiti in segnali elettrici generalmente sono molto deboli in ingresso al ricevitore, è necessario aumentare l’ampiezza del segnale per portarlo ad un livello accettabile.

Tipicamente gli amplificatori ottici si basano su tre approcci: il più semplice consiste in “termination resistor”, il secondo in “higt-impedance or low-impedande amplifier” e il terzo in “transimpedence amplifier”. Per il primo dispositivo il segnale di uscita di questo semplice ricevitore non è in una forma tale da interfacciarsi in maniera

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appropriata con la maggior parte dei circuiti di analisi del segnale. L’ “high-impedence amplifier” è usato generalmente con un'elevata resistenza di polarizzazione che migliora la sensibilità e fa sì che si riduca il rumore termico ma il difetto di questo dispositivo è di avere range dinamico e banda limitata.

Con il “transimpedence amplifier” si ha un’alta impedenza d’ingresso con una reazione negativa e un buon range di rumore, inoltre si ha un miglioramento del range dinamico e della banda a discapito della sensibilità dovuto ad un aumento del rumore, perciò un amplificatore a transimpedenza può essere definito sia come amplificatore che provvede al guadagno sia come trasformazione d’impedenza.

2.5.1 “termination resistor” amplifier

Nella configurazione termination resistor i fotodiodi sono attaccati al resistore di carica, RL, la corrente di segnale,is , è convertita in una tensione dal resistore che è

inviata ad un amplificatore che fa da buffer di tensione, la capacità CT rappresenta la

capacità totale posta tra fotodiodo amplificatore.

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La scelta della resistenza di carica dipende sia dalla risposta in frequenza che dal rumore dell’amplificatore. La banda intrinseca dell’amplificatore è uguale a 1/2πRLCT dovuta alla squadra RC. Il rumore può essere analizzato usando il modello per piccoli segnali seguente

Figura 2.7 modello di piccolo segnale per il rumore

In questa configurazione il rumore termico della resistenza di carica è I2nRl(f)=(4kT)/RL A2/Hz

Dove k è la costante di Boltzman ( 1.38 x 10-23 Jk-1) e T è la temperatura assoluta in gradi Kelvin. Il rumore dovuto all’amplificatore di tensione è dovuto alla corrente e alla tensione di rumore in ingresso rispettivamente I2n, V2n. Poiché il segnale desiderato

è sottoforma di corrente può essere confrontato con le correnti di rumore che sono iniettate nello stesso modo, è facile dimostrare che il contributo di rumore dovuto a V2n

è indipendente da RL. Quando l’impedenza d’ingresso dell’amplificatore di tensione è

molto grande, anche I2n è indipendente da RL. L’unico modo per minimizzare il

rumore totale è di ridurre I2

nRl attraverso la massimizzazione di RL. Ci sono due

approcci diversi per la scelta del valore di RL, nel dispositivo “low-impedence”, la

resistenza RL è piccola per soddisfare i requisiti di banda a costo di incrementare il

rumore, mentre nel dispositivo “higt-impedence”, la resistenza RL è grande per

minimizzare il rumore a discapito della banda. Questo ultimo approccio è utilizzato per avere una più alta sensibilità degli amplificatori ottici ma ha un limitato range dinamico dovuto all’elevata costante di tempo RC.

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2.5.2 Transimpedance amplifier

Questo amplificatore è il più popolare perché risolve il problema del range dinamico, che si aveva con “l’higt-impedance amplifier”, e riesce a trovare un buon compromesso tra una larga banda del low-impedence amplifier e il basso rumore dovuto all’higt-impedence amplifier. In un “Transimpedence amplifier”, una resistenza Rf reaziona il sistema come mostrato

Figura 2.8 transimpedence amplifier.

Qui la resistenza può avere un valore elevato perché la reazione negativa riduce l’effettiva resistenza vista dai fotodiodi di un fattore pari a ( 1 + A ), dove A è il guadagno di tensione ad anello aperto dell’amplificatore. Il rumore termico del resistore di reazione è minimizzato. Il guadagno ad anello chiuso è definito come 1 out f f s V A R R i = − +A ≈ −

che per un alto valore di guadagno ad anello aperto è semplicemente il valore negativo della resistenza di reazione. Solitamente i dispositivi per gli amplificatori ottici sono realizzati per ottimizzare i trade-off tra sensibilità, velocità e guadagno di

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transimpedenza, anche se negli ultimi anni sono stati richieste altre caratteristiche ai ricevitori quali ampio range dinamico, reiezione della luce dell’ambiente di lavoro e operazioni con basso voltaggio. Per quanto riguarda l’aumento del range dinamico possiamo riassumerlo in tre tecniche principali 1) limitazione del segnale d’uscita, 2) manovrare la corrente d’ingresso, 3) guadagno di transimpedenza variabile. Riassumendo graficamente le tre tecniche si ha

Figura 2.9 metodi per l'aumento dei range dinamici

Per la prima tecnica si utilizza un diodo clamp che limita le oscillazioni d’uscita, non aumenta il limite inferiore del range dinamico ma incrementa quello superiore. Comunque il processo di limitazione distrugge le informazioni sull’ampiezza del segnale ricevuto, ma per applicazioni in cui la luce dell’ ambiente circostante è una delle emissioni, la limitazione rimuove le informazione che aiutano a separare la luce dell’ambiente da quella del segnale informazione.

La seconda tecnica aumenta il range dinamico aumentando il livello massimo accettabile del segnale dell’amplificatore, utilizza una coppia differenziale posta a valle dell’amplificatore che realizza un’attenuazione accordabile del segnale con la

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a quello dei MOSFET per l’implementazione della coppia differenziale. La coppia differenziale deve presentare una bassa impedenza ai fotodiodi per assicurare che non si abbia effetto sulla risposta in frequenza dell’amplificatore. La coppia differenziale ci permette di avere anche una bassa impedenza che è richiesta per aiutare a prevenire le fluttuazioni nelle tensioni di polarizzazione dei fotodiodi quando è presente il segnale. La caratteristica tensione-corrente dei bipolari aiuta ad assicurare che la tensione di polarizzazione dei fotodiodi rimanga regolata attraverso un ampio range di correnti. L’ultima tecnica utilizza un amplificatore a transimpedenza che è capace di variare il guadagno. La resistenza Rf è una delle maggiori cause di rumore e il contributo della

corrente di rumore è inversamente proporzionale al valore della resistenza. Un valore elevato di tale resistenza è desiderato sia per minimizzare il rumore sia per massimizzare il segnale d’uscita. D’altra parte , per forti segnali, si predilige una piccola resistenza poiché la corrente massima d’ingresso è limitata da Vmax/ Rf dove

Vmax è la massima uscita dell’amplificatore prima della distorsione. Scegliendo

opportunamente il valore di Rf andiamo ad aumentare il range dinamico andando a

sacrificare la sensibilità.

Con questa configurazione si ha un problema dovuto al fatto che la stabilità cambia a seconda del valore della resistenza di reazione per cui si preferisce un’ implementazione BiCMOS che risolvono in parte il problema graficamente sono riportate due possibili configurazioni :

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Figura 2.10 tecniche per variare il guadagno

Un sistema ottico deve essere in grado di determinare i segnali persino in presenza di una forte luce dovuta all’ ambiente di lavoro. Tale luce ha come effetto sul ricevitore di generare un rumore shot addizionale al fotodiodo e sovrapponendo un segnale luminoso sul massimo del segnale desiderato. Il rumore shot va a diminuire la sensibilità del ricevitore ma è inevitabile poiché il rumore ha uno spettro bianco ed è sommato direttamente al segnale desiderato. Ci sono sorgenti luminose dovute all’ambiente sia naturali che artificiali. La luce diretta del sole è la più intensa sorgente di luce con una significante potenza nello spettro dell’infrarosso, comunque la sua intensità varia lentamente. Mentre l’incandescenza e la fluorescenza sono due delle più comuni sorgenti di luce artificiali. Si hanno due possibili modi per reiettare la luce sul preamplificatore: una soluzione è accoppiare i fotodiodi con il preamplificatore, detta “ ac couple”, l’altra è utilizzare una catena di reazione attiva intorno all’amplificatore a transimpedenza. Nella prima soluzione la corrente di segnale ad alta frequenza, is,passa

attraverso l’amplificatore, mentre la corrente in continua, Idc, è bloccata e deviata

attraverso la resistenza R. Questa soluzione ha due inconvenienti: primo, per implementazioni monolitiche, sono richieste grandi resistenze e capacità integrate sul chip per ottenere una sufficientemente bassa frequenza di cut-off. Questi elementi

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passivi occupano un’area significante e sono sensibili al rumore dovuto all’accoppiamento parassita; secondo la tensione di polarizzazione all’anodo è data da Idc*R. Come risultato su tutta la banda del ricevitore è presente il segnale e il livello di

luce dovuto all’ambiente. La seconda soluzione usa una catena di reazione con l’amplificatore a transimpedenza. Il livello di rivelazione basato sui i picchi del segnale è effettivo, ma si assume che la corrente media è costante e viene richiesto un meccanismo di reset. Un’alternativa è usare un livello di rivelazione medio. La reiezione risultante della componente continua è uno degli effetti richiesti per la polarizzazione del amplificatore. La reiezione della luce dell’ambiente richiede meno area ed effettivamente regola la tensione di polarizzazione del fotodiodo.

Le due soluzioni sono rappresentate graficamente di seguito

Figura 2.11 amplificatori a transimpedenza per la reizione della luce

2.6

Amplificatore nei ricevitori ottici

La scelta dell’amplificatore per i circuiti ottici ricade sugli amplificatori a transimpedenza a basso rumore perché riescono ad avere un buon compromesso tra il range dinamico e il basso rumore, fattore fondamentale per prelevare un segnale senza alterazioni. Per applicazioni optoelettroniche, vengono richieste ulteriori specifiche quali ampia banda e reiezione della luce dell’ambiente di lavoro, di fondamentale

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importanza perché nel momento in cui la radiazione incidente sul fotodiodo è molto debole può prevalere la componente della radiazione luminosa dell’ambiente di lavoro e quindi alterare il risultato voluto.

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Figura

Figura 2.1 andamento del coefficiente di assorbimento in funzione della lunghezza d'onda
Figura 2.2 interferometro Mach Zender sbilanciato.
Figura 2.3 Andamento della Potenza in uscita dal'interferometro.
Figura 2.4 andamento della potenza in uscita al variare della lunghezza i uno dei 2 rami
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