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TRIBUNALE DI MODENA Sezione III Civile DECRETO FALLIMENTO

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TRIBUNALE DI MODENA Sezione III Civile RG 1312/2020

Il Tribunale, in composizione collegiale, in persona dei Magistrati:

dott.ssa Emilia Salvatore, Presidente;

dott.ssa Alessandra Mirabelli, Giudice

dott. Carlo Bianconi, Giudice relatore, estensore;

letti gli atti ed i documenti di causa, ha pronunciato il seguente

DECRETO nella causa promossa da

generalizzata compiutamente in ricorso, con gli Avv.ti Astrid Merlini e Federico Carpi del Foro di Bologna, elettivamente domiciliato presso il di loro Studio; opponente;

contro

FALLIMENTO , in

persona del curatore pro tempore; opposto non costituito;

in punto a: opposizione allo stato passivo (art. 98 l.f.).

Conclusioni delle parti:

- parte opponente ha concluso come da nota scritta di trattazione cartolare dell’udienza 10.6.2020 ex art. 83, comma 7, lett. H d.l. 18/2020 depositata in data 09.6.2020

CONCISA ESPOSIZIONE DELLE RAGIONI IN FATTO ED IN DIRITTO DELLA DECISIONE

Preliminarmente, si rileva, quanto alla tecnica motivazionale della presente decisione che

“al Collegio è consentito fare rimando al contenuto di taluni atti di causa, così motivando per relationem: le Sezioni Unite della Corte di Cassazione, infatti, hanno di recente affermato (Sentenza 642 del 16.1.2015) che in tema di motivazione delle sentenze civili, non può ritenersi nulla la pronuncia che esponga le ragioni della decisione limitandosi a riprodurre il contenuto di un atto di parte (ovvero di altri atti processuali o provvedimenti

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giudiziari), eventualmente senza nulla aggiungere ad esso, sempre che in tal modo risultino comunque attribuibili al giudicante ed esposte in maniera chiara, univoca ed esaustiva, le ragioni sulle quali la decisione è fondata.

È da escludere inoltre che, alla stregua delle disposizioni contenute nel codice di rito civile e nella Costituzione, possa ritenersi sintomatico di un difetto di imparzialità del giudice il fatto che la motivazione di un provvedimento giurisdizionale sia, totalmente o parzialmente, costituita dalla copia dello scritto difensivo di una delle parti.”

***

Ciò chiarito, per quanto concerne la ricostruzione della vicenda, può farsi rimando al contenuto dell’atto introduttivo (unico sostanzialmente depositato, alla luce della mancata costituzione del fallimento), atteso che, in ogni caso, la presente controversia ha natura eminentemente giuridica.

In via di estrema sintesi, si osserva come la ricorrente, società semplice di coltivatori diretti, abbia insinuato al passivo del fallimento tra gli altri (che in questa sede, come si dirà, non rilevano) i seguenti presunti crediti:

1) € 172.012,58, con privilegio ex art. 2751-bis nr. 4) c.c., a titolo di corrispettivo della vendita dei prodotti agricoli (latte vaccino);

2) € 19.332,85, col medesimo privilegio, a titolo di interessi moratori sul predetto credito sino alla data di apertura del concordato.

Il Giudice di prime cure, con il provvedimento oggi impugnato, ammetteva le somme de quibus, ma al chirografo, escluso il privilegio.

Per la precisione, la somma relativa agli interessi veniva rideterminata in € 17.575,32, ma ciò è coerente con la documentazione agli atti, ed in particolare con il prospetto di cui all’all. F) prodotto dallo stesso creditore.

Mette conto osservare, in ogni caso, come sul quantum così determinato non vi sia oggi divergenza di vedute: basti a tal fine confrontare il paragrafo 3.2 della opposizione, e le conclusioni rassegnate in causa, sedi nelle quali l’opponente insta proprio ed espressamente per l’ammissione della somma di € 17.575,33 (essendo ovviamente irrilevante la minima discrasia decimale).

Sempre per precisione, il Collegio non è tenuto ad occuparsi della ulteriore domanda oggi avanzata dall’opponente, avente ad oggetto la richiesta di ammissione di somme (al chirografo) su cui il primo Giudice ha già provveduto in conformità.

Infine, altri provvedimenti del Giudice delegato (ed in particolare la esclusione degli interessi moratori post concorso) non venivano censurati; di conseguenza il

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decreto può considerarsi, in parte qua, consolidato (si veda al riguardo, con riferimento al tema degli interessi e della necessità di specifica domanda, la sentenza nr. 21459 del 2019).

Così ricostruito il thema decidendum, la unica questione da dirimere concerne la spettanza del privilegio di cui all’art. 2751-bis nr. 4) c.c. ai crediti (per capitale ed interessi ante concorso) della opponente.

Sono infatti documentalmente provate, e comunque non contestate (recte, smentite) dalla Curatela:

- la circostanza per cui l’attività caratteristica della società opponente fosse condotta prevalentemente con il lavoro proprio dei due soci e della moglie di uno di loro; ciò emerge (ed è rilevante a’ sensi dell’art. 1647 c.c., oltre che, in astratto, ai fini di cui alla norma che attribuisce il privilegio in questione) dalla perizia giurata prodotta sub doc. F); in particolare, da tale elaborato, emerge come il fabbisogno lavorativo apportato dai due soci e dal familiare superi quello degli operai e dei macchinari, e che tale apporto sia caratterizzante una attività di diretto e personale lavoro del fondo e del bestiame, essendo per altro verso rispettati tutti gli ulteriori e formali indici della normativa di settore;

- la circostanza per cui l’attività di allevamento degli animali, e la vendita dei relativi prodotti, sia collegata alla utilizzazione dei fondi; è infatti innegabile, e dimostrato dalla medesima perizia, che l’attività zootecnica curata dall’opponente sia collegata funzionalmente (quand’anche in misura prevalente) alla coltura di campi foraggeri per l’alimentazione dei bovini; ciò è sufficiente a rendere compatibile l’attività di allevamento con la qualifica di coltivatore, secondo l’insegnamento della giurisprudenza di legittimità, pure recente (Cass. Sez. III, nr. 6842/2015).

A quanto appena esposto, consegue la sicura configurabilità della qualifica di coltivatori diretti in capo ai soci della società agricola opponente.

Rimane quindi da sciogliere il nodo principale della controversia: vale a dire, se i coltivatori diretti, anche laddove costituiti in forma collettiva semplificata, possano comunque vedere ammessi al privilegio ex art. 2751-bis nr. 4), per il tramite della società semplice, i crediti derivanti dalla vendita dei loro prodotti.

Il Collegio ritiene che la risposta debba essere positiva.

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Il Giudice delegato, nell’ampio provvedimento impugnato, ha dato conto del contrasto giurisprudenziale esistente in materia.

Segnatamente, ha riportato la tesi di parte della giurisprudenza di merito, favorevole al riconoscimento del privilegio (Tribunale di Udine 27.3.2015, in www.ilcaso.it).

Ha quindi riferito, sposandola e richiamandone espressamente la motivazione, l’interpretazione contraria fornita dalla Suprema Corte, con l’unico, recente, precedente specifico (Cass. Sez. VI nr 11917/2018).

Questo Giudice, al contrario e pur con il dovuto rispetto per la funzione nomofilattica della Suprema Corte, ritiene che la pronuncia di legittimità in questione muova da un presupposto incoerente rispetto ad un diverso formante interpretativo, da lungo tempo consolidato.

Il punto che non convince è quello per cui (punto 4 della sentenza della Corte)

“all’altezza dell’intero nr. 4 dell’art. 2751-bis c.c. ricorre una omogenea considerazione soggettiva che ha riguardo a persone fisiche”, tale per cui spetterebbe solo al Legislatore (punto 6 della sentenza) di “allargare il campo della meritevolezza socio economica, presidiata dalla con norme eccezionali dalla disciplina dei privilegi ed in particolare dalla peculiare ratio lavoristica della disciplina applicata alla vicenda, non idonea ad assicurare protezione lato sensu retributiva di una componente capitale, per come aggregata nel soggetto societario”.

La predetta ricostruzione è, per forza di cose, valida per i soggetti di cui al nr. 1) della norma, ossia i prestatori di lavoro (necessariamente persone fisiche).

Ma già per i professionisti ed i prestatori di opera intellettuale, la Corte ha da lungo tempo riconosciuto la spettanza del privilegio – oltre che alle persone fisiche – pure, ad esempio, alle relative associazioni professionali.

Dando per conosciuto il dibattito in materia, merita – in quanto assolutamente indicativa – essere richiamata la sentenza nr. 6286/2016 della Suprema Corte: in tale fattispecie, infatti, la Cassazione ha riconosciuto la “legittimazione attiva”

direttamente in capo allo Studio associato ricorrente (punto 2.1 decisione), soggetto aggregato che ha “formalmente” (pag. 9 sentenza) la possibilità di chiedere l’ammissione al passivo nell’interesse degli associati che abbiano svolto la prestazione (il privilegio, poi, spetterà dietro prova della riferibilità personale di essa, come noto).

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Ed il principio è così consolidato che, come osservato dalla opponente, nello stesso stato passivo del fallimento oggi opposto, la domanda di una associazione professionale di commercialisti risulta ammessa (nella classe prededuzioni) con il grado di privilegio di cui si discute (cron. 11 stato passivo, prodotto dalla opponente sub doc. 17).

Da quanto sopra, deriva un duplice corollario:

- il diritto vivente, per come interpretato dalla stessa Suprema Corte, ammette che del novero delle categorie soggettive di cui all’art. 2751-bis c.c.

(norma effettivamente eccezionale, in quanto attributiva di privilegio generale mobiliare), si possa fare – non già una applicazione analogica (vietata ex art. 14 Preleggi) ma – una interpretazione estensiva, idonea a ricomprendere nello spettro legale anche “enti” aggregativi e non solo singole persone fisiche;

- consentire tale interpretazione estensiva in favore di alcuni soggetti (le aggregazioni di professionisti intellettuali), e non di altri (le aggregazioni di coltivatori diretti), condurrebbe ad un risultato evidentemente iniquo.

La ratio della norma, molto più semplicemente, è proprio quella (peraltro segnalata nella stessa sentenza della Corte) di proteggere, accordando il privilegio al relativo credito, il lavoro personale del creditore, indipendentemente dalla forma associativa o aggregativa in cui questi operi; ciò, naturalmente, senza alcuna indebita retribuzione e/o premiazione della componente capitale di rischio, che nello schema societario della s.s. peraltro neppure esiste (in disparte il tema relativo ai conferimenti).

I rilievi che precedono consentono di superare, ad avviso del Collegio, la diversa interpretazione propugnata – in via isolata – dalla Suprema Corte: con riferimento alla “estemporaneità” del dictum, è ben possibile fare rimando a quanto dedotto dalla Difesa della opponente (pagg. 21 e 22) circa la irrilevanza dei singoli precedenti richiamati dalla Suprema Corte, aventi ad oggetto casi affatto diversi dalla fattispecie oggi, e allora, rilevante (vuoi per quanto riguarda i soggetti via via coinvolti, vuoi per quanto riguarda le singole rationes decidendi).

Venendo al caso in esame, e concludendo, dunque, è emersa la assoluta prevalenza del lavoro dei soci della opponente rispetto alla manodopera altrui, ed al “capitale” (recte al fabbisogno derivante dalla componente produttiva organizzata in mezzi e macchinari); è parimenti emersa la caratterizzazione in

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termini di coltivazione diretta dell’attività svolta; è acclarata in re ipsa, infine, la semplicità della struttura societaria adottata dalla opponente; non vi è motivo, quindi, sulla base delle coordinate giuridiche sopra tracciate, di negare al credito della opponente la prelazione invocata.

***

A tutto quanto sin qui detto consegue l’accoglimento della opposizione, con riforma del provvedimento impugnato, limitatamente alla parte in cui ha escluso il privilegio richiesto in relazione ai crediti insinuati dall’odierna opponente; con assorbimento delle ulteriori doglianze e domande, e segnatamente di quella volta a sollevare la questione di legittimità costituzionale come descritta alle pagg. 24 e sgg. libello introduttivo.

***

Le spese possono essere compensate, sussistendone i presupposti ex art. 92, comma 2, c.p.c., in ragione del “mutamento di giurisprudenza” come sopra descritto (ed al cui “dibattito” si inscrive pure il presente decreto).

PQM

Il Tribunale, in composizione collegiale, in persona dei Magistrati sopra indicati, ogni diversa domanda eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando nella causa di opposizione allo stato passivo n.r.g. 1319/2020, così provvede:

- in accoglimento della opposizione ammette il credito della opponente allo stato passivo del fallimento per € 172.012,58, con privilegio ex art. 2751- bis nr. 4) c.c., in linea capitale; ammette il credito della opponente allo stato passivo del fallimento per € 17.575,32, col medesimo grado di privilegio, a titolo di interessi moratori sul credito in linea capitale maturati dalle scadenze e sino alla data di apertura del concordato preventivo;

- conferma nel resto il provvedimento impugnato;

- compensa integralmente le spese di lite.

Così deciso in Modena, Camera di Consiglio del 21.10.2020

Il Presidente

Dott.ssa Emilia Salvatore

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