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Academic year: 2022

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SOMMARIO QUI LIBRI 37

settembre/ottobre 2016 1 PUNTO A CAPO Perché un dossier sulla Costituzione di Paolo Barbieri

2 INCIPIT DOSSIER

4 Riflessioni sulla riforma costituzionale alla vigilia del referendum di Claudio Bragaglio

7 La lezione di Piero Calamandrei ai giovani sulla Costituzione di Piero Calamandrei

10 La letteratura della Resistenza e gli ideali fondanti della Costituzione di Serena Bedini

13 Il calzolaio fa le scarpe il capomastro le case possibile che il narratore debba chiacchierare soltanto di sé? di Cesare Pavese

15 La libertà conquistata diventa linfa vitale per gli artisti italiani di Sergio Borrini e Nadia Nava

18 La Costituzione nei libri per ragazzi e le gravi carenze dei programmi scolastici di Ilaria Francica

APPROFONDIMENTI

22 Il mare, la casa e l’abisso il fantastico di William Hope Hodgson di Alessandro De Filippi

25 Quando l’Io incontra il Tu – metafore della tenerezza – di Roberta Borsani 27 L’infinito Medioevo, ovvero i pregiudizi e la violenza contro le donne nella

storia di Maddalena Capalbi

30 Stupidi si nasce o si diventa? Da Musil a Cipolla: fenomenologia della stupidità di Claudio Tugnoli

33 Fusaro, un idealistico realista. Una riflessione su Europa e capitalismo. Per riaprire il futuro di Roberto Caracci

36 Dialoghi filosofici e non solo: ciò che doveva accadere ma non accadde di Paolo Barbieri

38 Yves Bonnefoy: La natura della trascendenza dopo la scomparsa del divino di Flavio Ermini

41 Memorie di un incontro di Enrico Moretti

42 L’esistenzialismo di Miguel De Unamuno in San Manuel Bueno, martire di Eleonora Canetta

44 The Diary of Samuel Pepys di Hilarius Moosbrugger

46 L’uomo ha bisogno della natura la natura non ha bisogno dell’uomo di Sergio Borrini

COPERTINA D’AUTORE

48 Hidetoshi Nagasawa per QuiLibri a cura di Nadia Nava e Sergio Borrini RECENSIONI

49 Storia di un uomo avventuroso, che solo e disperato creò un capolavoro di Daniela Muti

50 Pubblicato il Breviario dei vinti il testo-cerniera di Emil Cioran di Barbara Scapolo

RUBRICHE

52 Graphic Novel: Dov’è la nostra casa? Nel- la risposta la spiegazione alla domanda:

chi siamo? di Davide Castellazzi 54 Arte: L’oggetto in arte: da forma inanima-

ta a protagonista di N. Nava e S. Borrini 56 Recensioni poesie

57 Ragazzi: Desideri e lontananze. Una nar- razione lontana dall’asfittica attualità di Nicoletta Gramantieri

58 Cinema: Storie di ordinaria follia di Giuseppe Colangelo

60 Scienza: Ma quanto sono “simpatici” i microbi. Alla scoperta di un mondo invis- ibile di Fulvio Caporale

61 Classici: Mytos e Religio, due parole com- plesse di Paolo Scaglietti

62 Scaffale

69 La Lettura: Il colpo di grazia di Emanuela Monti

72 Il Flâneur di Oreste Pivetta

7 33 44 38

52

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LA RIFORMA COSTITUzIONALE

di Claudio braGaGlio

P

er una più corretta valuta- zione dell’attuale riforma costituzionale, va ricostru- ita, anche solo per cenni, la storia che l’ha preceduta. Il pun- to di svolta va individuato nel trien- nio 1989-92, con la crisi del sistema politico in Italia e in Europa.

Il periodo precedente si era collo- cato nel quadro costituzionale de- finito nel biennio 1946-48. Le cui scelte fondamentali sono ben note:

repubblica, governo parlamentare, bicameralismo perfetto, sistema au- tonomistico, ruolo dei partiti politi- ci, sistema elettorale proporzionale.

In sede di Assemblea Costituen- te non erano mancate autorevoli e diverse proposte, in particolare, per una Repubblica Presidenzia- le, da parte di Luigi Einaudi e di Piero Calamandrei. Ma con l’ap- provazione nel settembre del 1946 dell’ordine del giorno Perassi prese

definitivamente forma il modello d’un Governo parlamentare. Agli occhi dei critici con questa scelta si dava luogo ad un «motore pri- vo dell’ingranaggio della stabili- tà». Con un governo in balìa del proporzionalismo, la paralisi d’un bicameralismo perfetto, la molti- plicazione incontrollata dei partiti.

Tali funeste previsioni vennero poi smentite, ma con riferimento non tanto ai meccanismi costituzionali, quanto al concorso di altri fattori di stabilizzazione. Il primo, di caratte- re esterno, dovuto alla contrapposi- zione tra i due blocchi della “guerra fredda”, con conseguente “conventio ad excludendum” nei confronti delle sinistre PSI e PCI. Dando così luo- go ad un “bipartitismo imperfetto”, come è stato definito dal politologo Giorgio Galli. Con una pregiudizia- le delimitazione dell’area di gover- no che ha operato come fattore co- esivo per varie maggioranze, tutte imperniate sulla DC.

Una lunga storia che ha attraversato la cosiddetta Prima Repubblica è quella nata dopo la crisi del 1989-92. Falliti tutti i tentativi di superare il bicameralismo pari- tario con l’obiettivo di garantire “stabilità” politica ai governi.

Riflessioni sulla riforma costituzionale alla vigilia del referendum

Il secondo elemento della stabilità era rappresentato dal sistema dei partiti, con circa il 70% dell’eletto- rato che si riconosceva in tre partiti:

DC, PCI, PSI. È il periodo che lo storico Pietro Scoppola ha definito come «Repubblica dei partiti».

Ma con la crisi del 1989-92, la «Re- pubblica dei partiti» implode e rie- merge la debolezza della soluzione data al problema della “governabi- lità” dalla Costituzione.

In passato, l’unico tentativo per as- sicurare stabilità è stato dato, nel 1953, dalla modifica della legge elettorale in termini maggioritari – la cosiddetta “legge truffa” – ma che risultò soccombente.

Precluso lo spazio di modifiche costituzionali o per nuove leggi elettorali, l’unica possibilità per as- sicurare governabilità era affidata ad un allargamento politico della base parlamentare. Come avvenne con il PSI durante il primo centro sinistra. O con i successivi tentativi, in particolare di Enrico Berlinguer (“Compromesso Storico”) e di Aldo Moro (“la Terza fase”). Ma sempre all’insegna d’una oscillazione tra gli opposti modelli di “competitive stra- tegy” e di “cooperative strategy”.

Il dato d’una crisi sistemica risulta evidente se si pensa che in questo periodo per ben cinque legislature il Parlamento è stato sciolto antici- patamente.

All’indomani dell’uccisione di Mo- ro, in particolare dal 1979 al 1992, con l’adozione della formula del Pentapartito viene imboccata la strada della governabilità dall’alto.

Ovvero con il rafforzamento dei meccanismi istituzionali. Su cui si impegnò soprattutto il PSI craxia- no, che già dal 1977 aveva avanza-

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to proposte in senso presidenzialista ed in una logica di tipo bipolare. È il periodo della “Grande riforma”.

Di seguito, poi, il Decalogo del go- verno Spadolini, nel 1982, con la proposta di un sistema elettorale maggioritario.

Ma il passo più significativo è rap- presentato dalla “Commissione Bi- camerale” Bozzi che concluse i suoi lavori nel 1985. In verità senza al- cun risultato concreto, ma comun- que con la messa in moto di una riforma del bicameralismo e per un sistema elettorale maggioritario.

Anche nel PCI matura con Oc- chetto nel 1988, la proposta di un

«nuovo sistema politico istituziona- le». Si allude ad una qualche forma maggioritaria e ad una predefini- zione di maggioranza governativa da sottoporre agli elettori. Opzio- ni che avranno sviluppi negli anni successivi, ma prima ancora che a livello del Parlamento nella realtà degli Enti locali e delle Regioni.

Il momento più significativo della nuova fase è dato dal referendum sulla preferenza unica (1991), con un significato che andava oltre il merito del quesito. All’indomani del dirompente periodo della presi- denza Cossiga è il presidente Scal- faro che sollecita la formazione d’u- na nuova Commissione bicamerale per definire una «globale e organica riforma della Costituzione».

Nel frattempo, sotto la spinta refe- rendaria, nel 1993 viene introdotta per via legislativa, l’elezione diretta dei Sindaci, abbinato ad un siste- ma elettorale di tipo maggioritario di coalizione. Già allora si realizza quindi un cambio della forma di governo e del sistema elettorale, seppure a livello degli Enti locali.

Come poi, a partire dal 1995, av- verrà con le Regioni, in chiave pre- sidenzialista e maggioritaria.

Sempre nel 1993, il 18 aprile, si ten- ne un referendum sulla legge eletto- rale del Senato, da cui è scaturita la nuova legge, chiamata Mattarellum, dal nome del proponente, l’on. Ser- gio Mattarella. La legge prevedeva il 75% dei seggi assegnato con il maggioritario di collegio e il 25%

dei seggi per una rappresentanza dei vari Partiti.

Viene poi istituita una Commissio- ne bicamerale presieduta dall’on.

De Mita e, successivamente, dall’on. Nilde Iotti. Ma la Com- missione Iotti, a seguito della crisi politica del 1994, non ebbe seguito.

Le proposte presentate prevedeva- no un rafforzamento del Governo con il meccanismo della “sfiducia costruttiva”, una riscrittura del Ti- tolo V, riguardante le Autonomie Locali, la conferma dei sistemi elet- torali maggioritari.

Durante il periodo di governo dell’Ulivo è maturata la prospettiva di una terza Bicamerale per le rifor- me, affidata all’on. Massimo D’Ale- ma. Conclusivamente emerge una proposta che rappresenta una totale riscrittura nella seconda parte della Costituzione.

Per quanto riguarda la forma di governo – in modo sorprendente e contrariamente a quanto sostenuto dall’Ulivo – risultò maggioritaria l’opzione per il semipresidenzia- lismo alla francese. Ma anche la Commissione D’Alema si chiuse malamente. Venne approvata e poi sottoposta a Referendum nell’otto- bre del 2001 la sola modifica del Titolo V. Non mancarono altresì anche due Referendum, che però non raggiunsero il quorum, per l’a- bolizione della quota del 25% della legge Mattarellum. Nel tentativo di passare da un sistema di tipo bipo- lare (di coalizioni pluripartitiche) ad un sistema di tipo bipartitico. Pure in presenza d’un consolidato “siste- ma maggioritario di coalizione” da tempo introdotto in Comuni, Pro- vince e Regioni.

Anche il tentativo fatto dal Cen- tro Destra nel 2003 per una nuova riforma, duramente criticata dal Centro Sinistra come un progetto di “presidenzialismo assoluto”, con rischi di autoritarismo, venne sotto- posto a Referendum e fu battuto dal 61% dei voti.

Una rottura profonda è rappresen- tata da una nuova legge elettorale – il c.d. Porcellum, predisposto dal ministro Calderoli – che introduce un sistema basato su “liste bloccate”

di partito, con un premio di mag- gioranza. Ma su tale legge sarà la Corte Costituzionale ad esprimere

un giudizio di illegittimità.

Il quadro emerso dalle elezioni del 2006 va considerato nei suoi vari aspetti perché costituisce motivo di riflessione anche per i successivi passaggi. Nasce un nuovo governo Prodi, con una maggioranza solida alla Camera, ma inesistente al Se- nato. Ancora una volta, si ripropo- ne il problema d’un bicameralismo paritario, come fattore sistemico d’instabilità governativa.

Per non dire poi anche della fram- mentazione pluripartitica. Con l’esempio eclatante di un Governo dell’Unione di Prodi, composto da ben undici diversi e litigiosi gruppi politici.

Una nuova stagione viene parti- colarmente segnata dall’indirizzo impresso dal Presidente della Re- pubblica Giorgio Napolitano. Da segnalare, però, anche un muta- mento con una progressiva crisi non solo del bipolarismo di coali- zione, ma anche del bipartitismo, con l’affacciarsi di una tripolariz- zazione, dovuta alla presenza del M5S. Al punto da alterare sensi- bilmente le dinamiche politiche in fase di ballottaggi, immaginati per un sistema bipolare.

Con l’elezione, alla segreteria del PD e con la nomina, nel febbraio del 2014, alla Presidenza del Con- siglio di Matteo Renzi, il percorso riformatore viene rilanciato sul pia- no sia di una nuova legge elettorale (c.d. Italicum) che di una revisione della seconda parte della Costitu- zione. Per quanto riguarda la nuo- va legge elettorale essa si basa su:

proporzionale, preferenze, premio di maggioranza, soglia di sbarra- mento, circoscrizioni provinciali e doppio turno. I seggi sono assegnati su base nazionale e non provinciale, ma sulla base di 100 Circoscrizio- ni. Per quanto poi riguarda la so- glia di sbarramento essa è fissata al 3%. Un punto molto controverso è rappresentato dal «sistema bloc- cato» dei capilista, sottratti al voto di preferenza. È stato calcolato che circa il 60% dei Parlamentari risul- terebbe composto da “nominati”

in quanto Capilista dei vari partiti.

L’Italicum prevede inoltre un premio di maggioranza del 15%, assegna-

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LA RIFORMA COSTITUzIONALE

to alla lista che raggiunge almeno il 40% dei voti. Quindi 340 seggi su 617. Diversamente, è previsto un secondo turno, per l’assegna- zione del premio di maggioranza.

Ma potranno accedervi le sole due liste con il maggior numero di voti al primo turno, senza poter formare coalizioni.

Per quanto riguarda la riforma co- stituzionale essa supera il bicame- ralismo paritario e rende più forte l’esecutivo. Nelle polemiche s’è per- sino parlato, da parte della prof.ssa Nadia Urbinati, di “democrazia ce- saristica”. Le Camere rimangono in effetti due, ma con funzioni diver- sificate. La Camera dei Deputati è l’unica titolata a dare la fiducia al governo e a votare – ma con signifi- cative eccezioni – le leggi, mentre il Senato ha principalmente un ruolo di raccordo, anche normativo, tra lo Stato, gli Enti territoriali e l’U- nione europea.

Per la sua composizione i senatori sono eletti dai Consigli Regiona-

li, ma «in conformità alle scelte espresse dagli elettori per i candi- dati consiglieri in occasione del rin- novo dei medesimi organi». Vi è poi la riduzione dei seggi da 315 a 100.

Ma con senatori che non percepi- scono indennità.

In linea di massima il Senato per- de il potere legislativo che aveva in precedenza, per acquisirne uno di tipo più consultivo e di verifica dell’attuazione delle norme e delle politiche pubbliche. Il Senato eleg- ge anche due dei quindici giudici della Corte Costituzionale e parte- cipa all’elezione del Presidente del- la Repubblica.

Per quanto poi riguarda il Titolo V, il cambiamento è molto rilevante e nel segno d’una inversione di segno, con un ruolo accresciuto dello Sta- to e del Governo centrale. È stata altresì introdotta anche una forma di “Federalismo differenziato”, per favorire le Regioni più autonomiste.

Per il Titolo V il nuovo testo elimina le materie “concorrenti” tra Stato

e Regioni, disciplinate dall’articolo 117 della Costituzione. Allo Stato si attribuisce la legislazione esclusiva in alcune materie fondamentali.

Ciò che invece presenta aspetti molto problematici è l’art. 70 ri- guardante un farraginoso procedi- mento legislativo che pare non cor- rispondere proprio ad una logica di semplificazione.

Per quanto poi riguarda le Province esse sono state “decostituzionalizza- te”, ma è per nulla chiaro il loro fu- turo. Per ora ci si trova nella fase di attuazione della legge Delrio, entra- ta in vigore nell’aprile 2014, che le ha trasformate in “Enti territoriali di area vasta”.

Contrariamente a quanto si possa ritenere, entrambe queste leggi – costituzionale ed elettorale – vanno considerate nella loro interconnes- sione. La legge elettorale connota infatti la “sovranità popolare” e gli equilibri tra gli organi dello Stato.

Quindi la revisione costituzionale va considerata anche alla luce de- gli effetti prodotti dalla legge elet- torale. Al punto che molti studiosi ritengono che il giudizio sulla revi- sione costituzionale sarà condizio- nato dall’auspicabile mutamento dell’Italicum, anche a seguito del pronunciamento della Corte Costi- tuzionale.

Molti elettori hanno già matura- to le proprie legittime convinzioni per il Sì o per il No. Molti, forse ancora incerti, si porranno invece un diverso interrogativo: se avallare un necessario percorso riformatore – per quanto limitato, contradditto- rio e perfettibile – o affossarlo nella speranza (o nell’illusione) di poter arrivare al meglio, ma ripartendo – com’è avvenuto in tutti questi de- cenni – come un Sisifo, sempre da

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