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Capitolo 1: Le zinco-proteasi

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Academic year: 2021

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Introduzione

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Capitolo 1: Le zinco-proteasi

1.1. Introduzione.

Il tessuto connettivo ha come ruolo principale nell’organismo quello di sostenere gli altri tessuti mediante una complessa organizzazione di cellule, fibrille e matrice extracellulare. Esso partecipa dinamicamente al mantenimento delle funzionalità dei tessuti (es: sangue e linfa) e purtroppo la degradazione del tessuto connettivo è spesso alla base di numerose patologie di diverso genere.

Il rimodellamento e il turnover del tessuto connettivo vengono regolati da alcune endoproteasi che operano individuando e idrolizzando determinati legami peptidici.

Queste proteasi vengono classificate come Aspartato Proteasi, Cisteina Proteasi, Serina

Proteasi, Treonina Proteasi e Metalloproteasi. Quest’ultime, che seguono per

importanza la Serina e la Cisteina Proteasi, sono 184, e si suddividono a loro volta in

quattro classi: Astacine, Reprolisine, Serralisine e Metalloproteasi della matrice

(MMPs) di cui le Metallo Proteasi della Matrice (MMPs), e le Reprolisine con la

sottofamiglia delle ADAMs (A Disintegrin And Metalloproteinase Domain),

costituiscono le due più importanti famiglie di zinco-proteasi. 1 La loro attività

omeostatica non consiste solo nell’ attivazione/inattivazione di proteine, ma anche nella

liberazione di ligandi presenti sulla superficie cellulare che regolano la comunicazione

tra le cellule. E’ evidente che l’alterazione dell’espressione delle zinco-proteasi

comporta una serie di gravi malattie a carattere tumorale, infiammatorio, autoimmune,

che possono coinvolgere anche tessuti diversi. Tra queste vi sono il cancro, l’infarto del

miocardio, l’ictus, l’ipossia, l’aterosclerosi, l’artrite reumatoide, l’osteoartrite, la

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periodontite, il morbo di Alzheimer e altre patologie neurodegenerative (Tab. 1.1). Per questo la ricerca farmaceutica da circa 20 anni si è dedicata alla sintesi di inibitori delle Zinco-Proteasi.

Tab. 1.1: Attività biologiche mediate dalle MMPs.

2

1.2. Le Metallo Proteasi della Matrice.

1.2.1. Classificazione e funzioni.

Le Metallo proteasi della matrice extracellulare, dette anche matrixine attualmente

identificate sono 24. Il genoma umano possiede 23 geni codificanti per tali proteine.

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Tra queste si possono distinguere 17 MMPs propriamente dette, che vengono secrete nella matrice extracellulare e 7 Membrane-Type Metallo Protease (MT-MMPs), che sono ancorate alla membrana plasmatica della cellula mediante un dominio transmembranale e uno citoplasmatico all’estremità C terminale. Nonostante le numerose omologie tra i membri di questa famiglia, un primo elemento discriminante, che ne permette anche una classificazione, è la scelta del substrato da idrolizzare (Tab.1.1).

Sono state identificate 4 tipi di Collagenasi (MMP-1, -8, -13, -18) di cui solo tre presenti nel genere umano. Le tre Collagenasi individuate nell’uomo hanno tutte come substrato il collagene I, II e III che nel complesso costituisce il 90 % del collagene totale. Ciascuna di esse tuttavia idrolizza preferibilmente un tipo di Collagene, difatti la Collagenasi–1 (MMP-1) detta anche “Collagenasi interstiziale” ha più affinità per il collagene di tipo III, la Collagenasi -2 (MMP-8) detta anche “Collagenasi neutrofila” ha più affinità per il collagene di tipo I, mentre la Collagenasi-3 (MMP-13) ha come substrato preferito il Collagene di tipo II. Il Collagene di tipo IV, che è il costituente delle lamine basali, viene degradato dalle Gelatinasi, dette Gelatinasi A (MMP-2) e Gelatinasi B (MMP-9), le quali sono inoltre in grado di idrolizzare il Collagene di tipo I, V, VII, X e XII e altre proteine come la fibronectina, la laminina e l’elastina. Il meccanismo di rottura della tripla elica del collagene prevede innanzitutto il legame del collagene all’enzima, cui segue una tripla attività elicasica che mette a nudo i legami che verranno infine idrolizzati. La capacità di sciogliere la tripla elica del collagene è propria sia delle Collagenasi che delle Gelatinasi.

Le Stromelisine, Stromelisine-1 (MMP-3) o Proteoglicanasi, Stromelisine-2 (MMP-10),

Stromelisine-3 (MMP-11) non hanno attività elicasica e degradano componenti della

matrice extracellulare come i proteoglicani e proteine quali la laminina e la fibronectina.

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Mentre le Stromelisine -1 e -2 sembrano funzionalmente correlate, rimane ancora oggi oscuro il ruolo e il substrato preferito dalla Stromelisina-3, la quale tuttavia desta interesse perchè espressa nel tumore al seno, e perchè inattiva gli inibitori della Serina proteasi (serpin). Questa funzione serpinasica, tipica anche di altre MMPs fa supporre che vi sia un intreccio tra le cascate enzimatiche delle serina- e delle Metallo proteasi. 3 Differiscono dalla sequenza amminoacidica delle MMPs precedentemente elencate, poichè prive del dominio emopexinico, le Matrilisine (MMP-7 e MMP-26). MMP-7 detta anche PUMP-1, degrada fibronectina, laminina, alcuni tipi di collagene non disposti ad elica e molti elementi dell’ECM. La MMP-26, detta anche Endometasi, è espressa dalle cellule dell’endometrio ed opera su una vasta gamma di substrati tra cui l’elastina, la fibrina e il fibrinogeno; questa a differenza delle altre MMPs è in gran parte accumulata intracellularmente.

Le 7 Membran-Type Metallo Protease oltre ad idrolizzare componenti della ECM come i proteoglicani, la gelatina, la fibronectina, intervengono in prima linea nell’ attivazione stessa delle Metallo proteasi della matrice. Esse vengono denominate MT-MMPs e numerate da 1 a 6, mentre la MMP-23 viene definita CA-MMP (Cystein Array MMP) poichè possiede una cisteina libera all’interno del sito catalitico.

Non fanno parte degli insiemi precedenti alcune Metallo proteasi che quindi vengono

elencate a parte. Esse sono la Metalloelastasi (MMP-12), che è espressa

prevalentemente nei macrofagi, perchè è fondamentale nella migrazione di questi, e

degrada l’elastina; la MMP-19 detta anche RASI (Rheumatoid Arthritis Synovial

Infiammation) il cui nome si riferisce al suo ritrovamento nel plasma di pazienti affetti

da artrite reumatoide, l’Enamelisina (MMP-20) che digerisce l’amelogenina ed è stata

individuata nello smalto dei denti e la MMP-21 che è stata scoperta di recente

nell’uomo e di cui non se ne conoscono ancora i substrati. 2

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1.2.2. Struttura delle MMPs.

Le MMPs sono zinco proteasi, perchè dotate di un atomo di zinco all’interno del sito catalitico; inoltre esse, come molte altre proteine della ECM, sono costituite da più domini (Fig.1.1). Essendo numerose le analogie tra i componenti di questa famiglia di enzimi, ci si può avvalere di una descrizione generica per tutte. Questa profonda similarità probabilmente è il risultato della duplicazione da un unico gene ancestrale e poi della successiva differenziazione della proteina per sostituzione di più amminoacidi.

Fig.1.1: Domini delle MMPs.

4

A partire dall’estremità ammino-terminale troviamo il peptide segnale, cui segue il propeptide; infatti le MMPs, come molte altre proteasi, vengono secrete come zimogeni

inattivi. Il pro-peptide, che è costituito da 80 aa, rende latente l’enzima perchè lo zinco catalitico è coordinato dal tiolo di una cisteina presente nel propeptide. L’idrolisi del propeptide determina quindi l’attivazione del sito catalitico; tale meccanismo prende il nome di “switch cisteinico”. L’attivazione del proenzima può essere mediata da altre proteasi o può avvenire sulla superficie plasmatica ad opera delle Membran Types;

quest’ ultime e la stromelisina-3 invece vengono riconosciute tramite una sequenza

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amminoacidica detta “sito d’attivazione della furina” (Arg-Xaa-Lys-Arg) e idrolizzate all’interno delle vescicole dell’Apparato del Golgi da una “furin-like” convertasi. Il propeptide è un dominio altamente conservato tra tutte le metalloproteasi perchè tutti i componenti della famiglia mantengono la sequenza -PRCGXPD-.

Il sito catalitico delle MMPs ha, nella struttura terziaria, forma sferica caratterizzata da 5 foglietti β curvi che contengono due strands paralleli uno strand antiparallelo di 4-7 residui ciascuno,e 3 α-eliche di 11-17 residui che si dispongono nella cavità del foglietto β (Fig.1.2). 5

Fig. 1.2: Sito catalitico. In evidenza i residui amminoacidici importanti.

4

Anche il sito attivo dell’enzima conserva altamente una sequenza (-HEXGHXXGXXH

-). Essa si trova su di un lato dell’α-elica e contiene tre residui di istidina che insieme ad

una molecola d’acqua coordinano lo zinco catalitico; in più è presente un glutammato,

necessario per l’attività proteasica. La mutagenesi di almeno una delle tre His sopprime

l’attività catalitica dell’enzima. Il dominio catalitico è dotato anche di uno zinco(II)

strutturale, anch’esso coordinato a tre His, e due o tre ioni calcio(II). Un’attenta analisi

dei motivi contenenti lo zinco e il calcio strutturale illustra che mentre esistono almeno

4 motivi diversi per lo zinco strutturale, la sequenza contenente il calcio è invece

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altamente conservata. 3 Tuttavia anche lo zinco catalitico partecipa al mantenimento della struttura dell’enzima.

Il sito catalitico delle MMPs al fine di essere substrato specifico è strategicamente dotato di alcuni sottositi dove il peptide a seconda delle caratteristiche chimico fisiche si inserisce, pronto per essere scisso (Fig. 1.3). Questi sottodomini vengono indicati come S 1 , S 2 , S 3 , S 1 ’, S 2 ’, S 3 ’ e P 1 , P 2 , P 3 , P 1 ’, P 2 ’, P 3 ’ sono rispettivamente le porzioni del peptide che interagiscono con i sottositi. S 1 e S 3 formano una regione poco profonda che da un lato confina con il IV β-strand. S 3 accoglie bene una prolina, ma generalmente le differenze tra i membri delle MMPs in S 1 e S 3 sono sottili.

Fig 1.3: Superficie dell’enzima visto dal lato accessibile al solvente in cui si evidenziano i rapporti tra lo zinco e i sottodomini del sito catalitico. In marrone le zone idrofobiche, in blu le idrofiliche.

4

Ben più selettiva è la porzione S 1 ’: l’analisi cristallografica ha infatti dimostrato che questa tasca costituisce un elemento discriminante tra gli enzimi, perchè è selettivo il legame che instaura con P 1 ’; S 1 ’ viene infatti chiamata specific loop perchè si legano rigorosamente solo i peptidi o gli inibitori che ne rispettano le caratteristiche chimiche.

Inoltre essa è flessibile, e si adatta bene al substrato che vi si introduce. Generalmente è

una tasca profonda, quasi una sorta di tunnel che attraversa la proteina (MMP-2, MMP-

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9, MMP-8, MMP-13), fanno eccezione la MMP-1, MMP-7, e la MMP-11 dove la tasca è occlusa rispettivamente da un’ arginina, da una tirosina e da una glutammina.

La regione S 2 ’ è esposta ai solventi e lega preferibilmente porzioni P 2 ’ idrofobiche, mentre S 3 ’ è ancora poco nota nelle MMPs (Fig1.4).

Fig. 1.4: Rappresentazione schematica del sito catalitico di MMP-8.

3

In tutte le MMPs, fanno eccezione solo le matrilisine, il sito catalitico è collegato ad un dominio che, per la sua notevole omologia con l’emopexina, viene definito dominio emopexinico. Esso ha la forma di un tozzo cilindro ed è costituito da quattro moduli di

emopexina ognuna delle quali forma una lamina del foglietto β; i quattro moduli

disponendosi a cuneo formano un poro che contiene ioni Ca(II). Tale dominio è

importante perchè suggerisce quale substrato scindere e perchè si lega alle TIMPs

(Tissue Inhibitors Metallo Protease), inibitori fisiologici con attività regolatoria sulle

MMPs. Un linker flessibile ricco di proline detto peptide-hinge unisce il dominio

emopexinico con il sito attivo, meno che nella MMP-21 dove sono direttamente

congiunti. Anche la MMP-23 è priva del linker e il dominio non è proprio emopexinico

ma un suo analogo. La prima e l’ultima cisteina sono altamente conservate e formano

un legame disolfuro tra il modulo I e IV che stabilizza l’intero dominio; il ponte S-S è

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presente in tutte le MMPs, eccetto che nelle Gelatinasi dove tre moduli di fibronectina formano sei ponti disolfuro tra di loro. Questo dominio di 174 aa nei pressi di S 3 ’che lega la gelatina è esclusivo delle Gelatinasi e prende il nome di Collagen Binding Domain (CBD). Nella MMP-2, oltre a legare la gelatina, permette anche il legame

dell’elastina e del collagene II, IV, V, X, difatti una delezione di CBD comporta una completa perdita dell’attività elastinolitica e gelatinolitica. 4

Infine le Membran-Type Metalloproteasi sono dotate di un segmento, stalk, che le

ancora ad un’ α-elica transmembranale e ad un dominio citoplasmatico. Tale frammento

ha natura peptidica in tutte le MT-MMPs meno che nella -4 e nella -6 dove è costituito

da glicosilfosfatidilinositolo (GPI) (Fig. 1.5).

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Fig.1.5: Organizzazione dei domini nelle MMPs.

5

1.2.3. Meccanismo d’azione.

Diversi studi strutturali hanno permesso di individuare il meccanismo d’azione delle

Metallo proteasi della matrice. Il procedimento è simile a quello della termolisina

batterica. Il potere catalitico delle Metallo proteasi dipende da 4 fattori: dal legame del

substrato al sito proteolitico, dalla specificità di legame del substrato mediante i

sottositi, dall’azione chelante delle tre istidine e dal potere catalitico del glutammato, ed

infine dal legame del substrato ad altri siti esterni al sito attivo che incrementano la

specificità e la selettività dell’interazione tra il peptide e l’enzima. 5

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Fondamentale è il ruolo della molecola d’acqua presente nel dominio catalitico: essa interagisce mediante legami ad idrogeno con il glutammato e chela lo zinco catalitico.

La catalisi è avviata dall’attacco nucleofilo al carbonile del peptide da parte della molecola d’acqua, la quale poi cede un protone al glutammato che a sua volta lo dona all’azoto ammidico. Il passaggio del secondo protone dall’acqua al glutammato e quindi all’azoto, determina la rottura del legame e la scomparsa della molecola d’acqua. Lo zinco, che da uno stato tri-coordinato passa ad uno stato penta-coordinato, compensa la carica negativa che si crea sul carbonile, mentre un residuo di alanina stabilizza la carica positiva presente sull’azoto (Fig. 1.6). 4

Fig. 1.6: Meccanismo d’azione della catalisi enzimatica delle MMPs.

3

1.2.4. Regolazione delle MMPs: i TIMPs (Tissue Inhibitors of Metallo Proteases).

Come detto in precedenza un’alterata regolazione dell’attività proteolitica delle MMPs

può favorire l’insorgere di una vasta gamma di patologie gravi, come l’osteoartrite,

l’artrite reumatoide, l’insufficienza cardiaca, l’aterosclerosi, ed in particolare la

diffusione tumorale e l’angiogenesi. Inoltre in condizioni fisiologiche esse controllano

processi come l’ovulazione, la dilatazione della cervice uterina, l’involuzione post

partum, la cicatrizzazione delle ferite e la migrazione delle cellule infiammatorie, per

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cui è necessario che la loro attività sia finemente regolata sia a livello trascrizionale che post-trascrizionale.

I meccanismi che assolvono a tale compito sono:

I. Induzione o inibizione della trascrizione, processo che può essere mediato da citochine, ormoni, fattori di crescita e promotori del tumore;

II. Secrezione ed endocitosi del propeptide;

III. Attivazione dello zimogeno;

IV. Inibizione da parte di inibitori fisiologici tra i quali l’α 2 -macroglobulina e i TIMPs (inibitori tissutali delle MMPs).

La regolazione mediata da inibitori endogeni costituisce forse l’aspetto più cruciale della modulazione post-trascrizionale.

L’α 2 -macroglobulina è una glicoproteina plasmatica di 725 kDa formata da 4 subunità identiche di 180 kDa ciascuna. Disattiva le proteasi che si trovano nei fluidi biologici intrappolandole al suo interno e il complesso α 2 -macroglobulina-proteasi viene poi riassorbito per endocitosi mediata da recettore. Ben più enigmatico è invece il ruolo giocato dai TIMPs perchè essi prendono parte sia all’attivazione che all’inibizione delle MMPs.

I TIMPs sono glicoproteine con peso molecolare di 21-34 kDa denominate TIMP-1, -2,

-3, -4. Essi differiscono tra loro sia per la solubilità, che per la diffusione che per

l’interazione con le MMPs. TIMP-2 è costitutiva ed è ampiamente espressa

nell’organismo, TIMP -1, -3, -4 sono inducibili e si trovano in diversi tipi di cellule, ed

in particolare TIMP- 4 è tessuto specifica, difatti si concentra nelle cellule cerebrali,

nelle cellule cardiache adulte, nell’ ovario e nel muscolo scheletrico. Inoltre mentre

TIMP -1, -2, -4 sono solubili TIMP-3 è strettamente legata all’ECM. TIMP-1 è un

debole inibitore di MT1-MMP, MT3-MMP, MT5-MMP e MMP-19, TIMP-2 e -4 sono

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inibitori delle gelatinasi, mentre TIMP-3 ha dimostrato di essere un ottimo inibitore per le ADAMs, specie per il TACE. 6

Le TIMPs sono divise in due domini principali, il C-terminale e l’N-terminale, dove 12 cisteine instaurano sei legami disolfuro. L’estremità N-terminale di tutte le TIMPs conserva altamente una sequenza VIRAK (Val-Ile-Arg-Ala-Lys) (Fig. 1.7 e Fig. 1.8). 7

Fig.1.7: Struttura primaria delle TIMPs. Le cisteine sono unite da 6 ponti disolfuro. Le frecce indicano

l’unione tra il dominio C e N-terminale. In giallo la sequenza VIRAK.

7

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Fig.1.8: Domini C e N terminale della TIMP-1.

7

L’estremità N-terminale ha funzione inibitoria perchè si introduce nel sito attivo della MMP e mediante il gruppo amminico terminale e il carbonile della Cys 1, allontana la molecola d’acqua e chela in maniera bidentata lo zinco catalitico. 2 L’estremità C- terminale invece lega preferibilmente le pro-MMPs.

La cristalizzazione del complesso trimolecolare tra pro-MMP2, TIMP-2, MT-MMP-1

(Fig. 1.9) testimonia come questi inibitori endogeni siano necessari per l’attivazione

delle pro-Metalloproteasi. E’ bene specificare che non tutti gli inibitori sono in grado di

formare un complesso trimolecolare, e che non tutti i meccanismi di inibizione e

attivazione delle TIMPs sono noti.

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Fig.1.9: Formazione del complesso trimolecolare tra pro-MMP-2, TIMP-2 e MT1-MMP.

8

Nel complesso trimolecolare il dominio N-terminale lega e inibisce il dominio catalitico della MT1-MMP e l’estremità C-terminale si lega al dominio emopexinico della proMMP-2. Il sito di legame della TIMPs a questo dominio si trova tra il III e il IV modulo di emopexina e tale interazione, che è stabilizzata dalla formazione di un ponte salino tra i residui cationici di alcune lisine presenti nel sito emopexinico e i residui acidi dell’estremità C-terminale, è più forte tra proMMP-2 e TIMP-2 che non con TIMP-4 o -3 perchè la TIMP-2 ha una carica netta negativa maggiore; inoltre TIMP-3 e TIMP-4 non formano il complesso trimolecolare.

Perchè la proMMP-2 sia attivata è necessaria una seconda molecola di MT1-MMP

perchè l’altra agisce da recettore per il complesso TIMP-2/proMMP-2; si forma quindi

un complesso quaternario. Tale processo è sensibile alla concentrazione di TIMPs libere

che possono altresì inibire la seconda MT-MMP impedendo così l’attivazione.

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Oltre a partecipare alla formazione del complesso trimolecolare TIMP-2 agisce come modulatore positivo su MT1-MMP. Difatti questa proteina dal peso di 57 kDa, in assenza della TIMP-2 è rapidamente convertita mediante un processo autocatalitico in un peptide inattivo di 44 kDa. 9

Sebbene non siano state ancora risolte strutture cristallografiche del complesso di inibizione tra TIMPs e MMPs attive, sono state fatte alcune considerazioni sulle eventualità di interazione. Nel complesso d’attivazione la funzione inibitoria N- terminale delle TIMPs è impegnata nel chelare il sito attivo della MT1-MMP, quindi l’estremità C-terminale si lega alla pro-MMP presso il dominio emopexinico in un sito che viene definito docking site tra il III e il IV modulo di emopexina. L’interazione con il docking site impedisce alla stessa molecola di TIMPs di interagire con il sito catalitico della MMP attiva. Più proficua è invece l’interazione con un altro sito detto stabilization site che si trova tra il I e il II modulo di emopexina, ma topograficamente

dalla parte opposta dell’enzima rispetto al docking site . Sulla base della formazione del complesso d’attivazione di cui se ne conosce la struttura ai raggi X, è probabile che per inibire la MMP sia necessaria una seconda molecola di TIMP. Questa si va a legare allo stabilization site, mentre la prima TIMP si lega al docking site della MMP attiva mediante l’estremità C-terminale, e con l’estremità N-terminale la ancora alla membrana plasmatica mediante una MT-MMP. Il complesso che si forma viene definito

“catena allungata” (Fig. 1.10).

Docking site e stabilization site analoghi sono presenti su tutte le MMPs e mediano il

legame con le TIMPs. 10

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Fig.1.10: Complesso di inibizione della Gelatinasi A.

11

Fig. 1.11: Docking site e Stabilization site nella MMP-2.

11

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1.3. Le ADAMs (A Disintegrin and Metalloprotease Domain).

1.3.1. Struttura e funzioni.

Correlate alla famiglia delle MMPs, ma con ruolo e struttura leggermente diversa, sono le cosiddette ADAMs. Esse sono disintegrine il cui ruolo fondamentale è quello di scindere legami peptidici di una vasta gamma di proteine della matrice o ancorate alla membrana plasmatica, attivandole e liberando nella ECM molecole segnale fondamentali per la trasduzione cellulare come le citochine, i fattori di crescita,e i fattori che mediano l’adesione cellulare (Fig. 1.12).

Fig. 1.12: Le ADAMs mediano il rilascio di molecole segnale nell’ECM.

Le ADAMs sono un gruppo di glicoproteine integrali di membrana generalmente

localizzate sulla superficie cellulare e talvolta in alcuni compartimenti intracellulari

come l’Apparato del Golgi. Esse sono caratterizzate dalla presenza di due domini la cui

funzione è apparentemente contrastante, il dominio d’adesione disintegrinico e il

dominio di degradazione metalloproteasico, dai quali prendono il nome. Insieme alla

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“snake venom metalloproteasi” (SVMPs) così definita perché individuata per la prima volta nel veleno di serpente, costituiscono la famiglia delle reprolisine, una sottofamiglia delle Zinco proteasi. A loro volta le ADAMs sono correlate con un’altra famiglia di proteasi della matrice, le ADAMTs, un gruppo di proteine solubili nell’ECM caratterizzate dalla presenza di un sito “trombospondin like” il cui compito è quello di idrolizzare proteine della matrice.

Ad oggi si conoscono 19 membri delle ADAMs e molte di queste sono state identificate come importanti targets terapeutici in malattie quali il Morbo di Crohn, il Morbo d’Alzheimer e l’artrite (Tab. 1.2).

Tab.1.2: ADAMs individuate nell’uomo.

12

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Le ADAMs sono variamente espresse nell’organismo; alcune di esse come le ADAMs - 2, -7, -18, -20 -21, -29, -30 sono espresse selettivamente nei testicoli e nelle strutture anatomiche annesse, mentre le altre ADAMs (-8, -9, -10, -11, -12, -15, -17, -19, -21, - 22, -23, -28, -33) sono più distribuite. Nonostante questa classe di proteasi sia poco nota, sono evidenti le numerose analogie che condividono con le MMPs, sia dal punto di vista strutturale che del meccanismo d’azione (Fig. 1.13).

Fig. 1.13: Struttura delle ADAMs.

13

Come queste difatti vengono liberate sotto forma di zimogeni inattivi dal reticolo

endoplasmatico rugoso e maturano nell’Apparato del Golgi, dove viene idrolizzata la

porzione propeptidica e da qui si dislocano o sulla membrana plasmatica o sulla

membrana dei compartimenti intracellulari; alcune di esse come la -8 e la -28 si attivano

sulla superficie cellulare mediante un meccanismo di autocatalisi. 12 La porzione N-

terminale che si distende nella matrice extracellulare è costituita dal propeptide, dal sito

catalitico, dal dominio disintegrinico, da un segmento ricco di cisteine e da una porzione

EGF; a queste seguono il segmento transmembranale e il segmento citoplasmatico

all’estremità C-terminale. Il propeptide come nelle MMPs mantiene l’enzima in forma

latente, il quale si attiva solo dopo l’idrolisi di questo frammento mediante il

meccanismo di switch cisteinico. Il sito catalitico, dove risiede lo zinco, in 17 delle 29

ADAMs, contiene la sequenza HEXGHXXGXXH, altamente conservata anche nelle

metalloproteasi della matrice. Al sito catalitico, segue il sito disintegrinico costituito da

circa 90 amminoacidi, che nella maggior parte delle ADAMs contiene un loop di 14

residui amminoacidici detto proprio “disintegrin loop”; esso si contraddistingue per la

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presenza di 3 cisteine, una all’inizio, una nel mezzo e una alla fine. Nonostante siano poco chiare la struttura e le funzioni di questa porzione è probabile che essa stabilisca un’interazione con le integrine di membrana mediante i residui Gln, Glu, e Asp che si trovano nei pressi della Cys centrale. Al sito disintegrinico segue un segmento ricco di cisteine, che probabilmente ha il compito di interagire con alcuni componenti della matrice extracellulare, facendo da ponte tra questi e le integrine. Oscuro è invece il ruolo della sequenza ripetuta EGF (Epidermal Grow Factor), forse anch’essa coinvolta nella ricognizione dei substrati. Il segmento citoplasmatico delle ADAMs invece, interagendo intracellularmente con molecole segnale e con il citoscheletro, potrebbe essere determinante per modulare l’attività dell’enzima, ed inoltre la lunghezza di questa porzione probabilmente caratterizza le diverse isoforme delle ADAMs. 13

Probabilmente in virtù delle similarità strutturali che vi sono tra le MMPs e le ADAMs, molti inibitori sintetici progettati per inibire le metalloproteasi della matrice risultano attivi anche sulle ADAMs, in particolare i risultati sperimentali confermano questa ipotesi soprattutto per quanto riguarda il TACE (ADAM-17), per cui risulta interessante approfondire la conoscenza della struttura e della funzione di questo enzima.

1.3.2. Il TACE (Tumor necrosis factor-α converting enzyme).

Il TACE (Tumor necrosis factor-α converting enzyme) o ADAM-17, gioca un ruolo

fondamentale nel meccanismo di rilascio di molecole segnale, e opera su substrati

strutturalmente e funzionalmente diversi, come il pro-TNFα, il precursore della β-

amiloide, fattori di crescita (EGF, heparin-binding epidermal grow factor) e fattori che

mediano l’adesione tra le cellule. Alcuni di questi come ICAM-1 (Intercellular

Adhesion Molecule) e pro-TNFα, sono mediatori dell’infiammazione e sono coinvolti in

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una serie di gravi disturbi come l’artrite reumatoide, le malattie autoimmuni, la sclerosi multipla e il cancro. 14

Il principale ruolo fisiologico del TACE è quello di attivare una citochina detta Tumor Necrosis Factor-α (TNFα), che viene sintetizzata come propeptide di 26 kDa formato da 223 aa. Il pro-TNFα è un trimero a forma di cono che è ancorato alla membrana plasmatica mediante un linker di 26-28 aa cui segue un tratto transmembranale e uno citoplasmatico. L’idrolisi selettiva del legame peptidico tra Ala 76 e Val 77 catalizzata dal TACE libera nell’ECM la forma solubile di 17 kDa. Tuttavia nostante l’TNFα costituisca il principale substrato del TACE, esso catalizza anche l’idrolisi di altre molecole, e probabilmente riconosce i diversi substrati mediante più isoforme, o mediante un'unica isoforma differentemente localizzata. Per quanto riguarda la modulazione il TACE è praticamente insensibile all’azione delle TIMPs, fatta eccezione per la TIMP-3, la quale probabilmente agisce sul TACE con un meccanismo completamente diverso rispetto a quello illustrato per le MMPs. 2

Il TACE è una transpeptidasi costituita da diversi domini; la porzione N-terminale, che si spiega nella matrice extracellulare, è costituita dal pro-dominio, dal dominio catalitico, dal dominio disintegrin-like e dal segmento “Cystein rich” che si unisce al frammento citoplasmatico C-terminale mediante un segmento transmembranale. (Fig.

1.14)

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Fig.1.14: Modello schematico del complesso tra pro TNFα e TACE.

15

Il dominio catalitico del TACE ha la forma di un elissoide schiacciato, con il sito di proteolisi all’interno di una fessura che divide il dominio in una porzione inferiore più piccola e in una parte superiore più grande (Fig. 1.15). Al centro del dominio vi sono quattro α-eliche che circondano cinque β-strands ripiegati, due dei quali sono uniti da un

“multiple loop” contorto che estroflettendosi verso l’esterno forma una caratteristica

protuberanza sulla superficie dell’enzima. Nonostante siano assenti sia il calcio che lo

zinco strutturale, numerosi ponti disolfuro tra le cisteine concorrono a mantenere la

stabilità dell’enzima.

(25)

Fig.1.15: Rappresentazione intera e ravvicinata della superficie solida del dominio catalitico del TACE cristallizzato con un idrossammato.

14

Il sito attivo del TACE contiene tre sottositi pianeggianti sulla sinistra (unprimed site) e

tre più profondi sulla destra (primed site). Una caratteristica interessante è la forma delle

cavità idrofobiche S 1 ’ e S 3 ’: la tasca S 1 ’ si dispone a forma di “L” e mediante un accesso

polare comunica con la tasca S 3 ’, il cui ingresso è tuttavia parzialmente impedito dal

residuo di Ala 439 e dalla Leu 348. Lo zinco catalitico adiacente a S 1 ’ è coordinato da

tre istidine (His 405, His 409, His 415) che come nelle MMPs appartengono alla

sequenza altamente conservata HExxHxxGxxH; probabilmente anche nel TACE è

importante per la catalisi la funzione svolta dal carbossilato del Glu 406 e da una

molecola d’acqua. Il meccanismo d’azione è analogo a quello delle MMPs, ma la

selettività con la quale il TACE idrolizza il legame Ala 76-Val 77 dell’TNFα sembra

favorita da una particolare interazione che si instaura tra la base del cono trimerico del

pro-TNFα e la destra del sito catalitico. Tale interazione è probabilmente favorita in

vivo anche dalla disposizione del sito di rottura del pro-TNFα in fase di assemblaggio

ad una distanza definita dalla membrana plasmatica. 14

(26)

La catena polipeptidica del TACE, in particolar modo per quel che riguarda il sito catalitico, è per il 20-25% analoga alle altre ADAMs e per il 35-44% è analoga alle MMPs, specialmente alla MMP-2. Questa profonda similarità strutturale è messa in evidenza anche da studi di superimposizione, che dimostrano che il core del sito attivo del TACE è simile a quello delle Gelatinasi e differiscono tra loro soltanto per i loops più superficiali; inoltre la sovrapposizione delle α-eliche che si trovano in prossimità dello Zn catalitico del TACE e della MMP-2 è praticamente identica (Fig. 1.16).

Fig.1.16: A sinistra: Sovrapposizione del sito catalitico del TACE (viola), della MMP-2 (giallo) e della MMP-9 (grigio). A sinistra: Superimposizione delle α-eliche prossime allo zinco catalitico (arancione); in evidenza le 3 His.

15

Tuttavia a differenza delle MMPs la sequenza del sito catalitico del TACE è più lunga e

manca del calcio e dello zinco strutturale. Studi strutturali, cinetici e spettroscopici,

hanno anche dimostrato che rispetto alle metalloproteasi, il microambiente attorno allo

zinco catalitico del TACE è molto più polare (Thr 404, Glu 406, Gly 408, Asn 410, Asp

416, Glu 414), specie se confrontato con la MMP-2 ( Ala 402, Glu 404, Gly 406, Ala

408, Glu 412, Ser 414). 16

(27)

Nonostante queste differenze probabilmente la somiglianza dei sottositi, in particolare la forma pianeggiante di S 1 ’ fa si che molti inibitori delle MMPs risultino attivi anche su ADAM-17. Tuttavia il tunnel caratteristico che si crea tra S 1 ’ e S 3 ’ costituisce un elemento potenzialmente discriminante nella progettazione di molecole selettive per il TACE.

1.3.3. Il TACE e la sua relazione con le CAMs

Come precedentemente descritto, l’ADAM-17, conosciuto anche come TACE (Tumor necrosis factor-α convertine enzyme), in qualità di membro della famiglia delle ADAM, è coinvolto nella scissione di diversi substrati, molti dei quali di grande rilevanza nello sviluppo di tumori. Oltre al pro-TNFα il TACE ha come target i ligandi per il recettore per il fattore di crescita epidermico (EGFR), che divengono attivi in seguito a scissione proteolitica, e alcune molecole di adesione cellulare (CAMs), appartenenti alla superfamiglia delle immunoglobuline.

In particolare, le molecole ALCAM (Activated leukocyte cell adhesion molecule) hanno un ruolo fondamentale nella genesi e nello sviluppo dei tumori. Le ALCAM sono prevalentemente espresse sulla superficie delle cellule epiteliali ovariche tumorali (EOC) e sono rilasciate a livello sistemico in una forma solubile, in seguito all’attività dell’ADAM-17. Questo meccanismo spiega la mobilità e l’invasività delle cellule EOC, che viene ridotta di conseguenza grazie a inibitori non-spiecifici dell’ADAM-17.

Le ALCAM (o CD166) sono costituite da cinque domini immunoglobulin-like extracellulari (VVC2C2C2).

In qualità di CAM, giocano un ruolo fondamentale nell’omeostasi e nella strutturazione

delle cellule nell’organismo, essendo coinvolte nelle interazione cellula-cellula e

cellula-matrice. È necessario menzionare, infatti, che il raggruppamento cellula-cellula

(28)

ALCAM-mediato, attraverso interazioni omofiliche (ALCAM-ALCAM) ed eterofiliche (ALCAM-CD6), ancora le ALCAM all’actina; di conseguenza queste risultano strettamente correlate alla mobilità del citoscheletro.

Durante lo sviluppo tumorale, complesse interazioni adesive, che acquisiscono importanza in concomitanza all’attivazione delle cascate proteolitiche, determinano il rilascio di cellule dal tumore primario, promuovendo così l’invasività. La sovraespressoine o l’espressione de novo delle ALCAM sulla superficie cellulare, quindi, può promuovere l’adesione cellulare e il loro raggruppamento. Queste osservazioni hanno un collegamento diretto con alcuni tumori nell’uomo, inclusi melanoma, tumori della prostata, del seno, della vescica, del tratto colon-intestinale; si parla, infatti, di neoplasie caratterizzate da livelli di ALCAM alterati.

Grazie a studi effettuati utilizzando un anticorpo ricombinante anti-ALCAM (scFv I/F8), è stato dimostrato che l’ALCAM, espresso sulla superficie delle cellule nell’EOC, può essere internalizzato, da cui segue un processo che rende l’ALCAM solubile; a questo punto la sALCAM è rilasciata in forma solubile grazie all’attività dell’ADAM- 17.

Inibire, pertanto, l’ADAM-17 equivale e ridurre l’invasività delle cellule dell’EOC.

Altri studi hanno confermato che l’attività dell’ADAM-17 è legata non solo all’ALCAM, ma anche alla desmogleina-2 (Dsg-2), un componente delle giunzioni intercellulari tra desmosomi, e alla L1-CAM.

A sua volta, l’ADAM-17 è up-regulated in seguito all’attivazione dell’EGFR.

Tutte insieme, queste scoperte rivelano il ruolo essenziale dell’ADAM-17 nella perdita di adesione cellula-cellula.

Per tutte queste ragioni, pertanto, l’ADAM-17 rappresenta un target utile nella terapia

antitumorale. 17

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