• Non ci sono risultati.

Capitolo 1: Le Metalloproteasi

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "Capitolo 1: Le Metalloproteasi "

Copied!
17
0
0

Testo completo

(1)

2

Introduzione

(2)

3

Capitolo 1: Le Metalloproteasi

1.1. Considerazioni generali.

All’interno dell’organismo il tessuto connettivo provvede al collegamento, al sostegno, alla rigidità/elasticità e al nutrimento degli altri tessuti. In base alle sue caratteristiche morfologiche e funzionali, il tessuto connettivo viene suddiviso in vari sottotipi, tutti accomunati dal fatto di essere costituiti da cellule non addossate le une alle altre disperse in una matrice extracellulare costituita da una componente fibrosa immersa in una componente amorfa. Tra le fibre quelle più rappresentate sono le fibre collagene, mentre, per quanto riguarda la sostanza amorfa, il componente principale è il proteoglicano[1]. In condizioni fisiologiche il turnover delle macromolecole che compongono la matrice extracellulare (ECM) ed il rimodellamento del tessuto connettivo sono fondamentali sia per l’interazione delle cellule con l’ambiente circostante, sia per il normale sviluppo dell’organismo[2]. Infatti tali fenomeni risultano coinvolti in vari processi biologici (angiogenesi, sviluppo dell’embrione, apoptosi, ovulazione, crescita nervosa, guarigione delle ferite) e sono regolati da alcune peptidasi, proteine che identificano e idrolizzano specifici legami peptidici[3].

Tali enzimi proteolitici vengono distinti in endo- o esopeptidasi, a seconda che il legame idrolizzato sia rispettivamente interno o terminale, e sono ulteriormente classificati come: Aspartato Proteasi, Cisteina Proteasi, Serina Proteasi, Treonina Proteasi e Metalloproteasi. A quest’ultime appartiene la superfamiglia delle Metzincine, suddivisa ulteriormente in quattro famiglie principali: Serralisine, Astacine, Reprolisine (con la sottofamiglia delle ADAMs), e Metalloproteasi della matrice (MMPs) o Matrixine[2].

(3)

4

Grazie alla loro attività le MMPs assicurano la migrazione cellulare; essa può avvenire sia per semplice apertura di un varco nella matrice, sia attraverso il rilascio di molecole segnale che regolano la comunicazione cellulare, sia perché, rimuovendo porzioni specifiche di substrato, portano all’esposizione di siti che promuovono l’attacco cellulare[4]. Nonostante l’espressione e l’attività di queste proteasi siano regolate da numerosi fattori e processi endogeni, una loro up-regulation gioca un ruolo molto importante in numerose patologie maligne come il cancro, lo sviluppo di metastasi e l’angiogenesi correlata, l’ulcerazione della pelle, l’artrite reumatoide, l’osteoartrite, la periodontite, l’infarto del miocardio, l’ictus, l’aterosclerosi, e patologie neurodegenerative del SNC come il Morbo di Alzheimer[3].

1.2. Le Metalloproteasi della matrice (MMPs)

1.2.1. Classificazione delle MMPs.

Delle 23 MMPs umane identificate fino ad oggi sono state individuate 17 MMPs propriamente dette secrete nella EMC e 6 Membrane-Type Metallo Proteases (MT- MMPs) ancorate alla membrana plasmatica all’estremità C-terminale. Poiché le MMPs presentano caratteristiche strutturali altamente conservate, il fattore discriminante che, oltre alle omologie della sequenza amminoacidica primaria, ne ha permesso una ulteriore classificazione è stato la specificità del substrato idrolizzato.

(4)

5

Tab. 1.1: Classificazione e substrati delle MMPs [5].

Come riportato nella Tab.1.1, le MMPs -1, -8, -13 appartengono al gruppo delle Collagenasi (Collagenasi-1, -2, -3 rispettivamente) le quali hanno come substrato principale il collagene di tipo I, II e III, anche se con qualche differenza di affinità. Le Collagenasi sono le uniche proteine in grado di tagliare a livello di siti specifici tutte e

(5)

6

le tre catene polipeptidiche che compongono la tripla elica destrorsa del collagene, producendo due frammenti lunghi ¼ e ¾ della molecola nativa. A temperature fisiologiche questi prodotti denaturano spontaneamente e diventano suscettibili all’attacco di altre proteasi che causano la completa degradazione del collagene. Lo step cruciale nel processo irreversibile che conduce alla distruzione del tessuto connettivo è proprio questo specifico taglio iniziale della tripla elica del collagene da parte delle Collagenasi[1].

Le due Gelatinasi, Gelatinasi A (MMP-2) e Gelatinasi B (MMP-9), condividono la capacità di degradare, sebbene con affinità leggermente diverse, il collagene di tipo IV che costituisce le lamine basali; ulteriori substrati sono la gelatina, alcune proteine della ECM come l’elastina, la fibronectina e la laminina, e altri tipi di collagene (V, VII, X, XIV). Le Gelatinasi non sono in grado di idrolizzare direttamente la tripla elica del collagene, ma possono svolgere attività elicasica sui due frammenti prodotti dall’attività delle Collagenasi, provocandone così la degradazione finale. Nonostante non sia ancora ben chiaro come le Gelatinasi riconoscano, leghino e digeriscano il collagene, è stato recentemente scoperto che, durante il processo di degradazione, la denaturazione della tripla elica del frammento più lungo del collagene produce molecole morfologicamente simili alla gelatina[6]. Questo spiega l’alta affinità di queste proteasi nei confronti della gelatina.

Le Membrane-Thype MMPs (MT-MMPs) non sono raggruppate per la loro specificità di substrato, bensì per il fatto di essere tutte ancorate alla membrana citoplasmatica. Come già accennato sono 6, denominate da MT1-MMP a MT6-MMP (corrispondenti rispettivamente alle MMP-14, -15, -16, -17, -24, -25). Questa sottofamiglia si distingue per la sua particolare capacità di attivare altre MMPs, pur

(6)

7

conservando indipendente attività proteolitica nei confronti dei componenti della ECM, quali la gelatina, la fibronectina, la laminina e i proteoglicani[7].

Un altro gruppo di MMPs sono le Stromelisine, alle quali appartengono la MMP-3 (Stromelisina-1), la MMP-10 (Stromelisina-2) e la MMP-11 (Stromelisina-3). Esse hanno una vasta attività e possono degradare prevalentemente proteoglicani, collagene di tipo IV, V, X e XI, ed elastina[8].

Alle Matrilisine, MMPs caratterizzate dall’assenza di un dominio emopexinico, appartengono la MMP-7 e la MMP-26. La prima è definita anche come PUMP-1 e la seconda come Endometasi, dato che la sua espressione è stata riscontrata nelle cellule dell’endometrio. Entrambe sono capaci di degradare vari tipi di collagene e diversi componenti della ECM.

Tutte le rimanenti MMPs secrete che non appartengono ai raggruppamenti precedenti vengono definite come “altre” perché non ancora completamente caratterizzate[8]. Tra queste la MMP-12 o Metalloelastasi degrada l’elastina e si trova espressa prevalentemente nei macrofagi, dei quali favorisce la migrazione.

La MMP-19 o RASI (Rheumatoid Arthritis Synovial Inflamed) deve questo nome al suo ritrovamento nel plasma di pazienti affetti da artrite reumatoide.

La MMP-20 o Enamelisina ha come subsrtati l’amelogenina ed alcune proteine oligomeriche della ECM.

La MMP-23 è definita anche CA-MMP (Cystein Array MMP) per la presenza di un dominio ricco di Cys legato al dominio catalitico[9].

La MMP-28 o Epilisina degrada la caseina.

(7)

8

1.2.2. Struttura e organizzazione dei domini delle MMPs.

Le MMPs appartengono alla superfamiglia delle Metzincine, in quanto presentano un atomo di zinco(II) all’interno del loro sito attivo, definito zinco catalitico; inoltre contengono un ulteriore atomo di zinco(II) detto zinco strutturale, e due o tre ioni calcio(II). Sono definite proteine a mosaico perché costituite da una composizione modulare di vari siti e domini[8].

Fig.1.1 Classificazione strutturale delle MMPs basata sull’organizzazione dei loro domini [10].

Come illustrato nella Fig.1.1 a partire dall’estremità N-terminale è possibile individuare il peptide segnale, il propeptide, il dominio catalitico, una regione di collegamento o linker ed infine un dominio emopexinico (presente in tutte le MMPs ad eccezione delle Matrilisine).

(8)

9

Il peptide segnale è una particolare sequenza amminoacidica coinvolta nel processo di secrezione della proteina da parte della cellula.

Il propeptide è una regione composta da circa 80 aa che comprende vicino all’estremità C-terminale del propeptide una sequenza amminoacidica conservata tra le varie MMPs:

PRCGXPD (X=residuo variabile). Il prodominio svolge sull’enzima un ruolo di autoinibizione; le MMPs infatti sono sintetizzate dalla cellula sottoforma di zimogeni inattivi i quali vengono dapprima accumulati nell’apparato del Golgi e poi secreti all’esterno della cellula, dove saranno attivati per rimozione del dominio propeptidico.

La latenza è dovuta al gruppo sulfidrilico del residuo di Cys della sequenza conservata che agisce da quarto ligando per lo zinco del sito catalitico. L’attivazione della MMP richiede la rimozione del propeptide, in modo che il gruppo tiolico venga rimpiazzato da una molecola d’acqua, fondamentale per il successivo attacco dell’enzima al substrato da idrolizzare. Tale meccanismo viene definito switch cisteinico. L’attivazione dello zimogeno può avvenire grazie all’intervento di alcune proteasi tissutali o plasmatiche, oppure ad opera delle MT-MMPs[2]. Queste ultime, così come la Stromelisina-3 e le MMPs 21 e 28, vengono attivate invece all’interno della cellula, prima del trasporto sulla superficie cellulare, grazie ad una convertasi furin-like che interagisce col sito di attivazione della furina (R-X-K-R) presente su queste proteine.

Il dominio catalitico è costituito da circa 165 aa ed in tutte le MMPs assume una conformazione sferica di circa 40 Å di diametro sulla cui superficie è presente una fessura poco profonda nella quale si inserisce il substrato.

(9)

10

Fig.1.2. Struttura del dominio catalitico della MMP (A) e sua schematizzazione (B) [11].

Come mostra la Fig.1.2 la catena polipeptidica assume una struttura secondaria caratterizzata da un foglietto β e da 3 α eliche. Il foglietto β è costituito da 5 strands (βI- βV) i quali, eccetto il quarto, sono tutti paralleli con andamento da sinistra a destra. Due eliche (αA detta elica di sostegno, e αB detta elica del sito attivo) si dispongono nel lato concavo del foglietto. Sul lato convesso ci sono tre elementi che sporgono dalla superficie molecolare: il loop che connette gli strands βII e βIII (LβIIβIII), LβIIIβIV, LβIVβV. Questi tre elementi sono caratteristici per le MMPs e le distinguono dalle altre Metzincine. LβIIIβIV, detto S-loop, comprende 16 residui aa e gira intorno allo zinco strutturale e ad un atomo di calcio, stabilendo con essi delle interazioni che stabilizzano la struttura. Lo zinco strutturale infatti risulta tetraedricamente coordinato con tre His ed un Asp, mentre il calcio è coordinato ottaedricamente. Dopo lo strand βV la catena polipeptidica forma il LβVαB che risulta altamente variabile nelle MMPs e che contribuisce al riconoscimento specifico del substrato. Questo loop conduce all’elica del sito attivo αB, che comprende la prima metà di una sequenza amminoacidica altamente

(10)

11

conservata non solo nelle MMPs, ma anche nelle Metzincine: HEXXHXXGXXH.

All’elica appartengono due residui di His leganti lo zinco catalitico, separati da un singolo giro che permette un approccio combinato al metallo, e il residuo di Glu richiesto per la catalisi. Il residuo di Gly favorisce una torsione repentina della traiettoria della catena polipeptidica per raggiungere la terza His del motivo, anch’essa chelante lo zinco. Per questa sua particolare funzione, è stato osservato che questa Gly risulta indispensabile per l’attività dell’enzima e insostituibile con ogni altro residuo più ingombrato. La mutagenesi di almeno una delle tre His sopprime l’attività catalitica dell’enzima. A questo punto la catena forma un giro 1-4 di tipo I, definito Met-turn a causa della presenza invariabile di un residuo di Met alla terza posizione del giro. Tra il Met-turn e l’ultima elica αC, tutte le MMPs hanno uno Specificity loop , importante per la specificità di substrato[11].

Per poter legare selettivamente il substrato il dominio catalitico comprende delle cavità o sottositi che, in base alle loro caratteristiche fisico-chimiche, sono in grado di interagire con delle porzioni specifiche dei peptidi da idrolizzare. Tali sottositi sono denominati S1, S2, S3, Sn, S1’, S2’, S3’, Sn’ all’interno dei quali si inseriscono rispettivamente le porzioni P1, P2, P3, Pn, P1’, P2’, P3’, Pn’ del substrato (Fig.1.3)[12].

Fig.1.3 Siti di legame per gli inibitori delle MMPs [12].

(11)

12

S1 e S3 formano una regione non molto profonda adiacente allo strand βIV, e in generale queste due cavità non presentano molte differenze nelle varie MMPs.

La specificità di substrato tra questi enzimi è assicurata invece da S1’, che non è altro che lo Specificity loop, precedentemente menzionato. Nella maggior parte dei casi (MMP-2, MMP-9, MMP-8, MMP-13) si tratta di una tasca flessibile e profonda che costituisce una sorta di tunnel che attraversa la proteina; nelle MMP-1, MMP-7, e MMP-11 invece la tasca è occlusa rispettivamente da un residuo di Arg, Tyr e Gln.

Le regioni S2’ e S3’ sono strette ed esposte ai solventi[3].

Oltre ai domini fin qui elencati in tutte le MMPs, eccetto le Matrilisine e la MMP-23, il sito catalitico è seguito da una regione detta dominio emopexinico formato da quattro moduli di emopexina (Fig. 1.1) e coinvolto nel riconoscimento del substrato e degli inibitori fisiologici. Esso assume una struttura paragonabile ad un’elica a quattro pale con al centro una sorta di disco contenente uno ione calcio[8].

In tutte le MMPs contenenti il dominio emopexinico esso risulta connesso al dominio catalitico per mezzo di un linker, detto hinge, composto da 15 a 65 residui amminoacidici.

Le Gelatinasi contengono un dominio composto da tre moduli di fibronectina di tipo II inserite nel LβVαB del sito catalitico che provvede alle interazioni col collagene, la gelatina e l’elastina. L’attività delle Gelatinasi è esclusivamente dipendente dall’integrità di questa porzione[11]. La MMP-9 inoltre presenta una regione di riconoscimento per il collagene di tipo V localizzata alla fine dell’hinge[2].

Infine per quanto riguarda le MT-MMPs, esse risultano ancorate alla membrana cellulare tramite un linker cui fa seguito o un dominio trans-membrana di tipo I con una coda citoplasmatica C-terminale (MT-MMP-1, -2, -3, -5), oppure un segnale costituito

(12)

13

da glicosilfosfatidilinositolo o GPI (MT-MMP-4, -6). La MMP-23 invece è ancorata alla membrana cellulare grazie ad un dominio trans-membrana di tipo II situato all’estremità N-terminale in sostituzione del peptide segnale, e presenta all’estremità C-terminale un sito di riconoscimento per le immunoglobuline[3].

1.2.3. Meccanismo d’azione delle MMPs: idrolisi del subsrtato.

Fig.1.4. Meccanismo catalitico delle MMPs [13].

Nella Fig.1.4 è illustrato il meccanismo catalitico della MMP-1, che è stato preso come modello rappresentativo del meccanismo generale di tutte le MMPs. Affinché l’enzima

(13)

14

sia cataliticamente attivo, il propeptide deve essere stato rimosso; lo zinco catalitico si trova quindi coordinato tetraedricamente con le tre His della sequenza conservata e con una molecola d’acqua, la quale si lega inoltre al Glu della sequenza conservata tramite legami a idrogeno. Il substrato si lega nella sua conformazione estesa e forma con l’enzima un complesso di Michaelis. All’interno del substrato l’ossigeno carbonilico del legame peptidico da idrolizzare coordina con lo zinco catalitico, conferendogli uno stato di pentacoordinazione. A questo punto il Glu, agendo da base, strappa un protone dall’acqua dando vita ad un idrossido che attacca il carbonio carbonilico del legame peptidico da idrolizzare; ciò comporta che il gruppo carbonilico si carichi negativamente e che si formi un intermedio tetraedrico gem-diolato ibridato sp3. Successivamente il Glu agisce da acido e cede il protone strappato dall’acqua all’azoto del legame peptidico da idrolizzare, il quale diventa così uno ione ammonio secondario.

Il trasferimento del restante protone del gem-diolato all’ammonio secondario, che può avvenire sia direttamente sia via Glu, provoca la rottura dell’intermedio a livello del legame peptidico e la formazione di due prodotti contenenti rispettivamente un nuovo carbossilato ed un nuovo gruppo amminico terminale. Il primo rimane inizialmente attaccato all’enzima e interagisce con lo zinco catalitico, mentre il secondo viene rilasciato. Successivamente l’ingresso di una nuova molecola d’acqua lega lo zinco catalitico e lo separa dal nuovo carbossilato, ristabilendo le interazioni con il Glu[11].

(14)

15

1.2.4. Regolazione delle MMPs.

Data l’importanza fisiologica delle MMPs e la gravità delle patologie derivanti da un’alterazione della loro espressione, esse sono altamente regolate all’interno dell’organismo, e tale regolazione avviene principalmente a tre livelli:

• livello trascrizionale: il tasso di espressione genica basale e la stabilità dell’mRNA possono essere rapidamente cambiati quando è richiesto un rimodellamento della ECM. Questo cambiamento può essere raggiunto sia grazie a elementi che compongono la ECM, sia grazie a fattori di crescita e citochine. Non tutte le MMPs contengono fattori di crescita ben definiti, come ad esempio la MMP-2, la quale può essere modificata solo post- trascrizionalmente.

• attivazione di MMPs latenti

• inibitori endogeni: gli inibitori endogeni più importanti delle MMPs sono la α- macroglobulina ed i TIMPs (Tissue Inhibitor of Metallo Proteases).

La α-macroglobulina (α2M) è un inibitore non specifico delle proteasi, comunemente espresso nel plasma e nel siero umano. Si tratta di un omotetramero di 725 kDa costituito da due coppie di subunità associate non covalentemente. Ogni subunità contiene un dominio con siti per il riconoscimento e l’idrolisi per le endoproteasi ed un dominio per il legame a recettori specifici. Quando le endoproteasi tagliano i quattro bait domains, la α2M va incontro a dei cambiamenti strutturali che comportano l’intrappolamento irreversibile di una o due molecole dell’endoproteasi stessa. Allo stesso tempo il dominio per il legame a recettori specifici si trova esposto sulla superficie della α2M e viene riconosciuto da tali recettori presenti sulla membrana cellulare, cosicché l’intero complesso viene inglobato dalla cellula per endocitosi[8].

(15)

16

I TIMPs sono una famiglia di proteine che svolgono un ruolo cruciale nei processi di regolazione delle MMPs, in quanto possono agire nei loro confronti sia da inibitori che da attivatori. Fino ad oggi ne sono stati individuati quattro, denominati TIMP-1, TIMP-2, TIMP-3 e TIMP-4. In condizioni fisiologiche essi inibiscono reversibilmente le MMPs in un rapporto di 1:1; in condizioni patologiche la loro espressione è regolata durante lo sviluppo ed il rimodellamento dei tessuti. I TIMPs differiscono tra di loro per la capacità di inibire le varie MMPs: per esempio il TIMP-1 è un debole inibitore delle pro-MMP-14, -16 e -19, ma mostra interazioni specifiche verso la pro-MMP-9; il TIMP-2 mostra interazioni specifiche verso la pro-MMP-2; i TIMP-3 e -4 inibiscono entrambe le pro-Gelatinasi, ma il TIMP-3 è l’unico in grado di inibire le ADAMs.

Inoltre i TIMPs differiscono per la specificità della loro espressione tissutale: per esempio il TIMP-4 si trova prevalentemente nelle cellule cardiache, cerebrali e del muscolo scheletrico, mentre il TIMP-3 si distingue per la sua particolarità di trovarsi saldamente legato alla ECM[2, 9].

Strutturalmente i TIMPs sono proteine di 20-29 kDa che mostrano una omologia della sequenza amminoacidica del 37-51% e dodici residui di Cys similmente separati (Fig.1.5). Queste Cys invariate formano sei ponti disolfuro intracatena, dando vita ad una struttura composta da sei loops e da due domini, uno N-terminale ed uno C- terminale: nel primo (loops 1-3) risiede la capacità di interagire col sito catalitico delle MMPs poiché il residuo Cys-1 si sostituisce alla molecola d’acqua come chelante per lo zinco catalitico; al secondo (loops 4-6) è dovuta la possibilità di legare le pro-MMPs. Il dominio N-terminale presenta una sequenza conservata di cinque amminoacidi, VIRAK.

(16)

17

Fig.1.5 Struttura primaria dei TIMPs .

Come precedentemente affermato i TIMPs possono anche promuovere l’attivazione di alcune MMPs: un esempio è rappresentato dal TIMP-2 nei confronti della MMP-2 (Fig.1.6).

Fig.1.6 Attivazione della MMP-2 [2].

(17)

18

Per comprendere il processo di attivazione della MMP-2 è necessario considerare anche una pro-MT1-MMP a livello intracellulare. Questo pro-enzima può essere attivato o durante il suo trasporto verso la superficie cellulare da una serina proteasi furino-simile intracellulare, o dalla plasmina sulla superficie cellulare, o da cambiamenti conformazionali non proteolitici. Dopo essere stata attivata la MT1-MMP si lega al dominio N-terminale di un TIMP-2, venendo così nuovamente inibita. Il dominio C- terminale del TIMP-2 invece agisce da recettore per il dominio emopexinico di una pro- MMP-2 a livello di un sito definito docking site. Si forma così un complesso trimolecolare tra la MT1-MMP inibita, il TIMP-2 e la pro-MMP-2. Successivamente una MT1-MMP adiacente non inibita agisce da recettore per la pro-MMP-2, della quale rimuove una parte del propeptide, attivandola parzialmente. La porzione propeptidica rimanente viene rimossa da una seconda MMP-2, ottenendo così una MMP-2 completamente attiva e matura che verrà rilasciata sulla superficie cellulare. E’ stato osservato che livelli troppo elevati di TIMP-2 inibiscano l’attivazione delle MMPs-2 poiché vanno a saturare le MT1-MMPs libere necessarie alla rimozione del loro prodominio. Inoltre si è riscontrato che in presenza di accumulo locale di collagene di tipo IV, substrato naturale per la MMP-2,i livelli di TIMP-2 sono ridotti e l’attivazione di MMP-2 risulta incrementata, nonostante rimanga ancora sconosciuto il meccanismo con cui ciò si verifica[2].

Riferimenti

Documenti correlati

Complessivamente i bambini che ricevettero lo zinco rispetto al gruppo placebo presentarono il 18,8% e il 12,5% di riduzione nella frequenza media di emissione di feci e

Ricoprendo il catodo in grafite con biossido di manganese la reazione di riduzione che avviene nella pila è quella sopra indicata dove non si ha evoluzione

In particolare, la pressofusione in alluminio viene realizzata a camera fredda a causa delle caratteristiche intrinseche del metallo e pertanto risulta più costosa e meno precisa

2— Impiego di acciaio con rivestimento superficiale in zinco-magnesio ad alta resistenza alla corrosione (mediamente 4 volte in più rispetto allo standard di pari copertura)

Il sito catalitico, dove risiede lo zinco, in 17 delle 29 ADAMs, contiene la sequenza HEXGHXXGXXH, altamente conservata anche nelle metalloproteasi della matrice.. Al

1 Le MMPs sono mantenute nella forma inattiva mediante un legame tra lo zinco del dominio catalitico e una cisteina localizzata nel pro-dominio; la rottura di questo legame in

Lo scopo di questa tesi è quello di verificare se l’assorbimento e l’esposizione ad elevate concentrazioni ambientali di metalli pesanti quali il rame e il cadmio possano

Volta notò però che l'esperimento riusciva bene se l'archetto era formato da metalli diversi (per esempio zinco e rame) e ipotizzò il contrario, che la carica elettrica fosse