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IL PROGETTO DI RESTAURO E CONSERVAZIONE DEL COMPLESSOARCHITETTONICO

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CAPITOLO 7

IL PROGETTO DI RESTAURO E CONSERVAZIONE DEL COMPLESSOARCHITETTONICO

In questo capitolo esamineremo gli interventi di restauro da eseguire sulle strutture e sugli elementi architettonici. Le procedure d’intervento adottabili, e qui riportate in maniera puntuale, sono quelle previste dai due più importanti testi di teoria e pratica del restauro oggi impiegati: il primo è il trattato di Carbonara1, il secondo è il Manuale operativo del restauro di Franceschi e Germani2.

Procederemo descrivendo gli interventi suddividendoli per tipologia formale e per materiale trattato3, non mancando di fare riferimento al caso specifico.

È opportuno precisare fin da subito che la previsione di una certa operazione di restauro in luogo di un’altra rivestirà carattere di mera ipotesi, poiché in quanto, per una definitiva progettazione delle stesse è richiesta una conoscenza approfondita dell’organismo architettonico di cui attualmente non siamo in possesso, ma che miriamo ad ottenere proprio attraverso il monitoraggio di cui si è parlato in precedenza4.

7.1 Gli interventi preliminari di pulizia dell’area circostante e degli elementi strutturali dalla vegetazione

Allo stato attuale, il convento si presenta in una condizione di abbandono ed incuria che, associata alla presenza di vegetazione infestante, rende addirittura impossibile l’accesso ad alcune aree del complesso.

Come ci è stato riferito dai membri dell’Associazione che si occupano della pulizia e della sistemazione sommaria del convento, tali “ostacoli” garantiscono una minima protezione dalle incursioni di curiosi e vandali, ma, al contempo, impediscono le operazioni di verifica, monitoraggio e studio; per questa ragione, come prima cosa, si dovrà procedere alla rimozione degli elementi di disturbo, che costituisce condicio sine

1

G. CARBONARA, Trattato di restauro architettonico, vol. III, UTET, 2008.

2 S. FRANCESCHI, L. GERMANI, Manuale operativo per il restauro architettonico, DEI – Tip. Del Genio civile, 2010.

3 Legno, marmo, muratura, superfici verniciate, intonaci, ecc. 4

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qua non per poter effettuare anche un globale monitoraggio, una completa messa in sicurezza ed un’analisi approfondita dell’edificio nel suo complesso.

7.1.1 Rimozione della macroflora [R 1]5

Con il termine “macroflora” ci si riferisce a quegli organismi macroscopicamente visibili come muschi, licheni e vegetazione superiore (erbacea, arbustiva o arborea), che si sviluppano sulle superfici lapidee o nelle murature di differente foggia grazie ai numerosi interstizi e dissesti nell’apparecchio murario. Cavità, lesioni, fessure, interstizi possono essere luogo sia di raccolta e accumulo sia di humus6, sia di riproduzione e propagazione di muschi e licheni a seguito del deposito di spore trasportate dal vento.

La differenza fra queste due ultime tipologie vegetali infestanti è molto evidente nell’osservazione degli effetti che esse producono a livello di degrado: i licheni generano fenomeni di decoesione, fratturazione e corrosione attraverso una copertura della superficie attaccata; i muschi, invece, compiono un’azione disgregante entrando in profondità per mezzo dell’azione meccanica svolta dalle radici.

La sussistenza delle infestazioni di muschi e licheni è indice di umidità all’interno dell’elemento attaccato, il cui tasso non potrà che aumentare una volta avviatosi il processo disgregante; altre conseguenze visibili saranno l’accumulo di acqua e l’ampliamento delle fessurazioni, che potranno così ospitare tipologie vegetali di maggior grandezza. Va da sé, ma è opportuno precisarlo, che l’azione distruttiva posta in essere dalle radici all’interno delle lesioni può causare gravi danni al tessuto murario, fino all’espulsione di materiale e alla perdita di capacità portante dell’elemento.

A monte della rimozione delle forme vegetali infestanti, si dovranno svolgere alcune operazioni preliminari:

- identificazione del tipo di pianta al fine di avere coscienza della grandezza delle radici7;

5 G. CARBONARA, 2008, vol. III, p. 681 ss.

6 L’humus è composto da depositi composti da particellato atmosferico e da organismi morti. 7

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- prevedere i danni che le operazioni di asportazione delle radici potrebbero causare;

- valutare la fattibilità dell’intervento e l’effettiva bontà dello stesso, comparandone conseguenze positive e negative.

Una volta accertata l’opportunità di utilizzo di biocidi, si andrà a scegliere il tipo di prodotto fra quelli per estirpazione di piante a foglia larga o a foglia stretta, per assorbimento fogliare o radicale, per vegetazione erbacea o arbusticidi, ecc. In ogni caso, il tipo di prodotto utilizzato dovrà possedere alcuni requisiti fondamentali:

- essere incolore8, con principi attivi poco solubili in acqua9; - presentare un basso grado di tossicità;

- essere degradabili nel tempo10;

- non provocare azioni chimiche o fisiche di degrado sulle strutture murarie trattate.

Di norma tutti i prodotti impiegati per questo genere di intervento vengono applicati secondo tre diverse metodologie, a seconda dei casi:

- irrorazione su piante erbacee o arboree per mezzo di pompe o nebulizzatori11 previa opportuna diluizione in acqua;

- iniezione di soluzioni acquose di biocidi all’interno dei canali conduttori della pianta;

- impacchi applicati alle piante appena tagliate in corrispondenza del colletto radicale.

La prima tipologia di intervento è adatta ad aree più vaste, come quelle in adiacenza dei prospetti nord dove l’eccessiva infestazione da rovi in corrispondenza del livello interrato provoca un considerevole aumento di umidità di risalita all’interno delle murature di questo livello. Altra zona con identica situazione è l’area contigua all’ala est del convento, così come quella ad ovest, nella cosiddetta “fossa della leonessa”.

Quanto al diserbo da piante superiori12, abbiamo già detto che esso si rende necessario al fine di eliminare le piante infestanti, sia quelle direttamente innestate sulle opere architettoniche, sia quelle che sorgono nelle immediate vicinanze dell’edificio.

8

L’essere incolore servirà a garantire la conservazione della colorazione originaria dell’elemento trattato. 9 Caratteristica dettata dalla necessità di evitare un’eccessiva espansione del prodotto ed un inquinamento di fonti d’acqua vicine.

10

Questo requisito è finalizzato ad evitare plurimi e successivi interventi per eliminare residui di precedenti azioni di restauro (il che risulterebbe paradossale).

11 Sono da evitare le pompe a pressione che potrebbero provocare dannose azioni meccaniche sugli elementi architettonici trattati.

12

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L’asportazione della prima tipologia sarà volta alla conservazione delle opere in elevato direttamente attaccate dagli organismi vegetali, mentre la seconda avrà una valenza multipla: da un lato permetterà di preservare le opere edilizie dall’azione di penetrazione delle radici (sia a livello degli elementi in elevato, che delle opere di fondazione), dall’altro costituirà un passo essenziale per permettere da prima l’ispezione e poi l’intervento di restauro sulle strutture aggredite.

Relativamente alle iniezione di soluzioni acquose di biocidi, se ne potrà fare uso in varie zone del complesso, e precisamente:

- gli orti collocati ad est della struttura dovranno essere ripuliti per “dar respiro” alle costruzioni lapidee in essi contenute13 [Fig.1];

- dovranno essere rimosse le piante di adiacenza del muro dell’antico muro di contenimento del complesso, per limitarne il degrado [Fig.2];

- la fossa della leonessa dovrà essere totalmente ripulita per evitare un eccessivo deterioramento delle murature del piano interrato sul fronte ovest [Fig.3];

- dovranno poi essere eliminate le infestazioni di edera che interessano in particolar modo l’angolo nord-ovest dell’edificio in corrispondenza dei locali della cucina ottocentesca [Fig.4] e l’angolo nord-est sulla superfetazione realizzata in più fasi fra il Cinquecento ed il Settecento14 [Fig.5].

Per le operazioni di pulizia di questo tipo dovranno essere impiegati strumenti meccanici (ad es. seghe) che tuttavia non rechino danno agli elementi architettonici. Nello specifico, quanto alla rimozione dell’edera, che rientra nelle infestazioni che interessano direttamente il costruito, si procederà in prima battuta al taglio della pianta alla base, in corrispondenza delle radici; ove ciò non dovesse dimostrarsi risolutivo, si proseguirà intervenendo con biocidi.

Il lungo lasso di tempo in cui queste piante infestanti hanno avuto modo di agire sui paramenti ci suggerisce di prestare molta attenzione nella fase della loro rimozione, poiché potrebbero essere penetrate in profondità nella muratura compromettendone lo strato più superficiale; in tal caso si avrà un distacco di materiale e sarà necessario il ripristino in un secondo momento.

13 Vasche per la raccolta dell’acqua, strutture di servizio come magazzini e depositi, nonché elementi di pregio come i resti di una cappella e le colonnine di un pergolato.

14

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Ben diversa è la disinfestazione da muschi e licheni15, la quale può interessare superfici più o meno vaste in base alla quantità di umidità e alla ragione per cui l’acqua ristagna in quella particolare posizione.

Per tale ragione si dovranno impiegare metodologie di volta in volta rapportate all’intensità e alla durata, nonché all’estensione dell’infestazione.

In linea di principio sarà preferibile impiegare sistemi meccanici di pulitura, come il raschiamento a mezzo di spatole, bisturi o spazzole rigide, sempre facendo attenzione a non intaccare la superficie sottostante e a non deturpare l’oggetto architettonico in fase di restauro. Se i licheni si rivelassero eccessivamente tenaci o troppo sviluppati ed estesi per poter essere rimossi esclusivamente con il metodo sopracitato, ci si potrà avvalere di biocidi ad intervento localizzato o esteso.

Il trattamento preliminare con biocidi dovrà essere attuato circa 10/15 giorni prima dell’asportazione meccanica degli organismi infestanti; al termine del trattamento, per garantire una pulizia il più possibile accurata delle superfici trattate, si dovrà effettuare un lavaggio16 con acqua pulita, per eliminare eventuali residui.

Nel convento di Nicosia sono molte le zone in cui si dovrà intervenire su muschi e licheni; nello specifico:

- sulle superfici del chiostro: tali fenomeni interessano sia gli elementi in elevato come muretti e pilastri [Fig.6], sia le pavimentazioni, [Fig.7] più ribassate e soggette ad allagamento in concomitanza di precipitazioni elevate;

- sulle superfici murarie in zone dove vi è un accumulo di acqua e dove non vi è un irraggiamento diretto del sole per orientamento o per eccessiva presenza di vegetazione ad alto fusto: è il caso delle pareti dell’angolo di nord-est [Fig.8];

- sulle pareti e sulle pavimentazioni del piano interrato [Fig.9]; le cause di questo fenomeno di degrado sono da attribuire però all’umidità di risalita, pertanto non sarà sufficiente ripulire le superfici, ma si dovranno anche bloccare le cause che hanno portato al verificarsi di una simile situazione17.

15 FRANCESCHI, GERMANI,2010, par. PU ml. 12.3.

16 Il lavaggio dovrà essere ripetuto più volte al fine di addivenire ad un’ottima pulizia della superficie. 17

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7.1.2 Rimozione della microflora [R 2]18

“Microflora” è un termine generico che impieghiamo per riferirci agli organismi vegetali non visibili a livello macroscopico che possono presentarsi sui paramenti murari, sui soffitti, sulle pavimentazioni o su qualsivoglia struttura edilizia in presenza di umidità e di altri fattori.

La patina biologica che detti organismi infestanti costituiscono può essere rimossa attraverso i medesimi metodi descritti nella trattazione degli interventi contro i muschi e i licheni. Nello specifico, Le sostanze biocide utilizzate dovranno essere applicate seguendo le indicazioni dettate, nello specifico, dal prodotto utilizzato e si dovranno relazionare alla natura del materiale lapideo onde evitare il danneggiamento del substrato e l’alterazione dello stato conservativo. In relazione al tipo di organismi da rimuovere, i biocidi si distinguono in battericidi e fungicidi”19.

La metodologia di applicazione dei prodotti dovrà seguire criteri basati sull’estensione della superficie da trattare e sulla porosità del materiale attaccato dall’agente infestante. Ad esempio, nel caso di materiali porosi la pratica suggerisce l’impiego di impacchi, che garantiscono una maggiore penetrazione del prodotto biocida ed un miglior risultato della pulitura; invece, in presenza di materiali particolarmente fragili e decoesi di eviterà l’utilizzo del pennello in favore di un trattamento a spruzzo, molto meno invasivo e stressante.

Anche in questo caso si dovrà procedere per fasi con l’applicazione del biocida sino ad ottenere la completa uccisione degli organismi infettanti. La loro rimozione avverrà poi manualmente.

Al termine del processo sarà opportuno effettuare un lavaggio, anche in questo caso a più riprese per garantire la perfetta asportazione dei residui vegetali e dei depositi di biocida. La metodologia di lavaggio sarà subordinata alla delicatezza e all’ubicazione della superficie trattata.

A Nicosia la presenza di una patina biologica è localizzata nei medesimi punti dove si trovano i muschi ed i licheni; entrambi i fenomeni, infatti, sono causati dalla presenza di umidità nelle opere edilizie.

18 FRANCESCHI, GERMANI, 2010, par. PU ml. 13. 19

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7.2 Le operazioni di pulitura

Esaminiamo, quindi, i sistemi di pulitura da adottare a seconda del tipo di materiale, del livello di degrado e di conservazione, nonché in base al sistema costruttivo impiegato.

Prima di procedere con la pulitura di qualsivoglia materiale o elemento strutturale (sia questo una parete, un soffitto, un pilastro o un elemento decorativo) corre l’obbligo di svolgere le seguenti ed essenziali operazioni preliminari:

- analisi e conoscenza dettagliata dei materiali da trattare20;

- analisi dei prodotti di reazione al fine di prevedere fenomeni chimici di degrado del materiale trattato;

- preconsolidamento (antecedente alle operazioni di pulitura) nei casi in cui questo si riveli necessario a causa dell’eccessivo degrado;

- prova del sistema di pulitura su di una zona di modesta estensione e, possibilmente, nell’area meno visibile, così da verificare l’esito della procedura senza arrecare danni al materiale trattato.

Le operazioni di pulitura avranno come scopo la rimozione dei depositi incoerenti sulla superficie del materiale e dovranno essere svolte nel pieno rispetto dell’integrità del materiale sottostante. Molto spesso in queste attività è utilizzata acqua e, pertanto, dovrà essere previsto un opportuno sistema di convogliamento e raccolta per evitare danni alla struttura.

7.2.1 Pulitura mediante spray di acqua a bassa pressione [Pp 1]21

Questa tecnica è utilizzata per la rimozione di polveri e depositi solubili in acqua e non troppo tenacemente legati al substrato. La superficie da trattare sarà interessata da getti di acqua a bassa pressione, intorno alle 2 o 3 atmosfere, direzionata attraverso appositi ugelli; se la superficie trattata è una pavimentazione o un diverso elemento orizzontale si dovrà partire da un punto e procedere sempre nella stessa direzione; se il trattamento è effettuato su pareti o altri elementi verticali, invece, si dovrà

20 V. supra, par. 4.1. 21

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necessariamente procedere dall’alto verso il basso per evitare cadute e/o possibili ri-depositi, sulla superficie già trattata, del materiale asportato.

L’operazione appena descritta dovrà essere svolta rapidamente, così da non inumidire eccessivamente il materiale oggetto della pulitura; si dovrà anche fare attenzione al periodo di svolgimento, evitando i mesi freddi (tale accorgimento potrà scongiurare il pericolo di degrado della muratura umida a caso dei fenomeni di disgregazione materica generati dalle variazioni di volume dell’acqua generate dai cicli di gelo e disgelo).

Per Nicosia si prevedono interventi di pulitura con questo metodo per le superfici lapidee interne come le cornici, i davanzali e le soglie di porte e finestre, le sedute delle finestre [Fig.14] al piano terra, i gradini in pietra delle scale di accesso al piano primo e altri elementi di questo tipo.

Particolare attenzione dovrà essere prestata nel trattamento degli elementi di maggior pregio, più degradati o collocati in prossimità di decorazioni degne di rilievo. Rientrano fra questi il portale di accesso al locale del custode [Fig.10] (sulla cui sommità è presente un affresco), così come i portali di accesso alla nuova [Fig.12] ed all’antica sala capitolare [Fig.13]; per il portale del refettorio [Fig. 11] si raccomanda la massima delicatezza nel trattamento a causa delle sue precarie condizioni di stabilità.

7.2.2 Pulitura mediante macchina idropulitrice a pressione controllata [Pp 2]22

L’idropulitura è un metodo mediamente invasivo impiegato per la pulitura di superfici di non particolare pregio e, soprattutto, non eccessivamente degradate o decoese. Trattasi, infatti, di un intervento che richiede l’impiego di una macchina idropulitrice capace di generare un getto di acqua calda o fredda (a seconda delle necessità) a pressione di circa 4 o 6 atmosfere.

La pulizia dovrà avvenire con posizionamento dell’ugello a circa 10 cm dall’elemento che ne è oggetto e dovrà essere svolta in modo settoriale, così da asportare il materiale dilavato prima che questo si depositi nuovamente. Una simile azione, se posta in essere su elementi la cui coesione non è certa, potrebbe portare all’asportazione di materiale dalle parti deteriorate o, in casi estremi, persino dalle

22

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porzioni sane della superficie. Per queste ragioni sarà opportuno limitare tale intervento alle superfici piane del chiostro, alle pavimentazioni in pietra [Fig.15] e in cotto (facendo attenzione a non esercitare troppa pressione sui commenti), all’area centrale intorno al pozzo [Fig.16].

Previa verifica del suo stato di conservazione, anche per la pulitura della pavimentazione del livello interrato delle superfici sarebbe ipotizzabile un trattamento di questo tipo e ciò in ragione della massiccia presenza di materiale al di sopra di essa.

7.2.3 Pulitura mediante spray di acqua nebulizzata [Pp 3]

Trattasi di intervento che costituisce una variante del precedente e caratterizzato da una maggiore delicatezza.

“Questo sistema sarà valido soprattutto per rimuovere incrostazioni costituite da composti parzialmente idrosolubili; l’acqua impiegata potrà essere deionizzata ed additivata con tensioattivi neutri allo scopo di diminuire l’angolo di contatto e, rispetto allo spray d’acqua, presenterà il vantaggio di accentuare l’azione diluente della pulitura chimica proprio grazie all’azione nebulizzante delle goccioline”23.

La scelta della pulitura con spray di acqua nebulizzata sarà subordinata ad una valutazione preventiva dello stato di conservazione dell’elemento e si farà ricorso ad essa solo se strettamente necessario.

7.2.4 Pulitura meccanica [Pp 4]

Tale intervento prevede l’impiego di spazzole, bisturi e spatole da parte di un operatore qualificato. È consigliabile qualora le sostanze patogene presentino un alto grado di persistenza e non possano essere asportate con i metodi, più rapidi e agevoli, descritti nei paragrafi precedenti.

“La pulitura meccanica consentirà la rimozione di scialbature, depositi ed incrostazioni più o meno aderenti alla superficie”24, ma al contempo comporterà una

23 Ivi., par. PU ml. 4. 24

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dilatazione dei tempi e dei costi. Pertanto, vi si ricorrerà solo se la prima pulitura, come metodo differente, non dovesse produrre l’effetto sperato.

7.2.5 Pulitura del materiale lapideo mediante impacchi [Pp 5]

“Le argille assorbenti, come la seppiolite e l’attapulgite, sono dei silicati idrati di magnesio, mentre la polpa di cellulosa è una fibra organica ottenuta da cellulose naturali; se mescolate insieme all’acqua, queste sostanze sono in grado di formare una sorta di fango che, una volta a contatto con le superfici lapidee ed opportunamente irrorato con acqua (o con sostanze chimiche), eserciterà un’azione, di tipo fisico, di assorbimento di liquidi in rapporto al proprio peso.

La pulitura mediante impacchi assorbenti risulterà vantaggiosa, oltre che per l’asportazione dei sali solubili, anche per la rimozione, dalle superfici lapidee, di strati omogenei di composti idrosolubili o poco solubili (come croste nere poco spesse, di circa 1 mm), nonché di macchie originate da sostanze di natura organica e di strati biologici (batteri, licheni e algali). Gli impacchi, inoltre, sono capaci di ridurre le macchie di ossidi di rame o di ferro. Il vantaggio del loro utilizzo risiede anche nella possibilità di evitare di applicare direttamente sulla superficie sostanze pulenti (in special modo quelle di natura chimica), le quali, talvolta, potrebbero risultare troppo aggressive per il substrato. La tipologia d’impacco dipenderà dal grado di persistenza e dalla solvenza dello sporco da rimuovere, ma si deve tenere presente che gli impacchi non risulteranno particolarmente adatti per asportare croste spesse e, in caso di materiali porosi e/o poco coesi, sarà opportuno, al fine di non rendere traumatica l’operazione d’asportazione, interporre sulla superficie carta giapponese o kleenex.

Potrà essere conveniente, prima di applicare l’impacco, operare lo “sgrassamento” e la rimozione di eventuali incerature superficiali ricorrendo a solventi come acetone, cloruro di metilene ecc. e, dove risulterà possibile, effettuare un lavaggio con acqua (deionizzata o distillata) in modo da asportare i depositi meno coerenti. In presenza di efflorescenze si dovrà provvedere alla loro asportazione meccanica tramite lavaggio con acqua deionizzata e spazzolino morbido prima di procedere con l’operazione.”25

25

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Questo genere di procedura può rispondere a svariate esigenze di intervento. Al complesso di Nicosia v si farà ricorso su elementi di pregio e di decoro, come, ad esempio, gli archi decorativi del primo piano [Fig.17].

7.2.6 Pulitura mediante apparecchi aeroabrasivi (sistema JOS) [Pp 6]26

Il sistema JOS sfrutta un vortice di tipo elicoidale a bassissima pressione (0,1-1 bar) e l’utilizzo di una gamma di inerti neutri, finissimi, di varia granulometria (5-300 micron) con durezza 1-4 Mohs. Quando trova indicazione da parte delle Soprintendenze, del progettista o dalla D.L., impiega una modesta quantità di acqua (da 1 a 30 litri/h a seconda del diametro dell’ugello impiegato, piccolo, medio o grande) riuscendo, comunque ad ottenere sempre ottimi risultati di pulitura dei materiali lapidei, nel pieno rispetto delle Raccomandazioni NormaI 20/85, su superfici sporche da smog, incrostazioni calcaree, croste nere, graffiti, alghe, muschi e licheni.

Il procedimento, basato su un processore a vortice rotativo a bassa pressione, rappresenta una nuova dimensione della tecnica della pulitura: delicata, graduabile e selettiva, che permette di operare su qualsiasi tipo di pietra naturale, compreso il laterizio, senza provocare erosioni o danni irreversibili perché non asporta il materiale costituente il supporto, ma solo quello che vi è sovrapposto. Ottimi risultati si ottengono anche sui metalli (bronzo, alluminio, ottone) e su strutture in legno.

Il procedimento agisce in maniera tale da mantenere intatta la patina di invecchiamento (Carta del Restauro 1972 ar t.5) e, cosa molto importante, consente al restauratore di controllare, in maniera continua, ogni singola fase della pulitura senza dover attendere i risultati affidati all’azione di strumenti non controllabili, come impacchi o altro.

L’ugello brevettato JOS crea un vortice di aria, inerte ed acqua che si espande rapidamente; la pressione dell’aria compressa può essere graduata allontanando oppure avvicinando l’ugello, tenuto conto che mentre la pressione diminuisce approssimativamente in proporzione al quadrato della distanza, la rotazione del vortice permane inalterata. Ove necessario, il sistema JOS può essere utilizzato impiegando acqua demineralizzata, assicurando una detergenza anche sotto il profilo chimico, oltre

26

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che fisico. Tuttavia, lo si è già detto, il sistema brevettato JOS è parimenti utilizzabile senza l’impiego di acqua e la pulitura rimane graduabile, selettiva e perfettamente controllabile, affidata alla sola abilità dell’operatore che riesce a rispettare perfino le policromie originali di affreschi o dorature sottostanti lo sporco.

Gli inerti impiegati sono assolutamente neutri, non tossici, non nocivi per la salute dell’operatore e non inquinanti sotto il profilo ambientale. Essi vanno scelti, a seconda dell’impiego, in dimensioni da 5 a 300 micron e durezza Mohs compresa tra 1 e 4, tra il carbonato di calcio bianco di Spagna, gusci di noce, noccioli di pesca o di albicocca macinati, polvere di vetro, pula di riso, il tutto nelle dimensioni richieste ed in alcuni casi di forma arrotondata (evitando, quindi, spigoli vivi), avendo cura che non contengano composti chimici o coloranti incompatibili.

Se ne prevede l’impiego per il trattamento delle superfici lapidee esterne all’edificio a partire dalle lastre di rivestimento dei muretti del chiostro [Fig.18].

7.2.7 Pulitura mediante sabbiatura controllata [Pp 7]

“Attraverso la sabbiatura controllata sarà possibile rimuovere, con l’impiego di macchine sabbiatrici, i depositi spessi, coerenti ed aderenti alla superficie, ricorrendo a polveri abrasive sospese in un getto d’aria compressa diretto sulla superficie per mezzo di una lancia metallica. Sarà opportuno evitare l’utilizzo di macchinari che non consentiranno una bassa pressione d’esercizio, in special modo sulle superfici particolarmente degradate: i materiali lapidei sui quali si potrà applicare questo sistema di pulitura dovranno, infatti, presentare uno stato conservativo relativamente buono ed essere sufficientemente compatti, così da poter resistere all’azione abrasiva.”27

Tale metodologia è particolarmente indicata per le ampie superfici murarie poste all’esterno del complesso, previa eliminazione della macroflora28. Così, si potrà eseguire una più accurata asportazione di eventuali residui dovuti alle precedenti fasi di pulizia.

Ovviamente, anche in questo caso, la natura stessa dell’intervento ci impone di eseguire preliminari operazioni di prova su limitate porzioni di superficie. Ciò che dovrà

27 Ivi, par. PU ml. 9. 28

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essere evitato è il danneggiamento del materiale sano a causa dell’eccessiva azione abrasiva attuata dagli inerti impiegati nel procedimento in oggetto.

“Le prove sul campione di materiale dovranno consentire di bilanciare tutti i fattori che incideranno sull’operazione, tra i quali si ricordano la tipologia e la quantità del materiale abrasivo da impiegare, la pressione del getto, il tipo di ugello, la distanza che dovrà intercorrere tra ugello e superficie, il rapporto aria-abrasivo ed i tempi di applicazione.”29

A Nicosia, il sistema di sabbiatura controllata sarà riservato alle apparecchiature murarie esterne, in particolare sui prospetti ovest (maggiormente coeso e solido) e nord, quantomeno nella fascia corrispondente al piano interrato.

7.2.8 Pulitura a secco con spugne wishab [Pp 8]

“Questo tipo di pulitura da eseguirsi sopra superfici perfettamente asciutte e non friabili, sarà utilizzata per asportare depositi superficiali coerenti ed aderenti ad apparecchi in pietra, soffitti lignei, affreschi, pitture murali, carte da parati ecc. mediante l’utilizzo di particolari spugne costituite da due parti: una massa di consistenza più o meno morbida, di colore giallo, supportata da una base rigida di colore blu. L’utilizzo di queste spugne consentirà di asportare, oltre ai normali depositi di polvere, il nero di fumo causato da candele d’altari e da incensi, mentre non sarà particolarmente adatto per rimuovere lo sporco persistente (ad es. croste nere) e le sostanze penetrate troppo in profondità.”30

L’intervento in questione è di facile esecuzione poiché l’operatore dovrà semplicemente strofinare la spugna sulla superficie interessata, seguendo sempre la stessa direzione ed esercitando una pressione il più possibile costante. Come per le altre operazioni di pulizia trattate in precedenza, anche in questo caso, ove possibile, sarà da prediligere l’esecuzione dall’alto verso il basso, iniziando dalle parti chiare per terminare con quelle scure, il tutto al fine di evitare di sporcare con residui le parti di colore più chiaro.

Lo sporco, la polvere e il materiale superficiale si legheranno alle particelle della spugna che, gradualmente, si sbriciolerà per la semplice azione meccanica di

29 FRANCESCHI, GERMANI, 2010, par. PU ml. 9. 30

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sfregamento, e si avrà un’immediata detersione della superficie trattata senza lasciare rigature, aloni o tracce di sporco.

L’impiego delle spazzole wishab sarà utile alla pulitura dei dipinti murari presenti al piano primo in corrispondenza del “sacellum infirmorum” [Fig.19] o dell’accesso alle stanze un tempo occupate dalla biblioteca del convento [Fig.20].

7.3 Interventi di pulizia su materiali lignei

La tematica oggetto del presente paragrafo risulta di primaria importanza nel’ottica di un completo restauro del convento di Nicosia, in quanto molte delle strutture orizzontali (soffitti, pavimenti, ecc.) sono realizzati in legno.

Gli interventi che analizzeremo rappresentano un’indicazione di massima che, in sede di esecuzione del progetto, dovrà essere rapportata alla reale situazione degli elementi architettonici presenti.

Prima di effettuare qualsiasi intervento sugli elementi lignei valuteremo lo stato di conservazione e la necessità o meno di sostituire l’elemento con uno nuovo. Quest’ultima modalità di intervento non costituirà il modus operandi da preferire, ma, al contrario, sarà adottata solo in casi strettamente necessari.

7.3.1 Pulitura meccanica manuale [Lp 1]

“Prima di iniziare l’operazione di pulitura sarà necessario esaminare la superficie lignea onde rilevare l’eventuale presenza di olio, grasso o altri contaminanti solubili; in tal caso, la pulitura manuale sarà preceduta da un ciclo di pulitura con opportuni solventi. Gli strumenti occorrenti per la pulizia manuale, da impiegare, alternativamente, in base alle condizioni delle varie superfici, saranno costituiti da spazzole metalliche, raschietti, spatole, scalpelli, lana di acciaio e carta abrasiva di varie grane, oppure utensili sagomati in modo da penetrare negli interstizi. Le spazzole metalliche potranno essere di qualsiasi forma e dimensione, mentre le loro setole dovranno essere di filo d’acciaio armonico.”31

31

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Una volta compiuta questa operazione si dovrà spazzolare la superficie trattata allo scopo di eliminare eventuali residui e le parti di materiale distaccato. Infine, si carteggerà l’elemento interessato con carta abrasiva a secco.

7.3.2 Levigatura e lamatura manuale [Lp 2]32

La levigatura del materiale lapideo si attua asportando manualmente, attraverso un’operazione meccanica, un sottile strato di materiale; attraverso la lamatura, invece, si ottiene la levigazione totale dell’elemento, rimuovendo eventuali strati di vernice e riportando al vivo la superficie lignea. La procedura comunemente usata prevede che la rimozione del soprastrato avvenga con l’ausilio di carta abrasiva a grana semi-grossa per la sgrossatura, per poi proseguire passando a grane sempre più fini, che permetteranno di ottenere una superficie liscia e priva di depositi incrostati, macchie e patine, oltre che di vernice.

Questa operazione si dimostrerà piuttosto veloce e semplice da effettuare, anche se il quantitativo di polvere prodotta sarà notevole.

Al termine della procedura è buona norma passare uno straccio leggermente umido sulla superficie lignea trattata per rimuovere tutti i residui di polvere.

7.3.3 Sverniciatura con decapante neutro [Lp 3]33

La sverniciatura con decapante neutro è un’operazione che richiede la valutazione preliminare dell’effettivo stato di conservazione del materiale onde evitare di trattare un materiale che presenta parti fragili o facilmente asportabili.

Anche questa procedura di pulizia, come quelle di lamatura o levigatura precedentemente descritte34, si pone come obiettivo la rimozione di vecchi strati di vernice. Essa è particolarmente raccomandata quando si ha a che fare con elementi molto elaborati, per i quali una sverniciatura manuale risulterebbe ardua.

32 Ibidem. 33 Ibidem.. 34

(16)

Questo metodo prevede l’impiego di un prodotto decapante che dovrà essere steso, con pennellate, sul materiale da trattare. Una volta steso, il decapante attuerà una vera e propria “segregazione” tra la vernice e il materiale ligneo e l’operatore, attraverso spatole o elementi più minuti (in corrispondenza degli elementi decorativi più piccoli), non avrà che da rimuovere la vernice, già ammorbidita.

Importante accorgimento in questa fase sarà quello di non raschiare troppo a fondo, sino ad asportare materiale ligneo in fase di coesione.

7.4 Interventi di integrazione materica

Interventi di questo tipo potrebbero apparire inadatti in un progetto di restauro conservativo, poiché finirebbero per modificare l’aspetto dell’elemento trattato alterandone la sua conformazione attuale, il cui degrado deriva dal passare del tempo e dell’azione dei fenomeni (non solo) atmosferici.

In realtà, dovremmo adottare una simile prassi solo dopo aver ripristinato la resistenza statica degli elementi trattati.

Sempre nell’ambito dell’integrazione materica, opereremo un risarcimento delle fessure. Tuttavia, tali operazioni saranno possibili solo se, valutata in modo corretto e completo l’origine35 dell’evento lesivo, si siano accertati il venir meno della causa scatenante il quadro fessurativo e la stabilizzazione (meglio se in epoca non troppo recente) dello stesso. Ovviamente, qualora le fessure esaminate rientrino all’interno di un fenomeno lesivo ancora in corso non si potrà procedere alla stuccatura della fessurazione: ciò risulterebbe da un lato inutile, poiché la lesione finirebbe per aprirsi nuovamente, e dall’altro dannosa, in quanto provocherebbe l’occultamento della fessura e l’impossibilità di una sua osservazione a fini valutativi.

Prima di compiere il vero e proprio reintegro materico si dovranno svolgere due attività preliminari:

- l’asportazione di parti non compatibili o non coerenti con l’elemento su cui si sta intervenendo, onde evitare la creazione nel tempo di stress meccanici all’interno della zona trattata;

35

(17)

- la pulitura della superficie tramite utilizzo di acqua deionizzata e spazzolatura della superficie da trattare, facendo attenzione a non ridurne la scabrosità superficiale; in questo modo si garantirà la massima aderenza fra il materiale originario e la malta da ripristino.

7.4.1 Stuccatura-integrazione di elementi in laterizio [Mi 1] 36

Gli interventi di integrazione e stuccatura del materiale lapideo hanno differenti obiettivi. In primo luogo, garantiscono la messa in sicurezza dei frammenti in cui sono suddivisi i laterizi deteriorati, integrandone eventuali lacune causate dalla disgregazione, dall’erosione (conseguenza di vento, pioggia o altri fattori secondari) e dall’alveolizzazione del materiale. In seconda istanza, consentono la difesa dell’apparecchio murario dagli agenti atmosferici; a tale scopo, le operazioni in oggetto dovranno essere svolte su tutta la superficie muraria e dovranno necessariamente interessare anche le lesioni di minor entità per poter garantire una sufficiente continuità superficiale ed impedire così fenomeni di deposito di acqua, agenti inquinanti o spore che porterebbero alle conseguenze già viste nel corso della nostra trattazione.

Questo genere di intervento sarà adottato su pareti da lasciare a faccia a vista in laterizio e si suddividerà in differenti fasi:

- pulitura della superficie da trattare per mezzo di acqua deionizzata a seguito della rimozione di elementi incoerenti;

- stuccatura degli elementi “effettuata con piccole spatole, evitando di intaccare le superfici limitrofe non interessate; a tal fine potrà risultare conveniente schermarle con un nastro di carta o altro sistema idoneo. Con la spatola si darà forma alla porzione mancante del mattone, costipando il materiale per eliminare l’acqua in eccesso e migliorare la compattezza e l’aderenza alla parte sana del laterizio oggetto di intervento.”37

Al pari di quanto si è osservato per le tecniche di restauro sinora analizzate, anche per gli interventi di stuccatura-integrazione di elementi in laterizio si dovranno eseguire prove di materiale e verifiche del tono della malta post-stagionatura. L’effetto

36 FRANCESCHI, GERMANI, 2010, par. AG ml. 2. 37

(18)

finale non dovrà deturpare l’aspetto dell’apparecchio murario e dovrà essere compatibile con i fini del restauro.

Laddove la mancanza di materiale rivesta carattere isolato sarà sufficiente porre in essere la procedura appena descritta; invece, in presenza di mancanze estese del materiale dovremo ricorrere all’impiego di una rete metallica elettrosaldata che sarà fissata tramite un perno all’elemento murario retrostante e fungerà da sostegno agli elementi di ripristino in malta da recupero. A questo punto si dovrà provvedere alla perfetta copertura della rete per proteggerla dagli agenti atmosferici (per ridurre i rischi di degrado si dovrà scegliere materiale non facilmente ossidante) e il perno dovrà avere coefficiente di dilatazione termica il più possibile vicino a quello del materiale da ripristinare in modo da scongiurare fratture interne alla parete per dilatazione termica differenziale.

A finitura delle lavorazioni ora descritte, la prassi contempla una pulitura della superficie trattata per mezzo di una “spugna inumidita per arrotondarne gli spigoli, compattare lo stucco e, al tempo stesso, renderla scabra per assimilarla ai mattoni limitrofi”38.

Nel progetto del recupero di Nicosia prevediamo l’impiego di questa tecnica negli apparecchi murari tutt’oggi privi di intonaco o comunque prevalentemente a faccia a vista. Vi rientrano, ad esempio, la parte terminale della superfetazione tardo settecentesca dell’angolo di nord-est per la quale dovremo procedere anche alla rimozione degli elementi metallici (come longherine e tubazioni) che fuoriescono dal paramento murario [Fig.21], nonché alla rimozione dell’intonaco al fine di riparare le lesioni presenti nella muratura e di portare alla luce la sottostruttura in laterizio [Fig.22]. Qualora l’asportazione dello strato di finitura superficiale rivelasse l’impossibilità di attuare una simile previsione, come forse è il caso della facciata a nord [Fig.23] si procederà con il ripristino dell’intonaco su tutta la parete.

Altro elemento in cui si prevede l’utilizzo di questo tipo di intervento è la facciata ovest della cosiddetta “casa del priore” [Fig. 24].

38

(19)

7.4.2 Stuccatura di elementi lapidei [Pi 1] 39

Lo scopo di interventi di questa tipologia è quello di colmare lacune e discontinuità nel paramento lapideo, così da formare un’unica superficie, priva di lesioni e fessurazioni ove possano depositarsi corpi estranei (humus, spore, acqua, ecc.) provocando il peggioramento del degrado della struttura.

“La stuccatura di superficie sarà eseguita con grassello di calce; la carica dell’impasto sarà costituita da pietra macinata, utilizzando, preferibilmente, la polvere della pietra stessa o, in mancanza, un materiale lapideo di tipologia analoga a quella del manufatto in questione, così da ottenere un impasto simile per colore e luminosità”40.

Nella pratica del restauro risulterà fondamentale consentire al visitatore esterno di poter leggere la struttura e identificare gli elementi originali da quelli inseriti nel restauro, per tale ragione si adottano alcuni accorgimenti:

- realizzazione della stuccatura restando leggermente arretrati rispetto alla superficie muraria originale (tale metodo dovrà però essere preso in considerazione solo dopo averne valutato gli effetti negativi a lungo termine a causa dell’azione dell’acqua battente);

- stuccatura , specie per le porzionipiù estese, di colore leggermente differente rispetto a quello della pietra originale, in modo da confondere ad un’osservazione a distanza, senza andare a produrre un falso storico.

“A presa avvenuta, onde ottenere una stuccatura opaca, la superficie interessata verrà lavata e/o tamponata (esercitando una leggera pressione) con spugna inumidita di acqua deionizzata, cosi da compattare lo stucco, far emergere la cromia della punteggiatura ed eliminare eventuali residui di malta”41.

Sulle pareti del convento di Nicosia non è possibile prevedere l’estensione delle superfici da trattare per mezzo di questa tipologia di intervento in quanto si dovrà procedere dapprima alla pulitura e alla rimozione delle porzioni di intonaco (non storicamente rilevante).

Per le zone in cui la parete murale risulta già a vista, invece, si può, fin da subito, prevedere questo lavoro.

39 Ivi, par. AG ml. 3. 40 Ibidem.

41

(20)

7.4.3 Risarcimento-stilatura giunti di malta42 [Mi 2]

“Tale intervento, mirato ad integrare le porzioni di malta mancanti, sarà eseguito mediante impasti a base di calce con caratteristiche fisiche (tessitura, grana, colore ecc.) e requisiti di resistenza simili a quelli del materiale originale. Lo scopo della rabboccatura consisterà nel preservare le cortine murarie da possibili fenomeni di degrado e nel restituire continuità alla tessitura, al fine di evitare infiltrazioni o attacchi di vegetazione infestante, accrescendone le proprietà statiche. L’operazione di stilatura dovrà essere evitata su manufatti saturi di sali, soprattutto in presenza di estese efflorescenze saline o di muffe, polveri o parti non solidali che potrebbero impedire la solidificazione della malta tra gli elementi.”43

Anche questo intervento richiederà una pulitura preliminare della superficie da particolato, agenti infestanti, polvere ed elementi incoerenti che potrebbero rendere impossibile o limitata la perfetta coesione della malta alla struttura da trattare.

Nel complesso di Nicosia tale intervento dovrà aver luogo nelle medesime superfici interessate dai trattamenti descritti nei paragrafi precedenti.

7.4.4 Stuccatura salvabordo lacune di intonaco (bordatura) [Ii 1]

Questa operazione sarà effettuata in caso di non rimozione della finitura superficiale e successiva non ricopertura dell’apparecchio murario con intonaco. Tale processo servirà a ristabilire l’adesione tra lo strato di finitura e la muratura sottostante, impedendo così infiltrazioni fra i due materiali che potrebbero portare al graduale distacco di porzioni sempre più ampie di intonaco o all’insorgenza di differenti tipologie di degrado.

Anche per questo tipo di intervento sarà necessaria la preventiva pulitura dell’apparecchio murario da trattare. In seguito, sarà possibile eseguire la stuccatura salvabordo, avendo cura di impiegare malte compatibili con il supporto e dotate di

42

Stilatura dei giunti; def.: “Nelle costruzioni civili, operazione che consiste nel rifinire nella parte esterna le connessioni tra i mattoni o tra le pietre di una muratura, riempiendo dapprima gli spazi vuoti con malta e poi passando un ferro nelle connessioni medesime in modo da togliere le sbavature e formare un piccolo solco ben delineato.” Fonte: www.treccani.it/enciclopedia/stilatura-dei-giunti/.

43

(21)

buone caratteristiche meccaniche, oltre che facilmente spalmabili al fine di rendere precisa la definizione dei lembi.

Le aree in cui si prevede questa tipologia d’intervento sono quelle in prossimità dei cantonali cinque-secenteschi visibili sui prospetti nord e sud, nonché, se si riterrà non opportuna la rimozione dell’intonaco sul prospetto ovest dell’edificio, anche in corrispondenza del distaccamento di intonaco in tale zona al fine di rendere visibile la struttura in verrucano, elemento caratteristico della prima fase costruttiva dell’edificio.

7.4.5 Trattamento lacune di intonaco [Ii 2]

Con il passare del tempo, l’azione aggressiva degli agenti atmosferici o l’azione degradante delle infestazioni della parete muraria possono causare disgregazioni del materiale costituente l’impianto di finitura superficiale, con conseguenti cadute e distacchi di porzioni di intonaco. Si intuisce, pertanto, che non solo l’intonaco, ma anche la struttura ad esso sottostante è costantemente esposta a quegli stessi fenomeni e processi lesivi che hanno causato il distacco; al contempo, essa potrebbe essere non protetta o comunque non sufficientemente resistente.

A tale scopo, qualora si evidenzino situazioni di criticità in cui lo strato superficiale di intonaco ricoprente tutto il resto della superficie muraria dovrà essere conservato, perché di rilievo storico per esempio, e in cui il substrato non presenti buone caratteristiche fisico-meccaniche, si provvederà al rappezzo per mezzo di intonaco compatibile per spessore, composizione e traspirabilità con il supporto già presente.

Anche in questo caso condicio sine qua non per procedere all’intervento sarà la preventiva pulitura del paramento murario al fine di evitare l’inclusione di agenti infestanti e di favorire un corretto fissaggio della finitura alla struttura muraria sottostante.

L’esecuzione del rappezzo sarà suddivisa fra stesura del rinzaffo per la corretta penetrazione degli interstizi e, a presa avvenuta, arricciatura fino a raggiungere lo spessore voluto. Seguirà un pareggio, durante il quale si dovrà prestare attenzione alla buona realizzazione dell’intervento in prossimità dei punti di unione fra vecchio e nuovo intonaco.

(22)

Per individuare le diverse stratificazioni storiche, ossia per rendere possibile distinguere l’intonaco originale da quello moderno, usato nel trattamento in oggetto, si potranno adottare due metodi: l’utilizzo di colorazioni di tono leggermente diverso rispetto a quello originale o la diversificazione della lavorazione superficiale dello strato di finitura. Nel nostro progetto, per ottenere un intervento più lineare, pur senza nasconderne l’esecuzione, opteremo per la seconda modalità.

Tuttavia, risulta complesso prevedere i punti esatti interessati da questo tipo di trattamento, poiché una valutazione di tal genere necessita di un’analisi dei paramenti murari impossibile allo stato attuale delle cose.

7.4.6 Integrazione cornici [Di 1]

Questo genere di intervento di restauro verterà al recupero, per mezzo di ricostruzione, degli elementi architettonici così gravemente danneggiati da non potersi avere una semplice stuccatura. Lo scopo da perseguire sarà quello di riportare l’elemento alla sua forma originaria.

In presenza di interventi estesi si dovrà inserire un’armatura di sostegno per garantire la perfetta aderenza fra lo stucco e il substrato materico.

Si prevede di adottare questa procedura di ripristino per il restauro delle cornici poste a coronamento delle pareti interne del chiostro [Fig.25] e per la sistemazione delle cornici a decoro delle aperture fra le celle [Fig.26], successivamente al ripristino della portanza delle pareti murarie danneggiate.

7.4.7 Rincocciatura di murature [Mi 3]

Con il termine “rincocciatura” si identifica l’azione di ricostruzione delle murature connotate da mancanze di materiale tali da compromettere l’integrità formale e strutturale dell’impianto murario. Esso potrà essere limitato esclusivamente allo strato più esterno dell’elemento, oppure potrà interessare una buona percentuale, se non l’intero spessore, della parete.

(23)

A grandi linee questo intervento si rivela parente del scuci-cuci44, ma se ne discosta in quanto non prevede l’eliminazione di parti degradate della muratura intorno alla zona di intervento.

La funzione primaria di questa procedura di ripristino sta nell’evitare la persistenza di lacune all’interno delle quali si potranno depositare humus, spore e altri agenti infestanti, originando e/o permettendo il progredire di gravi fenomeni di degrado. Nel caso in cui tale trattamento dovesse assolvere anche ad una funzione di ripristino della capacità portante delle muratura trattata, i materiali impiegati nell’esecuzione della rincocciatura dovranno obbligatoriamente possedere caratteristiche meccaniche di resistenza a compressione atte a garantirne la stabilità.

Nel caso del restauro del convento di Nicosia, il trattamento in esame potrà essere impiegato soltanto a seguito delle prime fasi di recupero strutturale del manufatto. Se ne presume tuttavia l’utilizzo nelle opere di chiusura e ripristino delle murature, sia interne che esterne, se le parti circostanti non risultano eccessivamente degradate; in tali situazioni, difatti, si opterà per l’utilizzo del “cuci-scuci”.

7.4.8 Tassellatura [Ti 1]

La tassellatura si avvicina molto alla rincocciatura, ma è relativa ad interventi di piccole dimensioni in cui il ripristino dell’integrità della linearità ed uniformità muraria potrà essere garantita per mezzo dell’inserimento di un singolo tassello (e non, quindi, di una vera e propria muratura).

“L’adesione di tasselli di piccole dimensioni potrà essere realizzata, oltre che con l’ausilio di resine epossidiche o poliestere. Nei casi, invece, in cui l’intervento presenti delle dimensioni considerevoli e il tassello risulti particolarmente aggettante si potrà ricorrere all’uso di sostegni interni come perni in acciaio inossidabile o zincato saldati con l’ausilio di resine epossidiche bicomponenti ed esenti da solventi”45.

44 V. supra., par. 6.II. 45

(24)

7.5 Interventi di restauro su dipinti murari [Ar 1]

Nel presente paragrafo ci occuperemo, sinteticamente, degli interventi atti al recupero di affreschi e pitture murarie.

Le integrazioni pittoriche delle mancanze presenti nei dipinti murari, siano questi affreschi, graffiti o quant’altro, saranno subordinate al rispetto di alcuni requisiti fondamentali:

- la scelta della tipologia di trattamento da eseguire dovrà tener conto della precisa valutazione dello stato di conservazione del dipinto, nonché della tecnica di realizzazione dello stesso;

- indipendentemente dalla tecnica posta in essere, ogni intervento di restauro dovrà essere distinguibile dall’originale;

- ciascuna operazione di restauro effettuata dovrà essere reversibile.

“L’integrazione pittorica dovrà essere anticipata dalla stuccatura della lacuna, nei casi in cui manchi lo strato di intonaco, realizzata in modo da risultare complanare alla superficie dipinta e tale da riproporre, in maniera non mimetica ma distinguibile, l’imprimitura originale dedotta dall’analisi delle caratteristiche dominanti della superficie dipinta. La natura dei colori adatti per ripristinare la continuità cromatica saranno: tempere di calce, colori ad acquarello […]. La selezione della tecnica da utilizzare per ripristinare la lacuna si legherà al tipo di mancanza ovvero: per zone ampie si potrà utilizzare l’astrazione cromatica, per lacune interpretabili si potrà ricorrere alla selezione cromatica.”46

7.5.1 Applicazioni di sospensioni di idrossido di calcio per il recupero degli

affreschi

Trattasi di un sistema di recupero adatto agli interventi su intonaci di calce o pitture murali sulle quali si riscontrano fenomeni di polverizzazione del pigmento e della pellicola di supporto.

Per il preconsolidamento si applicheranno soluzioni stabili di idrossido di calcio in solventi inorganici; questi ultimi garantiranno la penetrazione delle particelle

46

(25)

all’interno dei pori superficiali ed attiveranno un nuovo processo di presa all’interno della matrice. L’applicazione di tali sospensioni sarà effettuata attraverso l’impiego di pennelli a setola morbida, in modo da non asportare ulteriormente pigmenti degradati e decoesi. La procedura si ripeterà più volte aumentando gradualmente la concentrazione della solizione.

Questa tipologia di trattamento potrà essere impiegata in caso di decoesione solo superficiale della pellicola pittorica in quanto, con questo metodo, non si riesce a penetrare in profondità (massimo 2 mm).

7.5.2 Consolidamento in profondità47

Questo genere di intervento di consolidamento sarà necessario ogni volta che sia accertato il distacco delle superfici dipinte dal paramento murario di supporto.

La procedura prevede l’iniezione in profondità di miscele leganti facendo attenzione a non intaccare la superficie pittorica conservata. Ciò implica l’immissione della sostanza eseguendo, se possibile, piccoli fori nelle zone dove non è conservata la pellicola pittorica originale.

7.5.3 Consolidamento della pellicola pittorica48

Il consolidamento della pellicola pittorica consiste nell’applicare prodotti che rendano possibile una riadesione attraverso l’azione aggregante di sostanze (i c.d. adesivi) in grado di creare forze attrattive tra le due superfici in fase di distacco, stabilendo tra di esse un legame stabile. Per un’uniforme distribuzione dell’adesivo sulle superfici interessate, esso deve essere inizialmente trattato allo stato liquido o fluido al fine di garantire una capacità di infiltrazione nel tessuto murario tale da colmare tutte le irregolarità superficiali.

A seguito del processo di indurimento del legante, il prodotto si configurerà come uno strato solido che mantiene stabilmente unite le due parti. In sintesi, il prodotto consolidante deve presentare garanzie di durata nel tempo e, al contempo, di agevole

47 Ivi, par. CN dm. 2. 48

(26)

rimozione in caso di necessità; deve, inoltre, invecchiare senza dar luogo a prodotti secondari o alterazioni dello strato pittorico.

7.5.4 Astrazione cromatica

“Questa tecnica di integrazione risulterà particolarmente adatta nei casi in cui l’estensione consistente della lacuna non consentirà di dedurre e, quindi realizzare, il collegamento formale della mancanza al dipinto. Le tonalità dei colori (generalmente quattro: giallo, rosso, blu o verde e nero) da utilizzare dovranno essere dedotte dall’analisi da quelle predominanti sulla superficie dipinta. L’applicazione dei colori dovrà essere tale da consentirne sempre la loro identificazione. La prima stesura di colore (giallo) applicato con piccole pennellate verticali, dovrà essere molto fitta in modo da riuscire a coprire il bianco della stuccatura; il secondo colore (rosso) dovrà essere steso sovrapposto al primo in maniera inclinata; si procederà allo stesso modo con il terzo colore (verde o blu) e il quarto colore (nero).”49

La descrizione dell’intervento è chiara: esso si pone l’obiettivo di dare all’osservatore un’idea di insieme dell’opera pittorica seguendo i colori predominanti delle varie aree da recuperare; presa in dettaglio, però, la parte di nuova realizzazione risulterà non solo chiaramente visibile, ma anche priva di qualsiasi significato proprio [Fig.27].

7.5.5 Selezione cromatica

Quando si avrà a che fare con limitate estensioni delle lacune pittoriche da colmare, si potrà ricorrere a questo metodo di intervento che subordina la possibilità di ripristinare la sua parte mancante per mezzo del collegamento cromatico e figurativo attraverso stesure di colore in base alle cromie presenti sui bordi della lacuna [Fig.28].

49

(27)

7.6 Consolidamento dello strato corticale mediante impregnazione con consolidanti organici [Cv 1]

Il principio della capillarità sta alla base di questa procedura, attraverso la quale si può garantire un consolidamento corticale e al contempo profondo, così da migliorare le proprietà fisiche e meccaniche dell’elemento trattato.

Il prodotto scelto dovrà possedere una polimerizzazione non troppo rapida, così che, una volta penetrato per capillarità, possa espandersi per diffusione all’interno del materiale.

Come per la quasi totalità delle opere di consolidamento, anche quella in esame dovrà essere attuata a più riprese, in modo da garantire la saturazione dell’oggetto del restauro. È parimenti richiesta la preventiva pulitura della superficie interessata.

Questa tecnica è utile e di ampia diffusione poiché consente il trattamento di manufatti in pietra, legno, laterizio.

7.6.1 Consolidamento mediante impregnazione a pennello, tampone o rullo

La tecnica del consolidamento per impregnazione a pennello, tampone o rullo è probabilmente fra quelle di maggiore impiego all’interno della tipologia in commento.

La sua attuazione prevede l’esecuzione di stuccature per colmare le discontinuità del manufatto trattato per mezzo di iniezioni e colatura di miscela adesiva di polimeri acrilici o sintetici in soluzione.

Una modalità di esecuzione interessante è la stuccatura mediante leganti incolori misti a polvere ricavata dallo stesso materiale su cui si interviene.

7.7 Consolidamento dello strato corticale mediante impregnazione con consolidanti organici [Cv 1]

Questa tecnica sarà indirizzata al recupero di strati di intonaco distaccati dal supporto murario retrostante.

Appare evidente un simile intervento sarà valido qualora si intendesse, per varie ragioni, preservare lo strato di intonaco danneggiato; viceversa, nei casi in cui il livello

(28)

superficiale non presenti alcun valore storico-artistico, il ricorso ad azioni di questo tipo risulterebbe pletorico. Altra ipotesi è quella in cui, a seguito della storicità dello strato o come conseguenza della presenza di pitture, si rendesse assolutamente necessario il recupero: allora questa procedura si rivelerà particolarmente efficace.

L’inserimento delle miscele leganti dovrà avvenire attraverso piccole fessure presenti sullo strato distaccato più esterno, ma, in assenza di queste, si procederà alla foratura degli strati superficiali in modo da poter passare poi alla pulitura dei fori, all’iniezione di acqua deionizzata con lo scopo di creare dei canali nella parte retrostante e, infine, all’iniezione del legante a partire dai fori più in basso e procedendo verso l’alto.

Per favorire la riadesione della superficie d’intonaco sarà utile una compressione lieve, diffusa e più o meno costante della superficie da trattare.

7.8 Gli interventi protettivi per le creste dei muri [Mp 1]

7.8.1 Protezione delle creste dei muri [Mp 1]50

Interventi di questo tipo sono volti a preservare la sommità dei muri per mezzo della posa in opera di “superfici sacrificali” che andranno a coprire la muratura sottostante, impedendone, a proprie spese, il degrado.

Come per tutte le operazioni di restauro, anche questi interventi dovranno essere chiaramente individuabili e facilmente asportabili, il tutto senza causare danno alla struttura sottostante.

Il lavoro prevedrà alcuni steps:

- pulitura della superficie e rimozione di eventuali agenti infestanti che potrebbero causare problemi e disgregazioni;

- consolidamento della muratura, ove necessario stuccando eventuali fessure presenti per ottenere superfici quando più possibili unitarie e coese;

- inserimento dell’elemento di copertura (la scelta del materiale e della forma dovrà essere effettuata caso per caso).

50

(29)

7.8.2 Protezione delle creste dei muri con la messa in opera di malta e sassi

infissi51

La ricopertura delle creste dei muri con malta e sassi infissi è di facile esecuzione e di costo contenuto. Il lavoro consta di una prima fase, nella quale si ha la posa di una guaina impermeabilizzante sopra la cresta muraria da proteggere; sopra a questa verrà steso uno strato di calce idraulica (addizionata con prodotti antiritiro) all’interno della quale verranno infissi sassi o elementi in laterizio inglobati nella matrice. Lo scopo del loro inserimento è prettamente estetico.

Al termine si procederà all’applicazione del trattamento idrorepellente a protezione delle superfici esposte agli agenti atmosferici.

Questo intervento sarà impiegato a protezione della parte sommitale del muro di cinta e contenimento del convento di Nicosia.

7.9 Gli interventi protettivi per il legno

Nel complesso di Nicosia sono molte le parti strutturali realizzate in legno. In virtù della riqualificazione del convento, esse dovranno essere restaurate e controllate in modo da assicurarne la stabilità e da migliorarne l’aspetto.

Il lavoro di protezione degli elementi lignei si svolge in più fasi:

- carteggiatura di preparazione eseguita per mezzo di carte abrasive in modo da riportare al vivo l’elemento oggetto di intervento;

- otturazione dei porti eventualmente presenti all’interno del materiale previa verifica dell’assenza di eventuali insetti infestanti;

- impregnamento con olio di lino cotto;

- stuccatura a spatola del manufatto per correggere possibili anomalie;

- carteggiatura di livellamento ad umido e pulitura finale della superficie trattata.

Una volta eseguita questa procedura si passerà alla scelta del sistema di protezione da impiegare.

51

(30)

7.9.1 Trattamento con prodotti vernicianti [Lp 1]

I sistemi di protezione del legno per esterni si suddividono in vernici trasparenti e semitrasparenti. Le prime garantiranno una buona resistenza all’azione degli agenti atmosferici, ma si degraderanno piuttosto rapidamente se esposte al sole per lunghi periodi; le seconde, al contrario, assicureranno una migliore protezione e resistenza dai raggi solari, ma risulteranno deboli rispetto all’azione aggressiva delle precipitazioni.

La scelta di un metodo o dell’altro è subordinato alla collocazione spaziale degli elementi da trattare.

7.9.2 Altri trattamenti su elementi in legno

Altre procedure per la protezione del legno sono:

- Trattamenti con sostanze antitarlo, antimuffa e antifungo [Lp 2]: hanno lo scopo di proteggere il manufatto dalla disgregazione dovuta all’azione degli organismi infestanti.

- Disinfestazione del legno [Lp 3]: una volta individuato la tipologia di insetto responsabile dell’infestazione saremo in grado di utilizzare gli opportuni prodotti per debellare il parassita e bloccare il degrado del manufatto ligneo. - Trattamento con sostanze ignifughe [Lp 4]: hanno la funzione di prolungare i

tempi di propagazione della carbonatazione; tali sostanze non dovranno produrre gas tossici in caso di incendio né corrodere in alcun modo le eventuali parti metalliche.

7.10 Applicazione di intonaco macroporoso

L’utilizzo di questa tipologia di intonaco ad elevata porosità permette di aumentare la velocità di evaporazione dell’acqua ed è pertanto utile a contrastare fenomeni di umidità di risalita su murature fuori terra.

Le fasi di esecuzione di questo lavoro sono le seguenti:

- asportazione del vecchio intonaco per circa un metro al di sopra della zona umida;

(31)

- pulitura della superficie da trattare da tutte le parti incoerenti e da corpi estranei;

- lavaggio con acqua per favorire la fuoriuscita di eventuali sali nocivi;

- riempimento di eventuali cavità con intonaco macroporoso per livellare la superficie parietale;

- applicazione dell’intonaco macroporoso per uno spessore di almeno 2 cm. Questo sistema dovrà essere accompagnato dall’eliminazione o quanto meno dalla riduzione della causa del fenomeno di infiltrazione.

7.11 Formazione di barriera chimica idrofobizzante [Mp 3]

Questa procedura permette di interrompere l’espansione dell’umidità da infiltrazione trasmessa dalle parti interrate del fabbricato attraverso uno sbarramento di natura chimica.

Ciò che permette la formazione di questa barriera contro la risalita capillare dell’acqua è un processo di impregnazione di una fascia di muratura per mezzo di prodotti idrofobi.

Si procederà alla perforazione della muratura a più livelli sfalsati a quinconce, così da avere una maglia triangolare. Una volta eseguiti i fori si inietterà la sostanza idrofobizzante al loro interno e sino alla saturazione dell’apparecchio murario trattato.

Il trattamento protettivo delle murature è una pratica mediamente invasiva: pertanto, dovrà essere scelta solo nel caso in cui non siano possibili altre strade per ridurre gli effetti di risalita capillare dell’umidità.

Nel caso specifico di nostro interesse, si farà uso di questo sistema in corrispondenza delle murature esterne del livello più basso, a patto che non si riesca a ridurre il problema già a seguito della pulitura dalla macroflora che attacca in maniera massiccia tali strutture.

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