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CASARSA la prossima settimana due appuntamenti teatrali: LUCIDO dispregelburd e LA FESTA DEL PARADISO di Leonardo

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Academic year: 2022

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CASARSA la prossima settimana due appuntamenti teatrali:

LUCIDO diSpregelburd e LA FESTA DEL PARADISO di Leonardo

Il 2020 della stagione teatrale del Pier Paolo Pasolini di Casarsa, realizzata da Comune e Circuito ERT, inizia con due appuntamenti nell’arco di due giorni. Il primo, martedì 14 gennaio, avrà per protagonista un testo di Rafael Spregelburd, drammaturgo argentino già vincitore in Italia del Premio UBU.

Il suo Lucido sarà diretto e interpretato da Jurij Ferrini, attore e regista che il pubblico regionale ha potuto apprezzare nelle scorse stagioni nel Cyrano de Bergerac. Due giorni dopo, giovedì 16 gennaio, debutterà la rassegna Teatro Oggi 2020 – proposte di spettacolo contemporaneo. Al Pasolini andrà in scena La Festa del Paradiso, un progetto di Wunderkammer e Piccolo Festival dell’Animazione che ricostruirà, con musiche e animazioni video, l’omonimo spettacolo di cui nel 1490 Leonardo da Vinci curò le scenografie. La Festa del Paradiso sarà ospite venerdì 17 gennaio alle ore 21 anche del Teatro Zancanaro di Sacile.

Lucido è uno dei testi più recenti scritti da Rafael Spregelburd, artista di punta della nuova scena argentina. Il suo

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Lucido

teatro si è rivelato un’opera di richiamo internazionale che schiva qualsiasi moda o etichetta e gli ha valso numerosi premi, tra i quali due volte il Premio Ubu in Italia con Bizarra nel 2009 e proprio con Lucido nel 2011. Jurij Ferrini, interprete assieme a Rebecca Rossetti, Agnese Mercati, Federico Palumeri, lo presenta così: «Spregelburd parla di noi, di un’umanità che ha perso ogni contatto con il mondo reale e si diverte a mostrarci la sua antitragedia; è un autore capace di far ridere a differenti livelli, di nascondere il senso per tutto lo spettacolo per mostrarlo solo al momento opportuno, occultandolo tra significati provvisori, che poi in scena vengono continuamente smentiti. Per apprezzare nella sua interezza un’opera di Spregelburd occorre ridere, ridere molto, lasciarsi andare».

La Festa del Paradiso è uno spettacolo firmato da Andrea Lausi e Paola Erdas che unisce le musiche e la danza

Foto di Fabrizio Caperchi

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dell’epoca con ricostruzioni virtuali in tempo reale. Nel 1490 Leonardo organizzò la scenografia per un portentoso spettacolo – Festa del Paradiso – commissionatogli da Ludovico il Moro in occasione delle nozze tra Gian Galeazzo Maria Sforza e Isabella d’Aragona. L’ideazione prevedeva fanciulli travestiti da angeli e da pianeti mitologici posti entro nicchie che ruotavano attorno a Giove. Al posto delle stelle sfavillavano numerose candele che, riflesse da una superficie curvilinea dorata, creavano un bagliore accecante. Le qualità che l’umanista Paolo Giovio attribuisce a Leonardo («era maestro inventore d’ogni eleganza e singolarmente dei dilettevoli teatrali spettacoli») perfettamente rifulgevano nella Festa del Paradiso e potranno essere apprezzate, ancorchè virtualmente, in questo spettacolo.

Maggiori informazioni al sito www.ertfvg.it chiamando la Biblioteca di Casarsa (0434 873981) e il Teatro Zancanaro di Sacile (0434 780623).

Pistoia – Dialoghi sull’uomo 2020: ecco il tema della XI edizione

XI edizione, dal 22 al 24 maggio

Tema del 2020 è “I linguaggi creano il mondo: voci, suoni e segni per una nuova umanità”

Milano, 10 gennaio – Dopo il successo della X edizione, che ha chiuso il primo decennio di vita del festival con circa 200.000 presenze, torna dal 22 al 24 maggio 2020 il festival di antropologia del contemporaneo Pistoia – Dialoghi sull’uomo, promosso dalla Fondazione Cassa di

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Risparmio di Pistoia e Pescia e dal Comune di Pistoia, ideato e diretto da Giulia Cogoli.

Tema della XI edizione è: “I linguaggi creano il mondo: voci, suoni e segni per una nuova umanità” (www.dialoghisulluomo.it).

In programma tre giornate con circa 30 appuntamenti nel centro storico di Pistoia: incontri, dialoghi, letture, proposti con un linguaggio a c c e s s i b i l e a t u t t i e r i v o l t i a u n p u b b l i c o i n t e r e s s a t o all’approfondimento e alla ricerca di nuovi strumenti e stimoli per comprendere la realtà di oggi. Antropologi, filosofi, storici, scrittori e pensatori italiani e internazionali saranno chiamati a riflettere sul tema dei linguaggi. La comunicazione, verbale e non solo, è infatti alla base delle società umane, è indispensabile alla loro creazione, è funzionale al loro mantenimento, ne determina i cambiamenti e ne segna profondamente la specificità.

Attraverso la lingua noi definiamo il mondo che ci circonda, lo classifichiamo, lo descriviamo, diamo voce alla nostra fantasia, affermiamo la nostra identità. Il vocabolario che ognuno di noi utilizza è anche l’inventario degli elementi che la propria cultura ha categorizzato per dare senso al mondo in cui vive. Interrogarsi sul rapporto che esiste tra lingua e cultura, significa capire lo sguardo con cui ogni società umana guarda il mondo. A volte le lingue scompaiono, a volte ne nascono di nuove.

«C’è una lingua per comunicare» afferma Giulia Cogoli «Quella che tutti usiamo quotidianamente, c’è la lingua privata – quella dei sentimenti e degli affetti – e la lingua del pubblico, con le sue responsabilità, ma quella stessa lingua può essere modellata, forgiata da abili artigiani come i grandi scrittori e gli artisti hanno saputo e sanno fare, trasformando parole e segni in opere d’arte.

Ci sono le parole dell’odio e le parole dell’amore, perché i linguaggi uniscono o dividono, possono essere tradotti, ma a volte sembrano intraducibili, resta il fatto che non potremmo fare a meno di comunicare, pena la fine della nostra specie».

L’undicesima edizione dei Dialoghi si propone, con la consueta pluralità

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di voci, di compiere sia un viaggio nella Babele delle lingue, che nelle nuove forme di comunicazione, dalle lingue classiche al linguaggio dei social: come vogliamo e dobbiamo scambiarci idee e sensazioni per continuare a esistere?

Fin dalla prima edizione, Pistoia – Dialoghi sull’uomo ha riservato grande attenzione ai giovani e alle scuole, organizzando incontri per avvicinare i ragazzi al tema della manifestazione.

I cicli di conferenze per le scuole hanno riscosso un successo tale che l’organizzazione ha deciso di aprirli anche al pubblico adulto (con accesso libero previa prenotazione) e di renderli disponibili in streaming.

Il primo incontro del 2020 è in programma martedì 4 febbraio alle ore 11 al Teatro Manzoni, con l’antropologo Adriano Favole, consulente al programma del festival.

La conferenza, dal titolo “Dire e fare il mondo: tra antropologia e linguistica”, verterà principalmente sul rapporto tra società, lingua e cultura e sulla diversità linguistica e culturale tra gli esseri umani.

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La lingua trasmette diseguaglianze oltre che informazioni e sapere. Come abbiamo constatato anche negli ultimi tempi, la lingua può esprimere odio in senso profondo, ma è anche uno dei pochi strumenti di condivisione tra gli esseri umani. Gli antropologi hanno lavorato molto sul modo in cui il contatto culturale cambia i sistemi linguistici. L’intervento di Favole fornirà spunti etnografici rispondendo a domande importanti: perché alcune lingue divengono egemoniche? Cosa ha voluto dire nel contesto coloniale l’imposizione di lingue metropolitane a società locali?

Esistono lingue globali? I nuovi media sono un pericolo per la diversità linguistica, oppure possono favorire l’uso scritto di alcune lingue a tradizione orale? Come possiamo costruire insieme il mondo del futuro senza perdere l’incredibile ricchezza della diversità linguistica?

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L ’ i n c o n t r o è v i s i b i l e i n d i r e t t a s t r e a m i n g s u l s i t o www.dialoghisulluomo.it. Le classi collegate in streaming potranno inoltre dialogare o porre domande attraverso twitter usando l’hashtag

#DialoghiPistoia.

P e r p r e n o t a z i o n i p e r s o n a l i o d i c l a s s i : M a r t i n a M e l o n i – dialoghi@comune.pistoia.it – tel. 0573 371 611

dal 19 al 22 marzo 2020 “A colpi di tasto”: convegno internazionale di musica antica “Palazzo veneziano” di Malborghetto-Valbruna

MALBORGHETTO-VALBRUNA – È uno scrigno di storia e di cultura, il cinquecentesco “Palazzo veneziano” di Malborghetto- Valbruna. Varcare la sua porta significa intraprendere un

“viaggio” affascinante attraverso geologia, paleontologia, scienze naturali, storia ed etnografia, approfondendo, anche attraverso diorami e proiezioni di grande suggestione, aspetti riguardanti la Foresta di Tarvisio e le tradizioni, originalissime, antiche e vitali, frutto della convergenza delle tre grandi culture europee: quella latina, quella tedesca e quella slava. Proprio lì, dal 19 al 22 marzo 2020, saranno custoditi meravigliosi e antichi strumenti musicali.

L’occasione? Un importantissimo convegno internazionale di musica antica: “A colpi di tasto”. Nelle giornate dedicate, in tutto il mondo, alla musica antica, il Festival Risonanze riserva un’ampia manifestazione agli strumenti da tasto

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antichi e al loro repertorio. L’intero programma è disponibile su www.risonanzefestival.com .

IL CONVEGNO – Il convegno – organizzato con il contributo del Comune di Malborghetto–Valbruna, della Regione Friuli Venezia Giulia, di Promoturismo Fvg, Uti Canal del Ferro-Valcanale, Festival Risonanze, La Via della Musica – Progetto Interreg Strategia CLLD; con la collaborazione del Museo Carnico delle arti e tradizioni popolari di Tolmezzo – sarà aperto a docenti, studenti e appassionati di musica antica. La frequenza sarà gratuita, previa iscrizione obbligatoria. Oltre 18 relatori, provenienti da istituzioni musicali di tutto il mondo, si confronteranno sui temi più disparati legati alla musica da tasto del XVII e XVIII secolo. Sarà invece prevista una quota di iscrizione per le masterclass di strumento. «È un piacere ospitare in Valcanale “A colpi di tasto”, il primo convegno internazionale dedicato alle tastiere antiche – ha commentato Alberto Busettini, assessore alla cultura del Comune di Malborghetto-Valbruna e direttore artistico di Risonanze -. In questo lembo di terra stretto tra le Alpi Giulie e a ridosso del confine con Austria e Slovenia ci troviamo di fatto nel cuore della Mitteleuropa, lungo un crocevia di strade fulcro per secoli dello scambio musicale tra la penisola italica e i paesi dell’area tedesca. La Foresta di Tarvisio, unica in Europa per la sua biodiversità e ricchezza faunistica, custodisce il prezioso abete di risonanza che “dà voce” a moltissimi strumenti musicali come clavicembali, pianoforti, chitarre, violini e violoncelli: un numero sempre maggiore di liutai, italiani ed esteri, scelgono il nostro legno per la sua qualità, contribuendo a portare il nome della nostra valle nel mondo. E noi, attraverso il Festival Risonanze, riportiamo i musicisti assieme ai loro strumenti a suonare o discutere di musica proprio nella foresta, dove tutto ha inizio, dove la musica è silente e latente all’intero di alberi sempre verdi e maestosi. È un onore – ha concluso Busettini – poter ospitare concertisti di fama internazionale, docenti universitari ed esperti nel campo

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della musica antica a Malborghetto-Valbruna, nella sede del Palazzo Veneziano. Auguriamo a tutti un soggiorno sereno e giornate di approfondimento e confronto produttive. Siamo molto soddisfatti anche perché a due mesi dall’evento le masterclass sono al completo, abbiamo dovuto aggiungere ore per poter soddisfare tutte le richieste. Inoltre al convegno si stanno iscrivendo studenti da tutta Italia e dall’estero, oltre a docenti e professori di Università e Accademie di tutto il mondo. A oggi vantiamo iscrizioni da Cina, Norvegia, Austria, Usa, Francia, Belgio, Germania, Olanda».

STRUMENTI A DISPOSIZIONE – Per la quattro-giorni saranno diversi gli strumenti a disposizione. Due i pezzi originali:

un clavicembalo viennese (anonimo) di fine XVII secolo, custodito nel Museo Carnico delle arti e tradizioni popolari di Tolmezzo; e uno Square piano Longman&Broderip, datato 1789, della collezione Bartoccini. Due anche i clavicordi. Uno, copia di Fabio Rigali, replica di uno strumento anonimo di Norimberga, di fine XVII secolo; l’altro sassone di Joris Potvlieghe (2018). Quattro invece i Clavicembali: uno francese, copia da Goermans Taskin (1764 – 1783) dei Fratelli Leita; uno italiano, copia da Giusti (1681) dei Fratelli Leita; un secondo italiano, copia Grimaldi dei Fratelli Leita;

e un viennese, copia dell’anonimo, conservato al Museo Etnografico di Tolmezzo, dei Fratelli Leita. Ci sarà poi un fortepiano Walther, copia di Paul McNulty e un organo positivo a tre registri, di A. Zanin.

SCUOLE E STUDENTI – Il 21 marzo, dalle 11, è anche previsto un appuntamento dedicato alle scuole. Evento al quale parteciperanno i ragazzi dell’Istituto Omnicomprensivo di Tarvisio e che vedrà dialogare gli studenti con Andrea Buccarella e Teodoro Baù. A seguire invece è in programma una lezione guidata dal musicologo Alessio Screm che accompagnerà i giovani alla scoperta della viola da gamba, delle tastiere antiche, del repertorio dedicato a questi strumenti e dello spirito barocco dell’arrangiamento e della trascrizione per/da

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altri strumenti.

MASTERCLASS – In quanto alle masterclass (aperta a studenti di tutte le tastiere) la prima è in programma il 21 marzo, dalle 14 alle 19. Si comincerà con “Il clavicordo: sensibilità, tocco e intonazione” con Giovanni De Cecco e un repertorio settecentesco, da J. S. Bach al primo L. van Beethoven, con particolare attenzione all’area tedesca e iberica. Si proseguirà il 22 marzo (dalle 9.30 alle 13 e dalle 15 alle 18.30) con Francesco Cera e “Girolamo Frescobaldi: ulteriori riflessioni sulla sua musica per tastiera”, una masterclass nella quale si porrà particolare attenzione ai lavori clavicembalistici come i due Libri di Toccate e i Capricci.

EVENTI – In programma anche un evento aperto al pubblico. Il 21 marzo, alle 19, alla sala degli Affreschi, Claudio Mansutti della Fondazione Luigi Bon, Helga Pӧcheim della Via Iulia Augusta, e il musicologo Alessio Screm, discuteranno della strategia dei progetti europei Interreg CLLD come forma di dialogo e incentivo alla collaborazione tra istituzioni musicali trasfrontaliere.

CONCERTI – Il ricco calendario di “A colpi di tasto” prevede anche due concerti. Il 20 marzo, alle 21, nella sala dei concerti andrà in scena “La Follia del Fandango” (musica di A.

Scarlatti, D. Scarlatti, A. Soler, J. G. Pratsch) con Dubee S o h n ( p r i m o p r e m i o a l c o n c o r s o c l a v i c e m b a l i s t i c o internazionale Gianni Gambi) al clavicembalo e fortepiano. Il giorno seguente alla stessa ora la sala dei concerti ospiterà

“Reworkings” con Teodoro Baù alla viola da gamba e Andrea Buccarella al clavicembalo (su musica originale e trascritta di Johann Sebastian Bach).

INFORMAZIONI CONVEGNO E MASTER CLASS:

a c o l p i d i t a s t o @ g m a i l . c o m | www.risonanzefestival.com/acolpiditasto |

INFORMAZIONI PERNOTTAMENTO: Ufficio turistico di Malborghetto

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– Valbruna | 0428.64970 | info@visitvalcanale.it | www.visitvalcanale.it |

TEATRO COMUNALE DI CORMONS

‘L’anima buona di Sezuan’ con Monica Guerritore Giovedì 16 gennaio

Lo ‘L’anima buona di Sezuan’ sarà

il prossimo appuntamento al Teatro Comunale di Cormons, giovedì 16 gennaio, alle 21. Il testo di Bertold Brecht, nella traduzione di Roberto Menin, e avrà per protagonista Monica Guerritore, anche regista dello spettacolo, regia ispirata all’edizione del 1981 di Giorgio Strehler. Una produzione firmata da La Contrada e ABC Produzioni che vedrà in scena, accanto alla Guerritore, Matteo Cirillo, Alessandro Di Somma, Enzo Gambino, Nicolò Giacalone, Francesco Godina, Diego Migeni e Lucilla Mininno.

Nella capitale della provincia cinese del Sezuan giungono tre dèi alla ricerca di qualche anima buona e ne trovano solo una, la prostituta Shen Te, che li ospita per la notte. Il compenso

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Monica Guerritore

inaspettato per tale atto di bontà è una tonda sommetta, mille dollari d’argento, ossia, per Shen Te, la possibilità di vivere bene. Ma il compenso è accompagnato dal comandamento di continuare a praticare la bontà. La povera Shen Te apre una tabaccheria e si trova subito addosso uno sciame di parassiti, falsi e veri parenti bisognosi, esigenti fino alla ferocia, da cui è costretta a difendersi. Per farlo, una notte, si traveste da cugino cattivo, Shui Ta, spietato con tutti. A complicare la situazione però interviene l’amore…

Nell’ Anima buona di Sezuan – spiega nelle note di regia Monica Guerritore – c’è un piccolo popolo di abitanti di un luogo che è tutti i luoghi del mondo: essi appaiono come buffi, straniti e imperiosi ‘personaggi’ più veri e precisi che nel mondo reale. Nel mio spettacolo sarà forte l’influenza del mio Maestro: soprattutto nel concetto che l’essere umano s i r a p p r e s e n t a p e r c h é , attraverso la rappresentazione, qualcuno lo capisca, lo accolga, lo compianga e forse gli dia una soluzione finale. Nell’Anima Buona c’è tutta la tenerezza e l’amore per gli esseri umani costretti dalla povertà e dalla sofferenza a divorarsi gli uni con gli altri ma sempre raccontati con lo sguardo tenero e buffo di chi comprende. In

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questi anni durissimi solo il teatro può raccontarci dal di dentro, rendendoci consapevoli delle maschere ringhianti che stiamo diventando. Mettere in scena la meravigliosa parabola di Brecht risponde alla missione civile e politica del mio mestiere. Teatro civile, politico, di poesia.

Prevendite lunedì dalle 17 alle 19 e un’ora prima dell’inizio dello spettacolo.

C.L.

LA STORIA DI GIORGIO PERLASCA IN SCENA AL GIOVANNI DA UDINE MARTEDI 14 GENNAIO 2020

Perlasca. Il coraggio di dire no” sarà in scena martedì 14 gennaio 2020 con doppia recita: matinée per le scuole con inizio alle 10.30 e poi, alle 20.45, per tutti (pubblico in

palco)

Udine, 10 gennaio 2020 – Un eroe dei nostri giorni, una persona semplice e normale. È dedicato al commerciante italiano che in Ungheria, nel 1944, salvò oltre 5200 persone dalla deportazione lo spettacolo Giorgio Perlasca. Il coraggio di dire no, in scena al Teatro Nuovo Giovanni da Udine martedì 14 gennaio 2020 con doppio appuntamento: alle 10.30 in una matinée per le scuole e alle 20.45 (recita con pubblico in palco).

Protagonista sulle tavole del palcoscenico e autore del testo è Alessandro Albertin, diretto da Michela Ottolini in un

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racconto travolgente, che suona come un avvertimento per tutti noi affinché restiamo uomini e donne liberi dall’orrore della guerra e dalle ingiustizie. Siamo a Budapest, è il 1944. Un commerciante di carne italiano, Giorgio Perlasca, è ricercato dalle SS perché ha rifiutato di aderire alla Repubblica di Salò. Ma in tasca ha un salvacondotto, una lettera che lo invita a rifugiarsi presso una qualunque ambasciata spagnola in caso di bisogno. È il suo cavallo di Troia: Perlasca si spaccia per un ambasciatore, sfodera un coraggio da leone, salva migliaia e migliaia di ebrei (ma non solo) perseguitati.

Di tutto questo, una volta rientrato in Italia, Perlasca non parlerà con nessuno, per decenni. Soltanto nel 1988, rintracciato da una coppia di ebrei ungheresi che gli deve la vita, la sua storia e quella delle tante persone che ha salvato dai campi di concentramento diventano di dominio pubblico. Ora il suo nome si trova a Gerusalemme, tra i Giusti fra le Nazioni, e un albero a suo ricordo è piantato sulle colline che circondano il Museo dello Yad Vashem.

“Davanti a qualcosa di terribile si può reagire in due modi:

c o m m e n t a r e l a c o s a , o p p u r e o c c u p a r s i d e l l a c o s a – spiega Alessandro Albertin nelle note di regia -. La prima soluzione è quella più comoda e ci conduce inesorabilmente al tasto “mi piace” di Facebook. La seconda soluzione è quella più scomoda, richiede coraggio ed eroismo. E umiltà. A commentare siamo capaci tutti. Per occuparsi di un problema e risolverlo, serve la volontà di farlo. Questa è la grande lezione che ci ha lasciato Giorgio Perlasca. E da qui siamo partiti per raccontare al meglio questa storia meravigliosa.

Lo facciamo con uno spettacolo semplice, senza fronzoli.

Affidandoci alla straordinarietà degli eventi e ad un’interpretazione che mescola tecnica ed emotività, accompagnandoci per mano alla scoperta di un capitolo della nostra storia che è necessario conoscere. In quanto italiani.

In quanto uomini.”

Perlasca. Il coraggio di dire no, in scena al Giovanni da

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Udine per la rassegna “Tempi Unici”, è prodotto da Teatro de gli Incamminati con il patrocinio della Fondazione Giorgio Perlasca. Luci di Emanuele Lepore.

Diplomatosi attore alla Scuola d’Arte drammatica Paolo Grassi di Milano, Alessandro Albertin ha lavorato, tra gli altri, con Gianrico Tedeschi, Andrée Ruth Shammah, Gigi Proietti, Alessandro Gassmann, Damiano Michieletto, Giuseppe Emiliani e Franco Branciaroli. È autore dei testi di Overlord Teatro.

Biglietteria del Teatro Nuovo Giovanni da Udine aperta dal martedì al sabato dalle 16.00 alle 19.00. Chiuso il lunedì e giorni festivi. L’acquisto dei biglietti è possibile anche online su www.teatroudine.it e www.vivaticket.it, nei punti vivaticket e alla Libreria Feltrinelli di Udine (Via Canciani), il venerdì mattina dalle 9.30 alle 13.00. Per info:

tel. 0432 248418 e biglietteria@teatroudine.it. Previste speciali riduzioni per i possessori della G-Teatrocard.

TEATRO NUOVO GIOVANNI DA UDINE

martedì 14 gennaio 2020 – ore 20.45 (pubblico in placo)

martedì 14 gennaio 2020 – ore 10.30 recita riservata alle scuole

PERLASCA. Il coraggio di dire no

scritto e interpretato da Alessandro Albertin luci Emanuele Lepore

regia Michela Ottolini

produzione Teatro de gli Incamminati

con il patrocinio della Fondazione Giorgio Perlasca E.L.

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LAMEZIA TERME: MOSTRA VIDE Viaggio Dell’Emozione Fino al 29 febbra

LAMEZIA TERME

Città: Lamezia Terme (Catanzaro)

Nome del Museo: Museo archeologico lametino Nome del reperto: Hydrìa di Cerzeto

Datazione: 380-370 a.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio nel mondo femminile tra realtà e mito

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L’Hydrìa è nota per il suo ricco apparato figurativo che rimanda con forza al tema del mondo femminile g r e c o . L e i m m a g i n i principali rappresentano scene di toilette e alludono alla sfera nuziale e alla preparazione per il primo incontro d’amore. Dopo un bagno rituale all’aperto presso una rocciosa fonte sacra, la protagonista, avvolta in un sottile abito trasparente e adorna di gioielli, si rimira allo specchio per verificare la conquista di quel potere di seduzione che le permetterà

di abbandonare lo status di adolescente per diventare finalmente sposa (in greco nymphe) e poi madre. Suggestiva è l’ipotesi di identificarla con la ninfa Terina, dea locale da cui i crotoniati trassero il nome della loro colonia, spostando il nostro viaggio dal mondo reale a quello dell’immaginario mitico.

COSENZA

Città: Cosenza

Nome del Museo: Galleria nazionale di Cosenza

Nome dell’opera: Riposo durante la fuga in Egitto, Francesco De Rosa detto Pacecco

Datazione: 1645 ca

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio come salvezza

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Il tema del viaggio, generalmente inteso come piacere di scoprire luoghi nuovi, è declinato, nel dipinto Riposo nella fuga in Egitto di Pacecco De Rosa, come “itinerario” indicato da Dio per la salvezza del suo Figlio unigenito: è così che la Sacra Famiglia, in fuga verso la terra straniera d’Egitto, scampa all’atroce strage di innocenti ordinata da Erode e trova un momento di pace. Il dipinto manifesta grande intensità di accenti e, per intelligenza emotiva, figura a pieno titolo nell’ambito del “naturalismo affettivo” messo a fuoco dalla critica per questa fase della pittura napoletana.

AMENDOLARA

Città: Amendolara (Cosenza)

Nome del Museo: Museo archeologico nazionale di Amendolara Nome del reperto: Aegyptiaca

Datazione: VIII-VII sec. a.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Un viaggio lungo rotte commerciali e scambi culturali nel Mediterraneo

Dalle terre d’Oriente alle coste della Sibaritide, navi mercantili di provenienza greca e fenicia trasportavano amuleti d’imitazione di tipo egizio, oggetti ritenuti magici poiché legati alle credenze della cultura faraonica della tutela, della fecondità femminile e della salute infantile.

Tali oggetti erano destinati all’aristocrazia locale e conservati per generazioni come cimeli. La loro presenza nell’area di Amendolara è una testimonianza inequivocabile degli scambi culturali che direttamente o indirettamente attraverso i commerci, ponevano l’antico centro preellenico tra gli scali delle rotte battute da naviganti lungo le coste del Mediterraneo.

SIBARI

Città: Cassano all’Ionio (Cosenza)

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Nome del Museo: Museo e Parco archeologico nazionale della Sibaritide

Nome del reperto: Pettorale in oro e argento Datazione: 599-575 a.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio degli Achei e la fondazione della colonia di Sibari

Ritrovato nell’area di Stombi, il prezioso oggetto faceva parte di un antico pettorale utilizzato probabilmente come ornamento per una veste rituale. Tale reperto riassume nella propria materia d’oro e argento e nella lavorazione decorativa, formata da coppie di palmette a sette petali contrapposte a fiori di loto, i fasti di Sybaris, la città fondata dagli Achei nel 720 a.C., che tra il VII e il VI sec.

a.C. conquistò, grazie alla sua floridezza, la supremazia sulle città di confine. Tale ruolo fu perduto dopo due secoli di splendore, quando decadde a seguito della dolorosa sconfitta infertale dall’esercito dei Crotoniati guidati dall’atleta Milone.

VIBO VALENTIA

Città: Vibo Valentia

Nome del Museo: Museo archeologico nazionale “Vito Capialbi”

Nome del reperto: Laminetta orfica di Hipponion Datazione: IV sec. a.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio nell’oltretomba

Piccole lamine d’oro databili fra IV e III sec. a. C. venivano create per essere seppellite insieme al defunto e per accompagnare la sua anima nel viaggio verso l’oltretomba.

Legate al culto orfico, tali laminette possono essere

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considerate delle vere e proprie istruzioni di guida sul percorso da seguire nel viaggio finale. Tra queste, quella di Hipponion è la più completa. Ritrovata sul petto di una donna, ripiegata quattro volte su se stessa, presenta un’iscrizione greca incisa su sedici righe. Grazie alle indicazioni descritte, l’anima, aiutata dalla dea memoria Mnemosyne non si sarebbe accostata alla prima fonte che avrebbe trovato lungo il cammino, la fonte dell’oblio, ma avrebbe proseguito fino alla fonte della memoria, da lì avrebbe pronunciato le sacre parole alle porte degli Inferi che l’avrebbero condotta finalmente nell’aldilà.

BOVA

Città: Bova Marina (Reggio Calabria)

Nome del Museo: Museo e Parco archeologico “Archeoderi”

Nome del reperto: Colonna miliaria proveniente dalla località Amigdalà

Datazione: 306-367 d. C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Strade per viaggiare, strade per dominare

A partire dal II sec. a.C., Roma, divenuta ormai una grande potenza, aveva sentito l’esigenza di costruire delle strade per agevolare i collegamenti al Sud; così nacquero la via Capua-Regium, meglio nota come via Popilia, e sulla costa ionica l’asse viario che collegava Reggio con Taranto. Lungo questi tratti, furono costruite delle stazioni di sosta (stationes) che permettevano ai viaggiatori di rifocillarsi e cambiare i cavalli. Uno di questi punti di sosta, denominato Scilleum o Sileum, secondo l’Itinerario Guidonense, era situato nella vallata del S. Pasquale, in località Deri di Bova Marina. Su questo sistema stradale si colloca la colonna miliaria monolitica di calcare granitico locale, frammentata alle due estremità, che conserva due iscrizioni contrapposte,

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indice del suo riutilizzo in età successiva, una con dedica all’imperatore Massenzio e l’altra agli imperatori Valentiniano e Valente.

GIOIA TAURO

Città: Gioia Tauro (Reggio Calabria)

Nome del Museo: Museo archeologico Metauros

Nome del reperto: Anfora di produzione calcidese Datazione: 550-500 a.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio nell’oltretomba: le necropoli di Mètauros

L’antica Métauros fu fondata dagli abitanti di Zancle (odierna Messina) per motivi espansionistico-commerciali e nel VI secolo a.C. passò sotto l’influenza della colonia magno-greca di Locri. L’intensa urbanizzazione del secolo scorso non ha permesso la conduzione di indagini approfondite ed in estensione nella zona di Pian delle Fosse, sede probabile dell’abitato antico: solo quelle condotte lungo la fascia litoranea hanno restituito numerosi dati di conoscenza della necropoli in uso tra VII e V secolo a.C. I ricchi corredi attestano anche gli stretti legami di Métauros con i centri di Mylae, Zancle e Rhegion. Da segnalare, l’anfora con scena di auriga su biga, una delle numerose testimonianze di produzione ceramica calcidese rinvenute nel corso delle indagini.

LOCRI

Città: Locri (Reggio Calabria)

Nome del Museo: Musei e Parco archeologico nazionale di Locri – Museo del territorio di Palazzo Teotino Nieddu del Rio

Nome del reperto: Modellini di ninfei e reperti dal Santuario di Grotta Caruso

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Datazione: dal VI sec. a.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio nel territorio ionico: tra elementi naturali e rituali

Gli antichi vedevano le risorse naturali come elementi vitali per la sopravvivenza della comunità e l’acqua, elemento rigenerante presente nei miti di fondazione della terra, occupa un posto importante anche in occasione di cerimonie sacre in luoghi di culto dedicati a diverse divinità. A Locri, la scoperta di Grotta Caruso che presentava alle pareti una serie di nicchie e un bacino lustrale raggiungibile attraverso sette gradini, ne è una chiara testimonianza. Vi erano venerate le Ninfe, legate tradizionalmente ai luoghi d’acqua, che sovrintendono ai riti prenuziali con il passaggio dalla condizione di fanciulla vergine a quella di sposa. Frequentato dagli inizi del IV sec. a.C. fino alla metà del II secolo a.C., il suggestivo luogo di culto ha restituito un ricco deposito votivo di terrecotte: modellini di grotte-ninfeo in terracotta, figurine femminili nude sedute, piccoli rilievi (erme) con le teste delle Ninfe.

MONASTERACE

Città: Monasterace Marina (Reggio Calabria)

Nome del Museo: Museo e Parco archeologico dell’Antica Kaulon Nome del reperto: I kadoi

Datazione: I sec. a.C. – I sec. d.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio nell’antica colonia di Kaulonía, tra mare e zona aspromontana I Kadoi erano particolari contenitori in terracotta utilizzati per la conservazione e per il trasporto della pece. E’ un rinvenimento abbastanza raro e non altrimenti documentato in Calabria che attesta come nell’antichità venissero sfruttate alcune delle risorse a disposizione. La città di Kaulonía,

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grazie alla sua localizzazione tra mare e zona aspromontana, offriva ai suoi abitanti e a quanti risiedevano nel suo territorio, la possibilità di procurarsi legname e pece, quella pece perfettamente conservata nei Kadoiesposti al museo, utilizzata oltreché per i fabbisogni quotidiani anche per uso commerciale. Va ricordato infatti, che il centro acheo era inserito nei circuiti commerciali marini dell’area mediterranea sia in età greca che romana.

SCOLACIUM

Città: Borgia (Catanzaro)

Nome del Museo: Museo e Parco archeologico nazionale di Scolacium

Nome del reperto: Reperti provenienti dalla Necropoli Sud-Est Datazione reperti: fine I sec. a.C. – I sec. d.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Ultra limina leti – Oltre le porte della morte. L’ultimo viaggio dei cittadini di Scolacium​

Le necropoli di Scolacium testimoniano l’importanza del centro.

Con la crescita economica e sociale della città si organizzarono e iniziarono ad estendersi anche le “città dei morti”. Le ricerche archeologiche hanno permesso di scoprire le diverse tipologie di sepolcri, dalle inumazioni alle tombe ad incinerazione, fino ai mausolei monumentali che, lungo le vie e sotto gli occhi dei cittadini, plasmavano la fisionomia del suburbio e erano uno dei punti di riferimento per i viaggiatori. Il contesto proposto per rappresentare l’ultimo viaggio proviene dalla necropoli sud-est, che ha restituito sepolture databili tra il I secolo a.C. e il IV secolo d.C.:

una tomba ad inumazione in cassone di mattoni e due urne cinerarie (in terracotta e in lamina di piombo) con i loro corredi, manufatti in vetro deposti insieme alla salma e alcuni oggetti rinvenuti fusi all’esterno delle tombe, in

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relazione ai rituali post mortem.

MILETO

Città: Mileto (Vibo Valentia)

Nome del Museo: Museo statale di Mileto Nome dell’opera: Turibolo in argento Datazione: fine XV sec. – inizi XVI sec.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Viaggio alla riscoperta di un artigianato locale

Proveniente dal Tesoro dell’antica Cattedrale, il turibolo è il vaso metallico utilizzato per bruciare l’incenso e diffonderne il profumo durante le celebrazioni eucaristiche.

Interrogare questo antico manufatto significa arretrare fino al XII secolo, al viaggio compiuto dall’abate Gioacchino da Fiore alla volta di Longobucco, sede di miniere in argento, per la fornitura di un calice. Tale notizia, ricavata dalla biografia del religioso, è stata di fondamentale importanza per stabilire l’esistenza e l’attività di una “scuola argentaria” nei pressi di Longobucco, e quindi collegare anche la realizzazione dell’incensiere di Mileto all’operosità di qualche officina locale e non già alla scuola napoletana. Il viaggio di Gioacchino da Fiore, quindi, è il viaggio alla riscoperta di un artigianato locale di lontanissime origini, ancora difficile da documentare, ma sicuramente esistito.

CROTONE

Città: Crotone

Nome del Museo: Museo e Parco archeologico nazionale di Capo Colonna

Nome del reperto: Parti di statue in marmo raffiguranti cavalli

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Datazione: secondo quarto del V secolo a. C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: La figura del cavallo come compagno di viaggio

Gli elementi equini esposti a Capo Colonna rappresentano parti considerevoli di gruppi statuari raffiguranti presumibilmente i carri delle divinità. Essi componevano l’apparato decorativo dei frontoni del grande tempio di ordine dorico eretto nel 475-460 a.C., di cui oggi si conservano le enormi fosse di fondazione del basamento ed una delle sei colonne del lato orientale, affacciata sul mare, che dà oggi nome al sito, Capo Colonna.

CROTONE

Città: Crotone

Nome del Museo: Museo e Parco archeologico nazionale di Crotone

Nome dell’opera: Museruola in bronzo

Datazione: seconda metà del IV secolo a.C.

Descrizione relativa al tema del viaggio: La figura del cavallo come compagno di viaggio

Si tratta di una museruola per cavallo che doveva fungere da offerta votiva all’interno del santuario collocato nell’attuale località Vigna Nuova. Tale santuario rappresenta uno dei principali luoghi di culto di epoca greca individuati in corrispondenza dell’antica area urbana. La scelta di un tema legato al cavallo vuole mettere in collegamento due musei che convivono nello stesso Comune, Crotone. Mezzo di trasporto sin dall’antichità più remota ma anche segno di prestigio sociale, il cavallo verrà raccontato in maniera da porre in risalto le sue varie funzioni nel corso della storia, con particolare riguardo alle peculiarità che lo mettono in relazione con le culture greca e italica pre-romana in genere.

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ISOLA DI CAPO RIZZUTO

Città: Isola di Capo Rizzuto (Crotone) Nome del sito: Le Castella

Nome dell’architettura: Fortezza di Le Castella Datazione: XIII – XVI secolo

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio tra terra e mare. Le Castella crocevia di popoli e di epoche

L’isolotto su cui sorge la fortezza di Le Castella è localizzato all’estremità orientale del golfo di Squillace.

Collegato alla costa da un sottile lembo di terra, realizza una suggestiva simbiosi scenografica tra architettura costruita e architettura naturale. L’impianto del XIII secolo, costruito su preesistenze di epoca greca, rientrava nella politica di difesa del litorale attuato dagli angioini all’acquisizione del regno meridionale. Gli aragonesi ne entrarono in possesso dalla fine del XV secolo, trasformando la fortificazione, della quale la torre cilindrica costituiva il nucleo originario, adeguata alle nuove esigenze di difesa contro le armi da fuoco. Intorno al 1520 nacque a Le Castella Giovanni Dionigi Galeni, meglio conosciuto come Uluç Alì Pascià, corsaro dal nome turco da cui deriva il nostro

“Uccialì” o “Occhialì”, figura esemplare per rappresentare il tema del viaggio come intreccio di relazioni, scambi, interazioni e migrazioni da sempre esistito nel mar Mediterraneo e in territorio calabrese.

GERACE

Città: Gerace (Reggio Calabria)

Nome del sito: Chiesa di San Francesco d’Assisi

Nome dell’architettura: Chiesa di San Francesco d’Assisi

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Datazione: fine XIII – inizio XIV secolo

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio nella spiritualità francescana

Importante esempio di architettura dell’ordine mendicante in Italia meridionale, la Chiesa, costruita tra la fine del Duecento e gli inizi del Trecento sui resti di un precedente edificio romanico, apparteneva ad un complesso conventuale di cui rimangono il pozzo e una parte del chiostro. Nonostante le trasformazioni di età barocca, conserva nelle sobrie forme la volontà di aderire ai dettami pauperistici dei suoi fondatori. Attraverso un monumentale portale trecentesco con decorazioni di ispirazione arabo-normanna si accede all’ampia aula rettangolare, coperta da tetto a capriate e illuminata da una serie di monofore.

Arricchisce l’interno il magnifico altare seicentesco a tarsie marmoree, che disegnano mirabili elementi paesaggistici, fitomorfi e zoomorfi, fra cui un grazioso uccellino che sembra evocare il messaggio del fraticello d’Assisi “Laudato sie mi’ Signore, cum tucte le tue creature”.

STILO

Città: Stilo (Reggio Calabria) Nome del sito: La Cattolica

Nome dell’architettura: La Cattolica Datazione: fine X – inizio XI sec.

Descrizione relativa al tema del viaggio: Il viaggio nella spiritualità bizantina

Inserita in un suggestivo contesto paesaggistico, la Cattolica di Stilo è il monumento simbolo della Calabria bizantina. Di esigue dimensioni, è impostata su una pianta a croce greca inscritta in un quadrato con tre absidi orientate. L’interno è suddiviso in nove spazi da quattro colonne di spoglio e la luce vi filtra enfatizzandone la dimensione mistica. Le pareti e le cupole sono affrescate con immagini sacre che per il culto bizantino rappresentano una “…finestra aperta sul mondo

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soprannaturale al di là del tempo e dello spazio”. Colpiscono i vibranti colori degli affreschi, tra cui quelli della scena dell’Annunciazione, in cui Maria nel momento del concepimento, divenendo “…cielo senza cessare di rappresentare la terra…”, permise il riavvicinamento tra il divino e l’umano.

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MOSTRA

VIDE Viaggio Dell’Emozione Fino al 29 febbraio 2020

Metropolis, il capolavoro di

Fritz Lang che nel 1929 creò

un nuovo immaginario nel

cinema di fantascienza

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Pochi film hanno lasciato un impronta così profonda nell’immaginario collettivo come Metropolis, del 1927, di Fritz Lang. Una pellicola costata una cifra iperbolica in quegli anni, che alla sua uscita costituì un fiasco commerciale che mise a rischio bancarotta la UFA, compagnia di produzione tedesca, destinata a diventare un organo della propaganda nazista. Ma il tempo ha reso onore a questo capolavoro del cinema.

La storia narrata è una distopia, che vede gli abitanti di Metropolis suddivisi in due categorie: i ricchi, che vivono una vita idilliaca rinchiusi nei loro maestosi palazzi, e i poveri, destinati a spaccarsi la schiena nei sotterranei della città, trascinandosi lungo un’esistenza miserevole.

Ma la stratificazione verticale della città del futuro è ancora più articolata: il creatore di Metropolis, Joh Fredersen, vive nell’edificio più alto e imponente dell’area urbana, l’immaginifica New Tower of Babel, mentre, nelle catacombe che si celano sotto la città dei lavoratori, avvengono delle riunioni segrete, nelle quali una giovane

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donna, Maria, esorta gli operai ad avere fede nella venuta di un mediatore, destinato a porre rimedio alle differenze di classe inumane esistenti nella città.

La città dei ricchi (a destra), sulla quale svetta la New Tower of Babel, e la città dei lavoratori (a sinistra)

Il figlio di Joh, Freder, rimane affascinato dalla figura di Maria, che ha l’ardire di fargli vedere le miserevoli condizioni dei bambini poveri, da lei portati negli immaginifici Eternal Gardens, dove il rampollo del creatore di Metropolis vive una vita dorata, in una sorta di harem ipertecnologico.

Ma Joh Fredersen sorveglia suo figlio, e quando si rende conto che esiste un pericolo per l’ordine costituito, non esita a rivolgersi a Rotwang, figura e metà strada tra l’alchimista e lo scienziato, chiedendogli di dare le sembianze di Maria e un robot da lui costruito, per incitare i lavoratori alla rivolta e giustificare in tal modo la loro repressione.

Le cose vanno in modo diverso da quanto calcolato dal padre, perché i lavoratori, distruggendo le macchine che li rendevano schiavi, provocano l’inondazione dei sotterranei e la distruzione della principale centrale energetica della città, mettendo a repentaglio l’esistenza della stessa Metropolis.

Alla fine ci sarà una riconciliazione tra Joh e i lavoratori, nella cattedrale della città, che vede suo figlio Freder nel ruolo di mediatore. Nel film vengono mescolate simbologie religiose e esoteriche, che convivono in un’ambientazione futuristica.

Rotwang: un nuovo immaginario per la scienza e lo scienziato

Il personaggio di Rotwang è particolarmente interessante,

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perché portatore di una nuova iconografia della scienza, destinata ad avere un duraturo impatto nel cinema di fantascienza successivo al capolavoro di Lang. Al di là dell’acconciatura scapigliata, destinata a caratterizzare la figura di innumerevoli scienziati nei decenni successivi, esso personifica il prototipo del mad doctor, che mette il suo sapere al servizio del potere e dei propri capricci personali.

Lo scienziato Rotwang

La sua casa-laboratorio è l’unica in Metropolis a non essere in stile moderno o futuribile. Sembra quasi un relitto di un passato ormai dimenticato. Si tratta di un piccolo edificio isolato, dal tetto spiovente, privo di finestre, la cui porta di ingresso è marchiata con la stella a cinque punte. Nel laboratorio, pieno di macchine dal funzionamento misterioso, c’è il robot creato dal genio di Rotwang, inizialmente progettato per dare una nuova vita a Hem, avvenente donna di cui lo scienziato è innamorato, ma che è morta nel dare alla luce il figlio di Joh.

Ma nei sotterranei della casa si nasconde anche un accesso segreto alle catacombe della città. In pratica la casa di Rotwang è una sorta di elemento di congiunzione tra il mondo ipertecnologico di Metropolis e la religiosità che ancora è ben viva nel sottosuolo, sia pure in modo non percepibile dai palazzi dei ricchi.

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L a c a s a - l a b o r a t o r i o d i Rotwang

Rotwang stesso è una figura ambigua, nella quale la convivenza tra scienza ed esoterismo trova la sua massima espressione nel film. È capace di costruire un robot utilizzando macchinari dal funzionamento incomprensibile, ma la sua dimora è piena di simboli esoterici. Non indossa un camice bianco, segno distintivo degli scienziati dagli anni trenta in poi, ma, come il successivo dott. Frankeinstein, ha un aiutante deforme.

Lo scienziato ha una mano finta, e si vanta di averla persa nel tentativo di creare l’uomo artificiale, il lavoratore del futuro. Quella della disabilità dello scienziato è un tema che ritornerà spesso nel cinema. Basta pensare a Serizawa nel primo Godzilla, del 1954, al dottor Stranamore del capolavoro di Kubrick, del 1964, o al Dr. Everett Scott in The Rocky Horror Picture Show, del 1975.

Disabilità che può essere vista come un problema nel gestire la conoscenza, e la responsabilità che da essa deriva. Ma è forse la separazione della scienza dal corpo sociale nel quale dovrebbe operare che costituisce l’origine del male. La casa- laboratorio di Rotwang è infatti senza finestre, e lo stesso inventore intima a Joh di lasciarlo solo, quando deve dare al suo robot le sembianze di Maria.

Il mad doctor realizza le sue creazioni mostruose chiuso nella solitudine del suo laboratorio, lontano dalle istituzioni che

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dovrebbero porre un freno alla sua attività. Lo stesso schema verrà ripetuto in innumerevoli film successivi a questa pellicola. Basta pensare a quanto accede in Frankenstein, di James Whale, del 1931, o al molto più recente Dr. Brenner, della serie Stranger Things, ormai diventata un cult. La scienza è positiva quando è al servizio della società, ma quando si isola, o lavora nell’ombra, genera mostri, che in genere si rivoltano contro il loro creatore.

Uno dei robot più famosi nella storia del cinema

Anche se molti sostengono che quello presente in Metropolis sia il primo robot nella storia del cinema, in realtà ci sono dei precedenti. Il primo è nel cortometraggio Gugusse et l’Automaton, purtroppo andato perduto, prodotto e diretto nel lontano 1897 da Gergoes Méliès, da molti ritenuto essere il vero padre della fantascienza cinematografica.

Il robot tra Joh Fredersen (a destra) e Rotwang, il suo creatore (a sinistra)

Nel 1921 viene poi girato L’uomo Meccanico, scritto, diretto e interpretato dal comico francese André Deed, meglio noto come Cretinetti. Oltre a essere uno dei primi film di fantascienza a essere stato girato in Italia, è il primo conosciuto dove si scontrano un robot buono e uno cattivo. Di questa pellicola esiste solo una versione di 26 minuti, restaurata nel 1992 dalla Cineteca di Bologna.

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Mentre questi due precedenti hanno lasciato poche tracce di sé, molto più duratura è l’impronta lasciata dalla creatura di Rotwang nel cinema di fantascienza contemporaneo. Basti pensare che la struttura fisica del celebre robot C-3PO (D-3BO nella versione italiana), personaggio dell’universo fantascientifico di Star Wars, è chiaramente ispirata alla creatura di Metropolis. Un robot che è stato presente in tutti gli episodi della saga di Guerre Stellari, dal primo fino all’ultimo, mediocre, Star Wars: l’ascesa si Skywalker, mantenendo viva nell’immaginario collettivo un’immagine che proviene dagli anni Venti. Potere del cinema.

C-3PO di Star Wars e il robot di Metropolis

In generale, nella fantascienza, esistono due strade tramite le quali l’uomo cerca di duplicare sé stesso o di creare nuova vita: quella meccanica e quella biologica. Il robot di Metropolis è l’antesignano più famoso della prima via, mentre quello più celebre della seconda è la creatura del dott.

Frankenstein. Entrambe le strade portano al baratro, quando vengono percorse in solitudine dallo scienziato, che si isola dalla società al cui servizio dovrebbe invece operare.

Qualunque sia la via scelta, bisogna sottolineare come la fantascienza sia di fatto un espediente narrativo per rendere

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giustificabile l’accadimento di fatti che la scienza ufficiale considera impossibili. Da questo punto di vista la fantascienza è alla fin fine un tipo di magia, tollerabile dall’uomo moderno. Un trucco che rende possibile la sospensione dell’incredulità da parte dello spettatore, che, davanti all’esposizione di qualche oscuro macchinario, decide di credere, almeno per la durata del film, che quanto sta vedendo sia verosimile.

In Metropolis, Rotwang conserva dei caratteri riconducibili al mondo magico-esoterico. Gli scienziati che lo seguiranno tenderanno a perdere questa componente, come accade solo quattro anni dopo nell’ormai mitico Frankeinstein di James Whale, del 1931, dove lo studioso indossa un impeccabile camice bianco, muovendosi in un laboratorio che molto deve all’immaginario creato da Metropolis.

Ma, in fondo, gli scienziati del cinema di fantascienza rimarranno sempre degli apprendisti stregoni e, se il film è fatto bene, rimarrà sempre un piacere perdersi nella narrazione, non importa quanto inverosimile possa sembrare la storia al di fuori della sala cinematografica. Magie del cinema!

Il 18 gennaio agli Alisei di Lignano Pineta per dare speranza ai bambini malati

Una serata benefica che unisce i costumi e il gusto tipico della Carnia all’atmosfera unica del mare, per portare lo spirito montano fino alle spiagge di Lignano Pineta che prenderà vita anche d’inverno con i colori degli abiti

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tradizionali carnici e i sapori della cucina di montagna. È questo l’obbiettivo degli organizzatori dell’avvenimento che si terrà sabato18 gennaio, dalle ore 19, nelle sale del Ristorante Alisei di Lignano Pineta, un locale sempre impegnato nel sociale e nella valorizzazione della città balneare. L’incasso derivato dalle specialità dolciarie sarà devoluto all’Associazione Genitori Malati Emopatici Neoplastici. “Quando non avrai più niente da dire vieni nei nostri boschi in Carnia, siediti e ascolta la loro pace, dopo vedrai quante cose avrai da raccontare!” Questa frase di R a f f a e l l a F e r r a r i , u n a d e l l e

organizzatrici dell’evento, riassume il tema della serata lignanese che vuole favorire il dialogo e la sensibilità nel sociale attraverso il gusto.

L’A.G.M.E.N. FVG è nata nel 1984 per iniziativa di alcuni genitori che, dopo la dolorosa esperienza della malattia subita dai loro figli, hanno deciso di impegnarsi affinché tutti i bambini che stanno percorrendo lo stesso cammino abbiano garantita dentro e fuori

l’Ospedale una qualità di vita migliore. L’A.G.M.E.N. si adopera affinché tutti i bambini possano essere curati nell’ambiente più idoneo e meno traumatizzante per loro e si incarica di migliorare gli spazi di degenza, le attrezzature sanitarie, l’informazione e di garantire l’aspetto scolastico e ludico-ricreativo. Inoltre favorisce la ricerca e lo studio nel campo dei tumori infantili e promuove, soprattutto con particolare attenzione all’aspetto psicologico e sociale, un’assistenza globale, non solo dei bambini ma anche del nucleo familiare sia durante la malattia sia a guarigione avvenuta.

E,L.

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Ritorna la Rassegna L’ENERGIA DEI LUOGHI 5° Edizione – 2°

Parte – dal 12 gennaio al 29 febbraio 2020 organizzata dall’associazione culturale CASA C.A.V.E di Visogliano

Prende il via dal Comune di Duino Aurisina (Ts), domenica 12 gennaio 2020, la seconda parte della Rassegna “L’Energia dei Luoghi” – 5° edizione” con importanti appuntamenti organizzati dall’associazione culturale CASA C.A.V.E di Visogliano, nei mesi di gennaio e febbraio, a Visogliano, Ceroglie, Sistiana, Cervignano del Friuli e a Gorizia con la grande mostra internazionale “EVVI UN’ALTRA PROSPETTIVA…“, ideata da Massimo Premuda e co-curata con Eva Comuzzi. La Rassegna si conclude sabato 29 febbraio, a Duino, con il Seminario NUOVE DIMENSIONI, aperto a tutti, a cura della fisica Marina Cobal, con importanti presenze internazionali del mondo dell’arte e della scienza.

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Il primo appuntamento della Rassegna

“L’Energia dei Luoghi” è previsto d o m e n i c a 1 2 g e n n a i o 2 0 2 0 , a l l o StudioMima di Visogliano n.1 con la sezione SUONI E VISIONI. Alle ore 18.00, è in programma l’inaugurazione mostra fotografica “La terra vista dalla terra – Lookdownart” del danese Steffen A.

A n d e r s e n , u n a r t i s t a c h e p o n e particolare attenzione alla luce e alla composizione delle forme e dei colori, ricercando sentimenti di meraviglia, mistero e fiaba in una nuova fotografia impressionista.

La mostra – visitabile sino al 19/01/2020 – dalle 18.00 alle 20.00 sarà accompagnata dall’intervento musicale della pianista Beatrice Zonta, una grande prova di sensibilità e abilità sull’antico Pokorni, pianoforte viennese, di fine Ottocento.

Alle ore 19.00, seguirà l’incontro ”La scienza di Leonardo Da Vinci: Platone all’incontrario” con il violoncellista Riccardo Pes e il fisico Fabrizio Cocetti, ricercatore dell’Istituto E.

Fermi di Roma e presso il CERN di Ginevra. L’evento è organizzato in collaborazione con l’associazione PianoFVG, nell’ambito del Progetto “Quaderni Leonardiani”. La lectio musicalis coniugherà la Musica, considerata da Leonardo sorella minore della Pittura, con il sapere della Scienza e d e l l a F i l o s o f i a . L ’ i n c o n t r o s a r à a c c o m p a g n a t o dall’installazione “Dodecafonia per il pianeta – Non sei mai troppo piccolo per fare la differenza” di Fabiola Faidiga e Madia Cotimboe sarà proiettato il video “Osserva” a cura di Federica Pagnucco, Sara Beinat, Matteo Sabbadini.

Presso lo Studio Mima, continuerà in settimana il programma di

“SUONI E VISIONI”, a cura di Beatrice Zonta, con i seguenti appuntamenti, sempre alle ore 19.00: Mercoledì 15 gennaio,

“Giovani pianisti” esibizione di alcuni allievi dell’istituto

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musicale Glasbena matica. Venerdì 17 gennaio,”Musica d’operetta e non solo…” con il soprano Daria Ivana Vitez.

Domenica 19 gennaio,“Artquiz“ indovinelli sull’arte e la cultura.

Pollicino del Teatro dell’Orsa in scena ad Arco, in provincia di Trento Il 12 gennaio

Una storia di coraggio, da una delle più belle fiabe di Charles Perrault: appuntamento imperdibile, per cuori di tutte le taglie, nell’ambito della rassegna Teatro a gonfie vele.

«Anche i più piccoli, alti come Pollicino, possono raggiungere grandi risultati. Basta avere un cervello fino, orecchie aperte, e grandi stivali fatati»: Bernardino Bonzanidel Teatro dell’Orsa cita un frammento di Pollicino, spettacolo di cui è protagonista, che sarà in scena domenica 12 gennaio alle ore 16.30 al Cinema Auditorium Oratorio ad Arco, in provincia di Trento, nell’ambito della rassegnaTeatro a gonfie vele.

«Pollicino è una storia che continua a parlarci di come, con la creatività e una buona dose di solidarietà, si possa uscire dalla povertà. Con questo spirito abbiamo voluto ideare e realizzare le scenografie e gli oggetti dello spettacolo»

aggiunge l’attore e scenografo Franco Tanzi «Tutto è stato creato con materiale di riciclo: legno, metalli, stoffe, materie plastiche, persino lampade. Alla materia destinata

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allo scarto e alla discarica è stata restituita un’anima e una funzione in grado di comunicare ancora emozioni».

«Una fiaba per vincere la paura, un sentiero di molliche di pane per entrare nel bosco, sapere chi siamo, essere forti anche quando siamo piccoli» conclude Bernardino Bonzani «Come Pollicino occorre ritrovare la strada di casa e, quando proprio non si può fare altrimenti, si deve trovare il coraggio di affrontare l’orco».

Il Cinema Auditorium Oratorio si trova in via del Pomerio 15 ad Arco (TN).

Posto unico non numerato € 4,00.

Prevendita biglietti: presso gli sportelli delle Casse Rurali del Trentino.

Orario biglietteria teatro: un’ora prima dell’inizio dello spettacolo.

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