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La responsabilità degli amministratori privi di deleghe - Judicium

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Donato Romano

La responsabilità degli amministratori privi di deleghe

1. Il fatto e l’argomentazione della Corte

La sentenza in esame1 conferma l’orientamento prevalente in dottrina e giurisprudenza prima della Riforma del diritto societario operata nel 2003, nel senso che deve ritenersi sussistente la responsabilità degli amministratori non delegati anche in relazione agli illeciti compiuti dagli amministratori e/o dagli organi delegati2.

Nel caso di specie, un amministratore non esecutivo di una società di assicurazioni è stato ritenuto responsabile per l’illecito consumato dalla Compagnia assicurativa amministrata che, in assenza della necessaria autorizzazione, aveva operato nel ramo “auto rischi diversi”.

Tale condotta aveva comportato l’irrogazione di una sanzione, da parte dell’Isvap, nei confronti della medesima società. Quindi, la società aveva intrapreso azione di responsabilità nei confronti degli amministratori e dei sindaci, che avevano ricoperto tali cariche nel periodo compreso tra il 1986 ed il 1989, chiedendone la condanna al risarcimento dei danni subiti in conseguenza di comportamenti dagli stessi tenuti in violazione dei doveri inerenti alle loro cariche.

Nelle more del giudizio di prime cure, la Compagnia era stata sottoposta a liquidazione coatta amministrativa ed il giudizio era stato riassunto dal commissario liquidatore.

Peraltro, il Tribunale di Milano aveva rigettato la domanda della società, ma la Corte territoriale, accogliendo l’appello del Commissario liquidatore, aveva condannato, tra gli altri, anche l’amministratore B.F., ancorché privo di delega, alla rivalsa di quanto dovuto dalla stessa Compagnia all' Isvap per le sanzioni irrogate a causa dell'esercizio non autorizzato di attività assicurativa nel ramo "auto rischi diversi".

Con la sentenza in esame, la Suprema Corte ha confermato la decisione della Corte di Appello di Milano, rigettando il ricorso del B.F. con il quale quest’ultimo lamentava la propria estraneità, sulla base del fatto che aveva ricoperto solo le funzioni di amministratore privo di deleghe, peraltro per un periodo di tempo limitato.

1 Cassazione civile, Sezione I, 27 aprile 2011, n. 9384, Pres. Proto – Rel. Mercolino - P.M. Carestia (concl. conf.) – B.

(avv. Manferoce) c. Alpi Assic. S.p.A. in Lca e altri (avv. Venturiello) (Conferma App. Milano, 11 giugno 2004).

SOCIETÀ – Società di capitali – Amministratori - Responsabilità – Mancato esercizio del dovere di vigilanza – Responsabilità dell’amministratore privo di deleghe - Limiti

“Gli amministratori non costituiscono soltanto l'organo cui è demandata l'esecuzione delle delibere dell'assemblea, ma svolgono anche una funzione propulsiva dell'attività di quest'ultima, oltre ad avere la gestione dell'attività sociale ed a poter compiere, nello svolgimento della stessa, tutte le operazioni che rientrano nell'oggetto della società. E' proprio la centralità del ruolo spettante agli amministratori a rendere ragione della riconducibilità alla loro condotta di un illecito commesso dalla società, non essendo immaginabile che lo stesso possa verificarsi senza l'apporto o comunque al di fuori del controllo dell'organo cui compete la gestione della società (nella specie, si era verificata una vistosa deviazione dell'attività assicurativa dai limiti segnati dalla disciplina del settore)

2 Cfr. Cass. Sez. I, 11 novembre 2010, n. 22911; Cass., Sez. III, 13 maggio 2010, n. 11643; 24 giugno 2004. n. 11751.

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La responsabilità del B.F. deriverebbe, secondo la Suprema Corte, (i) dall’inadempimento del proprio dovere di vigilare sul generale andamento della società, previsto ai sensi del secondo comma dell’articolo 2392, c.c., nel testo ante-riforma del 2003; e (ii) dal mancato esercizio della facoltà di far annotare il proprio dissenso nel libro delle adunanze e delle deliberazioni del consiglio di amministrazione, ai sensi dell’articolo 2392, comma 3, c.c.

In particolare, la Corte, in linea con la propria consolidata giurisprudenza, ha ribadito che il dovere di vigilanza, di cui al punto (i), permane anche nel caso in cui siano state delegate funzioni al comitato esecutivo o a singoli amministratori, salva la prova che i consiglieri non esecutivi, pur essendosi diligentemente attivati, non abbiano potuto in concreto esercitare la predetta vigilanza a causa del comportamento ostativo degli altri componenti del consiglio.

La Corte ha ritenuto, pertanto, che lo svolgimento dell’attività assicurativa in un settore diverso rispetto a quello individuato nel provvedimento di autorizzazione, non investendo singoli atti ma un intero ramo dell’attività sociale, costituisse un fenomeno di portata macroscopica, tale da non poter sfuggire all’attenzione degli amministratori sprovvisti di delega, indipendentemente dalla loro durata in carica, qualora gli stessi avessero adempiuto al proprio obbligo di vigilanza.

2. La responsabilità gravante sugli amministratori non esecutivi.

Come accennato, la pronuncia della Suprema Corte si pone in linea ideale di continuità rispetto alla propria consolidata giurisprudenza in tema di responsabilità degli amministratori deleganti correlata alla violazione della norma di cui all’art. 2392, comma 2, c.c.

D’altronde, nella precedente formulazione di tale articolo, gli amministratori avevano, tra l’altro, l’obbligo di vigilare, “con la diligenza del mandatario”, sul generale andamento della gestione della società e la violazione di tale obbligo comportava la responsabilità solidale di tutti gli amministratori3.

Tale responsabilità solidale si traduceva spesso, soprattutto nella giurisprudenza fallimentare, in una sostanziale responsabilità oggettiva per gli amministratori, che venivano ritenuti responsabili in ogni caso di inadempimento da parte degli organi delegati, a prescindere dalla propria colpa4. Analogamente, la giurisprudenza penale gravava gli amministratori non esecutivi della c.d.

“posizione di garanzia” che si traduceva di fatto in una responsabilità di posizione, provata con degli espedienti probatori che possono essere compendiati emblematicamente nella formula del

“non poteva non sapere” 5.

La Riforma del 2003 ha, invece, diversamente calibrato il regime di responsabilità degli amministratori non esecutivi.

Il legislatore ha, intanto, recepito a livello normativo le differenze pratiche che, nella generalità dei casi, sussistono all’interno dei Consigli di Amministrazione tra i diversi tipi di amministratori. Nella pratica, infatti, solo gli amministratori delegati gestiscono gli affari della società, mentre i

3 Sul punto la letteratura è sterminata, basti citare F. BONELLI, La Responsabilità degli amministratori, in Trattato delle Società per Azioni, a cura di G. E. COLOMBO e G. B. PORTALE, Torino, 1991, IV, 323; F. DEVESCOVI, Controllo degli amministratori sull'attività degli organi delegati, in Società, 1981, 93; O. CAGNASSO, L'amministrazione collegiale e la delega, in Trattato delle società per azioni, cit., IV, 308; A. BORGIOLI, La responsabilità solidale degli amministratori di società per azioni, in Società, 1978, 1075.

4;F. BONELLI, Gli amministratori di s.p.a. dopo la riforma delle società, Milano, 2004, 159.

5 F. CENTONZE, La Suprema Corte di Cassazione e la responsabilità omissiva degli amministratori non esecutivi dopo la riforma del diritto societario,Cass. pen. 2008, I, 109.

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consiglieri non esecutivi sono poco più che comparse nella scena societaria, chiamati a partecipare alla vita societaria molto raramente, spesso nei soli casi prescritti dalla legge e dallo statuto 6. Il legislatore, nel 2003, ha voluto codificare queste differenze tra i compiti e le funzioni delle due diverse figure di amministratore e, di conseguenza, ha delineato un regime di responsabilità differenziato in capo agli amministratori delegati rispetto a quello degli amministratori privi di delega.

In particolare, la responsabilità degli amministratori senza deleghe è stata attenuata, mediante l’eliminazione dall’articolo 2392, comma 2, c.c., dell’obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione. Lo stesso articolo 2392, c.c., esclude, inoltre, la responsabilità solidale degli amministratori non esecutivi nel caso di inadempimento delle funzioni delegate ad uno o più amministratori ovvero al comitato esecutivo.

L’articolo 2381, comma 3, c.c., detta, altresì, una nuova regola in tema di vigilanza degli amministratori sull’operato degli organi delegati, stabilendo che il “generale andamento della gestione” deve essere valutato “sulla base della relazione degli organi delegati”.

Lo stesso articolo 2381, c.c., individua, infine, diverse categorie di obblighi specifici a cui sono soggetti, da un lato, gli amministratori deleganti e, dall’altro, gli amministratori e/o organi delegati.

Con le modifiche apportate agli articoli 2381 e 2392, c.c., il legislatore ha, dunque, inteso evitare le indebite estensioni della responsabilità solidale degli amministratori, alleggerendo in tal modo la

“posizione di garanzia” degli amministratori privi di deleghe, e restringendo la responsabilità gravante sugli stessi. Si sarebbe voluto porre fine alla prassi delle indiscriminate condanne solidali di tutti gli amministratori, accomunati in passato nel medesimo destino, a dispetto del fatto che essi ricoprissero ruoli molto diversi 7.

A seguito di tali modifiche, pertanto, in caso di presenza di amministratori e/o organi delegati, la responsabilità degli amministratori privi di delega sembrerebbe sussistere solo in relazione: (i) alle materie non delegate o non delegabili; (ii) alle materie che, anche se delegate, siano state portate ovvero avocate all’esame del consiglio; (iii) agli inadempimenti degli obblighi specifici previsti in capo agli stessi amministratori senza deleghe (ed in particolare, agli obblighi imposti ai sensi dell’art. 2381, comma 3); (iiii) all’ipotesi in cui essi, essendo a conoscenza di fatti pregiudizievoli, non hanno fatto quanto potevano per impedirne il compimento o eliminarne o attenuarne le conseguenze dannose (art. 2392, comma 2) 8.

3. I limiti dell’obbligo di cui all’articolo 2381, comma 6

6 F. ANTOLISEI, Manuale di diritto penale. Leggi complementari, a cura di Conti. 9° ed., Milano, 1998, 85.

7 Come si evince dalla stessa Relazione alla legge di riforma del diritto societario, par. 6.III.4 in cui si afferma che "la eliminazione dal precedente comma 2 dell’art. 2392 dell'obbligo di vigilanza sul generale andamento della gestione, sostituita da specifici obblighi ben individuati (v. in particolare gli artt. 2381 e 2392 c.c.), tende, pur conservando la responsabilità solidale, ad evitare sue indebite estensioni che, soprattutto nell'esperienza delle azioni esperite da procedure concorsuali, finiva per trasformarla in una responsabilità sostanzialmente oggettiva, allontanando le persone più consapevoli dall'accettare o mantenere incarichi in società o in situazioni in cui il rischio di una procedura concorsuale le esponeva a responsabilità praticamente inevitabili. Si tratta di un chiarimento interpretativo di notevole rilevanza, avuto riguardo alle incertezze dell'attuale prevalente giurisprudenza". Sul punto, F. BONELLI, Gli amministratori di s.p.a. dopo la riforma, cit., 160; A. ROSSI, La responsabilità verso la società, commento all’articolo 2391, c.c. in Il Nuovo Diritto delle Società, a cura di A. MAFFEI-ALBERTI, Padova, 2005, I, 805.

8 F. BONELLI, Gli amministratori di s.p.a. dopo la riforma, cit. 190.

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Innovando la precedente disciplina, la Riforma del 2003 ha introdotto l’obbligo per tutti gli amministratori di agire in modo informato, ex articolo 2381, comma 6, c.c. e, nello stesso contesto normativo, ha, altresì, previsto il potere-dovere degli amministratori privi di deleghe di chiedere agli amministratori e/o organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società.

Tali modifiche introdotte in tema di responsabilità degli amministratori non esecutivi e l’introduzione dell’obbligo di agire in modo informato e del dovere-potere degli amministratori di chiedere informazioni hanno posto notevoli dubbi esegetici.

Da un lato, infatti, si è paventato che tali modifiche potrebbero comportare un eccesso di de- responsabilizzazione degli amministratori non esecutivi9. Infatti, si è osservato che, una volta venuto meno l’obbligo di vigilanza generale sull’andamento della gestione, residuerebbe semplicemente –ex art. 2381, VI comma, c.c.- il potere per ciascun amministratore di “chiedere agli organi delegati che in consiglio siano fornite informazioni relative alla gestione della società”.

Evidentemente, se il flusso informativo non viene attivato, gli amministratori non esecutivi, per usare l’icastica espressione di Rossi, “potranno legittimamente restare convitati di pietra”, alla stregua di semplici figuranti, privi di qualsiasi competenza e di ogni responsabilità, ma continuando pur sempre a sedere “in comode poltrone beandosi della placida ignoranza dei (peggiori) fatti di gestione nella quale gli organi delegati scelgano di lasciarli” 10.

Dall’altro lato, si è paventato il rischio che gli obblighi di informazione equivalgano, di fatto, al preesistente dovere generale di vigilanza sulla gestione sociale, con conseguente ritorno alle indiscriminate condanne che hanno caratterizzato alcuni precedenti giurisprudenziali, così vanificando l’intento perseguito dal legislatore. Parte della dottrina è addirittura preoccupata che un’estensione non controllata dell’obbligo di agire in modo informato possa condurre ad un regime di responsabilità significativamente più rigido rispetto al sistema previgente 11.

Sennonché, le intenzioni del legislatore, che si condividano o meno, sono, tuttavia, chiare nel senso di (i) attenuare il regime di responsabilità degli amministratori non-delegati; (ii) escludere la possibilità di addivenire a generiche sentenze di condanna nei confronti degli amministratori non esecutivi; (iii) eliminare il dovere generico di vigilanza sull’operato degli amministratori e/o organi delegati.

Non sembra, perciò, persuasiva la tesi, pur sostenuta da autorevole dottrina, secondo cui la nuova formulazione dell’articolo 2392, c.c., non ha escluso il generico dovere-potere di controllo sugli organi delegati da parte dei deleganti 12.

Il dovere generale di vigilanza sulla gestione sociale è stato, infatti, eliminato.

Non sembra però corretto (né tanto meno auspicabile) neppure interpretare le novità legislative come fonte di de-responsabilizzazione totale degli amministratori non esecutivi. Il dovere generico di vigilanza è stato, infatti, sostituito con doveri a contenuto specifico, ai sensi dell’articolo 2381, commi 3 e 6, c.c. Peraltro, il parametro della diligenza non va più desunto per relationem dalle

9 A. ROSSI, op. cit., 807

10 A. ROSSI, cit., 807.

11 P. ABBADESSA, Profili topici della nuova disciplina delle delega amministrativa, in Il nuovo diritto delle società.

Liber amicorum Gian Franco Campobasso, II, Torino, 2007, 504.

12 In tal senso, P. MONTALENTI, Il nuovo diritto societario, 683; F. GALGANO, Il nuovo diritto societario, 2003, 257; M. SANDULLI, Commento sub art. 2392, in Commentario SANDULLI-SANTORO, 2003, 471.

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norme in tema di mandato, richiedendo la nuova disciplina che “gli amministratori devono adempiere i doveri ad essi imposti dalla legge e dallo statuto con la diligenza richiesta dalla natura dell’incarico e dalle loro specifiche competenze”. Come si legge nella Relazione alla legge di riforma, ciò “non significa che gli amministratori debbano necessariamente essere periti in contabilità, in materia finanziaria, e in ogni settore della gestione e dell’amministrazione dell’impresa sociale, ma significa che le loro scelte devono essere informate e meditate, basate sulle rispettive conoscenze e frutto di un rischio calcolato, e non di irresponsabile o negligente improvvisazione”13

I presupposti ed i limiti per l’affermazione della responsabilità in capo agli amministratori non esecutivi vanno, dunque, rintracciati fondamentalmente nel rispetto dei flussi informativi tra amministratori delegati e deleganti.

Evidentemente, gli obblighi specifici sanciti in capo agli amministratori non esecutivi sono tutti, in qualche modo, connessi con la gestione di tali flussi informativi.

Gli amministratori deleganti sono, infatti, tenuti a valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società, sulla base delle informazioni fornite dagli amministratori delegati. Sempre sulla base dei flussi informativi forniti dagli amministratori delegati, deve valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società. Gli stessi amministratori devono valutare il generale andamento sulla gestione, sempre sulla base delle informazioni predisposte dai consiglieri delegati, ed illustrate nella loro relazione. E’, infine, previsto l’ulteriore obbligo di esaminare i piani strategici, industriali e finanziari della società, ancora una volta preparati ed illustrati dai consiglieri delegati.

L’osservanza degli obblighi di valutazione da parte degli amministratori non delegati presuppone, pertanto, un corretto flusso informativo da parte degli organi delegati.

E’ però da escludere che sia legittimo creare una situazione nella quale gli amministratori delegati gestiscano la società, lasciando all’oscuro i consiglieri non delegati, i quali, a loro volta, si crogiolino nella loro ignoranza delle vicende societarie, senza alcun timore di eventuali profili di responsabilità, proprio grazie al fatto di non essere al corrente delle operazioni e degli atti di gestione compiuti dai delegati. Non è, infatti, ammissibile che il consiglio si spogli di ogni competenza ed i consiglieri deleganti diventino meri figuranti, senza alcun obbligo né alcuna responsabilità 14.

Anche gli amministratori non esecutivi sono tenuti ad agire in modo informato. L’ignoranza degli atti e delle operazioni compiute dagli organi delegati non potrà, quindi, essere addotta quale scusante, al fine di evitare ogni profilo di responsabilità. Occorre, pertanto, prevedere un flusso informativo costante da parte degli organi delegati nei confronti dei deleganti15, effettuato con scansioni temporali precise e adeguate, al fine di consentire facilmente di accertare se, nel caso concreto, gli amministratori abbiano avuto notizia di determinati fatti, ovvero avrebbero dovuto averne, qualora si fossero attivati a richiedere il rispetto dei predetti flussi informativi.

13 Relazione alla legge di riforma § 6.III.4.

14 B LIBONATI, Corso di diritto commerciale, Milano, 2009, 432.

15 B LIBONATI, cit., 432.

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Il dovere di agire in modo informato trova pertanto il suo contenuto ed i propri limiti proprio nel rispetto dei flussi informativi, previsti (preferibilmente) ai sensi dello statuto, ovvero in via suppletiva, ai sensi dell’articolo 2381, comma 5, c.c. 16.

Ogni amministratore non delegato ha, in primis, il dovere di analizzare e valutare le informazioni fornite dagli organi delegati. Deve, inoltre, pretendere il rispetto, da parte degli organi delegati, sia delle scansioni temporali previste in relazione alla fornitura delle informazioni, sia della completezza delle informazioni relative alle operazioni di maggior rilievo per la società. Infine, gli stessi amministratori non esecutivi devono attivarsi e richiedere agli organi delegati di fornire informazioni e/o integrare le informazioni già fornite ogni qualvolta queste apparissero illogiche, immotivate, insufficienti ovvero influenzate da conflitti di interesse 17.

Tali appaiono, pertanto, i limiti e le caratteristiche degli obblighi di informativa sanciti in capo agli amministratori non esecutivi. In estrema sintesi, da un lato, la responsabilità degli amministratori non esecutivi non potrà più fondarsi sulla generica violazione del dovere di vigilanza, sintetizzata nella formula del “non poteva non sapere”; dall’altro, il fatto che i delegati non abbiano spontaneamente fornito ai deleganti informazioni complete, accurate e sufficienti, non potrà, in ogni caso, valere quale esonero di responsabilità per gli stessi deleganti, potendo tale situazione ricondursi ad un inadempimento del dovere di agire in modo informato e del dovere-potere di richiedere informazioni, ex articolo 2381, comma 6.

Preme precisare, infine, che in relazione alla previsione di cui all’articolo 2381, comma 6, sono sorti dubbi significativi circa la legittimazione a richiedere informazioni. Secondo la dottrina maggioritaria, infatti, tale diritto non è individuale, ma spetterebbe all’intero consiglio di amministrazione. I singoli amministratori deleganti non possono chiedere informazioni direttamente ai dirigenti e non possono compiere atti individuali di ispezione e controllo presso le strutture aziendali, essendo questi poteri riservati al consiglio, che può esercitarli direttamente oppure delegando il loro esercizio ad uno o più dei suoi componenti o a comitati costituiti nel suo ambito, come il comitato per il controllo interno previsto dal codice di autodisciplina del Comitato per la Corporate Governance di Borsa Italiana 18. Appare, tuttavia, preferibile la tesi meno restrittiva, che, sulla base del dato testuale dell’art. 2381, ult. co., c.c. (“ciascun amministratore può chiedere agli organi delegati …”), afferma il carattere individuale del potere informativo dei consiglieri di richiedere informazioni 19, con correlato implicito potere ispettivo in caso di informazioni incomplete o reticenti. Tali informazioni verranno, naturalmente, fornite e condivise in consiglio, ma l’atto di impulso può provenire anche dall’amministratore uti singulus 20.

4 Conclusioni

La sentenza in commento, seguendo un iter argomentativo del tutto pacifico, perviene, come si è detto, all’affermazione della responsabilità dell’amministratore privo di delega per la macroscopica

16 Sul punto si veda N. CANESSA, Amministrazione e controllo nella società per azioni e nella società a responsabilità limitata, Padova, 2007, 26.

17 A. DE NICOLA, Commento sub art. 2381, in Commentario alla riforma delle società, a cura di F. GHEZZI, Milano, 2005, 128.

18 Così P. ABBADESSA, cit., 504; A. DE NICOLA, cit., 123.

19 N. CANESSA, cit. 26; V. SALAFIA, Amministratori senza deleghe fra vecchio e nuovo diritto societario, in Società, 2006, 292.

20 V. SALAFIA, cit., 292.

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violazione del dovere di vigilanza sulla gestione della Compagnia assicurativa, avventuratasi all’esercizio di attività in un ramo assicurativo diverso da quello per cui era autorizzata.

Sorge d’obbligo, tuttavia, la domanda su quale sarebbe stato l’esito del procedimento qualora si fosse applicata la normativa, come modificata dalla Riforma del 2003.

Pacificamente inutilizzabile il richiamo alla violazione del generico dovere di vigilanza, l’azione di responsabilità si sarebbe dovuta fondare sull’inadempimento degli obblighi specifici posti in capo all’amministratore delegante, ai sensi dell’articolo 2381, c.c.

Nel nostro ipotetico procedimento, l’amministratore, per risultare vittorioso, avrebbe dovuto dimostrare che (i) gli amministratori delegati non avevano informato il consiglio in merito alla decisione di operare in un ramo assicurativo, pur in assenza delle prescritte autorizzazioni e (ii) non erano emersi fatti, indizi e/o informazioni anche parziali circa le attività poste in essere in quel determinato settore assicurativo. Solo in tal contesto, infatti, avrebbero potuto trovare valida giustificazione l’ignoranza dei fatti e la mancata richiesta di informazioni.

Nel caso in esame, sembra, peraltro, veramente arduo riuscire a provare questi due elementi, stante il fatto che è difficilmente ipotizzabile un occultamento totale da parte degli organi delegati di tutta quella serie di operazioni, attività ed adempimenti connessi con lo svolgimento di un’attività assicurativa in un determinato ramo, fermo restando che, ad ogni buon conto, tali fatti sarebbero in ogni caso necessariamente emersi in occasione dell’approvazione del bilancio.

E’ plausibile, pertanto, ritenere che le ragioni dell’amministratore non esecutivo non avrebbero avuto maggior fortuna neanche se fossero state applicate le nuove disposizioni dettate dagli articoli 2381 e 2392, c.c.

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