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LESIONI TRAUMATICHE E DEGENERATIVE DEL PAZIENTE ANZIANO E LORO RIPERCUSSIONI MEDICO-LEGALI

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LESIONI TRAUMATICHE E DEGENERATIVE DEL PAZIENTE ANZIANO E LORO RIPERCUSSIONI MEDICO-LEGALI

Dr. Adriano Tango* - Dr. A. Agosti *- Dr. P. Comassi**

L’incremento della vita media, il miglioramento delle tecniche chirurgiche ed anestesiologiche oltre che dei sistemi di monitoraggio, fa sì che un numero crescente di soggetti anziani acceda ad interventi di chirurgia maggiore notoriamente gravati da un tasso di morbilità e mortalità postoperatoria rilevante.

Il concetto di rischio non si può tuttavia applicare al solo evento terminale.

L’affinarsi delle tecniche nel corso di pochi decenni ha per grande parte “strappato” alla storia naturale della malattia vite di Pazienti anziani.

L’evento fratturativo degli arti inferiori infatti fino a metà scorso secolo nella grande maggioranza dei casi conduceva all’exitus, ed in condizioni di sofferenza e di degrado della dignità individuale.

Ovviamente ciò non può significare una presunzione indiscriminata di successo “quoad vitam et valitudinem”.

Nella zona di confine, o meglio terra di nessuno, fra restituito ad intergrum e fallimento trova terreno la contestazione e l’eventuale procedimento legale.

* S.C. di Ortopedia e Traumatologia

** Servizio di Anestesia e Rianimazione Azienda Ospedale Maggiore di Crema

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2 L’insuccesso tuttavia non configura la colpa, soprattutto in una materia in cui come già detto aver forzato la storia naturale della malattia è di per sé un risultato positivo eclatante.

La terapia delle lesioni acute e croniche dell’Anziano, specie del grande Anziano, pone di fronte a decisioni a rischio di contestazione per la natura biologica stessa del Soggetto, fragile e ricco di peculiarità e per la particolare situazione operativa a volte praticamente priva di elementi di comunicazione e condivisione del programma, per motivi a seguito esposti a proposito dei limiti di validità del consenso informato nello specifico.

La fragilità dell’individuo tuttavia spesso non è disgiunta da inaspettate risorse, così da render conto della difficoltà decisionale in bilico fra astensionismo rassegnato e fiducia a volte temeraria. (Bib.1 - 2).

Come esperienza locale ci è stato contestato sia una presunto atteggiamento interventistico che il suo contrario, sia pur dopo ampi colloqui espositivi a più membri delle famiglie, e tuttavia proprio la scelta del giusto interlocutore resta un punto debole.

Data la peculiarità del Soggetto del trattamento indispensabile a questo punto una breve esposizione in primis il terreno biologico dell’Anziano in riferimento a fattori generali e fattori locali strutturali.

La maggior parte dei dati pubblicati sulle sequele fratturative dell’anziano in ogni modo correttamente trattate, si riferiscono alla frattura del collo del femore che per l’imponenza epidemiologica ed impatto e costi sociali ha particolarmente attirato

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3 raccolte di dati e riflessioni.

L’evento più tragico, quello terminale, si verifica entro il primo mese con una frequenza che tende a sfuggire alla nostra cosciente constatazione per sottostima, vuoi perché avviene “altrove” IDR, domicilio etc., ma forse anche per un sottofondo fatalistico.

Il dato ultimo americano parla di un 5,3 % (Bib 3).

Il controllo presso la nostra S.C. di Ortopedia e Traumatologia dell’A.O. Maggiore di Crema, richiesto dalla Direzione Sanitaria in quanto oggetto di progetto e quindi ufficiale, ha portato ad una rilevazione del 4,8 % per il 2005.

Un dato italiano a noi noto dalla letteratura (Bib. 4) risalente a venticinque anni fa’ pone il decesso per complicanze in una media fra il 5 e l’8% dei Pazienti.

E’ evidente quindi che il grande salto di qualità si è verificato nei due decenni antecedenti grazie al sistematico trattamento chirurgico delle fratture senili degli arti inferiori, osteosintetico o protesico che sia.

La inferiore rilevanza del successivo progresso sulla prognosi quoad vitam non lascia prevedere per il futuro ulteriori sostanziali variazioni delle attese di risultato.

Ben più pesante poi la situazione se riferiamo il dato alla sopravvivenza all’anno.

Ma quand’anche le cose fossero andate al meglio?

Il metodo valutativo QALY (quality adgiusted life year) dà un indice di efficienza di un fratturato d’anca di 0,40 nel primo anno e di 0,50 nei successivi, se sopravvissuto (Bib.

5).

Ora tutti questi dati portano a comprendere l’infido terreno su cui si muove l’Operatore.

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4 E’ sempre possibile infatti che l’indicazione o la tempistica di trattamento sia elemento di contestazione in relazione a qualità del risultato o sopravvivenza del Paziente.

Circa la chirurgia d’elezione il riferimento può essere fatto ancora all’anca circa gli interventi di protesica, data la frequenza di evento di gran lunga superiore a tutte le altre tipologie di intervento nella terza età.

Dall’analisi della letteratura non si evince una diretta correlazione età rischio: Perka et Al. da un’analisi su 426 casi anzi negano il rapporto diretto (Bib. 6)

Si afferma nello stesso lavoro inoltre che il pericolo non deriva dai fattori di rischio sospettati.

Il resto della letteratura non è perlomeno in disaccordo, mentre dubbio resta il ruolo del sovrappeso, protettivo per i su detti Autori contro l’opinione dei più (Bib. 7).

La discrepanza di evidenze in traumatologia ed in elezione è difficile d spiegare ma probabilmente ha una chiave di lettura nel tempo di preparazione del Paziente consentito nella seconda situazione.

La maggiore affidabilità di attesa di un fausto risultato in elezione riduce tuttavia lo spazio di tolleranza invocabile per “aleatorie evenienze”.

L’anziano il terreno biologico generale e valutazione prognostica.

È opinione comune che l’aumento del rischio perioperatorio nell’Anziano non debba essere attribuita al solo dato anagrafico, che viene riconosciuto come elemento indipendente di rischio (variabilità individuale), ma rappresenti la conseguenza

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5 inevitabile di due fattori determinanti: la naturale e progressiva riduzione delle riserve funzionali che si instaura già a partire dalla IV° decade di vita in avanti, da un lato, e la maggiore prevalenza delle malattie cardiovascolari e respiratorie che caratterizzano inevitabilmente il processo di invecchiamento, dall’altro.

Ai fini di una corretta valutazione del rischio perioperatorio e di una adeguata condotta anestesiologica, diventa fondamentale rilevare che, analogamente a quanto succede nell’età pediatrica dove il bambino non va considerato semplicisticamente come un piccolo adulto, l’anziano non deve essere ritenuto un “vecchio adulto” ma, al contrario, un soggetto che presenta problematiche particolari: in altri termini l’obiettivo fondamentale non deve tanto essere quello di individuare e quantificare la patologia del singolo organo, ma soprattutto quello di valutare globalmente lo stato delle riserve funzionali dei vari sistemi.

Il concetto stesso di riserva funzionale, infatti, assume valori diversi a seconda della fase di vita che si considera; mentre per l’adulto rappresenta una possibilità a cui ricorrere in situazioni di aumentato stress, nell’anziano, invece, rappresenta l’unica arma ancora disponibile per mantenere un equilibrio omeostatico potenzialmente già compromesso dal fisiologico processo di invecchiamento (Bib. 8).

In altri termini, nell’anziano eseguire una corretta stratificazione del rischio perioperatorio significa fondamentalmente eseguire una attenta valutazione dello stato globale delle sue riserve funzionali.

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6 Alla luce di queste premesse, ci si può chiedere quali possano essere considerati i target principali della valutazione preoperatoria nell’anziano

Valutazione preoperatoria anziano = valutazione delle riserve funzionali globali = valutazione di :

1. Stato clinico generale 2. stato nutrizionale 3. stato cognitivo

1) Stato clinico generale

Dopo i 70 anni si assiste ad una progressiva riduzione delle riserve funzionali, intese come un fondamentale e fisiologico margine di sicurezza a cui l’organismo ricorre per soddisfare le maggiori richieste imposte da fattori esterni: malattie, intervento chirurgico e convalescenza. Queste modificazioni fisiologiche legate all’età interessano tutti i vari sistemi funzionali, si verificano indipendentemente dalla sovrapposizione di malattie intercorrenti ed in assenza di fattori ambientali avversi.

La notevole variabilità individuale del processo di invecchiamento, oltre al diverso impatto che la comorbidità ha sui vari organi, rende pertanto estremamente difficile una stima quantitativa precisa sullo stato delle riserve funzionali dell’anziano.

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7 Ai fini di una corretta stratificazione del rischio perioperatorio, diventa pertanto indispensabile avere a disposizione dei target clinico-funzionali di riferimento che ci consentano una globale valutazione di quello che potremmo definire come il Performance Status del Paziente anziano, vale a dire quello stato di effettiva capacità funzionale che caratterizza il suo reale stato di salute.

In altri termini, come si può valutare nell’anziano che si deve sottoporre ad intervento chirurgico il suo stato di salute, le sue riserve funzionali cardiorespiratorie ed il suo reale stato di autonomia ?

Più di 60 anni fa, l’American Society of Anesthesiologist (ASA) propose una classificazione dello stato fisico di salute con l’intento iniziale di descrivere le condizioni preoperatorie del paziente al fine di ottenere un utile strumento di interpretazione dei dati della ricerca in campo anestesiologico.

In realtà, da allora una lunga serie di studi ha dimostrato come questo semplice sistema di valutazione della comorbidità del paziente sia in realtà un buon indicatore della mortalità perioperatoria; in altri termini, è stato evidenziato come le curve di mortalità postoperatoria siano ben correlate ai gradi più alti della classificazione ASA e che un tale comportamento risulti sovrapponibile nell’adulto come nell’anziano, dimostrando così che la comorbidità, piuttosto che l’età anagrafica, sia un alto predditore dell’outcome del Paziente chirurgico.

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8 Anche le recenti Linee Guida del rischio perioperatorio cardiovascolare stilate dall’ AHA/ACA, non attribuiscono all’età un ruolo primario e si basano invece sulla storia clinica del paziente, sullo stato delle sue riserve funzionali specifiche (cardiocircolatorie) e sul tipo di intervento da eseguire. Gli indicatori clinici predditori di rischio sono stati suddivisi in maggiori, intermedi e minori in rapporto al peso che hanno sul rischio di complicanze. Particolare attenzione viene posta allo stato fisico del paziente (anamnesi ed esame obiettivo) ed alla sua capacità funzionale espressa nei termini sostanziali di attività fisica che il paziente è in grado di compiere (riserva funzionale cardiaca). Attività che richiedono un elevato consumo di ossigeno espongono il paziente ad una maggiore incidenza di complicanze cardiache e più in generale ad una maggiore morbilità e mortalità postoperatoria. Secondo queste linee guida, la possibilità di sviluppare un consumo di ossigeno maggiore o uguale ai 4 MET consente di affrontare interventi a basso e medio rischio con sufficiente sicurezza e, sotto questo aspetto, l’età avanzata deve essere considerata un fattore di rischio minore se paragonato ad una patologia coronaria severa e ad una marcata riduzione della riserva funzionale cardiaca che renda alla fine il soggetto incapace di superare lo stress indotto dall’intervento chirurgico (Bib. 9).

Anche la riserva respiratoria può essere indagata con l’uso di scale di valutazione funzionale e di indicatori clinici di rischio che, unitamente all’anamnesi, ad un attento esame obiettivo e ad alcuni parametri spirometrici ed emogasanalitici, forniscono tutte le informazioni necessarie alla stima del rischio perioperatorio. Come per l’adulto, anche

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9 nell’anziano possiamo considerare come fattori clinici di rischio di complicanze respiratorie le seguenti condizioni: uno scadente stato nutrizionale (efficacia della pompa muscolare ventilatoria), la tipologia e la durata dell’intervento, la presenza di dispnea per le minime attività, un numero di crisi e/o un fabbisogno di farmaci aumentato, la sindrome da apnea notturna, elevati valori di PCO2, una riduzione del FEV1 ecc…Anche per la valutazione respiratoria, così come per quella cardiocircolatoria, è possibile inoltre disporre di alcune scale di valutazione funzionale che rapidamente forniscono un’attendibile stima del rischio di complicanze respiratorie oltre che dello stato funzionale del paziente; la scala MMRC (Modified Medical Research Council) è indubbiamente fra le più note in tal senso (Bib.10).

Numerosi studi, inoltre, sottolineano una evidente correlazione fra uno stato di anemia cronica e una limitazione delle capacità funzionali preoperatorie nei pazienti anziani, tanto da poter essere considerata come un forte predditore di morbilità e/o mortalità postoperatorie sia negli anziani che vivono in comunità sia per quelli ospedalizzati.

In questa popolazione la prevalenza dell’anemia comincia a salire regolarmente oltre i 65 anni per raggiungere i picchi più alti oltre gli 80. L’OMS definisce anemia una concentrazione di Hb <13 gr/dl negli uomini e < 12 gr/dl nelle donne. Recenti studi sulla difficoltà motoria nelle donne anziane hanno dimostrato come le più gravi limitazioni funzionali si verifichino proprio nella popolazione con valori di Hb < 12 gr/dl.

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10 2) Stato nutrizionale

Strettamente correlata al precedente aspetto, un’attenta valutazione dello stato nutrizionale del Paziente anziano risulta fondamentale ai fini di una corretta stratificazione del rischio perioperatorio.

L’importanza della malnutrizione nell’insorgenza delle complicanze postoperatorie, in particolare di quelle infettive, è ormai da tempo ampiamente documentata in letteratura, così come la sua stretta correlazione con la mortalità entro i 6 mesi nella popolazione di anziani ricoverati in ICU e trattati con supporto ventilatorio.

Fra i fattori di rischio dello stato nutrizionale più strettamente correlati all’outcome del paziente anziano che si sottopone ad intervento chirurgico, l’Indice di Massa Corporea e l’Albumina sierica sono, indubbiamente, quelli più evidenziati in letteratura.

Uno stato di malnutrizione, definito come un Indice di massa corporea (rapporto fra peso in kg e altezza in metri, al quadrato) < 20 è da tempo considerato come un forte predditore di mortalità postoperatoria negli anziani che vivono in comunità. Studi più recenti riconoscono simile significato anche ai bassi valori di Albumina sierica (< 3.3 mg/dl) che si è visto correlabile ad un peggioramento dell’outcome del paziente chirurgico a tal punto da ritenerla non solo come target di malnutrizione ma, più in generale, come indicatore aspecifico di un cattivo stato di salute (Bib.11).

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11 3) Stato cognitivo

La valutazione dello stato psico-cognitivo viene ad essere scarsamente considerata nella stratificazione del rischio perioperatorio dell’anziano, nonostante la letteratura riconosca al delirium post-operatorio una incidenza variabile fra il 10 ed il 60 % a seconda dei criteri diagnostici utilizzati Ciò rappresenta sicuramente un grave errore essendo ormai ampiamente dimostrato che la presenza di un decadimento dello stato cognitivo si accompagna spesso non solo ad un deterioramento delle condizioni generali e ad una aumentata comorbidità, ma altresì rappresenta un indubbio fattor prognostico negativo per l’outcome del Paziente anziano. Tale dato è ormai ampiamente documentato per la chirurgia ortopedico-traumatologica dove la prevalenza del delirium perioperatorio appare in genere più elevata rispetto a quella della chirurgia generale, sottolineando come lo stato di disorientamento psichico possa rendere difficoltoso o addirittura irrealizzabile il programma riabilitativo del paziente; nello studio di Brauer et al. 54 pazienti su 571 svilupparono delirium dopo interventi per frattura di femore (9,5%) ed il 61% di essi presentava più di un fattore di rischio per delirium.

Ai fini di una globale stratificazione del rischio nel Paziente anziano, la corretta valutazione dello stato psico-cognitivo non è dunque un aspetto di secondaria importanza e sempre più maggiore attenzione dovrebbe essere rivolta all’identificazione dei fattori di rischio per l’insorgenza di delirium che possono essere già presenti al momento del ricovero in ospedale. In tal senso una meta-analisi condotta da Elle et al.

nel ’98 individua come fattori di rischio la preesistente demenza (il 25% dei pazienti

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12 presenta questa diagnosi già all’ingresso e di questi oltre il 40% presenterà un aggravamento dello stato cognitivo), un’alta comorbidità, l’abuso di alcool, una limitazione funzionale con inabilità nelle ADL, il Na+ sierico alterato, il sesso maschile, la depressione, l’alterazione dell’udito e/o vista e la malnutrizione; lo stesso studio considera invece come fattori “precipitanti” per la comparsa di delirium post-operatorio la presenza di eventi clinici avversi, gli interventi di chirurgia maggiore, il ricovero in TI, la terapia con farmaci psicoattivi e la deprivazione di sonno, la presenza intra e post- operatoria di stati ipotensivi (ipossia cerebrale), febbre e/o ipotermia, squilibri metabolici, lo scarso controllo del dolore, il ricorso alla contenzione fisica ed alla cateterizzazione vescicale.

In modo più specifico, la diagnosi di disorientamento e/o alterazione pscico-cognitiva, nonché la stima della capacità psico-comportamentali del paziente geriatrico può comunque essere fatta con il ricorso ad alcune scale di valutazione come il Mini Mental State e la Neecham Confusion Scale, la Scala di Katz per le attività quotidiane e quella di Lawton per le attività strumentali (Bib. 12).

A conclusione di quanto esposto sullo specifico tema valutativo del rischio vita atteso possiamo dire che le alterazioni funzionali che caratterizzano il fisiologico processo di invecchiamento rendono inevitabilmente più problematica e particolare anche la stratificazione del rischio perioperatorio propria dell’anziano che si sottopone ad un intervento chirurgico e/o ortopedico-traumatologico in particolare.

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13 L’anamnesi e l’obiettività clinica, più che basarsi sulla stima quantitativa e strumentale dell’attività dei vari organi e/o sistemi, devono essere rivolte ad una valutazione funzionale globale del paziente geriatrico, in modo da ottenere l’immagine più fedele possibile del suo reale stato di performance funzionale oltre che dei possibili fattori che possono minare un così precario equilibrio omeostatico (Bib.13).

Peculiarità dello scheletro senile rispetto all’evento fratturativo

La frattura nell’Anziano è notoriamente un evento ad eziologia multifattoriale.

Forse pleonastico, ma meglio ribadire come la base strutturale sia nella fragilità del sistema scheletrico.

Questa a sua volta è storicamente attribuita a processi di osteoporosi, cioè rarefazione con diminuzione complessiva della massa minerale misurabile.

Negli ultimi vent’anni si va tuttavia facendo strada il più complesso concetto di bone quality, cioè perdita di massa sì, ma anche perdita di struttura, meno misurabile se non istologicamente.

Non tanto significativo quindi il contenuto minerale quanto l’architettura, l’interruzione di trabecole e l’inefficace orientamento dello scarso rigenerato.

Era del resto intuitivo: una condizione congenita nota come osteopetrosi è caratterizzata da aumento di massa e fragilità, del resto la fisica ci insegna che a pari massa una colonna piena “porta” meno di una cava.

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14 La multifatturialità dell’evento finale della degradazione del sistema locomotorio vede poi come componente prevedibile, e quindi prevenibili in certa misura, la facilità di cadute, anch’esso fenomeno multifattoriale (ambiente, farmaci etc.).

Ma qui comunque stiamo essenzialmente ragionando sulla maniera più rigorosa, meno oppugnabile quindi, di affrontare il problema a danno fatto.

La qualità dello scheletro va tuttavia considerata nella pianificazione di intervento e nelle attese di guarigione, perché le ingerenze di Consulenti tecnici e Giudici del tipo “se avesse optato” sono già tutt’altro che eccezionali.

Studi dedicati, della Associazione Italiana di Traumatologia ed Ortopedia Geriatrica in primis, tendono ad identificare soluzioni di trattamento specificamente dedicate all’Anziano con le sue peculiarità.

Pertanto man mano che la letteratura si arricchirà sarà possibile da una parte suffragare le proprie scelte con dati, ma d’altra parte l’allontanamento dai canoni rischierà di configurare imperizia.

Fenomeni quindi quali il cut out o il cedimento strutturale periprotesico (fig.1 e 2) potranno essere considerati o meno nel campo dell’insuccesso da complicanza aleatoria.

Lo scheletro senile non presenta tuttavia solo vulnerabilità.

Gli studi della stessa Associazione hanno permesso di smitizzare il concetto in base al quale osteoporosi sarebbe equivalente a processo di guarigione torpido (Bibl 1, 2).

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15 Che si trattasse proprio del contrario era stato già intuito da due Padri dell’Ortopedia, Zanoli e Goidanich negli anni 50 ed esposto nello storico, ma dimenticato lavoro “callo osseo nelle fratture del vecchio e del bambino” (Bibl. 13).

L’accostamento non è casuale: la capacità riparativa è poco appariscente ma esaltata, solo mal tollera le sintesi rigide, ed anche questo può essere motivo di contestazione della soluzione tecnica adottata, anzi lo è già stato in più evenienze.

Tutta una serie di complicanze possono essere poi legate a stati anergici del Paziente defedato, si pensi ad esempio ad una sepsi postchirurgica di un diabetico grave (Fig. 3), ad ematomi ed anemizzazione mal controllata di un piastrinopenico, ed anche qui l’ipotesi di prevedibilità e prevedibilità si gioca sul filo di lana.

La scelta non concerne solo l’attesa di guarigione dell’osso, ma anche l’attesa di collaborazione del Paziente che presenta nella gran maggioranza alterazioni cognitive spazianti dal disorientamento al delirio.

Da atti incongrui può dipendere il deterioramento del risultato (fig. 4, 5, 6, 7) ed in questo caso la contestazione può riguardare non solo l’operato tecnico ma la buona gestione di Reparto e Sala operatoria, coinvolgendo figure e responsabilità non solo mediche.

In questa carrellata si sono esposte difficoltà e non soluzioni ovviamente, soffermandosi fin’ora sull’aspetto traumatologico, di maggior impatto per frequenza, oltretutto dilagantemente crescente.

Ma in campo ortopedico?

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16 Dal punto di vista della risposta dell’osso osseo nella più comune situazione del protesizzato non vi sono sostanziali differenze: l’osteointegrazione è paragonabile alla riparazione di una frattura.

Il contenzioso può nascere sulla scelta o meno di cementare, soprattutto nel momento in cui l’ago delle preferenze va progressivamente verso la seconda soluzione anche in età avanzate, ma con letteratura amplissima a sostegno di tutto e del contrario.

Vi è poi l’evenienza di insorgenza di quelle complicanze comuni alla traumatologia già accennate, ma con un’aggravante: la situazione di elezione impone un’attenzione valutativa molto più accurata, ineccepibile contro possibili accuse di negligenza.

I limiti di validità del consenso informato nell’Anziano psichicamente deteriorato

L’argomento è stato tema della riunione AITOG in corso dei Lavori OTODI del Giugno 2005.

Nonostante la confluenza di Ortopedici, Medici legali, il Presidente AMAMI, Associazione preposta alla tutela dei Medici ingiustamente colpevolizzati e Magistrati, complice anche il tempo sempre carente destinato alla discussione, devo dire scarsi i progressi chiarificativi.

Il quesito sulla giusta condotta era da parte nostra a livello locale stato già posto all’Ufficio affari generali e legali dell’Azienda Ospedale che con apposita circolare chiarificatrice rispondeva esponendo tre situazioni tipo.

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17 In nessuna di queste ci sentiamo di configurare l’Anziano psichicamente deteriorato, che non è né un minore, né un interdetto, né un momentaneamente incapace.

Non ricorrono pertanto né le condizioni dell’articolo 54 codice penale e 35 codice deontologico, né 34 codice deontologico, tanto meno il 32 del codice deontologico.

L’articolo 82 sottolinea inoltre che il consenso dei prossimi congiunti non ha alcun valore.

Il codice sulla privacy non contiene inoltre normative che consentano una certa individuazione del familiare di riferimento per la comunicazione dello stato di salute (malattie pregresse o in corso) e rischio, anche a titolo non decisionale.

Nella nostra esperienza pratica non è stato eccezionale il verificarsi di contestazioni per rivendicazioni crociate fra familiari, mentre in caso di esito infausto vertenze quali spartizioni testamentarie possono certamente portare ad un inasprimento delle posizioni in una materia come esposto del tutto lacunosa di indicazioni.

Conclusioni

Dopo un’esposizione di problematiche sarebbe più corretto che parlar di conclusioni indicare una via percorribile per le soluzioni.

Il contenzioso, infatti, non giova a nessuno.

Negli Operatori mina alla base il desiderio di impegno terapeutico incondizionato per far posto ad atteggiamenti cautelativi che rischiano di andare,infine, a danno dell’efficienza terapeutica e del Paziente.

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18 Nell’Utenza la sfiducia serpeggiante nell’assoluto impegno assistenziale è ancor più pesante quando sono in gioco affetti fra più cari, i propri genitori.

Si aggiunga che una vertenza in materia, per quanto ben condotta ad equa soluzione non restituisce giustizia a nessuno.

Fatte queste considerazioni vediamo di evidenziare le peculiarità del problema di giudizio della corretta condotta terapeutica nel Paziente anziano.

Una corretta condotta terapeutica può essere giudicata solo in relazione a canoni (linee guida e protocolli) approvati in sede ed ispirati alla visione delle Società scientifiche.

Già negli anni sessanta Carter osservava che “Il trattamento delle fratture nel Paziente Anziano è differente” (Bib. 14).

Sfortunatamente tale affermazione nella stesura della pubblicazione non era seguita che da poche note esemplificative.

I canoni precisi di trattamento sono a tutt’oggi, possiamo dire, in corso di stesura; in altre parole l’Ortopedia geriatrica si sta avviando in questi anni ad essere una branca specifica al pari dell’Ortopedia pediatrica.

Per tale finalità il 14.6.96 nasceva l’Associazione Italiana Traumatologia ed Ortopedia Geriatrica (AITOG).

L’Associazione è costantemente impegnata alla comprensione delle peculiarità e codifica di specifiche metodiche di trattamento per il Paziente anziano, traumatizzato in primis per frequenza e rilevanza del problema, ma anche degenerativo o protesizzato, alla ricerca soprattutto dei limiti di indicazione.

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19 In tale lavoro sotto le sue già cinque Presidenze non è stato infrequente addentrarci anche in vertenze medico legali, specie su sollecitazione di Membri accusati di presunta malpratica.

Dall’esperienza fatta, oltre che dal vissuto professionale personale, ci siamo resi conto che, parafrasando Carter, oltre la cura anche la sostanza della vertenza è differente.

Nel Paziente ortopedico giovane – adulto, infatti, la contestazione sull’operato è accompagnata da una quantificazione di inabilità permanente presuntivamente derivantene.

Circa il Paziente anziano prevalgono i seguenti caratteri di accusa, con i dovuti distinguo fra procedimento civile e penale:

1. Manca in genere una quantificazione del danno in termini di postumi permanenti in quanto mal quantificabili e comunque non rilevanti rispetto ad aspetti più affettivi quali le pene subite o la perdita del congiunto.

2. L’accusa mossa a seguito di un epilogo infausto della malattia è più frequentemente quello di un atteggiamento del Terapeuta dilazionistico, visto come ipercauto o poco interessato, piuttosto che aggressivo ed imprudente.

3. Se l’azione legale è impiantata prevale l’aspetto penalistico. Più frequentemente tuttavia si assiste a forme di protesta presso gli organi istituzionali (Direzione sanitaria, URP fino ad organi di controllo della Sanità regionale) o, costume odioso, ad accuse a mezzo stampa, sapientemente velate in termini giornalistici

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20 da abituali “sembrerebbe … a quanto ipotizzabile” a scanso querele del Professionista o dell’equipe terapeutica generalmente ingiustamente accusati.

In tutto ciò la discrezionalità dell’eventuale Giudice del peso da dare ad un consenso informato come detto espresso da figure a ciò non abilitate, anzi documento che in particolari situazioni (vedi contenzioso ereditario) può aggiungere ulteriori elementi di accusa.

Come tutelarsi allora, ma soprattutto che direzione indicare per spegnere una tendenza all’incremento del contenzioso dannosa per il soggetto debole stesso: l’ammalato anziano.

La contestazione più frequente come detto è quella di intempestività di intervento.

Sulla tempistica di trattamento ideale vi è ormai chiarezza: indicazione in urgenza assoluta raramente ed in soggetti particolarmente brillanti con lesioni poco incidenti sullo stato generale, possibilmente mai d’altra parte oltre le trentasei ore.

Tuttavia nella pratica comune, nelle esperienze di Reparti ortopedici che hanno posto il rispetto di tale tempistica come obiettivo di un progetto, con successiva pubblicazione dei dati, si è assistito ad un risultato solo parziale, spesso il contenimento delle attese ha superato infatti le tre giornate di attesa.

Analizzando le motivazioni si trovano aspetti tecnici, o meglio di disservizio tecnico fra cui le due seguenti in primis:

1. La fragilità intrinseca del Paziente, la molteplicità di patologie preesistenti, porta ad un susseguirsi di richieste di parei specialistici ed esami, la cui ridondanza

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21 indica a nostro avviso il prevalere dell’aspetto autocautelativo o almeno poco decisionistico.

2. La Struttura per quanto indichi nell’ordine delle priorità il trattamento in primis delle lesioni acute senili va frequentemente in crisi di fronte a picchi di richiesta sempre più frequenti.

La soluzione in assoluto non è prevedibile ma due vie si possono indicare:

· L’istituzione di veri “Geriatric trauma center” il cui studio di fattibilità è già avanzato in molte realtà a cui il Paziente affluisca direttamente, non per trasferimento ed in cui i canoni di accoglienza, valutazione. riequilibrio delle condizioni generali ed esecuzione di intervento siano così ottimizzati da elevare le attese di risultato. La prospettiva di attuazione pratica non è ostacolata tanto da motivazioni economiche, i costi infatti nei grandi numeri si abbatterebbero, ma culturali. La cura in situazioni logistiche decentrate rispetto alla domiciliazione è generalmente accettata solo per l’alta specialità.

· Più modestamente anche in più piccole realtà l’istituzionalizzazione dei percorsi e la creazione dell’equipe valutativa, nella quale paradossalmente è proprio l’Ortopedico ad avere la minor rilevanza di giudizio.

Il secondo motivo generale di contestazione può riguardare, come anticipato, la scelta terapeutica fra le varie metodiche possibili.

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22 Va sottolineato come non sia infrequente nell’Anziano che il fallimento della guarigione della frattura inneschi una seri di complicanze tali da portare ugualmente all’exitus, ma con iter più penoso.

Anche in questo senso il cammino è tutto ancora in salita.

Mancano canoni “evidence based” di riferimento.

Basti un eclatante esempio: per il trattamento delle più comuni fratture dell’Anziano, le laterali del collo del femore, la metanalisi della letteratura mostra un pari numero di sostenitori per la sintesi con vite placca o con chiodo “gamma derivato”, salvo indicazioni assolute.

Alcuni errori sono comunque già evitabili seguendo alcuni principi a cui nello specifico un corretto trattamento deve rispondere:

1. Rispetto per la plasticità dell’osso senile e della protratta fase catabolica con predilezione quindi delle sintesi dinamiche.

2. Ricerca di una stabilità d’organo o funzionale primaria tale da consentire una rapida mobilizzazione

3. Valutazione della tenuta meccanica del segmento.

4. Principio di minor invasività.

Un compromesso fra priorità spesso contrastanti spesso tutt’altro che facile.

Per fare un esempio, la scelta di protesizzazione immediata d’anca anche in fratture laterali di collo femore contrasta con il principio 4°, ma concorda con il 2°.

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23 E’ evidente che c’è spazio in caso di contenzioso per ogni tipo di posizione da parte di periti di parte e tutte suffragate da ampia ed aggiornata letteratura.

Di fronte quindi all’opinione ancora individuale e materia di dibattito scientifico di fondamentale importanza l’aspetto comunicativo delle difficoltà in cui ci muoviamo e del piano terapeutico.

Non si tratta di archiviare consensi di dubbio valore, ma di fornire un’esposizione dettagliata a quanti più membri di famiglia contemporaneamente possibile, che esprimano il reciproco consenso.

L’esposizione sarà fatta quanto più collegialmente possibile dalle figure cointeressate alla cura, Anestesista in primis ma anche personale infermieristico, anche a scopo di cautela per eventuale reciproca testimonianza.

Al termine dell’incontro dovrà essere emersa chiaramente qual’è la storia naturale della malattia e quali sono i limiti di un trattamento che non è teso né ad una impossibile restituito ad integrum, ma al massimo ad un nuovo buon adattamento funzionale, né alla protrazione della mera sopravvivenza del Paziente, ma alla salvaguardia della dignità e qualità della vita residua attesa.

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24 Bibliografia

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2. A.Tango et Al.: Le inaspettate capacità osteogenetiche riparative delle fratture diafisaria di femore nella terza età. Lo scalpello Vol 7 Fasc 2-3, 283-2888, 1983

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4. L. Gui: Fratture e lussazioni. Gaggi Editore 1981

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Accademy 65

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26 FIGURE

Fig. 1 Caso di cut out da insufficienza strutturale del segmento per osteoporosi. Nessuna responsabilità dell’equipe terapeutica

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27 Fig. 2 Cedimento strutturale del bacino periprotesico da osteoporosi. Il cotile è stato cementato, tenendo quindi il rischio da osteoporosi in giusto conto

Fig. 3 Pseudartrosi settica in sintesi con chiodo bloccato con vite cefalica. Complicanza aleatoria ma evidenza di malposizionamento della vite. Evidenza di imperizia.

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28 Fig. 4 Lussazione di protesi cefalica d’anca al controllo in giornata di Trasferimento IDR

Fig 5 Nelle manovre di tentativo di riduzione incruenta sotto controllo ampliscopico evidenza della causa in una subsidenza dello stelo con conseguente ipometria e lassità.

Imperizia del chirurgo che aveva optato per una soluzione non cementata in rapporto all’età (sessantacinque anni) e non alla reale entità di osteoporosi da disuso in Paziente con pluripatologia pregressa.

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29 Fig. 6 Disassemblaggio di protesi biarticolare

Fig 7 Il riassemblaggio “su banco” non evidenzia difetti imputabili al produttore.

Probabile errore di assemblaggio dello Strumentista e di controllo dell’Operatore

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