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Capitolo IV

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Capitolo IV

L’attuale riforma della Rai

1. Obiettivi e necessità dell’intervento normativo

Il servizio pubblico radiotelevisivo affidato in concessione alla RAI trovava, prima dell’ultima riforma, le basi della disciplina negli artt. 45-49 del d. lgs. 31 luglio 2005 n. 1771 contenente il Testo Unico dei servizi di media audiovisivi e radiofonici. Il rispetto e la promozione dell’indipendenza del mezzo e della qualità del servizio rappresentano, pur nell’evoluzione più recente del quadro delle comunicazioni elettroniche e dei media audiovisivi, la bussola elementare su cui orientare ogni ipotesi di riforma di un servizio pubblico radiotelevisivo che aspiri a svolgere la sua missione entro la cornice di un regime democratico.

Un servizio pubblico che la stessa giurisprudenza costituzionale, seguendo nel tempo una linea di continuità, ha sempre considerato essenziale per la difesa e lo sviluppo della

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85 democrazia in chiave pluralista e pertanto necessariamente finanziabile attraverso risorse pubbliche, giacché tale servizio deve svolgere compiti informativi, formativi e d’intrattenimento non rispondenti a interessi di parte, bensì in grado di rispecchiare in tutte le sue componenti, la complessa realtà del paese2. Il pluralismo, ragione fondamentale d’esistenza del servizio pubblico, rischia, però, di essere limitato e di scadere in un sistema che non mette al centro il cittadino ma l’invadenza dei partiti3. L’intreccio tra Rai e partiti è ritenuto talmente inevitabile da essere spesso tollerato come un male minore ma non è così; la sua degenerazione, effetto collaterale di un sistema bipolare a grande frammentazione partitica, finisce per rendere difficile il funzionamento stesso dell’azienda.

La riforma del 2015 ha un’ispirazione fondamentale: mettere la Rai in condizione di competere nella tv del futuro, recuperando autonomia e diversità dalla tv commerciale, offrendo pluralismo e qualità da servizio pubblico. Il rapido processo di digitalizzazione nel settore delle comunicazioni, che avanza anche in Italia sia pur con qualche ritardo, sta imponendo importanti trasformazioni sul

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E. Cheli, Riforma del servizio pubblico radiotelevisivo e della governance della RAI, in Astrid, Roma, 28.11.2014.

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86 sistema dei media e sul sistema dell’informazione in particolare. L’evoluzione tecnologica sta determinando da un lato la frammentazione dell’audience fra diverse piattaforme di comunicazione, dall’altro l’affermazione di nuovi strumenti e di nuove categorie produttive4.

All’interno di questo quadro competitivo, la RAI, azienda alla quale è affidato in esclusiva il servizio pubblico generale radiotelevisivo, nell’ultimo triennio, ha subito una forte contrazione dei ricavi nonostante il canone rappresenta la fonte principale di ricavo. Si è verificata una riduzione del numero di abbonati paganti, una riduzione di nuovi abbonati e un aumento del fenomeno della morosità. A peggiorare il quadro prima descritto, analisi comparative svolte recentemente mostrano come la BBC sia esattamente il doppio del gruppo RAI in termini di entrate totali ma ha un costo del lavoro e un numero di dipendenti leggermente superiori; la remunerazione media dei dipendenti è più alta nell’azienda italiana rispetto a quella inglese5. Si rende pertanto necessario ridefinire la posizione strategica della concessionaria del servizio pubblico per risolvere quelle asimmetrie che caratterizzano

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AGCOM, Relazione annuale, 2014.

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87 la sua posizione: primato negli ascolti, forte evasione del canone e scarsa fiducia da parte dei consumatori.

L’intervento normativo si prefigge, a regime, un’azione regolatoria funzionale al recupero di efficienza dell’azienda del servizio pubblico e un suo migliore e più coerente posizionamento sul mercato dei servizi di comunicazione. Uno degli obiettivi principali è l’organizzazione aziendale con il miglioramento della

governance e il recupero d’efficienza attraverso l’accorciamento e

la semplificazione della catena decisionale e la chiara individuazione dei compiti operativi e delle responsabilità in capo all’amministratore delegato, che opererà su specifici piani e programmi finalizzati e quantificati. Altro obiettivo fondamentale è recuperare la certezza delle entrate ispirate a criteri di equità impositiva con il vantaggio per l’azienda e la collettività di poter contare su un nuovo sistema socialmente accettato e vincolante. L’insieme di queste azioni muove verso il miglioramento dei conti aziendali agendo sia sui ricavi sia sulle spese e aumenta, da parte dei fruitori del servizio pubblico, la percezione di qualità e affidabilità dell’informazione prodotta6. Questi obiettivi richiamano

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88 direttamente i vantaggi propri della mission dell’azienda pubblica, con particolare riferimento alla funzione educazionale e di elevazione culturale sia con riferimento a specifici target sia con riferimento alla collettività nazionale nel suo insieme.

Volgendo lo sguardo verso gli aspetti tecnico-normativi, la Legge di riforma contiene misure di rango primario che hanno l’obiettivo di rafforzare il ruolo collegiale del Consiglio dei Ministri nella definizione dei compiti del Servizio pubblico generale radiotelevisivo e dettare norme concernenti l’attività gestionale della RAI in materia di responsabilità dei componenti degli organi della Società, con semplificazioni procedimentali in materia di contratti e con norme di principio in materia di reclutamento del personale. È fondamentale disegnare un nuovo assetto della

governance più rispondente alle esigenze funzionali d’imparzialità

e correttezza dell’informazione del servizio pubblico radiotelevisivo e alle logiche imprenditoriali e aziendalistiche necessarie all’efficiente gestione delle risorse pubbliche; tale obiettivo è raggiunto da una parte con l’introduzione della figura dell’amministratore delegato e dall’altra con la previsione di un nuovo assetto più ridotto del consiglio di amministrazione,

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89 nominato con meccanismi che limitano ingerenze delle forze politiche o dell’esecutivo.

Questa legge costituisce, secondo le intenzioni del legislatore, il primo segmento della riforma dell’intero sistema radiotelevisivo: costruire il servizio pubblico del futuro significa porre le condizioni per una governance che accompagni la trasformazione della RAI da

broadcaster a media company, capace di essere presente e produrre

contenuti per tutte le piattaforme e che sappia tenere conto delle enormi trasformazioni che hanno attraversato il sistema dei media audiovisivi e radiofonici di questi anni7.

2. Riforma del consiglio d’amministrazione e nomina dei membri

Con la nascita della RAI8, il primo Consiglio d’Amministrazione era composto da sei membri, il Presidente e l’Amministratore Delegato, tutti di nomina governativa. Per circa

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Ufficio Documentazione e Studi Deputati Pd, Riforma della Rai e del servizio pubblico

radiotelevisivo, Dossier n. 110, 21 Ottobre 2015. 8

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90 trent’anni, la concessionaria del servizio pubblico radiotelevisivo ha vissuto un periodo di sostanziale stabilità poiché l’assetto descritto è rimasto immutato fino all’approvazione della prima legge organica di settore, la Legge 103 del 1975. Con il 1975 si fa invece sostanzialmente avvertibile un cambiamento di fondo delle culture politiche televisive, legato alle variazioni del grado di stabilità governativa, alla diffusione del mezzo televisivo, alla cultura organizzativa e individuale dei soggetti operanti nel sistema radiotelevisivo che ormai non sono più quelle riferibili soltanto alla concessionaria pubblica9.

La Legge 103 prevedeva la composizione del CdA in sedici membri con mandato triennale di cui sei, eletti dall’assemblea dei soci e dieci eletti dalla Commissione parlamentare bicamerale a maggioranza dei 3/5. La carica di consigliere non era compatibile con quella di parlamentare, di consigliere regionale, con appartenenza a società legate alla concessionaria o concorrenti con essa. Al CdA spettava la gestione della società, la nomina del Presidente, del Direttore Generale e aveva il compito di approvare trimestralmente lo schema dei programmi da svolgere nel trimestre

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V. Basili, Dirigere la Rai. Cinquantacinque anni di lottizzazione e managerialità, Bologna, Il Mulino, 2000, p. 197.

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91 successivo. Con il 1985 mutò il metodo di elezioni dei membri del Consiglio, infatti, la nomina di tutti e sedici i membri, fu affidata alla CPIV10 con i primi dodici eletti a maggioranza assoluta e i restanti quattro scelti fra quelli che non eletti ma che avevano ottenuto più voti.

La Legge 206/1993, nata dalle vicende politiche dell’anno prima11, apportò una riduzione del numero dei membri che divennero cinque, tutti nominati dai Presidenti delle Camere, fra persone di riconosciuto prestigio professionale e di nota indipendenza di comportamenti, che si fossero distinti in attività economiche, scientifiche, giuridiche, della cultura umanistica o della comunicazione sociale, maturandovi rilevanti esperienze imprenditoriali. Questo modello comportò un rafforzamento della figura presidenziale all’interno del Consiglio e questo fu tradizionalmente scelto fra le fila dell’opposizione parlamentare.

La Legge Gasparri, ultima grande riforma della RAI, prevedeva che il CdA fosse composto da nove membri con mandato triennale rinnovabile per una sola volta12: sette eletti dalla CPIV e

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Commissione parlamentare bicamerale di indirizzo e vigilanza sul servizio pubblico radiotelevisivo.

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Tangentopoli, crollo della Dc e totale sconfitta del Psi.

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92 due, tra cui il Presidente, eletti dal Ministro dell’Economia. La nomina del Presidente diveniva efficace dopo l’acquisizione del parere favorevole, espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti, della CPIV. In caso di dimissioni o impedimento permanente del Presidente o di uno o più membri, i nuovi erano nominati con le medesime procedure entro i trenta giorni successivi alla data di comunicazione formale delle dimissioni presso la medesima Commissione. La nomina del Direttore Generale provocò pesanti situazioni di stallo data la necessità dell’intesa tra il Ministro dell’Economia e il CdA. Questo aveva il compito di approvare il bilancio sociale, i piani editoriali di trasmissione e produzione, il piano finanziario e i contratti aziendali aventi carattere strategico oppure d’importo molto elevato. Con la Legge Gasparri il potere di nomina degli organi di governo della RAI si spostò dai partiti politici al Governo giacché era responsabile della nomina del Presidente e di uno dei membri; tutto ciò riduceva l’indipendenza strutturale della televisione pubblica.

Al fine di garantire lo snellimento del processo decisionale e una maggiore efficienza del sistema di governance, note dolenti della Legge Gasparri, con il conseguente generale contenimento dei

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93 costi operativi dell’azienda, l’attuale riforma della RAI, oltre a contenere varie modifiche di carattere ordinamentale riguardante il funzionamento degli organi societari, detta una nuova disciplina sul Consiglio d’Amministrazione13. Si riduce innanzitutto il numero dei componenti da nove a sette, quattro dei quali eletti in pari misura dalla Camera e dal Senato; i restanti tre membri invece, due sono designati dal Consiglio dei Ministri, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, uno invece è designato dall’assemblea dei dipendenti della Rai14. Queste nuove modalità di nomina dei membri del CdA assicurano la preponderanza dei membri di nomina parlamentare, coerentemente con i principi evidenziati nella giurisprudenza della Corte costituzionale.

Per i componenti eletti dalle Camere e dall’assemblea dei dipendenti della RAI sono previste specifiche procedure di selezione, che vorrebbero garantire un minimo di apertura e trasparenza nelle fasi di presentazione e di scelta delle candidature. In realtà, come si vede, l’impianto del sistema di nomina, a parte l’innovativa previsione del rappresentante dei dipendenti, è ancora una volta giocato sulla criticata dicotomia Governo/Parlamento,

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Servizio del bilancio del Senato, XVII legislatura, Maggio 2015, n. 85.

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94 nell’ambito della quale peraltro il peso dell’esecutivo è ulteriormente rafforzato. Sta di fatto che il governo e la sua maggioranza sono certi di nominare almeno quattro consiglieri su sette, grazie alla diretta designazione governativa di due consiglieri e all’elezione dei consiglieri espressi dalle Camere con voto limitato a un solo candidato15.

Quanto alle funzioni, il Cda continua a essere definito l’organo di amministrazione della società e continuano a essergli attribuite funzioni di controllo e di garanzia circa il corretto adempimento delle finalità e degli obblighi di servizio pubblico generale radiotelevisivo. Esprime altresì un parere circa le politiche del personale e sulla nomina dei direttori di rete, di canale e di testata, parere che in quest’ultimo caso diviene vincolante solo ove sia reso con la maggioranza dei due terzi16.

La riforma del 2015 ha innovato riguardo ai requisiti che devono essere posseduti dai consiglieri di amministrazione, opportunamente introducendo e potenziando le cause d’incompatibilità o decadenza. La nuova disciplina conferma, infatti, che deve trattarsi di persone di riconosciuto prestigio e

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O. Grandinetti, La Governance della Rai e la riforma del 2015, in Rivista Trimestrale di

Diritto Pubblico, fasc. 3, 2016, p. 13. 16

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95 competenza professionale, aggiungendo l’ulteriore requisito dell’onorabilità. Tale condizione viene poi concretamente declinata prevedendo che non possano essere nominati consiglieri quei soggetti che si trovino in stato d’interdizione dai pubblici uffici, oppure che non possano assumere uffici direttivi delle persone giuridiche e delle imprese, ovvero soggetti che siano stati sottoposti a una delle misure di prevenzione previste nel codice delle leggi antimafia, o ancora che abbiano riportato condanne definitive per alcune tipologie di delitti o con l’irrogazione di pene pari o superiori ai due anni di reclusione17. La carica di membro del Consiglio non può essere ricoperta, a pena d’ineleggibilità o decadenza, da chi ricopra la carica di Ministro, vice Ministro o sottosegretario di Stato. I componenti non dovranno inoltre ricoprire le cariche di consigliere regionale, presidente della provincia e sindaco dei comuni con più di ventimila abitanti18.

A questi requisiti, per tutti i componenti del Cda, si aggiungono poi delle previsioni speciali, rispettivamente, per i due consiglieri nominati dal Consiglio dei Ministri e per il consigliere designato dall’assemblea dei dipendenti della Rai: i primi devono

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Art. 49, comma 4 quater del Tusmar.

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96 essere designati conformemente ai criteri e alle regole di nomina dei componenti degli organi di amministrazione delle società a partecipazione pubblica; il secondo invece deve essere anche titolare di un rapporto di lavoro subordinato con la Rai da almeno tre anni consecutivi. Infine, per concludere, la composizione del Cda deve essere tale da favorire la presenza di entrambi i sessi e un adeguato equilibrio tra le varie professionalità e competenze settoriali dei consiglieri, ferma restando l’assenza di conflitti d’interesse o di titolarità di cariche in società concorrenti.

3. Introduzione dell’Amministratore delegato

La Riforma del 2015 introduce la figura dell’Amministratore delegato che è nominato dal Consiglio d’Amministrazione su proposta dell’assemblea: si accentua così il ruolo del Governo nella procedura di nomina della figura centrale nell’organizzazione

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97 aziendale19. In realtà tra il 1954 e il 1972 la RAI prevedeva tale carica e occupava una posizione significativa tra i vertici dell’azienda. I primi due Amministratori, Guala e Rodinò, di area democristiana, provenivano da esperienze esterne mentre Granzotto fu l’unico ad aver avuto una carriera interna di tipo giornalistico; Paolicchi, infine, ebbe un’esperienza esterna politica nelle fila del Psi.

L’Amministratore delegato previsto dalla Legge 28 dicembre 2015 n. 220 rimane in carica per tre anni e comunque non oltre la scadenza del Consiglio d’Amministrazione, fatta salva la facoltà di revoca da parte di quest’ultimo, sentito il parere dell’Assemblea. Qualora si tratti di un dipendente della RAI, all’atto della nomina è tenuto a dimettersi dalla società o a ottenere il collocamento in aspettativa non retribuita per la durata dell’incarico di Amministratore delegato: non è assoggettato al limite retributivo annuo dei duecentoquaranta mila euro, che si applica invece a tutti gli altri consiglieri20. Nell’anno successivo al termine del mandato, non può assumere incarichi o fornire consulenze presso società concorrenti.

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C. Aliberti, La nuova riforma Rai: legge n. 220/2015 e il confronto europeo, in

Federalismi.it, 11, 2016, p. 19. 20

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98 L’Amministratore delegato deve rispondere al CdA sulla gestione aziendale e sovrintende all’organizzazione e al funzionamento dell’azienda nel quadro dei piani e delle direttive definite. Ha il compito molto importante di provvedere alla gestione del personale tra cui nominare i dirigenti di primo livello, acquisendo per alcuni di loro, il parere obbligatorio del CdA vincolante solo se espresso con la maggioranza dei due terzi e definire i criteri e le modalità per il reclutamento del personale e quelli per il conferimento d’incarichi a collaboratori esterni. Provvede anche all’attuazione del piano industriale, del preventivo di spesa annuale, delle politiche del personale e dei piani di ristrutturazione, e dei progetti specifici approvati dal consiglio in materia di linea editoriale. Da ultimo, ma forse il più importante, ha il potere di firma sugli atti e i contratti aziendali attinenti alla gestione della società, fatto salvo l’obbligo di sottoporre all’approvazione del CdA gli atti e i contratti aziendali aventi carattere strategico, ivi inclusi i piani annuali di trasmissione e di produzione e le variazioni rilevanti degli stessi, e gli atti e i contratti che, anche per effetto di una durata pluriennale, siano d’importo superiore a dieci milioni di euro. Sostanzialmente la legge ha

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99 attribuito all’amministratore delegato i poteri che il CdA aveva delegato al presidente del consiglio di amministrazione durante il mandato 2012-2015.

L’Ad si presenta pertanto come un organo monocratico di amministrazione della Rai, che si pone in una posizione dialettica sostanzialmente paritaria rispetto all’organo collegiale da cui dovrebbe invece aver ricevuto la delega, secondo un’ordinaria dinamica societaria. Anzi per molti versi l’Ad sembra poter vantare un più ampio spettro di competenze, poiché a lui spetta non soltanto di sovrintendere concretamente all’organizzazione dell’azienda nel suo complesso ma anche di compartecipare assieme al CdA ad alcune decisioni strategiche21. Stupisce che, pur trattandosi di una sorta di capo azienda, l’Ad è nominato dal Consiglio senza alcuna maggioranza qualificata e per giunta su proposta dell’assemblea dei soci.

Appare evidente che l’aumento dei poteri in capo all’amministratore delegato, pur giustificato dalla necessità di una maggiore efficienza nella gestione aziendale, incrementa ulteriormente l’influenza del Governo a scapito del Parlamento che,

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O. Grandinetti, La governance della Rai e la riforma del 2015, in Rivista Trimestrale di

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100 oltre a perdere il potere di nomina di tre consiglieri, vede notevolmente ridotto anche i suoi tradizionali poteri di vigilanza.

4. Analisi della compatibilità dell’intervento con i principi costituzionali e con l’ordinamento comunitario

Il servizio pubblico radiotelevisivo trova fondamento costituzionale nei principi della libertà di parola e nel diritto di informare e di essere informati22. La tutela stessa di tali principi ha comportato il progressivo superamento del monopolio statale radiotelevisivo e l’ingresso dell’imprenditoria privata nel settore in esame senza che sia venuta meno la giustificazione costituzionale dello specifico servizio pubblico radiotelevisivo esercitato da un apposito concessionario rientrante, per struttura e modo di formazione degli organi di indirizzo e di gestione, nella sfera pubblica. L’ordinamento delle comunicazioni attiene a sfere legislative di competenza concorrente23; lo Stato, infatti, svolge la funzione essenziale di salvaguardia dell’unità nazionale e dell’identità culturale unitaria mentre le Regioni hanno il compito

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Art. 21 Costituzione.

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101 di valorizzare l’espressione dell’identità e culture locali. Atteso quanto sopra, le materie disciplinate con l’iniziativa normativa in esame sono riconducibili alla sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato. Non emergono, infine, profili di incompatibilità con i principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza sanciti dall’articolo 118, primo comma, della Costituzione.

Muovendo da questo ragionamento, il Legislatore, ritiene che l’intervento normativo non presenti elementi di incompatibilità con i principi costituzionali giacché il provvedimento si limita agli aspetti di direzione e gestione del servizio pubblico radiotelevisivo e non riguarda l’intero sistema radiotelevisivo che resta pertanto disciplinato dalla legge Gasparri24.

L’intervento normativo è compatibile, secondo il Legislatore, con l’ordinamento dell’Unione europea. I principi europei in materia di servizio pubblico radiotelevisivo sono ricavabili dal Protocollo n. 2325 sul sistema di radiodiffusione pubblica negli Stati membri. Tale Protocollo riconosce la competenza degli Stati membri a provvedere al finanziamento e alla definizione del

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Ufficio Documentazione e Studi Deputati Pd, Dossier n. 110, 21 ottobre 2015.

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102 servizio pubblico di radiodiffusione, a condizione che tale finanziamento sia accordato agli organismi di radiodiffusione ai fini dell’adempimento della missione di servizio pubblico organizzata da ciascun Stato membro. Il finanziamento non deve perturbare le condizioni degli scambi e della concorrenza nell’Unione in misura contraria all’interesse comune, tenendo conto nel contempo dell’adempimento della missione di servizio pubblico.

In tutti gli Stati membri dell’Unione europea sono presenti servizi pubblici radiotelevisivi cui sono applicate diverse regole a garanzia dell’indipendenza dell’emittenza pubblica; dal Protocollo n. 29 del TFUE si evidenzia la sensibilità del legislatore europeo nei confronti dei servizi media di comunicazione e informazione.

L’Art 11. Della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea sancisce la libertà di espressione e d’informazione di ogni persona, includendo la libertà d’opinione e la libertà di ricevere o di comunicare informazioni o idee senza che vi possa essere ingerenza da parte delle autorità pubbliche e senza limiti di frontiera. In tale ambito sancisce, altresì, il rispetto della libertà dei media e il loro pluralismo. Le nuove norme disciplinanti alcune tipologie di contratti conclusi dalla RAI, sotto la soglia comunitaria, che

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103 escludono l’applicazione delle disposizione del decreto legislativo 163/2006, sono compatibili con l’ordinamento dell’Unione europea in quanto tale disciplina è affidata alla competenza di ciascun Stato membro.

Infine, per concludere, non sussistono procedure d’infrazione su questioni specificamente oggetto della presente iniziativa normativa e non si presentano profili d’incompatibilità con gli obblighi internazionali.

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