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molecular beacon silenziante la survivina Valutazione di nanoparticelle di polimetilmetacrilato per la veicolazione intracellulare di un oligonucleotide C T F D F P U

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(1)

U

NIVERSITÀ

DI

P

ISA

D

IPARTIMENTO

DI

F

ARMACIA

Corso di Laurea Specialistica in

C

HIMICA E

T

ECNOLOGIA

F

ARMACEUTICHE

Tesi di Laurea

Valutazione di nanoparticelle di polimetilmetacrilato

per la veicolazione intracellulare di un oligonucleotide

molecular beacon silenziante la survivina

Relatori

Prof.ssa Paola Nieri

Dott.ssa Barbara Adinolfi

Candidato

Desirè Fina

(2)
(3)

Indice

CAPITOLO 1. INTRODUZIONE ... 6

1.1 Nanotecnologie e cancro ... 6

1.2 Classificazione delle nanoparticelle ... 7

1.3 Nanoparticelle polimeriche: struttura e caratteristiche ... 10

1.3.1 Materiali con cui vengono realizzati i nanovettori ... 11

1.3.2 Dimensioni delle nanoparticelle ... 11

1.3.3 Stabilizzanti ... 13

1.4 Meccanismo di drug delivery delle nanoparticelle polimeriche ... 13

1.4.1 Targeting passivo ... 14

1.4.2 Targeting attivo ... 15

1.5 Tossicità delle nanoparticelle polimeriche ... 16

2.1 Survivina... 18

2.1.1 Survivina: caratteristiche e funzioni principali ... 18

2.1.2 Ruolo della survivina nel cancro ... 19

2.2 Strategie terapeutiche basate su acidi nucleici e molecole attualmente in uso in clinica ... 20

CAPITOLO 2.SCOPO DELLA RICERCA ... 22

CAPITOLO 3.MATERIALI E METODI ... 24

3.1 Materiali per gli studi funzionali... 24

(4)

3.3 Materiali per gli studi di biologia molecolare ... 32

3.4 Materiali per elettroforesi ... 34

3.5 Metodi utilizzati negli studi funzionali ... 35

3.5.1 Scongelamento della linea cellulare ... 35

3.5.2 Mantenimento in coltura ... 36

3.5.3 Congelamento cellulare ... 36

3.5.4 Trasfezione con lipofectamina ... 37

3.5.5 Saggi di vitalità cellulare ... 39

3.6 Metodi utilizzati negli studi di biologia molecolare ... 41

3.6.1 Estrazione dell’RNA totale ... 41

3.6.2 Retrotrascrizione ... 44

3.6.3 RT-PCR (Reverse Transcriptase–Polymerase Chain Reaction) ... 45

3.6.4 Elettroforesi su gel di agarosio ... 46

3.7 Metodi utilizzati negli studi di microscopia ... 47

3.7.1 Semina e trattamento di cellule A549 con le soluzioni di nanoparticelle QTAM-02 e QTAM-03 per la valutazione morfologica al microscopio ottico ... 47

3.7.2 Semina e trattamento di cellule A549 con soluzioni di nanoparticelle QTAM-02 e QTAM-03 per l’analisi al microscopio a fluorescenza e confocale 48 3.7.3 Marcatura della membrana plasmatica di cellule A549 con colorante Vybrant DiI ... 49

3.7.4 Marcatura dei nuclei di cellule A549 con colorante Hoechst ... 50

3.7.5. Trattamento di cellule A375 con MB 100nM per la valutazione dell’internalizzazione e della specificità ... 50

CAPITOLO 4.RISULTATI E DISCUSSIONE ... 52

4.1 Effetti concentrazione e tempo dipendenti delle nanoparticelle QTAM-02 e QTAM-03 sulla morfologia di cellule A549 ... 52

(5)

4.2 Valutazione della vitalità cellulare dopo trattamento con nanoparticelle

QTAM-02 e QTAM-03 (0,5-50µg/mL) ... 53

4.3 Analisi al microscopio a fluorescenza delle nanoparticelle QTAM-02 e QTAM-03 ... 55

4.4 Valutazione della localizzazione delle nanoparticelle QTAM-03 tramite microscopia confocale ... 57

4.4.1 Cellule A549 trattate con colorante di membrana plasmatica Vybrant DiI e QTAM-03-FITC ... 58

4.4.2 Cellule A549 trattate con colorante dei nuclei Hoechst e nanoparticelle QTAM-03-FITC ... 59

4.5. Profili di espressione della survivina ottenuti con RT-PCR ... 60

4.6 Valutazione della localizzazione e della specificità del molecular beacon dopo trasfezione con lipofectamina ... 61

4.7 Valutazione degli effetti del molecular beacon sulla vitalità cellulare ... 64

4.8 Valutazione dell’attività farmacologica del MB in associazione al Cisplatino ... 65

CAPITOLO 5.CONCLUSIONI ... 67

BIBLIOGRAFIA ... 68

INDICE DELLE FIGURE ... 72

(6)

Capitolo 1

Introduzione

1.1 Nanotecnologie e cancro

Le terapie oncologiche convenzionali non discriminano tra cellule sane e tumorali e ciò spiega l’alta tossicità di questi agenti. Negli ultimi decenni si è cercato da una parte di sintetizzare farmaci con migliore selettività e potenza, capaci di aumentare la sopravvivenza e la qualità della vita dei soggetti affetti da questa patologia e dall’altra, di potenziare le strategie in grado di veicolare gli agenti antitumorali direttamente sulle cellule bersaglio. In questo ambito si collocano studi di nanomedicina, che si occupano di formulare sistemi vettoriali delle dimensioni del nanometro, in grado di veicolare, all’interno delle cellule tumorali, farmaci e/o agenti diagnostici in essi incapsulati, dispersi, adsorbiti o coniugati. Le ridotte dimensioni conferiscono, a tali nanosistemi, particolari proprietà chimico-fisiche e farmacocinetiche, come ad esempio un prolungato tempo di circolazione, poiché generalmente non sono catturate dal sistema reticoloendoteliale. Un altro vantaggio nell’utilizzo di nanoparticelle per il drug delivery è quello di poter somministrare farmaci che per via orale o parenterale subirebbero rapido metabolismo di primo passaggio o anche farmaci insolubili. La possibilità di poter modificare la superficie di tali nanoparticelle (NP), inserendo ad esempio specifici ligandi, rende questi vettori selettivi per determinati target tumorali. Ciò porterebbe, quindi, ad una terapia antitumorale mirata ed efficace come anche ad una diagnosi precoce.

(7)

Capitolo 1

1.2 Classificazione delle nanoparticelle

Le nanoparticelle sono delle strutture solide e di forma variabile, in cui il farmaco è incapsulato e con una matrice polimerica. Possono essere distinte in “nanosfere” se il farmaco è adsorbito sulla particella e “nanocapsule” in cui il farmaco è intrappolato in una cavità circondata da una membrana polimerica (Fig.1) [Salerno, 2009].

Figura 1Rappresentazione di nanosfere e nanocapsule [Salerno, 2009]

Altri sistemi di delivery sono (Fig.2):

- liposomi: vescicole sferiche chiuse formate da un doppio stato fosfolipidico che circonda un nucleo acquoso in cui il farmaco è intrappolato. Ai liposomi è possibile associare molecole di polietilenglicole (PEG) o ligandi specifici per aumentarne l’emivita o la specificità per determinati target [Danhier et

al., 2010].

- micelle polimeriche: strutture sferoidali con nucleo idrofobico che incrementa la solubilità di farmaci poco solubili in acqua e una corona che ne prolunga il tempo di circolazione prevenendo l’interazione tra il farmaco e i componenti sanguigni [Danhier et al., 2010].

(8)

Capitolo 1

- dendrimeri: macromolecole altamente ramificate con architettura tridimensionale. Gli agenti terapeutici o diagnostici sono attaccati a gruppi presenti sulla superficie attraverso modifiche chimiche [Danhier et al., 2010].

- coniugati polimero-farmaco: macromolecole polimeriche su cui sono legati i farmaci attraverso regioni linker. Un esempio di questa categoria è Abraxane®, una formulazione polimerica di albumina legata al principio attivo Paclitaxel, utilizzato nella terapia del cancro al seno metastatico [Cho

et al., 2008].

Figura 2 Nanovettori utilizzati per il drug delivery. A. Tipi di nanovettori descritti in studi

(9)

Capitolo 1

- nanotubi al carbonio: cilindri di grafite composti da anelli benzenici. Possono essere a monostrato (SWCNT, Single Wall Carbon Nanotubes) o a doppio strato (MWCNT, Multi Wall Carbon Nanotubes) (Fig. 3) .

La loro insolubilità nella maggior parte dei solventi, li ha resi inutilizzabili e per questo, inizialmente, sono stati accantonati. Ricerche successive hanno dimostrato che, funzionalizzando queste nanostrutture tramite reazioni di ossidazione o addizione, la solubilità può essere fortemente incrementata, permettendo di utilizzarli come vettori di acidi nucleici, proteine, peptidi e agenti terapeutici. Lo svantaggio di questi nanocostrutti è l’elevata tossicità provocata dall’accumulo soprattutto a livello polmonare [Klumpp et al., 2006; Cho et al., 2008].

Figura 3 Rappresentazione schematica di un nanotubo al carbonio SWCNT coniugato a DNA

[Vardharajula et al., 2012]

Oltre al tipo di struttura, vi è anche la possibilità di regolare il rilascio del farmaco dal sistema di drug delivery mediante stimolazione esterna o in presenza di un adeguato ambiente (come ad esempio una variazione di pH). In questo caso si usano particolari polimeri detti smart capaci di modificare il loro comportamento idrofobo/idrofilo; in tal modo si varia la capacità di diffusione del principio attivo dal nanovettore all’ambiente [Danhier et al., 2010; Testi, 2012].

(10)

Capitolo 1

Tipo di Nanoparticella Caratteristiche

Nanoparticelle polimeriche

 Non tossiche, biodegradabili, solubili in

acqua

 Possibilità di modificare la superficie

(PEGilazione)

 Accumulo e ritenzione selettivi a livello

tumorale

Micelle

 Utilizzabili per farmaci insolubili in acqua

 Biodegradabili e biocompatibili

 Funzionalizzazione semplice

Dendrimeri

 Alta omogeneità chimica e strutturale

 Multifunzionalità  Degradazione controllata  Funzionalizzazione semplice Liposomi  Biocompatibili  Amfifilici Nanotubi al carbonio  Multifunzionali

 Biocompatibili e solubili in acqua se

opportunamente modificati

Tabella 1 Tipi di NP e loro caratteristiche generali

1.3 Nanoparticelle polimeriche: struttura e caratteristiche

La strategia di realizzare nanoparticelle polimeriche è stata presa in considerazione per risolvere i problemi derivanti dalla somministrazione di particelle di ridotte dimensioni, come l’attivazione del complemento, il riconoscimento da parte dei macrofagi e, quindi, l’eliminazione dal torrente circolatorio.

(11)

Capitolo 1

Inoltre, la modifica della superficie delle NP con molecole polimeriche ne evita l’aggregazione e permette un controllo della loro interazione con i sistemi biologici [Moghimi et al., 2005].

Le nanoparticelle polimeriche utilizzate come sistemi vettoriali di farmaci, possono essere sintetizzate con vari metodi: polimerizzazione in emulsione oppure in dispersione seminata o miniemulsione, in base alle dimensioni che si vogliono ottenere.

Le caratteristiche strutturali, le dimensioni, la natura della superficie particellare, la linea cellulare e la funzionalizzazione con molecole bioattive, sono tutti fattori che influenzano l’uptake delle nanoparticelle e anche i loro effetti tossici, che verranno trattati in seguito [Lerch et al., 2013].

1.3.1 Materiali con cui vengono realizzati i nanovettori

I nanovettori possono essere sintetizzati a partire da polimeri naturali, come ad esempio gelatina, destrano, chitosano oppure da polimeri sintetici come polimetilmetacrilato (PMMA), polietileneimine (PEI), polietilenglicole (PEG), polistirene (PS), poliactide (PLLA). Sono state anche testate associazioni polimeriche (PMMA-PEI) che sembrano aumentare l’efficienza nella trasfezione [Feng et al., 2006]. La scelta dei materiali dipende dal tipo di particella che si vuole realizzare e soprattutto dalle caratteristiche dell’agente che si vuole veicolare, come ad esempio la solubilità che è il parametro limitante la somministrazione di determinati tipi di agenti terapeutici.

1.3.2 Dimensioni delle nanoparticelle

La dimensione dei nanovettori è uno dei parametri critici per il trasporto degli agenti antitumorali all’interno della cellula.

(12)

Capitolo 1

Inoltre, rappresenta un fattore rilevante nel determinare il meccanismo di eliminazione delle stesse nanoparticelle. E’ stato visto, infatti, che per particelle di dimensioni inferiori ai 20nm, la maggior parte dei carriers viene eliminata attraverso la filtrazione renale, mentre particelle più grandi, fino a 150nm, possono concentrarsi in modo significativo in diversi organi come cuore e midollo osseo. Particelle ancora più grandi fino ai 300nm stazionano a lungo in fegato e milza, e vengono poi eliminate prevalentemente attraverso le feci.

In genere, 150nm è la dimensione che permette alle nanoparticelle di essere distribuite in maniera adeguata nell’organismo, ma dimensioni decisamente inferiori (15-20nm) sono necessarie per il passaggio attraverso la BBB (Blood–brain

barrier) [Testi, 2012].

Figura 4 Varie tipologie di nanovettori e loro dimensioni [Conti et al., 2006]

Da quanto emerge dalla letteratura corrente, il range dimensionale delle NP investigato va da 5 a 800nm, anche se l’intervallo dimensionale più idoneo risulta essere compreso tra 50 e 200nm. Nanoparticelle di dimensioni inferiori a 50nm, infatti, hanno mostrato di poter indurre effetti tossici, mentre nanovettori di dimensioni superiori ai 200nm, impiegano tempi molto lunghi per l’internalizzazione o non vengono affatto internalizzati, rimanendo adesi alla

(13)

Capitolo 1

1.3.3 Stabilizzanti

Generalmente le NP vengono stabilizzate tramite l’uso di surfactanti, che possono essere di tipo non-ionico come il polivinilalcol (PVA) o polietilenossido (PEO), i quali rendono la superficie idrofilica, oppure di tipo ionico, come il sodio dodecilsolfato (SDS) o cetiltrimetilammonio cloruro (CTMA-Cl), che introducono cariche sulla superficie della nanoparticella e giocano un ruolo fondamentale nell’ingresso in cellula [Musyanovich et al., 2011; Höcherl et al., 2012].

Alcuni studi recenti hanno messo a confronto nanoparticelle cationiche, anioniche e neutre, dimostrando la maggiore efficienza nel meccanismo di delivery in cellula dei nanovettori carichi, probabilmente dovuta a interazioni elettrostatiche con le cariche presenti esternamente sulla membrana citoplasmatica e/o a interazioni con i meccanismi di trasporto attivo [Musyanovych et al., 2011; Lerch et al., 2013].

1.4 Meccanismo di drug delivery delle nanoparticelle polimeriche

La maggior parte degli studi condotti ad oggi con le nanoparticelle come veicolatori di farmaci è stata realizzata nell’ambito della terapia antitumorale. Il meccanismo con cui le NP penetrano all’interno del tumore è stato descritto da vari autori, che hanno riportato essenzialmente due tipi di targeting, attivo e passivo [Sinha et al., 2006; Cho et al., 2008; Danhier et al.,2010].

(14)

Capitolo 1

1.4.1 Targeting passivo

La crescita e la propagazione tumorale sono strettamente legate alla capacità del tumore di generare nuovi vasi sanguigni (angiogenesi). A livello tumorale il sistema linfatico è molto ridotto o assente e i vasi sanguigni possiedono fenestrature che li rendono permeabili; questo comporta un’aumentata permeabilità e un inefficiente drenaggio dal tessuto tumorale, che determina ritenzione. Entrambe queste azioni vengono indicate complessivamente come effetto “EPR” (Enhanced permeability

and retention), fig. 6. A determinare l’alterata permeabilità dei vasi sanguigni

tumorali contribuiscono un’alta concentrazione di cellule endoteliali proliferanti, una ridotta presenza di periciti e una formazione aberrante della membrana basale vascolare. Molecole di ridotte dimensioni, come le NP, possono, per l’effetto “EPR”, uscire dai vasi e accumularsi all’interno dello spazio interstiziale. Dato il ridotto funzionamento o la totale assenza del sistema linfatico, le NP entrano nel tumore e non possono essere rimosse efficientemente [Danhier et al., 2010].

Figura 6 Alterazione della permeabilità dei vasi dell’endotelio tumorale. Meccanismo di targeting

(15)

Capitolo 1

1.4.2 Targeting attivo

Mentre il targeting passivo non richiede alcun tipo di modifica del vettore, quello di tipo attivo prevede una sua funzionalizzazione [Testi, 2012]. Ciò implica il legame sulla superficie del nanovettore di un particolare ligando o anticorpo, scelto in base al recettore iperespresso dalle cellule bersaglio, fig. 7. Questo tipo di modifica rende le NP altamente selettive per il tessuto target .

Figura 7 Meccanismo di targeting attivo delle nanoparticelle [Danhier et al., 2010]

Per quanto riguarda il passaggio delle NP all’interno delle cellule target, il meccanismo più accreditato e ad oggi descritto è il meccanismo di endocitosi. Lerch

et al., descrivendo la formazione delle vescicole di endocitosi contenenti le NP,

sottolineano l’importanza delle dimensioni dei nanovettori: minori sono le dimensioni, maggiore è il numero di NP trasportate all’interno delle vescicole (Fig.8).

(16)

Capitolo 1

Figura 8 Rappresentazione schematica del meccanismo endocitotico di trasporto di NP in cellula

[Lerch et al., 2013]

Le strategie di targeting permettono, in definitiva, di concentrare il farmaco solo dove necessario, potenziandone l’efficacia terapeutica e limitandone la presenza nel circolo sistemico, con conseguente riduzione degli effetti collaterali [Salerno, 2009].

1.5 Tossicità delle nanoparticelle polimeriche

Nonostante la loro indiscussa utilità nel veicolare agenti anticancro o diagnostici, le NP non sono esenti da effetti tossici dipendenti proprio dalle loro ridotte dimensioni. Il meccanismo responsabile della citotossicità sembra essere, in molti casi, lo stress ossidativo, dovuto all’aumentata formazione di specie reattive dell’ossigeno (ROS), con conseguente danno della membrana mitocondriale e alterazioni del DNA, che possono sfociare in gravi patologie come fibrosi e cancro, fig. 9 [Manke et al., 2013].

(17)

Capitolo 1

Figura 9 Conseguenze dello stress ossidativo indotto da NP polimeriche [Manke et al., 2013]

Dato il crescente sviluppo e utilizzo delle nanotecnologie, sia in ambito di ricerca che in ambito industriale, recentemente, è nata una nuova disciplina, la Nanotossicologia, che si occupa dello studio delle interazioni e degli effetti avversi delle nanostrutture a livello biologico ed ambientale. Questa scienza si propone di regolamentare e standardizzare l’uso della nanotecnologie e allo stesso tempo scongiurare la possibile insorgenza di patologie a seguito dell’uso di tali nanocostrutti.

(18)

Capitolo 1

2.1 Survivina

2.1.1 Survivina: caratteristiche e funzioni principali

La survivina è una proteina appartenente alla famiglia delle IAP (Inhibitor of

apoptosis protein) di 16,5 kDa, codificata dal gene a singola copia BIRC5

(Baculoviral IAP Repeat-Containing 5) localizzato sul cromosoma umano 17 in posizione 17q25. Questa proteina è essenziale e svolge molteplici funzioni, tra cui le più importanti sono: controllo della mitosi, inibizione dell’apoptosi, promozione dell’angiogenesi e risposta allo stress cellulare, fig. 10 [Altieri, 2013].

La sintesi e la degradazione della survivina nei tessuti normali risultano ciclo-cellulare dipendenti. La trascrizione dell’mRNA di survivina è aumentata nella fase G1 e raggiunge un picco nella fase G2-M. Durante la mitosi, la survivina è presente in una stretta finestra di tempo, nella metafase e nell’anafase; la sua funzione è quella di assicurare una corretta formazione del fuso mitotico [Mita et al., 2008].

(19)

Capitolo 1

2.1.2 Ruolo della survivina nel cancro

La survivina è un inibitore dell’apoptosi normalmente espresso nei tessuti fetali, ma non rilevabile nei tessuti adulti. Molti studi hanno dimostrato che la proteina è iperespressa in un gran numero di tumori (polmoni, vescica, pancreas, cervello, pelle, sangue, ecc.) (Fig. 11) e che l’aumento dell’ espressione della proteina nei tessuti tumorali è un marcatore prognostico sfavorevole, essendo correlata a maggior rischio di recidive, invasività e metastasi tumorali. Un altro aspetto importante della survivina è il suo coinvolgimento nella resistenza nei confronti di molti agenti anti-cancro [Ryan et al., 2009].

Per tutti questi motivi, la survivina è considerata un possibile target terapeutico nel cancro, visti anche studi in vitro e in vivo che hanno mostrato come l’inibizione di survivina sia in grado di ridurre la crescita tumorale e di potenziare la sensibilità delle cellule cancerose agli agenti chemioterapici [Mita et al., 2008].

(20)

Capitolo 1

2.2 Strategie terapeutiche basate su acidi nucleici e molecole attualmente in

uso in clinica

Gli acidi nucleici terapeutici rappresentano una valida strategia biotecnologica nel trattamento di molte patologie. Tra gli approcci terapeutici più promettenti a base di acidi nucleici, il primo ad essere stato proposto è rappresentato dagli oligonucleotidi

antisenso (AS-ON). Questi inibiscono la produzione di proteine indesiderate

attraverso il legame in maniera complementare ad una sequenza di RNA bersaglio.Un approccio più recente per il targeting dell’mRNA è l'utilizzo di acidi nucleici a doppio filamento costituiti da 21-23 nucleotidi chiamatismall interfering RNA (siRNA). I siRNA sono in grado, all'interno delle cellule, di assemblare un

complesso multiproteico, chiamato RNA-induced silencing complex (RISC) con attività endonucleasica nei confronti dell’mRNA target.

Un’ulteriore strategia farmaceutica a base di acidi nucleici è legata all’uso di

aptameri; questi sono molecole di DNA o RNA a singolo filamento, di lunghezza

fino a 80 basi, che sono in grado di legare in maniera specifica e con alta affinità molecole di natura diversa, come altri acidi nucleici, proteine, farmaci, piccoli composti organici, etc. [Khar et al., 2010]. Questa proprietà li rende simili agli anticorpi per quanto riguarda il potenziale utilizzo in ambito terapeutico e diagnostico.

Nella tabella 2 sono riportati gli oligonucleotidi attualmente approvati dalla FDA e presenti in commercio.

(21)

Capitolo 1

Tabella 2 Oligonucleotidi approvati dalla FDA e presenti in commercio [Khar et al., 2010; Hair et

al., 2013; Sundaram et al., 2013] Tipologia di

oligonucleotidi

Agente

terapeutico Utilizzo Somministrazione

Aptamero Pegaptanib

(Macugen®)

Trattamento della

degenerazione maculare

retinica legata all’età, edema

maculare diabetico e retinopatia diabetica proliferativa  Sottocutanea  Intravitreale  Endovena Oligonucleotide antisenso Fomivirsen (Vitravene®) Retinite da Citomegalovirus in pazienti affetti da AIDS

 Intravitreale Oligonulcleotide antisenso Mipomersen sodico (Kynamro®)

Coadiuvante nella terapia con ipolipemizzanti per il trattamento

dell’ipercolesterolemia familiare omozigote

Figura

Figura 1 Rappresentazione di nanosfere e nanocapsule [Salerno, 2009]
Figura 2  Nanovettori utilizzati per il drug delivery. A. Tipi di nanovettori descritti in studi  preclinici e clinici
Figura  3  Rappresentazione  schematica  di  un  nanotubo  al  carbonio  SWCNT  coniugato  a  DNA  [Vardharajula et al., 2012]
Tabella 1 Tipi di NP e loro caratteristiche generali
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