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Centri minori tra potere regio, potere signorile ed egemonie urbane: il caso di Oria e Avetrana nel XV secolo

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ed egemonie urbane:

il caso di Oria e Avetrana nel XV secolo

CARMELAMASSARO

Il problema del rapporto città e centri minori, argomento classico della sto-riografia medievistica, in questi ultimi anni ha ripreso vigore e si è andato arric-chendo di nuove categorie interpretative. Al vecchio modello di un territorio dell’Italia centro-settentrionale dominato dalla città a sviluppo comunale si è andato sostituendo quello di una realtà più complessa, in cui le forze cittadine si trovano a convivere con quelle signorili e con quelle principesche, in un gioco delle parti dagli esiti non necessariamente preordinati. Nell’analisi delle rela-zioni tra centri urbani egemoni e comunità minori (castra, terre, burgi) la stessa diade interpretativa “città/contado” si è andata ridimensionando, data l’impossi-bilità di considerare le città minori come realtà univoche. Soprattutto nell’Italia centrale l’attenzione crescente a cogliere la pluralità dei poteri operanti sul ter-ritorio ha contribuito a relativizzare la centralità del ruolo politico delle città. Il lungo processo che portò alla creazione dei territori cittadini fu condotto nei differenti contesti locali con una variabilità delle forme, delle strategie e della cronologia, assumendo «connotazioni di natura diversa: politiche, economiche, demografiche, ma anche culturali»1.

Parallelamente, anche la storia del Mezzogiorno si è liberata dalle secche di una storiografia attenta al rapporto sovrano-feudalità e la ricca produzione di studi sui centri urbani ha sottolineato la centralità di molte città nell’organizza-zione del territorio. Pur attenti a evitare forzature e a non assimilare la realtà meridionale a quella dell’Italia centro-settentrionale, alcuni studi recenti

pro-Itinerari di ricerca storica, XXX - 2016, numero 2 (nuova serie)

1G. FRANCESCONI, Scrivere il contado. I linguaggi della costruzione territoriale cittadina nel-l’Italia centrale, in «Mélanges de l’École française de Rome. Moyen Âge», 123/2 (2011), p. 500.

Nella vastissima bibliografia sul tema delle comunità rurali di età medievale v. G. TADDEI, Comu-ni rurali e centri minori dell’Italia centrale tra XII e XIV sec., ivi, pp. 319-334; M. DELLAMISE -RICORDIA, Divenire comunità. Comuni rurali, poteri locali, identità sociali e territoriali in Valtel-lina e nella montagna lombarda nel tardo Medioevo, Milano, Unicopli, 2006; A. CORTONESI, F.

VIOLA(a cura di), Le comunità rurali e i loro statuti (secoli XII-XV), Atti dell’VIII Convegno del

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mossi da Giovanni Vitolo hanno messo in luce l’aspirazione, che accomuna nei secoli XIII-XV tutte le città del Mezzogiorno, sia grandi che piccole, a realizza-re forme varie di coordinazione territoriale e ad estenderealizza-re il loro controllo su una fascia quanto più ampia possibile del territorio circostante, con intensità di-verse da una parte all’altra del regno, attraverso un confronto serrato tra feuda-lità e comunità cittadine, con la mediazione, ora orientata in un senso ora in un altro, della monarchia. «Sul tema – ha scritto G. Vitolo – bisognerà certamente lavorare ancora a lungo, […] anche attraverso il reperimento e l’edizione di nuove fonti»2. E infatti via via che lo scavo continua emerge un’estrema varietà

di situazioni, sia per l’estensione del territorio in cui le città proiettavano il loro controllo (talvolta molto più ampio della fascia di pertinenza circostante le mu-ra e i centri confinanti) sia per la dumu-rata nel tempo.

L’egemonia delle città sui centri demici vicini poteva attuarsi su piani diver-si: sul piano fiscale, attraverso la ripartizione e la riscossione delle imposte re-gie; su quello della giustizia, esercitata dal capitano, che risiedeva in città, coa-diuvato da un giudice assessore e da un mastrodatti quasi sempre cittadini; su quello economico quando essa controllava alcune risorse del territorio, come l’esazione della gabella della fida e dell’erbatico per l’uso dell’incolto, o inter-veniva nel disciplinamento degli scambi con disposizioni a suo favore. La sto-ria del rapporto città-territorio non seguì spesso un percorso lineare: momenti di successo si alternarono con momenti di arresto o di ridimensionamento, e co-munque i risultati non furono duraturi. Le piccole comunità cercavano di sot-trarsi al controllo e di acquisire spazi di autonomia appoggiandosi ora sul si-gnore al quale si trovavano infeudate, ora sul re, salvo talvolta cercare esse stes-se l’appoggio della città, a stes-seconda dei periodi e delle congiunture politiche del-l’area e del regno. Emblematiche al riguardo risultano le vicende del rapporto di Avetrana con la città di Oria, sulle quali alcune fonti inedite offrono interes-santi spunti di riflessione.

Lo spazio geopolitico in cui si inseriscono queste nostre note è quello del principato di Taranto, un grande complesso feudale che nel primo Quattrocento comprendeva quasi tutta la provincia di Terra d’Otranto e parte di quella di Terra di Bari. Nel 1420, dopo che a partire dal 1407 era ritornato nel demanio regio, il principato fu concesso a Giovanni Orsini del Balzo, che lo tenne fino al 1463, anno della sua morte. Terra d’Otranto, comprendente all’incirca le odierne pro-vince di Brindisi, Lecce e Taranto, era caratterizzata da una rete di insediamenti a maglie fitte, con una massiccia presenza di centri minori, talora micro-agglo-merati con un numero di fuochi molto esiguo, insediamenti aperti, cioè non cinti 2G. VITOLO, L’Italia delle altre città. Un’immagine del Mezzogiorno medievale, Napoli, Li-guori editore, 2014, p. 174. Gli studi da lui promossi sono stati raccolti nel volume: G. VITOLO(a

cura di), Città e contado nel Mezzogiorno medievale e moderno, Salerno, Laveglia editore, 2005: in particolare per la provincia di Terra d’Otranto si vedano A. AIRÒ, Forme del dominio territo-riale a Taranto tra Trecento e Quattrocento. Un percorso documentario, ivi, pp. 249-260 e C.

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di mura, abitati da contadini che coltivavano modesti appezzamenti di terreno e accompagnavano all’attività agricola l’allevamento. Su un totale di circa 160 universitates3 ben 115 erano tassate per un numero di fuochi inferiore ai 50 (e

quindi con una popolazione sotto i 250 abitanti). Solo Lecce e Taranto superava-no i 1000 fuochi4 e ambedue, dotate di ampi privilegi, imposero una serie di

pre-rogative fiscali e giurisdizionali sui casali vicini. Più debole fu, invece, l’egemo-nia che la città di Oria riuscì ad imporre su alcuni insediamenti.

Sorretta principalmente da un’economia agricolo-pastorale, Oria era una città di media importanza, anche se la presenza del vescovo le aveva permesso di mantenere una condizione di centralità all’interno della diocesi, comprenden-te le comprenden-terre di Francavilla, Ceglie, Casalnuovo (Manduria) e i casali di Latiano, Leverano, Veglie, Avetrana, Uggiano Montefusco e Maruggio5.

Situata a metà strada tra Taranto e Brindisi, Oria si trovava al centro della grande estensione della foresta oritana, un’area molto vasta, ricoperta di mac-chie e boscaglie alternate a vaste praterie e a campi fertili, che iniziava a nord del tratto costiero ionico e si inoltrava fino a raggiungere le foreste di Lecce e Brindisi6. La riscossione della gabella signorile dell’affida per il pascolo nella

foresta, delegata ai baiuli oritani, rimarcava il ruolo della città in un’area più

3«Nella storia e nella storiografia del Mezzogiorno medievale e moderno il termine universi-tas indica comunemente, uno specifico ente collettivo: la universiuniversi-tas civium o universiuniversi-tas loci,

che si autogoverna entro certi ambiti e con determinati poteri tradizionali, in dipendenza da un’autorità superiore di varia natura, regia, feudale, cittadina. [...] La medesima forma giuridica ed istituzionale (l’universitas) connota dunque realtà insediative e politiche assai diverse, dal vil-laggio rurale alla città»: F. SENATORE, Gli archivi delle universitates meridionali: il caso di Capua ed alcune considerazioni generali, in A. BARTOLILANGELI, A. GIORGI, S. MOSCATELLI(a cura di), Archivi e comunità tra Medioevo ed Età moderna, Roma, Ministero per i Beni e le Attività

cultu-rali, Direzione Generale per gli Archivi, 2009, p. 447.

4 I dati relativi al 1443 sono stati desunti dal Liber focorum Regni Neapolis (F. COZZETTO, Mezzogiorno e demografia nel XV secolo, Soveria Mannelli, Rubbettino Editore, 1986, pp.

136-140), quasi sempre coincidenti con quelli degli anni 1458 e 1459 riportati nei conti degli erari ge-nerali del principato di Taranto (ARCHIVIO DISTATO DINAPOLI, d’ora in avanti ASN, Regia Came-ra della Sommaria, Diversi, II num., reg. 248, cc. 34-36v, 42-53v, 130-139v, 149-151v).

5Vengono denominate terre gli insediamenti cinti di mura.

6La struttura insediativa dell’area, che nei secoli X-XIII era stata caratterizzata da un den-so reticolo di casali di piccola dimensione, tra Trecento e primo Quattrocento aveva subito no-tevoli trasformazioni, assumendo quella sistemazione destinata a perdurare pressoché inalterata fino ad oggi. La fondazione nel primo Trecento di Francavilla, situata a 6 Km di distanza, il ca-lo demografico della seconda metà del XIV secoca-lo; le guerre; la scomparsa definitiva di molti microinsediamenti avevano determinato il passaggio da un accentramento a maglie più dense e per piccolissimi agglomerati a un accentramento a maglie più larghe e per agglomerati più con-sistenti. Diversi furono i loci più o meno popolati che risultano abbandonati e che le fonti di metà Quattrocento citano come feudi o masserie: intorno a Oria quelli di Santa Maria di Cotri-no, Santa Maria della Scala, Crepacore, Gallana, Altavilla, S. Nicola, San Giacomo, PazzaCotri-no, S. Eramo, Casalvetere (ivi, regg. 170, c. 176; 249, cc. 5-6v; 25-25v.). Cfr. pure M. A. VISCE -GLIA, Territorio, feudo e potere locale. Terra d’Otranto fra Medioevo ed Età moderna, Napoli,

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vasta: versavano annualmente l’affida animalium le università di San Vito degli Schiavi, Campi, Terenzano, Uggiano, Manduria e uomini di Grottaglie, San Pancrazio, Lequile, Galatina, Galatone, Monteroni, Ceglie e Mesagne.

I centri demici prossimi alla città, situati quasi a raggiera e a una distanza compresa tra i sei e i dodici Km, erano, oltre alla terra di Francavilla (tassata nel 1458 per 221 fuochi), i casali di Latiano (fuochi 10), di Torre Santa Susanna (17), Erchie (8) e la terra di Manduria (92). A una distanza maggiore, a circa 25 Km, si trovava il casale di Avetrana, tassato per 13 fuochi. Erano centri infeuda-ti alla piccola nobiltà suffeudataria del principe: Lainfeuda-tiano agli Alami, Torre Santa Susanna ai Guarino7, Erchie ai Montefuscolo, Francavilla sino al 1455 ai de

Nantolio, poi, come Manduria, sotto il diretto dominio dell’Orsini8. Avetrana fu

più volte oggetto di transazioni: infeudata a Iacopo de Raho di Napoli9, dopo la

morte senza eredi della figlia di quest’ultimo, Teodora, fu devoluta alla Regia Curia. Nel 1423 il casale, concesso l’anno precedente insieme al castrum di Manduria da Giovanna II a Giovanni Dentice di Napoli10, risulta essere stato

venduto al principe di Taranto11, che negli anni successivi lo subinfeudò a un

Montefuscolo, da cui passò nel 1483 a Galeotto Pagano, portato in dote da Ip-polita Montefuscolo.

Inglobata nel principato di Taranto fin dalla fine del XIII secolo, Oria era ri-masta coinvolta nei saccheggi che durante il tormentato periodo delle lotte di successione tra Angioini e Aragonesi avevano interessato alcuni centri di Terra d’Otranto e Terra di Bari, dove si erano scontrate le truppe di Giacomo Caldora, filoangioino, e dell’Orsini, filoaragonese. Saccheggiata nel 1434 dalle milizie caldoriane, che «nce trovaro multa et grande robba»12, nel 1437 la città fu

ri-compensata da Alfonso d’Aragona con l’esenzione totale dalle imposte per die-ci anni e in perpetuum con la riduzione di diedie-ci once delle venti dovute per ogni colletta13. Il principe, al quale era stato concesso dal sovrano l’incameramento 7 Da un privilegio di Alfonso d’Aragona, datato 1° aprile 1455, risulta feudatario di Torre Santa Susanna Agostino Guarino (ASN, Museo, 99, A6, c. 178).

8 Notizie interessanti sulle successioni feudali nella provincia di Terra d’Otranto sono in ASN, Museo, 103, Repertorio dei Quinternioni Originali di Terra d’Otranto e Abruzzo (secoli

XIV-XV).

9ASN, Archivi Privati, I: Giudice di Cellamare, 88/1, v. Appendice.

10La pergamena è nell’archivio Dentice di San Vito dei Normanni: A. DELUCIA(a cura di), Storie di famiglie e storie di carte. L’inventario dell’archivio dei principi Dentice di Frasso,

Lec-ce, Imago, 2008, pp. 63-64. La concessione fu fatta confermare nei giorni successivi, il 20 luglio, da Alfonso d’Aragona che era stato allora adottato da Giovanna (ivi).

11L’assenso di Giovanna II alla vendita è del 31 dicembre 1423 (L. PEPE, Il Libro Rosso della città di Ostuni compilato nel MDCIX, Valle di Pompei, Scuola Tipografica Editrice Bartolo

Lon-go, 1888, doc. XXXVI, p. 117).

12 Diurnali detti del duca di Monteleone, a cura di M. Manfredi, in R.I.S., XXI/V, Bologna 1960, p. 127.

13 Il privilegio è in M. MATARRELLI PAGANO, Raccolta di notizie patrie dell’antica città di Oria nella Messapia, a cura di E. Travaglini, Oria, Società di Storia Patria per la Puglia, sezione

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nelle sue terre delle imposte dirette14, mantenne la riduzione fiscale,

sottoli-neandone ancor più la condizione di città privilegiata. L’aggiornamento della numerazione dei fuochi, che all’interno del principato risulta coinvolgere solo ed esclusivamente Oria, nel 1458 attribuisce alla città, invece dei 277 fuochi del 1443, ben 451, dei quali però solo 100 vennero tassati «ex principali gratia»15.

Il primo riferimento a un rapporto egemonico di Oria su alcuni centri minori si rinviene in un privilegio, inedito, concesso da Ladislao nel 1412. Nel docu-mento si legge che gli uomini del casale di Avetrana, facente parte «de districtu et pertinenciis civitatis Orie», erano soliti contribuire «cum universitate et ho-minibus dicte civitatis» «in generalibus subvenctionibus et collectis, subsidiis, frabicis, fossatis, berdeschis, reparacionibus, constructionibus et aliis oneribus et muneribus ordinariis et extraordinariis quibuscumque». Tale situazione, che comportava naturalmente un controllo da parte della città nella distribuzione e nell’esazione delle collette regie, determinava, come si legge nella petizione presentata da Iacopo de Raho, feudatario immediate et in capite del casale, «plerumque discordia et scandala», per cui il dominus chiese al sovrano di libe-rare Avetrana ex communione oritana. Ladislao accolse la richiesta e decretò la separazione nella giurisdizione in tutte le funzioni fiscali, ordinarie e straordi-narie, fissando, altresì, a 25 tarì e 10 grani la somma che il casale sarebbe stato chiamato a versare per le collette, che da quel momento sarebbe stata pertanto defalcata da quella esatta annualmente dall’università di Oria.

Il documento lascia intuire che il casale, dotato di un fortellicio16, avesse in

quella data una popolazione fiscale intorno ai 10 o 17 fuochi17, ma fosse ancora

privo di una struttura istituzionale modellata su quella dell’università. Nello stesso periodo un’analoga richiesta era stata avanzata dal dominus di Francavil-la, Guglielmo de Nantolio, che pure aveva ottenuto da Ladislao la separazione da Oria, e che Giovanna II, succeduta al fratello, aveva poi confermato nel 141818. Dunque Oria, all’inizio del Quattrocento, era il centro amministrativo e 14Cfr. C. MASSARO, Principe e comunità, in L. PETRACCA, B. VETERE, Un principato territo-riale nel Regno di Napoli? Gli Orsini del Balzo principi di Taranto (1399-1463), Atti del

conveg-no di studi, Lecce 20-22 ottobre 2009, Roma, Istituto Storico Italiaconveg-no per il Medio Evo, 2013, pp. 344-358 e S. PIZZUTO, La politica fiscale nel principato di Taranto, in «Itinerari di ricerca

stori-ca», XXVII, 2013, 2, pp. 35-63.

15A mo’ di esempio Oria e Mesagne, con lo stesso numero di fuochi rilevato nella numerazio-ne del 1443, numerazio-nel 1458 versano rispettivamente la prima once 31, tarì 27, grana 8, la seconda once 110, tarì 20, grana 16 (ASN, Regia Camera della Sommaria, Diversi, II num., reg. 248, cc. 35-36v). Il dato è di estremo interesse perché è un’ulteriore conferma del forte scarto tra fuochi fi-scali e fuochi reali e dell’estrema cautela con cui anche in queste pagine si deve utilizzare per fini demografici la numerazione generale del 1443.

16L’angioina Torre Quadrata, oggi inglobata nel complesso fortificato denominato Torrione. 17Il numero dei fuochi fiscali si deduce dall’ammontare della somma richiesta per le collette. Esso varia a seconda che si scelga come media per unità fiscale la somma di 50 o 30 grani.

18Il privilegio di Giovanna II è in F.A.P. COCO, Francavilla Fontana nella luce della storia. Fonti materiali e studi per la storia nostrana, Taranto, Arti Grafiche Ettore Crassati, 1941, pp.

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fiscale di un distretto comprendente sicuramente il casale di Avetrana e la terra di Francavilla. Le petizioni inviate al sovrano attraverso i propri feudatari, pure interessati ad allontanare qualsiasi ingerenza cittadina dai propri feudi, lasciano intravedere un rapporto non privo di tensioni, alimentato probabilmente dai ten-tativi dell’università cittadina di riversare nella ripartizione dei carichi fiscali un peso proporzionalmente più gravoso sulle comunità.

Cessava dunque con i privilegi di Ladislao ogni tentativo di egemonia della città sul territorio? È un interrogativo al quale nessuna traccia documentaria, anteriore al 1463, aiuta a rispondere.

In un contesto quale quello meridionale in cui le scritture di comunità sono andate massicciamente perdute, l’età aragonese, e in Puglia il periodo immedia-tamente successivo alla morte dell’Orsini e alla dissoluzione del principato di Taranto, furono caratterizzati da una ricca produzione di capitoli che molte co-munità, grandi e piccole, inviavano al sovrano chiedendo sgravi fiscali, confer-ma di privilegi anteriori, risoluzione di contenziosi con i centri vicini. La costi-tuzione di un sistema politico di tipo pattizio, quale fu quello aragonese, trovò nei capitoli supplicatori uno strumento di costante negoziazione tra comunità e sovrano, tra centro e periferia. Le richieste, quasi sempre scritte in volgare, ve-nivano trascritte e incorporate dalla cancelleria regia nel documento formale, redatto in privilegii formam, accompagnate dalle formule di placitazione del so-vrano. Conservati spesso in copia negli archivi locali, o trascritti nei Libri rossi, o disponibili in edizioni a stampa ottocentesche, alcuni ancora inediti nei fondi aragonesi dell’Archivio di Stato di Napoli, i capitoli costituiscono, anche nel nostro caso, una documentazione preziosa per la conoscenza del rapporto città-territorio.

I capitoli di Francavilla, presentati a Ferrante già il 26 novembre 1463, sot-tolineano con determinazione la separazione da Oria: si aprono infatti con la richiesta di conferma dei privilegi a suo tempo concessi da re Alfonso e dal principe Orsini, con i quali era stato ribadito ai cives di essere «exempti et im-muni seu liberi dela subiectione et servitute di Oria»19. Con un’agricoltura

ab-bastanza dinamica Francavilla aveva assistito nel corso del Quattrocento all’e-mergere al suo interno di élites rurali che vantavano una massiccia ricchezza fondiaria sul territorio di Oria e che erano ben decise a cancellare ogni residuo dominio cittadino. D’altro canto quest’ultima era consapevole di non avere la forza economica necessaria a giocare un ruolo importante al centro dell’area, e infatti, alcuni anni dopo, in una delle tante suppliche inviate al sovrano arago-nese per chiedere agevolazioni fiscali, sottolineava come Francavilla fosse «nova et li homini potenti, e quelli di Oyra disfatti e poveri» e «quasi tota par-te suarum fortunarum e facultatum» fosse posseduta dai francavillesi20. Pur te-19P. PALUMBO, Storia di Francavilla città di Terra d’Otranto, voll. I-II, Fasano, Schena Edi-tore, 1994 (I ediz Noci 1870), vol. II, p. 255.

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nendo conto che l’appello alla povertà costituiva un espediente retorico ricor-rente nelle suppliche, utile per appellarsi alla misericordia del re, si intuisce che la città attraversasse un periodo di difficoltà. Le tensioni tra le due univer-sità continuarono ma sul piano esclusivamente fiscale, per la quota di imposte regie che i cives di Francavilla erano obbligati a versare come detentori di ter-reni oritani21.

Definitivamente fallita l’aspirazione all’egemonia su Francavilla, Oria era riuscita, invece, ad attuarla sui due casali di Avetrana e Torre Santa Susanna, come si evince chiaramente dai capitoli approvati nel marzo del 146422. La

lo-cuzione con la quale viene indicato il soggetto delle petizioni è «Universitas et homines civitatis Oriae et eius casalium Turris Sanctae Susanne et Sancte Ma-riae de Veterana», e alcune delle richieste riguardano infatti tutte e tre le comu-nità, quali ad esempio il godimento delle franchigie nelle attività di scambio al-l’interno del regno e nell’uso dell’incolto. Cinque dei ventiquattro capitoli com-plessivi sono riferiti esclusivamente all’«Università et huomini del casale di S. Maria de Veterana». Con essi gli uomini del casale più che occuparsi del rap-porto con la città miravano a negoziare attraverso l’intervento regio le condizio-ni di dipendenza dal loro feudatario. Si chiede, tra l’altro, che non siano gravati ultra debitum iustitiae; che possano vendere liberamente i loro prodotti sul mer-cato al miglior prezzo possibile e non obbligatoriamente al signore e al prezzo da lui imposto; che versino la decima solo per i cereali seminati sulle terre feu-dali; che venga mantenuta l’antica consuetudine di affranchare, in occasione del matrimonio del vassallo, due tomoli di terreno coltivabile.

Questa volta, dunque, la piccola comunità di Avetrana, in affanno con il suo feudatario per l’appesantirsi dei diritti signorili, si era relazionata con il re ricor-rendo alla mediazione della città, di cui riconosceva l’egemonia, consapevole di non avere le risorse politiche, culturali ed economiche per poterlo fare autono-mamente. Scrivere e inviare una supplica al re, seguirne l’iter era un’operazio-ne dispendiosa e impegnativa, e per un insediamento molto esiguo poteva costi-tuire un onere insopportabile.

Dal dettato dei capitoli si deduce dunque che i casali di Avetrana e Torre Santa Susanna erano casali dell’università di Oria, con la quale versavano le imposte regie «quomodo unum et idem corpus»23. Il privilegio angioino del

1412 era stato dunque annullato senza incontrare alcuna difficoltà nelle parti in causa.

21P. PALUMBO, op. cit., pp. 255-261.

22I capitoli di Oria sono in G. PAPULI, Documenti editi ed inediti sui rapporti tra le università di Puglia e Ferdinando I alla morte di Giovanni Antonio Del Balzo Orsini, in Studi di storia pu-gliese in onore di Nicola Vacca, Galatina, Congedo Editore, 1971, pp. 464-471.

23P. PALUMBO, op. cit., p. 255. Anche nel Quaternus decime del 1478, dove sono annotate le quote raccolte nel regno per la decima imposta da Sisto IV a sostegno della lotta contro i Turchi, a proposito di Avetrana il collettore specifica che essa è casale di Oria (ASN, Regia Camera della

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Il rapporto città-casali continuò, forse, senza contrasti fino agli anni Novan-ta, poiché come spesso avviene, «l’esercizio di determinati poteri resta silente fintanto che non trova opposizione»24 ed è il conflitto stesso a produrre

docu-mentazione. Nel 1492 una petizione inviata al sovrano dall’università di Oria attesta l’aprirsi di una nuova fase conflittuale. Questa volta oggetto del conten-dere è l’attività giurisdizionale che il capitano cittadino, come «è notorio in tuc-ta la provincia», ha esercituc-tato nei due casali e che ora si vuole rigettuc-tare. I casa-lini – si legge nella supplica – «incomensano ad essere inobbedienti», pretendo-no che la città mostri il privilegio, cioè l’atto scritto che esplicita chiaramente il diritto, ma che la città dichiara di non avere, pur vantando la possessione deri-vante dalla consuetudine. Il sovrano rimandò la questione alla Camera della Sommaria, chiamata ad accertare e provvedere de iustitia, e nel frattempo di-spose che «contra solitum et consuetum nihil innovetur»25. Il richiamo alla

con-tinuità e alla consuetudine pare risolvere momentaneamente il contenzioso a fa-vore della città, ma quattro anni dopo l’università oritana si trovò costretta a reiterare la richiesta. Nella petizione, dopo una premessa in cui si ribadisce che gli abitanti dei due casali, «fondati nel territorio d’essa città», sono «cittadini de la detta città, come già appare per publico instromento, et gaudeno tutte quelle immunità et franchitie che gode essa città e cittadini di quella», si rivendica nuovamente l’esercizio della giurisdizione del capitano, del quale – lo si sottoli-nea – l’università incamera i proventi. Ma gli attori dello scontro – in questa se-conda supplica lo si esplicita chiaramente – non sono più i casalini, ma «li ba-roni de li detti lochi»26.

È, quello del 1496, l’ultimo tentativo portato avanti dalla città contro il ridi-mensionamento della sua egemonia sui casali. Alla fine del Quattrocento in tut-to il regno i feudatari hanno ottenutut-to massicciamente il mero e mistut-to imperio, ossia il diritto di amministrare attraverso uomini di legge da loro nominati la giustizia civile e criminale. Il mutamento di rotta era irreversibile e interessò molte città del regno, in Terra d’Otranto anche Lecce e Taranto, con la differen-za, non di poco conto, che mentre queste ultime restarono demaniali, Oria, in-sieme con Francavilla, di lì a poco, nel 1500, sarebbe stata infeudata al napole-tano Roberto Bonifacio.

24A. AIRÒ, op. cit., p. 252.

25F. TRINCHERA(a cura di), Codice Aragonese o sia lettere regie, ordinamenti ed altri atti go-vernativi de’ sovrani aragonesi di Napoli, vol. III, Napoli, Tipografia di Antonio Cavaliere, 1874,

p. 278.

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APPENDICE 1412, febbraio 22, Napoli.

Ladislao, re di Sicilia, avendo appreso da una petizione presentatagli da Iacopo de Raho, feudatario immediate et in capite di Avetrana, dei dissidi tra questa e l’università di Oria per il pagamento delle imposte ordinarie e straordinarie, dispone che il casale sia diviso e separato dal distretto della città e che gli uomini di Avetrana non siano più chiamati a contribuire insieme con Oria, ma versino annualmente al fisco regio la som-ma di 25 tarì e grani 10.

ASN, Archivi Privati, I: Giudice di Cellamare, 88/1.

Ladizlaus Dei gratia Hungarie, Ierusalem, Sicilie, Dalmacie, Croacie, Rame, Servie, Galicie, Lodomerie, Comanie Bulgarieque rex, Provincie et Forcalquerii ac Pedimontis comes. Universis presentis indulcti seriem inspecturis, tam presentibus quam futuris. Principalis auctoritas, // cui est a Domino collata potestas, personis consideratis et cau-sis, dignitates statuit, honores ascribit et interdum ex pluribus unum constituit dignitatis titulum, nonnunquam ipsis statutis auget et detrahit et quod in unum corpus astrinxerat in partes dividit et prout sibi agendorum qualitas // suggerit, de unitate defalcat. Sane li-cet vir nobilis Iacobus de Raho27de Neapoli, familiaris et fidelis noster dilectus,

habue-rit, tenuerit et possiderit et ad presens habeat, teneat et possideat in feudum immediate et in capite a nobis et nostra curia sub certo feudali servicio seu adoha per eum propte-rea // curie nostre prestando casale Vetrane pertinentiarum civitatis nostre Orie, de pro-vincia Terre Ydronti, cum hominibus, vassallis, iuribus, iurisdictionibus et pertinenciis omnibus casalis predicti, dictique casalis homines contribuere consueverint cum univer-sitate et hominibus dicte civitatis nostre Orie in generalibus subvenctionibus // et col-lectis, subsidiis, frabicis, fossatis, berdeschis, reparacionibus, constructionibus et aliis oneribus et muneribus ordinariis et extraordinariis quibuscumque, necminus casale pre-dictum nunc usque fuerit de districtu et pertinenciis civitatis eiusdem, nos tamen consi-derantes quod ex communione oritana plerumque discordia et scan//dala proveniunt non faciliter reparanda, et cupientes inter nostros subditos vigere et esse pacis et con-cordie dulce bonum, moti quoque tam devotis supplicacionibus super hoc per dictum Iacobum culmini nostro porrectis quam meritis sue sincere devotionis et fidei ac gratis utilibus et fructuosis serviciis // per eum nobis prestitis et impensis, persone sue pericu-lis sumptibus et laboribus non parcendo, que ne prestat ad presens et speramus ipsum im· posterum de bono semper in melius continuacione laudabili prestiturum, ex quibus nedum ipsum sed suos etiam vassallos astringere favore prosequente speciali certisque nichilominus // ad id nos inducentibus motivis, consideracionibus atque causis, iamdic-tum casale Vetrane cum fortellicio, hominibus, vassallis vassallorumque redditibus, censibus, serviciis, domibus, possessionibus, vineis, olivetis, iardenis, terris cultis et in-cultis, montibus, planis, pratis, silvis, nemoribus, pascuis, arboribus, molendinis, // bac-tinderiis, aquis et aquarum decursibus, cabellis, tenimentis, territoriis, iuribus,

iurisdic-27B. ALDIMARI, Memorie historiche di diverse famiglie nobili, cosi napolitane come forastie-re, cosi vive come spente con le loro arme e con un trattato dell’arme in generale, Napoli 1691,

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iam vel faciendis im· posterum sub quibusvis tenoribus sive formis quibus in hac parte derogamus et derogari volumus non obstantibus quoquomodo. Et ut dicti universitas et homines ipsius civitatis nostre Orie circa solucionem dictarum // collectarum et functio-num fiscalium per eos dictis annis singulis nostre Curie debitarum et debendarum non graventur nec sentiant noxia detrimenta, declaramus et volumus quod dicti tareni vigin-tiquinque et grana decem contingentes pro rata iamdictos homines ipsius casalis Vetra-ne deducantur et deduci // debeant annis singulis de summa tam geVetra-neralis subventionis seu collecte atque subsidii quam cuiuslibet aliarum collectarum, donorum, taxarum, onerum, munerum et functionum fiscalium per iamdictos universitatem et homines ipsius civitatis nostre Orie eidem nostre curie debitarum et debendarum et tantumdem minus // iamdicti universitas et homines ipsius civitatis nostre Orie de summa cuiuslibet collectarum predictarum omnium prefatis annis singulis eidem nostre curie solvant, nec ad solvendum ratam predictam iamdictos homines ipsius casalis Vetrane ut predicitur exinde contingentem realiter vel personaliter per nos et nostram Curiam // seu nostros officiales quoscumque ad quos spectat et spectare poterit presentes et futuros ullo num-quam tempore compellantur. Cum nolimus modo aliquo per presentem nostram divisio-nem, separacionem et exemptionem iamdictis universitati et hominibus ipsius civitatis nostre Orie, eidem nostre Curie afferri preiudicium sive dampnum, ecce // namque viris magnificis magistro iusticiario et magno camerario regni nostri Sicilie eorumque loca-tenentibus et iudicibus Magne Curie, necnon vicemgerentibus nostris et iusticiariis dic-te provincie Terre Ydronti vel locadic-tenentibus eorumdem ac erariis, magistris Camere, commissariis et officia//libus nostris aliis statutis et statuendis per nostram Curiam in dicta provincia super recollectione et perceptione distinctarum superius vel aliarum pe-cunie specierum ad quos spectat et spectare poterit quocumque titulo nuncupentur pre-sentibus et futuris eiusdem presentis indulcti nostri tenore precipimus quatenus forma // presencium per eos diligenter actenta illam ipsi et quilibet eorum presentes videlicet et futuri tam prefato Iacobo et dictis suis heredibus quam supradictis hominibus dicti casa-lis Vetrane observent efficaciter ac mandent et faciant ab aliis et signanter a dictis uni-versitate et hominibus ipsius civitatis nostre // Orie tenaciter et inviolabiliter observari, nichilque adversus supradictum Iacobum et dictos suos heredes ac homines casalis pre-dicti alium vel alios ipsorum res et bona similiter eorundem contra presentis indulcti nostri tenorem faciant vel actemptent neque fieri ab aliis paciantur // sicut nostram gra-tiam caram habent fidelitate nostra dictoque feudali servicio seu adoha pro huiusmodi casali Vetrane curie nostre debito aliis quoque nostris et cuiuslibet alterius iuribus sem-per salus. Intendimus autem et presentis indulcti nostri serie declaramus quod idem Ia-cobus // seu prefati heredes sui procurent cum solercia debita et instanti infra menses quatuor ex nunc in antea numerandos presens indulctum nostrum vel eius tenorem in quaternionibus nostre Camere penes nostros thesaurarios et in archivio nostro Neapolis transcribi facere et particu//lariter annotari ut de premissis inibi plena informacio suis vicibus habeatur. In cuius rei testimonium presens indulctum nostrum exinde fieri et pendenti maiestatis nostre sigillo iussimus communiri.

Datum Neapoli per manus viri magnifici Gurelli Aurilie28 de Neapoli, militis, logothete

et protonotarii regni nostri Sicilie, collateralis, consiliarii et fidelis nostri dilecti, anno

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Domini millesimo quadringentesimo duodecimo, die vicesimosecundo mensis februarii quinte indictionis regnorum nostrorum anno vicesimoquinto.

Registrata in Cancellaria penes prothonotarium. A(ntonius) de Hostunio29.

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