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Giovanni Valentini Il futuro dell’umanità in quindici modelli. Dalla Cina al Brasile, l’atlante del sociologo De Masi in Mappa Mundi in «Repubblica » del 26 febbraio 2014

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Giovanni Valentini

Il futuro dell’umanità in quindici modelli. Dalla Cina al Brasile, l’atlante del sociologo De Masi in Mappa Mundi

in «Repubblica » del 26 febbraio 2014

In un mondo e in un’epoca in cui tutti sono scontenti, smarriti, arrabbiati, ciò che manca è un modello di vita per «l’ideazione di un futuro felice». Siamo in mezzo al guado perché «il vecchio tarda a morire e il nuovo tarda a nascere». E perciò il sociologo Domenico De Masi ci offre questa sua enciclopedica Mappa Mundi(Rizzoli, pagg. 880, euro 21), contro il disorienta- mento e la paura. Una lettura tanto istruttiva quanto edificante e piacevole, densa di storia, cultura e filosofia.

Se Benedetto Croce s’incaricò di spiegare «perché non possiamo non dirci cristiani», qui sul filo dell’ironia esistenziale De Masi illustra le ragioni per cui – nell’ordine - non possiamo non dirci indiani, cinesi, giapponesi, classici, ebrei, cattolici, musulmani, protestanti, illuministi, li- berali, capitalisti, socialisti, comunisti, postindustriali e infine brasiliani. Il suo è un avvincente excursus nella storia dell’umanità, attraverso quindici modelli, o “schemi concettuali” come li definiva il filosofo bulgaro Cvetan Todorov, scelti fra i più collaudati e decisivi. Ed è anche un’occasione intellettuale per riordinare le idee, per catalogare e sistematizzare i “miti” prodotti nel corso dei secoli dalla ragione o dalla fede.

Qualcuno forse potrà trovare eccessivo il ruolo che l’autore ha attribuito alle religioni nella composizione di alcuni modelli. Ma è lo stesso autore a prevenire questa eventuale osservazio- ne: oltre a essere una teologia che esplora il rapporto tra l’uomo e la sfera ultraterrena, la reli- gione è anche «una visione complessiva della vita e del mondo» e dunque un modello – ap- punto – che corrisponde a un sistema di regole.

«Nessun vento è favorevole per il marinaio che non sa dove vuole andare», ammoniva Se- neca nella citazione che apre il libro di De Masi. E allora questo atlante sociologico funge pro- prio da “navigatore” per individuare la via d’uscita e approdare a un nuovo modello di vita, da costruire sulla base di una ineludibile contaminazione culturale. Non a caso nell’ideogramma cinese la parola “crisi” si compone di due elementi: pericolo e opportunità.

Le coordinate che l’autore propone al lettore sono la cultura della saggezza e quella della bellezza. «Un nuovo modello di vita» avverte De Masi, «non nascerà a caso e all’improvviso:

nascerà sulle spoglie di tutti i modelli precedenti, attraverso uno sforzo di creatività collettivo».

Lo strumento privilegiato, a suo parere, non può che essere la moderna agorà costituita dalla Rete, perché «nella società postindustriale non è lecito accollare ai soli intellettuali l’onere di elaborare un modello di vita adeguato ai tempi nuovi».

Al fondo di questa ricerca, c’è l’aspettativa di un mondo più equo e solidale, in cui si possa- no ridurre le differenze fra le classi sociali e magari superare le reciproche indifferenze. Spiega De Masi nella conclusione: «Tra i quindici modelli che ho scelto, ho incluso il Brasile perché an- ticipa situazioni che la società postindustriale estenderà sempre più a livello planetario», a co- minciare da quella mescolanza di razze che il Paese sudamericano ha sperimentato fin dal Cin- quecento con il meticciato. Nella sua visione, il Brasile diventa così «un esempio precursore ed eloquente» che, nonostante lo scandalo del divario tra ricchi e poveri, la violenza e la corruzio- ne, «coltiva una concezione poetica, allegra, sensuale e solidale della vita, una propensione all’amicalità e alla solidarietà, un atteggiamento improntato alla cordialità».

Con la memoria del meridionale che ha assistito al dramma dell’emigrazione di massa, il so- ciologo ricorda infine le sofferenze dei compaesani che partivano per l’America stivati nel fondo dei transatlantici, dove avrebbero trascorso le settimane del viaggio. Quando i passeggeri di prima classe si radunavano per il pranzo nel loro ristorante, agli emigranti veniva concesso di uscire sul ponte per prendere una boccata d’aria. Alcuni di loro, come per un riflesso condizio- nato, si dirigevano istintivamente a poppa per guardare verso l’orizzonte da cui provenivano.

Altri, invece, andavano a prua nella speranza di avvistare il profilo della terra promessa. Ecco, questo libro è idealmente dedicato ai “lettori di prua”: a tutti coloro cioè che aspirano a un mo- dello di vita migliore.

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