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C APITOLO 19. L A TOMBA DI S EMENKHKARA (KV 55)

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C

APITOLO

19. L

A TOMBA DI

S

EMENKHKARA

(KV 55)

Storia della scoperta e delle pubblicazioni

La KV 55 venne scoperta esattamente un secolo fa, il 4 gennaio 1907, dagli operai assoldati dal miliardario americano Theodore Davis, assistito dai due archeologi A. Weigall e E. Ayrton. La figura volitiva ma incompetente di Davis compromise l’applicazione di metodologie rigorosamente scientifiche sul cantiere1, tanto che oggi KV 55 è considerata la tomba peggio scavata della storia dell’egittologia; in un contesto già di suo particolarmente frammentario, la mancanza di precisa documentazione di scavo rende più desolante il panorama delle fonti2.

Il rinvenimento nella tomba un sacello in legno dorato con le rappresentazioni e i cartigli della regina Tiy indusse Davis a ritenere di aver trovato la tomba della Grande Sposa Reale di Amenhotep III e con questo nome pubblicò la tomba nel 19103.

Da quel momento fino ad oggi, senza interruzione, il ricco contenuto archeologico ed antropologico di KV 55 divenne uno degli argomenti preferiti degli studiosi dell’Età amarniana e il terreno di scontro fra le opposte teorie4.

1 “It seems certain that Davis’ attitude encouraged prevarication”, PINCH BROCK L., Theodore

Davies and the Rediscovery of Tomb 55, in WILKINSON R.H.,(A CURA DI), Valley of the Sun Kings,

The University of Arizona Egyptian Expedition, Tucson 1995, p. 42.

2 Oltre alla pubblicazione, lo studioso ha la possibilità di accedere ai diari privati dei diversi

protagonisti della vicenda, non da ultimo quello di Mrs. Emma B. Andrews, a quel tempo ospite di Davis a Luxor; cfr. GARDINER A.H., The so-called tomb of Queen Tiye, in JEA 43 (1957), p. 25. 3 DAVIES T.M. – MASPERO G.C.C. – AYRTON E. – DARESSY G. – JONES H., The Tomb of Queen

Tîyi, Constable & Co., London 1910; seconda edizione KMT Communications, San Francisco

1990.

4 Per citare alcune delle monografie e degli articoli più importanti, in ordine cronologico:

DARESSY G., Le cercueil de Khu-n-Aten, in BIFAO 12 (1916), pp. 145-159; WEIGALL A.E.P., The

mummy of Akhenaten, in JEA 8 (1922), pp. 193-200; DERBY D.E., Note on the skeleton hitherto

believed to be that of king Akhenaten, in ASAE 31 (1931), pp. 115-119; ENGELBACH R., The

so-called coffin of Akhenaten, in ASAE 31 (1931), pp. 98-114; LUCAS A., The canopic vases from the

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Se il corredo ottenne grande attenzione, non fu così per la tomba: solo nel 1959 E. Thomas ne disegna una pianta e la pubblica5. Dimenticata dopo la scoperta e utilizzata da J. Burton, il fotografo di H. Carter per la tomba di Tutankhamen, la tomba venne riaperta nel 1993 da L. Pinch-Brock, che ne curò lo sgombero finale (a differenza di quanto si riteneva fino ad allora, la tomba non era mai stata completamente pulita)6.

§ 2. Struttura architettonica

Un ripida scala di ventidue gradini conduce alla porta di ingresso tagliata nella facciata (tav. XXIXb); il primo passaggio, dello spessore di 1,20 m7, introduce al corridoio in discesa, la cui lunghezza è di 9,5 m in direzione W. Un secondo passaggio dello spessore di 1 m, introduce, attraverso un grosso scalino di 1,20 m, alla camera funeraria.

La camera, di modeste dimensioni, misura 5,40 x 7,20 e presenta, sul lato S, una nicchia non finita, chiusa da un ingresso largo 1,20 m, e dalle misure di 2,60 x 1,80 m. Essa si trova ad 1 m di altezza dal livello del pavimento. Le pareti della stanza erano state ricoperte con un sottile strato di intonaco.

Benché evidentemente non finita – la ricognizione di L. Pinch-Brock ha dimostrato l’esistenza di segni di inchiostro rosso tracciati dagli architetti ad

Queen Tiye, in JEA 43 (1957), pp. 10-25; ALDRED C., The tomb of Akhenaten at Thebes, in JEA

47 (1961), pp. 41-65; FAIRMAN H.W., Once again the so-called coffin of Akhenaten, in JEA 47

(1961), pp. 98-114; REEVES C.N., A Reappraisal of Tomb 55 in the Valley of the Kings, in JEA 67 (1981), pp. 48-55; HELCK H.W., Was geschah in KV 55?, in GM 60 (1982), pp. 43-46; REEVES

C.N., Akhenaton after all?, in GM 54 (1982), pp. 61-71; KRAUSS R., Kija – Ursprüngliche

Besitzerin der Kanopen aus KV 55, in MDAIK 42 (1986), pp. 67-80; ALLEN J.P., Two altered

Inscriptions of the late Amarna Period, in JARCE 25 (1988), pp. 117-126; BELL M.R., An

armchair Excavation of KV 55, in JARCE 27 (1990), pp. 97-137; DODSON A., KV 55 and the End

of the reign of Akhenaten, in Sesto Congresso Internazionale di Egittologia – Atti, International

Association of Egyptologists (IAE) – Società Italiana per il Gas S.p.A., vol. I, Torino 1992, pp. 135-39; DODSON A., On the Origin, Contents and Fate of Biban el-Moluk Tomb 55, in GM 132

(1993), pp. 21-28; DODSON A., King’s Valley Tomb 55 and the Fates of the Amarna Kings, in

«Amarna Letters» 3 (1994), pp. 92-103; ERTMAN E.L., Evidence of the alterations to the Canopic

Jar Portraits and Coffin Mask from KV 55, in WILKINSON R.H., (A CURA DI), Valley of the Sun

Kings, The University of Arizona Egyptian Expedition, Tucson 1995, pp. 108-119; GRIMM A. –

SCHÖSKE S. (A CURA DI), Das Geheimnis des goldenen Sarges, Staatliches Museum Ägyptischer Kunst, Munchen 2001 (in cui si elencano le trentuno teorie finora formulate); HELCK W., Das

Grabe N. 55 in Königsgräbertal. Sein Inhalt und seine historische Bedeutung, SDAIK 29, Mainz

am Rhein 2001 (le misure aggiunte qui sulla mappa di THOMAS E. sono completamente errate e

manca l’orientazione secondo i punti cardinali); BUSI G.S., Nefertiti, l'ultima dimora. Il giallo

della tomba KV 55, Ananke, Torino 2002.

5 THOMAS E., The plan of tomb 55 in the Valley of the Kings, in JEA 47 (1961), p. 24. 6 PINCH BROCK L., op. cit.

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indicare la successiva direzione di scavo – la tomba è di proporzioni e pianta regali: il corridoio lungo quasi dieci metri è alto tra i 2,40 e i 2,60 m; la successione scala-corridoio in pendenza-primo ambiente può rappresentare un ipogeo faraonico non terminato. È molto probabile che, al momento della sepoltura, Tutankhamen scelse KV 55 in quanto una delle tombe non finite a disposizione nella Valle dei Re8.

§ 3. Il contenuto archeologico § 3.1. Il sarcofago9

Al momento della scoperta il legno della cassa era completamente marcito, mentre il coperchio era spezzato in due lungo l’asse principale. Le depredazioni intenzionali portarono allo strappo della maschera funeraria in oro (tav. XXXa) e alla cancellazione di alcune iscrizioni, in primo luogo il cartiglio con il nome del sovrano (tav. XXXb). I cambiamenti effettuati poi già in antico per adattare il sarcofago al suo ultimo occupante avevano alterato la solidità originaria del manufatto. L’interpretazione corretta del sarcofago è un elemento chiave per capire KV 55.

È ormai assodato che la bara e i vasi canopi erano stati preparati per Kiya, sposa secondaria di Akhenaten: gli studi di R. Krauss lo hanno dimostrato e la comunità scientifica è piuttosto compatta nel riconoscere questo risultato10. Il volto della bella dama, la cui finezza si può solo indovinare attraverso le morbide linee del legno al di sotto della maschera strappata, appare incorniciato da una parrucca nubiana assai in voga alla Corte di el-Amarna; il corpo piumato, da cui il nome rishi della tipologia (dall’arabo ‘piuma’), è realizzato in fine cloisonné di pasta di vetro, calcedonio, quarzo e foglia d’oro su legno di cipresso11. Tutti sono

8 Secondo C.N. Reeves la tomba era l’originaria sepoltura tebana di Tiy, in cui venne poi aggiunto

il corpo di Akhenaten.

9 Si tratta, insieme al sarcofago della dama Ta-aat (cfr. Cap. 13, § 4.1.1), dell’unico sarcofago in

legno di Età amarniana; le differenze fra i due manufatti, comunque, sono comprensibilmente notevoli, sebbene il contenuto di alcune formule coincida: “Possa (io) respirare il dolce soffio del

vento del Nord” (Kiya), “di giorno sulla sua stuoia (riceve) il soffio della vita”, “con il soffio [della vita] nello Hut-Aten nel Per-Aten di Akhetaten” (Ta-aat); “Possa (io) contemplare (la tua perfezione) al mattino” (Kiya), “Tu agisci come Ra […] appare in gloria la tua grandezza”,

“l’uscire di lui ogni giorno” (Ta-aat); “Possa tu pronunciare il mio nome per l’eternità” (Kiya), “Rendere forte il nome di […]” (Ta-aat).

10 KRAUSS R., Kija, op. cit.

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inoltre d’accordo che la bara venne modificata per ospitare un personaggio maschile e di rango reale: da qui la soppressione dei seni, la cesellatura del contorno del diadema, l’aggiunta di un ureo sulla fronte, di una barba osiriaca, del pastorale e del flagello e la ovvia soppressione dei titoli e dei nomi di Kiya per adattarli a quelli di un re di sesso maschile.

Le iscrizioni a pasta di vetro e pietre incrostate sul coperchio e sui due lati della cassa sono difficili da integrare, perché alcuni geroglifici sono sovrannumerari, di dimensioni diverse, di difficile lettura o con notevoli varianti paleografiche. In ogni caso gli antichi artigiani tolsero i geroglifici inutili, stesero dell’intonaco e riscrissero il testo in parte utilizzando i geroglifici vecchi, in parte realizzandone di nuovi e coprendo l’intonaco con la foglia d’oro.

Le antiche correzioni operate sui testi incisi direttamente sulla foglia d’oro seguirono invece tre diversi metodi: il rimpiazzo di superfici di foglia d’oro comprendenti più segni (per il nome e i titoli di Kiya); il rimpiazzo di superfici di foglia d’oro comprendenti un solo segno; il ritaglio di un singolo segno lungo il suo profilo (per i pronomi possessivi da femminile a maschile). La modificazione dei testi, convenienti ad una sposa secondaria ma meno per un re, è avvenuta solo nelle parti essenziali (titolatura, pronomi e poco altro): ne risultano una sintassi e una grammatica un po’ maltrattate.

Ecco un esempio del testo originale ricostruito:

“Parole dette dalla (consorte grandemente amata, Kiya): «Possa (io) respirare il

dolce soffio del vento del Nord. Possa (io) contemplare (la tua perfezione) al mattino. (Il mio) desiderio è di sentire la tua dolce voce che esce dalla tua bocca; che siano ringiovanite le tue membra per mezzo del tuo amore. Disponi (per me) le tue braccia, che recano la tua sussistenza; che (io) la riceva, che (io) viva (grazie ad essa). Possa tu pronunciare il mio nome per l’eternità senza che abbia a cercare (il cammino) della tua bocca, o mio (signore), (Neferkheperura Uaenra)|; tu sei (qui?) per sempre, eternamente, vivente come Aten». (La consorte grandemente amata dal) Re dell’Alto e del Basso Egitto, che vive nella Maat, il Signore delle Due Terre (Neferkheperura Uaenra)|, il figlio perfetto dell’Aten che qui è colui che vive per sempre, eternamente, (Kiya, possa ella vivere per sempre, eternamente)”.

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“Parole dette da [(Neferkheperura Uaenra)|], giusto di voce: «Possa io respirare

il dolce soffio del vento del Nord. Possa io contemplare la tua perfezione al mattino. [Il mio] desiderio è di sentire la tua dolce voce che esce dalla tua bocca, che siano ringiovanite le [tue] membra per mezzo del tuo amore. Disponi per me le tue braccia, che recano la tua sussistenza; che io la riceva, che io viva grazie ad essa. Possa tu pronunciare il mio nome per l’eternità senza che abbia a cercare (il cammino) della tua bocca, o mio padre Ra-Horakhty». [(Neferkheperura Uaenra)|]; tu sei come Ra per sempre, eternamente, vivente come Aten. [Il principe perfetto…], il Re dell’Alto e del Basso Egitto, che vive nella Maat, il Signore delle Due Terre [(Neferkheperura Uaenra)|], il figlio perfetto dell’Aten che qui è colui che vive per sempre, eternamente, il Figlio di Ra

(Akhenaten)|, giusto di voce”.

M. Gabolde ha condotto il seguente ragionamento: 1. l’iscrizione è stata modificata per fare in modo che il titolare della bara diventasse quello il cui nome era già prima inserito nel cartiglio in relazione a Kiya (il cartiglio non presenta tracce di modifiche con intonaco); 2. nella titolatura di Kiya è prevista solo la menzione di Akhenaten; 3. il secondo proprietario è Akhenaten stesso. Inoltre, l’epiteto cA m cḥc=f, ‘grande di durata’, è tipico di Akhenaten e di nessun altro re,

il che confermerebbe l’identità del secondo proprietario del sarcofago.

In realtà, una ricostruzione di questo tipo non è completamente pacifica. L’epiteto “grande di durata” è sì tipico di Akhenaten, ma cosa sappiamo della titolatura completa e delle usanze cerimoniali dei suoi due effimeri successori Ankhkheperura e Semenkhkara? Possiamo davvero escludere che non si fossero ispirati ad Akhenaten per comporre la loro propria titolatura? Evidentemente no, siamo a malapena informati della loro esistenza!

Il testo della banda chiamata (D) da Daressy presenta un passo di difficile lettura: le ipotesi più probabili sono “Uaenra giusto di voce” o “amato da

Uaenra” con anteposizione onorifica. In realtà la prima lettura è stata proposta da

M. Gabolde12, contrariamente alle letture di Daressy (due proposte) ed Engelbach, che sono diverse fra loro e soprattutto diverse da “giusto di voce”, che ha dunque meno possibilità di essere la lettura giusta. La seconda proposta, “amato da

12 GABOLDE M., op. cit., pp. 251-52; Uguale, ma con beneficio del dubbio, in GRIMM A. –

SCHÖSKE S. (A CURA DI), op. cit., p. 108: “...indem ich[sic] erblicke den Einzigen des Ra,

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Uaenra” avvicinerebbe il proprietario del sarcofago ad Ankh(et)kheperura Meryuaenra, il coreggente e successore di Akhenaten.

Infine, è difficile dire se il cartiglio venne o meno ritoccato: innanzitutto esso è un pezzo unico, probabilmente di fattura diversa rispetto al resto dell’iscrizione (può essere stato tolto e sostituito da un cartiglio intero della misura giusta per entrare nell’intaglio); in secondo luogo non è possibile dire con certezza, contrariamente a quanto sostiene Gabolde, che non vi siano chiaramente tracce di intonaco sotto al cartiglio nella fotografia in bianco e nero pubblicata nel 191013.

Ora, se si trattasse del corpo di Akhenaten, ci chiediamo: 1. perché il corredo originario del sovrano non è stato riseppellito con lui, ma è sparso per lo Wadi Reale di el-Amarna; 2. perché si sentì il bisogno di cambiare il sarcofago interno adattandogli malamente quello di una donna14; 3. perché il sarcofago di Kiya si trovava nei magazzini reali ancora intatto, se la dama era scomparsa da tempo e tutti i suoi monumenti erano già stati tutti usurpati. Infine, come M. Eaton-Krauss fa notare, non è detto che il corpo nella bara corrisponda a quello indicato nelle iscrizioni15.

§ 3.2. I vasi canopi

Originariamente creati per Kiya essi vennero modificati con l’aggiunta di un ureo sulla fronte e del corpo del serpente sulla parrucca (tav. XXIXc). Sul

13 GABOLDE M., op. cit., p. 244; DAVIES T.M. – MASPERO G.C.C. – AYRTON E. – DARESSY G. –

JONES H., op. cit., tav. XXXII.

14 Basandosi sul solo esempio della risepoltura di Thutmosi II da parte di Hatshepsut, Gabolde

estrapola delle regole generali, di cui due condivisibili (“l’inhumation d’un prédécesseur est

susceptible de garantir la légitimité d’un roi”, “Le fait de réinhumer un prédécesseur permet éventuellement d’annuler les effects de précédents enterrements”), una di dubbia validità,

soprattutto per il sospetto rigore e per l’artefatta coincidenza con i canoni di KV 55 (“Pour qu’une

réinhumation apporte quelque droit au trône pour le successeur qui l’ordonne, il doit nécessairement y avoir renouvellement d’au moins une partie du mobilier funéraire. L’utilisation d’un nuveau sarcophage et, peut-être, l’octroi de nouveaux canopes, paraissent, dans tous les cas, de rigueur”). Se si tratta di una reinumazione a scopo legittimante, perché è così pasticciata da non

prevedere per il defunto ushabty, giare di vino e cibarie: oggetti comuni, semplici da recuperare e che nessun ladro si può esser portato via? Cfr. GABOLDE M., op. cit., p. 270.

15 Questa sembrerebbe essere l’identica conclusione delle analisi moderne pubblicate in GRIMM A.

– SCHÖSKE S. (A CURA DI), op. cit., p. 136: “Fazit: Der anonyme Sarg aud KV 55 kann – jedenfalls

aufgrund des Autopsiebefundes und sämlicher damit verbundener Implikationen – nur für Echnaton selbst hergestellt worden sein! (...) Damit sei den bisheringen 30 Theorien zum Sarg und Bestattung in KV 55 eine weitere hinzugefügt: Der ursprünglich zur Grabausstattung Echnatons gehörende, dann jedoch aus religiösen Motiven obsolet gewordene und für Echnatons nicht benutze innere Sarg fand in KV 55 sekundäre Verwendung für das anonyme Notbegräbnis des für die Bestattung Tutanchamuns seiner eigenen Grabausstattung „beraubten“ Semenchkare”.

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corpo dei vasi, al di sotto una rappresentazione schematica del cielo, vi erano sei colonne di testo, con la titolatura di Kiya, di Akhenaten e del Disco. La titolatura della donna venne cancellata (nel farlo si asportò parte del cielo, che venne restaurato) e solo in un secondo momento vennero cancellati anche i cartigli di Akhenaten e del Disco (Gabolde suggerisce: forse per evitare l’imbarazzo di indicare nell’Aten il proprietario delle viscere?). O semplicemente, utilizzando la stessa spiegazione con cui Gabolde liquida l’iscrizione del vaso in calcite Carter n. 405 della tomba di Tutankhamen (dove cartigli di Semenkhkara e di Akhenaten sono affiancati, sembrerebbe ad indicare una coreggenza): l’incisore sbagliò e cancellò entrambi i nomi.

Nell’opera di damnatio memoriae, inversamente rispetto al sarcofago, il volto venne lasciato intatto (quindi quel volto doveva avere la maschera strappata), ma l’ureo venne tolto.

Riguardo alle cancellazioni, possiamo anche supporre che una riscrittura sui canopi possa essere stata fatta a solo inchiostro e che l’umidità delle alluvioni nella Valle l’abbia successivamente cancellata (quasi tutto il legno nella tomba è completamente marcito, indice della forte presenza di acqua in KV 55).

§ 3.3. Il sacello

Il sacello in legno dorato era stato dedicato da Akhenaten a Tiy: in pieno stile amarniano, esso proviene probabilmente dalla Tomba Reale di el-Amarna, dove la Grande Sposa Reale di Amenhotep III era stata sepolta. Esso venne rinvenuto nella tomba smontato e sparso fra camera funeraria e corridoio, in parte appoggiato alle pareti, in parte per terra.

I nomi di Akhenaten erano stati cancellati e rimpiazzati da quelli di Amenhotep III ad inchiostro rosso solo sull’anta della porta mentre la figura del re era stata martellata solo sulla parete di fondo. Il fatto che le altre pareti del sacello fossero rimasti intatti, assieme all’attento studio della posizione in cui questi pannelli stono stati trovati, ha permesso di stabilire che i martellamenti vennero eseguiti solo sulle pareti esterne (dunque, le pareti senza martellamenti erano la faccia interna dei pannelli) e perciò prima dello smantellamento del sacello stesso.

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Per i quattro mattoni magici realizzati per l’«Osiri Akhenaten» cfr. il Cap. 3, § 5.6.

Il contenuto della tomba è davvero limitato e bisogna constatare con stupore che oltre al sarcofago, alle urne canopiche e al sacello, poco altro venne interrato. Si tratta quasi esclusivamente di oggetti rituali collegati con la cerimonia di apertura della bocca, contenuti in una cassa di legno completamente marcita16.

L’elenco prevede 26 coppe, 11 situle, 3 vasi a forma di ankh, 7 modelli di scrigni in miniatura, 17 boomerang, 14 simulacri di bastone-hem, 16 simulacri di bende arrotolate, 40 occhi udjat, 15 amuleti a grappolo d’uva e 15 supporti per vaso tutti in faïence; 4 coperchi e 4 mattonelle in alabastro (?), 1 amuleto a “palo d’ormeggio”, 8 coltelli in calcite e 2 linguette ovali in diaspro rosso.

A questi oggetti seriali si aggiungano 2 lame pesesh-kaf in pietra (di cui una iscritta a nome della regina Tiy), 2 flaconi di cosmetico a forma di Bes in faïence, 1 recipiente per cosmetico a forma di serva che porta una giara in faïence, 2 vasetti da trucco per occhi in pietra (uno a nome di Amenhotep III e l’altro di Amenhotep III e Tiy), 1 flacone di vetro. In un caso il nome di Amenhotep III è cancellato, dimostrando che l’oggetto venne fabbricato prima dell’Età amarniana e che quindi il corredo di KV 55 risulta effettivamente racimolato dalle scorte di un magazzino. La frequenza con cui appaiono i nomi di Tiy indussero in passato gli studiosi a ritenere che in KV 55 fosse stata sepolta anche la grande regina, poi tolta e collocata nella tomba di Amenhotep III; la natura composita del corredo, in realtà, basta a spiegare la presenza del nome della donna senza necessariamente richiederne la presenza.

Dei sigilli un tempo sul mobilio della tomba, uno è identico ad alcuni ritrovati nella tomba di Tutankhamen, un secondo ha il cartiglio di Tutankhamen stesso, gli altri, a causa della presenza di divinità proscritte nei sigilli dell’Età di Akhenaten, sono sicuramente da datare fra Ankhkheperura e Tutankhamen.

§ 4. La mummia

L’ultimo studio antropologico (2001) afferma che il corpo ritrovato in KV 55 appartiene ad un individuo di sesso maschile, di età compresa fra i 18 e i 23

16 All’elenco pubblicato da Davis si aggiungano gli oggetti identificati in BOSSE-GRIFFITHS K.,

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anni, al massimo 2517. Nel corso di quasi cento anni le analisi antropologiche indicarono nel possessore di KV 55 alternativamente un uomo e una donna (o un uomo con disfunzioni genetiche, come l’analisi dei ritratti di Akhenaten parve indicare), di un età variabile fra i 20 e i 40 anni. Con una forbice così ampia, quindi, si può trattare di chiunque (tranne che della regina Tiy).

Le testimonianze raccontano che la mummia avesse le braccia posizionate secondo il costume per una regina: un braccio sul petto e l’altro lungo il fianco18. Si può obiettare che gli stravolgimenti che colpirono successivamente KV 55 (non da ultimo, lo scavo moderno) possano aver turbato la posizione della mummia: per prima cosa fu necessario toglierla dalla bara per cancellarne il nome sul fondo della cassa, in secondo luogo al momento della scoperta essa appariva completamente disarticolata, con la testa staccata dal corpo e il tronco spezzato.

A mio avviso, tuttavia, a meno che i dissacratori non avessero la precisa intenzione di spostare la posizione delle braccia, una mummia non ha braccia mobili, sia perché il bendaggio le avvince al corpo, sia perché l’essiccazione ha bloccato gli arti in un’immobile rigidità. Resta la remota possibilità che Weigall, Ayrton e Davis avessero trattato la mummia con tale disattenzione al momento del sollevamento del sarcofago, quando cioè i legamenti erano ormai scomparsi e la mummia era in realtà uno scheletro, da modificarne sostanzialmente la posizione.

Il gioiello a forma di avvoltoio Mut che gli studiosi pubblicarono come un diadema, in realtà è un pettorale come ne hanno Tutankhamen ed altri sovrani.

§ 5. Chi, perché e quando?

Per spiegare l’enigma di questa tomba diverse teorie sono state formulate: N. Reeves ritiene si trattasse in origine della tomba di Tiy, a cui venne poi aggiunta la bara di Akhenaten, saccheggiata all’Età di Ramesse IX; H.W. Helck sottolineò come lo scopo del saccheggio fosse estrarre un sarcofago di pietra

17 FILER J., The KV 55 body: the facts, in «Egyptian Archaeology» 17 (2000), pp. 13-14.

Concorda, sostanzialmente, con la precedente analisi (maschio, 18-22 anni): STROUHAL E., in

«Paleopathology Newsletter» 102 (1998), p. 4. Esse concordano anche con la precedente analisi per quanto riguarda il sesso, ma non per l’età, che veniva stabilita fra i 30 e i 35 anni: HUSSEIN F. –

HARRIS J.E., The Skeletal remains from tomb n° 55, in Fifth International Congress of Egyptology

- October 29-November 3, Cairo 1988. Abstracts of Papers, International Association of

Eyptologists (IAE)-Egyptian Antiquities Organisations (EAO), Cairo 1988, pp. 140-141.

18 GRAY P.H.K., Notes concerning the position of arms and hands of mummies with a view to

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(prova in absentia) e che la damnatio fu solo un elemento secondario; J.P. Allen sostenne che il sarcofago fosse stato adattato per Semenkhkara, che si considerava figlio di Akhenaten; M.R. Bell sostenne, come Reeves, che si trattava dell’inumazione collettiva di Akhenaten e Tiy, poi spostata nella tomba di Amenhotep III; A. Dodson identifica l’inumato di KV 55 con Semenkhkara; L. Pinch Brock sostenne che la prima chiusura avvenne ad opera di Tutankhamen e che a una prima intrusione ne seguì una seconda all’epoca di Ramesse IX o nella XXI dinastia (i sacerdoti avrebbero tentato di spostare la sepoltura, ma vi avrebbero rinunciato)19; Gabolde ritiene trattarsi della seconda inumazione di Akhenaten ad opera di Tutankhamen, che voleva così delegittimare il predecessore (che aveva curato la sepoltura amarniana del re) e acquisire maggiore legittimità per se stesso. Il saccheggio e la damnatio memoriae avvennero sotto Ramesse II, ma la tomba era ritenuta appartenere a Tiy; quando si scoprì la vera identità del defunto (solo all’apertura del sacello), si fece di tutto per cancellarne la memoria.

Le teorie secondo cui si trattò di una sepoltura collettiva devono essere rigettate con la constatazione che nella tomba non ci sono oggetti doppi e con due nomi diversi: si tratta quindi di un vero e proprio assemblaggio di oggetti fra i più disparati (alcuni risalenti al regno di Amenhotep III) per creare un solo corredo funerario.

Anche le teorie secondo cui una riapertura della tomba e una damnatio

memoriae vennero condotte sotto Ramesse IX o ancora più tardi vanno parimenti

rigettate: in un’epoca di così grave crisi economica come la XX e XXI dinastia avrebbero lasciato tutto quell’oro (2-3 kg ca.) nella tomba? E, in secondo luogo, tre secoli e mezzo dopo l’esperienza amarniana, chi avrebbe avuto interesse a completare l’opera di damnatio memoriae di un re ormai davvero dimenticato?

Anche la teoria di Gabolde secondo cui i dissacratori ignoravano l’identità del vero occupante della tomba deve essere rigettata: una società altamente burocraticizzata come l’Egitto del Nuovo Regno non disponeva di mappe della necropoli e liste di sepolture? Chi entrò nella tomba sapeva benissimo cosa cercare e come farlo; la dissacrazione è meticolosa e non è necessario postulare che i loro agenti fossero pressati da fretta, poiché si trattò evidentemente di un atto

19 Ammesso che l’intento dei sacerdoti fosse mosso da sincera e unica pietà e non da desiderio di

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governativo e non di un’intrusione illegale; volgari ladri avrebbero rubato l’oro e ignorato i nomi del defunto.

Bisogna ricordare che il corredo è mutilo di alcuni oggetti importanti (sarcofago in pietra, ushabty, provviste): o la sepoltura fu assai sommaria e disattenta o qualcuno asportò il materiale mancante (benché di scarso valore commerciale). Il primo caso mal si addice ad una ri-inumazione come la propone M. Gabolde: in particolare non è chiaro perché Tutankhamen, se mosso da desiderio legittimante mascherato di pietà filiale, non avrebbe messo a disposizione del padre il corredo sottratto ad Ankhkheperura e che venne poi ritrovato in KV 63. Inoltre, aveva Tutankhamen davvero bisogno di cercare legittimazione? Era un bambino di otto anni messo sul trono dai reggenti della Corona: una volta che questi si erano messi d’accordo sulla spartizione del potere, perché cercare una mossa politica legittimante, oltre alle forzate (?) nozze con Ankhesenpaaten e alla sepoltura di Ankhkheperura (ovviamente a carico di Tutankhamen medesimo)?

Sulla base dei dati esaminati, proponiamo questa ricostruzione dei fatti. La KV 55 è una sepoltura primaria di un sovrano morto all’improvviso: data la stragrande maggioranza dell’elemento muliebre alla Corte di el-Amarna, è possibile che il magazzino reale contenesse più oggetti creati per donne che per uomini e si dovette ricorrere ad una modifica per inumare un uomo.

I due successori di Akhenaten sono a questo punto i candidati migliori. È infatti sicuro che Akhenaten sia stato sepolto ad el-Amarna e che i successori spostarono la capitale verso il III anno di regno; se ne deduce che lo Wadi Reale fosse più la necropoli della famiglia amarniana, e che quindi Ankh(et)kheperura e Semenkhkara dovettero essere sepolti a Tebe, benché risiedenti a Menfi.

È vero che i nomi di Semenkhkara e Ankh(et)kheperura non sono presenti nella tomba e per questo Gabolde esclude che si tratti della loro sepoltura: ma non era forse volontà dei profanatori cancellare precisamente la memoria di costoro? È una prova in absentia, ma comunque da non sottovalutare: ritengo che chi profanò la tomba sapesse benissimo chi cercare e come fare. Tiy e Amenhotep III vennero lasciati in pace; Akhenaten venne martellato solo sulle facce esterne del tabernacolo, ma le facce interne e i mattoni magici rimasero inalterati; Kiya non era nemmeno più rappresentata.

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La sepoltura di Ankhkheperura (useremo il nome con voluta ambiguità, per indicare sia Semenkhkara sia Merytaten nell’impossibilità qui di distinguerli) venne curata da Tutankhamen come legittimo successore, ma approntata con scarsa attenzione; è possibile che la Corte (non dimentichiamo che la volontà politica di un bambino di otto anni è praticamente nulla) considerasse Ankhkheperura un usurpatore e, nell’eventualità che fosse stata la vedova di Akhenaten a chiamare Zannanza, un traditore che portò disonore all’Egitto. Parte del corredo che la regina si era fatta preparare venne requisito nei magazzini reali e tenuto da parte per il prossimo lutto regale. Tutankhamen dunque sigillò la tomba che venne riaperta solo durante il regno di Ramesse II per distruggere definitivamente la memoria (e la sopravvivenza spirituale) di un re amarniano.

L’ambiguità sul sesso dell’inumato (braccia da regina, iscrizioni adattate per un re uomo, aspetto del sarcofago generalmente femminile) si adattano, dopotutto, all’ambiguità ingenerata dall’esistenza di re-donna; ambiguità già riscontrate per Hatshepsut e per Ankh(et)kheperura stessa nella resa grammaticale del genere. Se il sarcofago appartenne davvero a Kiya, il che sembra assodato, è possibile che, nonostante le rigorose modifiche in senso maschile della cassa, sia stato utilizzato per un re che era in realtà una donna. Per un uomo la cassa restava atipica sia a causa della decorazione rishi sia per la parrucca nubiana.

L’analisi antropologica, tuttavia, dovrebbe sciogliere i dubbi20; sembra assodato che l’inumato sia di sesso maschile: cade l’ipotesi che si tratti di Ankh(et)kheperura. L’età così giovanile – al massimo 25 – rendono impossibile l’identificazione con Akhenaten. Anche ammettendo che la bara di Kiya sia stata poi adattata per Akhenaten (così le analisi di Gabolde e di Grimm-Schöske; ma perché?), bisogna concludere che alla fine essa venne nuovamente dirottata per formare il ricettacolo della mummia di una altro re, che, essendo maschio e non più vecchio di 25 anni, deve essere necessariamente Semenkhkara (non sapendo nulla di lui, nessun limite ci viene imposto: è un’attribuzione per esclusione).

20 Se C.N. Reeves non insinuasse un importante dubbio: “The uncertainty surrounding the matter

is such that one cannot assume that the full skeleton now residing in the Cairo Museum is that discovered in Tomb 55. Indeed, from the archaeological and first-hand medical information which has survived, it seems highly probable that the body was that of a woman”; REEVES C.N., A

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