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4) IL COMMERCIO DEL RAME NEL QUADRO DEGLI SCAMBI NEL MEDITERRANEO DURANTE L’ETA’ DEL BRONZO

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4) IL COMMERCIO DEL RAME NEL QUADRO

DEGLI SCAMBI NEL MEDITERRANEO DURANTE

L’ETA’ DEL BRONZO

Fig. 4.1 Imbarcazione del TE III, da una stirrup jar rinvenuta ad Asine, House G (da

Frödin e Persson 1938, fig.207:2)

4.1 Introduzione

Sono numerose le tracce presenti nei contesti dell’Età del Bronzo che presentano indizi di contatti a lunga distanza e di relazioni tra popoli del Mediterraneo. Come spesso avviene nell’ambito della ricerca archeologica, però, più sono i dati che emergono dalle nuove ricerche e dai nuovi studi, e più la realtà storica si fa complessa e di difficile interpretazione.

Il commercio del rame e dei metalli è solo una parte del vasto quadro che comprende anche i contatti commerciali di tutt’altro genere, finalizzati allo scambio dei beni di prima necessità e delle ceramiche di uso quotidiano, degli oggetti di lusso e di pregio, che erano oggetti di commercio sia per il loro valore intrinseco, sia per il prestigio che rappresentavano.

Riassumendo comunque alcuni punti di particolare interesse, e valutando in particolare le testimonianze presenti in alcuni siti specifici, si può comunque

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avere un quadro d’insieme degli scambi tra le coste del Mediterraneo, al fine di comprendere se essi seguissero delle specifiche direttrici, che interessano e coinvolgono anche il commercio del metallo.

Dai diversi lavori di sintesi1 risulta evidente che il Tardo Bronzo è

caratterizzato da interconnessioni mai riscontrate precedentemente, che coinvolgono l’intera cornice degli insediamenti e dell’attività umana per tutto il Mediterraneo, con la nuova consapevolezza dei vantaggi e della prosperità derivante dai commerci marittimi. Questo fenomeno risulta particolarmente evidente a Cipro, dove numerose comunità costiere vengono fondate agli inizi del periodo proprio per approfittare delle nuove opportunità commerciali ed industriali. Le migliori espressioni dell’interazione tra le molteplici tradizioni culturali si colgono nell’artigianato di lusso, come ad esempio nei sigilli cilindrici della Tarda Età del Bronzo, che a Cipro mostrano elementi egei, orientali e ciprioti fusi in nuovo stile che racchiude in sè l’essenza dello spirito

cosmopolita del periodo.2

Tra gli studiosi si notano differenti scuole di pensiero, che non concordano sull’intensità e sull’estensione degli scambi di manufatti e di materie prime nella società “premonetaria” dell’Età del Bronzo. Alcuni accettano un modello “minimalista” secondo cui, sebbene i movimenti di merci siano effettivamente aumentati nel Tardo Bronzo, essi non avrebbero raggiunto mai un’intensità notevole, nè sarebbero pervenuti ad un livello paragonabile a quello di epoche

immediatamente successive.3 Altri tendono invece a ritenere che esistesse una

rete commerciale complessa, in cui coesistevano sistemi di scambio su più livelli: da un lato i contatti tra le élite palaziali, gestiti come scambio di doni, e dall’altro un commercio indipendente, orientato al profitto, che interessava in

1 Ad esempio Knapp 1990; Gillis 1995; Knapp e Cherry 1994; Cline 1994, i quali presentano nelle loro pubblicazioni dettagliati riferimenti bibliografici per approfondire i singoli aspetti del commercio nello specifico. 2 Merrillees 2003, 372

3 vd. Kolb 2004, 582-585 e Bibl.Cit.; Kolb rileva anche che nonostante l’importanza dei relitti rinvenuti a sud della costa anatolica, o a Point Iria, comunque i relitti dell’Età del Bronzo sono in quantità estremamente limitata, rispetto ad esempio a quelli relativi al VII-VI sec. a.C., o a epoche ancora posteriori.

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particolare i traffici internazionali.4 C. Gillis, ad esempio, ritiene che il commercio a lunga distanza fosse gestito da intermediari (marinai e commercianti professionisti) che agivano sotto commissione e che, in aggiunta ai loro normali traffici, avrebbero svolto anche mansioni diplomatiche con la

consegna di beni di prestigio.5

Considerando la differenza delle tante culture esistenti nel Mediterraneo, è probabile che il giusto approccio per una comprensione dei contatti commerciali nel Mediterraneo sia di tipo “pluralistico”, partendo cioè dal presupposto che l’interscambio tra i popoli avvenisse con diverse modalità e su vari livelli. Ne è un esempio il mondo egeo, per il quale è stata supposta una sostanziale distinzione tra gli scambi che avvenivano su scala regionale locale, indirizzati ad un “interscambio o concessione di beni” e a una ridistribuzione dei beni provenienti dalle aree extra-egee, e i contatti a lunga distanza con il Mediterraneo orientale e occidentale, che avvenivano con obiettivi di tipo più

commerciale.6

Probabilmente non riusciremo mai ad apprezzare nel dettaglio le dinamiche commerciali e i contatti che esistevano tra le varie regioni del Tardo Bronzo, ma possiamo affermare che i manufatti, insieme alle testimonianze documentarie dell’epoca, le iscrizioni e le pitture parietali, indicano che “...we must envision

strong commercial and cultural interactions between the Mycenaeans and Minoans and the Canaanites, Kassites, Mitanni, Cypriotes, Assyrians, Egyptians, Italians, Sardinians, Sicilians...and the Hittites...”7

4 Cline 1994, 85, 106; Knapp 1991; Knapp and Cherry 1994 5 Gillis 1995, 64-65

6 Gillis 1995, 65; Cline 1994, 86 7 Cline 1994, 107

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4.2 Il quadro d’insieme

Nel Tardo Bronzo, la rete di relazioni tra i popoli è intricata e complessa, e riguarda numerose merci e oggetti di scambio, nonchè influenze culturali e sociali. La vastità del sistema commerciale risulta già chiaramente osservando la

distribuzione delle ceramiche e dei materiali ciprioti e micenei8 nel

Mediterraneo, ma viene ulteriormente evidenziata dalla diffusione del metallo (rame, piombo o stagno) commerciato in forma di lingotti.

Il quadro complessivo delle relazioni regionali e internazionali mostra che il Mar Mediterraneo nel Tardo Bronzo era fondamentalmente un mare “aperto” ai commerci.

4.2.1 Il caso sardo

La provenienza del rame dei lingotti oxhide risulta in molti casi accertata grazie alle analisi LIA, da cui risulta che gran parte del rame era estratto dalle

miniere cipriote.9 Rimangono però ancora questioni non risolte. Non è ancora

chiaro per quale motivo i ciprioti abbiano importato in Sardegna centinaia di lingotti, nè è noto come sia stato organizzato il commercio e la distribuzione di tali manufatti. Analogamente non si conoscono con certezza le motivazioni che hanno spinto i nuragici a collocarli, per lo più frammentandoli, in una gran quantità di ripostigli.

È possibile che il rame cipriota venisse utilizzato in lega con stagno iberico o di provenienza locale, e per questo motivo sia stato frammentato per la produzione di manufatti. È stato anche ipotizzato che ad un certo punto i sardi avessero cominciato a produrre lingotti oxhide anche con rame locale, magari sotto la supervisione dei ciprioti, come potrebbero suggerire i risultati delle

analisi isotopiche dei frammenti da Sedda Ottinnera, Pattada (S8 nel Catalogo).10

8 vedi ad esempio Cline 1994, il quale (pg.91) fa presente che addirittura delle ceramiche micenee sono state rinvenute nella penisola iberica.

9 per le distinzioni del caso, e per una trattazione completa vedi Capitoli 2 e 3.

10 Lo Schiavo 2003, 23-24; per le analisi dei frammenti da Pattada, vd. Begemann e al. 2001, 65 e Paragrafo 3.3.4

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Nella fase più recente del Tardo Bronzo non sono presenti in Sardegna evidenze di commercio di metallo con aree al di fuori dell’isola, mentre sono testimoniate attività di accumulo di frammenti in ripostigli votivi, presso santuari frequentati a lungo, anche in epoche successive, con la conseguente

possibile confusione negli elementi di datazione dei contesti.11

Un fatto sorprendente che riguarda la metallurgia in Sardegna, è la presenza sull’isola di manufatti che tipologicamente non sono autoctoni ma che sulla base delle analisi risultano invece di provenienza locale. Ne sono un esempio i pesanti attrezzi da fabbro di tipologia cipriota, noti da numerose pubblicazioni12. Inoltre, dalle analisi LIA risulta che anche delle asce di stile Iberico-Atlantico erano di manufattura locale, e lo stesso risulta per un’ascia

dalla forma tipicamente centro-italica, anch’essa fabbricata in Sardegna.13

Se la fabbricazione in Sardegna di utensili “ciprioti” (e in rari casi sembrerebbe anche dei lingotti oxhide) è sicuramente una conseguenza dei contatti da tempo attestati tra le due isole, la stessa spiegazione non può essere proposta per i manufatti iberici. Infatti, sebbene esistano testimonianze di contatti tra la penisola iberica e la società nuragica, come armi, ornamenti e utensili, non si notano però rapporti molto approfonditi. Da notare comunque che gli oggetti di tipo iberico in Sardegna sono relativamente comuni, sebbene meno frequenti di quelli ciprioti, e i ritrovamenti sono sparsi anch’essi per tutta l’isola, nei templi e nei santuari (usualmente le armi), e in ripostigli in villaggi e nei Nuraghi (attrezzi e manufatti). Non è raro inoltre che nello stesso sito ci siano sia oggetti di tipo iberico, sia cipriota e locale.

Da tutti questi dati sembra quindi emergerela conclusione che la Sardegna fosse proprio alla confluenza di due mondi troppo distanti tra di loro, l’Oriente e l’Occidente mediterraneo, e che qui convergessero perciò le rotte commerciali di entrambe le aree. È stato anche supposto che le navi provenienti sia dal

11 Lo Schiavo 2003, 23-24 12 Lo Schiavo 2005 e Bibl.Cit. 13 Lo Schiavo 2003, 25

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Mediterraneo orientale che occidentale pagassero dei dazi e delle imposte (gli stessi lingotti oxhide?) pur di aver assicurati dei porti sicuri nei quali scambiare le proprie merci. La Sardegna risulta quindi essere al centro di differenti “sfere d’interazione”, quella Atlantico-Iberica, quella Egea e del Mediterraneo orientale, quella europea, e infine quella del Mediterraneo

centro-orientale (Sicilia e forse Nord-Africa): “a real heaven for all”.14

Questa constatazione non implica il fatto che la società nuragica impiegasse proprie imbarcazioni nei traffici. La Sardegna poteva avere un ruolo relativamente “passivo” negli scambi, anche se ciò non esclude il fatto che esercitasse comunque un controllo di tipo economico sugli scambi, attraverso la

scelta delle navi che potevano attraccare ai suoi porti.15

Considerando i ritrovamenti nell’isola di ceramica egea, e in piccola parte anche cipriota, nonchè la presenza di ceramica nuragica al di fuori della Sardegna, in siti di nota rilevanza nella rete dei contatti internazionali del Tardo

Bronzo, come Kommos16, Cannatello17 e Lipari18, la Sardegna risulta soprattutto

nel periodo finale del II millennio in rapporti più stretti col Mediterraneo

orientale e con la ricchezza e la floridezza degli scambi commerciali esistenti.19

4.2.2 L’Egeo

Risalgono al periodo AM i primi contatti, seppur non ancora continuativi, tra l’Egeo e il Mediterraneo orientale. Spinti dalla ricerca di nuove risorse, i Minoici intrecciarono contatti a lunga distanza all’interno dell’Egeo, con l’Egitto, con il quale sono attestati contatti bidirezionali, e con la costa Levantina, come è testimoniato dalla diffusione delle ceramiche del periodo Protopalaziale nel Mediterraneo orientale. Le fonti documentarie inoltre, grazie

14 Lo Schiavo 2003, 25-28 15

Gillis 1995 sottolinea l’importanza del controllo economico statale esercitato ad esempio con dazi e pedaggi. 16 Shaw 1998

17 De Miro 1999; Lo Schiavo 2006, 1325 18 Bernabò Brea e Cavalier 1980

19 Lo Schiavo 2003 e Bibl.Cit..; Lo Schiavo 2006; sottolineandolo ancora una volta, la partecipazione della società nuragica in tali scambi è evidentemente associata all’industria metallurgica e a Cipro, se si considera che proprio a Kommos, Cannatello e a Lipari sono stati rinvenuti anche dei lingotti oxhide (CR10, MC1 e MC3 nel Catalogo).

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alle tavolette di Mari, risalenti alla prima metà del XVIII secolo a.C., permettono di ipotizzare che le eventuali direttrici del commercio dello stagno, dall’entroterra del Medio Oriente, passassero per Mari; il metallo veniva poi smistato nelle principali città siriane, in particolare Ugarit, passando nelle mani dei mercanti giunti da terre lontane, tra i quali è attestata anche la presenza di genti cretesi. In questo periodo è documentato anche qualche contatto sporadico tra due grandi centri minoici (Kommos e Cnosso) con Cipro, e si può anche in questo caso supporre che la causa principale di tali relazioni fosse la ricchezza

mineraria cipriota.20

Durante il periodo Neopalaziale, Creta raggiunge il massimo grado della sua influenza come potenza marittima. Gli approvvigionamenti di metallo provengono ora in maggior quantità da nuovi giacimenti, che rimpiazzano quelli delle Cicladi. Come risulta dalle analisi LIA, il rame utilizzato in questo periodo infatti proviene ora anche dal Laurion, oltre che da Cipro, nonché da probabili

giacimenti del Vicino Oriente.21

Gli orizzonti commerciali si ampliano, rivolgendosi essenzialmente verso Oriente. Oltre alla presenza nei siti del Vicino Oriente di oggetti cretesi, per lo più ceramica, è da sottolineare che con il termine Keftiu viene nominata l’isola di Creta negli archivi egiziani di questo periodo, fino alla metà del XIV secolo, e qualche individuo di Keftiu viene talora raffigurato nelle tombe dei ricchi faraoni, in scene connesse al trasporto e alla lavorazione dei metalli.

Durante la Tarda Età del Bronzo l’Egeo partecipa attivamente ai contatti a lunga distanza, con caratteristiche e con modalità differenti a seconda dei periodi. Secondo numerosi studiosi fino al TM\TE III A esisteva una sorta di spartizione delle aree di interessamento commerciale tra Minoici e Micenei, i

20 Graziadio 1998, 38-44

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primi avendo gli interessi rivolti esclusivamente verso est ed i secondi invece

interessati maggiormente all’orizzonte occidentale.22

Fino al TM IIIA i centri di maggior richiamo per i beni provenienti dall’Oriente sono essenzialmente situati sull’isola di Creta. I contatti tra Egeo e Mediterraneo orientale, ancora relativamente esigui durante la primà età Neopalaziale, subiscono un drastico aumento nel corso del tempo, raggiungendo l’apice alla fine dell’era Neopalaziale. Tale incremento coinvolge anche i

commerci con Cipro23, e bisogna sottolineare anche lo speciale legame tra Egitto

e la società palaziale minoica durante il TM I-II, che presenta il carattere di

“direct, and therefore directional, trade”.24

Dalle recenti analisi LIA effettuate sui frammenti di lingotti oxhide di Mochlos (TM IB, CR6 nel Catalogo), sui manufatti di Mallia (MM II) e di Rodi (MBA), su alcuni bronzi di Akrotiri, e sui frammenti dei lingotti oxhide da Keos (TM IB-II, E1), risulta che il rame cipriota veniva utilizzato nell’Egeo anche

prima del tracollo minoico.25 Questo contraddice la precedente convinzione che i

Minoici in periodo Neopalaziale escludessero il commercio con Cipro nei loro traffici col Mediterraneo orientale, data la scarsità di manufatti ciprioti in contesti cretesi del periodo.26

Per quanto riguarda il coinvolgimento della Grecia continentale, diversi ritrovamenti di ceramiche micenee testimoniano le relazioni esistenti già durante il TE I-II col Mediterraneo centrale; successivamente, nel TE IIIA, esse

verranno anche imitate localmente.27 In direzione inversa le evidenze di rapporti

non mancano, costituite dalla diffusione estesa nell’Egeo di tipologie di armi tipicamente italiane (Peschiera dagger, winged axe), di ceramiche d’impasto nuragico (a Kommos, nel TB IIIB), e di ceramiche Black burnished dal Sud

22

Gillis 1995; Cline 1994, 106

23 Graziadio 2005; anche i ritrovamenti a Rodi di ceramiche cipriote assumono lo stesso andamento, nell’era Neopalaziale, confermando perciò l’importanza di Rodi come luogo di sosta negli scambi tra oriente eg Egeo; vd. Graziadio 2005, 330 e Bibl.Cit.

24 Cline 1994, 92

25 Graziadio 2005, 324-325, note 13-14 26 Muhly e al. 1988, 283

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Italia (a Kommos e Chania, TB IIIB). Queste testimonianze, che sono rappresentate in buona percentuale da oggetti non di prestigio o di lusso, lasciano supporre che gli scambi tra Micenei e Mediterraneo centrale avessero il

carattere di vero e proprio commercio.28

Senza dubbio anche i contatti tra il Mediterraneo centrale e Creta non sono indipendenti dalla mediazione micenea, dato che le testimonianze relative a commerci non sono mai precedenti al tardo TM IIIA, periodo in cui il ruolo

politico miceneo su Creta è già rilevante.29

I Micenei estendono in modo consistente i propri interessi verso il

Mediterraneo orientale solo successivamente al tracollo minoico30, come risulta

chiaramente dalle grande quantità di ceramiche TE III A2-B diffuse soprattutto a Cipro, ma anche nel Levante. Anche in direzione opposta, in questo periodo si osserva qualche ritrovamento orientale nell’Egeo anche sulla terraferma, come

a Tirinto, che presenta ceramiche cipriote31, senza considerare altri beni, come

gli olii profumati, le spezie, le faience, che vengono citati nelle tavolette in

Lineare B come prodotti d’importazione.32 Nel complesso delle relazioni tra

Micenei e Oriente vanno inoltre inquadrati quei lingotti oxhide che sono stati rinvenuti a Tirinto (E6 nel Catalogo), a Micene (E4), a Kea (E1) e ad Emporio (E2), in quanto prodotti con rame proveniente da Cipro e indicativi di un

interessamento miceneo ai giacimenti ciprioti.33

Nel constatare come siano stati i Micenei i primi in ambito egeo ad interessarsi al Mediterraneo centrale, e come abbiano poi allargato estensivamente i propri rapporti con l’Oriente, alcuni studiosi hanno ritenuto che nelle fasi avanzate del TB i Micenei esercitassero un ruolo di intermediari tra Mediterraneo orientale e centrale. Tale ipotesi è stata sostenuta anche in relazione ai lingotti ritrovati in Sardegna, escludendo che dei mercanti ciprioti

28 Gillis 1995, 72; Knapp 1990, 127-128 29 Cline 1994, 106; Gillis 1995

30 Da considerare che comunque alcuni ritrovamenti ceramici micenei a Cipro risalgono anche a epoche precedenti, sebbene siano casi rari; vedi Graziadio 2005, 329 e Bibl. Cit.

31 Knapp 1990, 122 e Bibl. Cit. 32 Gillis 1995, 68 e Bibl. Cit. 33 Vedi Capitolo 2 e 3

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fossero giunti fin sull’isola.34 In realtà sembra accertato che i Micenei avessero su scala internazionale un ruolo subordinato nella distribuzione dei lingotti oxhide, sebbene ne controllassero la diffusione a livello locale una volta che tali manufatti entravano nella sfera nel mondo egeo, come si vede anche nelle

tavolette in Lineare B di Pylos.35 Al contrario, sembra chiaro che in molti casi

siano stati mercanti ciprioti a diffondere in Oriente (e in misura minore in Occidente) i prodotti micenei.

La totale assenza in contesti egei dei pesanti strumenti da fabbro che invece sono tipici dei ripostigli sardi e ciprioti, sembra confermare che l’estrazione primaria dal minerale avvenisse in altre aree, e che il rame venisse invece per buona parte importato, come appunto è suggerito dalla presenza dei lingotti

oxhide sia nella Creta Minoica che nella Grecia Micenea.36

La distribuzione delle importazioni nell’Egeo, sia da Oriente che da Occidente, fa presupporre l’esistenza di scambi “direzionali”, cioè che alcuni siti, come Micene, Tirinto, Cnosso, Kommos (e Mochlos in fasi più antiche

dell’Età del Bronzo), fossero delle mete privilegiate per il commercio.37 Queste

città presentano una concentrazione di importazioni più elevata rispetto a tutto il resto delle coste e dell’entroterra, per cui si ipotizza che fosse effettuata una redistribuzione su scala regionale, che metteva in comunicazione i vari centri e villaggi (Fig.4.2).38

Bisogna inoltre considerare che alcune importazioni potevano essere effettuate tramite navi che effettuavano viaggi di porto in porto, non in maniera

direzionale, o tramite specifici viaggi di tipo esclusivamente “diplomatico”.39

34 Gillis 1995, 74; Balmuth 1992, 689; al contrario, in Lo Schiavo e al 1985 veniva proposta la teoria per cui degli artigiani metallurghi ciprioti si fossero stanziati in Sardegna nel XII sec. a.C.

35 Dalle tavolette risulta che il rame veniva introdotto nell’Egeo proprio sotto forma di oxhide: Knapp 1990, 137, nota 197.

36 Knapp 1990, 137

37 Cline 1994, 86-87; Cline propone anche la teoria per cui specifici rapporti privilegiati esistessero tra Tirinto e Cipro, tra Micene ed Egitto, tra Tebe e Mesopotamia, e possibilmente tra Kommos e l’Italia.

38 Cline 1994, 88-89 39 Cline 1994, 87

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Fig. 4.2 Modello che sintetizza il commercio interno e la distribuzione di manufatti

importati nel mondo egeo, secondo the directional gateway model (da Cline 1994, pag.89, fig.18)

Tra tutte i siti dell’Egeo, quello che ha prodotto le prove più significanti di traffici a livello internazionale è Kommos (vd. Paragrafo 2.3.1, CR10 per i

ritrovamenti di lingotti oxhide ciprioti). Le testimonianze, fondamentalmente di

tipo ceramico, mostrano importanti contatti con Cipro e col Levante già dall’inizio del MM, e tali relazioni perdurano nei secoli, raggiungendo il culmine nel TM III A1, nell’epoca del controllo politico miceneo sull’isola di Creta. Per quanto riguarda i contatti con l’Italia e la Sardegna tale picco si

raggiunge successivamente, nel TM III A2\B.40

In sostanza, grazie alla vicinanza ad Ayia Triada, un sito di primo piano in quest’epoca in Creta meridionale, la città mantiene il suo ruolo di gateway per i beni provenienti dall’Oriente. Sebbene tale ricchezza di ritrovamenti non-cretesi abbia fatto inizialmente ipotizzare la presenza di mercanti e viaggiatori esteri insediatisi in città, in realtà le prove in tal senso sono scarse: le ceramiche egiziane e cananee sono essenzialmente di forma chiusa, e potevano essere importate semplicemente come contenitori, e anche le ceramiche cipriote

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possono essere interpretate come oggetti introdotti per vie commerciali (per quanto riguarda Cipro la problematica rimane comunque più complessa, anche a causa della maggiore varietà delle ceramiche cipriote presenti). Le ceramiche italiane e sarde risultano essere particolarmente numerose, ma anche in questo caso non si può supporre che degli individui provenienti dal Mediterraneo

centrale si fossero insediati a Kommos.41

4.2.3 La città di Ugarit

Sulle coste levantine, anche la città di Ugarit (Minet el-Beida, sito portuale, e il palazzo di Ras Ibn Hani, costruito nel XIII sec.) fornisce considerevoli informazioni sui contatti esistenti tra le varie civiltà del Mediterraneo orientale nella Tarda Età del Bronzo, fino alla distruzione della città, nel 1285 a.C. Legami e interconnessioni culturali appaiono nella religione, nelle arti, nello stile di vita e nella cultura materiale, mentre il rame e lo stagno sono tra i più importanti materiali semi-lavorati che venivano importati in grande quantità. Non va dimenticato che da Ras Ibn Hani proviene l’unica matrice in pietra finora ritrovata per la produzione di lingotti oxhide, e che attorno all’oggetto erano presenti dei grumi di rame (SIR nel Catalogo) che dalle analisi LIA risulta essere di origine cipriota.42

La città importava abbondantemente ceramiche provenienti da Cipro e dall’area micenea, di qualità migliore di quelle prodotte localmente. Il considerevole volume degli scambi e la frequentazione assidua di determinate rotte risulta evidente proprio dalla quantità delle ceramiche micenee importate, prodotte in quelle regioni e in quelle isole che partecipavano alla rete di contatti,

come Rodi, l’Argolide, la Caria e la stessa Cipro.43

Ugarit è situata in una locazione geografica favorevole, e le testimonianze scritte ricavate dagli archivi della città ci rivelano il carattere cosmopolita di

41 Shaw 1998, 22

42 vd. Paragrafo 2.3.5; Yon 2003; Gale 1989, 255, fig..29:18; Lagarce e al. 1983, 277-290 43 Yon 2003, 48

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questo centro ricco e popoloso, in cui erano presenti genti provenienti da tutte le parti del mondo, dall’Egeo, da Cipro, dall’Egitto e da tutta la costa levantina, residenti in città e nell’area portuale. Importante inoltre il ruolo da intermediario che svolgeva la città per l’approvvigionamento dello stagno per il Mediterraneo.

Lo stesso dicasi per altri materiali orientali, come l’avorio.44

Il periodo di floridezza di Ugarit rispecchia una situazione di relativa tranquillità delle rotte commericali e di sviluppo economico che interessa tutto il Mediterraneo orientale, fino al turbolento periodo in cui compaiono i Popoli del Mare. Il porto e la città funzionavano da centro primario di distribuzione per vari tipi di prodotti, dalle ceramiche ai materiali semi lavorati, comprendendo anche

numerosi prodotti agricoli come grano e olio.45

4.2.4 Egitto, il caso Marsa Matruh

Un altro insediamento che, nonostante le sue dimensioni modeste fornisce notevoli testimonianze sulle comunicazioni inframediterranee è quello di Marsa Matruh, e più specificatamente la Bate’s Island, una piccola isola situata lungo la linea di costa della regione lagunare marmarica, a 300 km a ovest del Delta del Nilo, in cui sono situati i luoghi più sicuri di approdo nel raggio di centinaia di chilometri. Le evidenze archeologiche presenti sull’isola appartengono ad un arco di tempo che va dalla fine del XV alla seconda metà del XIII sec. a.C., e forse le frequentazioni continuarono sporadicamente anche nel XII sec. Si può supporre, sia per le sue modeste dimensioni, sia per il fatto che gli insediamenti preistorici presenti sulla adiacente linea di costa sono stati probabilmente obliterati nei secoli successivi, che l’isola rappresenti solo una limitata parte di un complesso di insediamenti più vasto, e che l’insediamento principale di

Marsa Matruh fosse situato sulla terraferma.46

44 Yon 2003 e Bibl. Cit. 45 Yon 2003, 49 46 White 2003, 72-73

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L’isola ha restituito segni di attività industriale, in quanto è presente un piccolo laboratorio metallurgico, come testimoniato dalla presenza di resti di due fornaci, tuyères e scarti di metallo che hanno fatto supporre che vi si praticasse la fusione secondaria di rame e bronzo per la produzione di manufatti

da utilizzare localmente o da scambiare.47

La classe più comune sull’isola è rappresentata dalla ceramica, proveniente da varie aree del Mediterraneo orientale. Tutte le ceramiche risultano d’importazione, anche quelle che inizialmente erano state considerate di produzione libica, e sono riconoscibili come egiziane, cananee, cipriote, micenee (relative al TB III A-B) e anatoliche. Le ceramiche cipriote di Marsa Matruh, circa l’80% di tutto il repertorio rinvenuto, rappresentano il più grande ritrovamento finora attestato ad ovest di Cipro. Da considerare anche il ritrovamento di numerose uova di struzzo in livelli del Tardo Bronzo, che potrebbero essere inserite tra i beni commerciati dagli abitanti dell’isola, insieme

a cibo, acqua, e forse legname e carbone.48

Le teorie circa il carattere dell’insediamento sono state molteplici, ma secondo la più convincente l’isola rivestiva un ruolo di stazione di passaggio per quelle navi che transitavano lungo la costa nella rotta tra Creta e la costa nord-orientale dell’Egitto.49

4.2.5 L’importanza dei relitti

I relitti di Ulu Burun e Capo Gelidonya sono tra i ritrovamenti che hanno fornito la maggior quantità di informazioni sui commerci e gli scambi nel Mediterraneo. Infatti, come già accennato (Capitolo 2 e 3), tali relitti presentano un carico dal carattere fortemente internazionale, specialmente il relitto di Ulu Burun, di cui facevano parte materiali dalla provenienza estremamente eterogenea. Senza ripetere in dettaglio le classi di manufatti e di materiali

47 White 2003 e Bibl. Cit.

48 White 2003, 72-73 e Bibl. Cit.; Gillis 1995, 68 49 Knapp 1990, 123; White 2003, 75

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semilavorati presenti a bordo50, in questo contesto è utile sottolineare però alcuni ritrovamenti che collegano idealmente la rotta delle due navi con dei siti e delle regioni dislocati per tutto il Mediterraneo orientale e centrale.

Tra tutti i materiali, spicca la gran quantità di rame sotto forma di lingotti presente a bordo del relitto di Ulu Burun (vd. Paragrafo 2.3.4, UB), che come si è detto proviene da Cipro. Le analisi LIA sul metallo dei manufatti hanno invece rivelato altri giacimenti d’origine, del Laurion, ma soprattutto del Taurus in

Anatolia.51 La presenza a bordo del più grande quantitativo di stagno finora

attestato in un sito dell’Età del Bronzo, sebbene non se ne sia potuta accertare la provenienza, conferma inoltre inequivocabilmente che il prezioso metallo veniva commerciato in grandi quantità dal Mediterraneo orientale verso l’Egeo, e forse anche oltre.

Ma il metallo è solo uno dei tanti beni che transitavano lungo questa direttrice. Le giare cananee, presenti in gran quantità nel relitto di Ulu Burun (circa 130), sono state rinvenute anche in altri siti noti per la loro importanza negli scambi internazionali, come Marsa Matruh e Kommos. Anche i pithoi costituiscono un indicatore dell’estensione dei traffici marittimi del Tardo Bronzo, e 10 di essi, rinvenuti nel carico di Ulu Burun, trasportavano olio, frutta e ceramica fine cipriota. Tali contenitori di probabile derivazione cipriota (TC IIC-IIIA) sono presenti in numerosi siti sparsi per tutto il Mediterraneo: a Cipro, in cui venivano utilizzati come contenitori di olio d’oliva (nei magazzini di Kalavassos e Maroni), a Creta (Kommos), in Sardegna (Nuraghe Antigori), e nel

relitto di Capo Iria.52 Evidentemente tutti questi siti erano in qualche modo

correlati alla stessa rete di contatti.

Le ceramiche micenee, fondamentalmente del periodo TE III A2, sono presenti in proporzione minore, e probabilmente fanno parte degli oggetti di

proprietà personale dell’equipaggio.53

50 vedi bibliografia riferita nel Paragrafo 2.3.4

51 Stos-Gale e Gale 2003, 95, Plate XIX a-d; vd. Paragrafo 3.3.3

52 Lolos 2003; la nave naufragata a Capo Iria ha una probabile origine cipriota. 53 Knapp 1990, 120

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Anche il relitto di Capo Gelidonya presenta materiale eterogeneo, sebbene il carico presenti comunque una caratterizzazione “orientale”, in quanto le ceramiche a bordo sono per la maggior parte di tipo cipriota e levantino, e solo

in minor quantità di origine micenea.54 Inoltre, i lingotti di rame sia oxhide che

piano-convessi provengono da Cipro (Paragrafo 2.3.4, CG)55, e gli utensili da

stagnino sono anch’essi di derivazione cipriota.56 La nave aveva diverse

destinazioni, e vi si praticavano scambi al dettaglio. Sebbene toccasse diversi porti lungo il tragitto, ciò non significa comunque che gli scambi non fossero in

qualche modo direzionali.57 Probabilmente infatti l’equipaggio sapeva bene

quali fossero le città con maggiore possibilità di acquirenti, per cui potrebbe aver viaggiato in gran parte sotto commissione, trovando ad ogni porto altri eventuali acquirenti occasionali. Probabilmente, perciò, il proprietario della nave era un mercante professionista indipendente (anche se non è da escludere del

tutto che potesse essere al servizio di un’autorità statale).58

A differenza di questi due relitti, nei quali la grande quantità di lingotti è una testimonianza diretta dell’importanza del metallo negli scambi infra-mediterranei, il relitto di Capo Iria, nel golfo dell’Argolide, non presenta alcun oggetto di metallo a bordo. È approssimativamente contemporaneo al relitto di Capo Gelidonya (fine XIII sec.), e probabilmente la nave era anche della stessa stazza. Il carico consiste in questo caso di grandi contenitori in ceramica, come in particolare i pithoi ciprioti (TC IIC-IIIA) che probabilmente trasportavano frutta o cibo. Questo fa supporre che Cipro fosse una delle prime tappe, se non il punto di partenza, del viaggio. Il fatto che non ci fosse metallo a bordo, e il rinvenimento di ceramiche sia micenee (two-handled jars, TE III B2) sia cretesi (stirrup jars, TM III B2, che erano utilizzate soprattutto per il trasporto dell’olio

54 Bass 1991, 69-70 55 Stos-Gale e Gale 2003, 96

56 Bass 1967; 1991; da ricordare anche la presenza dei resti di alcuni tripodi di tipologia cipriota. 57 Cline 1994, 86

(17)

d’oliva), ha fatto supporre che la nave avesse fatto scalo in qualche città egea,

magari scambiando un quantitativo di lingotti oxhide con le ceramiche locali.59

Sulla base del relitto di Capo Iria, si può supporre che attorno al 1200 a.C. il commercio tra l’Argolide e il Mediterraneo orientale fosse frequente e regolare, e che il carico fosse l’espressione del traffico ordinario di beni primari, piuttosto che di una nave “speciale” commissionata da una qualche autorità centrale.60

Questi tre relitti seguivano le usuali rotte, dal Vicino Oriente verso il Mediterraneo centrale. Tali rotte partivano dall’Egitto, dalla costa Sirio-Palestinese e da Cipro, e raggiungevano Creta lungo le coste dell’Asia Minore attraverso Rodi, o anche lungo la costa libica. Da Creta, le navi si indirizzavano poi verso la Grecia, il Peloponneso in particolare, e continuavano il viaggio

verso le coste italiane, la Sardegna e la Sicilia (Fig.4.3).61

Fig. 4.3 Probabili rotte marittime lungo il Mediterraneo durante la Tarda Età del Bronzo

(da Cline 1994, 94, Map 4)

59 Kolb 2004, 584 e Bibl.Cit. 60 Vichos 1998

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4.2.6 Cipro

Dopo il relativo isolamento durante i primi secoli dell’Età del Bronzo, nel tardo MC Cipro comincia ad avere un ruolo dinamico nella rete commerciale orientale, evidenziato soprattutto dai molti siti levantini che presentano importazioni cipriote in quantità. Dal MC III in poi si intensificano notevolmente anche gli scambi e i contatti con Creta Neopalaziale. Inoltre, la presenza di ceramica cipriota nella capitale degli Hyksos Avaris\ Tel el-Dab’a, e contemporaneamente la presenza di ceramica egiziana in contesti tardo MC III e TC I (la ceramica Tell El Yahuduyeh, che si diffonde anche per la costa

levantina) testimonia dei primi rapporti intensi con l’Egitto.62

Nel corso del TC gli orizzonti ciprioti si allargano ulteriormente, con l’inizio di un periodo ricchissimo di interazione tra Cipro e l’Egeo. Da sottolineare che la scrittura cipro-minoica ha le prime attestazioni proprio nel TC I (a Enkomi). La sua comparsa proprio verso il 1500 a.C. è da collegare con lo sviluppo delle città cipriote della costa meridionale ed orientale, che la utilizzavano come strumento di amministrazione, soprattutto ad Enkomi, ma

anche nel palazzo amministrativo di Kalavassos.63

Abbiamo già detto che Cipro nel Tardo Bronzo si trova ad essere una vera e propria “testa di ponte” tra le civiltà orientali e quelle Egee ed occidentali, in un’era in cui l’isola attraversa un particolare periodo di floridezza dovuto all’incremento della produzione del rame e dell’industria metallurgica. Sono attestati intensi contatti, anche a lungo raggio, con l’Egeo (Kommos e il

Peloponneso soprattutto), la valle del Nilo, e le coste sirio-palestinesi.64 Inoltre,

è stato anche ipotizzato che Cipro facesse da tramite tra l’Egeo e il Levante, e che la distribuzione della ceramica micenea in Oriente sia perciò dovuta alla mediazione cipriota. Tale ipotesi verrebbe rafforzata dalle iscrizioni

62 Graziadio 1998, 57-61; Karageorghis 2002, 11-15 e Bibl. Cit. 63 Dikaios 1971; South-Todd 1985; South 1989

(19)

minoiche presenti sui vasi micenei rinvenuti nel Levante e in Egitto, che sono

peraltro attestate anche su alcune ceramiche di Tirinto.65

La situazione socio-politica interna a Cipro sicuramente è correlata all’incremento economico, ed è stato supposto che l’esplosione di attività economica sia stata associata alla perdita di controllo da parte di un potere centralizzato, a favore delle élites locali capaci di gestire la produzione e lo

smercio del rame.66 I dati archeologici mostrano una diffusione del rame cipriota

in rapida ascesa, la cui richiesta arriva ormai da tutto il Mediterraneo centro-orientale. Lingotti oxhide giungono in gran quantità fino in Sardegna, in Corsica e nelle coste del sud della Francia, e manufatti bronzei fino a Creta, Ugarit, le

Cicladi e tutto il mondo miceneo.67

A partire dal TC II si è detto che a Cipro sono numerosi i rinvenimenti di

ceramica micenea TE III A2-B.68 Questo in primo luogo dipende dal fatto che la

Grecia continentale diviene, dalla fine del TE III A, una regione privilegiata per i contatti e le relazioni con l’Oriente e con Cipro. Anche Creta, come si è detto, in questo periodo continua a mantenere i suoi contatti con l’oriente, in particolare con Cipro, tramite città come Kommos e Pseira che mantengono il

loro ruolo di gateway commerciale per l’Egeo.69

Nel periodo tra il XIV e il XIII sec. a.C., epoca in cui l’Egeo è maggiormente coinvolto in contatti sia con l’Oriente che col Mediterraneo

centrale70, Cipro subisce una forte ondata di “urbanizzazione”, che coinvolge

soprattutto le città costiere (come Enkomi, Kalavassos-Ayios Dimitrios,

Maroni-Vournes, Kition, Alassa-Pano Mantilares). I due fatti potrebbero essere

connessi, e l’espansione urbanistica e la diffusione delle ceramiche micenee a Cipro suggerisce che si fosse stabilito un commercio di vaste dimensioni di

65 Graziadio 1998, 172-178 66 Knapp 1990, 149 e Bibl. Cit.

67 vd. Knapp 1990, 134; vd. anche Capitolo 3. 68 Gillis 1995, 69

69 Cadogan 2005, 320; Cline 1994; Gillis 1995 70 Cline 1994

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rame, tra Cipro e l’Egeo.71 Ciò non significa che l’urbanizzazione di Cipro sia una diretta conseguenza dei contatti con l’Egeo, in quanto una fase “proto-urbana” già sembra avviarsi agli inizi del TC I, ma probabilmente i contatti con l’Egeo sarebbero stati per l’isola di Cipro uno stimolo e una garanzia di ricchezza.72

Nel periodo di maggiore sviluppo economico e sociale, Cipro usa anche le rotte commerciali che vanno oltre l’Egeo, fino alle coste dell’Italia meridionale, della Sardegna e della Sicilia. Infatti, oltre ai lingotti oxhide rinvenuti in

Sardegna e nel Mediterraneo centrale73, vasi ciprioti sono stati rinvenuti già in

contesti del XIV sec. a.C. in Sicilia, a Thapsos e a Cannatello, a Siracusa, nella zona di Agrigento, e in Sardegna, dove un vasto repertorio di manufatti di tipo cipriota lascia intendere una continuativa interrelazione tra Cipro e la società nuragica.74

La tipologia di ceramica cipriota che testimonia più di altre l’internazionalità dei contatti nel Mediterraneo durante il tardo XIV e il XIII secolo è il pithos, un grande contenitore dal corpo conico-ovale senza manici (Fig.4.4), caratteristico del TC IIC-IIIA, la cui distribuzione può essere tracciata da Ugarit fino in Sardegna (Antigori) e in Sicilia (Acragas e Cannatello). I pithoi (oltre ad essere presenti nel carico dei relitti di Capo Iria e di Ulu Burun) sono particolarmente frequenti in vari siti a Cipro, a Hala Sultan Tekke,

Pyla-Kokkinokremos, Kalavassos-Ayios Dhimitrios, Myrtou-Pigades,

Maa-Palaeokastro, Kommos e altre città.75

Così come le giare cananee sirio-palestinesi, i pithoi sono una classe di contenitori dalla forma chiusa utilizzati per i commerci a lunga distanza su nave.

71 Knapp 1990, 121 e Bibl. Cit.; Stos-Gale e al.1997, 110-114; Tab.6; Fig.11

72 Cadogan 2005, 313; gli sviluppi architettonici e tecnici del periodo sono perfettamente inquadrabili come sviluppi locali, o forse come influenze levantine e comunque dell’area mediterranea orientale. Vd. anche Cadogan 2005, 321.

73 vd. Paragrafi 2.3.7 e 2.3.8

74 Graziadio 1998, 164-166; Karageorghis 2002; Lo Schiavo 2005 e Bibl. Cit.; Several connections have been identified, in most cases related to the sphere of tools used for metalwork, such as heavy double axes and hammers, tongs and charcoal shovels. Tripods of Cypriot type are both imported and locally imitated in Sardinia, as well as some type of metal vessels found in Sicily

(21)

Grazie alle analisi compiute su esemplari ritrovati in vari contesti, è stato

accertato che erano usati per trasportare olio o frutta, e ceramiche fini.76

Fig.4.4 Esemplare di pithos cipriota (KW255), dal relitto di Ulu Burun (da Pulak 1997,

pag. 242, fig.10)

Figura

Fig. 4.2  Modello che sintetizza il commercio interno e la distribuzione di manufatti
Fig. 4.3  Probabili rotte marittime lungo il Mediterraneo durante la Tarda Età del Bronzo

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