ARCHIVIO DI STATO DI PISA
OSPEDALI RIUNITI S. CHIARA DI PISA
Inv. 15-I
Cenni sulla fondazione dell’ospedale e suoi privilegi
Fin da epoca remota esistevano a Pisa diversi piccoli ospedali, ma quello da cui derivò l’attuale nosocomio sorse in modo singolare: a seguito di una condanna papale. I Pisani erano stati scomunicati dal papa Gregorio IX, perché una flotta pisana e siciliana – per ordine dell’imperatore Federico II di Svevia – aveva assalito e catturato presso l’isola del Giglio, nel 1241, i prelati che su navi genovesi si recavano a Roma ad un concilio, nel quale doveva essere dichiarato deposto il detto imperatore. Nonostante gli sforzi e le precauzioni prese dal governo, la scomunica provocò in Pisa un grave disagio morale, sentito particolarmente dalle anime pie, che non potevano accostarsi ai Sacramenti, assistere alla Messa ed alle altre funzioni religiose, partecipare alle preghiere ed alle indulgenze concesse dalla Chiesa. Ma certamente non meno importanti e sentite furono le conseguenze di carattere giuridico ed economico che la scomunica portava con sé. Naturale quindi che al governo pisano premesse di rappacificarsi con la S. Sede quanto prima e spiasse l’occasione più favorevole. Eletto (dopo i pontificati di Celestino IV e di Innocenzo IV) Alessandro IV, a lui i Pisani si rivolsero, per il tramite del suo penitenziere fra Mansueto dei Tanganelli, per ottenere la revoca della scomunica. Questo papa, per quanto perseguisse una politica antisveva simile a quella dei suoi predecessori, preoccupato dei progressi che il partito ghibellino stava facendo in tutta Italia per impulso del re Manfredi, si dimostrò disposto a perdonare la grave offesa del 1241 e, con privilegio del 23 marzo 1257 commise a fra Mansueto l’autorità di assolvere i Pisani dalla scomunica a condizione però che sborsassero lire 10000 per la fondazione di un ospedale per gli infermi da versarsi in cinque anni, e cioè duemila lire l’anno, che giurassero di non molestare mai più i legati della S. Sede e riconoscessero come imperatore colui che fosse stato approvato dalla S. Sede
1.
Per facilitare la costruzione il detto papa emanò una serie di privilegi: concesse al maestro e governatore di detto ospedale la facoltà di prendere il legname occorrente dalla Garfagnana, che era di spettanza della S. Sede
2, esentò i suoi beni da ogni tassa e colletta ecclesiastica
3; gli concesse l’esenzione dalla giurisdizione dell’Ordinario e del Capitolo della Primaziale e da qualunque altro superiore ecclesiastico e secolare, dichiarandolo unicamente sottoposto alla Chiesa Romana; unì ad esso tutti gli ospedali esistenti a Pisa, ad eccezione dell’ospedale di Rinonichi in Cascina, dell’ospedale posto nella carraia di S. Andrea di Casanvilia in Kinzica
4; concesse ai frati dell’ospedale di chiedere elemosine in tutte le chiese
5; incitò i cittadini a lasciare beni ad esso, concedendo indulgenze plenarie ai benefattori
6; e finalmente gli assegnò un simbolo, costituito dal nesso delle lettere capitali A ed E (Cioè le iniziali di Alexander episcopus), sormontato da una croce
7. Alti privilegi furono concessi dai successori del predetto papa: Adriano IV ordinò che l’ospedale non potesse essere chiamato in giudizio fuori della diocesi di Pisa.
Anche il Comune dimostrò sempre grande sollecitudine per il Nuovo Ospedale: dispose che a nessuno sarebbe stato permesso di edificare nello spazio che esisteva fra esso ed il Battistero; esentò dalle imposizioni i suoi oblati ed i suoi beni; promise di difendere gli uni e gli altri di fronte ad altre autorità tanto civili che religiose
8; gli concesse una sovvenzione annua di lire 25
9.
Poiché poi dei legati di ultima volontà andavano perduti ed alcune controversie in cui era parte l’Ospedale si protraevano da oltre un triennio, il Consiglio del Senato e della Credenza, ad istanza del maestro e delle suore dell’Ospedale, concesse che le persone ed i beni di detto Ospedale fossero sotto la protezione del Capitano del Popolo e che quest’ultimo avesse competenza di dirimere tutte le cause e controversie tanto civili quanto criminali relative a detto Ospedale e che difendesse i suoi membri contro coloro che li molestassero ingiustamente
10.
L’Ospedale Nuovo detto anche della Misericordia di S. Spirito o di Papa Alessandro, prosperò e si ingrandì in virtù delle numerose donazioni e lasciti che ricevette
11.
Le sue possessioni erano moltissime e di notevole valore. Per lo più si trovavano a Pisa (Barbaricina, S. Biagio a Cisanello, S. Giusto in Canniccio, S. Giovanni al Gatano, S. Iacopo in Orticaria, S. Marco alle Cappelle, S.
Michele degli Scalzi, S. Marco in Calcesana)
12, in Val di Serchio, Val d’Arno, Val di Cascina, Val d’Era, ai piedi dei monti pisani, nelle Colline inferiori pisane ed anche nel livornese e nella Maremma Toscana e cioè nei seguenti Comuni e frazioni: Asciano, Arena, Bottano, Colognole, Colignola, Filettole, Gello, Ghezzano, S. Giusto a Campo, Limite e Corazzano, Malaventure, Mezzana, Metato, Lugnano, Quosa o Piana le Mulina, Nodica, Pappiana, Pugnano, Vecchiano, Vecchializio, S. Vittorio a Campo, Ponsacco, Rosignano, Cascina, Casciavola, S.
Cascaino, S. Frediano a Settimo, S. Giorgio a Bibbiano, S. Lorenzo alle Corti detto Pagantico, Laiano, Macerata, Oratoio, Putignano, Ciglione, S. Ermete
13, Nugola e Montemassimo
14, Titignano
15, S. Lorenzo, Marciana, S.
Martino a Vignola, Barbaricina
16, Pontedera, S. Lucia, S. Andrea a Perignano, Cenaia
17, Cevoli, Agnano, Calci,
1 Archivio di Stato di Pisa (da ora in avanti abbreviato A.S.P.), Ospedali di S. Chiara, n. 1 e 3 r. –4 t.; Cfr. A. Feroci, Degli antichi spedali in Pisa, Pisa, 1896; G.
Del Guerra, L’ospedale pisano di papa Alessandro, Pacini-Mariotti, Pisa, 1931; A. Del Guerra, Gli ospedali riuniti di S. Chiara in Pisa, in “Gazzetta Sanitaria”, n. 9, anno 1949; Gli spedali riuniti di S. Chiara nel VII centenario della fondazione, Pisa, 1957.
2 A.S.P., Diplomatico ospedale nuovo, 1257 agosto 25.
3 A.S.P., Diplom. Spedale nuovo. 1259 sett. 5.
4 A.S.P., Diplom. Spedale nuovo, 1257 lug. 28; idem. 1258 gennaio 28; idem, 1258 luglio 28; idem, 1258 settembre 7.
5 A.S.P., Diplom. Spedale nuovo, 1260 mag. 5.
6 A.S.P., Diplom. Spedale nuovo, 1260 mag. 9; idem, 1260 giugno 1.
7 A.S.P., Diplom. Spedale nuovo, 1260 giugno 1.
8 F. Bonaini, Statuti inediti della città di Pisa, vol. I, Firenze, 1854, Breve Pisani Communis, libro I, cap. XXIII, pp. 81-82 e appendice, nn. IV, V, pp. 649-650.
9 F. Bonaini, Statuti cit., vol. I, libro I, Breve Pisani Communis, cap. LVII, p. 134.
10 B. Casini, Magistrature deliberanti del Comune di Pisa e leggi di appendice agli Statuti, p. 146, n. 29, 1318 aprile 7.
11 Vedi a questo riguardo oltre le pergamene dell’Ospedale anche la serie dei contratti e testamenti, nn. 2-60.
12 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, nn. 98 segg.
13 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, nn. 140, 141, 142.
14 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, n. 143.
15 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, n. 146.
16 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, n. 147.
Montemagno, Caprona, Noce, Cucigliana, S. Giovanni alla Vena, Vicopisano, Buti, Rotta, Bientina, Calcinaia, Appiano, Petriolo, Visignano, S. Sisto, Zambra, Navacchio, S. Prospero, Casciavola, S. Maria a Trebbio, Marciana minore, Arbavola e Cafaggiareggio, Ripafratta, Rigoli, Orzignano, Tabbiano, Covinaia, San Martino a Vulmiano, S. Andrea in Pescaiola, Avane, Macaggio, Campolungo, Santo Pietro, Capannoli, Casanuova, Terricciola, Morrona, Rivalto, Chianni, Montecastello, Marti, Usigliano, Palaia, Partino, Legoli, Montefoscoli.
Forcoli, Peccioli, Guizzano, Montecchio, S. Ruffino, Colle Montanino, Bagno ad acqua, Soiana, Laiatico, Lari, Crespina, Tripalle, Tripalle, Migliano, Luciana, Orciano, Gabbro, Castellina, Pomaia, Riparbella, Bibbona, Montescudaio, Guardistallo, Piombino, Livorno, Marrana, Solaia, S. Rimedio
18.
Generalmente le case di Pisa erano date in affitto e le terre del contado concesse a livello.
Nel Trecento l’Ospedale aumentò d’importanza e di prestigio ed ebbe sotto la sua giurisdizione altri ospedali, i quali erano tenuti a pagarli un annuo tributo. Fra questi si ricordano:
L’Ospedale di S. Michele di Montecchio (donazione di Ugolino Rustichi di S. Gimignano), l?ospedale di S.
Iacopo del Borgo di S. Marco in Kinzica (donazione di Bonaventura di Macerone), l’Ospedale di S. Maria Maddalena di Piombino, l’Ospedale di S. Iacopo di Rio nell’isola d’Elba, l’Ospedale di S. Michele di Forcoli, l’Ospedale di S. Maria di Spazzavento, l’Ospedale di S. Niccolò di Rosignano, l?Ospedale di Marti (donazione di Boldrigo di Ferranti); i seguenti ospedali di Sardegna: Ospedale di S. Lucia di Villa, Ospedale di S. Maria Musca de Lella nel comune di Sassari (donazione di ser Mariano Morogno, 6 agosto 1310), Ospedale di S. Spirito di Rosata di Gallura (donazione di Bennato da Lunigiana, 1266), Ospedale di S. Ranieri di Villa Massargia (donazione di maestro Trovadore, confermata dal vescovo Suscitano); i seguenti ospedali di Corsica: Ospedale di S. Niccolò di Belvedere, Ospedale di Cardo; ed infine l’Ospedale di S. Chiara nelle Terre Nuove di Sicilia (donato da Fina, ved. Di Bonaventura di maestro Bartolommeo)
19.
L’Ospedale di Pisa aveva patronati sopra la chiesa di S. Salvadore di Ponte (per testamento di Iacopo Gualandi), la chiesa di S. Bartolommeo dei Lanfranchi (per testamento di Betto del Pellaio Lanfranchi), la chiesa di S.
Alessandro (per testamento di Iacopo Gualandi), l’altare di S. Tommaso da Canterbury nella chiesa di S. Maria Maggiore di Pisa, la chiesa di S. Tomeo di Ponte (lasciato da Iacopo Gualandi), la chiesa di S. Cristofano di Ponte (lasciato da Guido del Pellaio Lanfranchi), la chiesa di S. Bartolommeo dei Pecci (lasciata da Fino di Giordano Pecci), la chiesa di S. Donato (lasciata da Sandro di Matteo Gaetani), la chiesa di S. Simone al Parlascio (lasciata da Ghezca, ved. di Giovanni del Rosso)
20, la chiesa di S. Martino alla Pietra (lasciata da Bettino di Carletto), la chiesa di S. Cosimo (lasciata da Iacopo Gualandi), la chiesa di S. Giovanni al Gatano (lasciata da Sandro di Matteo Gaetani), la chiesa di S. Biagio a Cisanello (lasciata da Iacopo Lanfranchi), la chiesa di S. Michele d’Arbavola (lasciata da Iacopo e Bacciomeo Gualandi), la pieve di Rivoli in Val di Calci (lasciata da Iacopo Gualandi), la chiesa di S. Andrea in Pescaiola, la chiesa di S. Maria di Castello (lasciato da Iacopo Gualandi), il priorato di S. Niccolò di Mellano (lasciato da Marina Orlandi), la Prioria di S. Giovanni d’Asciano (lasciata da Iacopo Gualandi), la chiesa di S. Michele nel Piviere di Cascina e nel Comune di Travalda (lasciato da Ugolino di Betto di Ciaccio da Pontedera), la chiesa di S. Lucia a Ripoli nel piviere di S. Lorenzo alle Corti (lasciato da Bettino di Carletto), la chiesa di S. Martino a Musigliano (lasciato da Guido di Mignone e Matteo di Vanni), la chiesa di S. Casciano da Cugnano nel piviere di S. Lorenzo in Piazza, la chiesa di S. Stefano e Volpano nel vescovado di Lucca (lasciato da Tommaso Lanfranchi), la chiesa di S. Piero a Migliano, la chiesa di S. Martino a Soiano (lasciato di Guido del Pellaio Lanfranchi), la chiesa di S. … da Scandicci, presso Casa Nuova (lasciato da Giovanni di Paddo da Casa Nuova), il priorato di S. Piero alla Corte nel vescovado di Volterra (lasciato da Bonifacio di Falcone), la chiesa ed ospedale di S. Iacopo di Rio nell’Elba, la chiesa di S. Niccolò di Cardo in Corsica, la chiesa di S. Paolo presso alle mura di Sassari (donazione di Piero da Nula e dell’arcivescovo Turritano), la chiesa di S. Anna da Suergio (donazione di Benedetto fondatore), la chiesa di S. Lucia della Villa Iglesia (donazione di Ceo del Marcossa e confermazione del vescovo Suscitano), la chiesa di Monte Magno (legato di Sigerio da Montemagno), l’altare di S. Giovanni Battista nella chiesa di S. Tomè di Ponte, l’altare di Niccolò di S. Iacopo minore nella chiesa maggiore di Pisa
21.
La perdita della libertà e la sottomissione della Repubblica marinara ai Fiorentini fu anche per l’Ospedale l’inizio di un triste periodo di decadenza economica e per far fronte alle impellenti necessità don Antonio di Niccolò Speini di Firenze, maestro e rettore dell’Ospedale, chiese ed ottenne l’autorizzazione di vendere alcuni beni
22. Inoltre l’Ospedale, una volta saggiamente retto e governato, fu lasciato in mani inesperte e nel 1419 si dovette provvedere alla destituzione del suo rettore quattordicenne Nepo di Scolao degli Spini
23. Nel 1447 rettore ed amministratore dell’Ospedale fu Piero Pieri da Calci, priore di S. Pietro in Vincoli
24e nel 1471 detta carica fu ricoperta da don Pietro, dei Tanagli da Volterra, abate del monastero di S. Michele in Borgo
25. Anche nel tempo in cui Pisa riconquistò la libertà l’Ospedale ebbe una vita stentata a causa del continuo stato di guerra e solo si cercò di regolare meglio la sua amministrazione con l’istituzione della magistratura dei Sei cittadini sopra i Luoghi Pii, la quale fra l’altro ebbe il compito di vigilare sopra l’entrata ed uscita dei suoi beni e di sindacarne i conti e l’amministrazione
26.
17 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, n. 149.
18 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, n. 139.
19 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, nn. 62, 97, 2520.
20 Su questo patronato sorse una controversia decisa da Lodovico vicario dell’arcivescovo di Pisa.
21 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, n. 97.
22 A.S.P., Diplom. Spedali, 1414 gennaio 9.
23 A.S.P., Diplom. Spedale Nuovo, 1420 febbr. 9.
24 A.S.P., Diplom. Franceschi-Galletti, 1447 gen 26.
25 A.S.P., Diplom. Nicosia, 1472 settembre 28.
26 A.S.P., Comune, div. C, n. 1, c. 44 r e t; cfr. B. Casini, Gli organi del Comune di Pisa nel periodo della riconquistata libertà, in “La Rassegna”, Pisa, settembre-dicembre 1957, nn. 9-12.
Al ritorno dei Fiorentini, nel 1509, le cose peggiorarono ancora: abolita la magistratura dei Sei cittadini sopra i Luoghi pii, ridotta l’autorità del papa sulla nomina dello spedalingo, aumentata invece notevolmente l’ingerenza dei granduchi di Firenze, dilapidati molti beni.
Nel 1545 il granduca Cosimo I assoggettò l’Ospedale Nuovo di Pisa a quello di S. Maria Nuova di Firenze e da quell’anno la serie degli Spedalinghi.
Durante il granducato dei Lorena furono presi alcuni provvedimenti saggi miranti a risollevare le infelici condizioni dell’Ospedale: fra l’altro esso fu tolto dalla dipendenza dell’Ospedale di S. Maria Nuova (1770); agli spedalinghi furono sostituiti i Commissari; fu redatto un nuovo regolamento (15 gennaio 1784); fu unito all’Ospedale dei malati, per quanto riguardava l’amministrazione, l’Ospedale dei trovatelli.
A questo punto è opportuno ricordare che fin dal tempo della fondazione l’Ospedale era governato da un gruppo di frati agostiniani, i quali provvedevano ad eleggere un maestro o retore, la cui nomina però, per essere valida, doveva essere approvata dal papa. Il maestro era il capo dell’amministrazione, dirigeva l’Ospedale e soprintendeva a tutti i servizi ed a lui dovevano tutti gli altri obbedienza. Quando doveva stipulare trattati, accettare crediti e deliberare su cose di maggiore importanza, convocava gli altri frati e seguiva le decisione prese collegialmente con essi. Per la stipulazione dei contratti generalmente veniva eletto un procuratore. I servizi erano svolti dai conversi e dagli oblati.
Il numero dei frati nel secolo XV si ridusse notevolmente e si arrivò al punto che nel 1440 ve ne erano solamente due e nel 1467 uno
27.
Il papa Eugenio IV cercò di rimediare, nominando governatori di esso l’abate del Monastero di S. Donnino, il priore della Certosa di Calci, l’abate di S. Michele in Borgo, ecc.
Successivamente Niccolò V affidò l’amministrazione dell’Ospedale ai Priori ed ai Consigli del comune di Pisa.
Nelle prime decadi del secolo XVII all’amministrazione provvedevano i seguenti impiegati: il camarlingo, il cassiere, lo scrivano. Il camarlingo era tenuto a vigilare la spezieria, la cantina, il granaio, il forno, il guardaroba, gli atti d’archivio, le riscossioni dei crediti e dei livelli; a provvedere che la chiesa fosse officiata convenientemente e che nell’Ospedale fosse esercitata vera carità; che le monache non tenessero amicizie e che non dessero oggetti fuori dell’Ospedale; a emettere ordini di pagamento; a dare una relazione settimanale, circa il governo dell’ospedale.
Il cassiere pagava e riscuoteva i mandati emessi dal Camarlingo. Ogni volta che in cassa avesse raggiunto la somma di 100 scudi doveva consegnarli alle monache. Poiché era un sacerdote, provvedeva anche a celebrare la messa.
Lo scrivano teneva tutte le scritture e particolarmente la contabilità. C’erano poi lo speziale, il cappellano, l’infermiere, il granaiolo, i canapai, i fornai, i castaldi
28.
In periodi eccezionali vennero aperti ospedali provvisionali come quello eretto nel 1784 nel convento di S.
Caterina
29, e quello eretto nel locale della Certosa di Calci nel 1817
30.
Passata la Toscana sotto il governo francese (1808) con decreto del prefetto del Dipartimento del Mediterraneo del 25 gennaio 1809 fu abolito il Commissario e venne nominata una Commissione amministrativa degli stabilimenti riuniti di pubblica beneficenza, la quale amministrava oltre che gli Ospedali di S. Chiara, l’Ospedale dei Trovatelli, il Rifugio dei Poveri, la Casa di Misericordia, la Casa di Carità, il Conservatorio degli Orfani, l’Ospedale dell’Eternità. Essa, riunita per la prima volta il 21 febbraio 1809 e composta di sette membri e cioè dal maire di Pisa che la presiedeva, dall’arcivescovo di Pisa e da altri cinque cittadini, dispose che le vecchie amministrazioni dei predetti ospizi dovessero presentare entro il 28 dello stesso mese i conti ed i bilanci, poiché dal giorno seguente avrebbe iniziato il funzionamento la nuova Commissione
31.
La dominazione francese segnò un periodo di triste decadenza degli Ospedali di Pisa, ai quali furono tra l’altro tolte le rendite concesse dal granduca Leopoldo I.
Quali fossero le misere condizioni degli Ospedali in genere e di quelli di Pisa in modo particolare riteniamo siano bene messe in rilievo dalla relazione che il Consiglio Generale del Dipartimento del Mediterraneo fece al prefetto barone Guillaume Antoine Benoît Capelle e al Ministro dell’Interno a Parigi, che riportiamo integralmente:
Eccellenza,
è purtroppo meritevole di rappresentanza all’infelice economica situazione degl’Ospizi civili del Dipartimento del Mediterraneo; e degnissimi crediamo della superiore considerazione, i motivi dai quali principalmente dipende.
Esistono due gravissime cause, le quali affrettano alla loro rovina gl’Ospizi civili di questo Dipartimento. La prima, e la più rilevante, consiste nella mancanza di cospicue ragguardevolissime somme delle quali van’ creditori dello Stato per numerosissime spedalità militari da lunghissimo tempo da essi prestate; come per molte altre dipendenze, fra le quali la cessazione di parecchie annue prestazioni elargite da diverse corporazioni, da pubblici uffizi e stabilimenti soppressi ed in parte al Demanio attualmente riuniti.
La seconda dall’essere i detti Ospizi aggravati dal mantenimento dei pargoli abbandonati per un importare molto al di là dei fondi ai medesimi consacrati ed addetti.
Sentimento del Consiglio sarebbe che questi pubblici Ospizi in tanta loro decadenza fossero preservati e restituiti alla loro primiera prosperità con procurarglisi l’abbassamento degl’ordini tanto necessari ed opportuni, affinché venghino sollecitamente rimborsati dei loro crediti, si per le spedalità militari da essi prestate e che prestano, si per
27 Infatti alla stipulazione di un contratto di livello di alcuni pezzi di terra provvide Pietro dei Tanagli da Volterra, abate del monastero di S. Michele in Borgo di Pisa e rettore dell’Ospedale Nuovo della Misericordia con il consenso di fra Battista del fu Domenico da Lucca, unico frate esistente nell’Ospedale (A.S.P., Diplom. Pia Casa della Misericordia, 1467 aprile 12).
28 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, n. 1717, cfr. Ordini dello Spedale Nuovo del 13 settembre 1618.
29 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, n. 1662.
30 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, n. 1662.
31 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, secondo versamento, n. 92, pp. 1 sgg.
l’annuo rindennizzamento di ciò che possino d’altronde aver perduto anche relativamente agl’arretrati dovutigli, come pure per gl’abbandonati o per gl’orfani con comandare che sia data intiera esecuzione all’articolo secondo della legge del 27 frimale anno quinto “sur les enfants abbandonnè(s)” con essere gli Ospizi civili privi di fondi o che gli abbiano insufficienti a quest’oggetto, indennizzati dal Tesoro Nazionale della totalità o del soprappiù delle spese tanto fatte che da farsi per i così detti trovatelli.
Il ritardo di questi implorati provvedimenti porterebbe alla pronta e completa rovina di tutti i prefati Ospizi civili ed un aggravio sommamente maggiore nel dovervi riparare dopo che fosse accaduta.
Il Consiglio implora altresì il permesso di sottoporre alle savissime vedute dell’alto ministro ciò che può efficacemente condurre a mantenere la prosperità degl’Ospizi sudetti, esponendo che la valutazione del prezzo delle spedalità militari anche prima che fosse diminuita di 25/100 a testa il giorno, com’è stato eseguito il primo dell’anno corrente, era già tanto considerabilmente inferiore in questo Dipartimento al vero costo giornaliero di ogni ammalato da formar questa differenza per sé sola un motivo di non live dissesto negl’Ospizi civili. Quindi è che il Consiglio Generale del Dipartimento del Mediterraneo rispettosamente supplica la clemenza e giustizia di S.M.I. e R. per ottenere che gli spedali militari siano formati e separati nelle loro relazioni economiche ed amministrative dagl’Ospizi civili; tanto più che esiste tuttora in Pisa un magnifico e vasto locale, già stato altre volte destinato all’uso di spedale militare e riccamente corredato a quest’effetto di ogni occorrente ed utile accessorio di fabbrica, ove i bravi difensori del grand’impero, senza essere mescolati con la miseria e le malattie spesso gravemente epidemiche dei paesani, sarebbero con la meritata attenzione, con diligenza e comodi assistiti nel clima più felice e più ad essi opportuno di questo granducato.
La rispettosissima opinione del Consiglio sarebbe ancora che le Commissioni amministrative gratuite degl’Ospizi suddetti, benché ottimamente scelte e di degni soggetti provvedute, non possino riuscir mai del completo ed intiero bene di questi stabilimenti, senza che siano coadiuvate da un provvisionato amministratore, il quale sotto la sorveglianza della Commissione stessa possa da un libero ed assoluto sindacato dipendere.
Devesi pure far presenti all’E.V. i gravissimi economici disastri nei quali gli Ospizi civili della città di Pisa sono specialmente involti. È veramente doloroso di vedere ridotti questi vasti stabilimenti alla in felicissima situazione di non poter più ben assistere i numerosi ammalati, che dalla più grande e popolata parte del Circondario pisano allo Spedale di questa città ricorrono. I rispettabili crediti cumulati da esso sopra lo Stato o verso stabilimenti e corporazioni soppresse possono averlo strascinato nelle disperate circostanze nelle quali si trova. Crediamo di dover omettere riflessioni sopra il passato e di richiamare soltanto a dei sufficienti provvedimenti per l’avvenire l’attenzione, l’interesse, la saviezza, l’umanità del ministero.
Gli Ospizi riuniti della città di Pisa nell’attuale loro sistema amministrativo offrono un assoluto ed annuo deficit di franchi settantaduemila ed essendo mancanti d’ogni più necessaria fornitura e medicinale, il Consilio Dipartimentale crede che per provederli con qualche sufficienza, possa occorrergli immediatamente la somma di franchi sessantamila, come è stato dimandato dal Consiglio del Circondario di Pisa, il quale ha proposto: di alienare a quest’effetto, e fino alla concorrenza della suddetta somma, tanti fondi anche di quelli degl’altri Ospizi civili al detto Spedale riuniti o di ritirare tanti capitali da essere rimessi a favore e sotto il titolo dei rispettivi ospizi sudetti con la cessione di altrettanti fondi, dei quali il detto Spedale va creditore sull’amministrazione del debito pubblico del granducato di Toscana. Esaminata questa proposizione, si opina dal Consiglio che non deve distrarsi alcun fondo di detti Ospizi riuniti, ma giudica che la sudettta somma di franchi sessantamila possa esergli somministrata, almeno in parte, dalla cassa della Comune di Pisa ed in altra parte per ciò che spetta allo Spedale dei Trovatelli (enfants abbandonè(S)) dovrebbe supplire il Tesoro Nazionale in virtù della sopraccitata legge del 27 frimale anno quinto.
Ma mentre dalle savie providissime disposizioni dell’abilissimo e zelantissimo nostro signor Prefetto può per qualche tempo prolungarsi l’esistenza e l’utilità de’ sudetti Ospizi civli della città di Pisa, senza ulteriori e più gravi rovine, il Consiglio riconosce di gran lunga superiori ad ogni privato rimedio e progetto i gravi e tanto estesi danni, che questi Ospizi hanno portati all’enorme annuo deficit di circa franchi settantaduemila.
A tutte le sudette cause della decadenza economica degl’Ospizi civli ciascuna delle quali si verifica ampiamente a danno dello Spedale della città di Livorno, si aggiunge per questa città l’altra significantissima dello sprigionamento della maggior parte dei fondi de’ suoi stabili, della potabilissima diminuzione del prezzo d’affitto di quelli che gli rimangono ancora locati, di maniera che le circostanze di questo Sedale diventano ogni giorno sempre più critiche e desolanti.
Il Consiglio Generale del Dipartimento del Mediterraneo in tanti e si gravi dissesti di tutti gli Ospizi civili non conosce altra risorsa che quella di supplicare S.E. il signor conte dell’impero ministro dell’Interno a volergli accordare quelli aiuti che dalla somma sua bontà, beneficenza e giustizia a favore delli stabilimenti sudetti cordialmente e rispettosamente implora; ed a degnarsi di portare ai piedi del trono imperiale e reale le più umili e le più ardenti suppliche del Consiglio, affinché la magnanima generosa clemenza di S.M.I e R. con uno dei frequenti beneficentissimi tratti della paterna sua munificenza stenda la protettrice sua mano su i cadenti Ospizi civili di questo Dipartimento per mezzo di favorevoli disposizioni su questo demanio allo loro prosperità con eterna memoria richiamandoli
32.
32 La riunione del Consiglio nella sala della Prefettura fu fatta il 9 marzo 1810 ed erano presenti i seguenti consiglieri: Roncioni Angiolo, presidente, Coppi Luigi Leonardo, segretario, Mastiani Francesco, Dupouy Luigi, D’Angiolo Ranieri, Ruschi Giovanni, Bardini Gherardo, Errera Abraham, Alliata Tommaso, Flori Marcello, Bertacchi Scipione, Senn Pietro, Micali Carlo, Nucci Orazio, Del Rosso Andrea Giuseppe.
Assenti erano i consiglieri: Filicchi Filippo, Morali Giuseppe, Neri Badia Ferdinando, Parra Giuseppe e Sabolini Giuseppe. (Archivio di Stato di Livorno, Prefettura del Mediterraneo, Registro delle deliberazioni del Consiglio Generale del Dipartimento del Mediterraneo dal 26 febbraio 1810 al 21 marzo 1813, p- 7 e pp. 9-10).
Se i Consiglieri – persone di tendenze filo-francesi e ben accette ai dominatori – così si espressero, è segno evidente che al situazione economica dell’Ospedale era proprio disastrosa.
A Parigi non si dette ascolto alle suppliche del Consiglio Generale ed i provvedimenti che furono presi mirarono solo a limitare l’accettazione dei malati Ospedali.
Il Maire di Pisa, Ruschi, facendo seguito ad un decreto del prefetto del Mediterraneo del 21 novembre 1811, notificò che a partire dal 1 maggio del 1813 non sarebbero stati più ammessi nell’Ospedale i malati civili degli altri Comuni, se quelli non avessero esibito un certificato dei Maires del loro domicilio comprovante le loro condizioni di assoluta indigenza e una dichiarazione che sarebbe stata pagata l’indennità al Ricevitore degli Ospizi in ragione di un franco al giorno per ciascun malato.
Invece i malati indigenti, residenti nel Comune di Pisa, continuavano ad essere ricevuti gratuitamente come era avvenuto in precedenza
33. Era esclusa in modo assoluto l’accettazione negli Ospedali dei malati affetti da tigna, rogna ed altre simili malattie della pelle, nonché quella di tutti i malati cronici
34.
Al mantenimento dell’Ospedale si provvide con gli incassi derivanti da una determinata quota sui biglietti d’ingresso ai luoghi di divertimento, con una tassa sulla legalizzazione dei passaporti, con elemosine, legati, ecc.
35.
Alla caduta del governo francese il Provveditore dell’Ufficio dei Fossi, Flaminio Dal Borgo, incaricato dalla Segreteria di Stato di soprintendere e concertare la separazione e restituzione all’antico stato dell’amministrazione degli Ospedali e degli altri Luoghi Pii che vi erano stati riuniti, notificava che era stato stabilito per il 30 novembre 1814 lo scioglimento della Commissione e che gli amministratori dovevano riassumere ognuno separatamente la direzione dei Luoghi Pii
36.
Negli anni 1814-1815 e specialmente con il motuproprio 21 gennaio 1816 vennero assegnate ingenti somme per provvedere alle più impellenti necessità.
Per riordinare poi e semplificare le amministrazione degli Ospedali, diminuire il numero degli impiegati, aumentare le dotazioni patrimoniali, rimediare alle passività dei bilanci, con motuproprio del 2 settembre 1816, fu creata la Deputazione degli Spedali e Luoghi Pii del Granducato.
33 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, secondo versamento, n. 171.
34 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, secondo versamento, n. 92, n. 90 t. sgg. – Deliberazione del 28 febbraio 1811. Citiamo le disposizioni emanate dalla Prefettura del Mediterraneo durante il periodo francese:
Circolare del 19 aprile 1808 relativa allo stato dell’amministrazione degli stabilimenti di beneficenza (Raccolta degli atti della Prefettura del Dipartimento del Mediterraneo, vol. I, Livorno, 1810, pp. 10 sgg.); circolare del 1 febbraio 1810 relativa all’amministrazione dei beni degli ospizi; istruzioni dell/8 maggio 1810 relative agli esposti ed abbandonati; circolare del 28 agosto 1810 relativa all’impiego dei fondi provenienti da rimborsi di crediti o rendite offerte ai Comuni, agli ospizi e alle opere di chiese; circolare del 10 novembre 1810 istruttiva alle Commissioni amministrative degli ospizi (Raccolta degli atti cit., vol. III, Livorno, 1810, pp. 13 sgg., 101 sgg., 170, 219 sgg.).
35 Riteniamo utile riportare qui alcuni dati relativi al movimento dei malati e all’andamento economico dell’Ospedale:
Nell’anno 1804 entrarono nell’Ospedale 974 malati e 452 malate; rispettivamente ne uscirono 888 e 388 e ne morirono 90 e 55. Il maggior numero di entrati si verificò nel semestre luglio-dicembre per gli uomini con una punta massima di 148 unità nel mese di agosto, e giugno-novembre per le donne con una punta massima di 63 unità nel mese di settembre. Il maggior numero di usciti si ebbe nei mesi maggio-novembre tanto per gli uomini che per le donne con punte massime di 133 uomini nell’agosto e 56 donne nel settembre.
Il maggior numero di morti si ebbe nei mesi maggio-dicembre con punte massime di 18 uomini nell’ottobre e 11 donne nel novembre.
Il 31 dicembre 1804 provvedevano alle necessità dell’Ospedale: 17 cuochi, 17 donne serventi, 6 soprabalie, 18 balie, 26 oblate, 3 cappuccini.
Sempre nello stesso anno la dispensa degli Ospedali ebbe i seguenti consumi:
1. per i malati: carne di vitella libbre 28635, dramme 6; uova n. 48336; sale lb. 2354, d. 6; pasta lb. 1972, d. 1; semolino lb. 1213, d. 5; riso lb. 1197, once 1, d. 2; illuminazione (olio) lb. 2834, d. 7.
2. per le malate: carne di vitella lb. 10382, d. 4; uova n. 19316; sale lb. 980; pasta lb. 1041; semolino lb. 963, d. 4; riso lb. 452, d. 4; illuminazione (olio) lb. 297.
3. per le oblate: carne di vitella lb. 5542, o. 1, d. 1; olio lb. 1459; cacio lb. 514, o.1, d. 1; uova n. 7650; sale lb. 444; seccumi e civaie bussoli 644; paste lb.
1127, d. 6; riso lb. 248, d. 6; illuminazione (olio) lb. 297.
4. per i giovani ed i cuochi; carne di vitella lb. 325; olio per i condimenti, lb. 899, o. 6; cacio, lb. 83; uova n. 3556; sale lb. 250; seccumi e civaie bussoli 378 e ¾; paste lb. 553, o. 3; riso lb. 123; illuminazione (olio) lb. 220.
5. per i padri cappuccini: carne di vitella lb. 508; olio per i condimenti lb. 347; cacio lb. 20, o. 4; uova n. 314; sale lb. 78; seccumi e civaie bussoli 139;
paste lb. 115, o. 3; riso lb. 38, o. 6; olio per illuminazione lb. 104.
6. per le donne serventi: carne di vitella lb. 3542; olio per i condimenti lb. 464; cacio lb. 301, o. 7; uova n. 5420; sale lb. 152; civaie bussoli 441; paste lb.
755; riso lb. 166, o. 3; olio per illuminazione lb. 5, o. 6.
7. per i trovatelli: carne di vitella lb. 8720, o. 1; olio per condimenti lb. 915, o. 6; cacio lb. 1325, o. 9; uova n. 3648; sale lb. 683; civaie lb. 3669; paste lb.
1415, o. 6; riso lb. 604, o. 4; olio per illuminazione [manca].
8. per i lattanti: carne di vitella lb. 6778, o. 4; olio per condimenti lb. 819, o. 6; cacio lb. 259, o. 3; uova n. 8261, sale lb. 976, o. 9; civaie bussoli 2598;
paste lb. 2852, o. 10; semolino lb. 520, o. 2; riso lb. 867, o. 1; olio per illuminazione lb. 263, o. 6.
9. per la spezieria: uova n. 84.
10. per la chiesa: olio per illuminazione lb. 342, o. 6.
11. per i ministro: olio per illuminazione lb. 569, o. 3.
12. per il Monastero delle convertite: olio per i condimenti lb. 1486; uova n. 1252; sale lb. 400; civaie bussoli n. 1949 1/3.
I consumi complessivi erano: carne di vitella lb. 67367, o. 2; olio per condimenti lb. 6390; cacio lb. 2504; uova n. 93837; sale lb. 6318, o. 3; civaie bussoli 9819, o. 60; riso lb. 9831, p. 10; semolino lb. 2696, o. 11; riso lb. 3697, o. 7; olio per illuminazione lb. 5788, o. 5.
Nel 1813 la situazione era la seguente:
franchi 135669 di entrate, franchi 217436,76 di uscite (così ripartite: franchi 22054,79 di debiti in rendite annue, franchi 96662,73 per l’Ospedale dei malati, franchi 2543,94 per i Refugio dei vecchi, franchi 18586,02 per l’Ospedale dei Trovatelli). Perciò l’Ospedale aveva un deficit di franchi 81767 e mancava di forniture di gabbanelle per i malati, di biancheria e coperte per i letti. Per la mancanza di denari, l’amministrazione era costretta a comprare i medicinali al dettaglio (A.S.P., Ospedali di S. Chiara, II versamento, n. 1060).
Sempre nel detto anno nell’Ospedale di Pisa il primo di gennaio esistevano i seguenti malati: 69 uomini, 62 militari, 85 donne. Durante l’anno ne entrarono in Ospedale 1431 e cioè 453 uomini, 604 militari, 374 donne, e ne uscirono 1299 e cioè 416 uomini, 551 militari, 332 donne; ne morirono 124 e cioè 46 uomini, 38 militari, 40 donne.
Il 31 dicembre 1813 rimanevano in Ospedale 60 malati, 87 malate, 77 militari. Il maggior numero di presenze si verificò nei mesi invernali e del tardo autunno:
gennaio, febbraio, marzo, novembre e dicembre.
Il 31 dicembre 1819 negli Ospedali riuniti vi erano: 72 malati, dei quali 51 gratuiti, 2 paganti, 5 semipaganti, 14 militari; 74 malate delle quali 71 gratuite e 3 semipaganti. Il totale del numero dei malati e malate era di 146.
Sempre alla stessa data provvedevano al servizio dell’Ospedale 57 persone: 3 cuochi ed aiuti, 12 serventi, 16 donne, 18 oblate, 3 cappuccini.
Nel Conservatorio del Rifugio vi erano 52 persone delle quali 25 erano uomini e 27 donne.
Nell’Ospedale dei Trovatelli vi erano 48 persone, delle quali 14 erano esposti lattanti, 10 divezzati, 9 sopabalie, 15 balie.
Nel Conservatorio delle Trovatelle vi erano 22 persone, delle quali 13 erano di minore età e 9 di maggiore età.
Fuori di casa vi erano 1007 persone.
36 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, secondo versamento, n. 1717, Notificazione del Provveditore dell’Ufficio dei Fossi del 29 novembre 1814.
Con circolare del 9 ottobre 1816, n. 113 fu disposta la distinzione degli Ospedali del granducato in regi e comunitativi e quelli di Pisa furono collocati fra i primi.
Il 17 febbraio 1818 vennero emanate istruzioni, con le quali fu regolato il funzionamento della Deputazione
37. I malati vennero distinti in paganti, semipaganti e gratuiti e l’Ospedale era obbligato a ricevere e curare gratuitamente, nei limiti delle sue condizioni finanziarie, i miserabili infermi. Il numero dei letti paganti doveva essere limitato in modo da lasciare un congruo numero di letti gratuiti a beneficio dei malati miserabili.
Il numero dei letti dei semipaganti era in dipendenza della non occupazione dei letti gratuiti. Questi erano stabiliti secondo i bilanci di previsione fatti ogni anno.
Per essere ammessi nei letti paganti occorreva che la malattia fosse curabile, vi fosse una ragione giusta e urgente e che il malato fosse una persona solvibile.
Per essere accolti fra i semipaganti e gratuiti occorreva ugualmente che la malattia fosse curabile ed il requisito per i primi, della povertà, per i secondi, della miserabilità.
A riguardo dell’accettazione dei semipaganti e gratuiti doveva essere usato il seguente criterio: i miserabili del Comune di Pisa erano preferiti per i letti gratuiti fino a quando non fosse stato ricoperto il numero dei posti prestabilito. Se questi non fossero stati totalmente occupati, potevano occuparli i semipaganti del detto Comune.
Nel caso che fossero rimasti ancora dei posti vuoti potevano essere occupati dai miserabili di altre Comunità.
Quando i posti riservati ai miserabili di Pisa fossero stati tutti quanti occupati, altri miserabili della comunità di Pisa potevano essere accolti, ma la loro retta andava a carico della detta Comunità.
Alcuni letti poi erano riservati per malattie straordinarie o per eccezionali operazioni, qualunque fosse la provenienza, a scopo di studio degli studenti di medicina e chirurgia.
Nel 1833 fu ritenuto che gli scopi per i quali era stata costituita la predetta Deputazione erano stati raggiunti e perciò venne abolita.
Venne poi stabilito che l’Ospedale dovesse accogliere qualunque ammalato curabile che avesse avuto i requisiti prcedentemente detti, indipendentemente dal suo domicilio
38.
In applicazione di queste disposizioni e certi abusi commessi (mantenimento di infermi cronici non suscettibili di cura attiva, ospitalità gratuita concessa a persone che ne avrebbero potuta pagare almeno metà, soggiorno oltre il bisogno concesso ai convalescenti ecc.) portarono a dissesti finanziario. Perciò con circolare del Ministero dell’Interno del 18 gennaio 1856 fu richiamata l’attenzione del Commissario affinché vigilasse gli infermieri ed i medici osservassero gli ordini sulle ammissioni e le ritenesse responsabili degli aggravi derivanti all’Ospedale nel caso che fossero commessi i predetti abusi
39.
Dal 1784 l’Ospedale fu diretto dal Commissario, il quale veniva eletto dal granduca su proposta fatta dal Consiglio. Gli affari relativi all’amministrazione, al regolamento interno e alla disciplina dovevano essere inviati o direttamente con il parere del Commissario o per mezzo del Provveditore della Camera Comunitativa alla Segreteria di Stato per essere risoluti dal granduca.
I bilanci di previsione ed i rendimenti dei conti dovevano essere rimandati al Provveditorato della Camera Comunitativa e da questo allo Ufficio delle Revisioni e Sindacati.
Gli eventuali avanzi delle spese degli infermi dovevano essere trasferiti per supplire al disavanzo per il mantenimento degli esposti.
Se invece vi fosse stato un disavanzo, questo doveva venire colmato con sussidi provenienti dai fondi generali (costituiti da frutti dei crediti che aveva la Deputazione Centrale con la R. Depositeria, dalle tasse di beneficenza provenienti dalle Dogane e dalla regalia del sale, dalla tassa di denari quattro per ogni pagherò di lotto ecc.).
L’attività del nosocomio si divideva in quattro settori: la prima relativa alla direzione economica del patrimonio, alla quale erano addetti il computista, l’aiuto o archivista, il cassiere, il custode; la seconda riguardava il servizio immediato degli infermi; la terza riguardava le scuole per l’istruzione dei giovani convittori e apprendisti; la quarta riguardava il regolamento della famiglia spirituale.
Al servizio immediato degli infermi provvedevano i professori in parte provvisionati ed in parte sostituiti e la spezieria, ed a quello spirituale due cappuccini ed un laico (uno dei cappuccini aveva la presidenza).
La cura medica dell’Ospedale era affidata a tre medici curanti nominati e stipendiati dal granduca, a tre medici sostituiti nominati pure dal granduca, a due medici stanti nominati dal Commissario, ad un numero indeterminato di medici praticanti a scelta del Commissario.
La cura chirurgica era affidata a tre chirurghi e ad un sostituito nominati dal granduca su proposta del Commissario.
La direzione delle medicherei veniva affidata al Soprintendente alle infermerie che era capo tanto delle infermerie degli uomini e delle donne quanto della casa dei trovatelli e balie.
La spezieria, posta accanto alla corsia degli uomini, era sotto la direzione di un maestro speziale, dal quale dipendevano un ministro ed un aiuto.
Il Commissario soprintendeva alla generale direzione degli Ospedali e degli innocenti di Pisa riuniti insieme quanto all’amministrazione. Egli faceva le rappresentanze; teneva la corrispondenza con le Reali Segreterie e con chiunque altro fosse occorso; interveniva quotidianamente tanto allo scrittoio quanto all’Ospedale per provvedere agli affari economici e per vigilare su tutti gli impiegati, affinché adempissero ai loro doveri ed osservassero i regolamenti; comunicava al granduca eventuali vacanze di impiegati ad eccezione di quelli di libero conferimento
37 Bandi e ordini da osservarsi nel granducato di Toscana e repertorio del diritto patrio toscano, tomo III, Livorno, 1833, voci Spedali, pp. 233 sgg.
A. Zobi, Storia civile della Toscana, tomo IV, Firenze, 1852, pp. 166-171.
Andreucci, Della carità ospedaliera in Toscana.
38 Repertorio del diritto patrio toscano, Volume VIII, Firenze, 1838, voce Spedali, pp. 5 e sgg.
39 Repertorio del diritto patrio toscano, Volume XXIII, Firenze 1859, voce Spedali, pagg. 265-266.
del Commissario; poteva sospendere gli impiegati quando non fossero state sufficienti le correzioni; faceva pagare loro gli stipendi; conferiva i sussidi dotali alle ragazze gettatele in occasione del loro matrimonio; poteva alienare i beni fino alla somma di scudi 20, ma per le cifre superiori gli occorreva l’autorizzazione del sovrano; firmava tutti i mandati di uscita, previo riscontro delle giustificazioni relative, nelle quali apponeva il suo visto, quando fossero già firmate dai capi dei vari uffici (quando si fosse trattato di spese ordinarie poteva autorizzare il cassiere ad eseguire i pagamenti dei mandati con la solo firma del computista); rimetteva alla Segreteria di Stato il bilancio firmato dal computista, accompagnandolo con opportune osservazioni, prendeva ogni mese il resto di cassa e ne faceva la revisione, procurava di tenere nella cassa quelle somme che credesse opportune per provvedere alle spese ordinarie e straordinarie; registrava ogni mese il numero delle persone sane e malate alimentate dallo Ospedale; riscontrava giornalmente il movimento dei malati distinti per malattie e riceveva dal maestro di casa il riscontro degli esposti, delle balie e dei serventi in modo che poteva sapere a quanto ascendevano giornalmente i consumi; visitava quotidianamente le infermiere dei malati e la casa degli esposti per accertarsi dello stato del servizio.
Il capo ragioniere computista aveva la direzione dello scrittoio e ne era l’unico responsabile; firmava tutti i mandati di entrata e di uscita e sottoponeva questi ultimi alla firma del Commissario; teneva in ordine cronologico i mandati e le giustificazioni; faceva ogni mese il saldo delle aziende subalterne ed a dicembre il bilancio dell’amministrazione generale ecc.
Al suo aiuto affidava ciò che ritenesse opportuno per il retto servizio (egli non poteva firmare i mandati).
Il cassiere era nominato dal granduca, teneva la cassa e pagava e riscuoteva i mandati emessi e firmati dal computista, inviava mensilmente al computista i libri di cassa e li riscontrava con lui ecc.
L’archivista era anch’esso nominato dal granduca. Egli provvedeva a tenere il buon ordine l’archivio; a che fossero aggiornati le filze dei contratti, i campioni dei beni, registri degli esposti; faceva copie di documenti con l’autorizzazione del Commissario, aiutava il ragioniere nelle sue occorrenze e faceva tutto quello che gli venisse prescritto dal Commissario
40.
Il regolamento del 1824 ricalcava per lo più quello del 1784
41.
La notizia di un Ospizio per trovatelli esistente nella cappella di S. Frediano (fondatori del quale sarebbero stati i Sigismondi o Sismondi) non ha trovato conferma nei documenti da noi reperiti nell’Archivio di Stato
42.
Questo Ospedale è ricordato diverse volte: nel 1095 il priore del monastero di S. Frediano, a nome dell’Ospedale omonimo, ricevette dei beni nel pisano e nella lucchesia, in Kinzica, Segromigno, Visignano ecc.
43, nel 1162 detto Ospedale ebbe in dono i beni di Stefano di Ranieri “de Fasiano”
44.
In questi atti si parla di ospizio e di Ospedale edificato vicino al monastero di S. Frediano, ma non è specificato se si trattasse di ospedale per trovatelli o per malati.
In un altro contratto di donazione di beni fatti a detto ospedale si parla di “Ospitalis e pauperum ibidem morantium”
45.
Notizia certa di un ospedale per trovatelli si ha per l’anno 1192, nel quale Lotterio e Grotto, figli del fu Lamberto, ne fondarono uno in Kinzica, in via Cariola, presso la porta di S. Marco
46. Ubaldo, arcivescovo di Pisa, con privilegio del 23 gennaio 1204 e con altro del 29 marzo 1208 ordinò al rettore del detto Ospedale che esso non venisse sottoposto ad alcuna persona o ad altro istituto senza il consenso del rettore della chiesa di S. Martino, che non fosse eretto alcun oratorio senza il permesso del priore e dei frati di S. Martino, che tutti i membri ospedalieri ed i degenti ricevessero i Sacramenti in detta chiesa ed in essa partecipassero alle funzioni religiose; che i futuri spedalinghi, entro un mese dalla elezione, giurassero davanti al detto priore di osservare le predette ingiunzioni e se ciò non fosse stato fatto, che detto ospedale passasse sotto la potestà ed il dominio del predetto priore
47.
Poiché in seguito sorsero delle controversie, nel 1256 Gherardo, priore della chiesa e canonica di S. Martino, con il consenso dei suoi frati, prete Filippo, prete Iacopo e don Pietro, costituì procuratori frate Alberto e Michele da Vico del fu Ventura, rispettivamente canonico e chierico della detta chiesa, nelle cause vertenti o che avrebbero potuto vertere fra la detta chiesa e Benetto, custode dell’Ospedale, davanti a don Pietro, priore della canonica di S.
Pietro in Vincoli, giudice delegato dell’arcivescovo di Pisa
48.
Il detto priore ed i frati di S. Martino, a nome dell’Ospedale, allivellarono nel 1295 a Giovanni del fu Pericciolo cigno un pezzo di terra con casa posta nella carriola di S. Martino con obbligo di dare per l’entratura soldi 56 ad ogni anno per la festa di S. Michele di settembre, soldi 5
49.
40 A.S.P. Spedali di S. Chiara II versamento n. 87.
41 Altri regolamenti ed istruzioni emanati furono i seguenti:
- regolamento amministrativo relativo alla rettificazione dei livelli, affitti ecc. approvato con sovrano rescritto del 22 giugno 1821;
- istruzioni per l’affrancazione dei livelli del 23 settembre 1845;
- regolamento attinente alla Soprintendenza di sanità medica interna approvato con reale dispaccio del 27 luglio 1841;
- istruzione che determinavano il sistema da osservarsi negli Ospedali per tutto ciò che si riferiva al servizio sanitario sui medesimi, approvate con dispaccio del 6 novembre 1851;
- istruzioni del 26 agosto 1857 per la più esatta osservanza degli ordini del 10 dicembre 1845 (riguardano i gettatelli e lo stato civile);
- regolamento per gli stabilimenti anatomici approvato con sovrano dispaccio del 17 ottobre 1838;
- norme da osservarsi per i consulti ed operazioni di alta chirurgia approvate con sovrana risoluzione del 3 settembre 1843;
- istruzioni per la guardaroba e medicherai degli Ospedali del 14 giugno 1853.
42 A. Gentili e L. Poli, Origini e storia del brefotrofio di Pisa, Pisa 1959.
43 A.S.P., Dipl. S. Michele in Borgo, 1096, sett. 6.
44 A.S.P., Dipl. S. Michele in Borgo, 1162 gennaio 25; vedi inoltre N. Caturegli, Regesto della Chiesa di Pisa, Roma, 1938, p. 446.
45 A.S.P., Dipl. S. Michele in Borgo, 1177 novembre 15.
46 Diplomatico S. Martino 1204 e gennaio 23 1208, marzo 29. Vedi anche la bolla dell’arcivescovo di Pisa del 31 marzo 1211 ed il giuramento del 16 settembre 1151 fatto da Davino, spedalingo rettore amministratore e custode del detto Ospedale, ad istanza di Gerardo, priore della chiesa di S. Martino.
47 Idem.
48 A.S.P., Dipl. S. Michele in Borgo, 1257 agosto 24. Riguarda questo ospedale anche il contratto del 1259 febbraio 8.
49 A.S.P., Dipl. S. Michele in Borgo, 1295 gennaio 3.
Poiché l’Ospedale versava in miseria e gli esposti “cum necessitate maxima et labore iugiter nutriuntur et alimentantur”, Ruggieri, arcivescovo di Pisa, cercò di sovvenirlo, concedendo indulgenze a coloro che fossero andati a visitare i trovatelli accolti in esso ed avessero offerto loro delle elemosine
50.
Un altro istituto per trovatelli fu fondato dal Beato Domenico Vernagalli nel 1218 e ad esso fu assegnata una dote di lire 200 per il mantenimento dei trovatelli e di lire 60 per le balie. Quanto all’amministrazione l’Ospedale era posto alle dipendenze del priore di S. Michele di Borgo ed il Governatore era nominato dalla magistratura degli Anziani del Popolo.
Nel settembre del 1256 Ranieri, copertaio frate della penitenza, figlio del fu Manabove, procuratore dell’Ospedale delle trovatelle di S. Domenico, aveva chiesto all’abate del monastero di S. Michele in Borgo ed agli altri monaci di acquistare la superficie di una casa confinante con la chiesa.
Quale sia stata la ragione che spinse Ranieri a fare detta richiesta non sappiamo e perciò azzardiamo l’ipotesi che egli volesse ingrandire l’Ospedale. Potrebbe anche darsi però che questo contratto nascondesse qualche convenzione illecita connessa con l’usura od altro
51.
Nel 1278 frate Bandino, converso del monastero di S. Michele in Borgo e rettore e governatore di questo Ospedale, comprò da Pancaldo, cuoiaio della cappella di S. Marco di via Calcesana, figlio del fu Niccolò vinaio, un pezzo di terra con casa, pozzo, chiostra e orto posto nella cappella di S. Marco di Via Calcesana per il prezzo di l. 218
52.
Forse fu quella casa il luogo dove si trasferì in seguito l’Ospedale di S. Michele in Borgo. Non sappiamo l’anno preciso del cambiamento di sede, siamo certi però che nel 1351 esso era già avvenuto
53. Probabilmente in precedenza soggiornò un certo periodo di tempo in una casa posta nella cappella di S. Lorenzo alla Rivolta. Infatti appare che nel 1323, l’arcivescovo di Pisa, Simone Saltarelli, desiderando che gli Ospedali fossero ben governati e constatando che le rendite non errano sufficienti al mantenimento dei ricoverati, ordinò che l’Ospedale dei Trovatelli di S. Domenico della cappella di S. Lorenzo alla Rivolta fosse unito a quello di S. Spirito in Kinzica e che questo, per la direzione, fosse subordinato ai governatori della Casa della Misericordia di via S. Gilio
54.
L’Amministrazione dell’entrata e della uscita, tenuta dallo spedalingo governatore, veniva approvata dall’arcivescovo di Pisa o dal suo vicario
55.
Ci sono ignote le ragioni per cui, nei primi anni del Quattrocento, l’Ospedale di S. Spirito si trasferì in via S.
Maria nell’Ospedale della Pace, chiamato anche del Principe.
Esso era sorto a seguito del trattato di pace stipulato fra Roberto d’Angiò, re di Napoli, e la Reppublica di Pisa nel 1316, con il quale era stato convenuto che quest’ultima avrebbe fatto costruire un Ospedale in onore della SS.
Trinità e della Madonna in suffragio dei parenti del re morti durante la guerra contro la Lega Guelfa a Montecatini. Accanto a questo istituto si trovava la chiesa di S. Giorgio dei Tedeschi.
Nel 1464 esso fu annesso ed incorporato alla Società di S. Maria delle Grazie, volgarmente chiamata la Compagnia della Fraternità di Pisa (composta da quattro priori, da otto buoni uomini e da dei soci)
56.
Al mantenimento di questi ospedali provvedevano in primo luogo la carità dei cittadini, le rendite dei beni ed anche il Comune di Pisa.
Con lo Statuto del 1286 esso aveva assegnato lire 15 all’anno all’Ospedale dei Trovatelli di S. Domenico ed altrettante a quello di S. Spirito
57.
Anche al tempo della prima dominazione fiorentina i Priori di Pisa, alla presenza di Giovanni Morelli, Capitano, e di Giovanni dell’Antella, Potestà, dichiararono l’Ospedale esente dal pagamento dei dazi delle taglie e delle altre imposizioni
58.
Il Comune di Firenze concesse ad esso di poter introdurre in Pisa grasce e commestibili mediante il pagamento forfetario di sole lire 40 e gli fece assegnare dalla Canova di Pisa 12 staiora di sale all’anno
59.
Nel 1491 confermò l’assegnazione del sale e deliberò di dare a detto Ospedale lire 200 per restituzione delle gabelle pagate precedentemente
60.
Anche i papi largheggiarono in concessioni.
Eugenio IV, accogliendo la supplica di Giovanni, rettore dell’Ospedale, esentò in perpetuo questo e tutti i suoi beni dal pagamento delle decime papali e da qualunque prestazione imposta tanto dall’autorità apostolica quanto dai magistrati e signori temporali
61.
Leone X, volendo ovviare alle molestie che venivano perpetrate a detto Ospedale, ingiunse all’abate del monastero di S. Michele in Borgo di Pisa di difendere anche con la censura ecclesiastica le persone ed i beni di esso contro l’audacia dei predoni, dei rapitori e dei saccheggiatori
62.
Il medesimo papa confermò allo spedalingo tutti i privilegi ed immunità già concessi da Eugenio IV e dagli altri suoi predecessori, nonché da re e principi
63.
50 F. Dal Borgo, Raccolta di scelti diplomi pisani, Pisa 1765, pp. 693 sgg., 1295 luglio 27, ind. VII.
51 A.S.P., Dipl. S. Michele in Borgo, 1257 settembre.
52 A.S.P., Dipl. S. Michele in Borgo, 1279 giugno 14.
53 Sainati G., Vite di Santi, Beati e Servi di Dio nati nella diocesi di Pisa, Pisa, 1884, p. 151 e nota 7 a p. 154.
54 A.S.P., Sped. Dei Trovatelli Ott. I, ind. VI.
55 A.S.P., Dipl. Franceschi-Galletti, 1387 aprile 2.
56 A.S.P., Dipl. S. Silvestro 1464 giugno 12, ind. XI.
57 F. Bonaini, Statuti, I, Breve Pisani Communis, cap. LVII, p. 138.
58 A.S.P., Dipl. Spedale dei Trovatelli, 1427 giugno 23.
59 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, n. 2106, n. int. 2126, 1444, marzo 6.
60 A.S.P., Ospedale dei Trovatelli, 1491 e dic. 20 e 22.
61 A.S.P., Dipl. Spedale dei Trovatelli, 1440, febb. 12.
62 A.S.P., Dipl. Spedale dei Trovatelli, 1513, novembre 29.
63 A.S.P., Dipl. Spedale dei Trovatelli, 1513, novembre 29.
I granduchi di Toscana non furono da meno: Cosimo I dei Medici nel 1562 ordinò a tutti i Commissari, Governatori, Rettori, Vicari, Potestà e giusdicenti che amministrassero la sommaria e pronta giustizia in tutte le cause relative al detto Ospedale ed ascoltassero benignamente i procuratori di esso
64.
Nel 1567 detto granduca, volendo tutelare gli interessi dell’Ospedale dei Trovatelli, lesi per la negligenza di alcuni amministratori, ordinò che il Capitano di Pisa decidesse con procedura sommaria tutte le cause che lo riguardassero
65.
Egli ordinò anche che la cura ed il governo di questo Ospedale fosse presa da mons. Vincenzo Borghini, spedalingo dell’Ospedale degli Innocenti di Firenze. Nel detto Ospedale di Pisa vi erano allora 45 bocche e nel 1563 mancavano scudi 300 l’anno per il mantenimento del pio istituto. Negli anni seguenti la situazione economica peggiorò ancora e lo spedalingo mons. Borghini il 28 gennaio 1568 rivolse una supplica al granduca, affermando che al detto Ospedale mancava da vivere per due terzi dell’anno e che gli era stato dato fino ad allora la somma di scudi 2300 dall’Ospedale di Firenze che non poteva sopportare più questa uscita, essendo anch’esso gravato dei propri debiti, e poiché il debito di quello di Pisa era cresciuto fino a scudi 2500, il granduca ordinò che la Misericordia di Pisa provvedesse all’estinzione di esso.
La soprintendenza dell’Ospedale fiorentino sopra quello pisano terminò il 15 gennaio 1579 ed il debito fu estinto dal Monte di Pietà di Pisa
66.
Per meglio riordinare l’Ospedale dei Trovatelli e per pagare i debiti con quello degli Innocenti di Firenze fu disposto:
1. che gli scudi 300 o circa del Monte di Pietà, che, fino ad allora, erano pagati alla casa della Misericordia, fossero pagati per l’avvenire allo Ospedale dei Trovatelli e che la Casa della Misericordia restasse libera dal pagamento degli scudi 200 che da qualche anno non pagava al detto Ospedale;
2. che fosse unito all’Ospedale dei Trovatelli lo Ospedale dei Sardini con le sue entrate e fosse appigionata la loro casa e non fossero più consumate tali entrate in collezioni o altre simili spese superflue, come era stato fatto per il passato;
3. che fossero appigionate tutte quelle case ed orti, dei quali si serviva il prete ministro dei trovatelli ed a lui fosse lasciata solo una piccola parte;
4. che le fanciulle maggiori di 12 anni venissero impiegate come donne di servizio presso buone famiglie con obbligo per i padroni di maritarle, quando fossero giunte all’età conveniente ed i maschi fossero impiegati come servitori oppure all’arsenale.
La buona educazione delle fanciulle fu sempre curata; tanto per citare un esempio l’8 maggio 1572 Vincenzo Borghini, rettore dell’Ospedale, inviò una supplica al granduca, affinché gli concedesse quella piazzetta, che rimaneva davanti alla porta grande dell’edificio dove, in tempo di fiera, l’ebreo Ventura di Pisa vi metteva bottega di profumiere, vi teneva il gioco e diceva parole oscene senza portar rispetto alle fanciulle. Il granduca concesse quanto era stato richiesto
67.
Probabilmente deve essere avvenuto qualche caso di intromissione da parte dell’arcivescovo nell’andamento amministrativo dell’Ospedale, poiché il 25 aprile 1691 l’Auditore Pietro Angioli, Segretario delle Giurisdizioni di S.A.S., scrisse al Commissario di Pisa Conte della Gherardesca, affinché fa intendere al priore dell’Ospedale dei Trovatelli che, andando l’arcivescovo a far visita, si limitasse alle pure cure spirituali (cioè ad ispezionare la chiesa e le suppellettili sacre) e non si permettesse di occuparsi delle cose temporali relative al governo e all’amministrazione dell’ente
68.
L’Ospedale ricevette in epoche varie molte donazioni di beni
69cosicché le sue proprietà si estendevano oltre che in Pisa anche in molti Comini del contado. Questi beni in genere venivano concessi in affitto e con i canoni riscossi, i sussidi caritativi ed i contributi del Comune si provvedeva al mantenimento dell’Ospedale, al pagamento delle balie e al sostentamento dei fanciulli.
Le entrate erano sempre insufficienti e perciò basso era il tenore di vita ed alta la mortalità fra i trovatelli. Il numero sempre crescente dei bambini portati alla ruota e la mancanza delle balie creavano seri problemi ai governatori dell’Ospedali, al quale confluivano fra l’altro anche gli esposti della Comunità di Livorno.
Non sappiamo in che anno questa città abbia cominciato a mandare i gettatelli all’Ospedale di Pisa; certo è che nel 1484 essi vi erano già ricevuti e poiché erano in piccolo numero, venivano mantenuti gratuitamente. In seguito aumentarono sempre più e perciò l’Ospedale di Pisa nell’anno 1636 cominciò a chiedere qualche sussidio, il che venne stabilito in scudi 400 all’anno da ricavarsi dagli utili del provento del pane fine.
Inoltre, trovandosi detto Ospedale con molti debiti contratti per il pagamento dei salari alle balie, fu ordinato alla Comunità di Livorno che, oltre l’assegnazione di scudi 100 all’anno, essa pagasse un contributo speciale una volta tanto di 500 scudi. Tale contributo doveva essere ricavato dallo appalto del pan tondo
70.
Il contributo nel 1664 fu portato a scudi 800, nel 1666 a scudi 1200, nel 1717 a scudi 1600.
Nel 1761 la detta corresponsione fu aumentata di scudi 150 all’anno
71.
Da Pontremoli e dalla Lunigiana nel quinquennio 1706-1713 vennero mandate creature per un aggravio di scudi 1488,6 e cioè per una media annua di scudi 197.2.10
72.
64 A.S.P., Dipl. Spedale dei Trovatelli, 1562, luglio 7.
65 A.S.P., Dipl. Spedale dei Trovatelli, 1567, luglio 19.
66 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, n. 2116 n. Int. 2115.
67 A.S.P., Ospedale di S. Chiara, n. 2124, c. 12 r.
68 A.S.P., Ospedale di S. Chiara, n. 2124, c. 12 r.
69 A.S.P., Ospedale di S. Chiara, n. 2106. Vedi fra l’altro il testamento di Gherardo del fu Ranieri di Stefano con il quale lasciò all’Ospedale dei Trovatelli la somma di f. 100 (A.S.P., Dipl. Ospedale dei Trovatelli, 1418 agosto 1).
70 A.S.P., Ospedale di S. Chiara, n. 2105, n. int. 5, 1658, febbraio 27.
71 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, n. 2106, int. 2127.
72 A.S.P., Ospedali di S. Chiara, n. 2106, n. int. 2136.