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CAPITOLO 1 - Fuliggini da olio combustibile

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CAPITOLO 1 - Fuliggini da olio combustibile

Introduzione

Dal Rapporto Ambientale 2002 dell’ENEL [1.1] risulta che circa il 65% dell’energia elettrica prodotta deriva dai combustibili fossili di cui l’olio combustibile e l’orimulsion rappresentano il 34.3 e il 4.5% del consumo totale, rispettivamente. In Fig.1.1 si riporta il consumo di combustibili fossili per la produzione termoelettrica nel 2002. Al fine di sommare i vari contributi, i consumi sono espressi in migliaia di tonnellate equivalenti di petrolio, utilizzando la corrispondente potenzialità energetica.

Il consumo di olio combustibile è ripartito in base al tenore di zolfo:

ATZ (alto tenore di zolfo: S>2,5%), MTZ (medio tenore di zolfo:

1,3%<SU2,5%), BTZ (basso tenore di zolfo: 0,5<SU1,3%), STZ (bassissimo tenore di zolfo SU0,5%) (v. Fig.1.2).

In Tab.1.1. si riportano i consumi di olio combustibile ed orimulsion negli ultimi anni e la relativa produzione di ceneri.

L’orimulsion è un’emulsione in acqua di bitume, proveniente dal bacino dell’Orinoco (Venezuela); è usato, come il carbone, in impianti dotati di desolforatori e denitrificatori dei fumi.

Totale: 23864 ktep

31,7% 4,5%

29,5%

34,3%

olio combustibile e gasolio orimulsion

gas naturale carbone

Fig.1.1. Consumo di combustibili fossili per la produzione termoelettrica nel 2002.

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Totale: 8241 kt

STZ 39,6%

ATZ 0,1%

MTZ 30,5%

BTZ 29,8%

Fig.1.2.Consumo di olio combustibile per la produzione termoelettrica nel 2002.

Tabella 1.1. Consumi di olio combustibile ed orimulsion in impianti termoelettrici dell’ENEL.

Combustibili fossili 1999 2000 2001 2002 Olio combustibile migliaia di t 15420 13639 10708 8241

ATZ migliaia di t 1176 904 221 6

MTZ migliaia di t 6514 5741 4446 2518 BTZ migliaia di t 3530 4114 3266 2458 STZ migliaia di t 4201 3610 2775 3260 Totale migliaia di t 15420 13639 10708 8241 Ceneri

da olio combustibile migliaia di t 40,5 27,6 14,5 14,9 Orimulsion migliaia di t 1689 2508 1589 1620

1.1. Orimulsion e olio combustibile

Tra i combustibili utilizzati dal gruppo ENEL, recentemente è stato introdotto un nuovo prodotto, proveniente dal Sud America, noto come orimulsion. L’orimulsion, come detto sopra, è un’emulsione contenente

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il 30% d’acqua e 70% di bitume naturale, stabilizzata tramite l’aggiunta di composti ad azione tensioattiva [1.2].

Fig.1.3.Composizione dell’Orimulsion.

Il processo che rende disponibile l’orimulsion in emulsione consente di produrre un liquido con una viscosità molto minore e quindi più facile da utilizzare, ma anche un combustibile con proprietà di combustione migliori. Il bitume contenuto nell’orimulsion è già disponibile in gocce e questo facilita la combustione, massimizzando l’efficienza. La scoperta del processo risale ai primi anni ’80 ed il suo sviluppo ha portato alla produzione di 6 milioni di ton/anno [1.2].

L’emulsione viene prodotta sfruttando le riserve di bitume presenti nella fascia dell’Orinoco (Venezuela) e si stima che la quantità disponibile sia superiore del 50% rispetto ai volumi di petrolio che si ritengono esistenti [1.2].

In Italia, l’orimulsion è utilizzato nelle seguenti centrali termoelettriche (CTE):

• Brindisi Sud (Puglia): gruppo da 660 MWe in co-combustione con il carbone;

• Fiumesanto (Sardegna): da solo su due gruppi da 320 MWe.

Le prospettive di utilizzo nel parco termoelettrico italiano prevedono una possibile estensione ad altri impianti, entrambi di taglia significativa:

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• Porto Tolle (Veneto): da solo su quattro gruppi per probabili 2000 MWe complessivi;

• San Filippo del Mela (Sicilia): da solo su due gruppi per probabili 1000 MWe.

La combustione di orimulsion genera ceneri che, confrontate con le altre, contengono quantità più elevate di metalli pesanti quali V e Ni.

L’orimulsion, così come il carbone, si utilizza in impianti dotati di desolforatori e di dentrificatori dei fumi. L’utilizzo di orimulsion infatti, pur essendo vantaggioso per la sua efficienza durante la combustione, necessita di trattamenti più spinti per l’elevato tenore di zolfo che porta ad un più alto tenore di SO2 nel gas esausto. Il rispetto delle normative per la tutela dell’ambiente ha fatto si che nel corso degli anni siano stati sviluppati sistemi per ridurre la presenza di inquinanti nelle emissioni, grazie ad installazioni di sistemi di abbattimento migliori ed all’impiego di combustibili più pregiati [1.3].

L’olio combustibile deriva dalla raffinazione del petrolio ed è costituito essenzialmente da miscele di idrocarburi paraffinici, naftenici ed aromatici, con piccole quantità di zolfo, azoto ed anche ossigeno in combinazione chimica. La composizione degli olii può essere molto variabile e caratterizzata dal rapporto C/H che influenza il potere calorifico, l’emissività della fiamma, la viscosità ed il peso specifico. Gli olii combustibili si possono dividere in:

- olio combustibile distillato, con bassi valori del rapporto C/H ed intervallo d’ebollizione tra 160 e 400°C;

- olio combustibile residuo, con rapporto C/H maggiore ed intervallo d’ebollizione tra 315 e 540°C.

In base al loro utilizzo, gli olii possono essere divisi in:

a) olio combustibile per uso domestico;

b) olio combustibile diesel;

c) olio combustibile pesante.

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Agli olii combustibili pesanti appartengono una grande varietà di olii che devono essere riscaldati a 260°C o temperature maggiori prima di essere usati. Lo zolfo è presente negli olii in varie forme quali solfuri, mercaptani, composti eterociclici, ed è altamente indesiderato in quanto i suoi prodotti di combustione (SO2, SO3) causano problemi di corrosione.

In relazione all’accumulo di fuliggini in una CTE alimentata con olio combustibile, viene descritta di seguito una tipica sezione di combustione–trattamento fumi, riportando una descrizione sommaria delle caratteristiche chimico–fisiche delle fuliggini prodotte.

1.2. Sezione di combustione–trattamento fumi di una centrale termoelettrica alimentata ad olio combustibile

Le fuliggini rappresentano il residuo solido della combustione degli oli e sono prodotte e raccolte nella sezione di combustione e trattamento fumi della centrale termoelettrica.

Le particelle più grossolane si depositano sul fondo della camera di combustione (le cosiddette bottom ashes), mentre quelle più fini (fly ashes) vengono trascinate dai fumi.

Le ceneri volanti vengono eliminate dai fumi mediante precipitatori elettrostatici o altri sistemi (scrubber, cicloni a umido) a seconda delle dimensioni del particolato da abbattere.

1.2.1. Sezione di combustione

L’olio è prelevato dai serbatoi mediante una o più pompe ed è inviato ai bruciatori dove viene atomizzato e immesso nella camera di combustione.

Prima dell'immissione in camera, l’olio viene preriscaldato, incrementando la temperatura del combustibile di almeno 200°C, per

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diminuirne la viscosità, facilitando il pompaggio e rendendo più agevole l’atomizzazione. In alcuni casi l’alimentazione ai bruciatori può essere ottenuta miscelando olii a diverso tenore di zolfo, al fine di ottenere un combustibile dalle caratteristiche intermedie rispetto a quelle degli olii di partenza che permetta di rispettare i limiti di emissione di SO2 in atmosfera previsti dalla legge.

La disposizione e il tipo di bruciatori utilizzati può variare da caldaia a caldaia anche all’interno della stessa CTE; da essi dipendono la fluidodinamica in camera di combustione, i profili termici e l’efficienza di combustione. La disposizione dei bruciatori può essere di tipo tangenziale o frontale a seconda della loro collocazione negli angoli o sulle pareti della camera di combustione [1.4].

Attualmente sono stati messi a punto dei bruciatori a bassa produzione di NOx che consentono la regolazione del rapporto combustibile–comburente sia spaziale che temporale. Ciò ha permesso l'individuazione di profili ottimali di temperatura per la combustione e la contemporanea inibizione delle reazioni che portano alla formazione degli ossidi di azoto. L’introduzione di questi bruciatori in centrali già funzionanti permette di ridurre notevolmente il tenore di NOx nei fumi, senza alterare eccessivamente la disposizione e la struttura dell’impianto.

In alcune centrali termoelettriche, per ridurre il tenore di NOx, sono previsti in camera di combustione accorgimenti quali il “Reburning1”, l’iniezione di ammoniaca, ecc.

Attualmente la maggior parte delle CTE adottano un sistema di riduzione degli NOx di tipo catalitico denominato SCR (Selective Catalytic Reduction) sui fumi in uscita dalla caldaia.

La maggior parte delle centrali ENEL non prevede alcun accorgimento atto a ridurre la formazione degli SOx in camera di

1 Il Reburning consiste in una combustione a stadi tramite cui si realizzano condizioni riducenti all’interno della zona dove viene bruciato il combustibile. Il vantaggio principale di tale tecnica è la limitata produzione di NOx

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combustione. I limiti d’emissione sono rispettati, solitamente, utilizzando combustibili a basso tenore di zolfo, oppure attraverso un processo di desolforazione ad umido (processo calcare-gesso) dei fumi in uscita dalla caldaia. La reazione tra il calcare e l'anidride solforosa assorbita porta alla formazione di gesso che viene poi allontanato.

I fumi caldi, prodotti dalla combustione, attraversano la caldaia e cedono il loro calore sensibile raffreddandosi fino a circa 350°C. Il vapore surriscaldato è inviato in turbina per la produzione d’energia elettrica: alla pressione di 178 ate e 540°C per le unità da 320 MW, alla pressione di 258 ate e 540°C per le unità da 660 MW. Le caldaie sono generalmente di tipo pressurizzato.

L’aria, che funge da comburente, viene immessa nella camera di combustione per mezzo di uno o più ventilatori centrifughi, azionati da motori elettrici, ad un valore di pressione tale da consentire lo scarico dei gas in ciminiera senza ricorrere all'ausilio di ventilatori in aspirazione.

Il ventilatore per la movimentazione dell’aria è collocato solitamente a monte del preriscaldatore d’aria; tale disposizione comporta i seguenti vantaggi:

• viene inviata aria fredda più densa con minore assorbimento di potenza;

• la caldaia, essendo in pressione, impedisce infiltrazioni di gas freddi esterni che potrebbero ridurre il rendimento dell’impianto;

• il ventilatore non è sottoposto a fenomeni di corrosione e di erosione da parte dei fumi caldi di combustione.

Sulle pareti della camera di combustione, zona più calda della caldaia, sono alloggiati i banchi dei tubi di vaporizzazione. L’acqua che circola nei tubi, alla temperatura d’ebollizione, mantiene bassa la temperatura del fascio tubiero. L’elevato coefficiente di scambio termico tra la superficie interna dei tubi e il fluido bollente fa si che la temperatura di parete dei tubi sia molto più vicina a quella dell’acqua

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che non a quella dei fumi. In questa zona, l’acqua acquista il calore latente necessario all’evaporazione.

I fumi in uscita dalla camera di combustione incontrano inizialmente la zona del surriscaldamento secondario (ad alta temperatura), poi la zona del surriscaldamento primario (a bassa temperatura) ed infine il banco dei tubi dell’economizzatore dove si preriscalda l’acqua prima di inviarla all’evaporatore. Il circuito acqua–vapore può essere munito di collettori (corpi cilindrici, separatori, ecc) [1.5].

All’uscita della caldaia, i fumi sono inviati ad uno scambiatore (Ljungstrom) a superficie di scambio rotante per preriscaldare l’aria in ingresso e ridurre ulteriormente la temperatura dei gas uscenti a circa 160 °C.

1.2.2. Sezione trattamento fumi

All’uscita dall’economizzatore, prima del Ljungstrom, i fumi caldi vengono sottoposti a trattamento catalitico per ridurre il contenuto di ossidi di azoto (DeNOx Catalitico o SCR) [1.4].

La riduzione di tali ossidi avviene tramite ammoniaca in letti catalitici costituiti da metalli nobili, ossidi metallici o zeoliti, che esplicano la loro azione catalitica a temperature superiori a 250°C.

A differenza di altri riducenti, l’ammoniaca, come l'urea, agisce selettivamente sugli ossidi di azoto e non è consumata dall’ossigeno presente nei gas di combustione. In assenza di catalizzatore, la riduzione decorre in modo ottimale a temperature comprese tra i 950–

1000°C; l’utilizzo del catalizzatore permette lo svolgimento della reazione anche alle basse temperature tipiche dei fumi in uscita dall’economizzatore (350 - 450°C).

Le reazioni che avvengono nel processo sono molteplici e complesse, ed in particolar modo si è osservato che quelle predominanti risultano le seguenti:

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O H N

O NH

NO 4 3 2 4 2 6 2

4 + + → + (1.1) O

H N O

NH

NO2 4 3 2 3 2 6 2

2 + + + (1.2)

Il metodo permette di abbattere il 75-90% degli NOx presenti nei fumi in uscita dalla caldaia.

I problemi principali relativi all’utilizzo di questa tecnica sono:

• l’intasamento e l’erosione del letto catalitico da parte delle ceneri presenti nei fumi;

• l’avvelenamento del catalizzatore da parte di metalli, SO2 ed SO3;

• la difficoltà di miscelare completamente il reagente, allo stato liquido e in piccolissime quantità, alle grandi portate dei fumi di combustione;

• l’emissione in atmosfera di ammoniaca non reagita;

• la possibile formazione di sali di ammonio che possono dar luogo a incrostazioni delle zone fredde a valle del DeNOx.

Per i problemi esposti sopra il sistema catalitico può, in alcuni casi, trovarsi a monte del sistema d’abbattimento delle polveri o, addirittura, dopo il desolforatore.

I fumi in uscita dalla caldaia, prima di essere immessi in atmosfera, devono essere ulteriormente depurati dagli SOx e dal particolato presente.

Per ridurre il contenuto di particolato, dopo il preriscaldatore d’aria, in tutte le CTE è presente un sistema di captazione di particolato solitamente costituito da un precipitatore elettrostatico a secco (PES)2 [1.6]. Nel PES, la separazione del particolato avviene ad opera di un campo di forze derivante dal campo elettrico che si genera tra una coppia di elettrodi quando su questi è applicata un'elevata differenza di potenziale. Il gas, nell'attraversare gli elettrodi, si ionizza grazie all’effetto

2 L’utilizzo di filtri a manica, per la rimozione del particolato dai fumi della combustione di oli, non è attuabile a causa delle caratteristiche appiccicose delle ceneri volanti. I filtri tenderebbero a intasarsi rapidamente comportando costi di manutenzione elevati

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corona (produzione di ioni dalle particelle del gas situate nelle immediate vicinanze dell’elettrodo ionizzante); gli ioni gassosi formatisi caricano la superficie del particolato. Le particelle di polvere, per azione del campo elettrico, migrano verso l’elettrodo di segno opposto dove si scaricano e vengono depositate. Il solido depositatosi è rimosso meccanicamente tramite martelli o vibratori oppure lavaggio.

Nei precipitatori elettrostatici, utilizzati in impianti di grande potenzialità, la configurazione tipica degli elettrodi è del tipo filo–piastra: gli elettrodi collettori sono lastre piane disposte su superfici parallele, mentre gli elettrodi che generano l’effetto corona sono fili o barre di piccola sezione. I PES presentano un’efficienza di captazione molto elevata, che diminuisce fortemente con il diminuire delle dimensioni del particolato [1.7]:

• 98-99% per diametri medi sopra i 10 µm;

• 80% per diametri intorno ai 5 µm;

• crolla notevolmente per valori inferiori a 1 µm.

Quest’ultimo aspetto penalizza fortemente l’utilizzo dei precipitatori elettrostatici, soprattutto perché negli ultimi anni è cresciuta l’attenzione verso il particolato submicronico, il quale è responsabile di numerose malattie, essendo in grado di penetrare facilmente in profondità nell’apparato respiratorio [1.8].

La rimozione delle particelle submicroniche dai fumi è di grande importanza in quanto da essa dipende il controllo delle sostanze tossiche prodotte ad elevata temperatura durante la combustione.

I gas che escono dal bruciatore contengono, infatti, diversi metalli e loro composti volatili quali: Arsenico, Piombo, Vanadio, Nichel ecc. che possono condensare sulla superficie del particolato. La condensazione di questi vapori avviene uniformemente sulla superficie di tutte le particelle di solido presenti nel gas, che sono relativamente grandi e

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quindi possono immettere in atmosfera quantità abbondanti di sostanze tossiche [1.9]. Sulle particelle solide possono, inoltre, depositarsi idrocarburi policiclici aromatici (PAH) ad elevata azione cancerogena.

L’efficienza di captazione di un PES dipende, oltre che dalle dimensioni del particolato, anche dalla resistività elettrica del particolato, che varia molto in funzione della composizione delle particelle di polvere; gli ossidi di Ferro, Sodio e Potassio hanno bassa resistenza elettrica a differenza degli ossidi di Calcio, Magnesio, Silicio e Alluminio. Valori elevati di resistività della fuliggine facilitano la formazione di carica spaziale e producono un elevato gradiente di tensione sullo strato depositato, questo fatto produce microscariche, denominate “Back- corona”, sulle piastre. Tali scariche portano ad una diminuzione del rendimento di captazione. Un miglioramento dell’efficienza del PES può essere ottenuto in tal caso mediante un’alimentazione elettrica di tipo impulsivo delle celle di captazione [1.9].

All’uscita dal precipitatore elettrostatico, i fumi sono inviati al sistema di desolforazione. Il processo più comunemente adottato dalle centrali ENEL è quello al calcare-gesso [1.4]. Si tratta di un metodo ad umido semplice ed affidabile che porta alla formazione di elevate quantità di gesso per il quale è necessario trovare un'utilizzazione e/o smaltimento.

Nelle centrali termoelettriche ad olio dove la riduzione degli SOx nei fumi si ottiene solitamente utilizzando combustibili a più basso contenuto di zolfo, questa sezione di impianto può essere assente;

mentre è tipica delle CTE a carbone. Il metodo suddetto consiste nell’assorbimento di SO2 mediante sospensione di calcare in un assorbitore dove si realizza il contatto in controcorrente tra i fumi contenenti SO2 e la sospensione contenente CaCO3. Il calcare reagisce con SO2 per formare solfito e/o solfato di calcio secondo le reazioni:

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2 2

3 2

3

2 2

1 2

1H O CaSO H O CO CaCO

SO + + + (1.3)

2 2

4 2

3 2

2 2 2

2

1O CaCO H O CaSO H O CO

SO + + + + (1.4)

Le problematiche associate a tale processo riguardano:

• depositi e incrostazioni sulle superfici;

• difficoltà operative nella preparazione del calcare;

• difficoltà di smaltimento dell’elevata quantità di gesso prodotto.

Nelle centrali ad olio combustibile, la tendenza rimane quella di agire a monte della formazione di SOx utilizzando dei combustibili più poveri di zolfo. I fumi depurati e raffreddati a circa 140°C, sono poi scaricati al camino in atmosfera. Ciascun camino è costituito da una canna esterna in cemento armato e da una canna interna in mattoni refrattari antiacido separate da una intercapedine, la forma è di tipo troncoconica con altezze che arrivano anche a 200 m e con diametri esterni, alla base, dell’ordine di 15-20 m.

1.3. Fuliggini

1.3.1. Proprietà chimico-fisiche

Le fuliggini prodotte dalla combustione di olii nelle CTE sono, solitamente, materiali estremamente eterogenei le cui caratteristiche, composizione e granulometria, dipendono strettamente dalle proprietà dell’olio di partenza e dalle condizioni in camera di combustione quali temperatura, tenore di ossigeno, assetto dei bruciatori, aggiunta di addittivi, ecc [1.10].

Uno studio della dipendenza delle caratteristiche chimico-fisiche delle fuliggini dalle proprietà degli olii di partenza risulta alquanto difficile e complesso e gli articoli riportati in letteratura sono spesso discordanti.

Alcuni [1.11] sostengono l’esistenza di una correlazione tra contenuto di

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idrocarburi polari-aromatici e naftenici negli olii e le caratteristiche chimico-fisiche delle fuliggini; altri autori [1.12] affermano che tali correlazioni decadono nel caso di un numero elevato di campioni e propongono l’esistenza di un legame tra le proprietà delle fuliggini ed il contenuto di carbonio residuo dell'olio di partenza. Altri [1.13] ancora sostengono che non è possibile correlare le caratteristiche delle fuliggini con una sola caratteristica dell’olio e propongono correlazioni più complesse prendendo in considerazione un elevato numero di parametri. Appare quindi evidente che fare previsioni sulle caratteristiche chimico–fisiche delle fuliggini risulta alquanto arduo.

La fuliggine è costituita da un’ elevata percentuale di composti organici incombusti (50-90% in peso) e da una frazione inorganica che deriva dalla componente minerale presente nel greggio di partenza e dai composti organo–metallici derivanti dalla decomposizione degli organismi viventi che hanno dato origine al petrolio. Tale frazione inorganica è ricca di ossidi e solfati di metalli quali V, Ni, Na, Mg, Al, K, Ca, Fe.

Le fuliggini presentano un tenore di umidità che varia da campione a campione; la loro igroscopicità è dovuta essenzialmente alla presenza di anidride solforosa e solforica che tendono a combinarsi con l’acqua per produrre, rispettivamente, acido solforoso e solforico.

Per quanto riguarda la granulometria, le fuliggini sono generalmente costituite da particelle fini con diametri non superiori ai 250 µm, inoltre la frazione raccolta, a causa del sistema di captazione utilizzato, raramente contiene particelle di diametro inferiore ad 1 µm, sebbene dalla combustione si generi anche del particolato submicronico.

1.3.2. Fuliggini da olio combustibile

Molti olii pesanti contengono metalli, quali V, Ni, e zolfo che dopo il processo di combustione possono essere individuati nei residui solidi che si accumulano. I solidi derivanti dalla combustione si dividono, a

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seconda della provenienza, in croste (bollitore), ceneri (caldaia) o fuliggini (precipitatori o camini); altri residui sono prodotti in forma di fanghi, a seguito delle operazioni di lavaggio degli impianti. Le fuliggini, che rappresentano la frazione più abbondante di residui solidi, hanno un tenore in vanadio variabile tra 1-7% mentre il nichel è presente in quantità minori(0,5-3%). La loro composizione può però essere notevolmente diversa a seconda della provenienza e quindi delle caratteristiche dell’olio di partenza. Caratteristica comune a tutti i tipi di fuliggini è la presenza di notevoli quantità di carbonio incombusto, ossidi di vanadio, nichel, ferro ed alluminio e solfati quali (NH4)2SO4, MgSO4.°6H2O e/o NaHSOH2O. Le emissioni di particolato all’atmosfera dagli impianti fossili ad olio combustibile, ad alto o basso tenore di zolfo, si possono tipicamente porre ad un valore di circa 5mg/Nm3, forse anche inferiori, ben al di sotto dei limiti di legge (50-150mg/Nm3).

Le ceneri derivano dalle impurezze inorganiche presenti nel greggio o da composti organometallici derivanti dalla decomposizione di organismi viventi che hanno dato origine al petrolio. Le tipologie di ceneri sono due: entrambe vengono prodotte all’interno della caldaia, ma mentre la prima si deposita nella zona sotto la fiamma ed è caratterizzata da un alto contenuto in V2O5 (30-40%), l’altra si deposita tra l’uscita della zona radiante della caldaia ed i filtri al camino ed ha un contenuto in V2O5 più basso (5-20%). Quest’ultima deve essere periodicamente rimossa (2-3 volte l’anno) mediante lavaggio con acqua, in quanto sporca i componenti lato fumi nei condotti di uscita.

Queste ceneri si depositano sotto forma di sali e ossidi dei metalli presenti nell’olio e nei suoi additivi. I principali costituenti sono il carbonio ed i metalli quali V, Ni, Fe, Mg, Ca, Na, combinati come ossidi e/o solfati, nitrati e cloruri. Sali e ossidi di Cu, Zn o Cr possono essere presenti, ma in minori quantità. I sali e gli ossidi di vanadio esistono nei depositi di cenere in varie forme tra cui predominano il V2O4 ed il V2O5 entrambi solubili in acqua nell’intervallo di pH 2,5-8,5.

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In Tab.1.2. si riportano gli intervalli di composizione delle fuliggini da olio combustibile. Come si osserva, i tenori del V e Ni sono variabili ma sono, comunque, paragonabili a quelli in alcuni minerali utilizzati per la loro estrazione.Tali residui potrebbero, pertanto, costituire il materiale di partenza per un loro recupero.

Il nichel, presente nelle ceneri volanti, si trova principalmente nella forma di NiO e solfato idrato NiSOH2O, in minor misura come NiCl2, NiCO3, NiFe2O4 o NixSy.

Tab 1.2. Caratteristiche fuliggini da olio combustibile.

parametro

pH (soluzione 1% in H2O) 2,8

Umidità3 % 3,5

Incombusto % 50 - 90

V % 0,6 – 3,6

Ni % 0,1 – 1,7

Na % 0,3-1,7

Mg % 1,2-6

Al % 0,1-5

K % 0-0,3

Ca % 0,1-2

Fe % 0,5-5,5

S % 2-10

1.3.3. Fuliggini da orimulsion

Le fuliggini derivanti dalla combustione di orimulsion mostrano concentrazioni di vanadio e di nichel superiori a quelle da olio combustibile (v. Tab.1.3). Per questa ragione tale tipo di fuliggine riscuote maggiore interesse per un possibile recupero di tali metalli.

3Rilevato tramite essiccamento a 110°C

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Tab 1.3. Caratteristiche fuliggini da orimulsion.

parametro

pH,diluizione 1:5 3,2

Umidità4 % sul tal quale 0,8

Al % sul secco 0,14

Fe % sul secco 2,28

K % sul secco 0,05

Na % sul secco 0,65

Ni % sul secco 2,58

Mg % sul secco 12,31

SiO2 % sul secco 0,04

Solfati % sul secco 19,4

Pb % sul secco 9,44

V % sul secco 7,97

1.4. Normativa relativa alle fuliggini

L’utilizzo di combustibili per la produzione termoelettrica di energia, come spiegato sopra, genera un continuo accumulo di fuliggini ed altri rifiuti che è necessario smaltire.

I rifiuti speciali sono i residui delle attività industriali dal Gruppo ENEL e sono classificati, in base al Decreto Legislativo n.22 del 1997 e successive modifiche, in pericolosi o non pericolosi.

I rifiuti speciali pericolosi comprendono le ceneri leggere di olio combustibile e materiali tipici delle varie attività (trasformatori, condensatori contenenti PCB, batterie, olii esauriti, materiale contenente amianto, ecc). Nelle Figg.1.4 e 1.5 si riportano le ripartizioni dei rifiuti speciali pericolosi e non pericolosi, rispettivamente, prodotti nel 2002.

Come si osserva, le ceneri da olio combustibile rappresentano circa il 45 % dei rifiuti speciali pericolosi prodotti.

4Rilevato tramite essiccamento a 110°C

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Produzione totale :33.443 ton

44,6%

17,9%

7,9% 1,4% 6,5% 1,3%

20,4%

ceneri leggere di olio combustibile macchinari ed apparecchiature oli esauriti

batterie esaurite

materiale contenente amianto

fanghi da torri di raffreddamento geotermiche rimanenti

Fig. 1.4 Ripartizione dei rifiuti speciali pericolosi relativa al 2002.

I rifiuti speciali non pericolosi comprendono le ceneri da carbone, il gesso da desolforazione, le ceneri pesanti da olio, le ceneri di orimulsion (dal 2002 solo quelle pesanti) ed altri materiali quali cavi, macchinari e apparecchiature, conduttori, ecc..

Produzione totale: 2.056.582 ton

0,10%

0,40%

5,80%

4,30%

28,20%

2,60%

58,60%

ceneri di carbone gesso da desolforazione macchinari ed apparechiature fanghi di trattamento acque materiali sgrigliati

imballaggi rimanenti

Fig.1.5 Ripartizione dei rifiuti speciali non pericolosi relativa al 2002.

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I dati riportati risultano dalle comunicazioni annuali al Catasto dei rifiuti, a loro volta derivanti dalle informazioni sulle caratteristiche qualitative e quantitative dei rifiuti stessi annotate con cadenza almeno settimanale sui registri di carico e scarico.

Per quantitativo prodotto s’intende quello registrato alla voce “carico”

dei registri di carico e scarico. La voce relativa a “quantitativo conferito per recupero” si riferisce a ciò che viene conferito ad un operatore autorizzato all’esercizio delle operazioni di recupero (eventualmente anche all’interno del Gruppo ENEL). Nel caso di recupero energetico, le fuliggini vengono impiegate nella co-combustione con carbone; dove ciò non è possibile, o non risulta economicamente conveniente, le fuliggini sono inviate in discariche controllate.

0 500 1000 1500 2000 2500

1 2 3 4 5 6

migliaia di tonnellate

quantitativo conferito a recupero quantitativo prodotto

Legenda categorie

1 Ceneri di carbone 4 Ceneri leggere di olio 2 Gesso da desolforazione 5 Speciali pericolosi 3 Speciali non pericolosi 6 Totale

Fig.1.6. Principali categorie di rifiuti speciali nel 2002.

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1.5. Nichel e Vanadio nei combustibili

Analizzando il ciclo produttivo delle centrali termoelettriche, si nota che le fuliggini accumulate (Tabb. 1.2 e 1.3) possono costituire una risorsa “secondaria”di vanadio e nichel.

Tali metalli, contenuti nel combustibile, non possono essere direttamente estratti dal combustibile di partenza nelle fuliggini di combustione dove si concentrano.

E’ possibile stimare le quantità di vanadio e nichel presenti nell’orimulsion ed olio combustibile importati in Italia dall’ENEL nel 2002 (Tab.1.4).

Tab.1.4. Vanadio e nichel contenuti nell’orimulsion e olio combustibile importati nel 2002 da ENEL.

quantità V(stima) Ni(stima) Vtot Nitot

Combustibile

ton/anno ppm ppm ton/anno ton/anno

orimulsion 1620 310 80 502 130

olio combustibile 8241 69 30 569 247

Totale 1071 377

Il tenore di questi metalli nelle fuliggini è variabile, ma tipicamente si colloca nell’intervallo del 1-15% per il vanadio e 0,5-5% per il nichel, percentuali paragonabili a quelle di alcuni minerali utilizzati per la loro estrazione. La possibilità di recuperare metalli da fuliggini diventa quindi un metodo alternativo per produrre vanadio e nichel. Il valore commerciale dei residui di combustione sarà sfruttato per il recupero del metallo.

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Riferimenti Capitolo 1

1.1 Rapporto ambientale 2002, ENEL SpA, dal sito www.enel.it.

1.2 Sito Bitoritalia: www.bitoritalia.it.

1.3 F. Sigon, Rapporto CESI A1/023003, 2001.

1.4 L.Tognotti, “Ges ione, Ecogestione e Audit Ambientale”, dispense del corso di

“Impianti di trattamento degli effluenti inquinanti” A.A. 1999-2000.

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1.5 “Il Generatore di vapore”, fasc.2, ENEL, Compartimento di Torino, SPT- Servizio termoelettrico.

1.6 E. Lami, “Stato dell'arte sulla ecnica di Umidificazione Fumi e West-ESP”, SRI- AG-UCT-990129, ENEL Produzione-Ricerca di Pisa, 2000.

1.7 K. Darby, “Criteria for Designing Electrostatic Precipitators”, Proceedings of

“Second Symposium on the Transfer and Utilization of Particulate Control Technology”, Denver, Colorado, 1979.

1.8 P.J. Hilts, “Fine Particles in Air Cause Many Deaths Study Suggests”, The New York Times, 1996.

1.9 “Ricerche ENEL su Tecnologie Elettrostatiche per il Controllo delle Emissioni Inquinanti”, Centro Ricerca Termica e Nucleare.

1.10 B.S. Haynes and H. G. Wagner, “Soot Formation”, Prog. Energy Combust.

Science, Vol. 7, (1981), pp. 229-273

1.11 P. Bocca, M Fontana, R Belli, B Billi, R Tarli, “Chemical Factor Influencing Particulate Emiss ons Fuel Oil”, La Rivista dei Combustibili, vol.XXX, fasc. 8, (1976), pp. 239-249.

1.12 D M Whitehead, J C Finn, P C Beadle ,“Studies re ated to Residual Fuel Oil Composition and the Formation and Burnout of Particulates during Combustion”, Erdol Kohle, Erdgas, Petrochem. Brennst.-Chem., Hydrocarbon Technol., Vol. 36, (1983), pp.577-581.

1.13 R A Taylor, A R Burgess, “Particulate Formation in Fuel Oil Combust on”, Fuel Science Technology, Vol. 6, (1988), pp. 43- 81.

1.14 “Proprietà delle Ceneri di Olio Combustibile”, CISE, SLS-97-5-7, 1997.

1.15 Clayton R M, Back L H, “Physical and Chemical Characteristics of Cenosphe es from the Combustion of Heavy Fuel Oil”, Journal of Engineering for Gas Turbines and Power, Vol. 111, (1989), pp.679-683.

1.16 “Caratterizzazione delle Emissioni da Olio Combustibili Pesanti”, Documentazione interna ENEL.

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