Introduzione
Una caratteristica determinante della nostra epoca è che tutto è in accelerazione, tutto è maledettamente complesso: non si fa in tempo a produrre una ragionevole e condivisibile riflessione su un particolare fenomeno che questo si è già mosso repentinamente in un’altra direzione, quasi a confermarci universalmente il principio di indeterminatezza di Heisenberg e ad evidenziarci dunque l’importanza di saper gestire opportunamente il cambiamento.
Constata, dunque, l’apparente inutilità di dedicare del prezioso tempo alla comprensione dei fenomeni, emotivamente sembra più proficuo il fare, anziché il comprendere.
In realtà tutto è rappresentazione: ciò che noi osserviamo e cerchiamo di comprendere è ciò che noi sappiamo. E il come lo sappiamo dipende da ciò che noi siamo nella vita, sia nel sociale che nel business. Questo vale sia per gli individui che per le imprese economiche.
L’approccio deterministico e meccanicistico che ha caratterizzato le epoche industriali precedenti era basato sulle logiche di economie di scala. Ora e sempre più, a queste si affiancano e, in alcuni casi, si sostituiscono le logiche delle economie di velocità indotte dall’interconnessione in rete delle imprese e delle società su scala mondiale. Tutta la storia delle vicende umane, compresa l’economia, è in definitiva la storia delle comunicazioni e delle tecnologie che hanno proceduto, sia pure con ritmi diversi nelle varie epoche, sempre nella direzione della interconnessione dei luoghi e dei momenti nei quali vi fossero informazioni e conoscenze da scambiare.
È dunque un problema di conoscenze e di informazioni; non c’è attività umana che non consumi o che non generi queste preziose risorse. Il tema di fondo è averne la consapevolezza e disporre della vision per utilizzarle al fine di aggiungere valore alle attività.
L’approccio odierno non è più quello meccanicistico che interpreta l’impresa come una
macchina composta da tante singole componenti; nemmeno più quello deterministico che
regola il rapporto di causa ed effetto, ma olistico, nel quale l’organizzazione aziendale è
considerata un momento di valore interno ad un sistema complesso ed esteso di relazioni, più
simile ad un organismo biologico, dove i geni sono l’informazione digitale, il sistema nervoso
è la net-business intelligence, il comportamento manifestato è la competitività raggiunta. In
altri termini, l’azienda è un organismo vivente che, sia pure ad alta densità tecnologica, è pur
sempre fatto di persone che tra loro comunicano, si arrabbiano, concludono affari. Non si
deve quindi dimenticare l’elemento umano che rimane anche all’interno delle organizzazioni
di business più avanzate, anzi, proprio per questo, una risorsa insostituibile che va, semmai,
ulteriormente valorizzata, dandole i necessari supporti tecnologici e le conoscenze affinché possa gestire al meglio quella che viene definita “energia digitale”.
Una risorsa umana esclusa dal flusso energetico dell’informazione e della conoscenza risulterà una risorsa fuori posto, non portatrice di valore e probabilmente farà solo danni; così come sarà fuori posto una tecnologia senza una sua rete di sostegno: la vision del management, i modelli organizzativi e gli obiettivi di business coerenti.
Nonostante tutto, occorre prendere atto che le società, le economie, le aziende e in ultima analisi le persone devono ancora metabolizzare completamente i nuovi paradigmi indotti dalle nuove tecnologie di rete, quindi i modelli di business e di comunicazione in rete, di governo e di spazi sociali. Attualmente dunque si sta ancora descrivendo una serie di modelli che rispecchiano la transizione, il passaggio tra il vecchio ordine delle cose ed il nuovo ordine globalizzato che, presumibilmente, andrà a configurarsi. Ma si potrà pervenire ad una configurazione definitiva e consolidata? In effetti quando i fenomeni si avvicinano alla velocità della luce all’interno di un sistema complesso, quale è il mondo in cui viviamo, non possiamo parlare di configurazioni date e statiche dalle quali astrarne un modello che stia in piedi per molto tempo; gli elementi della stessa configurazione oggetto di studio avranno già formato un’altra configurazione. Come si vede, non si può prescindere dal cambiamento, insito in ogni sistema, e soprattutto non si può trascurare tutto ciò che serve per poterlo gestire in maniera opportuna. Tuttavia ciò non deve esimere dal procedere comunque nella individuazione delle diverse configurazioni, evitando però di rimanere prigionieri di gabbie ideologiche e pregiudiziali.
In questo momento di rottura di trends, quali sono i punti fermi, le solide basi delle opportunità che possono, devono essere colte? Se ne possono individuare quattro.
Innanzitutto il Knowledge Management. La nostra è l’epoca della conoscenza diffusa e disponibile, a basso costo, a tutti coloro che la vogliono utilizzare. E le componenti che ne permettono una facile gestione sono e saranno l’ossatura dei sistemi informativi di oggi e del domani.
In secondo luogo l’Intelligence (nelle sue varie accezioni di marketing, business e
competitive intelligence), intesa come capacità di “leggere in profondità” le cose e gli
avvenimenti. Le tecnologie che permettono di automatizzare questa capacità, potenziando le
nostre attività intellettuali od almeno i suoi aspetti più meccanici e ripetitivi, saranno il
sistema nervoso che recepirà, selezionerà e trasmetterà gli stimoli informativi necessari alla
sopravvivenza e alle reazioni vitali dell’organizzazione.
Poi la Sicurezza. Le aree cosiddette sensibili e da proteggere sono mutate negli ultimi 400 anni. Se prima erano i luoghi dove maggiore era la concentrazione delle persone, e poi dei mezzi di produzione, ora sono le aree dove maggiore è la concentrazione del sapere e degli snodi della sua produzione, trasformazione e trasferimento. Oggi si devono identificare nuove forme di sicurezza per “proteggere” e per proteggersi dai bytes che scavalcano senza problemi muri e confini.
Infine, ma sicuramente non ultimo in termini di importanza, il Change Management, ossia tutta la competenza che di fronte ad una volontà/necessità di cambiamento fa sì che il cambiamento vada a buon fine. Il change management può essere definito come “l’efficace governo dei processi di cambiamento attraverso lo sviluppo integrato e costantemente monitorato delle persone, della cultura, dei processi organizzativi, delle strutture e delle tecnologie”. Questo concetto è ancora più importante in un mondo particolarmente contingente come quello in cui oggi le imprese si trovano a competere.
Come si può evincere da quanto detto, tutto ciò impone uno sforzo di aggiornamento degli
strumenti di interpretazione della realtà, di intelligence appunto. Occorre, quindi, generare un
valore d’uso che il mercato ed i clienti siano disposti a riconoscere aprendo nuovi canali di
comunicazione diretta, segmentando le esigenze con le tecniche di analisi dei dati, offrendo ai
diversi livelli di attività operativa, organizzativa e strategica le conoscenze e gli indicatori
necessari per la creazione del valore.
Obiettivi e struttura della tesi
L’obiettivo principale del presente lavoro è di contribuire allo sviluppo di efficaci sistemi di misurazione e controllo all’interno delle organizzazioni che si trovano ad affrontare un qualsiasi tipo di cambiamento, dopo aver analizzato gli approcci attualmente adottati da un campione significativo di aziende italiane del settore manifatturiero. L’intento è quello di studiare ed approfondire un aspetto del change management, ovvero quello della misurazione, del controllo e del monitoraggio, poco trattato nella letteratura (internazionale ma soprattutto italiana), ma di estrema importanza per tutte le aziende che affrontano continuamente progetti di cambiamento e che desiderano portarli a termine con successo. Infatti, per evitare che le iniziative di cambiamento si concludano in fallimenti, di cui si hanno numerose testimonianze, occorre avere a disposizione un quadro di indicatori, che controlli e monitori le variabili più significative, informando costantemente di ciò che sta avvenendo, di come stia evolvendo il processo di trasformazione, al fine di poter intervenire tempestivamente qualora non si stesse seguendo la “giusta rotta” verso il raggiungimento degli obiettivi che si intendono perseguire con il cambiamento.
A tale scopo, Assochange, Associazione Italiana di Change Management, ha proposto l’elaborazione di questa tesi, resa possibile grazie alle attività svolte all’interno del gruppo di lavoro 3, che nel corso del 2005 ha affrontato lo studio del controllo e del monitoraggio del cambiamento.
Alla luce dei suddetti obiettivi, è importante riflettere sull’ipotesi che i sistemi di misurazione possano non solo seguire, bensì divenire essi stessi artefici dei processi di cambiamento che sembrano caratterizzare le imprese nell’attuale scenario competitivo. La capacità che è connaturata all’attività di misurazione
1non deve essere sottovalutata in sede di individuazione delle leve o degli agenti del cambiamento organizzativo: “le vere difficoltà nei processi di cambiamento si incontrano nell’attuazione, nell’orientare le risorse a comportamenti realmente diversi e soprattutto ad ottenere risultati concreti in coerenza con gli obiettivi strategici. Si tratta di un’area scarsamente regolamentata e modellizzata…”
2Nel seguito, per ogni capitolo verrà fornita una breve descrizione in modo da avere subito chiari l’architettura generale della tesi e il flusso logico che si intende seguire nell’esposizione degli argomenti.
1 Si fa riferimento alla prospettiva pragmatica del processo di misurazione di cui si parla nel primo capitolo.
2 Caio M., L’orientamento ai risultati antidoto alla burocrazia, L’impresa, n. 6, 1994. John Kotter individua nei