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La narrazione sembra dunque impostata sul modello dell‟indagine poliziesca

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Academic year: 2021

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I. L’autore e la sua opera

Philippe Claudel è nato a Dombasle-sur-Meurthe nel 1962. Dopo gli studi in letteratura, storia dell‟arte e cinema all‟Università di Nancy, ha lavorato prima come insegnante nei licei, e in seguito negli ospedali pediatrici, per dodici anni nel carcere di Nancy e per quattro anni in un istituto per bambini disabili.

L‟esordio in letteratura avviene nel 1999, quando Claudel si fa notare al Festival du premier roman di Chambéry con Meuse l’oubli, pubblicato nel corso dello stesso anno dall‟editore Balland. Il tema della morte, del lutto e della sua dolorosa elaborazione, declinato in Meuse l’oubli nella forma della perdita di una compagna, tornerà spesso nell‟opera di Claudel, già a partire dai due romanzi successivi, Quelques-uns des cents regrets e J’abandonne, entrambi editi da Balland nel 2000. Se il primo è incentrato sulla perdita della madre, che per il narratore costituisce un‟occasione per ripercorrere i luoghi e i ricordi della propria infanzia, nel secondo torna a fare da protagonista il tema della vedovanza, e la riflessione sulla capacità di accettare la sofferenza si fa più profonda: un uomo, padre di una bambina piccola, già abituato allo stretto contatto con la morte e il dolore, poiché suo compito è convincere i parenti delle vittime di incidenti a dare l‟autorizzazione per l‟espianto e la donazione degli organi, si trova a fare esperienza diretta del lutto di un familiare - la perdita della moglie - che sconvolge la sua esistenza e gli impedisce di continuare a lavorare con la sofferenza altrui.

Nel 2001 Claudel diventa docente di letteratura e antropologia culturale presso l‟Università di Nancy II, dove continua tuttora a insegnare e a collaborare come docente di scrittura cinematografica presso lo IECA (Institut Européen de Cinéma et d’Audiovisuel). Nel 2003 riceve il premio Goncourt per Les petites mécaniques, raccolta di racconti pubblicata da

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Mercure de France, ed è consacrato al successo del pubblico con Les Âmes grises, edito da Stock, che gli fa vincere, allo stesso tempo, il premio Renaudot e il premio delle lettrici della rivista Elle. Il racconto si apre con il ritrovamento del corpo di una bambina, assassinata a soli dieci anni durante la Prima guerra mondiale, nel 1917, in un paesino della provincia francese. La narrazione sembra dunque impostata sul modello dell‟indagine poliziesca; tuttavia essa non si concentra sul delitto, che del resto non rimane un caso isolato, bensì sui personaggi che attorno a esso gravitano, e di cui emergono tutte le ambiguità e le responsabilità. La voce narrante è quella del poliziotto che, a vent‟anni di distanza, cerca di ricostruire la vicenda di cui è stato testimone, nella speranza di riportare l‟ordine nella propria vita e nella storia, per scrivere la propria verità.

Aiutato dai ricordi dei testimoni, lacerato dal rimorso e dal rimpianto, egli ripercorre quei giorni e la catena di eventi che li hanno preceduti e seguiti:

l‟orrore insensato della guerra e i tragici delitti che non trovano spiegazione, entrambi espressioni del lato oscuro degli uomini.

A partire dal grande successo riportato con Les Âmes grises, molti dei libri di Claudel vengono tradotti all‟estero e ottengono un riconoscimento internazionale. L‟editore dei romanzi di Claudel in Francia diventa Stock, anche se l‟autore continua a collaborare con case editrici minori (Aencrage&Co, La Dragonne, Nicolas Chaudun Editions, Filigrane) alla creazione di pregevoli libri d‟artista; nel 2004 viene pubblicata da Virgile la raccolta Trois petites histoires de jouets.

Nel 2005 esce, sempre per i tipi di Stock, La Petite Fille de Monsieur Linh, romanzo in cui il tema della guerra e, soprattutto, delle sue conseguenze – la perdita, l‟esilio, la solitudine – è rischiarato questa volta dai segnali di speranza dati dalla presenza di una giovanissima vita (la neonata Sang Liû, nipotina di Linh), e dall‟amicizia che si instaura signor Bark e Linh, ancora capace, nonostante l‟età e le ferite ricevute dalla vita, di grande umanità e di sentimenti profondi. Lo sfondo della guerra, il

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problema della labilità del confine tra il bene e il male, l‟idea di una disumanizzazione della società e di una sua naturale tendenza all‟omertà, la presenza di vittime innocenti per le quali non è stata fatta giustizia, già temi dominanti de Les Âmes grises, tornano a fare da protagonisti ne Le rapport de Brodeck (vincitore del premio Goncourt des Lycéens, Stock 2007), romanzo ambientato questa volta nel secondo dopoguerra, e assumono proporzioni inquietanti ne L’Enquête (Stock 2010), dove lo sfondo bellico è però assente e l‟azione si svolge in una realtà sinistramente surreale, in cui la critica ha spesso ravvisato un‟eco kafkiana.

Dopo il grande successo dei romanzi, nel 2012 esce Parfums (Stock), una raccolta di sessantatre testi brevi, ordinati alfabeticamente (da «Acacia»

a «Voyage»), che evocano altrettanti profumi dell‟infanzia e dell‟adolescenza, in una sorta di diario intimo olfattivo le cui pagine sono costituite da frammenti di prosa poetica.

Philippe Claudel è inoltre sceneggiatore e regista. Il suo primo film, Il y a longtemps que je t’aime (titolo italiano: Ti amerò per sempre), con Kristin Scott Thomas ed Elsa Zylberstein, è uscito nelle sale nel 2008 riscuotendo un forte successo in Francia e all‟estero, insieme a numerosi riconoscimenti tra cui due nominations ai Golden Globes e il Bafta del miglior film straniero; del 2011 il suo secondo film, Tous les soleils, con Stefano Accorsi, Neri Marcorè, Anouk Aimée e Clotilde Coureau. Claudel è infine autore, ad oggi, di due opere teatrali, Parle-moi d’amour (2009), e Le paquet (2010).

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II. Edizioni italiane delle opere di Philippe Claudel

Le opere di Philippe Claudel sono pubblicate in Italia dalla casa editrice Ponte alle Grazie (Milano) nella traduzione di Francesco Bruno. Ad oggi sono stati pubblicati:

Le anime grigie (Les âmes grises), 2004

La nipote del signor Linh (La petite fille de Monsieur Linh), 2005 Io me ne vado (J’abandonne), 2007

Il rapporto (Le rapport de Brodeck), 2008 L’inchiesta (L’enquête), 2012

Profumi (Parfums), 2013

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III. Introduzione a Les petites mécaniques 1. Le potenzialità del racconto

Les petites mécaniques è una raccolta di tredici racconti, eterogenei per ambientazione storico-geografica. Dall‟imprecisato medioevo franco- tedesco dei racconti di apertura (Les mots des morts, Les bandes, Le voleur et le marchand), la narrazione si sposta in un altrettanto imprecisato Seicento italiano (Les confidents) e approda all‟età contemporanea nella seconda metà della raccolta, passando attraverso vicende completamente prive di riferimenti spazio-temporali - come nel caso di Arcalie e di Roman, e ancor più in Panoptique e Panoptique II, dove la narrazione, svolta sotto la forma di un‟enigmatica prima persona plurale, è volutamente avulsa da ogni contesto.

Vicende lontane le une dalle altre nello spazio e nel tempo, personaggi diversi per sesso e ceto sociale: nelle Petites mécaniques vediamo sfilare, uno dopo l‟altro, come in un curioso bestiario umano, mercanti, ladri, vagabondi, una contessa, un impiegato di museo, una giovane proletaria di un indefinito est europeo. Claudel sceglie la novella per fabbricarsi un‟originale collezione di destini, consapevole delle possibilità offerte da questa forma letteraria:

Les nouvelles - parfois ici teintées de fantastique - autorisent une variété de juxtaposition, de tons, d'époques, d'humeurs, de couleurs que ne permet pas vraiment le roman. Grâce à elles, on peut passer d'un univers à un autre, aller, comme c'est le cas ici, de l'ambiance d'une foire moyenâgeuse à celle d'un palais baroque italien dans lequel, enfermée, une comtesse tente de faire peindre un rêve qu'elle a fait, passer de la vie étriquée d'un gardien de musée indifférent aux œuvres qu'il surveille à celle d'une jeune femme que l'on séquestre afin qu'elle devienne la Reproductrice de toute l'espèce humaine. Suivre un boutiquier du Second Empire

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8 délaisser sa famille pour retrouver la trace d'un poète. Surveiller la rédemption d'un criminel, qui finira assassiné par celui qu'il avait été1.

Les mots des morts, Le voleur et le marchand, Les confidents, L’autre, Paliure, Tania Vläsi sono racconti scritti alla terza persona in cui un narratore onnisciente descrive la parabola di un‟esistenza che, perlopiù poco prima della fine (ad eccezione che ne Le voleur et le marchand) ha preso una direzione del tutto inaspettata a causa di un evento inspiegabile, velato di fantastico. Le vite dei personaggi, piccoli congegni che sembrano macinare il tempo con pervicace indifferenza, sono meccanismi destinati a incepparsi, ed è da questo momento in poi che diventano oggetto di interesse per il narratore. La contessa Beata Desiderio (Les confidents) vive una monotona vedovanza, rinchiusa nel proprio castello, fino a quando un sogno stravagante non sconvolge la sua mente inducendola al delirio e poi alla morte. La rispettabile quotidianità borghese del mercante Frolon (L’autre) è fatta deflagrare dalla lettura casuale dei versi di Rimbaud, esperienza che lo spinge ad abbandonare tutto per dedicarsi alla disperata ricerca del poeta. Tania Vläsi conduce un‟esistenza vuota e scialba che la esaspera, e dalla ripetitività domestica della sua vecchia vita viene catapultata in una ripetitività allucinata che la vede oggetto di vere e proprie sevizie e soggetto creatore di nuove vite.

Nel caso dei racconti appena citati, la biografia dei personaggi, spesso incerta o del tutto insignificante, è dunque messa in luce soltanto nel momento in cui in essa si attua uno stravolgimento, e viene fotografata, nell‟arco di pochi giorni e nello spazio di poche pagine, nel suo precipitarsi verso una caduta finale, che coincide perlopiù con la morte, poiché «la mort est le grand moment romanesque qui permet de contrebalancer et d‟éclairer l‟ensemble d‟une vie»2. Del resto, questo tipo di disposizione dell‟intreccio,

1 Presentazione del volume sul sito dell’editore, http://www.mercuredefrance.fr/ livre- Les_petites_m%C3%A9caniques-242-1-1-0-1.html

2 Da «Interview de Philippe Claudel», in P. Claudel, Les confidents et autres nouvelles, Paris, Flammarion 2006, p. 122.

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che concentra intorno a un finale perlopiù inatteso i significati di tutto ciò che precede, è intrinseco al genere della forma breve ˗ e a questo proposito mi sembra rilevante citare le osservazioni di B. Ejchenbaum quando, nella sua analisi comparata della forma del romanzo e della novella, afferma che

«per la sua stessa essenza, la novella, come pure l‟aneddoto, accumula tutto il suo peso verso la fine»3. Il teorico russo prosegue nella comparazione dei due generi letterari usando una felice metafora, per la quale se il romanzo è

«una larga passeggiata per vari luoghi che sottintende una tranquilla via di ritorno», la novella è invece «un‟ascensione sulla montagna il cui scopo è uno sguardo da un punto elevato». Tale punto di vista privilegiato è presente nei racconti di Claudel e rappresenta un elemento centrale della costruzione del racconto. La scelta della forma breve, che permette di illustrare una gamma variegata di destini attraverso epoche e contesti diversi, fa anche sì che questi destini, concentrati in uno spazio narrativo ristretto4, assumano un carattere emblematico alla luce dell‟evento singolare e misterioso che li ha sconvolti.

Claudel afferma che le sue novelle sono «velate di fantastico». È vero che ne Les mots des morts, Le voleur et le marchand, Les confidents, L’autre, Paliure, Tania Vläsi la ragione del lettore è posta di fronte all‟esitazione che per T. Todorov costituisce la definizione stessa del

3 B. Ejchenbaum, O. Genri i teorija novelly, tr. it. Teoria della prosa, in I formalisti russi, Torino, Einaudi, 1968, p. 239.

4 Sulle nozioni di condensazione e intensità proprie alla forma del racconto, e del loro rapporto con la significazione, mi sembra interessante riportare il punto di vista di uno dei più grandi scrittori di racconti contemporanei, J. Cortázar : «In una fotografia o in un racconto di grande qualità […] il fotografo o lo scrittore di racconti si vedono obbligati a scegliere e a circoscrivere un‟immagine o un avvenimento che siano

«significativi», che non valgano solamente per se stessi, ma che siano capaci di agire sullo spettatore o sul lettore come una specie di "apertura", di fermento che proietti l‟intelligenza e la sensibilità verso qualcosa che va molto oltre l‟aneddoto visivo o letterario contenuti nella foto o nel racconto. […]Lo scrittore di racconti sa che non può procedere in modo accumulativo, che non ha come alleato il tempo ; la sua unica risorsa è quella di lavorare in profondità, verticalmente […] Il tempo del racconto e lo spazio del racconto devono essere come condensati, sottoposti a un‟alta pressione spirituale e formale per provocare quella "apertura" a cui mi riferivo prima». (J. Cortázar, Alcuni aspetti del racconto, in I racconti, Torino, Einaudi-Gallimard, 1994, pp. 1315-16.)

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fantastico: il momento dell‟incertezza in cui, di fronte a un evento apparentemente inspiegabile,

celui qui perçoit l‟événement doit opter pour l‟une des deux solutions possibles : ou bien il s‟agit d‟une illusion des sens, d‟un produit de l‟imagination […] ; ou bien l‟événement a véritablement eu lieu, il est partie intégrante de la réalité, mais alors cette réalité est régie par des lois inconnues de nous5.

Secondo l‟analisi di Anne Princen, Claudel, con Les petites mécaniques, si iscrive in quella linea di scrittori che, a partire da E.A. Poe, legano indissolubilmente l‟essenza del fantastico alla forma del testo breve. Così, se in Poe l‟effetto di sorpresa è dato da un rigoroso sistema di composizione, che consiste nel disseminare il testo di indizi impercettibili che convergono verso la risoluzione finale dell‟intreccio, è possibile ravvisare in Claudel una disposizione minuziosa di segni „premonitori‟ che preparano l‟effetto finale. Ne L’autre, ad esempio, le analogie tra la biografia di Frolon e quella di Rimbaud, inizialmente presentate come semplici coincidenze, funzionano come segni premonitori che, in maniera quasi inconscia, subliminale, orientano il lettore verso la sovrapposizione finale tra mercante e poeta:

Détails anodins apparemment, qui servent l‟ancrage réaliste du récit, les signes avant-coureurs sont semés le long du texte et mènent insidieusement à l‟éblouissement final6.

A questo punto occorre precisare che quanto è stato detto finora sulla costruzione dell‟intreccio nelle Petites mécaniques è valido solo per una parte della raccolta. La serie dei racconti che abbiamo descritto sopra è intervallata da un‟altra serie di racconti scritti alla prima persona (Les bandes, Panoptique, Gueux, Roman, Panoptique II) sotto forma di brevi

5 T. Todorov, Introduction à la littérature fantastique, Paris, Éditions du Seuil, 1970, p.

29.

6 P. Claudel, Les confidents et autres nouvelles, op. cit., p. 21 (Présentation d’Anne Princen).

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monologhi. Tali monologhi descrivono, con il rinforzo dell‟uso iterativo del tempo presente e dell‟imperfetto, l‟immobile condizione di esistenze da sempre smarrite: a parlare, a raccontarsi, sono vagabondi, reclusi, poeti di strada. Le storie di questi personaggi non sono turbate da alcun evento misterioso o insolito, e, più in generale, non possiedono un intreccio; non si tratta, qui, di narrare la parabola di una vita che a un certo punto si impenna ed „esce dai binari‟, ma di dare una visione d‟insieme di una serie di «vite mal sbocciate» (Panoptique), per loro natura aberranti. Le voci di malfattori, poeti e visionari emergono nel corso della raccolta interrompendo la serie più propriamente narrativa, così come le voci di un coro in una tragedia intervallano l‟azione offrendoci un‟immagine più completa del contesto in cui si muovono gli eroi principali, e il mondo delle Petites mécaniques è un mondo «strampalato», come riconosce il narratore di Gueux, un mondo che potremmo definire barocco, in cui sistematicamente trovano spazio il traviamento, la follia, l‟égarement.

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2. Le tematiche della raccolta

Se è vero, come abbiamo visto, che la raccolta presenta una varietà di personaggi, epoche, luoghi, e che al suo interno racconti più propriamente narrativi si alternano a voci isolate che „cantano‟ la propria condizione, occorre però notare come tale eterogeneità – dei cronotopi e delle forme – trovi sostegno in una forte coesione tematica dell‟opera, dal momento che le diverse vicende sono legate da una serie di motivi ricorrenti e da un sistema di richiami interni al testo più o meno evidenti. Vediamo quali.

2.1. La parola: bavardage e poesia

Il tema del potere delle parole, declinato in vari modi, ricorre in numerosi momenti della raccolta, a partire dal titolo del racconto di apertura, Les mots des morts. Titolo volutamente paradossale, visto che l‟aspetto straordinario dei decessi misteriosi degli abitanti del villaggio è dato proprio dal silenzio in cui essi avvengono, dall‟assenza di qualsiasi spiegazione che li giustifichi. Il mercante Voss, dopo aver assistito allo spettacolo incredibile di una distesa di corpi senza vita sulla piazza di un borgo in un giorno di fiera, non farà mai parola di questa esperienza, per morire infine «nel silenzio del suo segreto»; unici testimoni superstiti, oltre a lui, sono due muti, che sembrano essere stati risparmiati dalla morte proprio perché non potranno riferire a nessuno quanto hanno visto. Il silenzio in cui si chiude il personaggio toccato da un evento misterioso e insolito è un tema presente anche ne Les confidents: la contessa Beata Desiderio non rivela a nessuno il proprio segreto, e questo mutismo contribuisce ad alimentare il delirio in cui è destinata a sprofondare; a condividere la sua fantasia stravagante, velatamente blasfema e segnata da una forte componente erotica, sono i due uomini del sogno – i confidenti a cui allude il titolo. In entrambi i racconti la parola ha una connotazione negativa, e viene evocata unicamente per mezzo del sostantivo

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“chiacchierio” (bavardage) e dell‟aggettivo “chiacchierone” (bavard) da esso derivato: ne Les mots des morts le prime vittime del male misterioso sono due vecchiette «chiacchierone come allodole»:

On retrouva derrière le porche de l‟église deux vieilles – qu‟on savait amies et bavardes comme des alouettes – l‟une contre l‟autre, pour ainsi dire enlacées. (p.

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Il mercante Voss viene definito «chiacchierone impenitente»:

Et le plus étrange, sans doute, de cette étrange histoire fut que le marchand Voss, pourtant bavard impénitent, n‟éprouva jamais le besoin d‟en parler à quiconque.

(p.22)

Anche ne Les confidents ricorre il termine bavardage, nel momento in cui la contessa, dopo aver raccontato il sogno ai pittori perché possano dipingerlo, si preoccupa della loro discrezione:

Elle acheta à prix d‟or leur discrétion, craignant que leurs bavardages éventuels n‟attirassent la curiosité d‟un clergé pointilleux. (pp. 60-61)

Nei due racconti appena citati, le parole dei vivi sono vano chiacchiericcio, pettegolezzo, espressione di un mondo spicciolo e gretto, spogliato di qualsiasi mistero; protagonista è il silenzio che ad esse si oppone, un silenzio incantato e significante che lascia al lettore la possibilità di lavorare con la fantasia. I temi del segreto, del silenzio, della confusione tra sogno e realtà, della presenza misteriosa della morte sono presenti sia ne Les mots des morts che ne Les confidents, e sono legati a immagini e situazioni ben precise che si ripetono nei due racconti. La luce bianca e abbagliante di una giornata estiva, il silenzio interrotto dal verso di un animale, la staticità della scena spezzata dal movimento degli uccelli concorrono a creare l‟atmosfera irreale in cui si muovono il mercante Voss

7 Edizione di riferimento: P. Claudel, Les petites mécaniques, Paris, Gallimard, «Folio», 2004 [20031].

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e la contessa Beata Desiderio :

Dehors, dans la torpeur blanche de l'après-midi d'été, la femme du carrosse s'éventait toujours. Trois corbeaux s'élancèrent de la flèche et chutèrent jusqu'à la rosace. Sur le parvis, un chat maigre miaulait au ciel. (Les confidents, p. 57)

[…] souvent, dans ses rêves, il revoyait la blancheur de ce premier jour d'été, l'étendue de la place bordée d'arcades, et il entendait son grand silence, seulement de temps à autre déchiré par la plainte d'un animal ou un frottement de sabots sur le sol.

(Les mots des morts, p. 18)

Un punto essenziale, che mi pare opportuno sottolineare, è che la sfumatura fantastica di cui si velano molti dei racconti de Les petites mécaniques costituisce una specie di omaggio al piacere della lettura come attività di evasione, al piacere di immergersi in un universo altro e fittizio.

Come vedremo più avanti, una concezione della letteratura come potente mezzo di evasione, oltre a essere alla base dell‟idea generale dell‟opera, ricorre all‟interno del testo configurandosi come uno dei motivi-chiave della raccolta. Essa inoltre è strettamente legata al tema onnipresente della libertà, che mi sembra essere il vero filo conduttore dei tredici racconti delle Petites mécaniques.

Il ruolo fondamentale della letteratura nell‟esperienza umana è messo in evidenza dal fatto che l‟oggetto dei racconti Arcalie, Roman e L’autre è proprio la parola poetica. Qui, una poesia intesa in senso rimbaldiano come attività visionaria e creatrice costituisce una risorsa irriducibile del genere umano, che permette di evadere da un mondo scialbo e convenzionale - potremmo dire che questo mondo scialbo e convenzionale è il mondo del bavardage. In qualsiasi situazione o condizione, nulla potrà mai privare l‟uomo della possibilità di figurarsi un mondo alternativo a quello reale, e questo viene espresso piuttosto esplicitamente nelle pagine di Arcalie, dove, in un paese governato da geografi e matematici, in cui i poeti sono

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perseguitati e uccisi, la popolazione trova nella poesia una via di fuga dall‟avvilente esercizio di mappatura catastale a cui viene costantemente costretta:

Les premiers poèmes étaient apparus il y a bien longtemps, et chacun s‟était alors aussitôt enthousiasmé pour ces édifices anodins d‟apparence, qui tenaient sur une feuille de papier ou dans un mince recoin de la mémoire, et que rien, ni marée, ni tremblement de terre, ni crue plus importante qu‟une autre, ni tempête de sable, n‟endommageait ni modifiait.(p. 50)

Allo stesso modo, l‟ex mercante Eugène Frolon, anche in una condizione di totale indigenza, può sempre contare sul conforto assicurato dai versi di Rimbaud, che nemmeno la sottrazione fisica del volume delle Illuminazioni è in grado di negargli:

Frolon passa six jours et six nuits en prison. On lui confisqua le recueil dont les pages tant feuilletées s‟ornaient désormais de caractères très pâles. La perte fut mince car l‟ancien marchand connaissait depuis longtemps tous les textes par cœur.

(p. 107)

Il racconto L’autre che ho appena citato occupa certamente una posizione di rilievo nella raccolta. In esso, l‟idea di una poesia in grado di creare un universo altro e alternativo viene tematizzata prendendo a modello la vita e l‟attività poetica di Rimbaud: a partire dal titolo e tramite una sorta di riscrittura della biografia del poeta delle Illuminazioni, Claudel mette l‟accento sul potere sovversivo di una prassi poetica che si configura come «azione dell‟autre, azione che comporta in primo luogo la distruzione di tutte le certezze nelle quali il je ha trovato un suo comodo (ma quanto ingiusto e falso!) modus vivendi»8. Dal punto di vista ideologico, l‟omaggio a Rimbaud si articola dunque nella presenza del tema della fuga e della poesia come strumento per scardinare le certezze borghesi proprio a partire dalle convenzioni linguistiche. Allo stesso tempo, possiamo notare come

8 AA.VV., Storia della civiltà letteraria francese, t. II, «Dall‟Illuminismo all‟Ottocento», Torino, Utet, 1993, p. 1424.

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Claudel sembri voler „mimare‟ la materialità dei versi di Rimbaud, che per Eugène Frolon diventano oggetti tangibili, parte integrante della realtà quotidiana che lo circonda:

Le cheval avait l‟échine ployée par le chargement de vivres et de Bibles, et Frolon, un sourire perpétuellement sur ses lèvres, songeait à des pièces d’or jaune semées sur l’agate, des piliers d’acajou supportant un dôme d’émeraudes. (p. 109)

Eugène Frolon ne L’autre e Igor Beshevich in Paliure sono soggetti a vere e proprie allucinazioni verbali, che sembrano esprimere la quintessenza della parola poetica di Rimbaud: una parola poetica oscura dal punto di vista del significato, ma anche fortemente visiva e materiale.

Frolon giunge al punto di vedere le parole, anzi, le lettere, proprio come Rimbaud in Voyelles:

Dans ses sommeils songeurs, chaque nuit, l'ancien marchand errait dans un pays où des lettres majuscules formaient des falaises abruptes, et des mots taillés dans un schiste vert des remparts sur lesquels il glissait ses mains dans un voluptueux mouvement de caresse. (p. 114)

Beshevich, vittima di una sorta di sortilegio della lingua, è ossessionato dalla sonorità e dalla forma grafica della parola paliure, e così come i versi di Rimbaud «sembrano emergere da uno spazio d‟ignoto, circoscritti come isole da un vasto contesto sibillino di riferimenti destinati a rimanere sconosciuti al lettore»9, il senso di paliure, rimarrà per sempre oscuro al protagonista di questo racconto:

[…] revenu à son interrogation obsédante, il vit, oui, il vit son paliure scintiller en lettres claires et comme iridescentes devant ses yeux, pour s'offrir enfin et s'éclairer de sa lumineuse définition. (p. 136)

9 Dall‟Introduzione di Ivos Margoni e Cesare Colletta, in A. Rimbaud, Illuminazioni, Milano, Rizzoli, 1981, p. 14.

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2.2. L’immaginazione. Libertà, reclusione

Lo stesso ruolo che in Arcalie e L’autre viene nello specifico rivestito dalla poesia, più in generale e quasi ovunque nel testo viene svolto dall‟immaginazione. L‟immaginazione umana ha il potere di assicurare una libertà illimitata, e, non a caso, fortemente presente nella raccolta è il tema della reclusione, fisica o metaforica, che spesso sembra alla base di uno scatenamento forsennato della fantasia: Beata Desiderio ed Eugène Frolon sono fondamentalmente dei prigionieri, l‟una del proprio castello e della propria monotona solitudine, l‟altro di una noiosa quotidianità fatta di convenzioni e buone maniere; entrambi, improvvisamente, in virtù dell‟irruzione del sogno o della poesia nelle loro esistenze, assumono le sembianze di asceti visionari. Entrambi si lasciano consumare dalla fame nutrendosi unicamente del piacere immediato suscitato dall‟immaginazione

intesa proprio nel senso di „creare immagini con la mente‟: per Eugène Frolon tali immagini scaturiscono dai versi visionari di Rimbaud, nel caso

di Beata Desiderio è il sogno a creare la scena grandiosa del crollo della chiesa, sontuosamente descritta da Claudel. I prigionieri di Panoptique sono reclusi in un immenso carcere dall‟architettura singolare che già di per sé sembra frutto del sogno o dell‟allucinazione, e la contemplazione perpetua di questo spazio dà luogo a ulteriori visioni. Queste visioni altro non sono che il riproporsi dello scenario del carcere, ma il tono estremamente lirico con cui l‟autore descrive questi spazi sognati sembra quasi mitigare l‟atmosfera - di per sé inquietante vagamente kafkiana - in cui sono immersi i detenuti ignari della propria colpa:

La nuit, dans notre sommeil, nous rêvons souvent d'une formidable architecture faite d'escaliers qui s'enchevêtrent, de murs en pierre immenses et de plafonds en voûtes colossales. Dans ce lieu imaginaire, les lignes de chaînes à gros maillons se coupent et triangulent un espace que la lumière en minces faisceaux clairs fragmente un peu plus encore. (p. 75)

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Anche Tania Vläsi, prima prigioniera di un‟esistenza solitaria e vuota, poi di una specie di mostruoso esperimento di eugenetica, trova conforto nel richiamare alla mente un‟immagine, una sorta di umile amuleto che conserva nella propria memoria, e dal quale si sprigiona un potere rassicurante: il linoleum verde del proprio appartamento, il cui colore le fa pensare all‟acqua del bacino del parco Brodski. La vicenda del rapimento di Tania e degli esperimenti su di lei condotti sono volutamente oscuri, e nel finale a sorpresa pongono il lettore davanti a un‟esitazione della ragione: Tania è davvero morta e quello in cui si trova è un peculiare aldilà, oppure tutta la storia è frutto della sua immaginazione – una specie di allucinazione compensativa che, pur riproponendosi in termini di ripetitività e passività, poiché questo è l‟unico modo in cui Tania riesce a immaginare la propria esistenza, le attribuisce un ruolo centrale nel destino dell‟umanità? Anche se dovessimo leggere la storia da questo punto di vista (Tania si fabbrica con l‟immaginazione un destino alternativo in cui ha un ruolo di primo piano), resta il fatto che in tutto il testo l‟unica immagine che apre uno spiraglio su una narrazione assai serrata e quasi „asettica‟ è proprio quella del linoleum verde e del ricordo della vasca del parco. Immagine assai dolce e consolatoria, che riappare alla fine del lunghissimo e poetico periodo finale come estremo segnale di speranza. Se, come abbiamo visto, poesia, immaginazione, sogno, visione, costituiscono per questa galleria di reclusi un‟estrema via di fuga verso la libertà, e se Les petites mécaniques nel suo complesso può esser considerata un‟opera-omaggio a queste straordinarie risorse dell‟uomo, non stupisce di trovare, a conclusione di Tania Vläsi e dell‟intera raccolta, proprio la parola sognare:

Tania se disait aussi que cette éternité de reproduction, dans laquelle elle jouait maintenant le premier rôle, n'était peut-être au fond qu'un préambule au paradis particulier dans lequel elle était entrée, une fois sa vaisselle faite, peu après treize heures, en ce mardi 4 avril 1959, alors qu'elle avait trente-six ans, que sa mère était

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19 morte depuis un an, et qu'elle ne supportait plus l'espèce humaine, cette immense ruche cruelle et dérisoire, oui, sans doute était-ce là, se disait-elle, une des salles d'attente de ce paradis placide qu'elle avait ce jour-là désiré, avant de se tirer une balle dans la tempe, et de s'effondrer, morte, sur le sol de son petit appartement, dont le linoléum vert avait les reflets de l'eau du grand bassin du parc Brodski où jadis, seule, toujours seule, elle aimait tant aller rêver. (p.184)

3. Il rapporto con la tradizione letteraria, l’intertestualità e il legame con le arti figurative

Accanto ai reclusi, trovano posto nelle Petites mécaniques personaggi che godono di una libertà illimitata – è il caso dei protagonisti de Les bandes e Gueux, malfattori girovaghi che vivono di crimini ed espedienti.

La narrazione in prima persona e il fatto che al centro di questi racconti vi siano personalità socialmente marginali, «degli “spostati” che denunciano e distruggono ma non costruiscono, ché non hanno un‟ideologia da opporre dissimile da quelle combattute, ma solo un‟idea amara e polemica e malevola del mondo»10 testimoniano in parte del debito di Claudel nei confronti della tradizione del romanzo picaresco, cosa che non stupisce data la visione barocca del mondo delle Petites mécaniques. Allo stesso tempo è da notare però come tali racconti, sia per l‟ambientazione medievale, sia per la centralità del tema dell‟errante, si riallaccino direttamente alla tradizione romantica, e, più in particolare, a Gaspard de la nuit di Aloysius Bertrand.

Quest‟opera è evocata all‟interno della raccolta non solo tramite l‟affinità tematica, ma anche per mezzo di una citazione implicita. La „spia‟ che segnala l‟allusione a Bertrand si trova in un passaggio di Gueux: «J‟ai froid.

Il bise dru. Ohé Gaspard ! Où est ma couche ?» (p. 89). La locuzione «il bise dru», già di per sé poco frequente, compare, identica, in un verso di

10 A. del Monte, Il romanzo picaresco, Napoli, Edizioni Scientifiche Italiane, 1957, p.

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Gaspard de la nuit: «-Une heure!-Il bise dru!- Savez-vous, mes chats/huants, ce qui a fait la lune si claire ?[…]»11. La citazione mascherata è resa più evidente dal fatto che il titolo di questo poème en prose è, per l‟appunto, Les gueux de nuit, e che nel testo di Claudel il nome «Gaspard»

compare proprio accanto alle parole «il bise dru».

Il nesso tra l‟opera di Bertrand e Les petites mécaniques non si riduce alla citazione de Les gueux de nuit, ma è testimoniato anche dal fatto che entrambi i testi hanno un forte legame con le arti figurative. Nel testo di Bertrand, tale legame è reso esplicito già a partire dal sottotitolo (Fantaisies à la manière de Rembrandt et de Callot) e dalla prefazione di Gaspard, e anche in Claudel i richiami alle arti figurative sono frequenti, evidenti o mascherati. Possiamo innanzitutto notare che le descrizioni presenti nei racconti di ambientazione medievale (penso in particolare a Les mots des morts e a Le voleur et le marchand) tendono a evocare immagini dei quadri fiamminghi, i cui autori – Van Eyck, Dürer, Brueghel, per dirne alcuni – sono peraltro citati da Gaspard nel novero dei pittori prediletti.

Ne Les confidents, racconto eminentemente visivo, Claudel nasconde – ma non troppo – nel nome della contessa (Beata Desiderio) lo pseudonimo di un pittore barocco, Monsù Desiderio. L‟identità di questo artista è stata a lungo oggetto di dibattiti e rimane incerta, poiché al suo nome vengono in realtà attribuite le opere di due pittori distinti, François Nomé e Didier Barra, entrambi francesi ed entrambi operanti a Napoli nei primi decenni del Seicento. Sta di fatto che le tele attribuite a Monsù Desiderio rappresentano scene di catastrofi, architetture immaginarie, rovine, cataclismi, e fra queste merita di attirare la nostra attenzione il quadro Le roi de Juda Asa détruit les idoles, che raffigura proprio la distruzione e il crollo di un tempio. Le analogie tra il sogno di Beata e il quadro di Monsù

11 A. Bertrand, Gaspard de la nuit, Paris, Gallimard, 1980, p. 111.

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non si limitano al contenuto, poiché il testo di Claudel sembra riprodurre, con le parole, l‟atmosfera onirica dell‟immagine, il forte contrasto tra luci e ombre, la minuzia dei dettagli, scegliendo come propria cifra stilistica lo stesso barocco visionario e permeato di morte del misterioso artista francese:

F. Nomé, Le roi de Juda Asa détruit les idoles, 1634 ca, Cambridge, The Fitzwilliam Museum.

Ne Le voleur et le marchand, invece, Claudel chiama in causa la cultura cinematografica del lettore facendo allusione al film Il settimo sigillo di Ingmar Bergman. Se l‟analogia tra film e racconto può essere già ravvisata nel fatto che Claudel sceglie di mettere in scena un confronto tra la Morte personificata e Colin, l‟allusione si fa più esplicita nel momento in cui Claudel fa pronunciare alla morte le seguenti parole: «Veux-tu apposer sur ton bras un septième sceau?» (p. 34).

La pittura torna a fare da protagonista in Paliure, racconto ambientato nelle sale di un museo. Qui, attraverso lo sguardo indifferente di Beshevich,

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ci vengono mostrati un Murillo, un Turner e una Crucifixion au buisson attribuita da Claudel ad Antonello da Messina. È interessante notare che, tra le tante tele di Antonello raffiguranti Cristo e scene di crocifissione, non ne esiste nessuna classificata con questo nome. Claudel sembra dunque

„giocare‟ con il lettore , facendo riferimento a opere realmente esistenti o fittizie.

Questo aspetto direi ludico delle citazioni mascherate e del riferimento a opere di fantasia emerge in maniera eclatante nel curioso caso della citazione di Pascal posta in apertura del libro, «Nous sommes de bien petites mécaniques égarées par les infinis». Durante il lavoro di traduzione, si è presentata la necessità di reperire il testo da cui è stata tratta la frase; in seguito a una serie di ricerche infruttuose, ho deciso di contattare l‟autore, il quale ha rivelato che la citazione attribuita a Pascal è in realtà frutto di pura fantasia (!)

In questa introduzione ho più volte insistito sul fatto che Les petites mécaniques è un testo che sembra scritto per suscitare il piacere della lettura: prima di tutto per l‟estrema godibilità della lingua di Claudel, e poi perché mi pare che, mettendo in rilievo un‟idea della letteratura e dell‟immaginazione come mezzi di evasione, Claudel sembri ugualmente voler suggerire un approccio alla lettura come evasione: seguendo le vicende di questi personaggi che amano lavorare con la fantasia, il lettore a sua volta si immerge in un mondo misterioso e affascinante. In questo senso potremmo dire che Les petites mécaniques sono un esempio di letteratura di intrattenimento „alta‟. Allo stesso tempo, la rete di citazioni letterarie esplicite (come quella a Rimbaud ne L’autre) e implicite (come quella a Aloysius Bertrand in Gueux), di rimandi a opere dell‟arte figurativa reali o fittizie, il sistema di richiami interni, oltre a indicare la centralità della letteratura e dell‟arte nell‟esperienza umana, fanno sì che questo testo si presti a più livelli di lettura, e chiami in causa un lettore „attivo‟ –

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potremmo dire il lettore postmoderno, che, nel caso possa e abbia voglia di farlo, individui eventuali rapporti di intertestualità, echi, richiami: come quelli che ho citato sopra, e come quelli che non ho citato, perché non ho colto, e che forse risulteranno evidenti a un‟altra lettura, o a un altro lettore…

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