• Non ci sono risultati.

LA BERLINER MESSE (1990) DI ARVO PÄRT Arvo Pärt è nato nel 1935, nell’odierna Estonia

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "LA BERLINER MESSE (1990) DI ARVO PÄRT Arvo Pärt è nato nel 1935, nell’odierna Estonia"

Copied!
13
0
0

Testo completo

(1)

6. LA BERLINER MESSE (1990) DI ARVO PÄRT

Arvo Pärt è nato nel 1935, nell’odierna Estonia. Sempre proteso alla conoscenza delle nuove tendenze della musica ‘colta’ europea, è stato fra i primi compositori del suo paese ad aver utilizzato la dodecafonia, la serialità e il collage. Il regime politico (1), però, guardava con sempre maggiore sospetto al suo interesse per l’Occidente, alla sua amicizia con l’«anticomunista» Luigi Nono (2) e, non ultima, alla sua profonda fede cristiana. Pärt, perciò, fu costretto a lasciare la sua terra, trasferendosi a Vienna. In seguito, avrebbe fissato la residenza a Berlino.

Nel 1968, scritto il Credo, per coro (SATB), pianoforte e orchestra, entrò in una profonda crisi esistenziale e artistica. Ne sarebbe uscito dopo ben otto anni, facendo letteralmente tabula rasa (3) delle proprie convinzioni artistiche.

Ricominciò da zero, riempiendo pagine e pagine di sole linee melodiche gregorianeggianti, e cambiò radicalmente il suo rapporto con la musica, alla continua ricerca di ciò che per lui, infine, era veramente importante: l’unità.

(4)

Al suo nome è ora associata l’invenzione dello stile tintinnabuli. Il principio di questa tecnica compositiva, da lui stesso così denominata, è in apparenza semplice: nella struttura base di due voci, una rappresenta la direzione orizzontale della musica (melodia); l’altra, invece, ne impersona la dimensione verticale (armonia). Le due entità, ridotte allo stato elementare melodico (scala) e armonico (triade), si compenetrano, in modo che ad una nota della prima ne corrisponda un’altra della seconda (contrappunto).

Questa ‘scoperta’, tanto banale nei presupposti quanto sorprendente nei risultati, fu impiegata per la prima volta nel 1976, con il brano Für Alina, per pianoforte. (5) La scrittura pärtiana, da allora, è rimasta fedele ai principi basilari della tecnica tintinnabuli (dal latino ‘campanelli’), pur evolvendosi e trovando applicazione in un cospicuo numero di nuove soluzioni e varianti.

(2)

Fra i lavori in cui il tintinnabulismo è applicato in modo chiaro ed efficace, spicca la Berliner Messe, per coro a 4 voci miste o 4 solisti (SATB) e organo. Commissionata dall’associazione delle Giornate cattoliche tedesche, in occasione della 90a edizione, (6) fu eseguita per la prima volta nel 1990, a Berlino, nella cattedrale di S. Edvige, per il servizio liturgico. (7)

La Berliner si compone delle cinque parti dell’Ordinarium missae: Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei. A queste si aggiungono altre cinque parti del Proprium: quattro Alleluia e una sequenza. Gli Alleluia, in realtà, sono due, in doppia versione: la prima coppia per la solennità del Natale, per la Messa della notte o del giorno; la seconda, invece, per la Pentecoste, per la Messa vespertina nella vigilia o del giorno. (8) Il Veni Sancte Spiritus, infine, è una delle cinque sequenze dell’attuale liturgia cattolica: come l’ultimo Alleluia, è destinato alla solennità della Pentecoste, Messa del giorno. (9)

Il piano tonale, cioè le tonalità (10) utilizzate per i vari brani e la loro disposizione nell’intero lavoro, è riportato di seguito:

Kyrie sol min. (11)

Gloria sol min.

Alleluia primo (Natale, notte) sol magg. (12)

Alleluia secondo (Natale, giorno) mi min.

Alleluia primo (Pentecoste, vigilia) sol magg.

Alleluia secondo (Pentecoste, giorno) mi min.

Veni Sancte Spiritus mi min.

Credo mi magg.

Sanctus do# min.

Agnus Dei da do# min. a mi magg.

Raggruppando le parti per identità tonale, otteniamo cinque insiemi:

(1) Kyrie e Gloria sol min.

(2) Alleluia primo (Natale, notte, e Pentecoste, vigilia) sol magg.

(3) Alleluia secondo (Natale e Pentecoste, giorno) e Veni mi min.

(4) Credo mi magg.

(3)

Questi gruppi, formalmente, individuano le funzioni liturgiche dei brani che ne fanno parte: per i riti d’introduzione (1), per la liturgia della parola (2- 4) e per quella eucaristica (5). Non è difficile scorgervi una struttura simmetrica.

Le possibilità esecutive, legate alla liturgia, originano le seguenti successioni tonali:

(a) Kyrie, Gloria, Credo, Sanctus e Agnus Dei (per ogni occasione possibile); il percorso tonale è sol min., mi magg.

(tonalità lontana, triadi fondamentali senza note in comune), do#

min. (relativo min.) e mi magg. (relativo magg.);

(b1) Kyrie, Gloria, Alleluia primo (Natale), Credo, Sanctus e Agnus Dei (per la Messa della notte di Natale); il percorso tonale è sol min., sol magg. (cambio di modo), mi magg. (tonalità lontana, triadi fondamentali con una nota in comune: si), do# min. (relativo min.) e mi magg. (relativo magg.);

(b2) Kyrie, Gloria, Alleluia secondo (Natale), Credo, Sanctus e Agnus Dei (per la Messa del giorno di Natale); il percorso tonale è sol min., mi min. (tonalità lontana, triadi fondamentali con una nota in comune: sol), mi magg. (cambio di modo), do# min. (relativo min.) e mi magg. (relativo magg.);

(c1) Kyrie, Gloria, Alleluia primo (Pentecoste), Credo, Sanctus e Agnus Dei (per la Messa nella vigilia di Pentecoste); il percorso tonale è sol min., sol magg. (cambio di modo), mi magg. (tonalità lontana, triadi fondamentali con una nota in comune: si), do# min.

(relativo min.) e mi magg. (relativo magg.);

(c2) Kyrie, Gloria, Alleluia secondo (Pentecoste), Veni Sancte Spiritus, Credo, Sanctus e Agnus Dei (per la Messa del giorno di Pentecoste); il percorso tonale è sol min., mi min. (tonalità lontana, triadi fondamentali con una nota in comune: sol), mi magg.

(cambio di modo), do# min. (relativo min.) e mi magg. (relativo magg.). (13)

Il piano tonale, oltre a determinarne la funzione liturgica, ha anche il compito di collegare le varie parti della messa. In (a), che si basa sulle sole parti fisse, il collegamento avviene per contrasto: il cambio di tonalità senza suoni comuni, infatti, accentua formalmente la differenza fra i riti introduttivi da una parte e la liturgia della parola ed eucaristica dall’altra. Negli altri casi (b1, b2, c1, c2), le parti del Proprio hanno la funzione di stemperare il passaggio, utilizzando anche una sola nota in comune fra due tonalità contigue per successione, ma distanti per affinità. (14) Descrivendo i passaggi

(4)

da una tonalità all’altra, naturalmente, ci riferiamo ai diversi ‘colori’ delle scale corrispondenti; colori dati sia dai toni (altezza) sia dai modi (maggiore/minore o eolio/ionio) utilizzati. In un’esecuzione di tipo liturgico, l’affinità di cui sopra, nella pratica, non è apprezzabile, poiché tra un brano e l’altro può trascorrere diverso tempo, anche con musica affatto diversa. Quello che conta, però, è che le parti della messa siano legate da un vincolo interno assoluto, che trascenda, se necessario, le mere possibilità umane.

Considerando anche le parti ad libitum, non è un caso che il numero delle alterazioni fisse ‘scatti’ di tre 5e superiori in tre 5e superiori: due bemolli in chiave per il Kyrie e Gloria, un diesis per l’Alleluia e la Sequenza e quattro diesis per il Credo, Sanctus e l’Agnus Dei. A parte la sacra simbologia del numero ‘tre’, riferito agli scatti delle quinte, le toniche delle tonalità toccate, in qualsiasi combinazione si presentino (a, b1, b2, c1, c2), seguono sempre il medesimo percorso: sol, mi, do#, mi.

Nel sistema temperato, il do# divide la scala di sol in due parti uguali, di sei semitoni ciascuna (sol-do# o do#-sol è un intervallo di 4a aum. o tritono);

il mi, invece, divide in due parti uguali, di tre semitoni ciascuna, l’intervallo precedente (do#-mi o mi-sol è una 3a min.). Le toniche, perciò, quando cambiano, si spostano sempre con lo stesso intervallo, quello di 3a min. A questo punto, è possibile immaginare un percorso rotatorio delle quattro toniche, tale che, giunti alla fine (mi), si riprenda subito dall’inizio (sol): un vero e proprio ciclo senza soluzione di continuità. Questo ‘madrigalismo’

potrebbe essere associato alla figura del cerchio, con il suo centro (mi), raggio (do#-mi o mi-sol) e diametro (do#-sol); a sua volta inscritto in una circonferenza più ampia, con il raggio uguale al diametro già menzionato, corrispondente alla totalità dell’ottava, cioè ai 12 suoni cromatico-temperati (es. 1).

Tornando al cerchio precedente, le toniche si spostano sempre di un quarto d’angolo giro, in modo da completare la circonferenza in quattro fasi (sol-mi, mi-do#, do#-mi e, sottinteso, mi-sol). La figura, allora, simbolizzerebbe la circolarità del rito della messa, che si rinnova giorno dopo giorno, anno dopo anno e secolo dopo secolo. (15)

(5)

Nella Berliner, il Kyrie è uno dei brani più noti; in più, per quanto riguarda l’applicazione dello stile tintinnabuli, è anche uno dei più esemplificativi. Proprio il Kyrie - è importante rilevarlo - è già stato analizzato dallo stesso Pärt. (16) La nostra analisi, perciò, prenderà le mosse da quella, sia pur sommaria, dell’autore.

L’ambito armonico, come già precisato, è quello di sol: tonalità minore defunzionalizzata o modalità eolia. Il contesto, in pratica, non è né modale né tonale, ma rispecchia quell’unità del molteplice, per la quale ciò che potrebbe apparire come un contrappunto nota contro nota, fra due voci, è, in realtà, la doppia espressione della stessa identità sonora: «Non si tratta di armonia nel senso comune del termine e forse non si può parlare neanche di una vera e propria polifonia. È qualcosa di diverso: è come dire 1 + 1 = 1». (17)

La forma base utilizza la minima unità melodica, la scala diatonica, fino ad un massimo di sette note diverse, e la minima unità armonica, la triade, fino ad un massimo, perciò, di tre note. Hillier indica la prima con la lettera

«M» (stepwise melodic voice) e la seconda con la «T» (triadic or tintinnabulating voice). (18) La ‘regola’ vuole che ad ogni nota di M corrisponda una nota di T, ma le note di T non devono essere le stesse, nel medesimo momento, di quelle di M; ciò per non creare, probabilmente, una sensazione di ‘vuoto armonico’.

La «prima posizione» (19) è data dalla prima nota di T: quella, cioè, che subito troviamo spostandoci da M in senso ascendente o discendente. La

«seconda posizione», invece, si riferisce alla seconda nota utile. (20) Alle note della scala (M) sol-la-sib-do-re-mib-fa, per esempio, è possibile abbinare quelle della triade (T) sol-sib-re. In pratica, data M in sol min., da sol3 a sol4, la prima posizione superiore di T sarà sib3-sib3-re4-re4-sol4-sol4- sol4-sib4; la seconda inferiore, invece, sib2-re3-re3-sol3-sol3-sib3-sib3. A note diverse di M, perciò, possono corrispondere note uguali di T: M sol3 incontra, in senso ascendente, la prima nota di T (prima posizione) su sib3; ma anche M la3 incontrerà la prima nota di T (prima posizione) sul medesimo sib3. Hillier indica la prima posizione, superiore e inferiore, e la seconda posizione, superiore e inferiore, con segni aritmetici e numeri: rispettivamente, T + 1, T -

(6)

1, T + 2 e T - 2. Queste quattro possibilità rappresentano solo la forma base:

sono possibili, infatti, numerose combinazioni e varianti. Una cosa è certa:

dalla scelta iniziale dipenderanno tutti i rapporti successivi.

Le già numerose probabilità, inoltre, aumentano considerevolmente, in rapporto ai movimenti scalari di una voce. In pratica, data una qualsiasi «nota di riferimento», (21) esistono quattro combinazioni melodiche congiunte: (a) con inizio dal riferimento in senso ascendente, (b) con inizio in senso discendente, (c) con termine al riferimento in senso ascendente e (d) con termine in senso discendente. Queste quattro possibilità, assolutamente equivalenti, sono state definite «modi» dallo stesso Hillier. (22) Utilizzando, ancora una volta, le note della scala di sol min., avremo dunque i seguenti quattro modi: (a) sol-la-sib-do-re-mib-fa; (b) sol-fa-mib-re-do-sib-la; (c) la-sib- do-re-mib-fa-sol; (d) fa-mib-re-do-sib-la-sol. Brauneiss li indica con numeri e frecce: (23) i primi rappresentano il grado della scala, da 1 a 7, corrispondente alla nota di riferimento; le seconde, invece, la direzione scalare. Il riferimento, se le frecce precedono il numero, si troverà alla fine della scala; se lo seguono, all’inizio. I modi in sol min., con riferimento sol, I grado della scala, sono così rappresentati: (a) 1↑, (b) 1↓, (c) ↑1, (d) ↓1.

Nell’es. 2 sono riportate tutte le combinazioni basilari di T e M, sopra trattate: le teste bianche rappresentano T, le nere M; fra quest’ultime, la forma quadrata indica la nota di riferimento. Le possibilità combinatorie, in realtà, diventano pressoché illimitate, se consideriamo anche le varianti delle scale minori tonali (armonica, melodica, bachiana, napoletana, tzigana ecc.) e altre scale extra-tonali (pentatonica, esatonale, cromatica, a toni alternati ecc.), persino fra M e T corrispondenti.

L’es. 3 riporta le prime sette battute del Kyrie: ogni parte, voce o suono, appartiene a M o a T. Il contralto, da solo, presenta i quattro modi di M sopra esposti: in dettaglio, a b. 2 attacca con M 1↓; nella battuta successiva, la stessa voce ha M ↓1, mentre il soprano attacca con T. Qui, la voce tintinnabuli è in prima posizione, ma alterna la nota inferiore con la superiore:

questo caso, sempre secondo Hillier, s’indica con T - 1 / + 1. A b. 5, il contralto mantiene la M, ma 1↑, accompagnata dal soprano, sempre in T - 1 /

(7)

+ 1, e dall’attacco del tenore, T + 1 / - 1. (24) La b. 6 presenta le quattro voci, con due coppie di M e T. Le M si muovono parallelamente, ad intervalli di 6a: il contralto, ↑1, e il basso, qui all’esordio, ↑3, con una nota di riferimento diversa da 1, cioè da sol. In questo caso, 3 equivale al III grado della scala di sol min., sib, che è il riferimento scalare. Ciò significa anche che, nell’ambito di una medesima battuta, possono coesistere più note di riferimento. Il tenore e il soprano sono entrambi T + 1 / - 1, ma il primo è abbinato al basso, il secondo al contralto.

Nella ripetizione del primo Kyrie (bb. 5-6), il contralto si muove per moto contrario, rispetto alla prima enunciazione (bb. 2-3); il soprano, invece, per moto retrogrado con inversione complementare degli intervalli (b. 6 rispetto a b. 3): ad una 6a, cioè, corrisponde una 3a, ad una 5a una 4a e così via.

L’amplificazione progressiva del numero delle voci ricorda l’esposizione della fuga, quasi come se a M corrispondesse il soggetto e la risposta e a T il controsoggetto e la controrisposta.

La parte strumentale, dal canto suo, partecipa alla generale logica

‘contrappuntistica’, continuando, in eco, il gioco delle parti vocali: due voci a b. 3 e due a b. 4, quattro voci a b. 6 e quattro a b. 7. A b. 4, la mano sinistra ripropone l’inciso del contralto, della battuta precedente, per moto contrario, con perno su re4; la mano destra ha un T + 1 / - 1. A b. 9, l’uso di un solo gambo per due parti, sia alla destra sia alla sinistra, stabilisce, ancora una volta, l’intima connessione esistente fra M e T. S’individuano, infatti, due M, ad intervalli di 6a, moto contrario delle due precedenti M vocali: dalla parte più grave, mib2-re2-do2-sib1-la1 e do3-sib2-la2-sol2-fa2; le rispettive T sono ambedue del tipo - 1 / + 1. Al pedale organistico, infine, è affidato un vero e proprio pedale armonico: si può considerare come M 1, senza freccia, perché non presenta alcuna direzionalità.

L’es. 4, in forma schematica, mostra tutto il Kyrie, con le voci interessate da M o T. Esso presenta, in accordo con le nuove disposizioni conciliari, due enunciazioni di Kyrie eleison, due di Christe eleison e di nuovo due di Kyrie eleison. (25) Ogni esposizione occupa sempre tre battute (di nuovo la simbologia trinitaria), ad eccezione del primo e dell’ultimo Kyrie, che

(8)

‘incorniciano’ il brano con una battuta supplementare e simmetrica, affidata al solo pedale dell’organo: una specie di ‘sipario’ che si apre e si chiude sul primo brano dell’Ordinario. Si nota subito l’incremento del numero di voci, sopra accennato, della prima coppia di Kyrie; i due Christe, invece, si comportano in modo speculare, con una riduzione delle parti, da quattro ad una. L’ultima coppia di Kyrie è analoga alla prima, ma le parti di T si presentano col segno aritmetico contrario: - 1 / + 1 diventa + 1 / - 1 e viceversa.

Ad ogni voce del coro è affidato un solo ‘ruolo’: M per contralto e basso, T per soprano e tenore. Nell’organo, questa distinzione è puramente teorica, poiché la mancanza di gambi polidirezionati, nel caso di almeno due voci per pentagramma, non consente di abbinare a queste, in modo univoco, la funzione di M o T. (26) Si ribadisce il ruolo del manuale dell’organo, che riprende, in eco, lo stesso numero di voci lasciato dal precedente «eleison»:

il coro, infatti, è sempre in piano, mentre l’organo in pianissimo.

Oltre all’uso della sola M, è plausibile anche quello della sola T: in questo caso, è possibile ricostruire la voce M sottintesa, confrontando anche il ‘comportamento’ generale di quest’ultima. A b. 12, T + 1 / - 1 sottintende M do3-re3-mib3-fa3-sol3. Ancora, la successiva, organistica T - 1 / + 1 rimanda a M do3-sib2-la2-sol2-fa2. Infine, alla T - 1 / + 1 di b. 14 corrisponde M sol3-fa3- mib3-re3.

Nel Veni Sancte Spiritus, M si presenta sotto forma di una vera e propria ‘serie’. La prima parte del modulo si basa su un ostinato melodico, al quale si aggiunge una terza nota, ad intervallo discendente progressivamente sempre più ampio: si2-sol2 (ostinato), lo stesso più la 2a (fa#2), poi la 3a (mi2), infine la 4a (re2). Nella seconda parte, il medesimo disegno è riproposto per moto contrario, iniziando alla 5a inferiore. Le due sezioni, saldate, originano un modulo di 22 note, che si ripete, in totale, per 11 volte e mezzo. L’ultima ripetizione, incompleta, crea un sorprendente effetto di ‘sospensione’: re2 dovrebbe ‘risolvere’, continuando la serie, su mi2, formando una triade di mi min., allo stato fondamentale, con il si e sol

(9)

dell’organo. Restando fermo, invece, il re2 produce una triade di sol magg. in secondo rivolto: il massimo dell’instabilità armonica, per le triadi perfette.

La serie passa agevolmente da una voce all’altra e, nella parte finale, anche dal coro all’organo e viceversa. Alle bb. 115-117, la successione è proposta, contemporaneamente, anche per moto contrario; la versione originale, al basso, e il suo inverso, al contralto, sono collegate alle corrispettive T + 1 (in ordine, tenore e soprano).

Fra le numerose possibilità combinatorie di M e T, merita di essere segnalata anche quella utilizzata nell’Agnus Dei, com’è possibile osservare nell’es. 5. Non si tratta della ‘solita’ sovrapposizione dei due elementi base dello stile tintinnabuli: questi, non sono presentati simultaneamente, ma in successione alternata, formando così un’unica linea orizzontale. Il soprano, infatti, alterna due note di M (mi4, re#4) con due di T - 1 (sempre do#4);

continua, dopo la pausa di semiminima, intervallando ancora M (do#4...) con T (sol#3...). Questo procedimento, infine, prosegue, senza soluzione di continuità, passando però alla voce di contralto (M fa#3..., T mi3...).

Gli ampi valori dell’organo, altro non sono se non T + 1: questo, pur

‘coprendo’, per durata, anche le note di T - 1, si riferisce, naturalmente, alle sole note M. Considerando, nel loro insieme, tutte le M date nella sezione iniziale, corrispondente al primo dei tre Agnus (in partitura, dall’inizio alla lettera A esclusa), otteniamo una lunga scala discendente, da mi4 a do#3: la figura retorico-musicale della discesa, della catabasi. Sempre nella prima sezione, il tenore utilizza lo stesso procedimento tecnico, alternando però M (si2...) con T + 2 (sol#3) e collegandosi all’entrata del basso, che prosegue come in precedenza aveva fatto il contralto. Considerando tutte le note M, analogamente al caso precedente, si forma una scala discendente, da si2 a la1: anche questa ‘formula’ è assimilabile ad una catabasi.

Fra le molte analogie in comune, soprano, contralto e organo da una parte e tenore e basso dall’altra, però, si differenziano totalmente da un punto di vista armonico: il primo gruppo, infatti, utilizza la scala di do# min.

(alla T sono affidate le note do#, mi, sol#), mentre il secondo quelle di mi magg. (T per mi, sol#, si). Ci troviamo di fronte ad un caso di politonalità

(10)

defunzionalizzata o di polimodalità (eolio e ionio trasposti) oppure, se così si può definire, di «politintinnabulismo».

Nella sezione A, corrispondente al secondo Agnus, le precedenti parti del soprano-contralto passano al tenore-basso e viceversa. L’organo mantiene la funzione T + 2, riferita però al secondo gruppo vocale.

Trattare del testo, solo a questo punto, non significa sminuirne il valore, anzi. Nell’intervista rilasciata a Helga de la Motte-Haber, alla domanda se il testo scelto per essere messo in musica possedesse già in sé la struttura ritmica per la rielaborazione musicale, Pärt così risponde: «Sì [...]. Al testo, in ogni caso, non affido soltanto quanto concerne il ritmo, ma anche quanto riguarda l’intonazione. Ogni passo è guidato dal testo: non è il risultato della cosiddetta “ispirazione”, bensì qualcosa di “oggettivo”». (27) Il testo, dunque, quando presente, è la sorgente generatrice, non solo dei valori e del ritmo, ma anche di M e, di conseguenza, T. Il compositore può solo rendere esplicito, ‘orientandolo’ con oculatezza, tutto ciò che di musicale è già contenuto, implicitamente, nelle parole.

Prendiamo di nuovo ad esempio il Kyrie. Abbiamo visto che i quattro modi di M (x↓, x↑, ↓x, ↑x, dove x è un qualsiasi grado di riferimento della scala) sono già presenti nelle prime due enunciazioni del Kyrie (es. 3, bb. 1- 6): in teoria, ogni scala ‘modale’ si compone di un numero infinito di note.

Qui, ad ogni parola è abbinato un diverso modo e il numero di sillabe determina quello delle note. In pratica, dato un numero z di sillabe, ne consegue un numero z + 1 di note: la sillaba tonica, infatti, è sottolineata con una nota in più, rispetto alle altre. Il nostro Kyrie [(Ky - y) - ri - e], cioè, avrà 2 + 1 + 1 = 4 note; eleison [e - (le - e) - i - son], invece, 1 + 2 + 1 + 1 = 5 note.

Ad una sillaba, in generale, corrisponde una sola nota, del valore di una semiminima. All’interno di una parola, poiché la sillaba tonica è la più importante, proprio perché porta l’accento tonico, questa si differenzia anche per i valori aumentati: una semiminima più una minima col punto, cioè un valore complessivo quadruplo rispetto alle sillabe ‘ordinarie’. Dopo la tonica, maggiore importanza è data alla sillaba finale, perché chiude convenientemente la parola: le corrisponde un valore di semiminima col

(11)

punto. La tonica, in più, è l’unica sillaba vocalizzata, anche se con due sole note: tutte le altre, infatti, sono rigorosamente sillabiche. La parola «Kyrie», perciò, sarà composta di semiminima più minima col punto (vocalizzo), semiminima e semiminima col punto; «eleison», invece, di semiminima, semiminima più minima col punto (vocalizzo), semiminima e semiminima col punto.

Il testo, inoltre, è talmente importante, quasi ‘sacralizzato’, da trascendere se stesso e determinare, in modo rigoroso, le parti strumentali.

Gli interludi organistici delle bb. 4 e 7, sia per il numero di note sia per i valori sia, soprattutto, per la presenza di una legatura, fra la seconda e la terza nota, non sono altro che parti strumentali idealmente destinate al canto: se assegnassimo, infatti, la parola «eleison» ad M e T, ogni sillaba cadrebbe al giusto posto, secondo le regole date per il coro. La legatura di cui sopra, apparentemente di portamento, è in realtà, per assurdo, una legatura di vocalizzo, assegnata ad uno strumento diverso dalla voce.

Nel Gloria, il rapporto sillaba/valore è ancora più articolato. Il punto di riferimento non è dato dalla singola parola, ma dall’intera frase o versetto:

ogni parola copre una sola battuta e le frasi sono delimitate da stanghette doppie. Ad ogni sillaba ‘ordinaria’, come nel Kyrie, corrisponde il valore di una semiminima; solo la prima e l’ultima sillaba della frase, però, ricevono un valore aggiunto: una minima, congiunta alla precedente semiminima di base con una legatura di vocalizzo. Per quanto riguarda il primo accento tonico della frase, la maggiorazione di una minima è assegnata solo se la parola che lo contiene si compone di almeno due sillabe; al più, anche di una sola sillaba, ma con non meno di tre lettere. Nel secondo versetto, «et in terra pax hominibus bonae voluntatis», «et» e «in» (monosillabi) mantengono il valore generico di semiminima, mentre alla sillaba «ter-» di «terra» (bisillabo) è aggiunto il valore di una minima; nell’ottavo versetto, invece, «Rex»

(monosillabo di tre lettere) di «Rex caelestis» è aumentato del valore previsto per le toniche.

Per quanto concerne l’ultimo accento della frase, questo mantiene l’aggiunta di una minima, anche se composto di un monosillabo di sole due

(12)

lettere: si confronti il terzo versetto, con l’ultima tonica su «te» di «Laudamus te». In più, l’ultimo accento di frase riceve un ulteriore incremento, se il versetto è subito seguito da un interludio strumentale: una minima col punto al posto di una semplice minima.

Possiamo affermare, così, che il primo e l’ultimo accento di un versetto

‘incorniciano’ la frase di cui fanno parte (anche nel Kyrie, pur se le ‘frasi’, delimitate da doppia stanghetta, si riducono alla singola parola). Allo stesso modo, tutto il Gloria è incorniciato dalla prima e dall’ultima sillaba dell’intero brano. Queste, ricevono un ulteriore incremento, dato dall’uso di una minima col punto al posto di una minima, analogamente alle sillabe finali precedenti i soli organistici: si confronti la sillaba «Glo-» di «Gloria», nella prima frase.

Negli ultimi due versetti, «in Gloria Dei Patris» e «Amen», tutti i valori sono aumentati. Alla parola «Amen», perciò, sono assegnate una minima e una semibreve col punto (semiminima e minima col punto aumentate) per la sillaba «A-» e una minima (semiminima aumentata) per «-men».

Sfogliando il repertorio di Pärt, non si può non rimanere colpiti dal numero di versioni che caratterizzano molti dei suoi lavori. Sono varianti che riguardano, in linea generale, più che importanti ripensamenti sulla sostanza musicale, destinazioni strumentali diverse, ma sempre di pari valore. (28) La Berliner Messe, dal canto suo, si presenta in sette versioni, per tre organici diversi: organo e coro o solisti a 4 voci miste, orchestra d’archi e coro o solisti, orchestra d’archi e solo coro. (29) Della Berliner, il Credo è disponibile anche come pezzo singolo, in due versioni, per due organici diversi: coro o solisti a 4 voci miste e organo oppure solo coro e orchestra d’archi.

Quest’ultima redazione, del 2005, non si ritrova in nessuna Messe completa.

(30)

L’es. 6 riporta le prime sette misure del Kyrie, della versione per coro o solisti e archi, per un confronto diretto con l’es. 3. Quello che colpisce è la sonorità trasparente ed eterea, ottenuta con la divisione delle parti strumentali. L’organico, oltre al consueto quartetto (violino I e II, viola e violoncello), comprende anche i contrabbassi. Dato che nelle versioni organistiche non sono riportate indicazioni di registrazione, l’utilizzo dello

(13)

strumento più grave, per la famiglia degli archi, autorizza senz’altro l’organista ad impostare la registrazione del pedale su base 16’.

A titolo di curiosità, segnaliamo un piccolo refuso, nell’edizione a stampa della versione organistica: nel Kyrie, penultima battuta, la coppia di minime col punto della mano destra, anziché sol2-la2, dovrebbe essere la2- sib2: M, infatti, corrisponde a do3-sib2-la2-sol2-fa2 e T + 1 / - 1 a re3-sol2-sib2- re2-sol2.

Riferimenti

Documenti correlati

indica solo che il brano di riferimento utilizza le note dell’omonima scala tonale, minore diatonica, o della modale eolia (la naturale), trasposta alla 2 a magg.. indica

9 Adattamento del contenuto informativo e dell’interfaccia utente per offrire livelli di presentazione differenti in funzione delle caratteristiche dell’utente e delle preferenze.

Ciò, si suppone, nel presupposto di obbligatoria rettifica della base imponibile (e dell’imposta) in capo al cedente/prestatore.. In tale prospettiva, l’unico

bersaglio ispirare benefa?ore trombe?a albero animato bene colombe bello libero canino abbellire

Conclusions: A differential response of individual retinal layers was observed in diabetic macular edema treated with ranibizumab. Analysis of individual layer responses to

Durbin, CARL ZEISS MEDITEC; Jochen Straub, CARL ZEISS MEDITEC Program Number: 439 Poster Board Number: A0076 Presentation Time: 1:30 PM–3:15 PM.. The Assessment of Henle

Pronuncia a voce alta il nome di ogni figura e segna la sillaba con cui inizia.. CA

L’indagine AICA sui diplomati ECDL dimostra come l’acquisizione di competenze di base comporti un aumento molto significativo nel- l’accesso a servizi di e-government: il 71%.