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Capitolo 1 MAY JANE AUSTEN (1775-1817)

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Capitolo 1

MAY JANE AUSTEN

(1775-1817)

Figlia del reverendo George Austen e di Cassandra Leigh, May Jane Austen

nacque il 16 dicembre 1775 nella canonica di Steventon, nell’Hampshire. Il padre

apparteneva a una famiglia di fabbricanti di tessuti stabilitasi nel Kent ma, avendo

perso i genitori prematuramente all’età di nove anni, venne cresciuto dallo zio

Francis Austen. Questi, pur avendo già dei figli, si occupò del nipote come fosse

uno di loro e gli permise di ricevere un’ottima educazione che lo condusse, grazie

anche a una borsa di studio, al St. John’s College di Oxford.

Nel 1764, dopo anni di intenso lavoro, George ottenne le due rettorie di Deane e

Steventon nell’Hampshire: la prima acquistata per lui dallo zio Francis e la

seconda concessagli dal cugino Knight. Nello stesso anno si unì in matrimonio

con Cassandra Leigh, la figlia più giovane del reverendo Thomas Leigh, con la

quale risiedette inizialmente a Deane per poi trasferirsi stabilmente a Steventon:

qui rimasero per circa trent’anni, durante i quali assistettero alla nascita e allo

sviluppo dei loro sei figli. Secondo James Edward Austen-Leigh

Mr Austen era un uomo notevolmente bello, sia in gioventù che in vecchiaia […] Essendo un bravo studioso, fu in grado di preparare due dei suoi figli maschi per l’università, e di dirigere gli studi degli altri figli, sia maschi che femmine, così come di accrescere le proprie entrate prendendo degli allievi. Anche in Mrs Austen si possono rintracciare i germi di molte delle qualità che si concentrano in Jane […] Lei univa un forte buonsenso a una viva immaginazione, e spesso si esprimeva, sia scrivendo che conversando, con forza e acutezza epigrammatiche. 1

James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen e altre memorie familiari, op. cit., p. 27.

(2)

A quanto pare anche la stessa Jane, come il padre, “fisicamente era molto

attraente; era piuttosto alta e snella, l’aspetto nel complesso esprimeva buona

salute e vivacità. […] Non era di bellezza regolare come la sorella, ma il suo volto

aveva un fascino particolare agli occhi di quasi tutti quelli che la conoscevano.”

2

Tuttavia, ciò che di Jane viene ricordato maggiormente da tutti i nipoti – compresi

quelli che hanno contribuito attivamente alla raccolta delle sue Memorie – è il

carattere: “il suo fascino principale nei confronti dei bambini era dovuto alla

grande dolcezza dei modi. Si vedeva che ti amava e tu naturalmente in cambio la

amavi. Questo, per quanto io possa ricordare, era ciò che provavo nella mia

infanzia, prima di crescere abbastanza da apprezzare la sua intelligenza.”

3

Un fascino che, a detta di James, la zia non esercitava solo nei confronti dei nipoti

e dei familiari, ma anche degli amici e dei vicini di casa, con cui aveva ottimi

rapporti e dei quali le faceva sempre piacere ricevere notizie.

In particolare, la figura di George Austen è stata fondamentale sia nella crescita

emotiva che in quella didattica di Jane, in quanto fu proprio lui a trasmetterle non

solo i principi ecclesiastici di cui si faceva naturalmente portavoce, ma anche e

soprattutto un’apertura mentale e un’istruzione che le permisero sempre di leggere

e scrivere fluentemente sin dall’adolescenza, grazie anche alla disponibilità, nella

propria casa, di una vastissima biblioteca contenente oltre cinquecento volumi.

Non deve essere un caso che proprio Elizabeth Bennet, la protagonista con cui

Jane ha sempre dimostrato di identificarsi maggiormente, affermi con totale

certezza “I declare after all there is no enjoyment like reading! How much sooner

one tires of any thing than of a book! When I have a house of my own, I shall be

miserabile if I have not an excellent library.”

4

Ibidem, p. 79. Come non riconoscere in questo piccolo quadretto familiare anche le sorelle Jane

2

ed Elizabeth Bennet di Pride and Prejudice? La prima sempre esaltata, anche dalla madre, per la sua bellezza; la seconda, soprattutto dal padre, per la sua intelligenza.

Ivi, p. 81.

3

Jane Austen, Pride and Prejudice, Penguin Classics, London, 2008, p. 54.

(3)

Anche il nipote James conferma che a casa Austen “durante l’infanzia veniva

colta ogni opportunità per fornire un’istruzione. Secondo le idee del tempo, lei

[Jane] fu educata bene, anche se non era estremamente istruita, e sicuramente

godeva di quell’importante elemento che è l’allenamento mentale, stando in una

famiglia di persone dall’intelletto coltivato.” Sia Jane che la sorella Cassandra,

5

uniche figlie femmine della famiglia, ricevettero infatti un’educazione formale

anche al di fuori della cerchia familiare, seguite da tutor privati prima ad Oxford,

nel 1783, e successivamente alla Abbey House School di Reading per due anni,

dal 1784 al 1786. Nell’autunno del 1786 fecero poi ritorno a Steventon,

continuando a coltivare la propria educazione soprattutto tramite il confronto

reciproco, data la forte unione che sempre contraddistinse il loro rapporto.

La relazione di Jane con il padre sembra in generale fondata su sentimenti di

affetto e ammirazione, considerando appunto anche il ruolo che questi aveva

rivestito nella vita dei propri figli dal punto di vista educativo sia prettamente

scolastico che morale, grazie a una mentalità decisamente liberale per quel

periodo. Tuttavia, tre in particolare sono gli eventi per cui George Austen ebbe un

ruolo centrale nella vita della figlia: il momento in cui prese la decisione per il

trasferimento della famiglia a Bath, che come sappiamo rappresentò un periodo di

vera crisi per Jane; quello in cui inviò all’editore Cadell, nel 1797, la lettera

contenente il primo manoscritto di First Impressions, che diverrà poi in seconda

battuta Pride and Prejudice; e, infine, il momento della sua morte a Bath il 21

gennaio del 1805, data che coincide anche con un brusco stop nella produzione

letteraria di Jane e un vuoto totale di notizie sul suo conto.

Tramite le lettere spedite da Jane ai familiari in questo momento di lutto, però,

possiamo notare un’ambivalenza dei suoi sentimenti nei confronti della figura

paterna dovuta probabilmente al fatto che non sempre la figlia condivideva le sue

scelte, come lo stesso trasferimento della famiglia a Bath o il fatto che al

James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen e altre memorie familiari, op. cit., p. 49

5

(4)

momento della sua morte George avesse lasciato tutto nelle mani dei figli maschi,

rendendo così le donne di casa totalmente dipendenti da questi ultimi.

Nella lettera del 21 gennaio 1805 Jane scrive al fratello Francis:

My dearest Frank

I have melancholy news to relate, & sincerely feel for your feelings under the shock of it.—I wish I could better prepare You for it.[…] Our dear Father has closed his virtuous & happy life, in a death almost as free from suffering as his Children could have wished. […] Heavy as is the blow, we can already feel that a thousand comforts remain to us to soften it. Next to that of the consciousness of his worth & constant preparation for another World, is the remembrance of his having suffered, comparatively speaking, nothing. […]

The loss of such a Parent must be felt, or we should be Brutes—. I wish I

could have given you better preparation—but it has been impossible. 6

Quelle che emergono sono le parole di una figlia che mostra più apprensione per

quella che potrebbe essere la reazione del fratello alla notizia piuttosto che un

genuino dolore legato al lutto che la famiglia sta affrontando. Notiamo quanto sia

insistente il concetto di “preparazione” di cui Jane si sente responsabile nei

confronti di Francis, ma poche le parole spese per esprimere i propri sentimenti

nei confronti di quanto accaduto. Dopotutto, questa ambivalenza non dovrebbe

stupirci: se è vero che le opere sono strettamente legate alla penna che le ha

create, è impossibile non aver notato l’evidente critica al sistema patriarcale che

permea ogni suo romanzo fin dagli esordi, una critica rivolta soprattutto ai padri

passivi che non sono in grado di garantire un futuro solido per le proprie figlie.

Allo stesso modo anche le figure ecclesiastiche, che per mestiere possiamo

ricollegare ancora una volta alla persona del reverendo George Austen – primo tra

tutti il Mr Collins di Pride and Prejudice, anche se in questo caso i due uomini

condividono solo il titolo – spiccano per la loro ridicola presunzione e non di certo

per l’intelligenza.

Deirdre Le Faye, Jane Austen’s Letters (lettera del 21 gennaio 1805), op. cit., pp. 100-101 (mio il

6

(5)

Nei confronti della madre, invece, Jane si esprime spesso con un tono ironico e

di sufficienza che mai si sarebbe sognata di riservare al padre: come non

riconoscere nelle sue parole un ritratto della logorroica e materialista Mrs Bennet?

Anche per Cassandra Leigh, come per il suo alter ego finzionale, i malanni

parevano essere all’ordine del giorno (“tho’ Sunday, my Mother begins it without

any ailment” ), così come il suo ruolo di “ragioniere” familiare: “I hope my

7

Mother’s Bill next week Will show it. I have had a very comfortable Letter from

her, one of her foolscap sheets quite full of little home news. Anna was there the

first of the two Days—. An Anna sent away & an Anna fetched are different

things.—This will be an excellent time for Ben to pay his visit—now that we, the

formidables, are absent.”

8

Ibidem, (lettera del 1-2 ottobre 1808) p. 147.

7

Ivi, (lettera del 3 novembre 1813) p. 260.

(6)

1.1 I luoghi e gli affetti

Come vedremo, ognuna delle tre maggiori tappe geografiche che hanno

segnato l’esistenza di Jane Austen – rispettivamente, in ordine cronologico, le

residenze di Steventon, Bath e Chawton – ha avuto una forte influenza anche sulle

sue opere, segnando delle vere e proprie linee di demarcazione. A questo

proposito Constance Hill in Jane Austen, Her Homes and Her Friends ci presenta

per la prima volta il termine “Austenland” che, coniato da lei stessa, si propone di

racchiudere in sé tutti i luoghi che hanno rappresentato parte più o meno

importante nella vita di Jane, dalle tre dimore principali ai luoghi di villeggiatura

alle case di amici e parenti.

9

C’è chi afferma che le opere letterarie abbiano un valore intrinseco di per sé e che

la conoscenza della vita dell’autore non abbia molto a che fare con esse, ma

questo non è sicuramente vero nel caso della nostra autrice: Jane ha sempre

descritto ciò che conosceva bene, la propria realtà, le persone e i luoghi che le

stavano intorno quotidianamente. Tutte queste preziose informazioni non solo ci

dicono molto di lei, ma rivestono anche un ruolo estremamente importante nello

sfatare ancora una volta il mito secondo cui Jane Austen era una donna dalla vita

piatta e monotona, completamente isolata dal mondo a lei circostante. Non solo

infatti aveva ricevuto una buona educazione, cosa rara nel XVIII secolo, ma anche

la possibilità di spostarsi spesso liberamente per trascorrere diversi giorni lontano

da casa. Questo perché si trovava nella condizione di potersi permettere carrozze e

cavalli da sfruttare sia per i lavori agricoli che come mezzi di trasporto, un

privilegio niente affatto scontato al tempo visto che non tutti potevano concedersi

un tale lusso e che, soprattutto, alle donne non era concesso viaggiare da sole .

10

Tra le mete da lei maggiormente frequentate troviamo per esempio la vivacissima

Londra, dove Jane si recava spesso risiedendo presso la casa del fratello banchiere

Constance Hill, Jane Austen, Her Homes and Her Friends, Ulan Press, California, 2012.

9

Sempre secondo Virginia Woolf “If Jane Austen suffered in any way from her circumstances it

10

was in the narrowness of life that was imposed upon her. It was impossible for a woman to go about alone.” (A Room of One’s Own, Penguin Books, London, 2004, p. 79).

(7)

Henry e della moglie: qui aveva l’occasione di frequentare circoli di spicco e

luoghi di cultura come i musei o le mostre di pittura, che le permettevano di fare

molte conoscenze nell’alta società londinese e dai quali traeva parte della sua

ispirazione.

Essendo una lettrice che spaziava tra svariati generi letterari – senza

considerare giornali, periodici e volumi che andavano dalla geografia

all’economia e di cui l’intera famiglia usufruiva regolarmente – e un’attenta

conversatrice oltre che osservatrice, questo ci fa pensare che Jane fosse

perfettamente consapevole non solo degli avvenimenti riguardanti la propria

cerchia familiare e il vicinato, ma anche dei più generali eventi sociali e politici

che muovevano il proprio Paese e quelli limitrofi. Inoltre, Jane ha ‘viaggiato’

molto anche grazie alle lettere che soleva scambiare con parenti e amici sparsi per

il mondo, dai quali riceveva talvolta aggiornamenti anche piuttosto dettagliati

riguardanti la cultura e la politica d’oltreoceano.

Bisogna poi considerare che a quel tempo la scrittura delle lettere era una vera e

propria arte, e anche in questo caso Jane si distingueva per la sua eccellenza:

“Jane Austen riusciva in qualsiasi cosa provasse a fare con le sue mani […] Ma la

calligrafia non era la sola parte delle sue lettere che mostrasse la sua superiore

abilità manuale. A quei tempi c’era l’arte di piegare e sigillare. Non c’erano buste

adesive a rendere tutto facile. Certe lettere erano sempre allentate e disordinate,

ma il suo foglio era sicuro di prendere la piega giusta, e la ceralacca di cadere al

posto giusto.” Questa attività era più impegnativa di quanto non possa sembrare

11

oggi, soprattutto per chi come Jane vi era impegnato praticamente tutti i giorni per

riuscire a mantenere un contatto costante con i propri affetti e, probabilmente,

doveva approfittare dei pochi momenti di completa solitudine a disposizione per

potervisi dedicare appieno. Inoltre, poiché il costo delle lettere non era affatto

esiguo, si doveva cercare di sfruttare ogni singolo spazio del foglio che si aveva a

James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen e altre memorie familiari, op. cit., pp.

11

(8)

disposizione per scrivere, o il prezzo sarebbe salito ulteriormente in caso di

aggiunta di altra carta da lettere. Ma indipendentemente da certe regole ferree,

Jane era molto diligente nell’occuparsi di questo vero e proprio rito, tanto che lei

stessa ammette alla sorella Cassandra in una lettera risalente al 5 gennaio 1801 “I

have now attained the true art of letter-writing, which we are always told, is to

express on paper exactly what one would say to the same person by word of

mouth; I have been talking to you almost as fast as I could the whole of this

letter.”

12

Due dei destinatari più frequenti delle sue missive erano i fratelli Francis e

Charles, entrambi arruolati nel corpo della Marina inglese, che teneva aggiornati

sulle vicende familiari ricevendo in cambio informazioni non solo sulle missioni

da loro intraprese, ma anche e soprattutto sui luoghi visitati durante i lunghi

periodi lontani da casa. Mentre per il fratello Charles esprimeva spesso una certa

preoccupazione, Jane era molto orgogliosa della carriera in Marina di Frank, del

quale aspettava con ansia le notizie ricambiando con dettagliati racconti familiari.

Tuttavia, nel mondo di Jane Austen le figure maschili – come abbiamo visto anche

nell’ambiguo caso del padre – rivestono un ruolo marginale rispetto a quelle

femminili, che ne sono le vere protagoniste. Tra queste individuiamo in

particolare la sorella Cassandra e, in un certo qual modo, la madre, ma anche le

nipotine Fanny e Anna, della cui educazione Jane decise di occuparsi

personalmente e alle quali dedicò anche alcuni componimenti appartenenti alla

raccolta dei Juvenilia.

Purtroppo però, per quante possano essere le informazioni estrapolabili tramite

le diverse fonti a nostra disposizione riguardanti la cultura e i contatti, le notizie

che abbiamo in merito alla vita privata di Jane Austen sono piuttosto scarse e

spesso incerte, anche in considerazione del fatto che delle tante lettere scritte di

suo pugno solo alcune sono effettivamente giunte fino a noi nella loro forma

Deirdre Le Faye, Jane Austen’s Letters (lettera del 3-5 gennaio 1801), op. cit., p. 71.

(9)

originale. La sorella Cassandra, infatti, ne bruciò una grande quantità e ne censurò

altre qualche anno prima della propria morte il 22 marzo 1845 perché, a quanto

pare, la maggior parte di quelle rivolte a lei erano fin troppo “aperte e

confidenziali” per poter essere divulgate. C’è chi crede che le lettere distrutte o

13

censurate fossero proprio quelle che rivelavano davvero i sentimenti più profondi

dell’autrice e gli episodi cruciali della sua esistenza, e che la sorella abbia

preferito sbarazzarsene affinché questi aspetti della vita di Jane rimanessero

sconosciuti ai posteri . Tuttavia, anche se molti tasselli di questo puzzle sono

14

tutt'ora mancanti – e probabilmente lo rimarranno per sempre –, quello che

abbiamo ci permette comunque di intuire quali fossero il carattere e il pensiero di

Jane Austen, e quanto fosse importante per lei il valore della famiglia. Come

ricorda James, “per Jane Austen la famiglia significava così tanto, e il resto del

mondo così poco, che qualche breve accenno ai fratelli e alla sorella è necessario

per dare un’idea di ciò che principalmente occupava i suoi pensieri e le colmava il

cuore.” Anche secondo la nipote Caroline “Zia Jane era una sorella molto

15

affezionata a tutti i suoi fratelli. Uno in particolare [Henry] era il suo orgoglio e la

sua delizia, ma di tutta la famiglia, la più vicina e la più cara per tutta la vita fu

senza dubbio la sorella, la sua unica sorella.” Sorella con cui, tra le altre cose,

16

l’autrice condivise anche uno stato di quasi totale solitudine sentimentale. Pare

infatti che Jane abbia avuto diversi flirt nel corso della sua vita, ma mai niente di

serio ad eccezione di un breve rapporto con il giovane Thomas Lefroy, uno

studente irlandese in visita in Inghilterra che alloggiava vicino casa Austen e che

danzò con Jane durante ben tre balli locali – un fatto reputato del tutto eccezionale

a quel tempo, ma soprattutto molto significativo. Nonostante questo fatto, però,

nessuna proposta di matrimonio fu avanzata dal ragazzo, la cui famiglia

James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen e altre memorie familiari, op. cit., p. 199.

13

Dopotutto, come fa notare anche Virginia Woolf in A Room of One’s Own, “She never writes her

14

own life and scarcely keeps a diary; there are only a handful of letters in existence.” (op. cit., p. 52).

James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen e altre memorie familiari, op. cit., p. 27.

15

Ivi. pp. 200-201 (mia la nota tra parentesi).

(10)

sicuramente si sarà aspettata una quantità di denaro maggiore come ricavato di un

eventuale contratto matrimoniale rispetto a quella che la figlia di un reverendo

avrebbe mai potuto offrirgli.

Al contrario, Cassandra fu promessa in sposa al pupillo del padre, Tom Fowle,

con il quale aveva stretto amicizia fin da piccola. Accettò così la sua proposta di

matrimonio nel 1792, dopo la quale seguì un lungo periodo di fidanzamento, ma

disgraziatamente il ragazzo morì di febbre gialla a Santo Domingo quattro anni

dopo durante un viaggio nelle Indie Occidentali, episodio in seguito al quale

Cassandra, unita ancora una volta alla sorella per simile destino, rimase sola per

tutta la vita.

Raramente Jane esprimeva le proprie opinioni in merito al tema matrimoniale, ma

in una di queste rare eccezioni, per amore della nipotina Fanny, si sentì di

affermare

Oh! What a loss it will be, when you are married. You are too agreable in your single state, too agreable as a Niece. I shall hate you when your delicious play of Mind is all settled down into conjugal & maternal affections. Mr J.W. frightens me.—He will have you.—I see you at the Altar. […] Your objection to the Quadrilles delighted me exceedingly.—Pretty Well, for a Lady irrecoverably attached to one Person!—Sweet Fanny, believe no such thing of yourself.—Spread no such malicious slander upon your Understanding, within the Precincts of your Imagination.—Do not speak ill of your Sense, merely for the gratification of your Fancy.—Yours is Sense, which deserves more honourable Treatment.—You are not in love with him. 17

Il suo spirito nettamente anticonformista la ‘obbligava’ infatti a opporsi a tale

condizione per il bene della mente femminile, ironia che troviamo come tema

ricorrente nei suoi romanzi e, come vedremo nei capitoli successivi, in Pride and

Prejudice in modo particolare. Emerge sempre in qualche modo, dalle sue parole,

il materialismo che sta alla base dell’atto matrimoniale stesso, una vera e propria

mercificazione della donna che si esplica attraverso contrattazioni della dote e

quantificazioni materiali relative alla rendita annuale delle due parti che, nella

Deirdre Le Faye, Jane Austen’s Letters (lettera del 20-21 febbraio 1817), op. cit., pp. 343-345.

(11)

maggior parte dei casi, rendeva questo sacramento quanto di più lontano dal vero

amore potesse esistere.

Nonostante la sua breve vita sia trascorsa interamente in Inghilterra, i numerosi

viaggi intrapresi le permisero di percorrere e visitare il proprio Paese con una

certa estensione, specialmente per quanto riguarda l’area meridionale. Lo

Hampshire, dove nacque e, alla fine, morì, è una contea appartenente alla costa

meridionale inglese caratterizzata da un entroterra collinoso che scende

dolcemente fino al mare, favorita da un clima piuttosto mite rispetto a quello che

caratterizza solitamente le isole britanniche. Qui Jane trascorse i suoi primi

venticinque anni nella residenza di Steventon, periodo che viene infatti indicato

dal punto di vista della produzione letteraria con l’appellativo di “Steventon

Years” e che coincide con le sue prime sperimentazioni. In questo paesaggio

quieto dominato dai boschi Jane visse felicemente fino al 1801, finché il padre

non decise di trasferire la famiglia nella lussuosa città termale di Bath: proprio qui

ha inizio la seconda fase della vita di Jane, quella appunto dei “Bath Years”.

La città termale è un luogo fortemente simbolico per la sua narrativa, in quanto

coincide con l’ambientazione di alcune parti degli ultimi romanzi, pur non avendo

l’autrice preso così bene la notizia del trasferimento. Tuttavia, mentre da una parte

dimostra di non trovarsi particolarmente a proprio agio con la nuova dimora in

quanto eccessivamente rumorosa, caotica e abitata da gente frivola – essendo a

quel tempo considerata una località ‘alla moda', veniva frequentata da molti solo

per ostentare la propria ricchezza – in alcune lettere mostra un atteggiamento

ambivalente verso il fatto stesso di aver lasciato Steventon, come in quella del 5

gennaio 1801: “there is something interesting in the bustle of going away, & the

prospect of spending future summers by the Sea or in Wales is very delightful […]

it must not be generally known however that I am not sacrificing a great deal in

quitting the Country – or I can expect to inspire no tenderness, no interest in those

we leave behind.”

18

Ibidem, (lettera del 3-5 gennaio 1801) p. 71.

(12)

In seguito alla morte del padre, Jane – insieme a Cassandra e alla madre – si

trasferì temporaneamente a Southampton a casa di Francis, per poi spostarsi a

Chawton nel 1809 in un cottage che un altro fratello, Edward, aveva messo loro a

disposizione.

Questa umile dimora, collocata in un ambiente tranquillo e immerso nel verde, è

forse il luogo più importante nella dimensione dell’esistenza austeniana, in quanto

costituisce lo scenario in cui Jane rimise mano e, in alcuni casi, scrisse per intero

le sue opere più celebri, e dove trascorse l’ultimo periodo della sua vita. Un

minuscolo tavolo al piano terra nella drawing room vicino alla finestra, esposto ai

costanti passaggi dei familiari, degli ospiti e del personale domestico, fu la sede

principale della sua attività letteraria:

Come abbia potuto portare a termine tutto questo è sorprendente, poiché non aveva uno studio tutto suo in cui appartarsi, e la maggior parte delle opere le deve aver scritte nel salotto principale, soggetta a ogni genere di interruzioni. Era attenta a non far sospettare nulla circa la sua occupazione sia alla servitù, sia ai visitatori, sia a qualsiasi altra persona estranea alla cerchia familiare. Scriveva su piccoli fogli di carta che poteva facilmente mettere via o coprire con un pezzo di carta assorbente. C’era, tra la porta d’ingresso e le stanze di servizio, una porta a vento che scricchiolava quando veniva aperta, ma lei non volle che si rimediasse a questo piccolo inconveniente, perché le faceva capire quando stava arrivando qualcuno. 19

Il suo personale scrittoio si

trova ancora nella casa, ed è

possibile vederlo assieme ad

alcuni abiti e articoli di

arredamento originali in

quello che oggi è diventato il

J a n e A u s t e n ’s H o u s e

Museum, meta che registra un costante afflusso di visitatori ogni anno. Per quanto

James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen e altre memorie familiari, op. cit., pp.

19

(13)

potesse sembrare scomoda e tutt’altro che adatta a favorire l’ispirazione di una

scrittrice, fu proprio questa particolare condizione a fornirle innumerevoli spunti

per i propri romanzi, che possiamo definire a tutti gli effetti come opere realiste:

tutto ciò che vi è contenuto – personaggi e luoghi – deriva dall’attenta

osservazione che Jane eseguiva nei confronti di ciò che la circondava. Anche

Henry Austen nella sua nota alle Memorie ricorda come “la sua capacità di creare

personaggi sembra sia stata innata, e quasi illimitata. Si ispirava alla natura

umana, ma, per quanto si possa supporre il contrario, mai ai singoli individui.”

20

Le sue conoscenze infatti, anche se probabilmente appartenevano ad una cerchia

piuttosto ristretta, rappresentavano proprio lo specchio della classe sociale dalla

quale ricavò in seguito i personaggi che incontriamo anche nei romanzi, tutte

persone di buona famiglia che andavano dai ricchi proprietari terrieri agli

ecclesiastici ai cadetti della Marina inglese. Al tempo stesso, la fedeltà dell’autrice

nel rappresentare le opinioni e il comportamento della classe sociale in cui visse

sono dimostrati dallo stesso “difetto” di cui talvolta sono anche stati accusati:

quello di non cercare mai di elevare la normalità della vita né di mettere su un

piedistallo degli eroi, ma di rappresentare la vita stessa così com’è, con la sua

semplicità, la sua bellezza ma anche i suoi difetti. E proprio il vicinato, che

possiamo considerare un personaggio collettivo a sé stante in Pride and Prejudice,

viene qui menzionato continuamente come avido di notizie e sempre pronto a

spargere pettegolezzi, soprattutto riguardo le disgrazie altrui:

The good news quickly spread through the house; and with proportionate speed through the neighbourhood. It was borne in the latter with decent philosophy. To be sure it would have been more for the advantage of conversation, had Miss Lydia Bennet come upon the town; or, as the happiest alternative, been secluded from the world, in some distant farmhouse. But there was much to be talked of, in marrying her; and the good-natured wishes for her well-doing, which had proceeded before, from all the spiteful old ladies in Meryton, lost but little of their spirit in this change of circumstances, because with such an husband, her misery was considered certain. 21

Ibidem, p. 175.

20

Jane Austen, Pride and Prejudice, op. cit., p. 293.

(14)

Non stupisce quindi che molti, forse sentendosi presi in causa in prima persona,

non vedessero di buon occhio certe (poco) velate allusioni alla propria maligna

curiosità.

(15)

1.2 Pubblicazioni e mondo dell’editoria

Come già accennato precedentemente, fu proprio a Chawton che Jane riprese in

mano i manoscritti composti quando era ancora una ragazzina, a Steventon, dando

inizio a un percorso di maturazione personale e letteraria che la porterà a diventare

una vera e propria scrittrice professionista in questa ultima fase della sua vita.

Il primo anno trascorso nel cottage fu dedicato alla revisione e alla preparazione

per la stampa di Sense and Sensibility che, pubblicato nel 1811, le rese il primo –

anche se poco sostanzioso – guadagno, e di Pride and Prejudice, pubblicato

all’inizio del 1813 ma che vide un reale successo solo dopo la sua morte, oggi una

delle opere letterarie più lette, discusse e rielaborate al mondo.

Tra i romanzi scritti interamente troviamo invece Mansfield Park ed Emma,

completati tra il febbraio 1811 e l’agosto 1816 ma che, a detta della stessa autrice,

avrebbero accolto un po’ meno entusiasmo da parte del pubblico. Infine,

Northanger Abbey e Persuasion furono dati alle stampe solo dopo la sua morte,

nel 1818.

Come ormai sappiamo, la reputazione letteraria di Jane Austen crebbe molto

lentamente e le sue opere furono accolte con freddezza alla loro prima

apparizione, ma il destino di Northanger Abbey fu particolarmente umiliante. Il

romanzo infatti fu venduto nel 1803 a un editore di Bath per dieci sterline, “ma

incontrò talmente poco favore ai suoi occhi, che preferì adattarsi a quella prima

perdita piuttosto che rischiare ulteriori spese per pubblicare l’opera. Sembra che

sia stata abbandonata per molti anni in un cassetto.” Tuttavia, quando quattro dei

22

suoi romanzi le diedero abbastanza fiducia nelle proprie capacità, Jane decise di

recuperare i diritti di quell’opera giovanile, probabilmente non solo per questioni

di denaro ma soprattutto di principio: “Non credo che lei si sentisse molto

mortificata dalla mancanza di successo immediato. Scriveva per suo piacere. I

soldi, anche se benvenuti, non erano necessari alle spese moderate della sua vita

James Edward Austen-Leigh, Ricordo di Jane Austen e altre memorie familiari, op. cit. p. 114.

(16)

tranquilla.” Al contrario, “fu con estrema difficoltà che i suoi amici […]

23

riuscirono a persuaderla a pubblicare la sua prima opera. Anzi, era così convinta

che le vendite non avrebbero ripagato le spese di pubblicazione che mise da parte

una somma per far fronte alla perdita prevista.” , dimostrando non solo umiltà ma

24

anche una scarsissima fiducia in se stessa e nelle proprie capacità.

Non dobbiamo però dimenticare che, a quel tempo, le scrittrici erano mal viste

e poco considerate, motivo per cui molte di loro erano costrette a usufruire di

pseudonimi maschili affinché le proprie opere avessero almeno una possibilità di

vedere la luce e forse essere perfino apprezzate, cosa che fece anche la stessa

Austen all’inizio della propria carriera. Tuttavia, ciò che ancora una volta la

contraddistingue dalla massa di scrittrici presenti all’epoca è il suo voler

comunque sottolineare la propria identità femminile anziché farne motivo di

vergogna, senza il timore che questo potesse costituire per lei uno svantaggio in

partenza: per questo si presenta con l’appellativo “A Lady”, che appare anche nei

frontespizi delle prime edizioni, mantenendo comunque il proprio anonimato.

Con lo scatto del nuovo secolo, però, Jane si

sarebbe trovata di fronte a un clima molto più

favorevole nel mondo dell’editoria rispetto a

quello che aveva caratterizzato il Settecento, dove

il numero di scrittrici era aumentato tanto che

essere autrice non era più qualcosa di strano o

audace, anche se l’abitudine di pubblicare le

proprie opere anonimamente rimase una pratica

comune tra le donne. Vi erano quattro modi

diversi, a quel tempo, per dare alla stampa

un’opera. Un aspirante autore aveva la possibilità

Ibidem. p. 115.

23

Ivi. p. 174.

(17)

di venderne una copia senza preoccuparsi della produzione e della vendita del

risultato, oppure poteva far sì che un editore si assumesse i costi di pubblicazione

condividendo con lui, in seguito, anche i profitti. In alternativa, vi era la

possibilità di richiedere un prestito per sostenere i costi di pubblicazione

autonomamente o, infine, occuparsi di tutte queste faccende

economico-burocratiche per conto proprio. Con Lady Susan Jane aveva optato per la prima

via; al suo secondo tentativo nel 1811, con Sense and Sensibility, scelse la quarta.

Tuttavia, fu solo la pubblicazione di Pride and Prejudice nel 1813 che consolidò

veramente il suo meritato status professionale, dato che questa volta la prima

pagina presentava la scritta “by the Author of Sense & Sensibility” .

25

Alcuni estratti che troviamo nelle lettere scambiate tra Jane e la sorella Cassandra

possono darci una chiara idea dell’intensità con cui l’autrice si interessava alla

ricezione delle sue opere – a quella di Pride and Prejudice in modo particolare – e

dimostrano l’estrema cura con cui rivedeva ognuno dei propri scritti:

To Cassandra Austen

Friday 29 January 1813 Chawton Friday Jan.y 29. I hope you received my little parcel by J. Bond on Wednesday evening, my dear Cassandra, & that you will be ready to hear from me again on Sunday, for I feel that I must write to you to day. Your parcel is safely arrived & everything shall be delivered as it ought. Thank you for your note. As you had not heard from me at that time it was very good in you to write, but I shall not be so much your debtor soon. —I want to tell you that I have got my own darling Child from London;—on Wednesday I received one Copy, sent down by Falknor, with three lines from Henry to say that he had given another to Charles & sent a 3d by the Coach to Godmersham […] The Advertisement is in our paper to day for the first time; —18s—He shall ask £1-1-for my two next, & £1-8-for my stupidest of all. Miss Benn dined with us on the very day of the Books coming, & in the evening we sat fairly at it & read half the first volume […] That she could not help laugh you know, with two such people to lead the way; but she really does seem to admire Elizabeth. I must confess that I think her as delightful a creature as ever appeared in print, & how I shall be able to tolerate those who do not like her at least, I do not know.— There are a few Typical errors—& a “said she” or a “said he” would sometimes make the Dialogue more immediately clear— […]The 2d volume is shorter than I could wish—but the difference is not so much in reality as in look, there being a larger proportion of Narrative in that Janet Todd, The Jane Austen Treasury, André Deutsch, London, 2017, p. 61.

(18)

part. I have lopt & cropt so successfully however that I imagine it must be rather shorter than Sense and Sensibility altogether. 26

Tuttavia, nonostante la sua crescente fama, Jane visse perlopiù in completo

isolamento rispetto al mondo letterario, perfino durante gli ultimi anni della sua

vita quando le opere vennero pian piano accettate e riconosciute dal pubblico,

anche se mai associate al suo volto: pochi dei suoi lettori infatti ne conoscevano la

vera identità, e da nessuna parte si trovano accenni alla sua persona. Tuttavia,

quando l’ultima opera che riuscì a vedere pubblicata fu data alla stampa, ricevette

l’unico – ma altamente significativo – segno di attenzione pubblica che le fu mai

concesso: il Principe Reggente in persona, grande ammiratore di Orgoglio e

Pregiudizio, la fece accompagnare nella sua residenza e le chiese personalmente

che gli fosse dedicato il romanzo prossimo per uscita; detto fatto, la dedica fu

immediatamente inserita in Emma, che era stata data alla stampa stampa proprio

in quel periodo, costituendo per Jane un motivo di grande orgoglio.

Deirdre Le Faye, Jane Austen’s Letters (lettera del 29 gennaio 1813), op. cit., pp. 209-210.

(19)

1.3 Il declino

Nella primavera del 1817, quando ormai Jane si stava abituando a questa nuova

vita e al successo dei suoi romanzi, un forte malessere iniziò ad affliggerla,

aggravandosi poi notevolmente nei mesi successivi. Verso la fine del mese di

maggio, per quanto la sua indole forte le avesse sempre impedito di lamentarsi,

ammise di essere “a very genteel, portable sort of an Invalid” dimostrando

27

comunque di non aver ancora perso il proprio senso dell’umorismo pur essendo

ormai confinata in un letto. La sorella Cassandra decise così di accompagnarla a

Winchester per affidarla alle cure di un celebre chirurgo, Mr Lyford, ma i suoi

sforzi non furono sufficienti a porre fine alle sofferenze di Jane, la quale in punto

di morte implorò solamente “nothing but death” prima di esalare l’ultimo respiro

28

in una delle stanze della clinica il 18 luglio, all’età di quarantadue anni.

Anche se non è mai stato chiaro quale fosse il suo reale problema, possiamo

sicuramente escludere una delle ipotesi che più spesso sono state fatte riguardo la

causa della morte, ossia quella per avvelenamento da arsenico. Nel corso del

restauro del suo scrittoio, infatti, sono state rinvenute numerose tracce di arsenico

che hanno portato gli studiosi ad avanzare questa ipotesi, senza però considerare

che tale veleno era facilmente riscontrabile sulla superficie di diversi oggetti a

quel tempo, in quanto questa sostanza veniva spesso utilizzata in piccole quantità

a scopo medico . Numerose altre ipotesi e congetture sono state fatte, ma

29

indipendente da quale di queste possa essere più o meno valida, ciò che più ci

interessa e che è possibile dedurre da tutto questo è l’ennesima dimostrazione del

vivo interesse nei confronti di tutto ciò che può avere a che fare con la figura di

Jane Austen, perfino di questa parte della sua vita, il declino, la cui origine

probabilmente rimarrà per sempre un mistero, insieme a molti pezzi del puzzle

che compongono la sua esistenza.

Janet Todd, The Jane Austen Treasury, op. cit., p. 149.

27

Ivi, p. 150.

28

Jane Austen Society of Italy: http://www.jasit.it/.

(20)

Tra i suoi critici moderni, c’è chi crede che fosse troppo chiusa nel proprio

mondo casalingo e quindi mai realmente consapevole di ciò che accadeva al suo

esterno, nonostante le notizie pervenutele indirettamente tramite le sue

conoscenze; altri che sotto la sua apparente adesione ai vincoli della società vi

fosse in realtà una sagace denuncia dell’intero sistema che presupponeva

un’ampia conoscenza del mondo a lei circostante.

Come molti altri, anche Virginia Woolf non ha saputo esimersi dall’immaginare

cosa sarebbe stato di Jane Austen e delle sue opere se l’autrice non ci avesse

lasciati così presto. Possiamo ritrovare nelle seguenti righe anche una nota

nostalgica per qualcosa che non c’è stato ma che avrebbe potuto esserci, per tutte

quelle storie e quei personaggi che il destino ha voluto rimanessero intrappolati

nella sua mente:

She died at the height of her powers. She was still subject to those changes which often make the final period of a writer’s career the most interesting of all. Vivacious, irrepressible, gifted with an invention of great vitality, there can be no doubt that she would have written more, had she lived, and it is tempting to consider whether she would not have written differently. The boundaries were marked; moons, mountains and castles lay on the other side. But was she not sometimes tempted to trespass for a minute? Was she not beginning, in her own gay and brilliant manner, to contemplate a little voyage of discovery?[…]

Had she lived a few more years only, all that would have been altered. […] she would have known more. Her sense of security would have been shaken. Her comedy would have suffered. She would have trusted less to dialogue and more to reflection to give us a knowledge of her characters. […] Her satire, while it played less incessantly, would have been more stringent and severe. She would have been the forerunner of Henry James and of Proust – but enough. Vane are these speculations: the most perfect artist among women, the writer whose books are immortal, died “just as she was beginning to feel confidence in her own success”. 30

E di fatti è solo di questo che si tratta, di “divagazioni vane”, di mere congetture:

non sapremo mai cosa ne sarebbe stato di Jane Austen se avesse vissuto più a

lungo di quanto la malattia non le abbia concesso, né se e come la sua penna

Virginia Woolf, The Common Reader, op. cit., pp. 180-183.

(21)

avrebbe risentito dell’inesorabile scorrere del tempo. Ma sappiamo, almeno in

parte, quello che ci ha lasciato nella sua vita, e questo è più che sufficiente per

apprezzarne la grandezza.

(22)

Capitolo 2

PRIDE and PREJUDICE

Pride and Prejudice è ambientato principalmente nella Contea

dell’Hertfordshire, a circa cinquanta miglia da Londra. Il romanzo si apre a

Longbourn, residenza della famiglia Bennet, composta da Mr e Mrs Bennet e

dalle loro cinque figlie: Jane, Mary, Lydia, Kitty ed Elizabeth, quest’ultima

protagonista dei fatti narrati. Le donne di casa sono impegnate in una

conversazione riguardante Mr Charles Bingley, uno scapolo molto ricco che ha

appena affittato la vicina residenza di Netherfield Park e che Mrs Bennet vede

come potenziale partito per una

delle sue figlie.

I Bennet incontrano Bingley per la

prima volta in occasione del ballo

di Meryton, al quale partecipano

anche alcuni dei suoi compagni di

viaggio. Immediatamente, questi

dimostra di nutrire un profondo

interesse nei confronti di Jane, la

più grande delle sorelle Bennet,

m e n t r e i l s u o a m i c o , M r

Fitzwilliam Darcy, sembra provare

particolare disprezzo proprio nei

(23)

proposta avanzatagli da Charles dopo averlo visto senza una compagna di ballo.

31

Per questo motivo, avendo ascoltato per caso la loro conversazione, l’orgoglio di

Elizabeth rimane profondamente ferito dalle parole di quello che per lei è solo un

perfetto sconosciuto altezzoso e prevenuto nei confronti di chi, come lei,

appartiene ad una classe inferiore alla propria.

Nei giorni seguenti, il mutuo interesse di Mr Bingley e Jane diviene evidente.

Tuttavia, mentre questi rende le proprie intenzioni piuttosto ovvie, la signorina

Bennet sembra non mostrare apertamente una particolare preferenza nei suoi

confronti – cosa che invece non sfugge alla sorella Elizabeth, sua unica vera

confidente – a causa del suo carattere timido e introverso. Per questo motivo

Charlotte Lucas, migliore amica di Elizabeth, che fa la sua prima apparizione nel

romanzo – non per caso – mostrando immediatamente la propria pragmatica

visione del matrimonio, consiglia a Jane di rendere i suoi sentimenti per Bingley

più chiari, onde evitare che ci siano delle incomprensioni in proposito e che la

loro possibile unione vada in fumo per motivazioni tanto futili.

Data l’inconvenienza della situazione e conoscendo bene la timidezza della figlia,

Mrs Bennet decide così di prendere in mano la situazione approfittando di un

invito a cena rivolto a Jane da parte dei Bingley e rifiutandosi di concederle una

carrozza per recarsi a Netherfield, con la speranza che la pioggia imminente la

costringa a passare la notte dai suoi ospiti. La situazione però le sfugge di mano

quando Jane, colpita da un acquazzone durante la sua corsa a cavallo, si ammala

seriamente ed è costretta a trascorrere a Netherfield molto più di una notte per

riprendersi. Così, dopo aver ricevuto una lettera dalla sorella in cui questa la

ragguaglia sulla sua malattia, Elizabeth decide di recarsi immediatamente alla

residenza dei Bingley per farle visita, percorrendo tutta la strada a piedi incurante

del fango che sta rendendo il proprio vestito impresentabile. Una volta giunta a

destinazione, Caroline Bingley, sorella di Charles, e Mrs Hurst, altra ospite della

Secondo il galateo sette-ottocentesco, rifiutarsi di danzare con una fanciulla in occasione di un

31

ballo era inaccettabile da parte di un gentiluomo; ecco perché, alla luce di questo fatto, il gesto di Darcy acquista una connotazione ancora più negativa.

(24)

residenza, si dimostrano costernate dall’aspetto trasandato di Elizabeth, ma si

vedono costrette ad accoglierla insieme a Charles e a Darcy, che Elizabeth rivede

per la prima volta dopo il ballo di Netherfield. Nonostante questi dimostri di aver

mutato la propria opinione nei suoi confronti, Elizabeth preserva ancora il terribile

ricordo di quella sera e continua a vederlo solo come un uomo estremamente

orgoglioso e altezzoso, probabilmente troppo accecata dalla rabbia per ragionare

lucidamente. Nel frattempo, Caroline cerca in maniera piuttosto evidente di

attirare le attenzioni di Darcy, ma intuito il suo interesse per Elizabeth non può

fare a meno di mostrare tutta la sua gelosia nei confronti della ragazza e deriderla,

attraverso sottili allusioni alla sua famiglia, per il suo status sociale nettamente

inferiore rispetto al proprio e a quello degli altri presenti.

Passato qualche giorno, anche Mrs Bennet e le altre figlie si recano a Netherfield

per vegliare su Jane, ed Elizabeth è mortificata dalla loro completa mancanza di

decoro e buone maniere, che conferma tutto ciò che Caroline già pensava di loro.

Tuttavia, l’ammirazione di Bingley per Jane non viene scalfita da questo

imbarazzante episodio, e proprio grazie alle sue cure Jane riesce a rimettersi

completamente e fare ritorno a casa con la sorella.

Pochi giorni dopo, un reggimento

di soldati fa tappa nella città di

Meryton, dove vive la sorella di

Mrs Bennet, Mrs Phillips, con la

quale Lydia e Kitty amano

trascorrere le loro giornate,

s o p r a t t u t t o p e r s f r u t t a r e

l’occasione di socializzare con i

soldati. Nel frattempo, la famiglia

riceve una lettera da un lontano cugino di Mr Bennet, Mr Collins, che annuncia la

sua imminente visita a casa Bennet. Ben presto, però, l’uomo rivela il suo secondo

fine: Mr Collins infatti è il prossimo erede di Longbourn in linea di successione,

(25)

in quanto l’eredità della tenuta è stata preclusa a qualsiasi figlia femmina

dell’attuale proprietari; inoltre, poiché è un ecclesiastico e la sua età sta piano

piano avanzando, la sua patronessa nonché zia di Mr Darcy, Lady Catherine de

Bourgh, gli ha suggerito di trovare moglie prima che sia troppo tardi. Per questo

motivo, Collins spera di controbilanciare questa spiacevole situazione prendendo

in moglie una delle signorine Bennet, alleggerendo così il peso che grava sulla

famiglia. Tuttavia, ben presto dimostra non solo di essere poco attraente, ma

anche un uomo pieno di sé che vive solo di apparenze e che cerca di mettere in

mostra il proprio livello di cultura con citazioni e frasi pompose solo per

impressionare gli altri, ma senza possedere una reale sostanza a tal proposito.

Durante la sua permanenza a Longbourn le signorine Bennet, accompagnate

proprio da Mr Collins, decidono di fare una passeggiata a Meryton, dove fanno la

conoscenza di un ufficiale di reggimento, Mr Wickham, e incontrano nuovamente

Darcy. Quando i due uomini si accorgono della reciproca presenza, però, una

gelida atmosfera cala sul gruppo, da cui Darcy si allontana immediatamente. Nel

frattempo, Wickham mostra una netta preferenza per Elizabeth, con la quale

mantiene un contatto costante nei giorni seguenti e a cui, durante una delle loro

conversazioni, confessa la motivazione dello strano comportamento di Darcy:

essendo Wickham orfano, da piccolo fu cresciuto dal padre di Darcy, che se ne

occupò proprio come se fosse figlio suo promettendogli anche che, alla sua morte,

avrebbe ereditato parte della sua fortuna. Tuttavia, quando giunse il momento

Darcy ignorò il volere del padre e lasciò Wickham in balìa di se stesso, senza

alcun sostegno economico. Ovviamente Elizabeth, che già nutre forti pregiudizi

sulla persona di Darcy, non fa fatica a credere alle parole dell’ufficiale, le quali

alimentano così ancora di più il suo disprezzo per lui.

Dopo alcune settimane, Mr Bingley decide di dare un nuovo ballo a

Netherfield, occasione in cui i suoi sentimenti nei confronti di Jane si fanno

ancora più ovvi. Tuttavia, per non smentire ancora una volta la sua scarsa capacità

di discrezione, Mrs Bennet parla con tono sostenuto del loro imminente

(26)

fidanzamento alla presenza, tra gli altri

ospiti, anche di Mr Darcy. Questi, con

grande stupore di Elizabeth, la invita a

danzare, ma non è il solo. Anche Mr

Collins infatti le rivolge delle particolari

attenzioni, tanto che il giorno seguente –

in accordo con Mrs Bennet – si

convince a farsi avanti e chiedere la sua

mano ufficialmente. Per questo quando

avanza la sua proposta ad Elizabeth lei,

probabilmente già pronta all’evenienza,

non può far altro che rifiutarlo

insistentemente, contro il volere della madre ma sostenuta da quello del padre. Pur

non volendo inizialmente cedere alla testardaggine della ragazza, di fronte alla sua

irremovibilità Collins decide infine di arrendersi e ripiegare su Charlotte Lucas,

che accetta immediatamente la proposta e si reca dall’amica per annunciarle

l’imminente matrimonio. Elizabeth, messa di fronte alla notizia, non riesce a

nascondere i propri sentimenti e si dimostra profondamente scossa e delusa

dall’amica, che ha evidentemente accettato tale condizione solamente per

garantirsi una sicurezza finanziaria. Tuttavia viene subito zittita da Charlotte, che

prontamente si difende con uno dei passi forse più significativi di tutto il romanzo,

implicando sottilmente che non tutte, al contrario di lei, possono permettersi di

sposarsi per amore: “I am not romantic you know. I never was. I ask only a

comfortable home; and considering Mr. Collins’s character, connections, and

situation in life, I am convinced that my chance of happiness with him is as fair, as

most people can boast on entering the marriage state.”

32

Passano i giorni, e Jane riceve una lettera da Mr. Bingley in cui questi la

informa di avere in programma, dopo alcuni impegni a Londra, una nuova visita a

Jane Austen, Pride and Prejudice, op. cit., p. 123.

(27)

Netherfield Park. Tuttavia, poco dopo aver appreso la notizia una seconda lettera

arriva a casa Bennet, questa volta da parte della sorella Caroline, la quale informa

Jane di un cambio di programma del fratello che lo costringerà a rimanere lontano

da Netherfield per almeno sei mesi; inoltre, la famiglia nutre buone speranze nel

fatto che Charles sposi Georgiana, sorella di Darcy, in modo da riunire finalmente

le due case. Jane è completamente sconvolta dalla notizia così come il resto della

famiglia – in particolar modo la madre, che oramai dava per scontato di aver

sistemato almeno una delle sue figlie, e per di più con un ottimo partito – mentre

Elizabeth sospetta che in tutta questa vicenda ci sia lo zampino di Darcy e

Caroline, i quali potrebbero avere in qualche modo dissuaso Bingley dal proporsi

a Jane.

In questo stesso periodo Mr e Mrs Gardiner, due degli zii di Elizabeth, fanno

visita a Longbourn, e notando la tristezza di Jane decidono di portarla con loro a

Londra per permetterle di distrarsi un po’ da tutti i suoi pensieri. Qui Jane incontra

nuovamente Caroline, che si comporta in modo molto freddo e scortese con lei,

così immagina che Bingley si trovi effettivamente a Londra ma che

semplicemente non desideri vederla, e si rassegna a rinunciare a lui per sempre.

Elizabeth, nel frattempo, per la prima volta dopo la celebrazione del matrimonio

fa visita all’amica Charlotte, adesso Mrs Collins, nella sua nuova dimora nel Kent.

Lungo la strada decide quindi di unirsi a Jane e ai Gardiner, che durante la

permanenza ad Hunsford vengono spesso invitati per pranzo a Rosings,

l’imponente residenza di Lady Catherine, la quale si comporta sempre in maniera

molto arrogante nei confronti di Elizabeth e della sua famiglia. Dopo due

settimane anche Mr Darcy e il cugino, il colonnello Fitzwilliam, giungono a

Rosings. Qui Elizabeth e il colonnello sembrano andare molto d’accordo, ma

Darcy non perde le proprie speranze e dimostra di nutrire ancora un forte interesse

nei confronti di Miss Bennet: non solo fa spesso visita alla canonica in cui

Elizabeth alloggia con gli zii, ma frequenta di proposito i giardini limitrofi in cui

questa è solita fare delle lunghe passeggiate. Un giorno però, in via del tutto

confidenziale, il colonnello le confessa che Darcy ha appena “salvato” un caro

(28)

amico da un matrimonio sconveniente,

ed Elizabeth capisce immediatamente

che sta parlando della sorella Jane e di

Mr Bingley. La notizia e la rabbia che

ne consegue la scuotono tanto da

impedirle, quel pomeriggio, di recarsi a

Rosings come da consuetudine. Così

Darcy, preoccupato dalla sua assenza,

decide di farle visita direttamente alla

canonica approfittando della sua

solitudine per confessarle in maniera del

tutto improvvisa di amarla profondamente e di volerla sposare, nonostante il suo

rango nettamente inferiore al proprio. Elizabeth, stupita dalla proposta e scioccata

dalla sua impertinenza, lo rifiuta in malo modo non solo per la modalità con cui

questi ha avanzato la sua richiesta – sottolineando non tanto i motivi per cui

vorrebbe sposarla, quanto tutti i validi princìpi a cui si sta opponendo per farlo –

ma anche per il suo comportamento nei confronti di Wickham e, soprattutto, per

aver impedito il matrimonio tra Jane e Charles, negando così per sempre

all'amatissima sorella la sua felicità. Darcy, a sua volta profondamente turbato

dalla reazione di Elizabeth e dalle motivazioni del suo disprezzo, non cerca in

alcun modo di difendersi da queste accuse e abbandona la canonica, promettendo

di non importunare Elizabeth mai più in futuro. Nonostante questo però, il giorno

seguente la raggiunge nuovamente per consegnarle una lettera, nella quale intende

spiegare le ragioni del suo comportamento. Innanzitutto, presenta le motivazioni

che lo hanno portato a dissuadere l’amico dallo sposare Jane, ossia le sue umili

origini ma soprattutto il fatto che la ragazza non avesse mai di mostrato di provare

particolari sentimenti per Charles. In secondo luogo, Darcy racconta la propria

versione della storia del rapporto con Wickham: suo padre, in punto di morte,

aveva chiesto al figlio di elargire a Wickham una somma sufficiente con cui poter

vivere, ma solo a condizione che il figlio adottivo entrasse nel clero; giunto il

(29)

momento di prendere i voti, però, quest’ultimo si rifiutò, chiedendo comunque a

Darcy un’ingente somma di denaro – che gli fu concessa – e sperperandola in

breve tempo con uno stile di vita tutt’altro che decoroso. Quando Wickham tornò

dal fratellastro per avere altro denaro e ricevette invece un rifiuto, decise quindi di

vendicarsi seducendo la allora adolescente Georgiana, sorella di Darcy, la quale

venne salvata da quest’ultimo giusto in tempo per evitare di perdere il suo onore a

causa di una fuga con Wickham.

Inizialmente, Elizabeth rifiuta di credere alle parole scritte sulla lettera, ma ben

presto ne considera la possibile veridicità quando riflette sullo strano

comportamento di Wickham, al quale capisce di aver sempre creduto senza

remore probabilmente perché accecata dal pregiudizio nei confronti di Darcy e

lusingata dalle attenzioni dell’ufficiale.

Il giorno seguente sia Elizabeth che Jane fanno ritorno a casa, mentre Mrs Bennet,

Lydia e Kitty sono addolorate dalla partenza del reggimento, che lascerà presto

Meryton per spostarsi a Brighton. Il colonnello Forster e la moglie, amici di

famiglia, decidono così di invitare Lydia ad andare con loro, cosa che Elizabeth

non ritiene affatto saggia non solo perché ingiusta nei confronti dell’altra sorella,

ma soprattutto alla luce del carattere frivolo e civettuolo di Lydia. Mr Bennet

però, ignorando i consigli di Elizabeth, accetta di concedere questo viaggio alla

figlia, convinto che questo possa giovarle – e forse anche per non doversi più

sorbire le sue lamentele.

Poco tempo dopo, Elizabeth parte a sua volta per una vacanza con i Gardiner,

la cui prima tappa risulta essere molto vicina a Pemberley, la residenza di Darcy.

Gli zii decidono così di approfittare della coincidenza per fare un tour del

palazzo , a cui Elizabeth accetta di partecipare solo dopo essersi accertata

33

dell’assenza del padrone di casa. In questa occasione però, forse per effetto della

lettera ricevuta, Elizabeth sente non solo di aver mutato i propri sentimenti nei

Era infatti usanza comune, in questo periodo, che le persone appartenenti a classi sociali

33

inferiori facessero visita alle residenze dei grandi signori, accompagnati dalla servitù in un vero e proprio tour guidato delle sale interne e dei giardini circostanti la dimora.

(30)

confronti di Darcy, ma anche che una vita trascorsa in mezzo a tanto splendore

potrebbe davvero fare al caso suo, cosa che prima non aveva mai nemmeno preso

in considerazione.

Durante la passeggiata nell’enorme parco all’esterno della dimora, il gruppo si

imbatte proprio in Darcy, rientrato prima dal viaggio che avrebbe dovuto vederlo

impegnato almeno fino al giorno seguente. Questi si dimostra estremamente

cordiale sia nei confronti di Elizabeth che in quelli dei Gardiner, e insiste per

presentare loro Georgiana non appena la sorella farà ritorno a Pemberley. Così, il

giorno seguente Darcy e Georgiana ricambiano la loro visita ai Gardiner recandosi

alla locanda in cui stanno alloggiando e vengono presto raggiunti anche da Mr

Bingley, il quale evidentemente non ha mai smesso di pensare a Jane nonostante

la lontananza che per tanto tempo li ha separati.

Una mattina, Elizabeth riceve una lettera proprio dalla sorella in cui si avverte

della recente fuga di Lydia con Wickham, il quale secondo la famiglia non ha la

benché minima intenzione di sposarla ma solo quella di privarla della sua virtù.

Non appena Elizabeth finisce di leggere la terribile notizia, Darcy arriva alla

locanda sorprendendola in un momento di autentica disperazione, motivo per cui

si trova costretta a spiegargli quello che è appena successo. Elizabeth e i Gardiner

decidono quindi di tornare a Longbourn immediatamente, trovando qui la casa in

fermento e una Mrs Bennet in piena crisi isterica. Il giorno seguente Mr Gardiner

parte per Londra per dare manforte a Mr Bennet, che si è già recato nella grande

città alla ricerca della figlia, anche se questi in seguito a un periodo di ricerca

infruttuosa decide di tornare a casa lasciando tutto nelle mani di Mr Gardiner.

Molto presto, la famiglia riceve una lettera in cui quest’ultimo avverte del

ritrovamento della coppia in fuga e del fatto che Wickham ha accettato di sposare

Lydia, a patto che i Bennet provvedano alla cessione di una ridicola somma di

denaro. Considerando la mole dei debiti dell’ufficiale, Mr Bennet ritiene

improbabile che questi possa essersi davvero accontentato di una così misera dote,

(31)

concludendo che Mr Gardiner abbia pagato i debiti al fine di concludere l’accordo

matrimoniale.

La cerimonia va a buon fine, e qualche tempo dopo Wickham e Lydia fanno visita

a Longbourn senza mostrare il minimo rimorso per la propria riprovevole

condotta. Durante la cena, però, Lydia si lascia scappare un’importante

informazione che Darcy le aveva fatto promettere di tenere segreta, ossia il fatto

che anche lui fosse stato presente al matrimonio. Insospettita da questo strano

fatto, Elizabeth scrive una lettera a Mrs Gardiner per avere maggiori informazioni

sull’accaduto, così la zia le conferma non solo la veridicità di ciò che Lydia ha

confessato, ma anche che in realtà è stato lo stesso Darcy a trovare la coppia in

fuga, e sempre lui a saldare tutti i debiti di Wickham, segretezza che Mrs Gardiner

attribuisce ai forti sentimenti che tuttora Darcy nutre nei confronti di Elizabeth.

In seguito a questo

episodio, Darcy e Bingley

fanno ritorno a Netherfield

Park frequentando molto

spesso anche Longbourn, e

dopo diversi giorni Charles

si decide a chiedere la

mano di Jane, la quale

accetta senza ripensamenti

ciò che finalmente rappresenta il realizzarsi di tutti i propri desideri. Ma a

raggelare la felice atmosfera che regna in casa Bennet, mentre Darcy è fuori città

per un breve viaggio, pensa Lady Catherine la quale, nel bel mezzo della notte,

irrompe a Longbourn accusando Elizabeth di aver accettato una proposta di

matrimonio dal nipote di cui circolano alcune voci. Alla vaga negazione della

ragazza, Lady Catherine insiste per farle promettere che un tale fatto non avverrà

mai ma Elizabeth, furiosa per tutte le offese ricevute dalla nobildonna sia nei suoi

(32)

diretti confronti che in quelli della sua famiglia, si rifiuta di promettere una cosa

simile e la costringe a lasciare la casa tra le velate minacce.

Di ritorno dal proprio viaggio, Darcy apprende la notizia di quanto accaduto la

notte precedente e si reca a Longbourn per scusarsi dell’inconveniente e rinnovare

la proposta a Elizabeth, rivelando che i sentimenti che nutre per lei non sono mai

mutati nonostante tutto. Allo stesso tempo, Elizabeth confessa invece che i suoi, di

sentimenti, sono cambiati radicalmente e che sarebbe felicissima di accettare la

sua proposta. Posti di fronte alla realtà, i due riflettono su come le cose possano

cambiare con il tempo e, soprattutto, grazie alla consapevolezza dei propri errori.

Darcy, da parte sua, ha capito quanto sia stato sbagliato agire facendosi guidare

dal proprio orgoglio, mettendo al primo posto la differenza di classe, mentre

Elizabeth ammette di aver avuto, fin dal primo istante, dei pregiudizi che le hanno

impedito di vedere chi avesse veramente davanti a sé, facendosi accecare talvolta

dalla propria vanità.

Il romanzo si conclude quindi con due matrimoni e il trasferimento di Elizabeth

nella residenza di Pemberley, vicino alla quale si trasferiranno anche Jane e

Charles. Il matrimonio di Lydia e Wickham va invece a rotoli, così la ragazza

torna a essere dipendente dalla famiglia pur trovandosi fuori casa, mentre Kitty

trascorre la maggior parte del tempo con le sorelle maggiori, migliorando

notevolmente la propria educazione e il carattere. Mary rimane invece a

Longbourn, facendo compagnia al padre e ad una Mrs Bennet profondamente

felice che le figlie maggiori abbiano concluso matrimoni così vantaggiosi.

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