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CAPITOLO III Come? Progetto di allestimento III.1 Linee guida

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CAPITOLO III Come?

Progetto di allestimento III.1 Linee guida

Le linee guida della restituzione museale proposta in questa sede sono state in parte accennate nei capitoli precedenti, poiché discendono strettamente dai contenuti e dagli obiettivi che ci si prefigge di raggiungere, ai quali l’allestimento è funzionale.

Punto di forza dell’esposizione è la ricostruzione del contesto di appartenenza dei reperti esposti, che occorre rendere di nuovo vivo e vitale agli occhi degli spettatori; nell’impossibilità di procedere alla musealizzazione in situ delle evidenze emerse, infatti, l’allestimento è particolarmente attento alla trasposizione del contesto fisico al quale correlare gli oggetti esposti, sia tramite l’esposizione di stratigrafie di scavo sia attraverso la ricostruzione delle strutture e dell’articolazione spaziale delle officine di lavorazione delle leghe di rame, del vetro e del ferro. Tale trasposizione, che risponde allo scopo di sottrarsi all’eccessiva fiducia nella capacità dei reperti - peraltro nel nostro caso scarsamente “loquaci” - di trasmettere con immediatezza il proprio potenziale informativo, si pone inoltre come supporto alla migliore comprensione delle attività artigianali e contestuale esempio delle modalità operative ed interpretative dell’archeologia, in linea con la scelta di dar risalto a quest’ultima attraverso il continuo raffronto fra il dato materiale grezzo e le conoscenze che da esso si possono trarre.

L’esposizione progettata non si sviluppa dunque attorno ad un nucleo di materiali, ma è concepita nell’intento di immergere il visitatore in una realtà rivissuta e ricostruita, attraverso l’impiego di differenti strumenti di comunicazione e demandando per quanto possibile la trasmissione del messaggio a supporti non testuali, che contribuiscano, inoltre, a rendere più vario e stimolante il percorso di visita e più interessanti i manufatti esposti, di per sé abbastanza ordinari, se non si conferisce loro il giusto valore di testimonianza di vita. L’intento è dunque quello di offrire la restituzione di un contesto produttivo artigianale, ricostruito attraverso un allestimento che impieghi ogni possibile strumento per calare il visitatore al suo interno e per fargli comprendere le tecniche di produzione utilizzate per la realizzazione di manufatti per lo più di uso comune.

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Nel panorama degli allestimenti museali attuali gli esempi che possano servire da termine di confronto e fonte di ispirazione sono molto ridotti; tra questi - fatte naturalmente le debite proporzioni - il Musée de la Civilisation Celtique di Bibracte (Saint-Lèger-sous-Beuvray, Borgogna, Francia)1, nel quale si realizza una nuova e moderna espressione di musealizzazione - la living archaeology -, rappresenta il modello più vicino al tipo di esposizione proposto in questa sede. Il museo, inaugurato nel 1996 presso il sito archeologico dell’oppidum gallico sul Mont Beuvray, capitale degli Edui fra il II ed il I secolo a.C., è il punto di partenza per i percorsi tematici che si snodano sull’altura alle sue spalle e contestuale chiave di lettura per la comprensione del territorio e della sua storia. L’esposizione è articolata su due piani, dedicati l’uno alla scoperta della città fortificata ed alla sua contestualizzazione nel quadro più ampio della cultura celtica europea, l’altro alla visita virtuale della Bibracte del I secolo a.C., attraverso una successione di tappe che riproducono il percorso nella città antica. Qui, oltre all’esposizione in vetrine di oggetti d’uso comune, entro alcune nicchie sono state realizzate delle ricostruzioni di ambienti domestici ed artigianali, fra i quali spicca la messa in scena dell’attività lavorativa all’interno di una bottega di bronzisti; tali ricostruzioni, ricche di minuti dettagli, sono animate da manichini in abiti dell’epoca che, nel caso dell’officina metallurgica, mostrano alcune fasi della produzione. L’offerta museale comprende inoltre laboratori didattici nei quali i visitatori sono coinvolti in attività di archeologia sperimentale, come la forgiatura di una moneta antica, mentre in occasione di alcune giornate particolari figuranti in costume fanno rivivere momenti di vita quotidiana dell’oppidum.

Per quanto riguarda il panorama italiano la nostra esposizione guarda come modello al Museo Nazionale della Crypta Balbi2 a Roma, sia per quanto attiene a quella parte del percorso che ripercorre in senso diacronico l’evoluzione dell’isolato nel quale sorge il museo, alla quale in scala fortemente ridotta può essere accostata la restituzione presentata in questa sede, sia soprattutto per le soluzioni espositive adottate. Queste si caratterizzano infatti per la volontà di sottolineare alcuni degli aspetti fondamentali dell’indagine archeologica, ravvisabile nell’attenzione posta nei confronti sia dei contesti di rinvenimento, mostrati nell’esposizione così come si sono presentati agli occhi dei ricercatori, sia del dato materiale, riguardo al quale è evidente lo sforzo di far comprendere al visitatore come anche l’oggetto più povero e di uso comune possa

1 ACCARDI 2005. 2

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trasmettere preziose informazioni, se correttamente letto ed interpretato. Per fare ciò l’esposizione si avvale di pannelli nei quali il messaggio è veicolato tramite una molteplicità di fonti, rappresentate non solo da testi scritti, ma anche da foto, disegni e ricostruzioni; essi spesso integrano anche le vetrine, fornendo contestualmente il supporto per le didascalie relative ai reperti esposti.

Se dunque il Museo Nazionale della Crypta Balbi costituisce il modello di riferimento per le scelte sottese all’esposizione e per la loro traduzione nell’allestimento, quello francese della Civiltà Celtica offre spunti per quanto attiene alle ricostruzioni e soprattutto alle attività che completano l’offerta museale, che possono essere riproposte anche nel nostro caso, affiancando all’esposizione laboratori di archeologia sperimentale od eventi particolari nei quali artigiani locali facciano rivivere le modalità produttive di epoca medievale. La restituzione museale presentata in questa sede, tuttavia, compie un passo ulteriore rispetto agli esempi citati, poiché l’allestimento è concepito in modo tale da suscitare l’impressione di entrare fisicamente all’interno di un quartiere medievale e delle botteghe che vi operavano ed in tale ottica le ricostruzioni non sono proposte come rievocazioni da guardare a distanza, collocate in spazi ritagliati all’interno di un percorso nel quale esse rappresentano solo uno dei possibili supporti informativi tramite i quali veicolare il messaggio. Esse, invece, costituiscono il fulcro dell’esposizione ed il visitatore, percorrendone gli spazi, è invitato ad entrare a far parte dell’allestimento senza che nessuna barriera lo separi dalle sue componenti, se non dai reperti esposti, che rappresentano tuttavia l’elemento minoritario, quasi pretestuoso, dell’intero progetto.

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III.2 Il percorso

Il percorso espositivo (fig. 7, tavv. I-VI) si snoda attraverso una parte introduttiva, alla quale è affidato il compito di collocare l’area degli ex laboratori Gentili all’interno del quadro dello sviluppo di Chinzica e di tratteggiarne sommariamente l’evoluzione fino ai giorni nostri tramite un pannello nel quale sono esposte anche alcune ceramiche significative, e due nuclei tematici incentrati sulla lavorazione dei metalli e su quella del vetro, il palinsesto narrativo dei quali è offerto dalle fasi che scandiscono i diversi cicli produttivi, secondo gli schemi sotto riportati (figg. 8-10).

I due nuclei tematici sono pensati per essere posti in altrettanti spazi, artificialmente separati mediante tramezzi, all’interno di ciascuno dei quali le strutture - ricostruite o qui trasferite - ed i reperti associati a ciascuna fase dei processi produttivi sono distribuiti in modo tale da suggerire la reale articolazione spaziale e funzionale delle aree di lavoro durante l’attività, al fine di dare al visitatore l’impressione di entrare fisicamente nell’officina del bronzo ed in quella del vetro che, come gli scavi hanno messo in luce, occupavano due zone contigue lungo il fronte di via A. Mario, separate dall’asse viario secondario posto in corrispondenza dell’ideale prosecuzione del tracciato dell’odierno vicolo delle Conce3.

Tale distribuzione degli ambienti consente anche di riproporre la topografia dell’area, facendo sì che il visitatore nella parte introduttiva idealmente percorra l’asse stradale corrispondente all’odierna via A. Mario, per poi svoltare nello stretto chiasso che separava le aree di lavorazione, corrispondente ad uno spazio architettonico di raccordo fra i due nuclei tematici destinato ad accogliere altri supporti informativi, ed infine essere introdotto da un lato nell’officina di lavorazione dei metalli, dall’altro in quella vetraria; da queste il percorso ritorna indietro nel chiasso e conduce il visitatore nell’ultimo breve tratto di visita, verso l’uscita.

3 L’officina vetraria è situata, infatti, negli ambienti ad est della bottega del bronzo, come hanno messo in

luce le indagini più recenti effettuate nell’area. Il forno fusorio pertinente alla fase più antica era invece posto a sud ed è stato obliterato dalla costruzione degli edifici sullo scorcio del XII secolo; v. cap. II.2, pp. 12 ss.

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fig. 8 - visualizzazione schematica del ciclo produttivo del bronzo che correla ad ogni fase le strutture rinvenute ed i reperti ad essa pertinenti

crogioli

rottami di bronzo fusione

fasi del processo produttivo (bronzo) strutture reperti superficie termotrasformata (bassofuoco) colatura stampi crogiolo superficie con alloggiamento crogiolo e tracce di bronzo pietra pomice rifinitura pinze semilavorati malfatti stampi (in frammenti) base in laterizi di bancone e sgabello superficie con tracce limatura ed oggetti semilavorati o scartati tuyères corna residui bronzei di colatura scarti vendita base di bancone e affaccio su A. Mario alloggiamento cassa lignea oggetti finiti forno per ceramica

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fig. 9 - visualizzazione schematica del ciclo produttivo del vetro che correla ad ogni fase le strutture rinvenute ed i reperti ad essa pertinenti

crogioli fritta

fusione

fasi del processo produttivo (vetro) strutture reperti lavorazione del fuso colletti prove di fluidità (gocce, aggregati di gocce, colaticci ritagli rifinitura pinzature filamenti riccioli masse vitree (pani, schegge, nuclei) rottami di vetro vendita base di bancone e affaccio su A. Mario alloggiamento cassa lignea oggetti finiti forno da fusione malfatti modellazione fritta pani di vetro calcinazione (?) crogioli (?) fritta (?)

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fig. 10 - visualizzazione schematica del ciclo produttivo del ferro che correla ad ogni fase le strutture rinvenute ed i reperti ad essa pertinenti

Nell’ambiente espositivo dedicato alla lavorazione delle leghe metalliche, il percorso interno (figg. 11-12) traccia i differenti momenti del ciclo produttivo del bronzo, prendendo avvio dalla parete opposta al lato d’ingresso. Su questa è collocato un supporto informativo/espositore di grandi dimensioni, funzionale a catturare l’attenzione del visitatore, che illustra le fasi di fusione, colatura, rifinitura e vendita, tramite l’ausilio dei reperti ad esse correlati, esposti in una vetrina incassata nel supporto stesso, e di foto di scavo. Le strutture pertinenti a tali fasi sono ricostruite nella porzione destra dell’ambiente rispetto al supporto informativo centrale, unitamente ad alcune figure colte nell’atto di svolgere le differenti operazioni di lavorazione ed alla ricostruzione di alcuni degli utensili ad esse necessari. Un pannello/espositore, posto in prossimità della ricostruzione del bancone destinato alla vendita e dell’affaccio su via A. Mario, illustra più nel dettaglio i tipi di manufatti finiti (tav. XIII, a), il loro uso ed i loro destinatari (tav. XIII, b), accennando

ematite

riduzione minerale

fasi del processo produttivo (ferro) strutture reperti forgiatura forno tuyères ossidi di ferro fuoco di forgia basamento per incudine tuyères

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inoltre alla questione riguardante i rapporti fra fabbri e mastri vetrai ed all’ipotesi che anche i prodotti di questi ultimi fossero venduti all’interno della bottega dei bronzisti.

Nella porzione sinistra dell’ambiente rispetto al pannello centrale, la ricostruzione dell’area di forgia salda idealmente il tratto del percorso incentrato sul bronzo a quello dedicato al ferro, illustrato dalla ricostruzione di parte del forno di riduzione dell’ematite e da un pannello/vetrina su tale attività. L’ultima parte del percorso mostra la produzione degli stampi fittili con l’esposizione della buca piena di corna di caprovini (tav. XII, a) qui riproposta e con il forno per la cottura dei fittili (tav. XII, b), accompagnati da un supporto informativo/espositore che illustra il tipo particolare di stampi impiegato ed i rapporti fra le attività dei fabbri e quelle dei conciatori (tav. XI).

Al termine del percorso, in prossimità dell’uscita verso il corridoio di raccordo, è collocato un video che mostra la lavorazione dei metalli, ricostruita attraverso le tecniche dell’archeologia sperimentale.

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fig. 12 - indicazione della disposizione delle strutture, delle ricostruzioni e dei supporti informativi ed espositivi all’interno della dedicata alla lavorazione dei metalli

Il percorso espositivo dedicato alla lavorazione del vetro (fig. 13) risulta meno articolato del precedente, poiché le attestazioni archeologiche, per quanto di grande rilevanza scientifica, sono più rarefatte rispetto alla mole dei materiali attinenti alla produzione di manufatti bronzei. L’ambiente è dominato dalla ricostruzione del forno fusorio, in parte aperto al fine di mostrarne la struttura interna ed in particolare il piano di alloggiamento dei crogioli contenenti la fritta ed i rottami di vetro per la fusione; accanto a questo è collocata una figura riproducente un vetraio nell’atto di estrarre con la canna da soffio il bolo dal crogiolo. L’illustrazione delle fasi del ciclo produttivo è affidata ad un pannello/espositore, la cui struttura riprende quella del supporto centrale dell’ambiente adiacente: al suo interno le fasi di lavorazione sono presentate con l’ausilio dei reperti ad esse correlati (tavv. XVII-XVIII), esposti in una vetrina incassata nel supporto stesso, all’interno della quale sono collocati anche i prodotti finiti (tav. XVI), mostrati tramite alcuni accorgimenti che consentano di comprenderne le forme partendo dai frammenti

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rinvenuti in corso di scavo4. Una carta geografica del bacino mediterraneo visualizza le direttrici commerciali che nel periodo tra XII e XV secolo vedevano Pisa al centro di importanti scambi, mentre un video che illustra la lavorazione del vetro, ricostruita attraverso le tecniche dell’archeologia sperimentale, è posto in prossimità dell’uscita verso il corridoio di raccordo.

In quest’ultimo sul pavimento è riprodotta una parte dello scavo del chiasso che mostra le condizioni di rinvenimento di buona parte dei reperti esposti negli ambienti precedenti, qui accumulatisi durante le operazioni di ripulitura delle officine, unitamente ai resti dei pasti degli artigiani. Sulla parete adiacente ad essa la raffigurazione di una persona intenta a gettare tali rifiuti, accompagnata da un breve testo, contribuisce a mostrare la fase ultima del ciclo produttivo - l’eliminazione degli scarti - accompagnando il visitatore verso l’uscita dall’esposizione.

fig. 13 - schema del percorso all’interno della sala dedicata alla lavorazione del vetro con l’indicazione della disposizione della ricostruzione e dei supporti informativi ed espositivi

In assenza di un contenitore reale nel quale collocare la restituzione museale proposta, il percorso sopra descritto è stato concepito in modo tale che la divisione fra i diversi ambienti possa essere realizzata sia sfruttando i muri perimetrali di un ipotetico spazio

4 Ad esempio tramite il disegno della forma (o la fotografia, se è possibile reperire esemplari integri da altri

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espositivo sia impiegando pannelli di diverse altezze. In particolare il corridoio centrale sul quale sono affacciate le due officine è delimitato da tramezzi di altezza ridotta, che suggeriscano la presenza dei muri perimetrali degli ambienti, anche tramite l’applicazione di textures che riproducano il tessuto murario, così da offrire la visuale completa sugli spazi espositivi adiacenti e consentire al visitatore di scegliere come prima tappa quello fra i due che stimola maggiormente la sua curiosità. Parimenti all’interno dell’officina di lavorazione dei metalli l’area di produzione del bronzo e la forgia sono separate dalla zona dedicata alla riduzione dell’ematite ed al forno per gli stampi da un basso tramezzo5 che indica come i due comparti fossero divisi da un muro, mentre le restanti pareti sono ad altezza piena (figg. 14-15).

fig. 14 - assonometria dello spazio espositivo che evidenzia l’altezza delle pareti divisorie fra gli ambienti (disegno di F. Carrera)

5 Tra la ricostruzione dell’incudine e quella del forno di riduzione del minerale la presenza del muro è

indicata dalla raffigurazione sul pavimento del suo volume di occupazione, così da non interrompere il percorso e consentire la collocazione fra le due strutture del pannello/espositore relativo ad entrambe.

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fig. 15 - assonometria dello spazio espositivo che evidenzia l’altezza delle pareti divisorie fra gli ambienti (disegno di F. Carrera)

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III.3 Pannelli, vetrine, ricostruzioni e supporti per l’esposizione

La prima parte del percorso, come detto, è ambientata in uno spazio che simula il tracciato viario medievale sul quale erano affacciate le botteghe indagate; in tale spazio la parete a sinistra dell’ingresso accoglie un pannello/espositore di grande ampiezza (tavv. VII-VIII) che ha la funzione di introdurre il contesto esposto: un breve testo (tav. VII, 1)6, accompagnato da una foto aerea o da una pianta della città che individua la posizione della zona scavata nell’attuale tessuto urbano (tav. VII, 2), accenna sinteticamente al contenuto della restituzione museale, illustrando l’origine delle indagini così da sottolineare l’importanza delle azioni di tutela esercitate dalle Soprintendenze per la conservazione del patrimonio culturale. La contestualizzazione storica dell’oggetto dell’esposizione sia nel quadro dello sviluppo di Chinzica nella prima età medievale sia in quello dell’evoluzione dell’area degli ex laboratori Gentili è affidata invece esclusivamente a supporti iconografici inseriti in due sequenze, disposte lungo una linea temporale, che vanno a sovrapporsi nel momento in cui l’espansione dell’insediamento dell’Oltrarno giunge a toccare l’isolato tra le vie Sant’Antonio, A. Mario e G. Mazzini ed inizia la storia raccontata dalla nostra mostra. Nella prima sequenza (tav. VII, 3) alcune ricostruzioni di Chinzica mettono in evidenza le principali tappe dell’incremento dell’abitato, rappresentate soprattutto dalle prime attestazioni documentarie di edifici sacri - poli di aggregazione per eccellenza - fino all’occupazione della parte occidentale dell’Oltrarno, segnata dalla riperimetrazione delle mura cittadine e dalla costruzione del nuovo ponte sul fiume7. Al di sopra di queste si snoda la sequenza dedicata all’area degli ex laboratori Gentili (tav. VII, 4), rappresentata da una restituzione grafica del fronte degli edifici lungo via A. Mario, sulla quale senza soluzione di continuità sono mostrate le modificazioni che

6 Le tavole esemplificative dei modelli di pannelli sono limitate al pannello introduttivo, a quello

sull’officina del bronzo ed a quello degli stampi, poiché costituiscono gli esempi dei tre moduli impiegati nell’allestimento.

7 Tale sviluppo, sul quale v. infra cap. I.3, può essere sintetizzato in quattro fasi, corrispondenti ai secoli X

(attestazioni di Santa Cristina, San Salvatore in Porta Aurea e del collegamento fluviale qui esistente), XI (configurarsi della Carraia Maggiore quale polo di aggregazione dell’insediamento ed attestazione delle chiese di San Paolo a Ripa d’Arno, San Cristoforo, San Martino, Santi Andrea e Vincenzo), prima metà del XII (espansione dell’abitato verso ovest ed attestazione delle chiese di San Sebastiano, San Lorenzo, San Sepolcro, San Cassiano e Santa Maria Maddalena), seconda metà del XII secolo (consolidarsi dell’espansione nella porzione occidentale dell’abitato con la costruzione del Ponte Nuovo e delle mura di Cocco Griffi, attestazione delle chiese di Sant’Egidio e Santi Cosimo e Damiano).

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essi subiscono a partire dalla fase antecedente la loro costruzione, quando nella zona era presente la prima officina vetraria, fino al progetto di riqualificazione ancora in corso8.

Al di sotto delle due sequenze è collocata una vetrina (tav. VII, 5) che espone parte dei numerosissimi reperti ceramici, esemplificativi delle differenti fasi di vita dalla prima occupazione dell’area degli ex laboratori Gentili fino ai contenitori impiegati per le produzioni farmaceutiche del XX secolo. Come sottolineato in precedenza, le ceramiche costituiscono una voce importante dei reperti mobili recuperati dallo scavo sia per quantità sia soprattutto per qualità e rilevanza dei dati scientifici che da esse si inferiscono, ma una loro adeguata esposizione avrebbe richiesto una restituzione museale di maggior respiro rispetto a quella qui proposta, estesa a tutto lo scavo e ad un arco cronologico che superasse lo spartiacque rappresentato dalla presa di Pisa da parte dei Fiorentini. I reperti ceramici sono dunque mostrati in questa sede semplicemente come testimonianza concreta della continuità di vita dell’isolato e sono infatti disposti quasi a mucchi, senza fornire informazioni tipologiche o distinguere fra prodotti locali e di importazione, ma solo seguendo il loro succedersi nei secoli.

Al fine di accentuare l’effetto di immersione nel contesto ricostruito di una porzione di isolato della Chinzica medievale, il pavimento di questo spazio di ingresso è coperto da un rivestimento sul quale è riprodotto un fondo stradale in terra battuta9, che prosegue anche nello spazio del chiasso fra le due officine, mentre sul tramezzo che chiude il corridoio d’ingresso un trompe l’œil simula la prosecuzione della via. La parete opposta al pannello/espositore ricalca invece le partizioni architettoniche del fronte degli edifici così come sono state ricostruite dalle indagini per il periodo di vita delle attività artigianali; in essa è stata praticata un’apertura che riproduce l’affaccio della bottega del bronzo sulla strada, destinato alla vendita dei prodotti. In corrispondenza di questa, protetta da una tettoia ed indicata da un’insegna, si trova la ricostruzione del bancone ligneo davanti al

8 Le tappe messe in evidenza, oltre alla prima attestazione dell’attività di un’officina vetraria, sono

rappresentate dalla costruzione degli edifici, dalla loro riconversione in botteghe, dalla distruzione fiorentina e dai successivi interventi cosimiani, dalla parcellizzazione in epoca postrinascimentale fino all’impianto degli Istituti Farmaceutici Gentili ed alla ristrutturazione in corso.

9 Non si hanno in realtà dati su come fosse realizzato l’asse viario corrispondente a via A. Mario, dove non

sono state effettuati scavi; è noto che tra XIII e XIV secolo alcune vie pisane di grande importanza, come l’attuale Borgo Stretto o Corso Italia, avevano una pavimentazione in laterizi, ma la maggior parte delle strade doveva essere in terra battuta; cfr. ALBERTI -BALDASSARRI 2004, BALDASSARRI -MILANESE 2004 ed il contributo in corso di stampa sul Notiziario della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Toscana ad opera della scrivente e di S. Ducci, F. Carrera, M. Bonaiuto.

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quale, dal lato dell’officina, una figura10 è rappresentata nell’atto di mostrare alcuni degli oggetti in vendita sparsi sul bancone ad un ipotetico acquirente, il visitatore stesso, che fermandosi in questo punto ha inoltre la possibilità di gettare un primo sguardo all’interno dell’ambiente espositivo.

Svoltando nel corridoio che divide la bottega di lavorazione dei metalli da quella del vetro il visitatore percorre il tratto iniziale del chiasso che separava i due ambienti, anch’esso realizzato con alcuni accorgimenti che accentuino la sensazione di essere calati nella realtà del tempo (pavimento in terra battuta, bassi tramezzi che simulino i muri perimetrali delle stanze, senza occludere la visuale sugli stessi), e può scegliere quale delle due officine visitare per prima.

Nella bottega di lavorazione dei metalli, come anticipato, il pannello/espositore (tavv. IX-X) collocato sulla parete di fronte all’ingresso costituisce l’inizio del percorso, illustrando le strutture pertinenti ai diversi momenti del ciclo produttivo del bronzo riprodotte nella porzione destra dell’ambiente. Nel pannello due foto di scavo (tav. IX, 1) mostrano il piano di calpestio dell’officina individuato durante le indagini, le cui diverse parti sono collegate tramite frecce ad immagini ricostruttive (tav. IX, 2) degli apprestamenti funzionali corrispondenti; un breve testo (tav. IX, 3) spiega il processo di lavorazione, accompagnandosi ad una vetrina incassata (tav. IX, 4) nella quale sono esposti i reperti rinvenuti (crogioli integri ed in frammenti, tuyères, frammenti di bronzo reimpiegati nella fusione, residui di colatura, strumenti, semilavorati e stampi rotti, tavv. XIV-XV).

Le ricostruzioni delle strutture sono state ideate in modo tale da non necessitare di protezioni: l’impiego di un materiale quale potrebbe essere il polistirolo modellato con fresa numerica, ricoperto di resina indurente e successivamente aerografato, permette infatti di avere riproduzioni che possono essere toccate, una volta assicurate al pavimento. Questa soluzione consente innanzi tutto di eliminare dissuasori o pedane per isolare le ricostruzioni, alterando l’articolazione della bottega ed attenuando l’illusione di essere calati in un reale contesto artigianale, e favorisce una corretta osservazione delle strutture; essa inoltre rende possibile riprodurre direttamente all’interno della cassa lignea e sulla superficie del piano di lavoro e del bancone di vendita oggetti minuti, come strumenti, manufatti da rifinire, stampi e fibbie pronte per essere smerciate, così che non possano

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essere asportati. In tal modo si evitano non solo la necessità di tenere a distanza l’osservatore, ma anche eventuali problemi riguardanti l’incolumità delle persone, per salvaguardare la quale sarebbe stato necessario approntare pedane di un’altezza tale da evitare pericoli di inciampo, ma che avrebbe compromesso la corretta fruizione delle ricostruzioni11.

L’impiego di un pavimento flottante permette di ancorarvi queste ultime, scongiurando i pericoli derivanti dalla loro instabilità, e di sfruttare lo spazio sottostante sia per ospitare i cavi dell’impianto di illuminazione sia soprattutto per posizionare correttamente alcune delle strutture riproposte: in tal modo, infatti, possono essere ricostruite una delle due aree di colatura, che consiste in un foro di alloggiamento per il crogiolo scavato nel piano di calpestio dell’officina, e la buca con le corna di caprovini; quest’ultima, in particolare, può essere ricreata utilizzando i reperti di scavo, posti in un incasso nel pavimento e protetti da una lastra in materiale trasparente calpestabile che ne consenta l’osservazione. La medesima soluzione è utilizzata inoltre per il forno degli stampi i cui resti, asportati tramite una cassaforma in gesso, sono alloggiati nel pavimento, mentre al di sopra una ricostruzione in materiale trasparente ne garantisce la conservazione, riproducendone al contempo uno spaccato che ne faccia comprendere la struttura ed il funzionamento, anche tramite la ricollocazione all’interno della camera di cottura di stampi da cuocere. Come già per lo spazio di ingresso e per il chiasso, anche il pavimento della bottega è coperto da un rivestimento sul quale sono riprodotte le diverse superfici messe in luce durante le indagini sul piano di calpestio dell’area produttiva: i lacerti pavimentali, le parti in sabbia pressata e le zone recanti le tracce di bronzo, come la seconda area di colatura, posta in prossimità del bancone di lavoro, e lo strato di limatura mista ad oggetti semilavorati intorno a quest’ultimo.

Sulle pareti dell’ambiente è raffigurata la muratura in laterizi, ad eccezione di quella di fondo, alle spalle del forno per gli stampi e di quello destinato alla riduzione del materiale, che reca invece un trompe l’œil che simula lo spazio aperto che si estendeva a sud dell’area produttiva.

Come anticipato, all’interno della bottega sono collocate alcune riproduzioni di artigiani impegnati nelle loro attività quotidiane: in piedi presso il bancone affacciato sulla strada

11 Si pensi ad esempio al bancone di lavoro, sul quale sono appoggiati strumenti ed oggetti da rifinire: per

evitare l’asportazione di questi, si sarebbe dovuta progettare una pedana di altezza ed estensione idonea, che tuttavia non avrebbe permesso di vedere gli oggetti riprodotti, poiché il piano di lavoro si sarebbe così trovato fuori dalla visuale del visitatore.

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una figura è intenta a mostrare alcuni degli oggetti in vendita, mentre presso il forno fusorio ed i mantici al centro dell’ambiente una seconda figura è colta nell’atto di colare il bronzo fuso dal crogiolo nello stampo. Queste riproduzioni possono essere realizzate sia a tutto tondo, tramite la tecnica impiegata per le altre ricostruzioni, sia utilizzando semplici sagome che riprendano la silhouette della figura al lavoro, senza dettagli interni; la prima soluzione - per quanto a nostro parere rischi di conferire involontariamente all’esposizione un effetto da “museo delle cere” - risulta tuttavia preferibile, alla luce del fatto che l’impiego di riproduzioni che possono essere toccate potrebbe essere sfruttata in un secondo momento per realizzare un percorso tattile rivolto agli utenti con disabilità fisiche.

I restanti pannelli/espositori previsti dal presente progetto sono modellati sulla falsariga di quello dedicato alle fasi del ciclo produttivo del bronzo, analiticamente descritto in precedenza; per tutti questi supporti, infatti, si prevede di utilizzare una struttura in metallo verniciato che possa essere incassata nei tramezzi che delimitano gli ambienti espositivi, così che la vetrina al loro interno risulti inserita nella parete, minimizzando l’impatto visivo costituito dalla presenza nello spazio della bottega di volumi incongrui ed estranei alla sua ricostruzione. Il contenuto è organizzato privilegiando immagini e fotografie di scavo per veicolare le informazioni, limitando il testo scritto a poche, indispensabili annotazioni e didascalie, apposte direttamente sulla superficie del pannello in prossimità della vetrina, così da favorire lo spostamento dello sguardo dagli oggetti esposti al testo e viceversa.

L’ambiente dedicato alla lavorazione del vetro sfrutta i medesimi accorgimenti allestitivi per accentuare l’effetto di immersione nella realtà ricostruita di una bottega artigiana di epoca medievale. Anche in tale spazio il pavimento e le pareti perimetrali sono coperte da un rivestimento che simula la presenza di muri a filari di mattoni e piano di calpestio in sabbia pressata, mentre lo spazio espositivo è dominato dalla ricostruzione del forno fusorio, in parte aperto così da mostrare sul ripiano interno i crogioli contenenti la massa vitrea e la sottostante camera di combustione. Dal momento che quest’ultima era generalmente interrata rispetto al piano di calpestio e presentava ai lati delle rampe inclinate, funzionali al caricamento del combustibile nel canale igneo ed alla sua ripulitura al termine del ciclo di fusione, l’impiego del pavimento flottante risulta anche in questo caso utile ad alloggiare queste ultime al di sotto di una lastra trasparente calpestabile, così

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da permettere al visitatore di circolare liberamente intorno alla ricostruzione. Accanto a questa, dal lato opposto del forno rispetto all’ingresso nell’ambiente, è collocata la figura di un vetraio12 nell’atto di estrarre con la canna da soffio il fuso e procedere alla sua modellazione.

L’apparato illustrativo è ridotto all’essenziale e si compone, sulla parete a sinistra dell’ingresso, di un pannello/espositore sulla lavorazione del vetro, modellato su quello descritto per la lavorazione del bronzo, e su quella di fronte di una carta geografica del bacino del Mediterraneo e dell’Europa, sulla quale sono indicate le rotte commerciali da e per Pisa ed i prodotti e le merci che viaggiavano lungo queste direttrici.

Nella parte terminale del percorso, lungo l’ultimo tratto del chiasso, ancora una volta il pavimento flottante è sfruttato per contenere un elemento dell’esposizione, rappresentato in questo caso dalla riproposizione di uno degli strati scavati all’interno dello stretto asse viario che separava le due aree riproduttive, contenente i residui della loro ripulitura: i reperti originali (scarti, scorie, reperti faunistici, semilavorati in bronzo ed in vetro, elementi della copertura collassata di un forno da vetro) sono qui gettati alla rinfusa e coperti da una lastra trasparente, accanto alla quale una figura nell’atto di scaricare i rifiuti nel vicolo è illustrata da un breve testo apposto sulla parete che spiega l’ultima fase del ciclo produttivo, accompagnando il visitatore all’uscita.

12 Anche per questa, come per la figura in prossimità dell’uscita dall’esposizione, valgono le medesime

Figura

fig. 7 - schema del percorso ricalcato sulla distribuzione delle aree produttive in relazione agli assi viari
fig. 8 - visualizzazione schematica del ciclo produttivo del bronzo che correla ad ogni fase le strutture  rinvenute ed i reperti ad essa pertinenti
fig. 9 - visualizzazione schematica del ciclo produttivo del vetro che correla ad ogni fase le strutture  rinvenute ed i reperti ad essa pertinenti
fig. 10 - visualizzazione schematica del ciclo produttivo del ferro che correla ad ogni fase le strutture  rinvenute ed i reperti ad essa pertinenti
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