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Capitolo 4 Una versione migliorata del dispositivo portatile per l’esecuzione di prove sui materiali da costruzione: la PTM versione 2.0

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Capitolo 4

Una versione migliorata del dispositivo portatile

per l’esecuzione di prove sui materiali da

costruzione: la PTM versione 2.0

Presentazione del nuovo modello realizzato e descrizione di tutte le modifiche apportate rispetto alla versione PTM 1.0.

4.1

Una tappa intermedia: la PTM versione 1.1

4.1.1 Considerazioni generali

In seguito alla campagna di validazione eseguita sul PTM 1.0, incoraggiati anche dai risultati ottenuti, si è cercato di sviluppare un nuova versione del prototipo che riprendesse e migliorasse quello descritto nei capitoli precedenti. Nelle sue linee fondamentali, lo schema del dispositivo è rimasto pressoché invariato, anche se sono stati aumentati gli spessori delle varie parti per aumentare la rigidezza complessiva e diminuire le deformazioni sotto carico. La differenza sostanziale in termini di prestazioni tra la vecchia e la nuova versione sta nella possibilità di effettuare prove di compressione standard su provini cilindrici. La dimensione massima dei provini, anche se non arriva a coincidere con quella prevista dalla normativa vigente (si possono sottoporre a prova cilindri aventi dimensioni che sono ridotte del 10 % rispetto a quelle nominali standardizzate descritte nella norma UNI EN 12390 – 1 “Prova sul

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può essere comunque ritenuta significativa ai fini della determinazione delle resistenze meccaniche dei materiali.

La progettazione di tale dispositivo ha mirato quindi al raggiungimento dei seguenti obiettivi: - effettuare prove di compressione su elementi cilindrici di calcestruzzo di classe 25/30

e 28/35 di diametro pari ad 8 e 10 cm a seconda della classe di cls da testare;

- trovare il materiale più adatto alla realizzazione di tale dispositivo, in modo da ottimizzarne le dimensioni in funzione dei livelli di tensione delle varie parti;

- riuscire a mantenere il peso del nuovo prototipo simile a quello della versione precedente, (peso del martinetto escluso, dato che in questo modello il martinetto non sarà saldato alla struttura ma semplicemente inserito al momento della prova).

Tale prototipo sarà in grado di effettuare, in affinità al PTM 1.0, i seguenti tipi di prove: - provedi flessione in cui lo schema di carico è quello di trave su due appoggi, distanti

30 centimetri, caricata da due carichi concentrati applicati ad un terzo e due terzi della luce libera;

- prove di flessione in cui lo schema di carico è quello di trave su due appoggi, distanti 20 o 10 centimetri, caricata da un carico concentrato in mezzeria;

- prove di indentazione su provini prismatici a base quadrata di 3 o 4 centimetri;

- prove di compressione su cilindri/cubi di calcestruzzo di diametro/lato pari ad 8/10 cm.

Riportiamo nel seguito una serie di figure che illustrano le tre configurazioni assumibili dalla PTM 1.1 a seconda del tipo di prova con i disegni geometrici e le relative quote (in mm) in modo tale da definire le dimensioni dell’ingombro volumetrico del prototipo.

Essendo l’intero telaio, ad eccezione della piastra di base che è interamente saldata, componibile, si è scelto di dare una numerazione progressiva alle parti che lo compongono; tale numerazione è riportata nella Figura 4.6, che comprende una vista esplosa delle parti; i disegni delle varie parti e delle configurazioni sono consultabili nell’APPENDICE A1.

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Figura 4.1 – Configurazione per compressione e indentazione

Figura 4.2 – Configurazione per flessione malta e laterizio

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Figura 4.6 – PTM 1.1, vista esplosa e numerazione delle parti

Per quanto riguarda il dimensionamento preliminare, effettuato adottando schemi statici semplificati (ad esempio, a trave), la scelta del materiale e gli accessori previsti per l’esecuzione delle prove, si rimanda al paragrafo §4.2.

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4.1.2 Considerazioni conclusive

Una volta terminata la progettazione del PTM 1.1, si è cercato di metterne in luce pregi e difetti, in modo da poterlo modificare per migliorarne ulteriormente le prestazioni. Si è scelto quindi di non fermarci al modello descritto fin qui, ma di modificarlo in base alle seguenti considerazioni:

- migliorarne la trasportabilità, visto e considerato che la base e la parte 2 (Appendice A0) sono saldate tra loro e quindi creano un ingombro di 25x15x50 cm circa, difficile da spostare per un operatore: si è cercato quindi di trovare una soluzione alternativa che non modificasse radicalmente la geometria della PTM ma che permettesse comunque un trasporto sufficientemente agevole;

- aumentare la rigidezza della struttura inserendo un nuovo sistema di aste, in modo tale da rendere il sistema iperstatico e far si che i carichi applicati non vengano assorbiti solo dalle aste laterali (parte 5); tale doppio sistema di aste permette inoltre di migliorare il parallelismo tra i piani di appoggio del provino, condizione necessaria per il corretto svolgimento delle prove;

- aumentare la rigidezza della base, creando un secondo sistema di irrigidimenti, ortogonali a quelli già presenti, per il piano di flessione in cui non sono previsti (Figura 4.6), in modo tale da garantire per tutti e due i piani di flessione lo stesso ordine di grandezza di resistenza.

4.2

La PTM versione 2.0

4.2.1 Considerazioni generali: forma ,dimensioni,montaggio, materiale e

accessori principali

Durante lo sviluppo concettuale e la modellazione della versione 1.1 del PTM descritta nel paragrafo §4.1 si è reso necessario apportare modifiche ulteriori che permettessero il perfetto funzionamento e garantissero la corretta esecuzione delle prove. Tali modifiche, non sono andate sostanzialmente a cambiare l’anima della macchina, ma ne hanno modificato, oltre

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all’aspetto, la componibilità e la trasportabilità, due aspetti fondamentali. Tali modifiche hanno portato alla realizzazione in officina della PTM 2.0.

Riportiamo nel seguito una serie di foto e figure riguardanti i disegni geometrici e le relative quote (in mm) in modo tale da illustrare la geometria, le dimensioni e l’ingombro del prototipo.

Essendo l’intero telaio, ad eccezione della piastra di base che è interamente saldata, componibile, si è scelto di dare una numerazione progressiva alle parti che lo compongono; tale numerazione è riportata nella Figura 4.10-4.11, che comprendono una vista esplosa delle parti; i disegni delle varie parti e delle configurazioni sono consultabili nell’APPENDICE A2.

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Figura 4.10 – PTM 2.0, vista esplosa e numerazione delle parti (configurazione per compressione)

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Figura 4.11 – PTM 2.0, vista esplosa e numerazione delle parti (configurazione per flessioni)

4.2.1.1 Le fasi di montaggio

Allo scopo di chiarire dal punto di vista pratico il funzionamento della PTM, nel seguito sono riportate una serie di figure che ne mostrano la corretta sequenza di montaggio/smontaggio. Queste figure fanno riferimento alla sola configurazione di compressione, per le altre due configurazioni vale una sequenza del tutto analoga (ma che utilizza parti di forma leggermente diversa). La possibilità di smontare la PTM ne consente un agevole trasporto. La

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sequenza di montaggio, come mostrano le figure seguenti, non presenta particolari complicazioni e può essere eseguita anche da personale non altamente qualificato, dotato di comuni chiavi per il serraggio dei bulloni, facilmente reperibili.

Figura 4.12 – Montaggio PTM 1.2, passo 1: posizionamento della base

Figura 4.13 – Montaggio PTM 2.0, passo 2 : inserimento dei perni inferiori

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Figura 4.15 – Montaggio PTM 2.0, passo 4 : inserimento delle aste laterali (parte 5)

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Figura 4.17 – Montaggio PTM 2.0, passo 6 : inserimento della parte 2B e serraggio dei bulloni

Figura 4.18 – Montaggio PTM 2.0, passo 7 : inserimento della piastra di contrasto (parte 15)

4.2.1.2 Scelta del materiale

Il prototipo PTM 1.0 è stato costruito con un semplice acciaio da carpenteria metallica, usato nelle opere di ingegneria civile, di classe S275; è quindi evidente che tale tipo di acciaio non trova impiego nella realizzazione di macchinari, visti i bassi valori di snervamento e rottura che possiede.

Il materiale più utilizzato per questo tipo di progettazione è l’acciaio da bonifica (acciaio che subisce il trattamento di tempra e successivamente il rinvenimento a circa 600°).

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In genere gli acciai da bonifica sono impiegati per la costruzione di organi meccanici sottoposti a carichi statici e dinamici; essi trovano largo impiego nelle industrie meccaniche, per alberi di qualsiasi tipo, semiassi, aste, bielle, organi di collegamento, leve, steli per magli, colonne presse. I tipi al carbonio possono essere forniti sia allo stato naturale di laminazione che normalizzato, mentre i tipi legati sono forniti normalmente allo stato ricotto. Tutti gli acciai di questo gruppo possono anche essere forniti allo stato bonificato per determinati impieghi. La grande varietà d'impieghi, di dimensioni e di forma degli organi meccanici a cui gli acciai da bonifica sono destinati, impone una scelta oculata dell'acciaio in base alle sollecitazioni cui il particolare sarà sottoposto. E' di fondamentale importanza quindi conoscere le caratteristiche di temprabilità degli acciai per una corretta ottimizzazione delle caratteristiche meccaniche richieste.

I tipi al solo carbonio, di temprabilità estremamente bassa, sono tutt'ora molto richiesti ed apprezzati se impiegati per pezzi di piccole sezioni e quando si possono tollerare le deformazioni derivanti dalla tempra in acqua. Quando si superano determinate dimensioni il trattamento di bonifica non porta, in questi acciai, a sensibili variazioni di caratteristiche rispetto a quello dello stato normalizzato. Passando dai tipi a basso carbonio a quelli a più alto carbonio si ha un notevole aumento di resistenza, accompagnato però da una forte caduta di resilienza; di conseguenza i tipi a più alto valore di carbonio non sono consigliabili per particolari sollecitati da urto, mentre sono adatti dove sia richiesta una maggiore durezza e resistenza all'usura. Di largo impiego sono gli acciai C45 E e C40 che rappresentano un buon compromesso tra le caratteristiche di resistenza e quelle di tenacità. Si è scelto quindi di utilizzare un acciaio C40 dalle seguenti caratteristiche:

Figura 4.19 – Caratteristiche acciaio C40 (IMS acciai) [13]

Si ottiene quindi un notevole incremento delle caratteristiche meccaniche: la tensione di snervamento ad esempio sale da 235 N/mm² a 370 N/mm².

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4.2.1.3 Scelta del martinetto

Oltre alla scelta del materiale, è di fondamentale importanza la scelta del martinetto idraulico che trasmette i carichi, in quanto il dimensionamento delle diverse parti della PTM dipende proprio dalle dimensioni e dalla portata del martinetto. Riportiamo nella tabella seguente i valori della forza di compressione necessaria per portare a rottura i provini cilindrici al variare della classe del calcestruzzo:

classe cls diametro provino (mm)

60 80 100 25/30 70.7 125.7 196.3

28/35 79.2 140.7 219.9

Tabella 4.1 – carico di rottura per provini cilindrici di calcestruzzo (kN) Dove:

ܲ௥௢௧௧ൌగௗ; ݂௖௞ (4.1)

Si è scelto quindi di utilizzare un martinetto prodotto dalla ENERPAC ®,appartenente alla serie RC DUO (cilindri a semplice effetto per impieghi diversificati) dalle seguenti qualità:

- acciaio legato ad alta resistenza per una lunga durata; - progettati per l’uso in tutte le posizioni;

- verniciatura al fuoco per maggiore resistenza alla corrosione; -

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Figura 4.20b – Martinetto, dati tecnici e geometrici

Con questi dati di partenza, in primo luogo è stato disegnato geometricamente il prototipo nelle sue varie configurazioni per trovarne le dimensioni, successivamente sono state predimensionate le varie parti con dei modelli meccanici semplificati.

4.2.1.4 La pompa manuale leggera

In parallelo alla scelta del martinetto descritta al paragrafo precedente, è stato necessario scegliere in quale modo riuscire a mandare in pressione tale martinetto. La soluzione più adatta è stata la scelta di una pompa manuale leggera, della serie “P”, modello P-392, prodotta dalla ENERPAC, che presenta le seguenti qualità:

- leggerezza e compattezza;

- robusto serbatoio in nylon e testa della pompa in alluminio per ottenere la massima protezione contro la corrosione;

Caratteristiche martinetto RC 252: - Portata = 25 t (232 KN)

- Area effettiva cilindro = 33 cm² - Corsa = 50 mm

- Capacità olio = 166 cm³

- Altezza con pistone chiuso (A) = 165 mm - Altezza con pistone esteso (B) = 215 mm - Ø esterno (D) = 85 mm

- Ø alesaggio cilindro (E) = 65 mm - Ø stelo (F) = 57,2 mm

- Da base a bocca mandante (H) = 25 mm - Ø testina (J) = 50 mm

- Sporgenza testina – stelo (K) = 10 mm - Filettatura interna stelo (O) = 1 ½ - 16 - Lungh. Filettatura interna stelo (P) = 25 mm - Peso = 6,4 Kg

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- possibilità di avere il funzionamento a due velocità in modo da ottenere un minor numero di pompate;

- leva non conduttiva per la sicurezza dell’operatore;

- valvola di sicurezza incorporata per la sicurezza contro i sovraccarichi.

Figura 4.21a – Pompa manuale leggera, serie P - ENERPAC ®

Figura 4.21b – Pompa manuale leggera, dati tecnici e geometrici Caratteristiche pompa P392:

- Pressione nominale = 700 bar - Capacità utile serbatoio = 901 cm³ - Portata olio per pompata = 2,47 cm³ - Massima forza su leva = 42,2 Kg - Corsa del pistone = 25,4 mm

- A = 344 mm - B = 533 mm - C = 36 mm - D = 99 mm - E = 33 mm - 3/8” -18 NPTF - H = 522 mm - J = 30 mm - L = 177 mm - M = 16 mm - N = 120 mm - Peso = 4,1 Kg

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4.2.1.5 I manometri

Il manometro, necessario per misurare le pressioni in gioco, è collegato con il martinetto attraverso speciali adattatori e attraverso un tubo flessibile che permette il passaggio dell’olio contenuto nella pompa. Durante le prove è necessario riuscire a misurare con la massima precisione possibile il massimo carico che porta alla rottura del provino per cui, avendo fatto esperienza dei problemi riscontrati durante la campagna sperimentale sul PTM 1.0, si è scelto di utilizzare due diversi manometri che permettessero sempre e comunque una chiara e precisa lettura a seconda del tipo di prova da effettuare:

1) Manometro digitale DGR 2 della Enerpac, per effettuare tutte le prove (ad eccezione della prova di flessione sulla malta). Tale manometro è molto versatile perché ha un ampio fondo scala, e presenta le seguenti caratteristiche tecniche:

Figura 4.22 – Manometro digitale DGR - 2, ENERPAC ®

Caratteristiche manometro DGR 2:

- Campo di pressione:

0 – 1380 bar, intervallo 0,7 bar 0 – 20000 psi, intervallo 1 psi 0 – 140 Mpa, intervallo 0,1 Mpa - Precisione =േ 0,25% sul fondo scala - Voltaggio = 3 V

- Peso = 0,23 Kg

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Tale manometro è stato tarato direttamente in laboratorio mediante l’utilizzo di una Instron 1186, per ricavarne una correlazione tra la lettura in bar e quella in KN, come descritto nel paragrafo §2.3.2. Riportiamo nel seguito i valori derivanti dai cicli di carico e la retta di tendenza ricavate mediante l’ausilio del programma Microsoft Excel:

pressione (bar) L1 L2 L3 L4 media letture

(% di 200 KN) media letture (KN) 0 0 0 0 0 0 10 1,3 1,28 1,13 1,234 2,473 20 2,85 2,95 2,78 2,86 5,72 30 4,54 4,62 4,4 4,52 9,04 40 6,06 6,18 6,05 6,100 12,193 50 7,83 7,78 7,66 7,89 7,79 15,58 60 9,23 9,37 9,22 9,273 18,546 70 10,88 10,97 11,02 10,957 21,913 80 12,53 12,63 12,57 12,577 25,153 90 14,05 14,28 14,27 14,2 28,4 100 15,66 15,92 15,82 16,03 15,858 31,715 110 17,56 17,66 17,51 17,577 35,153 120 19,25 19,33 19,48 19,353 38,706 130 20,63 20,93 21 20,853 41,706 140 22,3 22,58 22,58 22,487 44,973 150 24,24 24,24 24,17 24,52 24,292 48,585 160 25,85 25,87 25,85 25,857 51,713 170 27,53 27,53 27,53 27,53 55,06 180 28,93 29,19 29,2 29,107 58,213 190 30,85 30,9 31,1 30,95 61,9 200 32,29 32,47 32,56 32,5 32,455 64,91 210 34,43 34,18 34,21 34,273 68,546 220 35,63 35,75 35,97 35,783 71,566 230 37,48 37,43 37,61 37,507 75,013 240 39,23 39,25 39,38 39,287 78,573 250 40,8 40,78 41,03 40,92 40,883 81,765 260 42,48 42,44 42,57 42,497 84,993 270 44,16 44,22 44,13 44,17 88,34 280 46,08 45,82 45,79 45,897 91,793 290 47,52 47,6 47,45 47,523 95,046 300 49,21 49,14 49,38 49,4 49,282 98,565 310 50,73 50,72 50,82 50,757 101,513 320 52,3 52,5 52,44 52,413 104,826

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330 54,13 54,06 54,05 54,08 108,16 340 55,63 55,78 55,7 55,703 111,406 350 57,31 57,62 57,38 57,57 57,47 114,94 360 58,9 59,15 59,05 59,033 118,066 370 60,53 60,81 60,82 60,72 121,44 380 62,13 62,5 62,39 62,34 124,68 390 63,73 64,07 64,06 63,953 127,907 400 65,33 66,03 65,86 65,7 65,73 131,46 410 66,96 67,5 67,5 67,32 134,64 420 68,68 69,17 69,26 69,037 138,073 430 70,53 70,78 70,82 70,71 141,42 440 72,3 72,65 72,6 72,517 145,033 450 73,8 74,3 74,11 74,55 74,19 148,38 460 75,45 75,9 75,84 75,73 151,46 470 77,15 77,56 77,5 77,403 154,806 480 78,8 79,17 79,14 79,036 158,073 490 80,54 80,88 80,75 80,723 161,446 500 82,14 82,45 82,4 82,2 82,297 164,595

Tabella 4.2 – Cicli di carico eseguiti per la taratura del manometro digitale

La relazione che lega pressione e forza esercitata è espressa dalla seguente equazione: ܲሺܭܰሻ ൌ Ͳǡ͵͵ͳͷ כ ݌ሺܾܽݎሻ െ ͳǡͳ͵͸ͳሺͶǤʹሻ

Figura 4.23 – Grafico cicli di carico manometro DGR - 2, ENERPAC ®

y = 0,3315x - 1,1361 0 20 40 60 80 100 120 140 160 180 0 100 200 300 400 500 600 K N bar

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2) Manometro analogico Eaton da 10 bar: tale manometro si è reso necessario solo ed esclusivamente per effettuare le prove di flessione sui provini di malta in quanto per esse le forze in gioco risultano modeste e se si utilizzasse il manometro digitale precedentemente descritto si commetterebbe un errore nella lettura dello stesso ordine di grandezza della lettura stessa.

Figura 4.24 – Manometro analogico, Eaton ®

Tale manometro è stato tarato direttamente in laboratorio mediante l’utilizzo di una Instron 1186, per ricavarne una correlazione tra la lettura in bar e quella in kN, come descritto nel paragrafo §2.3.2. Riportiamo nel seguito i valori derivanti dai cicli di carico.

Caratteristiche manometro Eaton:

- Campo di pressione: 0 – 10 bar - Divisione fondo scala = 0,1 bar - Precisione = േ1,6% sul fondo scala - Peso = 0,30 Kg

- Possibilità di registrare i valori massimi mediante l’ausilio di un ago secondario - Peso = 0,30 Kg - a = 12 mm - b = 36 mm - b1 = 36 mm - b2 = 56 mm - D1 = 62 mm - D2 = 62 mm - e = 10,5 mm - G = ¼” NPTF - h = 54 mm - SW = 14 mm

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pressione (bar) L1 L2 L3 L4 media letture (% di 5 KN) media letture (KN) 3,0 0,15 0,40 0,15 0,00 0,175 0,009 3,5 1,89 2,04 1,96 1,85 1,935 0,097 4,0 5,17 6,60 5,34 5,22 5,583 0,279 4,5 8,26 9,59 8,38 8,25 8,620 0,431 5,0 11,65 13,33 12,11 11,51 12,150 0,608 5,5 14,08 15,65 15,83 14,26 14,955 0,748 6,0 17,79 19,59 19,44 17,63 18,613 0,931 6,5 20,26 22,49 22,59 20,73 21,518 1,076 7,0 23,52 25,79 25,84, 23,70 24,337 1,217 7,5 26,50 28,63 29,00 26,55 27,670 1,384 8,0 29,73 32,44 31,76 29,79 30,930 1,547 8,5 33,08 35,75 34,95 32,68 34,115 1,706 9,0 35,62 38,57 37,65 35,72 36,890 1,845 9,5 38,11 41,90 40,42 39,31 39,935 1,997

Tabella 4.3 – Cicli di carico eseguiti per la taratura del manometro analogico

La relazione che lega pressione e forza esercitata è espressa dalla seguente equazione: ܲሺܭܰሻ ൌ Ͳǡ͵ͳʹ͹ כ ݌ሺܾܽݎሻ െ Ͳǡͻ͸͵ͻሺͶǤ͵ሻ

Figura 4.25 – Grafico cicli di carico manometro analogico, Wika®

y = 0,3127x - 0,9639 0,0 0,5 1,0 1,5 2,0 2,5 0,0 1,0 2,0 3,0 4,0 5,0 6,0 7,0 8,0 9,0 10,0 K N bar Serie1 Lineare (Serie1)

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4.2.1.6 Gli adattatori per i manometri

Tali elementi servono per raccordare la pompa, il cavo flessibile ( e quindi il martinetto) ed il manometro. Hanno le seguenti qualità:

- permettono un facile montaggio del manometro sul circuito oleodinamico;

- l’estremità maschio va avvitata sulla bocca della pompa, l’estremità femmina riceve i tubi flessibili o il giunto rapido mentre la terza bocca serve per l’alloggiamento del manometro.

Sono stati utilizzati due adattatori, uno per ogni manometro in quanto la filettatura degli stessi non era identica: per il manometro digitale si è utilizzato un adattatore GA 2, per quello analogico si è utilizzato un GA 3 in combinazione con una riduzione di filettatura, entrambi della Enerpac. Di seguito riportiamo le caratteristiche di tali adattatori:

Figura 4.26 – Adattatori per manometri, Enerpac ®

Caratteristiche adattatore GA 2 Enerpac: - Bocca manometro = ½” NPTF - Estremità maschio = 3/8” NPTF - Estremità femmina =3/8” NPTF - A = 155 mm - B = 35 mm - C = ½” NPTF - D = 3/8” NPTF - E = 3/8” NPTF - F = 32 mm Caratteristiche adattatore GA 3 Enerpac: - Bocca manometro = 1/4” NPTF - Estremità maschio = 3/8” NPTF - Estremità femmina =3/8” NPTF - A = 133 mm - B = 48 mm - C = 1/4” NPTF - D = 3/8” NPTF - E = 3/8” NPTF - F = 32 mm

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4.2.1.7 Il tubo flessibile ad alta pressione

Usato per collegare l’adattatore al martinetto, permette di trasferire l’olio ad esso e mandare in pressione il sistema.

- Sono costruiti con un fattore di sicurezza 4:1;

- Possono sopportare una pressione massima di 700 bar;

- Sono composti da quattro strati, di cui due strati di calza metallica intrecciata ad alta resistenza;

- Hanno il rivestimento esterno in poliuretano per ottenere la massima resistenza all’abrasione;

- Quando il sistema è in pressione sono tarati per avere la minima espansione volumetrica e migliorare quindi l’efficienza del sistema stesso.

Figura 4.27 – Tubo flessibile HC 7206. Enerpac ®

4.2.1.8 I giunti rapidi

Sono utilizzati per facilitare il collegamento rapido del sistema oleodinamico, in modo da evitare all’operatore di dover tutte le volte utilizzare delle chiavi meccaniche per stringere tutti gli attacchi. Sono pensati per un uso pratico e veloce. Sono stati inseriti in tutte le estremità delle componenti del circuito (dove non fossero già presenti).

Sono stati utilizzate tre coppie di giunti maschio-femmina con filettatura 3/8”NPTF.

Caratteristiche tubo flessibile HC 7206

- Diametro interno = 6,4 mm - Estremità uno = 3/8” NPTF - Estremità due = CH 604

- Lunghezza = 1,8 m

(28)

Figura 4.28 – Giunti per rapida esecuzione

4.2.1.9 Il Circuito oleodinamico

Una volta descritti tutte le componenti del sistema oleodinamico, non ci resta che darne una descrizione dello stesso. Come si può già intuire dai paragrafi precedenti, esso ha come estremità uno la pompa, come estremità due il martinetto che viene inserito nell’apposito scasso della piastra di base della PTM 2.0.

Riportiamo nel seguito uno schema stilizzato del circuito:

Figura 4.29 – Schema semplificato del circuito oleodinamico Pompa P 392 Martinetto RC 252 Tubo flessibile HC 7206 Manometro Adattatore Manometro PTM 2.0 Giunto rapido

(29)

Figura 4.30 – Il circuito oleodinamico

(30)

4.2.2 Dimensionamento preliminare del le parti principali

Ottenuta la geometria complessiva del prototipo, sono stati ottenuti gli spessori di tutti i componenti attraverso l’analisi con modelli meccanici semplificati. Tali schemi statici, approssimati a quelli delle travi, forniscono un valore di partenza da affinare in seguito attraverso la modellazione con un programma agli elementi finiti (FEM).

Quindi come si può intuire dalla figura riportata nel seguito, si è dimensionato in primis la piastra di contrasto superiore necessaria durante le prove di compressione (1), successivamente si è passati al predimensionamento dei perni (2) e delle aste (3) per concludere infine con la piastra di base (4).

Figura 4.32 – Indicazione parti soggette a dimensionamento preliminare

2 1

2 3

(31)

4.2.2.1 Piastra di contrasto

La piastra di contrasto viene dimensionata a partire dallo sforzo massimo applicabile dal martinetto, ossia 232 KN. Lo schema statico adottato è quello di trave semplicemente appoggiata, con gli appoggi (ossia i perni) distanti 10 cm l’uno dall’altro e caricata nella mezzeria con una forza concentrata.

Figura 4.33 – Schema statico piastra di contrasto

Dove L è la luce della piastra e

ܯ௠௔௫ ൌ ܲܮͺ ൌ ͳͳ͸ͲͲͲͲͲܰ݉݉ሺͶǤͶሻ

La piastra ha sezione rettangolare, con base pari a 150 mm, per cui ci possiamo ricavare il valore dell’altezza h tale che la piastra rimanga in campo elastico.

(32)

La tensione massima sarà ߪ௠௔௫ ൌ ܯܹ௠௔௫ ௘௟ ൌ  ܲܮ ͺ ൗ ܾ݄; ͸ ൗ ൌ  ͸ܲܮ ͺܾ݄ଶሺͶǤͷሻ dalla quale otteniamo lo spessore necessario:

݄௠௜௡ ൌ ඨͺܾߪ͸ܲܮ

௠௔௫ ൌ ʹͷ݉݉ሺͶǤ͸ሻ

Avendo preso come ߪ௠௔௫ ൌ ͵͹ͲܰȀ݉݉; che corrisponde alla tensione di snervamento dell’acciaio C40.

4.2.2.2 Perni

I perni sono gli elementi che funzionano da appoggio per il provino sottoposto ad una qualsiasi prova, per cui il regime di sollecitazione con cui sono impegnati è di flessione e taglio. Considerando che per quanto riguarda la flessione sono previsti degli irrigidimenti, ci limiteremo ad analizzare il solo taglio.

Figura 4.35 – Perni

Il taglio sollecitante il perno si ridistribuisce sulle due aste laterali, per cui in prima approssimazione accettiamo che ogni perno sarà sollecitato a taglio con una forza pari a P/4 = 58000 N.

Considerando il criterio di rottura di Von Mises:

ߪ௠௔௫ ൌ ටߪ௭; ൅ ͵ሺ߬௭௫൅ ߬௭௬ሻ; ൏ ߪ௬ሺͶǤ͹ሻ

Ed osservando che ߪ ൌ Ͳ e che per simmetria radiale si considera una sola componente delle τ, si ottiene che

(33)

߬௠௔௫ ൏ ߪ௬

ξ͵ሺͶǤͺሻ Per cui sostituendo nella (2.5) il valore di

߬௠௔௫ ൌ ʹܶܣ ൌ ߨ݀;ʹܶ Ͷ ൗ ሺͶǤͻሻ Si ottiene ʹܶ ߨ݀; Ͷ ൗ ൌ ߪ௬ ξ͵ሺͶǤͳͲሻ Dalla quale si ottiene il diametro minimo

݀௠௜௡ൌ ඨξ͵ʹܶͶߨߪ

௬ ൌ ͹݉݉ሺͶǤͳͳሻ Si è scelto di adottare perni con d = 25 mm.

4.2.2.3 Aste

Le aste che collegano i perni inferiori e superiori sono soggette al solo sforzo di trazione, stesso sforzo che impegna a taglio anche i perni, pari a P/4=58000 N.

Figura 4.36 – Aste

Considerando la sezione indebolita dal foro di 25 mm, e con una larghezza complessiva di 45 mm, è possibile ricavare il valore dell’area minima (e di conseguenza lo spessore minimo necessario) tale che l’elemento rimanga sempre il campo elastico.

(34)

Quindi considerando una tensione di snervamento ߪ ൌ ͵͹Ͳ ே ௠௠మ Si ottiene che ߪ௬ ൌ  ܲ Ͷ ܾ௘௙௙݄௠௜௡ሺͶǤͳʹሻ

Dalla quale si ricava facilmente il valore dello spessore minimo necessario e pari a

݄௠௜௡ ൌ ܲ

Ͷ ൗ

ߪ௬ܾ௘௙௙ ൌ ͹ǡͺͶ݉݉ሺͶǤͳ͵ሻ Si è scelto quindi uno spessore effettivo di 10 mm.

Oltre alla verifica di resistenza, per elementi di acciaio sottoposti al regime di trazione, è necessaria anche la verifica di rottura della parte terminale: consiste nel verificare che con le dimensioni prescelte, non si abbia lo strappo della parte finale dell’asta prossima al foro. Si dovrà avere quindi che

ߪ ൌ ʹܾܽ ൌ Ͷͺǡ͵͵ܲൗͶ ݉݉ܰ ൏  ߪ௬ሺͶǤͳͶሻ

Figura 4.37 – Rottura parte terminale

(35)

4.2.2.4 Piastra di base

La piastra di base è soggetta a flessione derivante dagli sforzi di trazione che le aste trasmettono ai perni e di conseguenza alla piastra. Operando a favore di sicurezza, si è scelto di modellare tali forza applicandole nei vertici della piastra come carichi concentrati, andando a dimensionare l’elemento come se fosse una trave.

Figura 4.38 – Piastra di base

Si hanno quindi due sezioni reagenti:

1) Sezione con irrigidimenti: note le lunghezze principali degli elementi, si può calcolare lo spessore t che rende il momento di inerzia della sezione tale che la tensione massima ai lembi sia minore del limite di snervamento.

(36)

In questo caso avremo ܬ௫ൌʹܾݐ ଷ ͳʹ ൅ ʹܾݐ݀ଵଶ൅ Ͷݐ݄ଷ ͳʹ ሺͶǤͳͷሻ Con b = 150 mm, h = 60 mm. Avremo quindi ߪ௠௔௫ ൌ ܯ௠௔௫ܬ ௫ ݕ௠௔௫ ൏ ͵͹ͲܰȀ݉݉; ܯ௠௔௫ ൌ ܲͶ ܮ ൌ ͳ͵ͻʹͲͲͲͲܰ݉݉ Si ottiene quindi uno spessore degli elementi pari a t = 6 mm.

2) Sezione senza irrigidimenti: in questo caso la sezione reagente è composta dalle sole lastre superiore ed inferiore.

Figura 4.40 – sezione piastra senza irrigidimenti

Il momento di inerzia ed il momento sollecitante si modificheranno di conseguenza:

ܬ௫ ൌ ʹܾݐ ଷ

ͳʹ ൅ ʹܾݐ݀ଵଶሺͶǤͳ͸ሻ ܯ௠௔௫ ൌܲͶ ܾ ൌ ͺ͹ͲͲͲͲͲܰ݉݉

(37)

4.2.2.5 I distanziatori

I distanziatori sono elementi cilindrici cavi componibili, a seconda della prova che si deve effettuare, con duplice funzionalità:

- permettere il corretto e preciso inserimento del martinetto all’interno della piastra di base;

- distanziare il martinetto dalla piastra di base a seconda del tipo di prova ce si intende effettuare.

Il loro progetto si è reso necessario in quanto il nuovo martinetto che si è utilizzato per questa nuova versione, ha una corsa dello stelo nettamente inferiore a quello precedente (50 mm contro 160mm) e quindi, considerata la variabilità delle dimensioni dei provini, non poteva essere fissato alla piastra di base.

Sono composti in acciaio C 40 (Appendice A2) e componibili progressivamente a seconda della distanza martinetto-base di cui abbiamo bisogno. Di seguito vi è un elenco delle prove effettuabili con PTM 1.1 e il tipo di distanziatore da utilizzare:

- Prova di piegamento dell’acciaio, distanziatore da 140 mm - Prova di flessione del calcestruzzo, distanziatore da 50 mm - Prova di indentazione del calcestruzzo, distanziatore da 10 mm - Prova di compressione del calcestruzzo, distanziatore da 10 mm - Prova di flessione della malta, distanziatore da 100 mm

- Prova di compressione della malta, distanziatore da 50 mm - Prova di flessione del laterizio, distanziatore da 100 mm - Prova di indentazione del laterizio, distanziatore da 50 mm Di seguito riportiamo alcune figure riguardanti tali distanziatori.

(38)

Figura 4.41 – Distanziatore da 10 mm

Figura 4.42 – Distanziatore da 50 mm

(39)

Figura 4.44 – Distanziatore da 140 mm

(40)

4.2.2.6 Le Teste di carico

Le teste di carico (Appendice A2) sono gli accessori che permettono di trasferire il carico proveniente dal martinetto ai provini da testare mediante un sistema saldato composto da una piastra di spessore pari a 25 mm e dei cilindri che simulano l’applicazione puntuale di tale carico. Sono necessarie anche nelle prove di flessione ed indentazione, per l’alloggiamento del provino o delle eventuali piastrine da indentazione. Il loro centraggio sullo stelo del martinetto avviene mediante un anello circolare saldato inferiormente alla piastra di carico. A seconda del tipo di prova da effettuare si utilizzano tre diverse teste di carico:

- Prova di piegamento dell’acciaio, testa di carico a due coltelli - Prova di flessione del calcestruzzo, testa di carico a due coltelli - Prova di indentazione del calcestruzzo, testa di carico a due coltelli - Prova di compressione del calcestruzzo, testa di carico per compressione - Prova di flessione della malta, testa di carico ad un coltello

- Prova di compressione della malta, testa di carico per compressione - Prova di flessione del laterizio, testa di carico ad un coltello

- Prova di indentazione del laterizio, testa di carico per compressione

Figura 4.45 – Testa di carico ad un coltello, modello SolidWorks

(41)

Figura 4.47 - Testa di carico per compressione, modello Solid Works

Figura 4.47 b - Teste di carico per PTM 1.

4.2.3 Le modifiche rispetto alla versione precedente

Per chiarire meglio le modifiche apportate nell’ultima versione, nel seguito sono riportate delle figure riguardanti le tre configurazioni assumibili dal PTM, nella versione 1.1 e nella versione 2.0.

(42)

PTM 1.1 PTM 2.0

Figura 4.48 – Configurazione per compressione

PTM 1.1 PTM 2.0

Figura 4.49 – Configurazione per flessione malta e laterizio

Parte 2 Parte 2B

Parte 2

Parte 2C Parte 2A

(43)

PTM 1.1 PTM 2.0

Figura 4.50 – Configurazione per piegamento acciaio e flessione cls

4.2.3.1 Parte 2A: modifica dell’elemento

La parte 2A, identificabile nelle figure precedenti, è necessaria per consentire l’allineamento dei perni che fungono da appoggio al provino; tale allineamento è garantito dall’impossibilità di traslare della linea di mezzeria del dispositivo. Nelle versioni precedenti, tale parte era saldata direttamente alla piastra di base, tuttavia si è reso necessario rendere tale parte rimuovibile dall’intero corpo per motivi di trasportabilità dell’oggetto stesso.

In questa nuova versione inoltre presenta due fori in corrispondenza dei perni presenti nella piastra di base, in modo tale da inserirla a semplice incastro e poi poterla fissare tramite due bulloni.

È stato inoltre aggiunto un piccolo perno nella parte centrale che permette di poter agganciare la parte 2B, che verrà descritta nel seguito.

Parte 2

Parte 2C Parte 2A

(44)

Figura 4.51 – Parte 2, PTM 1.1

Figura 4.52 – Parte 2A, PTM 2.0

4.2.3.2 Parte 2B e 2C: inserimento

Per avere un livello di ridondanza ulteriore nei riguardi dell’allineamento dei perni superiori, i quali devono avere il loro piano di tangenza perfettamente orizzontale perché il carico si distribuisca in modo corretto sul provino e quindi si abbia un tipo di rottura calibrata, si è deciso di inserire due ulteriori parti, da scegliere a seconda del tipo di prova da effettuare. Tali

(45)

parti fanno si che il sistema composto dalle aste laterali e dai perni, non sia più un quadrilatero articolato ma bensì risulti iperstatico.

Figura 4.53 – Parti 2C e 2B

4.2.3.3 La piastra di base

Come si può notare dalle figure precedenti la piastra di base è composta come sovrapposizione di due piccole piastre orizzontali più degli irrigidimenti verticali; tali irrigidimenti sono però presenti solo per un piano di flessione mentre invece tutto il sistema è soggetto a flessione deviata nei due piani principali. Per questi motivi si è quindi scelto di inserire gli irrigidimenti verticali anche per l’altro piano di flessione. In seguito riportiamo due figure che rappresentano la piastra di base nelle due versioni del prototipo.

(46)

PTM 1.1 PTM 2.0 Figura 4.54 – Piastra di base

Con le modifiche apportate, i calcoli affrontati al paragrafo §4.2.0.4, per la sezione che prima era senza irrigidimenti, si modificano come segue.

Il nuovo momento di inerzia sarà pari a

ܬ௫ ൌʹܾݐ ଷ

ͳʹ ൅ ʹܾݐ݀ଵଶ൅ ͵ݐ݄ଷ

ͳʹ ሺͶǤͳ͹ሻ mentre il momento sollecitante esterno risulterà sempre pari a

ܯ௠௔௫ ൌܲͶ ܾ ൌ ͺ͹ͲͲͲͲͲܰ݉݉ሺͶǤͳͺሻ e la tensione massima ai lembi sarà

ߪ௠௔௫ ൌ ܯ௠௔௫ܬ

௫ ݕ௠௔௫ ൏ ͵͹Ͳ ܰ

(47)

4.2.3.4 Filettatura dei perni e smusso degli angoli vivi delle parti

Per rendere il sistema ancora più rigido, si è deciso, una volta che tutto il prototipo è assemblato, di poter rendere fisse senza possibilità di traslazione tutte le parti attraverso l’inserimento di bulloni filettati. Tali bulloni vengono inseriti sui perni superiori ed inferiori, che presentano una filettatura M24 nelle loro parti terminali, come si può notare dalle figure seguenti.

Figura 4.55 – Filettatura M24 dei perni superiori ed inferiori

Si è deciso inoltre, per evitare eventuali incidenti all’operatore durante il montaggio/smontaggio e l’esecuzione delle prove, di smussare tutti gli angoli retti delle parti con un raggio di raccordo pari a 2 mm

4.2.4 Valutazione degli spostamenti generati dall’applicazione del carico

massimo e dei possibili disassamenti dovuti alle tolleranze di montaggio

4.2.4.1 Valutazione degli spostamenti generati dall’applicazione del carico

Un aspetto fondamentale di cui si è tenuto conto durante la progettazione del nuovo dispositivo è stato quello della valutazione degli spostamenti durante l’esecuzione delle prove. La prova a cui abbiamo fatto riferimento è quella di compressione per i cilindri di calcestruzzo, prova che necessita del massimo carico rispetto a tutte le altre e che quindi

(48)

esercita le deformazioni massime raggiungibili dalla PTM. Tale aspetto risulta determinante in quanto spostamenti eccessivi renderebbero il dispositivo meno affidabile.

Durante la prova di compressione dei cilindri in calcestruzzo il sistema reagente è formato dai perni che fungono da appoggio, i quali scaricano sulle aste verticali che in questa configurazione non sono due per lato ma quattro (parte 5 e parte 2B) per lato:

Figura 4.56 – Numerazione aste sottoposte a trazione semplice

Essendo il sistema reagente di tipo iperstatico, la ripartizione del carico applicato avverrà sulla base delle rigidezze delle aste stesse, per cui avremo che:

Parte 5 Parte 2B

E = 210000 N/mm² E = 210000 N/mm² A = 10 x 45 = 450 mm² A = 5 x 50 = 250 mm²

Costruendo un semplice modello meccanico, con elementi travi, del sistema, attraverso l’ausilio del programma SAP 2000, si ottiene che un carico di 100 KN si ripartisce nel modo seguente:

Parte 5 = 71,62 KN Parte 2B = 29,34 KN 2B

(49)

Figura 4.57 – Modello del prototipo su SAP 2000

Avvalendoci dei risultati della modellazione attraverso il programma SolidWorks 2012 che verrà descritta nel paragrafo successivo §4.2.6, si ottiene che il carico che grava sulla metà dei perni superiori è di 64000 N e quindi si possono ricavare gli spostamenti delle parti sottoposte a trazione: - Parte 5: ߂݈ሺହሻ ൌܰሺହሻ݈ሺହሻ ܧܣሺହሻ ൌ ͲǡʹͲ͸݉݉ Con ܰሺହሻ ൌ ͸ͶͲͲͲݔͲǡ͹ͳ͸ʹ ൌ Ͷͷͺ͵͹ܰ ݈ሺହሻ ൌ Ͷʹͷ݉݉ ܣሺହሻ ൌ ͶͷݔͳͲ ൌ ͶͷͲ݉݉; ܧ ൌ ʹͳͲͲͲͲ݉݉ܰ - Parte 2B: ߂݈ሺଶ஻ሻ ൌܰሺଶ஻ሻ݈ሺଶ஻ሻ ܧܣሺଶ஻ሻ ൌ Ͳǡͳͷ͸݉݉ ܰሺଶ஻ሻൌ ͸ͶͲͲͲݔͲǡʹͻ͵Ͷ ൌ ͳͺ͹͹ͺܰ ݈ሺଶ஻ሻ ൌ Ͷ͵Ͷǡ͹͹݉݉ ܣሺଶ஻ሻ ൌ ͷͲݔͷ ൌ ʹͷͲ݉݉

4.2.4.2 Valutazione dei disassamenti dovuti alle tolleranze di montaggio

Le quote o le dimensioni nominali assegnate dal progettista ad un pezzo sono riferite a superfici geometriche ideali, la cui esatta realizzazione non risulta possibile. Molteplici cause

(50)

possono alterare i parametri di lavorazione e le condizioni operative per cui vengono prodotti pezzi con dimensioni diverse da quelle previste.

Il progettista deve saper prevedere e controllare questo aspetto; l’obiettivo della produzione sarà quindi quello di produrre pezzi con dimensioni e forme adeguate per assolvere le funzioni per la quale sono stati concepiti.

Il progettista riesce a controllare la dualità ideale/reale mediante l’assegnazione delle tolleranze, ovvero dei limiti di variabilità all’interno dei quali le caratteristiche geometriche e dimensionali devono essere contenute.

Il disallineamento della traversa superiore (parte1), oltre che dagli spostamenti generati dal carico esterno, può essere dato anche dalla non corretta fabbricazione di ogni singolo pezzo componente per cui quando si progetta si tiene conto di questo eventuale errore accettando delle classi di tolleranza a seconda del tipo di dimensione che andiamo a controllare.

Tali classi di tolleranza vengono definite dalle normative vigenti ed in particolare:

- UNI EN ISO 286/1: Specifiche geometriche dei prodotti[14

- UNI EN 22768/1: Tolleranze generali. Tolleranze per dimensioni lineari prive di

indicazioni di tolleranze [15]. 4.2.4.2.1 Tolleranza albero/foro

Si è scelto di adottare una tolleranza del tipo E9/h8 che prevede un contatto liscio senza compenetrazione tra le due parti. Tale tipo di contatto è molto utilizzato per i contatti non ad attrito e garantisce un’ottima precisione.

Andando a specificare i valori che otteniamo con questo tipo di contatto avremo che:

FORO: Dimensione nominale = 24 mm ALBERO: Dimensione nominale = 24 mm

Tolleranza fondamentale IT 9 Tolleranza fondamentale IT 8 Limite superiore = 24,092 mm Limite superiore = 24 mm

Scostamento superiore = 0,092 mm Scostamento superiore = 0 mm Limite inferiore = 24,04 mm Limite inferiore = 23,967 mm

Scostamento inferiore = 0,04 mm Scostamento inferiore = 0,033 mm Ampiezza tolleranza = 0,052 mm Ampiezza tolleranza = 0,033 mm

(51)

Ottenuti quindi i valori degli scostamenti per la classe di tolleranza utilizzata, è possibile ricavare il massimo scostamento realizzabile ipotizzando la peggiore delle situazioni verificabili, cioè quella in cui si ha la dimensione massima del foro accompagnata dalla dimensione minima dell’albero:

߂݈௠௔௫ǡாଽȀ௛଼ൌ ݈݅݉Ǥ ݏݑ݌Ǥிைோைെ݈݅݉Ǥ ݂݅݊Ǥ஺௅஻ாோைൌ ʹͶǡͲͻʹ െ ʹ͵ǡͻ͸͹ ൌ Ͳǡͳʹͷ݉݉ Tale scostamento massimo realizzabile nella realtà può essere presente ovunque ci siano degli accoppiamenti albero foro. Nel nostro caso, avendo la parte 5 due accoppiamenti, tale scostamento andrà moltiplicato per due. In più, se si considera che tale scostamento può essere sia positivo che negativo, la peggior condizione che si può verificare, cioè quella che crea il massimo disallineamento della traversa superiore, sarà quella in cui un’asta avrà due scostamenti positivi e l’altra due scostamenti negativi:

Figura 4.58 – Visualizzazione possibili disallineamenti

Lo scostamento totale dato dalla tolleranza albero foro sarà quindi:

߂்݈ை்ǡாଽ

௛଼ ൌ Ͷݔ߂݈௠௔௫ǡாଽȀ௛଼ൌ ͶݔͲǡͳʹͷ ൌ Ͳǡͷ݉݉ሺͶǤʹͲሻ

4.2.4.2.2 Tolleranze dimensionali

Come già detto, ogni singola dimensione è affetta da errore, per cui anche alle semplici quote lineari bisogna assegnare una classe di tolleranza. Facendo riferimento alla già citata UNI EN

(52)

22768 [13], si è scelto di stabilire che ogni dimensione faccia riferimento ad una classe di precisione definita fine:

Figura 4.59 – Tolleranze dimensionali, UNI EN 22768

Per cui analizzando le aste laterali (parte 5, l = 500 mm), siamo in presenza di un errore di טͲǡ͵݉݉, errore che dovrà essere aggiunto a quello derivante dalla tolleranza albero/foro. Di conseguenza, ponendoci nella peggiore delle ipotesi, ovvero quella che fa riferimento ad un errore positivo per un’asta e negativo per l’altra, avremo che lo scostamento dato dalla tolleranza generale sarà pari a 0,6 mm.

4.2.4.3 Considerazioni conclusive

Una volta che sono stati ottenuti gli spostamenti generati dai carichi ed i massimi disassamenti possibili compatibili con le tolleranze che sono state adottate, è possibile ottenere il massimo disallineamento della traversa superiore che può verificarsi nella peggiore delle ipotesi:

߂݈௠௔௫ ൌ  ߂்݈ை்ǡாଽ ௛଼ൗ ൅߂݈ௗ௜௠ൌ ͶݔͲǡͳʹͷ ൅ ʹݔͲǡ͵ ൌ ͳǡͳ݉݉ሺͶǤʹͳሻ

si può concludere quindi dicendo che il valore degli spostamenti che si ottengono durante l’esecuzione delle prove di compressione per il calcestruzzo è dell’ordine del millimetro, ordine di grandezza che possiamo accettare.

(53)

4.2.5 Modellazione agli elementi finiti (FEM)

4.2.5.1 Considerazioni generali

La modellazione agli elementi finiti è stata effettuata con l’ausilio del programma di disegno meccanico SolidWorks, ed. 2012 in dotazione all’Università di Pisa.

La modellazione è stata eseguita partendo dalle seguenti constatazioni:

- Modellazione della configurazione della PTM 2.0 per le prove di compressione, visto e considerato che sono le più gravose in quanto vanno a sfruttare quasi al massimo la capacità del martinetto installato;

Figura 4.60 – configurazione per compressione, indice parti modellate

- La prima parte che è stata modellata è la piastra superiore di contrasto, e di conseguenza poi siamo passati alla modellazione dei perni, poi delle aste ed infine alla piastra di base.

- Si è scelto come carico esterno da applicare alla piastra di contrasto, la forza massima applicabile dal martinetto, ossia 232000 N, forza che però non può mai essere

a b c 3 d e

(54)

riscontrata in nessun tipo di prova. La prova che risulterà maggiormente sollecitante per il PTM 2.0 sarà quella di compressione delle carote di calcestruzzo di classe 28/35.

ܨ௠௔௫ ൌߨ݀;Ͷ ݂௖௞ ൌ ͳͶͲ͹ͶͶܰሺͶǤʹʹሻ Con d = 8 cm e ݂ܿ݇ = 28 N/mm².

Dalle considerazioni sopra riportate si può ricavare la percentuale di impegno del martinetto pari a:

ߥ௦ ൌ ͳͶͲ͹ͶͶʹ͵ʹͲͲͲ ൌ ͸Ͳǡ͸͸ΨሺͶǤʹ͵ሻ

Tale modellazione non è stata svolta sull’intero corpo del prototipo perché non si disponeva di mezzi di calcolo abbastanza performanti per affrontare questo tipo di calcolo.

Si è scelto, accettando di avere dei risultati approssimati, di eseguire la modellazione parte per parte, andando ad inserire come carico esterno le reazioni derivanti dalla modellazione della parte precedente. Per chiarire meglio il concetto, riportiamo nel seguito degli schemi esemplificativi:

1) Partendo dallo schema delle prove di compressione, si utilizza la forza massima del martinetto che verrà applicata quindi, alla piastra superiore di contrasto e alla base saldata;

(55)

2) come già specificato, la prima parte da modellare è la piastra superiore di contrasto (Figura 4.51 (a)) caricata con la forza massima F max; i vincoli applicati sono i perni superiori (Figura 4.51(b)) modellati come semplici appoggi che permettono di ricavare le reazioni vincolari R1;

3) le reazioni R1 ricavate dalla modellazione della piastra superiore equivalgono ai carichi esterni da applicare al secondo elemento modellato, il perno superiore. Tale perno è vincolato dalle aste laterali (Figura 4.51 (c), (d)) che si oppongono con una reazione R2;

4) le reazioni R2 ricavate al punto precedente vengono applicate come carico esterno al sistema di aste laterali (Figura 4.51 (c), (d)) che vengono sollecitate a trazione semplice e si suddividono tale reazione R2 secondo lo schema iperstatico descritto nel paragrafo §4.2.4.1; esse sono vincolate ai perni inferiori;

(56)

5) come ultimo step, si è proceduto alla modellazione della piastra di base

(Figura 4.51 (e)), caricata in corrispondenza dei fori predisposti per i perni inferiori con carichi esterni equivalenti alle reazioni R3+R4 .

Detto ciò descriviamo come è stato utilizzato il software.

Il programma di modellazione SolidWorks ha come interfaccia di simulazione l’opzione

“Simulation”-“Nuovo Studio”-“Studio Statico”. Una volta impostato il tipo di studio, vanno

definiti i materiali che compongono le parti, il tipo di vincolo esterno e le forze sollecitanti. Impostate queste tre condizioni, si procede con l’auto-meshatura definita dal programma e successivamente alla risoluzione dell’analisi.

(57)

La mesh che è stata utilizzata dal programma, è una mesh solida di alta qualità che genera elementi solidi tetraedrici parabolici.

Figura 4.61 – Elementi finiti generabili dalla mesh

Gli elementi lineari sono denominati di ordine basso o di primo grado; gli elementi tetraedrici sono denominati di ordine alto o di secondo grado. Un elemento tetraedrico lineare è definito mediante quattro nodi d’angolo collegati attraverso sei bordi lineari; un elemento tetraedrico parabolico è invece definito da quattro nodi d’angolo, sei nodi intermedi e sei bordi parabolici. In linea di massima, per la stessa densità di mesh e quindi per lo stesso numero di elementi finiti generati, gli elementi parabolici generano risultati migliori, per due motivi, a discapito però di un maggiore impegno di risorse:

1) rappresentano meglio i contorni curvi,

2) generano meglio le approssimazioni matematiche.

Per l’analisi strutturale, ciascun nodo ha tre gradi di libertà che rappresentano le tre traslazioni nelle direzioni ortogonali X,Y,Z. Nel seguito, indicheremo per ogni parte, il numero di elementi solidi generati dalla mesh e quindi anche il numero dei gradi di libertà complessivi di ogni parte.

Il materiale scelto per tutte le parti che compongono il PTM 2.0 è l’acciaio C40, con le seguenti caratteristiche:

- modulo elastico E = 210000 N/mm² - peso specifico g = 7850 Kg/m³

(58)

Per una visione completa dei risultati ottenuti con la modellazione di SolidWorks si può consultare l’APPENDICE B.

4.2.5.2 Modellazione della piastra di contrasto (a)

La piastra di contrasto, necessaria solo ed esclusivamente per eseguire le prove di compressione e indentazione, viene direttamente caricata non dal martinetto, ma bensì dal provino che è sottoposto a compressione, il quale trasmette comunque alla piastra il carico che riceve dal martinetto. Per cui, come forza sollecitante esterna, abbiamo scelta quella massima applicabile con il martinetto e pari a F = 232000 N, ripartita su una superficie circolare di diametro pari a quello del provino (d = 8 cm).

Figura 4.62 – Carico agente sulla piastra di contrasto

Tale piastra è vincolata lateralmente dalle aste, che non esercitano nessun tipo di reazione in quanto i carichi agenti sono verticali, e dai perni superiori che fungono da appoggi fissi durante l’esecuzione delle prove. Per questi motivi, i vincoli esterni applicati sono stati modellati come appoggi unilaterali distribuiti su una retta che simula il contatto tangenziale tra i perni superiori e la piastra stessa; per simulare invece il contrasto delle aste laterali si è deciso di impostare la geometria fissa delle sue facce a contatto con le aste.

(59)

Figura 4.63 – Vincoli esterni

Impostato quindi il materiale, le forze agenti ed i vincoli, si procede con l’automeshatura del programma che suddivide il corpo solido in tanti elementi finiti. Si è scelto di utilizzare la massima accuratezza nella meshatura. Sono stati generati 52086 elementi finiti per un totale di 77055 nodi.

(60)

Eseguita infine l’analisi, riportiamo nel seguito due figure indicative delle tensioni presenti nella piastra di contrasto e degli spostamenti verticali alla quale è sottoposta durante la prova di compressione.

Figura 4.65 – Tensioni ideale di Von Mises (N/mm²)

(61)

In base alle due figure precedenti si riscontra che la tensione massima ideale riscontrata in un punto è pari a 374 N/mm² mentre lo spostamento massimo raggiunto è pari a 0,072 mm, risultati ritenuti soddisfacenti in quanto non viene mai superato il limite elastico del materiali che comporta assenza di plasticizzazioni e deformazioni residue.

4.2.5.3 Modellazione dei perni di contrasto superiori (b)

Prima di descrivere tale modellazione va specificato che i perni inferiori del PTM 2.0 non sono stati modellati in quanto ad essi sono stati estesi i risultati che ora riporteremo. I perni, che hanno contatto lineare con la piastra di base, vengono sollecitati lungo questa linea di contatto per cui i carichi esterni sono stati applicati attraverso essa. Come intensità di carico si è preso quella pari alla reazione esterna della piastra prima modellata ossia 116000 N. Si è deciso di vincolare i perni con un vincolo unilaterale disposto sulla semicirconferenza superiore che è in contatto con le aste laterali, in modo che poi il carico venga trasferito ad esse. Inoltre, considerando che tale perno non può ruotare su se stesso durante la prova, lo si è vincolato sulla facci laterale più grande con una geometria fissa nelle altre due direzioni diverse da quella del carico.

(62)

Figura 4.68 – Vincolo esterno disposto sulla superficie laterale di contatto con le aste

Impostato quindi il materiale, le forze agenti ed i vincoli, si procede con l’automeshatura del programma che suddivide il corpo solido in tanti elementi finiti. Si è scelto di utilizzare la massima accuratezza nella meshatura. Sono stati generati 50684 elementi per un totale di 74493 nodi.

Figura 4.69 – Mesh del perno superiore

Eseguita infine l’analisi, riportiamo nel seguito due figure indicative delle tensioni presenti e degli spostamenti verticali alla quale è sottoposto l’elemento.

(63)

Figura 4.70 – Tensione ideale di Von Mises (N/mm²)

Figura 4.71 – Spostamenti verticali (mm)

Come si può notare dalle figure precedenti, i risultati ottenuti sono stati ritenuti soddisfacenti in quanto anche se il regime di tensione supera lo snervamento solo nei punti di contatto

(64)

puntuale (in rosso, Figura 4.46) va tenuto conto che i carichi inseriti nella modellazione non sono mai raggiungibili durante una qualsiasi prova. Inoltre effettuando la stessa modellazione ma con i carichi reali si è ottenuto che lo snervamento del materiale non viene raggiunto in nessun punto.

4.2.5.4 Modellazione delle aste laterali (c,d)

Il sistema resistente che permette di trasferire i carichi dalla parte superiore del PTM a quella inferiore è composto da due sistemi di aste laterali (Figura 4.35) che contribuiscono, oltre che alla resistenza e alla rigidezza, a garantire l’allineamento necessario durante le prove. Come già descritto nel paragrafo §4.2.4.1, essendo il sistema iperstatico, il carico agente si ripartisce in base alle rigidezze per cui il carico derivante dalla reazione del perno superiore va scomposto secondo le aliquote indicate precedentemente. Ne consegue che il sistema sarà caricato nel seguente modo:

- Parte 5: carico gravante pari a 43000 N sulla superficie laterale del foro superiore - Parte 2B: carico gravante pari a 2 x 17650 N sulle due superfici laterali dei fori

superiori.

Riportiamo nel seguito le due modellazioni per le due parti.

4.2.5.4.1 Parte 5

Come già detto la parte 5, che compone la maggior parte del sistema resistente è caricata in regime di tensoflessione. Tuttavia, considerando l’esaustivo angolo che essa forma con la verticale, si è scelto di considerarla come se fosse soggetta a regime di trazione semplice. Come già fatto finora come primo passo è necessario impostare le forze esterne ed i vincoli esterni, che in questo caso sono dati dalla presenza dei perni inferiori.

(65)

Figura 4.72 – Carichi esterni (in rosa)

Come vincolo esterno, simulante la presenza del perno inferiore, si è inserito un appoggio lungo la semicircinferenza che è a contatto col pe

Figura 4.73 – Vincoli esterni (in verde, simulano la presenza del perno inferiore)

Impostato quindi il materiale, le forze agenti ed i vincoli, si procede con l’automeshatura del programma che suddivide il corpo solido in tanti elementi finiti. Si è scelto di utilizzare la massima accuratezza nella meshatura. Sono stati generati 58128 elementi per un totale di 90303 nodi.

(66)

Figura 4.74 – Mesh della parte 5

Eseguita infine l’analisi, riportiamo nel seguito due figure indicative delle tensioni presenti e degli spostamenti verticali alla quale è sottoposto l’elemento.

(67)

Figura 4.76 – Spostamenti lungo l’asse dell’asta (mm)

Alla luce dei risultati ottenuti si può notare come lo spostamento sia all’incirca quello ricavato nel paragrafo §4.2.4.1, mentre l’andamento delle tensioni sia all’incirca costante se non nell’intorno del foro che rappresenta una singolarità.

4.2.5.4.2 Parte 2B

La parte 2B, presente solo nella configurazione che permette di effettuare le prove di compressione, è spessa la metà della Parte 5, per cui è soggetta a carichi nettamente minori. Tuttavia essa, oltre alla sola trazione, è soggetta anche a flessione e taglio: nella modellazione si è inserito quindi come carico esterno quello derivante dalla scomposizione della reazione data dal perno e diretto non lungo gli assi delle aste componenti la parte ma bensì diretto verticalmente, in modo tale da riscontrare nei risultati quanto appena detto. Come vincolo esterno, al solito, si è utilizzata la superficie laterale del foro inferiore che simula la presenza del perno della parte 2A (vedi APPENDICE A2).

(68)

Figura 4.77 – Vincolo esterno simulante il perno inferiore

Figura 4.78 – Carico esterno

Impostato quindi il materiale, le forze agenti ed i vincoli, si procede con l’automeshatura del programma che suddivide il corpo solido in tanti elementi finiti. Si è scelto di utilizzare la massima accuratezza nella meshatura. Sono stati generati 55369 elementi per un totale di 94701 nodi.

(69)

Figura 4.79 – Mesh della parte 2B

Eseguita infine l’analisi, riportiamo nel seguito due figure indicative delle tensioni presenti e degli spostamenti verticali alla quale è sottoposto l’elemento.

(70)

Figura 4.80 – Tensione ideale di Von Mises (N/mm²)

(71)

Come si può notare dalle due figure precedenti, i valori di tensione e spostamento risultano accettabili e rientrano negli ordini di grandezza prestabiliti.

4.2.5.5 Modellazione della base saldata (e)

La piastra di base, formata da lastre saldate tra di loro, è stata modellata nel suo insieme. I carichi esterni gravanti sono la reazione data dalla spinta massima del martinetto (pari a 232000 N), distribuita sulla superficie circolare prevista per l’ingombro del martinetto stesso, e le reazioni applicate dalle aste laterali (Parte 5, APPENDICE A2) ai perni stessi e pari a 43000 N. Come vincoli esterni invece è stata prevista una geometria fissa per il piano inferiore di appoggio della piastra ed inoltre sono stati inseriti vincoli alla traslazione orizzontale all’interno dei fori in modo tale da simulare la presenza dei perni inferiori.

(72)

Figura 4.83 – Vincoli simulanti i perni inferiori (in verde)

Figura 4.84 – Carico esterno dato dalla spinta del martinetto

(73)

Impostato quindi il materiale, le forze agenti ed i vincoli, si procede con l’automeshatura del programma che suddivide il corpo solido in tanti elementi finiti. Si è scelto di utilizzare la massima accuratezza nella meshatura.

Figura 4.86 - Mesh della base saldata

Eseguita infine l’analisi, riportiamo nel seguito due figure indicative delle tensioni presenti e degli spostamenti verticali alla quale è sottoposto l’elemento.

(74)

Figura 4.87 – Tensione ideal di Von Mises (N/mm²)

(75)

Come si può notare dalle figure precedenti, i risultati ottenuti per le tensioni e per gli

spostamenti sono soddisfacenti in quanto non si raggiunge mai lo snervamento del materiale e gli spostamenti massimi sono di piccola entità.

4.2.5.6 Conclusioni

Concludendo possiamo sostenere che il predimensionamento effettuato nei paragrafi precedenti, si è dimostrato corretto, se pur approssimato, in quanto i risultati ottenuti attraverso la modellazione FEM danno lo stesso ordine di grandezza per quanto riguarda tensioni e spostamenti. Infatti nel paragrafo §4.2.2 si è proceduto nei calcoli andando a sostituire alla tensione massima raggiungibile il valore di 370 N/mm², valore minimo della tensione di snervamento dell’acciaio C40 e ricavato di conseguenza i valori degli spessori delle varie parti. Dalle immagini precedenti si può notare che la tensione di snervamento è superata solo ed esclusivamente nei punti di contatto tra le parti, ovvero dove si hanno i vincoli esterni.

Un altro risultato incoraggiante è stato il valore degli spostamenti calcolato manualmente per ricavare il disallineamento massimo della traversa superiore (§4.2.4) in confronto a quello derivante dalla modellazione FEM. Per le aste il confronto è il seguente: - Parte 5: ߂݈ிாெ ൌ Ͳǡʹ͸͸݉݉, ߂݈ௌௗ௖ ൌ ͲǡʹͲ͸݉݉

Figura

Figura 4.15 – Montaggio PTM 2.0, passo 4 : inserimento delle aste laterali (parte 5)
Figura 4.20a – Martinetti, serie RC DUO -  ENERPAC ®
Figura 4.20b – Martinetto, dati tecnici e geometrici
Figura 4.22 – Manometro digitale DGR - 2, ENERPAC ®  Caratteristiche manometro DGR 2:
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