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Capitolo 2: La battaglia sull'omosessualità, tra repressione governativa e attivismo politico

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Capitolo 2: La battaglia sull'omosessualità, tra repressione

governativa e attivismo politico

2.1 Il Maccartismo e la Lavender Scare

Con la resa del Giappone del 2 settembre 1945 terminava la Seconda Guerra Mondiale nel teatro di guerra del Pacifico. Gli Stati Uniti emergevano allora sulla scena politica internazionale come una delle due superpotenze globali, entrando subito in competizione con l'Unione Sovietica sul piano militare, politico e ideologico, un conflitto inconciliabile e non risolvibile in modo tradizionale a causa della deterrenza nucleare, noto come “Guerra Fredda”.1

Già il coinvolgimento nel conflitto mondiale aveva portato gli Stati Uniti a impegnarsi maggiormente sullo scenario internazionale, sostenendo l'inclusione nella sua orbita dei paesi Europei in un sistema organizzato, ma la contrapposizione con l'Unione Sovietica spinse ad abbandonare i toni di collaborazione con i governi di ispirazione Marxista. Gli ideali miliari di fedeltà e disciplina, risultati utili a motivare la società durante il conflitto, continuarono a influenzare l'attività di governo, in particolare per la necessità di tutelarsi da minacce interne. Le minoranze politiche di sinistra furono viste come potenziali agenti spionistici, capaci di fornire sostegno interno all'avversario. Risalgono a quegli anni le nuove agenzie di investigazione come la CIA (Central Intelligence Agency) e la NSA (National Security Agency). La paranoia diffusa sulle spie portò a una vasta campagna di indagini per epurare i sospettati di attività “antipatriottiche” nella pubblica amministrazione a livello federale e statale.. Più in generale, al clima politico paranoide dei decenni 1940-1950 viene dato nome di Maccartismo, perché strettamente legato alla carriera politica del senatore John MacCarthy. Nello specifico si indica con il nome di Red Scare e

Lavender Scare gli episodi in cui furono le vittime della persecuzione furono,

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rispettivamente, gli attivisti di sinistra e gli omosessuali.2

I fenomeni della Lavender Scare e della Red Scare si trovano connessi nella circostanza storica ma presenta caratteristiche distinte. La crescita nell'opinione pubblica di un forte senso di ostilità verso i comunisti era sì dovuta alle tensioni della politica internazionale ma non era un fenomeno privo di precedenti. Un precedente analogo, seppur ridotto, si era verificato nel periodo immediatamente successivo allo scoppio della Rivoluzione d'Ottobre, con la persecuzione di sindacalisti, anarchici e comunisti, indicati genericamente come i “Rossi”. Le risposte della classe dirigente alla maggiore tensione ideologica furono l'estromissione dalla scena politica dei Rossi e il rimpatrio di alcuni attivisti, mentre si consolidava l'idea che l'ideologia socialista fosse un corpo estraneo nella cultura statunitense.3

Invece, la campagna di persecuzione statale contro gli omosessuali non aveva precedenti paragonabili nel passato degli Stati Uniti. Dopo aver assistito alla comparsa di una prima e vivace sottocultura omosessuale nei decenni 1940' e 1950', le istituzioni statali lanciarono una poderosa “battaglia culturale” per sopprimere ogni manifestazioni di difformità sessuale, snidando gli omosessuali “infiltrati” nella macchina governativa, superando ampiamente la Red Scare nel numero dei soggetti coinvolti, assumendo un impatto culturale decisamente più profondo e significato anche per le generazioni successive.4

L'emergere dell'omosessualità quale problema per la sicurezza nazionale era strettamente connesso alla segretezza del loro stile di vita, noto in Inglese come

closet. Se molti omosessuali avevano vissuto fino ad allora il loro orientamento

nell'anonimato, tollerato nella misura in cui non emergesse sulla sfera pubblica, ora le agenzie governative e le forze dell'ordine decisero di violare preponderantemente tale riservatezza. Le leggi contro la sodomia divennero così l'ossatura di un regime di “segregazione” non visibile come quello razziale, ma altrettanto profondo per l'esclusione sociale, esistenziale e morale che comportava.5

2 Ellen Schrecker, Many are the Crimes. McCarthyism in America, Little Brown and Co., Boston 1998, pp. 240-260 3 Robert Murray, Red Scare: a study in National Hysteria, Minnesota University Press, Minneapolis, 1995,

pp.107-121

4 David Johnson, The Lavender Scare, Chicago, The University of Chicago Press, 2004, pp.10-25

5 Eskridge, “Privacy, Jurisprudence and the Apartheid of the Closet, 1946-1961”, Florida State University Law

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La Lavender Scare vide i suoi prodromi nelle indagini interne dell'amministrazione Militare già nella Seconda Guerra Mondiale. Il conflitto aveva infatti offerto un'opportunità di incontro senza precedenti per molte donne e uomini richiamati sotto le armi o nell'amministrazione, favorite dall'allontanamento dalla Madrepatria e dal rilassamento dei costumi morali indotti dal conflitto. Fu così rilevata la presenza di numerosi omosessuali e lesbiche e nel periodo post-bellico si stimava con un certo grado di preoccupazione come più di cinquemila fossero stati indagati per il loro comportamento sessuale e rimossi. Le indagini dell'Esercito furono poi prese a modello dall'amministrazione civile da cui trasse le procedure standard di identificazione e rimozione dei soggetti inadatti.6

L'esempio partì dalla Casa Bianca. Nel 1947 l'amministrazione Truman adottò un programma per identificare e rimuovere gli impiegati sospettati di simpatie a sinistra o di rapporti omosessuali. Il Dipartimento di stato licenziò 119 impiegati per omosessualità e 35 per motivi di sicurezza, mentre nel 1952 la proporzione crebbe di 134 a 70. Nel 1952, una sottocommissione giudiziaria propose una legge per ostacolare l'ingresso di immigrati omosessuali nel paese, nota come Immigration and

National Act.7

Il Congresso invece cominciò nel Distretto della Columbia, esercitando la sua giurisdizione locale con il varo della prima legge contro la sodomia, il Miller Act del 1948, con pene detentive fino a un massimo di venti anni in caso di atti sessuali contro minori. La legge si tramutò invece in uno strumento diretto a reprimere specificatamente gli omosessuali. Il Congresso rafforzò la legge nel 1953 secondo termini più intrusivi, in modo che si applicasse sia in luoghi pubblici sia privati, che fino ad allora erano stati risparmiati. Ma l'atto più decisivo risale al varo della sottocommissione del Senato del 1950, diretta dal senatore del North Carolina Clyde Hoey, autorizzata a investigare sulle infiltrazioni dei “pervertiti” nell'intera amministrazione Federale.8

6 Allan Bérubé, Coming Out Under Fire: The History of Gay Men and Women in World War II, New York Free Press, New York, 1990

7 John D'Emilio, Sexual Politics, Sexual Communities, The Making of the Homosexual Minority in the United States,

1940-1970, The University of Chicago Press, Chicago, 1998, p.44

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La Hoey Committe arrivò alla conclusione che gli omosessuali, poiché privi di fibra morale, stabilità emotiva, potenzialmente esposti al ricatto per la loro condizione, erano inadatti a sostenere ruoli nell'amministrazione civile. Inoltre il loro agire vizioso risultava lesivo per lo spirito di gruppo, era capace di corrompere in particolare i soggetti “giovani e impressionabili” e se non rimosso, correva il rischio di inquinare del tutto la vita pubblica:

“You can't hardly separate homosexuals from subversives. [...] Mind you, I don't say every homosexual is a subversive, and I don't say every subversive is a homosexual. But [people] of low morality are a menace in the government, whatever [they are], and they are all tied up together”9

La successiva presidenza Eisenhower fu ancora più aggressiva con la firma dell'Ordine Esecutivo n°10450 del 1953 che aggiunse ufficialmente la sexual

perversion quale motivo valido di licenziamento. Nei successivi due anni si stima che

furono allontanati altri 800 impiegati. La quota delle espulsioni calò verso la fine degli anni 50', ma rimase la politica di licenziamento senza nullaosta per gli accusati di condotta immorale o colpevoli di “perversione sessuale”.10

La campagna governativa diede ulteriore slancio al perseguimento dei reati di sodomia e atti osceni nel resto della nazione, con gli arresti che arrivavano ad abbracciare realtà periferiche che fino ad allora non si erano mai curate troppo degli omosessuali nelle sue comunità. Oltre al licenziamento nell'amministrazione federale, un ulteriore elemento che aggravava le condizioni sociali degli omosessuali fu la scelta di revoca delle licenze professionali. Per medici, avvocati, ingegneri, farmacisti o insegnanti questo significò non solo la fine della carriera ma anche la possibilità di lavoro.11

Il fenomeno non fu limitato all'amministrazione Federale e coinvolse i singoli Stati. La volontà della politica locale di indagare in ambienti altamente professionali non nasceva solo dall'emulazione governativa ma anche dalla “mania” del complotto 9 Subcommittee on Investigations of the Senate Committee on Expenditures in the Executive Departments,

"Employment of Homosexuals and Other Sex Perverts in Government," December 15, 1950, in

https://diogenesii.files.wordpress.com/2012/11/employment-of-homosexuals-and-other-sex-perverts-in-govt.pdf

(consultato il 12/09/2018)

10 Johnson, The Lavender Scare, (cit.), pp.65-66

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tipica del Maccartismo che unita a vecchi stereotipi omofobi alimentava il desiderio di svelare complotti di sodomiti, pronti a reclutare adepti in ambiti circoscritti come il mondo dell'istruzione. Nel 1956 lo stato della Florida autorizzò ad esempio una commissione di indagine sulla lealtà patriottica dei propri dipendenti, nota come

John's Committee. Dall'iniziale interesse verso comunisti e attivisti per i diritti dei

neri si spostò rapidamente sui pervertiti. Nel 1959 le indagini investirono numerose categorie professionali, sopratutto il corpo insegnante, con una campagna di purghe lunga sei anni. Resta ancora oggi non quantificabile il numero di persone che persero il lavoro o si allontanarono spontaneamente per evitare il peso dell'indagine.12

Il dramma di molti omosessuali e lesbiche nei decenni del 1940'-50' era l'incapacità anche solo di reagire agli abusi e alle intrusioni del governo. Diversamente dagli attivisti di sinistra gli omosessuali erano perseguitati come un gruppo ma non erano affiliati ad alcuna organizzazione, non si definivano secondo una precisa identità e per molti la loro sessualità era una questione di gusti personali non una questione politica da cui partire per acquisire consapevolezza e organizzare una risposta collettiva. La Lavender Scare diede un vigoroso contributo a rafforzare la meccanica della riservatezza e il regime del closet, divenendo per molti una sorta di “prigione-rifugio” e continuando a lungo a costituire un motivo valido per giustificare le politiche repressive governative delle forze dell'ordine13

Ma la campagna volta a smascherare le “perversioni” sessuali ebbe l'effetto opposto di stimolarne la visibilità nel dibattito pubblico. Mentre il giudizio negativo sull'omosessualità della società statunitense si rafforzava, sempre più studiosi indagavano le dimensioni sorprendenti del fenomeno e si interrogavano se alcune devianze sessuali potessero costituire non un'eccezione, ma la “normalità”.

12 James Sears, Lonely Hunters: A Oral History of Lesbian and Gay Southern Life, 1948-1968, Westview Press, Colorado, 1997, p.32

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2.2 Gli studi di Kinsey e la riforma dei reati sessuali nel Model Penal

Code

I cambiamenti sociali che interessarono la società statunitense a partire dalla fine del Secondo Conflitto Mondiale portarono ad una ridefinizione culturale della sessualità, con effetti diversi ma spesso conseguenti a seconda del mondo eterosessuale e di quello omosessuale.

Il periodo postbellico fu testimone di un rinnovato benessere economico, con un massiccio incremento dei matrimoni e delle nascite. Rispetto alle maggiori libertà sessuali e sentimentali che il periodo della mobilitazione aveva elargito, tanto agli eterosessuali quanto agli omosessuali, la società abbracciò il ritorno a un passato idealizzato, sul recupero della dimensione familiare e rafforzando i tradizionali ruoli di genere. In particolare, la crescita dei salari e la piena occupazione maschile determinarono l'egemonia del maschio Breadwinner, depositario del potere economico in famiglia, mentre la donna era esclusa dal mondo lavorativo e relegata al ruolo di angelo del focolare e di cura della prole. Questa visione prese nome di “Culto della Normalità” e traeva forza dalla tradizionale fobia puritana verso l'autonomia della donna e le diversità delle scelte sessuali.14

Nonostante l'apparente rilancio della visione normativa della famiglia i costumi sessuali delle coppie mostravano di essere meno vincolati al modello riproduttivo. Come gli studi dimostrarono, in questi anni cominciano a essere sdoganate numerose pratiche sessuali non riproduttive, aventi funzione di equilibrare il desiderio sessuale e il tacito controllo riproduttivo della coppia prima del matrimonio. Questo ridefinizione delle norme sessuali era tuttavia ristretta alla dimensione eterosessuale, finalizzata alla realizzazione familiare, mentre il sospetto noi del diverso, figlio di una logica del contenimento, sopravviveva verso chi non voleva o non poteva uniformarsi a tale modello esclusivo.15

Il mondo scientifico non rimase indifferente ai cambiamenti sociali, fornendo con la ricerca sul campo prospettive sui comportamenti sessuali, con il contributo di 14 Kellog, Domestic Revolution, (cit.) pp.177-197

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pionieri degli studi sessuali come Alfred Kinsey (1894-1956), professore e ricercatore presso l'università dell'Indiana. A partire dal 1938 Kinsey compì interviste a persone comuni sulla loro vita sessuale, con questionari anonimi sulla qualità, la frequenza e il tipo di rapporti consumati. I dati evidenziarono la straordinaria frequenza di comportamenti giudicati dalla scienza del tempo come devianti, non solo l'omosessualità e il lesbismo ma anche rapporti sessuali non riproduttivi dentro e fuori la vita di coppia, sollevando obiezioni e dubbi sulla definizione di “normalità” in ambito sessuale. Kinsey affermò così il superamento di quel rigido binomio oscillante tra gli estremi di norma e devianza, incentrando la sua attenzione sulla funzionalità dell'atto sessuale e constatando il bisogno diffuso della ricerca del piacere rispetto alle aspettative sociali.16

La pubblicazione del suo primo report, “Sexual Behaviour in Human Male” (1948), basato su una poderosa mole di interviste e dati statistici, scosse la coscienza della nazione, in particolare la sua descrizione dell'omosessualità non come disturbo ma come variante naturale del comportamento sessuale, non un estremo ma un elemento inserito all'interno di un più vasto continuum. La sua nuova scala teorica dei comportamenti sessuali, da cui prese nome, dava valenza dimostrativa alla sua famosa dichiarazione:

“Males do not represent two discrete population. The world is not to be divided into sheep and goats. It is fundamental to taxonomy that nature rarely deals with discrete categories [...]”17

Nel 1953 venne dato alle stampe lo studio Human Female, che riuscì a stupire e sconvolgere almeno quanto il precedente, evidenziando l'alta percentuale di intervistate che aveva provato attrazione erotica altre donne in modo più fluido che continuato che nel corso della propria vita, provando inoltre la realtà di dinamiche di piacere sessuale all'interno di rapporti non riproduttivi e non eterosessuali. Il testo lanciava inoltre una profonda accusa al regime di medicalizzazione e catalogazione delle “psicopatologie sessuali”. Il testo sollevò vigorose reazioni nel mondo politico, 16 Miriam Reumann, American Sexual Character: Gender, Sex and National Identity in the Kinsey Report, University

of California Press, 2005, pp.17-35

17 Alfred Kinsey, Wardell Pomeroy, Clyde Martin, Sexual Behaviour in the Human Male, Philadelphia, W.B.Sanders, 1948, consultato in http://ajph.aphapublications.org/doi/10.2105/AJPH.93.6.894 (12/09/2018)

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con molti che videro negli studi di Kinsey una minaccia per la tenuta fisica e morale della società. Qundo l'FBI iniziò a indagare sull'istituto di ricerca di Kinsey per accusa di importazione e detenzione di materiale pornografico, la fondazione che ne patrocinava gli studi ne tagliò i fondi. Con la morte dello stesso Kinsey nel 1956, si interruppe definitivamente la possibilità di altre sue ricerche scientifiche.18

Gli studi di settore di Kinsey diedero tuttavia un contributo scientifico ai primi tentativi di riforma legislativa dei reati sessuali, ad opera della American Law

Institution (ALI), principale organo consultivo addetto all'ammodernamento del

codice penale statunitense, il cui lavoro si tradusse nel Model Penal Code del 1962. La ALI propose per la prima volta la depenalizzazione di alcuni reati sessuali quali adulterio, fornicazione, pratiche sessuali atipiche in privato e tra adulti consenzienti, tra cui la sodomia omosessuale.19

La necessità di una riforma innovativa del sistema giuridico era motivata da numerosi come problemi sociali innescati dalla Grande Depressione ed era caratterizzata da una nuova visione utilitarista del diritto, frutto in parte del positivismo scientifico dell'era Progressista, in parte del recupero della tradizione liberale da Benthm a John Stuart Mill. Per i professori universitari e accademici riformatori quale Herbert Wechsler, il diritto penale poteva essere rinnovato anche con i contributi dalle Scienze “Liberali” come indagini scientifiche sulla società, i suoi comportamenti e i suoi bisogni.20 La sodomia si trovava in questo processo in una posizione ambigua. Se la cultura giuridica del tempo era sicuramente unanime nel condannare moralmente l'omosessualità, allo stesso tempo giudicava la legislazione contro i reati sessuali desueta e controproducente. Il corpo giuridico era sempre più sensibile al bisogno di razionalizzare la macchina burocratica e la corruzione tra le forze dell'ordine, i costi di indagini sotto copertura e retate andavano in senso opposto. Le ricerche di Kinsey ebbero in questa fase un ruolo chiave perché, presentandosi come un elemento scientifico, contribuirono a diminuire la percezione della pericolosità di alcuni tipo di rapporti sessuali. Questo, unito al pragmatismo del tempo, rese possibile allontanare 18 Neumann, American Sexual Character, (cit.), pp.86-94

19 Eskridge, Dishonorable Passions, (cit.) pp.124-126

20 Anders Walker, The Anti-Case Method: Herberth Wechsler and the Political History of the Criminal Law “in Ohio State Journal of Criminal Law”, Vol.7, 2009, pag.31

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l'attenzione dai comportamenti consensuali e consumati in privato e conservare le leggi contro violenze, atti sessuali in pubblico e alla presenza di minori.21

L'apporto degli studi di Kinsey non rimase limitato agli Stati Uniti ma si estese al resto dei paesi Europei. In Inghilterra influenzò i lavori della Departmental

Committee on Homosexual Offences and Prostitutions, altrimenti nota come

Commissione Wolfenden che costituì un tentativo moderno di analizzare il fenomeno omosessuale nel Regno Unito sotto un profilo di ricerca scientifica. La pubblicazione dei risultati nel 1957 ebbe un largo impatto nella società del tempo, poiché esprimeva un primo parere favorevole alla decriminalizzazione del reato di sodomia Consensuale in privato.22

I risultati emersero tuttavia prima negli Stati Uniti. Nel 1961 l'Illinois, recependo il nuovo codice penale, diveniva così il primo stato a decriminalizzare il reato di sodomia consensuale per gli omosessuali.

La prima depenalizzazione della sodomia consensuale privata fu un processo silenzioso e poco dibattuto, che ebbe successo perché inizialmente limitato ai dibattiti accademici e al mondo delle élite giuridiche, mentre il resto della società, molto meno tollerante sull'omosessualità restava pressoché all'oscuro del dibattito. La stessa politica, più interessata a migliore dell'efficienza della macchina statale, mostrava di non possedere una reale percezione degli effetti secondari che avrebbe portato l'adozione integrale del Model Penal Code e le comunità religiose come quella cattolica e protestante erano più preoccupate per le nuove normative sul divorzio consensuale e ostacolare la legalizzazione della contraccezione.23

Gli stessi omosessuali, diretti beneficiari della riforma, non avevano una chiara percezione del processo in corso e tanto meno la possibilità di influenzare la politica. Mentre l'Illinois depenalizzava il reato di sodomia, il mondo omosessuale era ancora privo di una organizzazione legittimata dalla politica a esprimere le necessità di una comunità. Tuttavia quest'ultimo elemento stava cominciando a cambiare quando, a 21 “Report of Illinois Commission on Sex Offender, to the 68th General Assembly of the State of Illinois” Springfield,

Illinois, March 15, 1953, nota 2,8,9 digitalizzato in https://archive.org/details/reportto68thgene00illi (consultato il 12/05/2018)

22 Patrick Higgins, Heterosexual Dictatorship: Male Homosexuality in Post-War Britain, London, Fourth Estate, 1996, pp. 11-13

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partire dalla fine degli anni Cinquanta e i primi anni Sessanta, emersero i primi attivisti che tentarono di ergersi a portavoce della loro minoranza e contrapporre alla narrazione dominante la propria voce. Questo percorso difficile e frastagliato ebbe risvolti imprevisti ed è lecito supporre che l'attivismo, accendendo i riflettori della scena pubblico sulle rivendicazioni delle minoranze sessuali, di fatto indebolì quella via legislativa silente alla decriminalizzazione di alcuni reati sessuali.

2.3 La nascita della Mattachine Society e il primo attivismo omofilo

Il report di Kinsey gettò luce sulla natura e la diffusione del fenomeno omosessuale, una realtà la cui dimensione era spesso ignota ai suoi stessi membri. La consapevolezza di far parte di un gruppo discriminato, unita all'azione governativa volta a spezzare l'anonimato del closet spinse molti a organizzare una risposta politica, ma senza mettere da parte il tacito patto di riservatezza del closet. Nel 1950 nacque la prima associazione omosessuale statunitense, la Mattachine Society of Los

Angeles, guidata inizialmente da Harry Hay, attivista comunista e omosessuale.24 Harry Hay partiva dall'osservazione che la condizione sociale degli omosessuali fosse analoga in molti casi a quella di altre minoranze oppresse e al pari degli afroamericani, gli omosessuali si identificavano tramite specifici codici sociali, possedevano un proprio territorio urbano e vedevano le loro espressioni culturali regolarmente represse dalle forze dell'ordine. Diversamente dagli afroamericani, questa comunità mancava però di consapevolezza politica e di una struttura che la organizzasse e Hay, ispirandosi alla rete di cellule clandestine del partito comunista statunitense, propose di realizzare quella piattaforma politica e concertare un'azione comune assieme ad altri gruppi oppressi.25

Il progetto andò tuttavia incontro al fallimento. Da un lato le leggi repressive vanificavano ogni tentativo di sensibilizzazione politica tra gli omosessuali, perché 24 John d'Emilio, Sexual Politics, Sexual Communities, (cit.) p.58

25 Stuart Timmons, The Trouble with Harry Hay, Founder of the Modern Gay Movement, Alison Publications, Boston, 1990, pp. 38-94

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ogni gesto pubblico si traduceva nella perdita del lavoro e della dignità sociale, da cui l'assenza quasi totale di risorse e la possibilità di reclutamento. Dall'altro era del tutto assente un progetto realistico per contestare le leggi sulla censura e la sodomia. Del tutto assente erano invece i legami con associazioni per i diritti civili, come la

National Association for the Advance of Colored Persons ( NAACP ) che potevano

vantare decenni di esperienza, una base di attivisti più nutrita e maggiori risorse tramite cui conseguire importanti successi, in politica come presso la Corte Suprema.26

Nel 1953 la Mattachine Society cominciò a rinnovarsi, aprendo a una visione più attenta al tema dei diritti civili e di sensibilizzazione della sua comunità. Le difficoltà continuavano ad essere ancora enormi, a causa della pesante cappa di controlli da parte delle forze dell'ordine. Un contributo importante e inaspettato per la vita di questi primi circoli giunse dalla Corte Suprema sotto la guida del giudice Earl Warren, esprimendo con una serie di sentenze maggiori tutele al diritto di associazione, per la comunità afroamericana in NAACP v Alabama27 e per minoranze

politiche e in Yates v United States28, alla luce rispettivamente del Quattordicesimo e del Primo Emendamento.

Le sentenze incoraggiarono le associazioni omosessuali a rivendicare tutele analoghe ai propri membri, portando nella seconda metà degli anni Cinquanta alla crescita delle iscrizioni e del numero delle sedi della Mattachine, nonostante la pesante cappa di indagini e interferenza di organizzazioni governative come l'FBI che le infiltravano regolarmente. Nuove sedi parallele vennero inaugurate a New York (1955), Chicago (1955), Denver (1956), Boston (1957), Washington D.C. (1957), Detroit (1958) e Philadelphia (1961). Nel 1955 venne fondata a San Francisco la prima associazione a carattere lesbico, le Daughters of Bilitis e nello stesso anno fu varato il primo periodico a tematica omosessuale, la One Inc., che se inizialmente era destinata solo agli iscritti della Mattachine, si aprì al largo pubblico di lettori che popolavano il sottobosco dei locali e delle aree di cruising.29

26 Stefano Luconi, Gli afroamericani, (cit.), pp.179-194 27 NAACP v Alabama, 357 U.S. 449 (1958)

28 Yates v United States, 354 U.S. 298 (1957) 29 Eskridge, Dishonorable passions, (cit.), p.128

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La Mattachine investì molto del suo impegno nel tentativo di cambiare il giudizio negativo sull'omosessualità, proponendone una visione dignitosa ma discreta, incentrata più sull'elemento dell'affetto rispetto a quello polemico e scottante, della sessualità. I primi attivisti omosessuali preferirono quindi definirsi “Omofili” e tale fu chiamato il movimento da loro guidato. L'idea era di procedere a un graduale miglioramento delle condizioni sociali degli omosessuali, mostrando come questi potessero venire inclusi nella società, mano mano che le leggi che li discriminavano fossero state riformate in sordina dalla politica. Questo progetto parve inizialmente il migliore compromesso possibile, poiché non richiedeva l'accettazione dell'omosessualità, elemento giudicato irrealistico e improponibile alla società del tempo.30

Nonostante l'iniziale crescita della Mattachine, i limiti reali di questa politica emersero all'alba degli anni Sessanta. Numerosi fattori, tra cui la la scarsa formazione giuridica degli attivisti non portarono l'associazione a sfidare le leggi omofobe e le pratiche discriminatorie delle forze dell'ordine. Gli appelli di cooperazione con altre forze politiche o altre realtà sociali impegnate sul fronte dei diritti civili risultarono impossibili, anche se le battaglie della NAACP nell'ambito delle discriminazioni razziali che quello della Planned Parenthood per la contraccezione femminile anticiparono molti degli argomenti legali a cui si sarebbero ricollegati gli avvocati gay nei decenni successivi.31

Il forte isolamento rispetto a queste realtà era aggravato non solo dallo stigma omofobo ma anche dalla forte omogeneità dei primi attivisti della Mattachine. Il predominio di una maggioranza di omosessuali maschi e bianchi nella struttura dell'associazione ostacolava l'ingresso di donne e uomini omosessuali di colore, che potevano servire da collegamento con altre realtà capaci di vantare una maggiore esperienza in fatto di rivendicazioni di diritti civili. Mancavano infine anche le risorse economiche per conseguire tali ambiziosi progetti perché la fonte principale dei 30 John D'Emilio, “Dream Deferred. The birth and betrayal of Amarica's first gay liberation movement”, in Making

Trouble. Essas on Gay History, politics and the University, Routledge, New York, 1992, pp.17-56

31 Steven Epstein, “Gay and Lesbian movements in the United States Dilemmas of identity, Diversity and Political Strategy” in B.Adams, J.Willem Duyvendak, A.Krowel, The Global Emergence of Gay and Lesbian Politics:

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finanziamenti della Mattachine proveniva da contributi individuali e dagli abbonamenti a riviste, sufficienti spesso a sostenere soltanto le spese di base della associazioni.32

Mentre l'attivismo omofilo mostrava i suoi limiti, alcuni attivisti avevano già compreso l'importanza di sfruttare il sistema giuridico per ottenere dei riconoscimenti, anche se ciò significava esporsi in prima persona. Franklin Edward Kameny (1925-2011) fu uno dei primi omosessuali che, dopo essere stato licenziato dall'esercito nel 1957 durante il periodo della caccia agli omosessuali, decise di citare il suo caso presso la Corte Suprema.33

La petizione di Kameny si basava su una originale critica delle regole federali di licenziamento, che anticipava la strategia giuridica degli avvocati basata sulla violazione del Free Speach Clause del Primo Emendamento. Nel suo appello alla Corte Suprema, Kameny contestava l'accusa di “condotta immorale” alla base del suo licenziamento, l'arbitrarietà del governo federale nel discriminare i propri impiegati, l'assenza di valutazioni sulla pericolosità dell'omosessualità basate su prove scientifiche, in assenza dei quali era incostituzionale imporre un codice di condotta morale ai suoi cittadini. La Corte respinse la petizione di Kameny per infondatezza, respingendola nel 1961.34

Kameny fu uno tra i pochissimi omosessuali discriminati dal governo federale a portare il suo caso nelle aule di giustizia. I casi giuridici successivi dimostrarono come fosse un'impresa ardua far pervenire alla Corte Suprema una petizione che contenesse riferimenti espliciti all'omosessualità. Nella successiva decade la scelta degli avvocati verso i pochi attivisti e cittadini che osavano sporgere denuncia fu di consigliare di risolvere i loro contenziosi presso le corti di circuito inferiore, dove maggiori erano le possibilità di ottenere sentenze positive. L'insuccesso giuridico di Kameny costituì l'inizio della sua carriera come attivista e personaggio politico. Molte delle sue tesi, quali il diritto a manifestazione pubblicamente il proprio orientamento sessuale ( coming out ), rivendicare forme attive di inclusione a tutela 32 Lillian Faderman, Stuart Timmons, Gay L.A.: A History of Sexual Outlaws, Power Politics, and Lipstick Lesbians,

Basic Books, New York:, 2006, pp.175-93 33 Johnson, The Lavender Scare, (cit.) pag.174 34 Eskridge, Dishonorable Passions, (cit.), p.137

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degli omosessuali ( affirmative action ) sensibilizzare la base civile per stimolare il cambiamento legislativo ( grassroot movement ) anticiparono i temi e i modi dell'agire politico del movimento di liberazione omosessuale.

2.4: I casi giudiziari negli anni Sessanta e la sottocultura omosessuale

fino ai moti di Stonewall

Negli anni Sessanta, mentre la Mattachine Society e le Daughters of Bilitis erano costituite da poco più di un centinaio di associati, un numero assai superiore di omosessuali e lesbiche frequentava il tessuto illegale dei bar sparsi nel paese. Da luoghi di divertimento e incontro sessuale, periodicamente chiusi e rastrellati dalle forze dell'ordine, questi pub avevano cominciato ad assumere il ruolo di punti di aggregazione per una comunità assai più eterogenea rispetto alle associazioni omofile dell'epoca e sempre più consapevole della propria specifica identità.35

Diversamente dalla Mattachine Society, il mondo dei locali era frequentato sia da uomini sia da donne, sia da bianchi sia minoranze razziali come afroamericani e

latinos, sia da dipendenti pubblici sia da operai. Vi erano inoltre categorie sociali

diverse sul piano dell'identità di genere non rappresentate dalla Mattachine come drag queen, transessuali e travestiti. I locali si ponevano in contrasto con i rispettabili scopi delle associazioni ed erano denunciati poiché legati al mondo della criminalità organizzata e della prostituzione, ma rispondevano a quelle necessità di socializzazione a cui l'attivismo non offriva risorse.36

Chi popolava il sottobosco dei locali clandestini era spesso definito come Queer, strano, effeminato e immorale. Sul finire degli anni Sessanta questo soggetto cominciò a rivendicare la propria specifica identità con un innovativo senso di 35 Mary Bernstein, “Identities and Politics: Toward a Historical Understanding of the Lesbian and Gay Movement”,

Social Science History, vol.26, No.3 (2002) pp.542-546

36 Brett Beemyn, “A Queer Capital: Race, Class, Gender, and the Changing Social Landscape of Washington’s Gay Communities, 1940-1955”, in Creating a Place for Ourselves: Lesbian, Gay and Bisexual Community Histories, Rutledge, New York, 1997, pag.187-200

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orgoglio. La nuova generazione emersa dal dopoguerra mostrava infatti un maggiore interesse a vivere la propria sfera sessuale in modo dinamico, libero dal senso di vergogna indotto dalla morale tradizionale. La volontà di uscire dalla sfera del sesso strettamente monogamico e riproduttivo e dalla gabbia dei ruoli di genere familiari percorreva allora in modo trasversale la società statunitense, partendo dalla rivendicazioni delle Femministe in materia di contraccezione e aborto. Il volontà di assicurare l'autonomia decisionale per la donne in materia di gravidanza e riproduzione non era solo una battaglia in nome dei diritti individuali, ma costituiva un elemento di critica al modello familiare patriarcale e a quel regime della “domesticità”, giudicato ormai oppressivo e di ostacolo alla loro affermazione sociale.37

Stimolate dalle osservazioni provenienti dall'opera “Il Secondo Sesso” di Simone de Beavouir e la “Mistica Femminile” di Betty Friedan molte femministe denunciarono il predominio maschile sulla società, rivendicarono la propria identità contro il sessismo e lo sfruttamento femminile. La nuova consapevolezza di se' portata avanti in gruppi di attiviste, impegnate in progetti di condivisione di esperienze personali dal carattere culturale innovativo, contribuì a forgiare una maggiore consapevolezza nella sottocultura lesbica e omosessuale, donando un contributo significativo nello sviluppo delle teorie della liberazione sessuale.38

La nuova identità nasceva connotata da forti ideali di riscatto sociale e ribellione verso l'ordine costituito, sopratutto in reazione alle continue vessazioni delle forze dell'ordine dirette verso i locali e i luoghi dove gli omosessuali si riunivano. Qui emersero nuove figure di attivisti, come José Sarria, proprietario del locale di San Francisco Black Cat che, facendosi forti del sostegno della folta comunità che gravitava nella sua attività, si trasformò in portavoce politico nelle dinamiche elettorali locali, rapportandosi con le forze dell'ordine al pari di altre minoranze. Questo cambiamento mise in forte discussione il ruolo di rappresentanza della

37 Ruth Rosen, The World Split Open. How the Modern Women's Movement Changed America, Penguin Edition, New York, 2001, pag.10-40

38 Catherine MacKinnon, Toward a Feminist Theory of the State, Harvard University Press, Cambridge, 1989, pp. 83-154

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Mattachine, facendo apparire la loro ricerca di rispettabilità sociale infruttuosa.39 Le prime voci di dissenso alla politica di “assimilazione” proposta dalla Mattachine emersero proprio da dentro l'associazione. Il periodico One Inc. fu in prima linea a propagandare l'idea di una narrazione dell'omosessualità autonoma e critica, più decisa a denunciare i soprusi delle forze dell'ordine. L'impegno della redazione del giornale finì per scontrarsi con l'FBI che censurò tramite il Dipartimento Postale le sue pubblicazioni. Il caso finì alla Corte Suprema, chiamata nel 1957 la Corte Suprema a pronunciarsi sull'accusa di oscenità in One, Inc. v Olesen.40 I giudici si espressero a favore della rivista, constatando come il tipo di materiale pubblicato dal periodico rientrasse negli spazi di libera espressione tutelati sotto il Primo Emendamento. Si superava così parte della censura ottocentesca senza che questo costituisse un gesto apologetico. Nudità e pornografia continuavano comunque a venir sanzionate, come si vide nella successiva sentenza in Roth v United States41 per il caso di un libro contenente immagini di nudo femminile. Ma proteggendo One la Corte Suprema assicurava la diffusione della letteratura omosessuale presso un pubblico più largo. Gli anni Sessanta videro le pubblicazioni di Another Country (1962) di James Baldwin, A Single Man (1964) di Christhoper Isherwood e City of

Night (1963) di John Recky, libri che forse non sarebbero stati pubblicabili negli anni

50'.42

Un ulteriore esempio di come i giudici contribuirono allo sviluppo di una giurisprudenza più attenta alle violazioni dei diritti fondamentali, anche quando includevano gli omosessuali, si vide nell'ambito dell'applicazione del Model Penal

Code alle pratiche di indagine e arresto delle forze dell'ordine. Sotto la spinta delle

denunce degli avvocati della ACLU, un sempre maggior numero di giudici era arrivato a bocciare quale violazione del Due Process le indagini e le perquisizioni spesso illegali, le confessioni e gli arresti compiuti con la violenza, rendendo le indagini più difficili e costose. In questo anche le associazioni tradizionali svolsero 39 Faderman, GAY L.A., (cit.), pp.154-158

40 One, Inc. v Olesen, 355 U.S. 371, (1958) 41 Roth v United States, 354 U.S.476 (1957)

42 Georges-Michel Sarotte, Like a brother, like a lover: male homosexuality in the American novel and theater from

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un loro ruolo, stampando opuscoli per diffondere nella clientela dei locali la consapevolezza dei propri diritti o informazioni pratiche, su come ad esempio comportarsi con le forze dell'ordine e cosa fare per evitare di incriminarsi, intitolati ad esempio “ Your rights in case you are arrested ”.43

La Mattachine tuttavia non era in grado di dare un sostegno politico concreto nel tradurre la consapevolezza dei propri diritti in pratiche di polizia accettabili, come si vide nel caso delle ordinanze municipali che proibivano la congregazione e i contatti fisici tra i clienti dello stesso sesso nei locali pubblici. Tali divieti erano frequentemente usati dalla polizia e portavano spesso a più arresti delle leggi contro la sodomia. In risposta nacquero le prime associazioni di bar e sale da ballo gay negli anni Sessanta per la legalizzazione e la messa in sicurezza di questi luoghi dalla criminalità. Nonostante una prima sentenza favorevole della Corte Superiore dello stato del New Jersey nel 1967, che denunciò l'incostituzionalità di tali leggi in One

Eleven Wines & Liquors, Inc. v Division of Alcoholic Beverage44, la fine delle pratiche di arresti di massa e controlli intrusivi da parte delle forze dell'ordine avvenne solo nel decennio successivo.45

Sotto la spinta di questi cambiamenti, le associazioni tradizionali comunicarono ad avanzare progetti più audaci. Nell'aprile del 1966 le diverse sigle omofile si riunirono a Kansas City per fondare la North American Conference of Homophile

Organizations ( NACHO ). La conferenza adottò alcune risoluzioni che sarebbero

state alla base del movimento per i diritti negli anni successivi: l'uguaglianza giuridica, la fine della legislazione omofoba e del trattamento discriminatorio sul posto di lavoro, l'affermazione di una naturalità positiva dell'essere omosessuali. In questa agenda politica era esplicitamente richiesta di uguaglianza per i cittadini gay al pari di quelli eterosessuali. Implicita era la nozione che le leggi contro la sodomia dovessero essere rimosse.46

La NACHO si ispirava alle manifestazioni degli afroamericani e realizzò le prime 43 Martin Meeker, Behind the mask of responsability: reconsidering the Mattachine Society and Male Homophile

practice, 1950-1960 in “Journal of History of Sexuality”, Vol.10 No.1, (2001) pp. 76-101

44 One Eleven Wines & Liquors, Inc. v Division of Alcoholic Beverage, 50, New Jersey, 329 (1967)

45 Eric Marcus, Making History: The Struggle of Gay and Lesbian Equal Rights, 1945-1990, Harpercollins, New York, 1993, pp.136-165

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manifestazioni pubbliche ufficiali dell'attivismo omosessuale, con picchettaggi e sit-in omosessuali davanti agli edifici storici del governo Federale a Philadelphia e Washington D.C. Tuttavia la nuova realtà non seppe né sanare i dissidi tra tradizionalisti e innovatori, che cercavano di includere soggetti diversi, come femministe, afroamericani e pacifisti, né controbilanciare l'attrazione verso una strategia “rivoluzionaria” di contestazione con la tradizione più pacata dell'attivismo omofilo. La stessa comunità recepiva le tensioni sociali di fine anni Sessanta e le manifestò in modo dirompente il 28 giugno 1969 a New York, con lo scoppio una serie di rivolte contro le forze dell'ordine a seguito di alcuni arresti avvenuti in un locale gay di nome Stonewall in Greenwich Street. La reazione fu un vero e proprio moto popolare da parte della clientela e della comunità omosessuale che popolava il quartiere. Il collante di soggetti diversi era l'insofferenza verso gli abusi e gli arresti continui delle forze dell'ordine, ma l'evento divenne l'occasione per di esprimere e manifestare, oltre alla rabbia, un nuovo nuovo senso di identità e orgoglio.47

I moti di Stonewall furono un evento eccezionale ma non isolato dal resto della società statunitense, in quanto esplosero sull'onda di un ciclo di violente manifestazioni, dal movimento dei diritti civili per gli afroamericani ai pacifisti contro la guerra in Vietnam, dal movimento studentesco a quello femminista, che stavano percorrendo gli Stati Uniti e il resto del mondo occidentale e industrializzato. Dall'evento emerse una nuova associazione, la Gay Liberation Front ( GLF ) che faceva propri i modelli di organizzazione e azione collettiva che aveva visto praticare da altre realtà, come la contestazione pubblica delle forze dell'ordine e dell'autorità, proclamava la fine del regime di discriminazione, entusiasmando con il suo messaggio i membri delle comunità gay, mentre Stonewall veniva celebrato come momento simbolico della nascita dello stesso movimento omosessuale.48

Questi sviluppi portarono a due sensibili conseguenze. La prima fu il venir meno della possibilità di creare un'organizzazione comune a livello nazionale di fronte all'esplodere della divergenze tra nuovi e vecchi movimenti. La rottura non era solo generazionale tra GLF e la NACHO ma di genere, in particolare le lesbiche che 47 David Carter, Stonewall, the Riots that sparked the Gay Revolution, St. Martin's Griffin, New York, 2010, p.198 48 Carter, Ibidem, (cit) pp.210-222

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denunciavano il loro ruolo subalterno e il maschilismo della comunità gay. Molte attiviste arrivarono a staccarsi dalla NACHO e dal GLF per formare le proprie associazioni, focalizzando su progetti di identità lesbica o alla risoluzione di problemi più specifici, come gruppi di auto-aiuto e condivisione, sensibilizzazione su pratiche medico-contraccettive, laboratori artistici per coltivare espressioni culturali a tematica esclusivamente femminile.49

La seconda fu il fallimento del tentativo di creare un fronte politico comune, non riuscendo a includere nel movimento omosessuale le altre realtà attive nei diritti civili, come il mondo afroamericano. Il ruolo predominante di leader e comunità religiose contribuiva a dare dell'omosessualità un giudizio negativo. Solo le associazioni a carattere rivoluzionario, in quanto schierate su posizioni filo-marxiste, poterono aprirsi con gradualità, come ad esempio le Pantere Nere, ma senza fornire contributi significativi.50

Le istanze culturali del movimento di liberazione omosessuale stentarono a fare breccia nella comunità afroamericana anche per reciproci pregiudizi. Ad esempio, mentre molti gay afroamericani respingevano la visione culturale del soggetto omosessuale, gay e queer, privilegiando il canone della virilità eterosessuale della

Black Masculinity, molti omosessuali bianchi isolavano gli omosessuali di colore in

virtù degli stessi pregiudizi razzisti degli eterosessuali.51

Nonostante le difficoltà, gli attivisti della Liberazione Sessuale si imbarcarono nel progetto politico ambizioso di riforma dei costumi sessuali, non al fine di essere finalmente inclusi, ma per mutare radicalmente la visione dell'intera nazione sulla sessualità. Se questo percorso era destinato a un generale fallimento, nel lungo periodo il progetto di ridisegnare le norme sessuali assunse la caratteristica di un fenomeno carsico, continuando a esercitare il ruolo del giudizio critico nella società e riemergendo nei momenti di particolare crisi.

49 Dudley Clendinen, Adam Nagourney, Out for Good: the Struggle to Build a Gay Rights Movement in America, Simon&Schuster, New York, pp.85-103

50 Michael Hardin, “Ralph Ellison's “Invisible Man”: Invisibility, Race and Homoeroticism from Frederick Douglas to E. Lynn Harris”, The Southern Literary Journal Vol.37, No.1, 2004, pp.96-120

51 Kevin Mumford, Not Straight, not White, Black Gay Man from the March of Washington to the Aids Crisis, the University of North Carolina Press, 2016, pp.67-84

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2.5: Il movimento di liberazione omosessuale e la contestazione del

mondo psichiatrico

La nuova generazione di attivisti emersa dai moti di Stonewall ruppe radicalmente la continuità con il movimento omofilo, rigettando come passato storico e accantonando alcuni dei suoi progetti politici più significativi, come la battaglia per la decriminalizzazione della sodomia.

Il contributo del GLF fu significativo sul piano culturale, traendo dalla retorica del movimento afroamericano l'orgoglio per la propria identità, facendo propri i motti come “Gay Power” e “Gay is Good” e celebrando della propria identità in eventi periodici che celebravano i moti di Stonewall, noti come Gay Pride. Ma sopratutto modificò la nozione di coming out adattandola al messaggio della liberazione sessuale. Se all'origine il termine indicava il momento del primo rapporto sessuale, un fatto intimo e vissuto in privato, ora il coming out diviene la dichiarazione della propria omosessualità, un gesto pubblico e dal valore politico, atto a contestare il silenzio che legittimava la discriminazione ai danni degli stessi omosessuali.52

La critica culturale del GLF ai pregiudizi sessisti si tradusse nella battaglia contro la medicalizzazione forzata dei comportamenti sessuali non conformi. Essa vide come principale bersaglio la contestazione del mondo psichiatrico, in particolare la

American Psychiatric Association ( APA ) che dal 1951 aveva incluso l'omosessualità

all'interno del suo manuale diagnostico come una malattie mentali. Questa scelta non legittimava solo le leggi contro i reati sessuali, come la sodomia, ma aveva portato a un inasprimento delle condizioni di chi era soggetto a queste leggi.53

Poiché l'omosessualità era considerata dalle autorità una malattia mentale, era infatti comune la collaborazione tra forze dell'ordine e l'autorità sanitaria, al fine di “guarire” gli omosessuali tramite terapie riparatorie. Molti dei condannati per atti di sodomia erano internati in strutture psichiatriche dove spesso il trattamento loro 52Martha Shelley, “Gay is Good” in K.Jay, A.Young, Out of the Closets: Voices of Gay Liberation, New York Press, New York, 1992, pp.32-34

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riservato prevedeva pratiche mediche lesive non solo della dignità ma anche della sua salute fisica, come l'uso di medicinali sperimentali, l'elettroshock, fino ad arrivare alla castrazione chimica. sessuali. Gli istituti di cura divennero simili a “campi di concentramento” e alcuni come la Atascadero's State Hospital in California, aperta nel 1954, fu poi nota tristemente con l'appellativo di “Dachau for Queers”.54

Tuttavia gli studiosi che mettevano in discussione l'omosessualità come una malattia mentale e denunciavano l'inutilità delle terapie di riparazione sessuale mostravano di non essere più singole menti isolate. Negli anni Sessanta ricercatori come la dottoressa Evelyn Hooker (1907-1996) dimostrarono, con più successo rispetto al decennio precedente, come non fosse possibile riscontrare alcuna differenza psicologica fondamentale tra soggetti omosessuali ed eterosessuali.55

Sin dai tempi delle prime ricerche di Kinsey si era andata accumulando una mole crescente di ricerche e dati, grazie anche alle testimonianze dirette di lesbiche e gay che avevano messo in evidenza l'influenza del giudizio sociale nella percezione negativa di loro stessi. Evelyn Hooker si servì della Mattachine Society per ottenere i soggetti su cui basare i suoi esperimenti e la loro visione positiva dell'omosessualità contribuì a dimostrare l'infondatezza di molti pregiudizi omofobi. Nel biennio 1967-1969 la dottoressa Hooker presiedette una task force sponsorizzata dalla National

Institute of Mental Illness. Dopo aver confermato quanto precedentemente scoperto

sollecitò la cancellazione della classificazione diagnostica dell'omosessualità dal manuale del DSM, fino alla rimozione delle leggi sulla sodomia.56

La GLF scelse proprio la lotta contro il regime di medicalizzazione e la denuncia alla categorizzazione medica degli omosessuali come principale campo di battaglia. Diversamente da altri ambiti, le contestazioni caddero in un periodo storico favorevole e il confronto diretto con gli psichiatri diede i suoi frutti.57

Nel 1973 l'APA giunse alla decisione storica di rimuovere l'omosessualità dalla lista dei disordini comportamentali sessuali. Sul finire degli anni 70', grazie al contributo

54 John LaStala, Atascadero: Dachau for Queers?, in “The Advocate”, doc. 11 April 26, 1972

55 Evelyn Hooker, “The adjustment of the male overt homosexual”, in Journal of Projective Techniques, Vol.21, 1957-Issue 1, pag.18-31

56 John D'Emilio, Sexual Politics, Sexual Communies (cit.), pp.116-125 57 Marcus, Making History, (cit), pp.213-227

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della denuncia di omosessuali, lesbiche e transessuali, la scienza medica fu ufficialmente ostile non solo alle leggi sulla sodomia consensuale, ma alla maggioranza delle norme che avevano un impatto discriminatorio sulla vita degli omosessuali.58

I cambiamenti nel mondo della medicina alimentavano la speranza che, venute meno le basi scientifiche su cui l'omofobia si sosteneva, anche la condizione sociale degli omosessuali sarebbe mutata positivamente, spingendoli a uscire dall'ombra e persuadendo il mondo politico ad abbandonare le leggi discriminatorie. Tuttavia questo effetto sperato non si verificò immediatamente, come è visibile caso della battaglia per la riforma del Naturalization Act che escludeva gli immigranti sulla base della pericolosità medica del loro orientamento omosessuale. Nel 1962 la sentenza della Corte Federale del Nono Circuito in Fleuti v Rosemberg59 giudicò passibile di incostituzionalità l'uso del termine “psychopathic personality” da parte dell'Immigration and Naturalization Service ( INS ). Il Congresso emendò la legge, definendo nuovamente l'omosessualità come “devianza sessuale” e riuscendo così a superare il dubbio di costituzionalità. Il nuovo emendamento riuscì a conservarsi producendo anche effetti imprevisti. In Boutilier v Ins60 la Corte Suprema, chiamata a rispondere della deportazione di un cittadino canadese sposato ma respinto in quanto colpevole di atti omosessuali sul suolo statunitense, nel confermare la sentenza e la costituzionalità della legge interpretò così estensivamente il concetto di devianza da includervi anche la bisessualità, nonostante il parere medico-scientifico del tempo non la reputasse un elemento capace di pregiudicare la funzionalità sociale di un individuo. La resistenza dell'INS al cambiamento continuò, tra disimpegno e passaggio della responsabilità ad altre agenzie, fino al 1990, anno della definitiva revisione della legge da parte del Congresso.61

La rimozione dell'omosessualità dal manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentale fu uno dei pochi successi ascrivibili alla contestazione del movimento di liberazione omosessuale, diversamente da molti altri obiettivi ben più utopistici e 58 Faderman, Gay L.A., (cit.) pp.175-177

59 Fleuti vRosemberg, 302 F.2d, 652, 1962 60 Boutilier v Ins., 382 U.S. 118 1967 61 Eskridge, Gaylaw, (cit.), pp.120-137

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rivoluzionari. Nonostante l'entusiasmo, la difficoltà a collaborare con le associazioni tradizionali e interagire in modo produttivo con le istituzioni esistenti decretò il declino della GLF nel corso degli anni 70'. Il suo posto preso dalla Gay Activists

Alliance ( GAA ) focalizzata sul percorso delle riforme politiche e al dialogo con le

istituzioni.62

Sebbene la comunità omosessuale mostrasse al suo interno notevoli sfaccettature e divisioni culturali, la contestazione e le rivendicazioni crescenti avanzate dal movimento nel corso degli anni 70' ebbero l'effetto imprevisto di stimolare ulteriormente la reazione della parte più conservatrice della società. I rappresentanti delle comunità religiose e i politici conservatori, che non aveva mai smesso di percepire il mondo omosessuale come una minaccia concreta all'ordine sociale, videro allora nella conservazione ad oltranza del reato di sodomia un modo per contenere legalmente le manifestazioni pubbliche degli omosessuali, impedire la temuta trasformazione delle loro comunità tradizionali in mete di “turismo sessuale” e ostacolare il raggiungimento della tanto agognata dignità sociale.

2.6: Le associazioni legali e la sfida costituzionale al reato di sodomia

I moti di Stonewall segnarono sia per l'emergere di una nuova identità omosessuale, sia per rinvigorire in termini numerici il movimento e il mondo dell'attivismo. La mobilitazione e la crescita della consapevolezza delle discriminazioni patite da parte degli omosessuali stessi non fece che dare ulteriore spinta alla creazione di associazioni legali specifiche, come la Legal Defens and Education Found (LAMBDA) con sede a New York.63

Le associazioni legali si focalizzavano nell'assistere le vittime di discriminazione e abusi da parte delle forze dell'ordine. Modello di riferimento era la NAACP, che aveva mostrato come pianificare casi legali potesse costituire la chiave di volta nel 62 Tony Marotta, The Politics of Homosexuality, Houghton Mifflin, New York, 1981, pp.110-130

63 Ellen Andersen, Out of the Closet and into the Court: legal opportunity Structures and Gay Rights Litigations, University of Chicago Press, Ann Arbor, 2005, pp. 1-32

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riformare il sistema giuridico, porre fine a trattamenti iniqui e discriminatori, con benefici sociali a vantaggio delle minoranze. I suoi successi legali presso la Corte Suprema, primo tra tutti Brown v Board of Education, attirarono l'attenzione di una miriade di altri movimenti, con una proliferazione di studi legali specializzati. La nascita della Lambda avvenne sotto pessimi auspici. L'organizzazione operava con numerosi handicap, quali la mancanza cronica di fondi, la carenza di personale qualificato, l'assenza di sostegno da parte delle istituzioni. Il primo caso della Lambda riguardò addirittura il proprio diritto a operare ed esistere e fu solo dopo aver vinto la sentenza nella Corte d'Appello di New York In Re Thom64 che i lavori poterono ufficialmente cominciare.

All'atto di nascita della Lambda, la galassia delle associazioni legali degli omosessuali era frammentata, atomistica e incapace di comunicare l'una con l'altra. Ognuna lavorava isolata da altre realtà, mentre solo i casi più importanti emergevano nel contesto nazionale. In questo caso il coinvolgimento della Lambda si limitava all'invio di amicis curiae brief mentre le poche risorse venivano investite per seguire i più promettenti. Non tutti i casi venivano inoltre presi in considerazione, poiché l'assistenza della LAMBDA era ristretta solo a chi poteva dimostrare di essere stato discriminato da un ente governativo a causa esclusivamente della propria omosessualità, e se il caso presentava margini significativi per rivendicare violazioni costituzionali sotto il Substantive Due Process e l'Equal Protection Clause.

I diritti e i limiti posti alla libertà sessuale erano sempre stati oggetto di dibattito nella storia degli Stati Uniti. La Corte Suprema, con il caso Griswold vConnecticut 65 diede il suo contributo originale nella definizione di diritto fondamentale alla privacy, condannando la legge del Connecticut contro l'uso di contraccettivi per le coppie sposate. Il giudice Douglas, portavoce dell'opinione della Corte, affermò come la legge interferisse direttamente nella privacy tra marito e moglie, una tutela che esisteva nelle penombre dei diritti non enumerati, ma garantiti, del Bill of Rights: “ Would weallow the police to search the sacred precincts of marital bedrooms for telltale signs of the use of contraceptives?” [...] “The very idea is repulsive to the 64 In Re Thom, 350 N.Y.S. 2d. 1 (1973)

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notions of privacy surrounding the marriage relationship.”66

La definizione di diritto fondamentale applicato alla privacy maritale, come articolata in Griswold, produsse un'opposizione immediata entro la Corte stessa, pur vedendo una maggioranza favorevole di sei membri contro tre. Secondo i giudici dissenzienti l'assenza di un riferimento esplicito nel dettato costituzionale sulla privacy non consentiva di integrarvi tale nozione. Secondo l'opinione del giudice Douglas, portavoce della maggioranza dei giudici, includere il concetto della “privacy sessuale” nel Due Process costituiva un'operazione legittima se confrontata nel percorso che aveva portato alla condanna della segregazione razziale. Così come la Corte aveva riconosciuto i diritti celati nelle “zone d'ombra” del primo Emendamento per la libertà d'espressione degli afroamericani, ora poteva accogliere legittimamente le richieste di privacy alla luce del Quattordicesimo, rafforzata dalla consapevolezza storica che la tutela della sfera familiare era un elemento che anticipava la formulazione del Bill of Right e che era quindi implicito nella volontà dei legislatori del passato, indipendentemente dal fatto che il concetto di privacy sessuale non fosse noto ai tempi.67

La Corte Suprema estese significativamente negli anni successivi i confini del diritto di privacy, sempre più una questione di autodeterminazione personale e non solo di diritto familiare. In Stanley v Georgia68 la Corte affermò come il possesso personale di materiale pornografico fosse un diritto costituzionale in seno al principio di libertà di espressione contenuto nel primo emendamento. Secondo l'opinione del giudice Marshall:

“ If the First Amendment means anything, it means that the State has no business telling a man, sitting alone in his own house, what books he may read or what films he may watch. Our whole constitutional heritage rebels at the thought of giving government the power to control men's minds. ”69

In Eisenstadt v Baird70 la Corte estese le tutele per proteggere il diritto all'uso di 66 Griswold, 381 U.S. 485-86 (1965)

67 Eskeridge, Dishonorable Passions, (cit.), pp.149-151 68 Stanley v Georgia, 394 U.S. 557 (1969)

69 Stanley, 394 U.S. 565 (1969)

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contraccettivi per le persone non sposate, a partire dall'analisi dell'Equal Protection: “ If the right of privacy means anything, it is the right of the individual, married or single, to be free from unwarranted governmental intrusion into matters so fundamentally affecting a person as the decision whether to bear or beget a child. ”71 Infine in Roe vWade72, la Corte Suprema affermò come il diritto di privacy potesse includere la libertà decisionale per una donna in materia di interruzione di gravidanza entro un determinato periodo fissato per legge. La sentenza in Griswold e la sua progenie aprirono a nuovi e potenzialmente utili argomenti legali in favore delle persone omosessuali, divenendo una pietra miliare per le associazioni come la ACLU e la LAMBDA e spingendole a prendere una posizione netta in favore della decriminalizzazione delle pratiche sessuali. Nonostante le sentenze si mostrassero via via sempre più esclusive della realtà esterna al mondo familiare, i giudici erano molto divisi sui limiti di questo nuovo diritto, mentre alcuni di essi escludevano specificatamente l'omosessualità dall'insieme delle attività sessuali lecite, come si vide nell'opinione del giudice dissenziente Harlan in Poe v Ullman73, un tentativo precedente a Griswold di contestare la costituzionalità delle leggi contraccettive del Connecticut:

“Adultery, homosexuality and the like are sexual intimacies which the State forbids. [...] but the intimacy of husband and wife is necessarily an essential and accepted feature of the institution of marriage, [...]. It is one thing when the State exerts its power either to forbid extramarital sexuality [...] or to say who may marry, but it is quite another when, having acknowledged a marriage and the intimacies inherent in it, it undertakes to regulate by means of the criminal law the details of that intimacy.”74

Questo giudizio che escludendo esplicitamente gli omosessuali dalle tutele Costituzionali della privacy, sebbene temperato dall'elemento della concorrenzialità di un opinione dissenziente, ebbe ciò nonostante un effetto gravoso in cause

71 Eisenstad, 405 U.S. 453 (1972) 72 Roe v Wade, 410 U.S. 113 (1973) 73 Poe v Ullman, 367 U.S. 487 (1961) 74 Poe vUllman, pag.553

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successive, come in Doe v Commonwealth's Attorney for Richmond75. In questa sentenza, i giudici della corte del distretto federale della Virginia respinsero l'accusa di violazione del diritto di privacy e del Quattordicesimo Emendamento basandosi proprio sull'opinione dissenziente del giudice Goldberg in Griswold. A peggiorare ulteriormente la situazione, i querelanti si appellarono alla Corte Suprema che confermò l'infondatezza di tali accuse, dando a questo giudizio il peso di un precedente e vanificando l'importanza dei cambiamenti culturali avvenuti tra

Griswold e Eisenstad sull'allargamento della privacy ad ambiti non strettamente

privati.

A causa della dottrina dei precedenti, la sfida costituzionale alle leggi contro la sodomia restava confinata all'ambito della sfera domestica, in un momento storico in cui la stragrande maggioranza degli arresti per attività sessuali tornava dopo le stagione della Lavander Scare confinata a luoghi pubblici e aree di cruising. Pochissimi casi validi emersero nella prima fase degli anni Settanta e il primo successo della LAMBDA avvenne nel 1980, quando in New York v Uplinger76 riuscì in appello a far dichiarare incostituzionale la legge statale contro il vagabondaggio al fine di ingaggio in atti omosessuali.

Il secondo elemento era contestare la rational basis delle leggi contro la sodomia e dimostrare che queste impedivano l'esercizio di un diritto fondamentale in modo discriminatorio, in quanto applicate con l'intento di danneggiare una specifica categorie di individui. Questo è il principio dell'Equal Protection, contenuto nel Quattordicesimo Emendamento, che basa la sua funzione sull'indagine delle finalità della legge in sede giuridica, processo noto come heightened scrutiny. La violazione dell'Equal Protection non risultava mai un processo semplice, poiché occorrono elementi fondati e convincenti a sostegno di una accusa di una prassi discriminatoria dietro la formulazione o l'esercizio di una legge, come nel caso della segregazione razziale. Come affermato dal giudice Robert Jackson:

“Invocation of the equal protection clause, [...] means that the prohibition or regulation must have a broader impact. I regard it as a salutary doctrine that cities, 75 Doe v Commonwealth's Attorney for Richmond, 425 U.S. 901 (1976)

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states and the Federal Government must exercise their powers so as not to discriminate between their inhabitants except upon some reasonable differentiation fairly related to the object of regulation. This equality is not merely abstract justice. The framers of the Constitution knew, and we should not forget today, that there is no more effective practical guaranty against arbitrary and unreasonable government than to require that the principles of law which officials would impose upon a minority must be imposed generally.”77

Come i primi avvocati della ACLU che perorarono la Corte Suprema affinché introducesse l'elemento della sessulità quale suspect classification, allo stesso modo gli omosessuali speravano, indagando il rationale delle leggi contro la sodomia, di dimostrare come queste criminalizzassero una categoria specifica di individui, legittimando l'intrusione dello stato nella loro sfera personale, abusi delle forze dell'ordine, fino al licenziamento sul posto di lavoro.78

Tuttavia, all'alba degli anni 70', pochi avvocati ritenevano che fosse possibile sfidare tali leggi su una simile base costituzionale. Inoltre mancava l'esempio del legislatore che dimostrasse come gli omosessuali fossero una minoranza degna di ricevere tutele legali, ad esempio l'esistenza diffusa di ordinanze municipali o leggi statali contro la discriminazione sessuale simili al sistema legale che era stato costruito contro la discriminazione razziale o religiosa. Una legislazione favorevole avrebbe fornito credibilità alle rivendicazioni di tutela degli omosessuali dentro l'ambito della privacy e fuori in quello pubblico.79

Inoltre, la maggioranza dei giudici continuava a ritenere che eventuali ipotesi di discriminazione fossero del tutto secondarie rispetto al diritto di uno stato a promuovere la morale e la decenza pubblica, ritenuto legittimo in virtù di una cultura giuridica ben più consolidata del principio che riconosceva la discriminazione delle minoranze. Questo elemento si vide in State v Enslin80, un altro caso riguardante la legge contro la sodomia del North Carolina, la cui accusa di incostituzionalità era stata respinta dalla corte d'appello statale e confermata successivamente dalla Corte

77 Railway Express Agency, Inc. v New York, Railway E 336 U.S. 112 (1949)

78 Eskridge, Dishonorable Passions, (cit.), p.189

79 Andersen, Out of the Closet and into the Court, (cit.), p.31 80 Enslin vState 217 S.E.2d 669 (1975)

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Suprema, contemporaneamente a Doe, dimostrando la reticenza della Corte Suprema a voler esaminare nel dettaglio la rational basis di queste leggi.

Un ulteriore elemento che ritardava il confronto presso la Corte Suprema è imputabile anche al forte disagio vissuto dai giudici ad esaminare i casi che contenessero riferimenti espliciti all'omosessualità dei ricorrenti. Non erano solo giudici conservatori come Lewis Powell della Virginia (1907-1998) a respingere l'idea che sodomia e diritto alla privacy coincidessero, ma anche giudici più progressisti come Byron White (1917-2002) sostenevano che fosse più auspicabile e discreto per le minoranze procedere lungo la via legislativa piuttosto che coinvolgere direttamente la Corte nell'ambito dei diritti. La strada delle riforme era auspicata anche dagli stessi attivisti, che a una aggressive litigation preferivano la grassroot

politic fatta dalla mobilitazione delle crescenti comunità gay metropolitane, pur non

giocando un ruolo significativo negli stati che adottando il Model Penal Code decriminalizzarono la sodomia consensuale tra il 1969 e il 1979.81

La capacità di mobilitazione delle comunità risultò invece determinante per spingere le prime municipalità a introdurre norme antidiscriminatorie basate sull'esempio delle

affirmative actions delle minoranze razziali. Il primo stato a introdurre una norma

sulla discriminazione sessuale fu la Pennsylvania nel 1974 seguita poi dalla California nel 1979. Quaranta grandi città vararono ordinanze contro la discriminazione sulla base del sesso nell'impiego pubblico tra il 1971 e il 1984. Infine, grandi speranze furono riposte nella vittoria elettorale alla presidenza del democratico Jimmy Carter nel 1977. Il programma del nuovo presidente enfatizzava la tolleranza e l'inclusione delle minoranze, e portò alla nomina di alcuni eminenti avvocati della ACLU quali consulenti per la Casa Bianca della comunità gay.82

Tuttavia la strategia legislativa mostrava i suoi inevitabili limiti nell'incapacità di penetrare negli stati in cui le minoranze sessuali erano numericamente e politicamente più deboli. Ma il principale ostacolo fu la reazione omofoba del resto della società statunitense che emerse dal mondo religioso. Rafforzando nel ceto medio la percezione della pericolosità di uno stile di vita omosessuale, essa conquistò 81 Eskridge, Dishonorable Passions, (cit.) pp.190-192

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