Consiglio Superiore della Magistratura
Le prospettive della formazione dei magistrati nel quadriennio 2016-2020 Presenzia il Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella
Roma, 19 febbraio 2016
Sala Conferenze del Palazzo dei Marescialli
I lavori hanno inizio alle ore 10,03
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On.le Giovanni LEGNINI, Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura – Buongiorno a tutti. Signor Presidente della Repubblica, signori capi di corte, Primo Presidente e Procuratore Generale, signori consiglieri, Presidente Onida, Presidente Silvestri, gentili signore e signori, rivolgo un sentito ringraziamento al Capo dello Stato per la sua presenza all'incontro di oggi.
Intendo ricordare che Ella, signor Presidente, a distanza ravvicinata dalla sua elezione alla Presidenza della Repubblica, di cui in questi giorni ricade il primo anniversario, ritenne di prendere parte attiva a quattro eventi pubblici assai rilevanti per la magistratura italiana. Mi riferisco alla seduta del plenum, per la nomina del Procuratore Generale della Corte di Cassazione, Pasquale Ciccolo; alla commemorazione del compianto mio predecessore Vittorio Bachelet, presso la facoltà di scienze politiche dell'Università di Roma; all'inaugurazione dell'anno di attività formativa della Scuola Superiore della Magistratura, a Scandicci; infine, alla cerimonia tenutasi al Palazzo del Quirinale e volta ad accogliere nell'esercizio delle funzioni giudiziarie i giovani magistrati ordinari in tirocinio.
Tutto in un arco temporale molto ristretto, si tratta di quattro momenti unificanti sotto diversi profili.
Signor Presidente, Ella favorì in quel modo e incoraggiò il dibattito sull'importanza della cultura e della
formazione per gli appartenenti all'ordine giudiziario e ha trasmesso precisi messaggi alla magistratura e al Paese che costituiscono per noi tutti una guida illuminante. Proprio intervenendo a Scandicci, circa un anno fa, Ella ritenne di evidenziare l'importanza del dialogo continuo e della collaborazione intercorsi tra la Scuola, il Consiglio Superiore della Magistratura e il Ministero della Giustizia, “ai quali compete, per legge, la proposta delle linee guida sulla formazione”, aggiungendo che “Particolare rilievo acquisirà la sinergia con il Consiglio, con l'avvio delle attività di formazione per coloro che aspirano a ricoprire incarichi direttivi”. Questa giornata, dunque, si pone in piena continuità con le sue esortazioni ad un coerente, congiunto e partecipato impegno nell'attività di formazione professionale e nell'aggiornamento della magistratura italiana, tanto più dopo l'intervenuta riforma del testo unico della dirigenza giudiziaria approvata dal Consiglio nel luglio scorso. Di qui la pienezza di senso di questa occasione odierna, dedicata innanzitutto al passaggio di consegne tra i due Direttivi della Scuola Superiore della Magistratura. E nel conferire valore solenne a tale avvicendamento, il Consiglio ha ritenuto di attribuire particolare rilievo all'attività della Scuola Superiore nel concorrere a delineare il profilo di giudici e magistrati requirenti. Il legislatore ha inteso porre al centro del sistema della formazione dei magistrati italiani proprio la Scuola Superiore, dotata di uno statuto di speciale autonomia che ne salvaguarda le prerogative e la funzione per l'intero ordine giudiziario. Ma non può sfuggire che ogni sistema di formazione di un soggetto istituzionale diffuso quale è appunto la magistratura italiana - salutiamo intanto il Ministro Orlando, oggi fra noi qui -, non a caso definita come "ordine autonomo e indipendente da ogni altro potere" dall'articolo 104 della Costituzione, è compito che chiama in causa diverse responsabilità. Il quotidiano esercizio delle funzioni previste dall'articolo 105 della Costituzione, consente al Consiglio Superiore di scorgere e maturare l'evoluzione del ruolo del magistrato nell'ordinamento, ponendosi nelle condizioni di definire le esigenze cui informare le promozioni, le valutazioni di professionalità, i giudizi disciplinari, i trasferimenti, il controllo e il presidio dell'autonomia e dell'indipendenza. In tale prospettiva, colgo l'occasione per ringraziare i Presidenti succedutisi alla guida della Sesta Commissione Piergiorgio Morosini e Luca Palamara, così come tutti i componenti, per la sensibilità e l'impegno profuso nella redazione delle linee programmatiche per la formazione dei magistrati.
L'esercizio delle funzioni consiliari in rapporto alla Scuola, nel corso di questo primo scorcio di lavori dell'organo di governo autonomo, confermano l'esigenza di declinare a fondo un'integrazione di funzioni distinte, ma convergenti verso un unico fine di sistema. Si tratta di uno snodo nevralgico delle competenze dell'organo di governo autonomo sulla base del quale la Quinta Commissione, alla quale pure va il mio ringraziamento, e il plenum stanno conducendo una radicale e profonda opera di
mutamento del volto dell'ordine giudiziario, procedendo a tappe sostenute nell'intento di conferire i posti direttivi e semidirettivi vacanti. Proprio su questo versante, dunque, è indispensabile che l'attività formativa della Scuola possa garantire uniformità di indirizzi rispetto a quanto è in corso d'opera al Consiglio e consenta il rispetto dei tempi e le scadenze dettate dal nuovo testo unico sulla dirigenza.
Proprio all'insegna di questa sinergia, per citare proprio Vittorio Bachelet, è indispensabile garantire
"un'azione organica e curare interessi pubblici obiettivamente connessi gli uni con gli altri". Non a caso il Presidente Silvestri, che ringrazio vivamente a nome di tutto il Consiglio per l'impegno e la profondità di sguardo offerti in queste prime settimane di guida del Direttivo della Scuola, non più tardi di ieri, ha parlato di una. necessaria "simbiosi" tra gli obiettivi del Consiglio Superiore della Magistratura e l'operato della stessa Scuola. L'auspicata integrazione nelle funzioni della Scuola, del Ministero e del Consiglio si realizza, in primo luogo, con le citate "Linee programmatiche" relative all'attività di formazione permanente e di aggiornamento professionale, un istituto che non può essere inteso come mero adempimento burocratico a cadenza periodica, ce lo siamo detti diffusamente nella giornata di ieri. Questo Consiglio ha cercato, al contrario, di conferirgli effettività, non certo per sovrapporsi alle funzioni della Scuola, ma con l'intento di integrare le scelte di guida, assistenza e controllo dello sviluppo dell'ordine giudiziario che si riverberano inevitabilmente nell'individuazione delle priorità sull'attività formativa e di preparazione professionale. Il fine di coordinare costantemente ed elidere ogni rischio di infruttuosa interferenza o discrasia nell'attività del Consiglio e della Scuola Superiore è anche alla base dell'idea - sulla quale si è convenuto unanimemente nel corso della fruttuosa riunione tenutasi ieri tra il Direttivo della Scuola e le Commissioni Quinta e Sesta del Consiglio - di istituire una sede di raccordo permanente tra le due istituzioni, e credo e spero ovviamente anche con il Ministero della Giustizia. Si tratta di un tavolo, il cui varo era già proposto proprio nelle linee di indirizzo nel giugno scorso, volto a facilitare ed adeguare la programmazione integrata ed a consentire una specifica e fattiva attività di ascolto da parte degli attori istituzionali di maggior rilievo sul piano della formazione dei magistrati.
Signor Presidente, signore e signori, quella che vive l'ordinamento italiano oggi è innegabilmente una fase di notevoli rivolgimenti attraversata da dualismi e ambivalenze da sciogliere, lo abbiamo detto tutti in molte occasioni, l’inaugurazione dell’anno giudiziario con gli interventi del Primo Presidente e del Procuratore Generale, le inaugurazioni che si sono tenute nei distretti di Corte d’appello con gli interventi anche del Ministro e dei rappresentanti del Governo ne costituiscono un’ampia dimostrazione. Mi riferisco innanzitutto all'incertezza tra il promuovere un modello di magistrato proteso verso la specializzazione delle funzioni oppure disegnare un profilo di giudice versatile, ancora
capace di assolvere a compiti policromi e generalisti e di rivestire ruoli variegati nell'attività giurisdizionale.
Assistiamo poi, anche qui lo abbiamo detto più volte, alle intersezioni tra il rendere giustizia e le questioni aperte da un'economia divaricata tra andamento dei mercati finanziari e riflessi sulle condizioni sociali dei singoli; per non dire della crescente importanza rivestita da settori della giurisdizione un tempo ritenuti residuali, quasi minori. Penso all'impegno della magistratura di sorveglianza, alle risposte che il sistema giudiziario è chiamato a fornire sui fenomeni migratori, all'esperienza del Tribunale delle imprese, alla giustizia tributaria, al ruolo del giudice ordinario nella soluzione delle crisi di impresa, ai nuovi contorni della volontaria giurisdizione sul diritto di famiglia.
Né può omettersi di evidenziare il peso imponente della dimensione sovranazionale del diritto. Tali tendenze evolutive, dualismi e contraddizioni rinnovano l'urgenza di garantire un'attività formativa efficace e capillare, che si sviluppi in continuo raccordo con l'amministrazione dei servizi di giustizia.
Molto è stato fatto nei primi tre anni di vita della Scuola ed importanti sono i risultati che si ricavano dalla corposa e densa relazione sull'attività svolta negli anni dal 2012 al 2015.
Intendo rivolgere un sentito vero ringraziamento per il lavoro svolto dal Direttivo della Scuola Superiore guidato dal professor Onida, con il quale la coabitazione di questi ultimi sedici mesi ha dato vita all'organizzazione di eventi di straordinario interesse per l'utilità che hanno saputo offrire alle istituzioni coinvolte, ai magistrati partecipanti e agli stessi consiglieri dell'organo di governo autonomo.
L'attività segnata dall'avvio di un sistema, i cui esiti non erano certo scontati, deve molto all'impegno pioneristico del Presidente Onida e di tutto il Direttivo uscente della Scuola.
La direzione intrapresa, dunque, è quella in linea con lo spirito del quadro legislativo e il nuovo Consiglio Direttivo saprà di sicuro continuare il buon operato di quello uscente nel far fronte ai nuovi obiettivi che il tempo che abbiamo davanti ci impone di perseguire. L'attività di formazione permanente, così come gli ambiti di qualificazione e aggiornamento speciale che segnano alcune fasi della carriera, debbono essere implementati e perfezionati perché costituiscono condizioni essenziali per la legittimazione, l'autorevolezza e l'indipendenza dei magistrati italiani. Anche così sarà possibile evitare che intorno alla magistratura e al suo operato tornino ad addensarsi critiche e doglianze spesso ingenerose che sembrano voler rinnovare conflitti dal sapore antico, persino fuori tempo massimo, forse. La giornata di oggi ci consente di ribadire con fermezza che uno dei fondamentali strumenti con cui consegnare all'oblio i tentativi, a volte portati avanti con toni ed espressioni inaccettabili, di ritorni alla polemica e al conflitto, risiede nella cultura e nella formazione integrata, quindi anche nell'ascolto
reciproco e nella piena collaborazione tra il Consiglio, il Ministero della Giustizia e la Scuola Superiore.
Rinnovando questo auspicio, esprimo i miei migliori auguri di buon lavoro a lei Presidente Silvestri e a tutti i componenti del direttivo appena insediatosi. Sappiate che il Consiglio ripone grande fiducia e stima unanime nelle vostre capacità con l'ulteriore augurio di poter mantenere una consonanza di vedute già mostratasi totale in queste prime settimane di collaborazione.
Certo, a voi spetta di spostare in avanti gli obiettivi e i traguardi nell'offerta di formazione permanente al nostro ordine giudiziario. Una notevole responsabilità, quindi, che il Consiglio Superiore condividerà nell'esercizio delle proprie funzioni con l'intento di contribuire a rinsaldare la legittimazione dell'operato della magistratura, al contempo incrementandone le qualità già elevate, l'efficacia e la funzione di garanzia dei diritti fondamentali dei cittadini.
Concludo ricordando come l'articolo 10 dei principi fondamentali relativi all'indipendenza della magistratura, elaborati dall'ONU nel 1985, preveda che «le persone scelte per svolgere le funzioni di magistrato devono caratterizzarsi per integrità e competenza». Ancora una volta, dunque, il nesso tra cultura e integrità, che siamo chiamati a rinsaldare in tempi tanto difficili e delicati, eppure colmi di opportunità che abbiamo il dovere di cogliere. Grazie a voi tutti e auguri di buon lavoro.
On. Andrea ORLANDO, Ministro della Giustizia – Signor Presidente della Repubblica, signor Vice Presidente e signori Componenti del CSM, signor Presidente e signori componenti del Consiglio Direttivo della Scuola della Magistratura, la solennità del passaggio delle consegne fra il vecchio e il nuovo Consiglio Direttivo della Scuola, che qui si compie alla presenza del Capo dello Stato, vale di per sé a sottolineare l’importanza che la nazione riconosce alla formazione dei magistrati e all’istituzione cui la legge assegna tale delicata funzione. È questa l’occasione per rendere pubblico il mio ringraziamento al Consiglio Direttivo presieduto dal professor Valerio Onida e per rivolgere l’augurio di buon lavoro al nuovo Consiglio ed al suo Presidente, professor Gaetano Silvestri. Il passato ed il presente Consiglio hanno in comune la guida autorevole di figure accademiche che hanno rivestito una delle più alte cariche della magistratura della Repubblica. Il nuovo Consiglio ha dinanzi a sé un compito non facile. Cartesio riteneva che res cogitans e res extensa si incontrassero nella ghiandola pineale, poi la scienza non ha confermato questa previsione, ma usando questa metafora vorrei azzardare l’affermazione che la Scuola è la ghiandola pineale di un soggetto, il servizio giustizia, nel quale convivono lo spirito della giurisdizione ed il corpo dell’organizzazione. E questo soggetto vive se si producono dirigenti degli uffici in grado di far convivere qualità della giurisdizione ed efficacia
organizzativa. La Scuola ha il compito di formarli. Per questo res cogitans e res extensa, partendo da ambiti autonomi, devono potersi incontrare secondo le indicazioni del legislatore. Ponendosi in condizione di alimentarsi reciprocamente e reciprocamente rafforzarsi. Con le linee guida della formazione per l’anno 2016, come atto di indirizzo generale del Ministro per la predisposizione del programma delle attività didattiche della Scuola, rinnovo il mio contributo per rispondere ad una necessità ineludibile: quella di accompagnare con la funzione formativa l’attuazione delle riforme legislative già intervenute in materia civile, penale, del lavoro e, più in generale, il processo di cambiamento della stessa organizzazione giudiziaria. Funzione formativa a cui si impone un complessivo ripensamento dato dal mutamento delle forme del lavoro giudiziario, dalla sfida dell’innovazione tecnologica e dalla complessità delle istanze sociali che si traducono in domanda di giustizia. Questo perché essa possa essere sempre più una coscienza critica del sistema e un alimento della sua capacità di comprensione e di analisi delle evoluzioni sociali. Una funzione essenziale per avvicinare tutti i magistrati alla realtà dei cambiamenti in atto nell’organizzazione del sistema giustizia.
A partire da quella del Ministero, oggetto di un profondo processo di ristrutturazione, destinato a sostenere in modo nuovo e moderno i bisogni di un’efficiente organizzazione dei servizi della giustizia e la piena attuazione dell’obbligo, costituzionale e sovranazionale, di assicurare che l’esecuzione della pena si traduca nella sua essenziale finalità rieducativa e non in trattamenti contrari al senso di umanità.
Voglio qui apprezzare molto, allora, la scelta del nuovo Consiglio Direttivo di prevedere uno stage presso le strutture ministeriali dei magistrati in tirocinio. È un segnale importante della consapevolezza della negatività di ogni distanza della giurisdizione dalla conoscenza profonda della realtà delle funzioni di organizzazione dei servizi giudiziari. La stessa consapevolezza, del resto, è stata alla base della scelta che la Scuola aveva già fatto di affiancare la propria attività a quella della formazione del personale amministrativo. Al fine dell’organizzazione efficiente dei servizi collegati all’attuazione del processo civile telematico. Una scelta che può fungere da modello applicativo anche in relazione ad altri delicati snodi funzionali. A partire dal nuovo sistema di gestione delle spese di funzionamento degli uffici giudiziari, che chiama la dirigenza giudiziaria ed amministrativa a misurarsi, con rinnovata responsabilità e nuove competenze, con la complessità dei problemi dell’organizzazione giudiziaria. È questa una prospettiva di integrazione delle funzioni formative non meno feconda di quella aperta dalla sempre maggiore partecipazione alle attività della Scuola degli avvocati e della magistratura onoraria.
La Scuola, infatti, non è soltanto un naturale luogo di analisi e di confronto dei modelli organizzativi e delle prassi applicative tra magistrati chiamati ad operare in realtà territoriali con connotazioni profondamente diverse. Essa è anche un naturale luogo di contatto e di scambio con le esperienze, le
istanze e le diverse sensibilità e visioni delle altre componenti della giurisdizione. Queste sono, al pari della magistratura, protagoniste del processo di innovazione e di cambiamento del sistema giudiziario del quale il Paese ha bisogno e che abbiamo fin qui promosso e sostenuto. La Scuola è stata, e sono sicuro sarà ancora, un luogo nel quale promuovere una visione della giurisdizione aperta, pienamente immersa nella società ed in contatto con i suoi mutamenti. Questo principio deve ispirare anche un’intensificazione di tutte le forme di cooperazione istituzionale realizzabili nel rispetto dell’autonomia della Scuola e delle prerogative costituzionali del Consiglio Superiore della Magistratura e del Ministero della Giustizia.
Colgo, dunque, l’occasione per ribadire la piena disponibilità del Ministero ad assicurare il necessario supporto organizzativo dell’azione della Scuola e del suo Consiglio Direttivo e a ricercare, in un’ottica di collaborazione già sperimentata, sempre nuove occasioni di impegno comune. A partire dal cruciale settore dello sviluppo della cooperazione internazionale in materia di organizzazione dei sistemi giudiziari. Come ad esempio quella in atto presso il Ministero della Giustizia della Repubblica di Tunisia, nell’ambito di progetti dell’Unione Europea, a sostegno del delicato processo di consolidamento democratico di quell’organizzazione statuale. È questo un campo naturalmente aperto anche ai contributi del Consiglio Superiore della Magistratura così come a quelli dei soggetti impegnati nella tutela dei diritti umani nell’esecuzione della pena e a quelli del mondo accademico. Proprio con quest’ultimo il Ministero ha da tempo avviato una proficua collaborazione, alla quale intendiamo dare indirizzi unitari e sempre maggiore sviluppo ed articolazione territoriale. Nella cornice generale dell’accordo quadro appena sottoscritto con la Conferenza dei Rettori delle Università Italiane.
L'autonomia della Scuola è essenziale per sviluppare in senso positivo il principio di leale collaborazione e dare anima al rapporto tra autogoverno ed amministrazione, su cui si fonda il sistema delle garanzie che qualifica il nostro ordinamento giudiziario. Questi anni, ed anche di questo voglio ringraziare il Presidente Onida, e con lui coloro che hanno guidato sino qui la Scuola, hanno fugato molte paure e consegnano alla nuova squadra di governo della Scuola stessa la possibilità di un ulteriore salto di qualità quale soggetto in grado di far vivere la Costituzione in questo ambito essenziale per la Repubblica. Sarà proprio l’autonomia della Scuola la migliore garanzia di un proficuo dialogo; essa orienterà le sinergie possibili in tanti cruciali ambiti di potenziamento della capacità del sistema giudiziario di assicurare risposte rapide ed adeguate alla domanda di giustizia dei cittadini.
Penso al pieno dispiegamento del processo civile telematico ed al già programmato passaggio al telematico anche del processo penale. Ma penso anche alla diffusione delle buone prassi per l’abbattimento dell’arretrato, all’impulso da dare alle nuove procedure di risoluzione alternativa delle
liti, ai profondi cambiamenti già in atto nel sistema dell’insolvenza e della crisi d’impresa, al bisogno di maggiore effettività della dimensione di tutela processuale e sociale per le vittime del reato, alla crescita ed alla diffusione di una cultura dell’organizzazione che la nostra tradizione vuole intimamente collegata alla cultura della giurisdizione e, non in ultimo, alla tutela dei diritti della persona sottoposta a restrizione della libertà. Quest’ultimo riferimento mi dà occasione di fare un particolare ringraziamento alla Scuola per l’azione di sensibilizzazione e di stimolo svolta nella formazione della magistratura di sorveglianza. In relazione proprio alle interpretazioni delle condizioni e dei limiti di applicazione dei nuovi rimedi preventivi e risarcitori, introdotti per dare attuazione alle vincolanti prescrizioni della Corte di Strasburgo. Ma il richiamo all’azione normativa ed organizzativa svolta per assicurare l’adeguamento del nostro sistema penitenziario ai principi enunciati dalla Corte dei Diritti dell’Uomo, mi consente di richiamare qui i lavori degli “Stati generali dell’esecuzione penale”, che ho voluto promuovere e che volgono al termine. Per mesi, in questa innovativa procedura di consultazione pubblica, oltre duecento esperti e rappresentanti dell’associazionismo civile che ruota intorno al mondo del carcere si sono raccolti intorno a diciotto tavoli tematici, per l’approfondimento dei punti più delicati e critici della materia dell’esecuzione penale. Anche in vista della revisione dell’ordinamento penitenziario. L’iniziativa, tuttora aperta al dibattito pubblico, si concluderà nel prossimo mese di aprile, con un evento alla presenza del Presidente della Repubblica, a cui rinnovo la mia gratitudine.
L’obiettivo ultimo è una più ampia mobilitazione possibile della coscienza civile del Paese sul fronte di una percezione collettiva della pena e del carcere come strumenti di rieducazione e riparazione e non di una mera retribuzione punitiva. Una consapevolezza essenziale per la stessa effettività della tutela della sicurezza collettiva. Questo percorso - che ho appena illustrato nei suoi passaggi fondamentali dinanzi alla Commissione Giustizia della Camera e che illustrerò la prossima settimana in Commissione Giustizia del Senato - si doterà anche dei fondamentali contributi del Consiglio Superiore della Magistratura e della Scuola Superiore della Magistratura. Sarà questa, ne sono certo, un’ulteriore, concreta dimostrazione del valore della condivisione di modelli culturali nuovi e moderni, da parte di Istituzioni autonome ma tutte vocate all’incessante promozione dei valori identitari della nostra Repubblica. Grazie.
Prof. Gaetano SILVESTRI, Presidente della Scuola Superiore della Magistratura – Signor Presidente della Repubblica, signor Ministro della Giustizia, signor Vice Presidente del Consigliio Superiore della Magistratura, signori capi di corte, cari amici componenti del Comitato direttivo attuale e di quello precedente, signori magistrati formatori, da poco più di un mese il nuovo Comitato Direttivo
della Scuola Superiore della Magistratura ha iniziato il suo lavoro, che intende svolgere, nei prossimi quattro anni, con l'impegno, la dedizione e l'entusiasmo che hanno caratterizzato l'opera dei suoi predecessori.
Come è noto, il decreto legislativo n. 26 del 2006 assegna alla Scuola la «competenza in via esclusiva in materia di aggiornamento e di formazione dei magistrati». Il medesimo atto normativo aggiunge che il programma annuale dell'attività didattica è adottato dal Comitato Direttivo «tenuto conto delle linee programmatiche proposte annualmente dal Consiglio Superiore della Magistratura e dal Ministro della Giustizia». La legge ha cura altresì di precisare che «I componenti del Comitato Direttivo esercitano le proprie funzioni in condizioni di indipendenza rispetto all'organo che li ha nominati.». La formulazione della legge riflette in modo sintetico quanto emerge dal quadro costituzionale che riguarda: lo status dei magistrati, attribuito dall'art. 105 alla competenza del Consiglio Superiore della Magistratura; l'organizzazione e il funzionamento dei servizi relativi alla giustizia, attribuiti dall'art. 110 alla competenza del Ministro della Giustizia; la libertà di insegnamento e l'autonomia delle istituzioni di alta cultura, garantite dall' art. 33 della Costituzione.
Indipendenza della magistratura, efficienza dell'organizzazione giudiziaria e libertà della cultura e della scienza devono trovare un punto di confluenza e di integrazione in un' attività formativa che si ponga l'ambizioso obbiettivo di fornire ai magistrati strumenti utili non soltanto ad esercitare al meglio le loro funzioni nei diversi settori della giurisdizione ai quali sono dedicati, ma anche ad associare alla loro indispensabile preparazione tecnico-giuridica la consapevolezza del proprio ruolo nelle istituzioni e nella società. Scienza e coscienza sono le premesse indispensabili perché l'indipendenza del giudice non rimanga guarentigia formale dell'ordine giudiziario e dei suoi componenti, ma sia nutrita dal sapere professionale e dall'etica dei comportamenti, entrambi legati e presenti in modo indissolubile in ogni momento delle molteplici attività giudiziarie.
Il magistrato deve essere colto e indipendente, aggiornato alle ultime acquisizioni normative e giurisprudenziali, inquadrate però nelle fondamentali categorie della scienza giuridica, oltre che munito degli strumenti culturali che gli consentono di valutare in concreto il rapporto tra le dinamiche del diritto e la continua evoluzione della realtà sociale. L'enunciazione di questi requisiti essenziali dimostra quanto sia difficile il compito della Scuola Superiore della Magistratura. Accompagnare il magistrato, sin dall'esordio della sua attività giurisdizionale, lungo tutto il percorso della sua esperienza di giudicante o di requirente, nei più diversi rami della giurisdizione, è impresa ardua e rischiosa. Si può infatti eccedere nel tecnicismo, dimenticando che il retto giudicare richiede l'assimilazione dei principi costituzionali, i quali, nell'epoca contemporanea, hanno positivizzato i valori fondamentali di
libertà, eguaglianza, democrazia e pluralismo, non più impliciti o presupposti, ma normativamente operanti in ogni piega dell'ordinamento giuridico. La Scuola non raggiungerebbe il suo obiettivo se inclinasse a formare burocrati giudiziari e non magistrati che concepiscono la propria indipendenza come frutto di un’affinata capacità di interpretare e applicare le disposizioni legislative alla luce dei principi costituzionali. Deve essere sempre più chiaro che la Costituzione non è un insieme di principi trascendente rispetto al sistema delle fonti del diritto, ma è invece sostanza immanente in ogni singola norma e in ogni rapporto giuridico. È questo il significato della giurisprudenza ormai costante della Corte Costituzionale, che chiede ai giudici di leggere le norme alla luce della Carta fondamentale e di contribuire ogni giorno alla progressiva costituzionalizzazione di tutto l'ordinamento, con un'attività costante ben più efficace dei necessariamente sporadici interventi del giudice delle leggi. Un'opera che risulta ben più impegnativa, ed al tempo stesso indispensabile ed esaltante, considerando che proprio la nostra Costituzione apre la strada all'incidenza, talvolta diretta e immediata, delle fonti sovranazionali - e della relativa giurisprudenza, come è stato sottolineato -, poste a tutela dei diritti fondamentali.
A questo processo di integrazione continua delle regole con i principi devono partecipare tutti i magistrati. A loro è affidato un compito insieme difficile e affascinante, cui non sono necessariamente preparati dagli studi, anche approfonditi, fatti in vista del concorso e neppure, purtroppo, da un sistema scolastico in crisi, avaro soprattutto di valori oltre che, spesso, anche di nozioni.
Un altro pericolo da evitare è l'assuefazione dei giudici ad una routine quotidiana, fatta di schemi ripetitivi, conformismo giurisprudenziale, chiusura autoreferenziale. Il potere giudiziario, secondo la Costituzione italiana, è caratterizzato dall'orizzontalità e dalla diffusione, non è un corpo compatto cementato dall'uniformità, imposta dall'alto, delle idee e delle prassi interpretative. Nel compimento dei propri atti, ciascun giudice esprime la giurisdizione in piena indipendenza, tenendo nel massimo conto l’opera di nomofilachia della Corte di Cassazione, ma anche ponendosi rispetto al materiale normativo, e non solo ai fatti di causa, con attitudine aperta all'innovazione, alla valutazione critica, all'individuazione di nuove vie. Ciò richiede un continuo rinnovamento tecnico e culturale, la capacità di essere, al tempo stesso, fermo custode del sistema giuridico esistente e coraggioso costruttore di nuove strade giurisprudenziali.
La Scuola vuole essere al fianco del magistrato, specie se giovane e in tirocinio, in questo faticoso iter, non per offrire un "modello" cui adeguarsi - con ciò comprimendo la ricchezza delle potenzialità individuali - ma per aiutare i singoli ad esprimere in pieno la propria personalità umana e professionale. Questo obiettivo si persegue anche favorendo lo scambio di esperienze e di punti di vista, in un dialogo immediato e fecondo, che non può essere sostituito da nessun repertorio di
giurisprudenza e da nessuna comunicazione a distanza. Le occasioni di incontro e di dialogo ravvicinato che nascono dai corsi presso la sede centrale di Castel Pulci sono preziose per giovani e meno giovani e riscuotono, non a caso, un gradimento maggiore rispetto alle lezioni cattedratiche.
Queste esperienze devono sommarsi a quelle, anch'esse di primario rilievo, che si svolgono nell'ambito della formazione decentrata.
La Scuola non può dimenticare che la giustizia non è funzione sacrale, indifferente alle esigenze concrete dei cittadini, ma, al contrario, è un servizio che si rende ai singoli e alla collettività; se il servizio non è efficiente ed efficace, il grande castello della sapienza giuridica crolla miseramente tra l'indifferenza o, peggio, l'ostilità generale. La buona organizzazione degli uffici, la gestione dei processi all'insegna della rapidità, il rispetto dei diritti fondamentali delle persone devono camminare di pari passo. Una Scuola che non tenesse conto di questo avrebbe in gran parte fallito il suo compito.
La completezza e la diversificazione dell'offerta formativa della Scuola trovano il loro migliore terreno di sviluppo in una situazione di autonomia didattica, nell'ambito delle linee programmatiche del CSM, rispetto alle quali essa si pone in funzione attuativa. L'attuazione non può essere tuttavia pedissequa esecuzione perché ciò non gioverebbe né alla Scuola né alle stesse finalità generali perseguite dal Consiglio e ben illustrate nel documento del giugno 2015 relativo all'anno 2016. Si tratta di preziose indicazioni, non generiche, ma neppure inutilmente minute, che tracciano le modalità teorico-pratiche della formazione dei magistrati nei diversi settori nei quali si esplica.
La proposta, di cui ha parlato il Vice Presidente, di istituire e mantenere un "tavolo tecnico"
permanente, convocato con cadenza almeno trimestrale, mi sembra conforme al metodo che colloca accanto alla funzione direttiva generale un connesso compito di verifica delle prassi attuative. Mi sembra da sottolineare che il momento dell'esame degli sviluppi concreti delle linee-guida del Consiglio non dovrebbe essere di mero controllo di conformità, ma occasione di proficuo, ulteriore arricchimento dei contenuti e delle modalità della formazione, centrale e decentrata. L'obiettivo mi sembra debba essere un reciproco processo di fertilizzazione tra Consiglio e Scuola, in base al quale le due istituzioni svolgono i loro rispettivi compiti tenendo nel giusto conto non solo le competenze dell'una e dell'altra, tracciate dalla legge e dalle altre fonti normative che regolano la materia, ma anche, direi soprattutto, lo scambio di idee ed esperienze. Il Consiglio non può restare estraneo alle modalità con cui vengono attuate le linee programmatiche, così come la Scuola non può restringere il suo campo ai soli aspetti tecnici della formazione. L'esperienza nei più vari settori della scienza dell'amministrazione ha insegnato che l'astrattezza degli schemi preventivi, se mantenuta more geometrico, porta a risultati insoddisfacenti per tutti i soggetti coinvolti nel perseguimento di comuni
finalità. Non può essere sottovalutato inoltre l'apporto delle altre professioni legali, principale tra queste l'Avvocatura, che esprime, nell'ambito dell'amministrazione della giustizia, l’insopprimibile funzione della tutela dei diritti fondamentali dei cittadini di fronte all'autorità. La garanzia dell'indipendenza della magistratura implica, come necessaria conseguenza, la creazione di enti e procedure formative improntate allo stesso principio. Lo ribadiscono plurimi documenti internazionali che raccomandano la creazione di autorità indipendenti, le quali, nelle attività formative, soddisfino i requisiti di apertura alla società, competenza professionale e imparzialità. In questi documenti internazionali si registra la grande carica espansiva del principio dell'indipendenza della magistratura e la tendenza ormai universalizzante del più ampio principio della separazione dei poteri.
Nella prospettiva di una sempre maggiore apertura alla cooperazione internazionale in materia di formazione, auspichiamo che la Scuola sia coinvolta nelle iniziative che meritoriamente siano avviate da Consiglio e Ministero. La capacità della Scuola in questo campo è stata, del resto, avvalorata dall'intensa attività nel campo delle relazioni internazionali relative alle attività di formazione, che ha portato, tra i tanti risultati, all'aggiudicazione, in seguito a bandi europei, di tre progetti di gemellaggio con la Tunisia e con la Serbia.
È facile osservare che nel sistema costituzionale italiano queste direttive internazionali e sovranazionali possono essere attuate solo in una costante, leale collaborazione tra Consiglio Superiore della Magistratura, Ministro della Giustizia e Scuola Superiore. Quest'ultima non è organo costituzionale né di rilievo costituzionale e pertanto si pone come strumento tecnico-culturale, non inerte ma propositivo, per il perseguimento degli obiettivi tracciati, ciascuno nel1a propria sfera delle rispettive competenze, da Consiglio e Ministro. Mi fa piacere che proprio ieri abbiamo stabilito un tavolo di consultazione permanente col Ministero della Giustizia. Proprio per la diversificazione, e insieme la necessaria convergenza, delle linee programmatiche consiliari e ministeriali, lo strumento attuativo migliore sembra una Scuola autonoma, che non sia mero strumento operativo di ciascuna delle due istituzioni, ma luogo elettivo di fusione degli indirizzi di entrambe.
Ereditiamo dai nostri predecessori un grande patrimonio di idee, di lavoro organizzativo e di impegno creativo e disponiamo altresì di linee programmatiche corpose e incisive del Consiglio.
Svolgeremo il nostro lavoro in costante, naturale collaborazione con il Ministero della Giustizia, dal quale ci aspettiamo supporto non solo materiale, ma anche tecnico e culturale. Se problemi potranno sorgere - e ciò mi sembra inevitabile - auspichiamo che possano essere risolti, come sottolineava il Vice Presidente all’inizio, senza antagonismi e conflitti, ma con il confronto pacato proprio dei saggi, consapevoli che la ragione difficilmente si trova da una sola parte. Grazie.
Prof. Valerio ONIDA, già Presidente della Scuola Superiore della Magistratura – Signor Presidente della Repubblica, signor Vice Presidente del Consiglio Superiore, signor Ministro e signori tutti, prima di tutto vi porgo il mio ringraziamento per aver dato anche al Direttivo uscente per bocca mia l’occasione di ringraziare. La storia di questi tre anni è stata già ricordata, è una storia costruttiva, non sono mancate le difficoltà ma la Scuola è nata e penso quel 24 novembre 2011 in cui proprio in queste aule fummo insediati e il cammino è stato lungo e proficuo. Per prima cosa quindi vorrei proprio esprimere un ringraziamento non formale intanto ai miei colleghi membri del Direttivo uscente e anche a quelli che ne hanno fatto parte soltanto per una parte del quadriennio, vorrei ricordare Mario Barbuto, Raffaele Marino e Domenico Manzione, ai Segretari Generali, al Segretario Generale Paola Piraccini che ha accompagnato la nascita e il consolidamento della Scuola creata dal nulla e al Segretario Generale Gianluigi Pratola che le è succeduto e che assicura la continuità. E ancora un ringraziamento al novero numerosissimo di collaboratori della Scuola, gli esperti formatori che hanno seguito l’organizzazione di tutti i vari corsi, ai docenti, quasi mille persone nel triennio che hanno partecipato ai corsi, ai formatori decentrati che fanno parte del tessuto della Scuola, strada questa percorsa che è stata sempre condotta avanti in stretto rapporto con i referenti istituzionali della Scuola, il Consiglio Superiore e il Ministro della Giustizia, non solo nel rispetto di quelle linee guida che, come è stato ricordato, sono l’indicazione programmatica in termini di linee guida sulle attività della Scuola, ma anche nella concreta attività. Ricordo solo, per quanto riguarda il CSM, che la Scuola ha ereditato un’attività già cospicuamente in atto. Ricordo sempre, posso dirlo scherzosamente, l’amico Franco Cassano che presiedeva la Nona Commissione al momento in cui la Scuola è nata, esprimeva giustamente la sua preoccupazione dicendo “Non vorrei essere il Presidente della Nona Commissione che vede finire l’attività di formazione”, e mi fa piacere rivederlo oggi Vice Presidente della Scuola a raccogliere proprio questa eredità. Ma non solo questa eredità c’è stata dal Consiglio Superiore ed è stata raccolta dalla Scuola, ma anche nelle diverse occasioni di stretta collaborazione operativa: la regolamentazione del nuovo tirocinio che per la prima volta la legge prevedeva venisse affidato per un semestre alla Scuola e che ha richiesto necessariamente una congiunta riflessione e regolamentazione;
le attività internazionali nelle quali il CSM non solo aveva preceduto la Scuola attraverso la sua partecipazione all’attività della Rete europea di formazione giudiziaria ma ha accompagnato ancora la Scuola nel seguito di questa attività; più di recente la collaborazione stretta in temi di corsi per aspiranti dirigenti dove i corsi sono la premessa perché il Consiglio possa svolgere una delle sue fondamentali funzioni cioè quella di nomina dei capi degli uffici; e ancora una collaborazione sul piano
organizzativo, da ultimo anche ospitando in questa sede alcuni dei corsi, in particolare il corso sulla comunicazione e corsi della Scuola. Ma anche col Ministro e col Ministero devo ricordare che c’è stata questa stretta collaborazione non solo perché fin dall’inizio è stato il Ministero a dare supporto materiale alla Scuola, le sedi, il personale ma anche perché più volte c’è stata l’occasione non solo nel contatto quotidiano che i problemi organizzativi ponevano, dal Ministero ci sono venute indicazioni ed esigenze sollevate circa aspetti della formazione, ricordo in materia di carcere a seguito di certe misure intervenute recentemente o in materia di collaborazione con paesi stranieri o di processo telematico.
Quindi diciamo la collaborazione con i due referenti istituzionali è stata una cifra costante nell’attività della Scuola.
Io vorrei quindi rinnovare il ringraziamento e molto sinteticamente sul tema del perché e del come della formazione dei magistrati non potrei che ripetere le parole che il Vice Presidente, il Ministro e da ultimo in modo particolarmente incisivo il Presidente Silvestri hanno detto. Vorrei solo dire che secondo la nostra esperienza non solo la formazione deve essere una formazione condotta con grande attenzione agli utenti che sono i magistrati, ricordo che la Scuola ha inaugurato una prassi di valutazione dei singoli corsi da parte dei partecipanti che ha detto molto, ma anche per il tentativo di capire di più della magistratura. Ricordo quella ricerca che la Scuola ha avviato e condotto e che poi è stata resa pubblica anche con la collaborazione del Consiglio Superiore su “professione magistrato”, ma il lavoro va necessariamente continuato su quali siano le caratteristiche dei magistrati oggi e come la magistratura venga vista dalla società di oggi; la cura del pluralismo culturale, ho già ricordato che circa mille collaboratori, mille docenti di estrazione accademica, dell’Avvocatura, oltre che ovviamente in gran parte della magistratura hanno rappresentato tutte le voci nella Scuola, tutte le voci significative diciamo così. Ma poi anche quell’elemento che altri hanno ricordato dell’apertura alla società perché la formazione chiaramente serve ai magistrati che ne sono i destinatari, ma serve alla società che chiede alla magistratura di essere all’altezza dei suoi compiti. Da questo punto di vista non posso non ripetere quello che già anche il Presidente Silvestri ha detto, non sono solo i saperi tecnici che la Scuola può fornire, anche perché in questi saperi spesso oggi l’aggiornamento sulle novità è acquisibile con altri strumenti, dalle riviste ai mezzi telematici, ma perché la Scuola è invece un luogo specifico di riflessione e di confronto anche fra magistrati che vengono da tutti gli uffici d’Italia e quindi dà un valore aggiunto al significato di questa riflessione. La Scuola è un luogo privilegiato in cui i magistrati che quotidianamente sono chini per così dire sul loro lavoro, spesso anzi sempre così intenso, possono confrontarsi e incontrare la realtà che sta sotto e dietro i loro compiti giudiziari.
Ecco perché io credo l’autonomia della Scuola nei termini che sono stati già illustrati sia un
valore irrinunciabile per una formazione che non solo sia tecnicamente qualificata ma sia aperta alla società, che sviluppi davvero quella che noi siamo abituati a chiamare ormai la cultura della giurisdizione conforme ai principi costituzionali perché, se dovessi dirlo in termini estremamente sintetici, la formazione per una cultura della giurisdizione non può non essere attenta soprattutto a quella che vorrei chiamare l’etica della giustizia. La giurisdizione, lo sappiamo, non è un potere nullo, come pensava qualcuno all’epoca della rivoluzione francese, e il giudice non è una semplice bocca della legge, ormai tutti convengono nel riconoscere che così è. La giurisdizione è un potere, un potere reale, ed è un potere importante per la vita della società, non deve mai essere arbitrio, l’indipendenza non è la garanzia di uno spazio per la formazione di volontà individuali ma è uno strumento indispensabile perché sia resa giustizia. Questo penso che si possa dire è la giustizia intesa come servizio. Grazie.
Cons. Luca PALAMARA, Presidente della Sesta Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura – Signor Presidente della Repubblica, autorità, colleghe e colleghi, a me spetta il compito di concludere questa prima parte di interventi e cercherò brevemente di limitare il mio intervento toccando fondamentalmente tre punti: il primo è quello relativo all’importanza della formazione giudiziaria del Consiglio Superiore della Magistratura; come secondo punto vorrei dar conto di un dibattito che oggi sta emergendo all’interno della Sesta Commissione, che ho l’onore di presiedere, e all’interno della magistratura sulla qualità del riparto di competenze tra Consiglio Superiore e Scuola; e infine dar conto di un’importante riunione che ieri si è svolta proprio con i componenti della neo nominata Scuola della Magistratura.
A partire dal lontano 1996 il Consiglio Superiore della Magistratura sottolineava come "soltanto un elevato livello di professionalità diffusa dei magistrati consente all'intervento giudiziario di essere davvero indipendente ed autonomo, se autonomia significa, come deve significare, non già la possibilità di scelte arbitrarie, soggettivistiche, casuali o frutto d'ignoranza, ma consapevole e veramente autonoma scelta - autonoma perché consapevole e culturalmente fondata - tra le interpretazioni possibili della norma, del fenomeno reale, del proprio stesso ruolo. Soltanto un elevato livello di professionalità conferisce legittimazione all'intervento giudiziario, anche a quello innovativo ed a quello che afferma la difficile cultura della legalità e delle garanzie".
Ciò, ritengo, vale ancor di più nel tempo presente, in cui le aspettative di una società sfiduciata reclamano una migliore risposta giudiziaria, dato che il rafforzamento della legittimazione della magistratura esige certamente l'irrobustimento delle competenze professionali e dei valori deontologici
di fronte a una domanda di giustizia che aumenta, di fronte al cambiamento del diritto che è cambiato nei tempi, nei modi e nelle frontiere abbiamo bisogno di giudici attrezzati professionalmente. Ritengo fermamente che la difesa dell’autonomia e indipendenza passa attraverso la capacità di dare al paese dei magistrati attrezzati professionalmente, soprattutto nel momento in cui ancora purtroppo registriamo la pratica di accusare ingiustamente e in maniera volgare magistrati impegnati nello svolgimento del loro lavoro.
Massimamente poi, il valore e la delicatezza della didattica si coglie considerando la posizione dei giovani magistrati in tirocinio, a cui in particolar modo in questo mio intervento vorrei guardare, tenuto conto che, rispetto alle nuove generazioni, al bisogno primario di apprendimento, teorico e pratico e alle esigenze di arricchimento deontologico, si accompagna la necessità di verificare l'idoneità all'esercizio delle funzioni giudiziarie.
Il processo di formazione iniziale dei magistrati esordienti è, d'altra parte, orientato alla creazione di un'identità nuova, non necessariamente già matura, attraverso l'affinamento delle necessarie doti di impegno, correttezza, equilibrio, indipendenza ed imparzialità, nonché dell'attitudine all'aggiornamento permanente e alla maturazione di un atteggiamento corretto e proficuo nei rapporti con i cittadini, i mezzi di comunicazione, i colleghi, gli avvocati, la polizia giudiziaria e il personale amministrativo.
Ora, se la formazione è solo un aspetto dell'indipendenza della magistratura, il CSM ne è il suo naturale custode. Il Consiglio Superiore, invero, esiste nella nostra Costituzione in quanto baluardo dei valori supremi della giurisdizione, contro ogni possibile turbamento, interno ed esterno; un presidio indeclinabile ed indisponibile, trattandosi della responsabilità di proteggere non proprie prerogative, bensì beni appartenenti alla generalità dei cittadini, garanzia ultima della democrazia e dello Stato di diritto. Proprio in forza dì questa precisa ed esclusiva posizione ordinamentale, per circa venticinque anni, l'organo di governo autonomo ha con piena dedizione ed eccellenti risultati avviato e sostenuto l'impegno della formazione della magistratura, creando dal nulla e affinando nel tempo un modello di successo, imitato da numerosi ordinamenti stranieri.
Il Decreto Legislativo del 2006, come è noto, ha introdotto un nuovo riparto di competenze nella materia della formazione giudiziaria, attribuendo un ruolo significativo alla neo-istituita Scuola della Magistratura, al Consiglio è rimasto il potere di formulare le linee guida generali. Oggi questa limitata possibilità d'intervento del CSM è oggetto di un rinnovato dibattito all'interno della magistratura e dello stesso organo di governo autonomo, in particolare nell'ambito della Sesta Commissione, che come dicevo ho l’onore di presiedere. Nella recente delibera del giugno del 2015 è stata sottolineata ed attentamente modulata la necessità che venga quanto meno assicurato un maggior raccordo tra le due
istituzioni e ciò non per la difesa di egoistiche competenze istituzionali, ma perché, come chiarito dalla Corte Costituzionale, "i beni affidati alle cure del CSM non riguardano soltanto l'ordine giudiziario, riduttivamente inteso come corporazione professionale, ma appartengono alla generalità dei soggetti e, come del resto la stessa indipendenza della magistratura, costituiscono presidio dei diritti dei cittadini”.
Del resto, se al Consiglio spetta la responsabilità di verificare la professionalità dei magistrati, giudicare sul piano disciplinare le condotte, esaminare i sistemi di organizzazione degli uffici, non si vede come possa restare tanto estraneo al momento formativo. Senza contare la dirigenza giudiziaria, sulla quale lei, signor Presidente, alla scorsa inaugurazione dei corsi della Scuola, ha sapientemente affermato che "sovraintendere a un ufficio giudiziario richiede oltre alle capacità professionali, competenze organizzative e attitudini relazionali. Esse devono essere promosse e sviluppate in stretto coordinamento con il Consiglio Superiore, cui è demandata la scelta dei dirigenti”. Ma, nonostante il CSM abbia tentato, sulla base di un'interpretazione costituzionalmente orientata delle norme vigenti, di stimolare ogni miglior forma di sinergia, restano evidenti i limiti endemici propri dell'attuale assetto normativo, che ha recintato in misura forse troppo angusta i poteri d'intervento offerti all'istituzione consiliare, non assicurando una completa aderenza alla sua posizione costituzionale. Di questi limiti, dicevo prima, si discute all'interno del Consiglio. Pur nella diversità di idee e di opinioni tra chi ritiene che debba essere potenziato il ruolo del CSM nell'ambito formativo e chi ritiene che debba essere superato l'attuale assetto normativo, è stata tuttavia raggiunta una posizione condivisa sui seguenti temi: una permanente collaborazione; un potenziamento dell'offerta integrativa dei corsi sui temi ordinamentali e di interesse di carattere nazionale; una verifica periodica delle modalità di implementazione degli indirizzi forniti per la programmazione degli incontri di formazione; una partecipazione del CSM nelle sue varie articolazioni nel momento dell'elaborazione e erogazione di specifiche offerte formative. Dunque il CSM è certamente pronto ad assicurare una più efficace presenza nelle attività formative, oltre che una più stretta cooperazione con la Scuola.
Su questo punto, con estrema soddisfazione, voglio riferire che, proprio nella giornata di ieri, all'esito di un proficuo incontro tra i componenti della Sesta Commissione e della Scuola, è stata prevista l'istituzione di un tavolo tecnico permanente che dovrà discutere di temi di stretta attualità tra cui voglio segnalare quello relativo alla necessità di realizzare in materia omogenea la formazione decentrata sul territorio; la necessità di rivedere i deficit che sono stati riscontrati nel corsi di formazione dei dirigenti relativi ai profili deontologici e ordinamentali.
Io concludo il mio intervento auspicando che l'incontro di ieri possa significare l'inizio di un percorso di collaborazione, un percorso proficuo nell’interesse di tutti i magistrati e voglio concludere
richiamando il pensiero di Benedetto Croce allorquando affermava che "tutti siamo e dobbiamo e possiamo essere effettivi educatori, ciascuno nella propria cerchia e ciascuno in prima persona verso se stesso".
On.le Giovanni LEGNINI, Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura – E’
così conclusa la prima parte di questa giornata. Riprendiamo i lavori fra 20 minuti.
I lavori sono sospesi alle ore 11,00 e riprendono alle ore 11,26.
Cons. Ercole APRILE, Componente della Sesta Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura – Se vi accomodate riprendiamo con la seconda sessione. Innanzitutto devo un saluto ai presenti, sono Ercole Aprile, componente della Sesta Commissione, il mio compito è quello di coordinare i lavori di questa seconda sessione e prima di presentare e passare la parola ai relatori che interverranno in questa tavola rotonda devo due brevi considerazioni una di carattere per così dire metodologico e una considerazione di carattere più strettamente contenutistico. La prima considerazione è quella di spiegare in poche battute anche se si tratta di argomento facilmente intuibile, il senso e il significato di questa seconda sessione. Abbiamo pensato nella Sesta Commissione di far seguire alla prima fase importante, quella nella quale vi è stato il formale passaggio di consegne dal vecchio Comitato Direttivo al nuovo Comitato Direttivo alla presenza del Capo dello Stato e delle più alte autorità, quindi una fase più rituale, dai contenuti comunque molto importanti, una seconda fase nella quale abbiamo immaginato di aprirci al dialogo con i presenti, invitare tanti colleghi che svolgono la loro attività di formatori presso le sedi decentrate. Conservare apprezzabilmente la presenza di componenti del Comitato Direttivo uscito e entrato ci consentiva naturalmente di offrire una declinazione di quelli che sono stati i principi, i valori della prima fase della discussione a un dibattito che in qualche modo potesse consentirvi di interloquire con noi. Dal punto di vista contenutistico dirò poche cose per segnalare come il Consiglio Superiore della Magistratura, così come è stato già evidenziato dal Presidente della Sesta Commissione, il collega Palamara, nello svolgimento della sua attività, nello svolgimento dei compiti che sono previsti dalla legge è partito da un punto fermo che sono le linee guida, le linee programmatiche approvate nel giugno dello scorso anno e che costituiscono per noi il punto di riferimento fondamentale. Non solo perché in quel documento abbiamo riaffermato
un principio più volte richiamato nella prima parte di questo incontro, e cioè che l’attività di formazione demandata, svolta dalla Scuola è un’attività che non ha la finalità solo di consentire di favorire e di sviluppare una mera trasmissione di conoscenze tecniche ma ha una finalità direi più ampia, una finalità più elevata che è quella di far maturare una cultura dei magistrati e di valorizzare al massimo la consapevolezza del ruolo che gli stessi svolgono nell’ambito di una società in profonda evoluzione. Tuttavia in questo contesto il Consiglio non si vuole limitare a svolgere un ruolo per così dire puramente notarile, quello di redigere delle linee guida e di verificare alla fine di ogni anno in che misura le stesse siano state attuate, ma quello di collaborare con la Scuola, in diretto collegamento con la Scuola nell’attuazione delle stesse, nella convinzione che in questa maniera si possa garantire una più rispettosa osservanza del dettato costituzionale che vuole che il sistema di rapporti che collega la formazione come ogni altro aspetto della vita professionale sia da considerare uno degli aspetti del sistema dell’autogoverno. È per questo motivo che abbiamo ordinato quel progetto di cui vi è stato riferito di continuo collegamento attraverso un tavolo tecnico, ed è per questa ragione che stiamo riflettendo anche sulla possibilità di ricostituire una Commissione ad hoc, naturalmente si tratterebbe della Nona Commissione, che non dovrebbe svolgere come è fin troppo intuibile il ruolo e i compiti che ha svolto la vecchia Nona Commissione, ma che avrebbe solo e unicamente la finalità di assicurare a questo settore di attività del Consiglio una maggiore efficienza e una maggiore efficacia nei risultati.
Infine l’ultima considerazione è una considerazione che serve in qualche modo da viatico rispetto al dibattito al quale noi ci siamo aperti con questa tavola rotonda e con i successivi interventi. Abbiamo ritenuto come Consiglio di individuare alcuni settori sui quali evidentemente il Consiglio vuole per così dire riflettere, vuole offrire un contributo più significativo. Vi è stato già detto come i settori sui quali noi vogliamo offrire un importante contributo sono quelli dei corsi per i futuri dirigenti, i corsi ordinamentali in generale, i corsi per i quali viene per così dire valorizzato l’aspetto dell’organizzazione, dove noi auspichiamo un più diretto coinvolgimento dei protagonisti dell’autogoverno, i corsi abilitanti per i MOT ai quali dedicheremo le nostre specifiche osservazioni, ma vogliamo anche riflettere a quale modello di formazione noi vogliamo ispirarci nei rapporti ad esempio fra la formazione centrale e la formazione decentrata che, come è stato già anticipato nella prima sessione, manifesta degli aspetti di criticità ai quali noi vorremmo provare a dare risposta. Infine vi è un settore al quale noi teniamo molto che è quello della formazione internazionale che è un settore nel quale noi riteniamo che le sinergie fra le attività e i progetti del Consiglio che sono progetti anche di collaborazione nell’ambito degli organismi internazionali e le attività della Scuola possa sicuramente dare frutti migliori e più ricchi rispetto a quelli che si sono avuti in passato.
Infine, e concludo, voglio segnalare come da parte del Consiglio vi è in prospettiva una volontà di intensificare quella attività di formazione che potremmo definire attività condivisa, direttamente condivisa, anche attraverso la previsione di uno spostamento di alcune parti della formazione eventualmente a Roma, se del caso proprio qui all’interno del Consiglio. Tutto ciò nel pieno rispetto dei ruoli e delle diverse competenze che la legge attribuisce agli enti di cui stiamo discutendo.
Con queste premesse io passo senz’altro la parola nell’ordine del programma ai cinque partecipanti alla tavola rotonda previsti chiedendo loro nei limiti del possibile di concentrare il loro intervento nel limite del lasso temporale di circa dieci minuti in maniera tale da permettere un dibattito successivo e quindi la possibilità di recuperare qualche spunto di riflessione e poter replicare nella fase finale di questa seconda sessione. Il primo intervento è quello della collega Elisabetta Alberti Casellati che è componente della Sesta Commissione ma che è componente anche della Quinta Commissione, quindi componente della Commissione che si occupa della nomina dei direttivi e che quindi ha, per così dire, una particolare attenzione anche per il settore dei corsi dedicati a questa specifica materia.
Ringrazio la collega Casellati e le passo senz’altro la parola.
Cons. Elisabetta ALBERTI CASELLATI, Componente della Sesta Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura – Buongiorno a tutti e grazie, un ringraziamento non rituale.
Porto qui la mia voce come componente laico che ha forse un punto di vista diverso anche se non necessariamente divergente perché parto da una esperienza anche professionale diversa perché l’avvio della Scuola ci ha posti di fronte a nuovi orizzonti, a nuove sfide nel settore cruciale e nevralgico della formazione professionale. Alla Scuola è stato affidato questo compito delicatissimo al quale prima, come è noto, aveva provveduto in maniera esclusiva il Consiglio che aveva assicurato in questo settore un’azione di grande spessore tecnico, di grande spessore culturale. In questo passaggio di competenza ad una struttura autonoma - ma bisogna intendersi sul concetto di autonomia, sul quale stamattina hanno incentrato la loro attenzione i relatori - il dibattito che si sviluppò in occasione della riforma andò nella direzione di ritenere che la formazione non potesse essere impostata solo avendo riguardo alle vedute, solo avendo riguardo agli interessi della categoria professionale dei magistrati, ma alle attese della società nei confronti di coloro che esercitano o avrebbero esercitato le funzioni giurisdizionali. In questo senso era intervenuto l’ex Presidente Onida. Io sono profondamente convinta che il pluralismo culturale che l’apertura a saperi di settori professionali diversi rispetto a quello giuridico rappresentino un plusvalore. Favorire l’apertura del proprio background ad esperienze eterogenee professionali indubitabilmente consente al magistrato di acquisire un bagaglio di
conoscenze che possono essere di ausilio poi nell’espletamento della sua funzione, ma io ritengo che queste esigenze lodevoli devono essere concretamente condivise nelle varie articolazioni della Scuola dal Consiglio Superiore della Magistratura. Certamente la Scuola rappresenta un’opportunità di sviluppo professionale, un’opportunità che può dare slancio a competenze della magistratura, ma ad una condizione: a condizione che l’interazione con i saperi extragiuridici e con le diverse figure professionali che operano in ambito giudiziario avvenga in un quadro sistematico di collaborazione con il Consiglio Superiore della Magistratura. Collaborazione, devo dirlo perché non possiamo dar luogo ad infingimenti in questa sessione, fino ad oggi non c’è stata né nella stesura dei programmi né nella scelta degli interlocutori, quasi che il Consiglio e la Scuola fossero due monadi non comunicanti, e la riprova di questi limiti è purtroppo emersa anche da alcune recenti vicende salite tristemente, devo dire, agli onori della cronaca, e mi riferisco all’invito presso la Scuola di due ex terroristi, Faranda e Bonisoli, invito di cui nessuno di noi del CSM era a conoscenza. Quindi avere invitato due protagonisti delle brigate rosse senza portare a conoscenza il Consiglio Superiore della Magistratura io la trovo francamente una cosa molto grave. Ritengo che la funzione del Consiglio Superiore della Magistratura a legislazione invariata non possa essere limitata alla mera individuazione delle linee guida dell’attività di formazione perché questo significherebbe trasformare l’organo di autogoverno, una volta protagonista unico della formazione, a mero spettatore dell’attività formativa della Scuola, e io trovo che questo sarebbe inaccettabile: in primo luogo perché la formazione professionale è un’attività che si svolge in stretta connessione con i valori dell’autonomia e dell’indipendenza della magistratura la cui tutela è demandata in via esclusiva al Consiglio Superiore della Magistratura; in secondo luogo perché sarebbe bizzarro che il Consiglio Superiore della Magistratura, che è un organo costituzionalmente deputato all’adozione di tutti quei provvedimenti che incidono sullo status dei magistrati, compresa la valutazione di tutte le attività, possa incidere marginalmente, solo marginalmente, nella formazione professionale di coloro la cui professionalità poi è chiamato a valutare. Quindi a legislazione invariata la funzione di indirizzo, questa è la mia personale opinione, del Consiglio Superiore della Magistratura non potrà limitarsi alla enunciazione delle linee direttive una volta all’anno, come si è fatto, ma deve trovare attuazione concreta anche nelle fasi successive in sede quindi di elaborazione e in sede di erogazione dell’offerta formativa. In questa direzione sarà necessario prevedere in una costante interlocuzione con la Scuola forme più incisive di verifica dell’attuazione delle priorità programmatiche. Penso alla necessità che la Scuola impronti ogni sua scelta di contenuti, metodologie e incarichi di formazione a criteri rigorosi, a criteri trasparenti e a criteri oggettivi. Questo vale per le procedure di selezione dei relatori e in genere del corpo docente. Debbo dire che fino ad oggi noi non
abbiamo saputo quali potessero essere i criteri di scelta e in base a quali capacità potessero essere scelti docenti o relatori. È mancata a mio parere la trasparenza - legittimando il pensiero di chi come me ha ipotizzato che ci fossero scelte in base a logiche di appartenenza, e questo devo dire non mi può piacere - trasparenza riferita all’esigenza dal mio punto di vista che sia sempre rispettato il pluralismo culturale.
Altro aspetto critico riguarda sempre dal mio punto di vista il tirocinio dei MOT. La previsione di ben sei mesi di tirocinio sui 18 mesi complessivi del periodo previsto dalla legge a mio parere sacrifica eccessivamente l’esigenza di vicinanza agli uffici giudiziari, vicinanza che ad oggi ha rappresentato il vero punto di forza della formazione iniziale dei magistrati. Qualora non si potesse su questo aspetto incidere normativamente sulla quantificazione dei periodi di tirocinio sarebbe necessario a mio parere che la Scuola privilegiasse in stretto raccordo con gli uffici giudiziari una formazione di tipo pratico rispetto a quella teorica, e ciò è tanto più necessario ove si considerino le caratteristiche del concorso in magistratura che tra studi universitari e specializzazioni post laurea già impongono agli aspiranti di dedicare molto tempo alla preparazione teorica. Differire il contatto con la realtà giudiziaria a favore di un’ulteriore formazione teorica distoglie il vincitore del concorso da quello che è il suo fine essenziale, e cioè apprendere sul campo il mestiere di magistrato.
In definitiva a legislazione invariata l’analisi della criticità e la scelta delle possibili soluzioni mi auguro avvengano in una costante collaborazione con il CSM nell’esclusivo interesse del sistema giustizia e non sulla base di impostazioni ideologiche che avrebbero quale unico esito esiziale quello di minare l’immagine di terzietà e di imparzialità della magistratura tutta. Concludendo mi auguro anche che il Consiglio Superiore della Magistratura nella sua volontà di autoriforma ricostituisca la Nona Commissione per dar vita in maniera più produttiva a quella collaborazione fra istituzioni senza la quale il progetto formativo rischia di restare monco con grave pregiudizio per gli stessi protagonisti del mondo della giustizia. Vi ringrazio.
Cons. Ercole APRILE, Componente della Sesta Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura – Nel ringraziare la collega, tuttavia, prima di passare la parola al successivo relatore devo per così dire una precisazione nel mio compito di coordinatore. Abbiamo reputato, come avete potuto comprendere, di dare voce - e devo dire che la collega Casellati lo ha fatto in maniera molto efficace - a sensibilità che sono presenti all’interno del Consiglio e di cui noi dobbiamo tenere conto.
Tuttavia, come la stessa collega ha tenuto a precisare in maniera molto schietta, si tratta di una manifestazione di una rappresentazione dei problemi riguardanti i rapporti fra Scuola e Consiglio che è personale, non isolata, non si tratta di una posizione isolata ma tuttavia di una posizione personale, non
è la posizione della Sesta Commissione. Su questi temi naturalmente stiamo ragionando, io nel mio intervento introduttivo ho voluto sottolineare come il punto di partenza del nostro lavoro è costituito dalle linee guida e quindi dalla delibera del giugno dello scorso anno che il Consiglio ha adottato.
Quello è il nostro punto di riferimento allo stato per così dire delle decisioni del Consiglio Superiore della Magistratura.
Per questa ragione ritengo opportuno, peraltro secondo quanto avevamo previsto nel programma, passare la parola al collega Piergiorgio Morosini, il quale è stato il relatore della pratica che poi si è tradotta nelle linee guida di cui più volte abbiamo fatto menzione e che quindi potrà in qualche modo rappresentare quella che è la determinazione che il Consiglio ha adottato su questo punto, sia pure in una fase nella quale era ancora in carica il precedente Comitato Direttivo della Scuola. Ringrazio il collega Morosini e gli passo la parola.
Cons. Piergiorgio MOROSINI, Componente della Sesta Commissione del Consiglio Superiore della Magistratura – Grazie Presidente, ci tenevo a salutare tutti i presenti a questa iniziativa perché siamo accomunati in questo caso dallo stesso destino, abbiamo, avete una grande responsabilità perché per ogni magistrato la formazione costituisce il motivo principale della sua legittimazione e la ragione principale della sua indipendenza. Il sistema della formazione assieme al sistema delle valutazioni di professionalità, assieme alle procedure disciplinari, assieme ai criteri organizzativi degli uffici contribuisce a delineare il modello di magistrato nel nostro attuale assetto istituzionale. È un compito molto delicato, un compito delicato soprattutto oggi che è mutata la natura delle domande di giustizia, in cui mentre in Senato si discute di una riforma sulle unioni civili il Tribunale di Roma decide cinque casi che riguardano quella materia intervenendo quindi in anticipo rispetto a possibili sviluppi legislativi. Non è la prima volta che accade, in Italia assistiamo a questo fatto almeno da quarant’anni. Abbiamo una grande responsabilità, e siccome c’è un articolo della Costituzione, l’articolo 105, che sostanzialmente ci dice che tutto quello che riguarda la vita professionale e soprattutto il modello del magistrato è un qualcosa che cade nell’alveo dell’autogoverno, è ovvio che il Consiglio Superiore della Magistratura deve avere voce in capitolo.
Ma, e qui vorrei riallacciarmi per un istante all’intervento del Presidente della Sesta Commissione Palamara, dobbiamo ricordare quando parliamo dei rapporti fra Scuola e Consiglio Superiore e quando parliamo dei possibili scenari futuri o delle idee che in questo momento si agitano nel dibattito pubblico rispetto a questo tema, dobbiamo ricordare la nostra esperienza di magistrati, la nostra memoria collettiva di magistrati che si sono occupati di formazione. Allora alla nostra memoria collettiva non