• Non ci sono risultati.

SPIRITO SANTO SPIRITO SANTO

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2022

Condividi "SPIRITO SANTO SPIRITO SANTO"

Copied!
8
0
0

Testo completo

(1)

SPIRITO SANTO

SPIRITO SANTO

1.​​ Necessità e difficoltà​​ di un discorso sullo S.S. Non si tratta soltanto del posto e del ruolo dello S.S. dentro la vita trinitaria; il riemergere del problema del “Filioque” nel dibattito ecumenico ha reso attuale anche questa riflessione (che però va trattata nell’ambito della teologia della → Trinità). Urge piuttosto il problema concreto del fenomeno dei movimenti carismatici e del risveglio dell’attenzione alla dimensione “pneumatologica” di tutta la vita cristiana e di tutta la Chiesa, contro un precedente eccesso di attenzione alle strutture istituzionali. I risvegli “spirituali” sono fenomeno costante; e stanno a indicare che, non solo all’interno della Trinità, ma anche nelle manifestazioni storiche lo S.S. non ha un

“volto” definito una volta per tutte, è sempre originale, è sempre imprevedibile, sempre da cercare e scoprire, sempre da verificare;

rappresenta per così dire la libertà e la novità di Dio. Il rischio che la Chiesa ha sempre combattuto è di pensare tale “novità” quasi necessariamente in termini di “miracolo” e di “straordinarietà”. Si tenga presente quanto richiama la​​ Lumen gentium​​ al n. 12 dove introduce esplicitamente il tema dei carismi: “Vanno valorizzati soprattutto i carismi ordinari, comuni e di tutti; non si deve riporre troppa fiducia nei carismi straordinari”. Il “discernimento” della presenza e dell’azione dello S. diventa perciò problema centrale.

2.​​ Lo S. è S. di Cristo,​​ e perciò opera anzitutto​​ dentro​​ i canali istituzionali. Per “istituzioni” qui si intende tutto ciò che, derivando da Cristo (e proprio in quanto Gesù storico, e perciò anche in veste di “istitutore”, di “iniziatore”), ha forma fissa e regolare, in tutti i vari settori, per poter rendere disponibile a tutti e per sempre i doni di salvezza; istituzione, quindi, non in termini negativi di fissità e staticità formalistica, ma in termini di stabilità e perennità a servizio di tutti e ciascuno e per la comunione o unità. Ebbene: in questo senso “istituzioni” sono anche la Bibbia (parola ormai fissata e codificata), i dogmi o dottrina autorevolmente promulgata, la liturgia o rito, e perciò anche il magistero dei Pastori; e non solo le strutture della gerarchia nella Chiesa.

La pastorale, e specialmente la C., devono quindi tener conto di ciò che da sempre la teologia e il Magistero hanno considerato il​

particolare ruolo dello S.​​ all’interno delle “istituzioni” sopra ricordate. Sarebbe grave omissione anche solo non evidenziarlo a sufficienza; ed oggi tutte le Chiese riconoscono che finora siamo stati al di sotto della sufficienza. Quanto alla​​ Bibbia,​​ pertanto, è assolutamente necessario sottolineare il momento “ispirazione”, sia per quanto si riferisce agli autori dei libri sacri, sia per quanto attiene a noi lettori e interpreti; anche se l’”ispirazione” nei due casi non è qualcosa di univoco. Così pure:​​ Concili​​ e →​

Magistero​​ hanno particolare valore in quanto fruiscono di una

speciale “assistenza” dello S.S. Ma, seguendo la dottrina ricuperata

dalla​​ Dei Verbum​​ (n. 5), si dovrebbe soprattutto insistere

sull’azione dello S.​​ nell’atto e nel processo di​​ →​​ fede​​ di

ciascun credente: già il “credere” è dinamismo soprannaturale, non

quindi frutto di sola intelligenza (tanto meno di convincimento maturo

per logica di stringente dimostrazione apologetica), né di sola

libertà, bensì dono dello S., e cioè del “lumen fidei” che dà occhi

adeguati per incontrare la → Rivelazione e cuore disponibile per

accoglierla.

(2)

La DV pone l’attenzione anche sulla intrinseca insufficienza della stessa fede, in quanto per vivere e svilupparsi essa deve attingere da ulteriori “doni dello S.” (che però sono offerti ad ogni credente):

intelletto, scienza, sapienza, ecc.; doni che maturano il cosiddetto

“sensus fidei”, ossia la capacità di fare passi nel cammino della fede, sia a livello di penetrazione sapienziale nella verità, sia a livello di verifica concreta nella prassi. Questo dono del “sensus fidei” (come a dire: fede attrezzata di sensi, per introdursi nell’universo della Parola di Dio) è condizione di → maturità e di età adulta del cristiano; proprio per questo, interessa la C. e la pedagogia cristiana; e da ciò si potrà passare poi a valorizzare il

“consenso nella fede” per costruire una Chiesa adulta. Si è sempre detto che il ciclo si conclude con la “redditio symboli”; il cristiano resterebbe minorenne se dovesse solo “ricevere”, senza capacità di

“dare”.

3.​​ Lo S.​​ però ha un campo più vasto di azione;​​ agisce anche

fuori​​ delle “istituzioni”. Si potrebbero schematicamente indicare le

seguenti quattro tappe storiche, per qualificare l’attenzione crescente allo S., lasciando da parte la stagione privilegiata dei primi secoli (o dei Padri), quando vivere cristianamente, anche sul fronte dei Pastori, voleva dire vivere “nello S.” e “dello S.”, più che di forme e di strutture separanti. Nel primo millennio il fiorire del monacheSimo ha fatto sottolineare l’importanza dei cristiani che si incamminano su sentieri di perfezione, e cioè degli “spirituali”;

introducendo una forte attenzione al discernimento dello S. che lavora dentro le anime; discernimento delle “ispirazioni”, ossia “degli spiriti”. Dal medioevo in poi la Chiesa ha dovuto far fronte sempre più spesso alla novità di “rivelazioni private”,​​ soprattutto quando queste rivendicano interesse per tutta la Chiesa (si pensi alle rivelazioni di santa Brigida, di cui dovette interessarsi perfino il Concilio di Costanza; e poi a quelle di santa Margherita M. Alacoque;

di Lourdes, di Fatima...). Ma negli ultimi tempi incontriamo altre due stagioni ancora più decisive: anzitutto la riscoperta delle​

vocazioni​​ apostoliche dei​​ laici,​​ per una Chiesa tutta carismatica e ministeriale; e poi l’attenzione alla storia generale, anche oltre i confini della Chiesa, e perciò ai “segni dei tempi”,​

ossia ai dinamismi entro i quali passa l’azione dello S. nell’umanità intera. L’orizzonte si è allargato: lo S. opera in tutti,​​ dentro la

Chiesa anzitutto,​​ e perciò si deve fare attenzione al “consenso di

fede” quale organo di verità, e, a certe condizioni, anche di infallibilità; in ogni caso la comunione deve tornare ad essere la categoria fondamentale della Chiesa, e perciò impegnare alla comunicazione, alla partecipazione. Ma lo S. parla alla Chiesa​​ anche

da fuori,​​ attraverso i popoli, le culture, i movimenti, le sfide e

le risorse dei vari tempi.

4.​​ Diventa, perciò, sempre più importante il problema del​

discernimento dello S.;​​ e soprattutto dei​​ criteri​​ sulla base dei quali operarlo. A questo proposito vanno indicati i seguenti criteri principali.

—​​ Anzitutto-.​​ Gesù Cristo e i segni visibili della sua presenza nella storia restano​​ la forma​​ su cui tutto misurare. Lo S. è S. di Cristo; S. e Cristo sono in legame inscindibile. Predicazione e C., oggi, devono insistere su questo punto capitale. Anche senza assumere norma dal “Filioque”, che accentuerebbe il legame dello S. con Cristo (appunto in quanto lo S. procede anche dal Figlio e non solo dal Padre), si deve sottolineare che

10 S. ha sempre operato, nella storia, “per il​​ Cristo”: nell’AT (e

nelle religioni non cristiane e nelle culture, in quanto rappresentano

una “preparazione al Vangelo”) lo S. ha operato in vista di Cristo; il

NT ci presenta Gesù come “capolavoro” dello S.; e l’era della Chiesa

viene ancora di più compresa come “tempo dello S.”, in quanto in essa

lo S. continua a creare il “nuovo corpo di Cristo”. Lo S., dunque, non

(3)

può fare qualcosa che in qualche modo non sia armonizzabile con la

“forma di Cristo”; in particolare con​​ l’incarnazione​​ e col​

mistero pasquale​​ : segno dello S. è ciò che aiuta a realizzare o perfezionare l’unione tra uomo e Dio, l’entrare di Dio nell’uomo e dell’uomo in Dio (incarnazione), e nel segno della Croce, ossia di un morire che significhi donarsi totalmente e consumarsi all’insegna dell’amore gratuito e universale, per un risorgere a vita più elevata, ossia per una comunione e una fraternità che siano ricapitolative di tutto e tutti (mistero pasquale).

—​​ Poi:​​ segno dello S. è tutto ciò che, al tempo stesso e con uguale passione, fa promuovere sia la​​ diversità​​ che​​ l’unità,​

ossia tanto la ricchezza dei vari doni e valori quanto la loro armonizzazione. Criterio, questo, più facile a dirsi che a realizzarsi, in quanto l’istinto porta normalmente alla unilateralità:

ad assolutizzare cioè fino all’idolatria o l’individualismo e le singolarità, oppure l’uniformità livellante e imperialistica.

—​​ Perciò​​ bisogna valorizzare anche criteri più umili e più concreti: la​​ mutua verifica,​​ che porta anche al​​ controllo​

reciproco, alla reciproca​​ correzione fraterna,​​ alla​​ emulazione

​ che promuove in ciascuno lo sviluppo dei propri doni in un clima di

​ simpatia verso tutti.​​ Questo processo implica, perciò, una mentalità di “mutua dipendenza”; per cui ciascuno porta il peso di tutti gli altri, si sottomette a tutti, sia per dare che per ricevere.

È in questa logica che va collocata anche l’obbedienza ai superiori e ai Pastori.

5.​​ C. e pedagogia​​ devono, pertanto, esprimere “servizio allo S.”. Soprattutto per formare “adulti”. Già a livello dei fanciulli ci si deve porre in umile servizio allo S., perché questi dona anche ai piccoli l’”intuito” di fede; e si deve realmente contare su tale

“capacità” superiore. A livello di adolescenti e giovani si deve tener conto del dono dello S. che induce coinvolgimento, adesione di volontà, per una scoperta di vocazioni. Ma è soprattutto il credente adulto che deve essere introdotto nei segreti dello S.; perché favorisca in sé il dinamismo del “senso della fede”, si apra ai doni dello S. che alimentano e fanno progredire la fede; e giunga a vivere nella Chiesa da vero “partecipe”, per contribuire al cammino comunitario nel “consenso della fede”, e così la comunità in cui vive sia adeguata a scoprire, leggere e discernere i segni dei tempi in vista della missione.

Bibliografia

Vedere voci attinenti nei Dizionari teologici (in particolare quelli di spiritualità, biblico, di liturgia e di ecumenismo), e voci che richiamano altre tematiche circa la storia, i segni dei tempi, il discernimento dello Spirito; importanti i volumi in collaborazione (specie per ascoltare prospettive di confessioni cristiane diverse, oltre i cattolici):

L'esperienza dello Spirito,​​ Brescia, Queriniana, 1974 (vol. in onore di E. Schillebeeckx);​​ L'Esprit Saint,​​ Bruxelles, 1978;​​ La riscoperta dello Spirito,​​ Milano, .Taca Book, 1977;​​ Spirito Santo e storia,​​ Roma, AVE, 1977; S.​​ Bulgakov,​​ Il Paraclito,​​ Bologna, EDB, 1971; Y.​​ Congar,​​ Credo nello Spirito Santo,​​ 3 vol., Brescia, Queriniana, 1981-1983 (monumentale trilogia);​​ Credo in Spiritum Sanctum,​​ 2 vol., Città del Vaticano, LEV, 1983; W.​​ Kasper -​​ G.​​ Sauter,​​ La Chiesa luogo dello Spirito,​​ Brescia, Queriniana, 1980; E.​​ Lanne​​ (ed.),​​ Lo Spirito Santo e la Chiesa,

​ Roma, AVE, 1970; H.​​ Muhlen,​​ Una Myslica Persona,​​ Roma, Città Nuova, 1968.

Luigi Sartori

(4)

SPIRITO SANTO

Angelo Amato

1. La riscoperta dello Spirito 2. I movimenti carismatici

3. La realtà dello Spirito Santo

3.1. Lo Spirito Santo, persona trinitaria 3.2. Lo Spirito nell’evento Cristo

3.3. Lo Spirito Santo e Maria 3.4. Lo Spirito Santo e la chiesa

4. Criteri pastorali della vita nello Spirito 4.1. Dinamismo trinitario

4.2. Testimonianza cristologica 4.3. Vissuto ecclesiologico-mariano

1.​​ La riscoperta dello spirito

«Credo nello Spirito Santo» è un dato primario della nostra professione di fede e del nostro vissuto ecclesiale. Il Dio cristiano è il Dio della comunione trinitaria. Dio Padre, Figlio e Spirito Santo non è speculazione gnostica, ma esperienza profonda di ogni cristiano battezzato nel nome della santissima Trinità. Dopo il Vaticano II c’è stata una vera riscoperta dello Spirito Santo sia come «Signore e datore di vita», sia come orizzonte ultimo del nostro comprendere teologico e del nostro agire ecclesiale. Lo Spirito Santo è infatti il mistagogo, il maestro che introduce nella verità e nell’esperienza del mistero salvifico di Gesù Cristo. La costituzione dogmatica sulla chiesa (LG) e quella pastorale sulla chiesa nel mondo

contemporaneo (GS) sono due trattazioni esemplari di questa nuova prospettiva pneumatologica, nella considerazione del mistero della chiesa in sé stessa e della sua missione nella storia e nel mondo. L’accresciuta attenzione

pneumatologica ha avuto nella stagione del postconcilio una pronta

accoglienza soprattutto in ambienti e movimenti giovanili, la cui esperienza di rinnovamento nello Spirito ha provocato un salutare risveglio nella

spiritualità e nell’apostolato.

2.​​ I movimenti carismatici

Premettiamo subito che in ambienti non cattolici, soprattutto nordamericani, sono stati sempre vivi gruppi e movimenti carismatici o pentecostali

caratterizzati dal cosiddetto «battesimo nello Spirito» ricevuto mediante l’imposizione delle mani e sperimentato con il dono del «parlare in lingue».

Nella sua guida a questi movimenti (1983), Charles Edwin Jones cita più di quattrocento gruppi, mentre in una più recente rassegna bibliografica Watson E. Mills ci consegna una documentata sintesi delle varie teorie concernenti l’origine e il significato di questi movimenti (W. E. Mills,​​ Charismatic Religion in Modera Research,​​ Macon [Georgia], Mercer University Press 1985). Alcuni di questi gruppi, con l’accento sulla presenza dello Spirito e dei suoi carismi nell’esperienza cristiana quotidiana, hanno certamente

influito sul movimento carismatico cattolico, storicamente iniziato da alcuni docenti e studenti della Duquesne University di Pittsburgh (Pennsylvania) nel 1967, e poi allargatosi all’Università di Notre Dame (Indiana), agli studenti cattolici della Michigan State University e ad altri campus. L’origine fu, quindi, l’urgenza pastorale di una esperienza e testimonianza cristiana che, sul modello delle prime comunità cristiane, fosse sotto la potente azione rinnovatrice dello Spirito del Cristo risorto. Dopo poco più che vent’anni di storia del movimento carismatico cattolico, possiamo sintetizzare alcuni elementi perenni del rinnovamento nello Spirito particolarmente adatti a una pastorale giovanile: 1. la Scrittura come fonte viva e penetrante di

ispirazione e di comprensione dell’esistenza cristiana; 2. l’intelligenza ecclesiale della Scrittura, non lasciata all’arbitrio individuale bensì alla viva tradizione della Chiesa; 3. il battesimo dello Spirito inteso come una reviviscenza esistenziale della nuova vita in Cristo iniziata col battesimo e nutrita con gli altri sacramenti; 4. l’attenzione a far combaciare

l’entusiasmante annuncio del Cristo con una prassi cristiana altrettanto

(5)

convinta e vitale; 5. lo sforzo di misurare la carica sentimentale di ogni persona e comunità mediante la verità del vangelo di Gesù Cristo; 6. la partecipazione attiva alla preghiera e all’azione apostolica come

sperimentazione concreta dell’azione dello Spirito oggi con la molteplicità e la ricchezza dei suoi doni sui singoli e sulle comunità. Questo articolato orizzonte pneumatologico dà una ferma convinzione personale e una innegabile aggressività missionaria per una vita spirituale «ad alto voltaggio».

La dinamica esperienza carismatica, regolata dalla parola di Dio e vissuta nell’ambito e in armonia con la comunità ecclesiale, è stata sostenuta e nutrita da importanti contributi teologici (cf le opere di H. Muhlen, H. U.

von Balthasar, K. Rahner, Y. Congar, D. Bertetto, F. Lambiasi) e magisteriali. Il rinnovamento pneumatologico suggerito dal magistero

pastorale di Paolo VI ha avuto poi una sua sintesi esemplare nelPenciclica sullo Spirito Santo «Dominum et vivificantem» (18 maggio 1986) di Giovanni Paolo IL L’accento della presenza dello Spirito nella chiesa racchiude anche una innegabile carica ecumenica, soprattutto nel dialogo con le chiese

orientali e nella comune invocazione all’unità. Se il primo millennio

dell’era cristiana si concluse con il primo grande scisma — paradossalmente anche a causa di una disputa pneumatologica (la celebre questione del

«Filioque») —, il secondo millennio potrebbe concludersi con una

riconciliazione ecclesiale come opera dello Spirito, principio di unità e di comunione nella chiesa. Testimonianze di questa tensione verso l’unità sono stati, ad esempio, alcuni convegni nazionali e internazionali di studio in occasione dell’anniversario del secondo concilio ecumenico, il

Costantinopolitano I del 381 (cf il congresso internazionale di pneumatologia tenutosi nella Città del Vaticano nel marzo del 1982).

3.​​ La realtà dello spirito santo

3.1. Lo Spirito Santo, persona trinitaria

Pur adombrato nell’Antico Testamento, la realtà dello Spirito Santo viene compiutamente svelata nel mistero dell’incarnazione, evento trinitario per eccellenza. L’incarnazione, infatti, è l’evento dell’autorivelazione di Dio come comunione trinitaria «in sé» e «per noi»: «E quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la legge, perché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli di Dio ne è prova il fatto che Dio ha mandato nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio che grida: Abbà, Padre!» (Gal 4,4-6). In questa splendida sintesi san Paolo presenta l’impegno personale del Padre, del Figlio e dello Spirito

nell’incarnazione salvifica. La nostra adozione a figli del Padre, oltre che opera del Cristo, è frutto dell’inabitazione dello Spirito in noi, nel quale è possibile l’invocazione adorante del Padre. L’incarnazione è quindi

iniziativa del Padre che invia il Figlio, atto di obbedienza e impegno personale del Figlio che viene inviato, e cooperazione dello Spirito Santo.

3.2. Lo Spirito nell'evento Cristo

L’inizio dell’esistenza terrena di Gesù è opera dello Spirito (Mt 1,20; Le 1,35), così come l’inizio della sua missione, al battesimo nel Giordano, quando scese su di lui lo Spirito Santo (Lc 3,21 ; Mt 3,16; Me 1,10) e il Padre si compiacque nel suo Figlio prediletto. È nello Spirito Santo che viene operata e rivelata l’origine di Gesù, la sua identità di Figlio di Dio e la sua attività messianica (Lc 1,16-30; Mt 13,54-58; Me 6,1-6). Anche gli eventi gloriosi della risurrezione, ascensione, Pentecoste sono sotto il segno dello Spirito: «Innalzato pertanto alla destra di Dio e dopo aver ricevuto dal Padre lo Spirito Santo che egli aveva promesso, lo ha effuso, come voi stessi potete vedere e udire» (At 2,33). La presenza dello Spirito in Gesù è una realtà permanente, non temporanea.

E una realtà intrinseca al suo essere e al suo agire, in stretta relazione con la sua condizione di Figlio. Gesù viene definito non solo in riferimento al Padre, ma anche in riferimento allo Spirito (Lc 1,35; 3,22).

A sua volta lo Spirito viene definito sia dal suo rapporto con il Padre, da cui procede (Gv 14,16.26; 15,26), sia dalla sua relazione con il Figlio, da cui è mandato (Gv 15,26; 16,7) e di cui rammenta gli insegnamenti (Gv

16,1314; 14,26; 15,26; 16,14). Per questo viene chiamato «Spirito del Figlio»

(Gal 4,6), «Spirito di Cristo» (Rm 8,10; Fil 1,19), «Spirito di Gesù» (cf 2 Ts 2,8).

(6)

3.3. Lo Spirito Santo e Maria

L’affermazione del simbolo niceno-costantinopolitano: «si è incarnato dallo Spirito Santo e da Maria Vergine e si è fatto uomo», introduce nella realtà trinitaria del mistero dell’incarnazione del Verbo la persona di Maria:

«Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo figlio, nato da donna»

(Gal4,4). Da questo antichissimo testo paolino si ricava che il Figlio, oltre alla generazione eterna dal Padre, riceve una nascita temporale da una donna.

1 testi evangelici (Mt 1,18.20; Le 1,35) ci informano sulle specialissime modalità di questa nascita verginale ad opera dello Spirito Santo: «quel che è generato in lei viene dallo Spirito Santo» (Mt 1,20). Ad opera dello

Spirito, creatore e vivificatore (cf Gn 1,2; 2,7), in Maria si attua una nuova creazione: Maria è la terra che Dio feconda con il suo Spirito, perché doni il Salvatore. Tommaso d’Aquino espone le ragioni dell’attribuzione allo Spirito Santo della concezione verginale del Verbo. Anzitutto lo Spirito Santo è l’amore del Padre e del Figlio; ed è stato proprio l’amore di Dio il motivo ispiratore dell’incarnazione. La grazia inoltre è un dono celeste che viene attribuito allo Spirito Santo; ora anche l’incarnazione è un dono di Dio. Il terzo motivo è dato dal fatto che colui che nacque dalla Vergine era Santo e Figlio di Dio; la santità e la figliolanza divina sono opera dello Spirito Santo (STh III q.32 a.l).

La relazione Maria-Spirito Santo ha avuto nel postconcilio un’attenzione privilegiata. Definita come la «redenta in modo sublime» (LG 53) e «tempio dello Spirito Santo»​​ (ivi),​​ Maria è stata vista, ad esempio, come

«trasparenza dello Spirito Santo» (X. Pikaza), come «volto materno di Dio»

(L. Boff), come «anamnesi ed epiclesi dello Spirito Santo» (F. Lambiasi). H.

Muhlen evidenzia il particolare rapporto di Maria con lo Spirito Santo sia nella sua immacolata concezione e cioè nella totalità del suo essere plasmato dallo Spirito Santo (LG 56) fin dall’inizio della sua esistenza terrena

(funzione personologica), sia nella concezione verginale di Gesù, come libero atto di cooperazione di Maria alla redenzione (funzione personale). Tra il

«panàghion» (tuttosanto) e la «panaghia» (tuttasanta) D. Bertetto vede una particolare sinergia dello Spirito in Maria, che in tutta la sua vita condusse un’esistenza profondamente pneumatica, oltre che cristologica.

3.4. Lo Spirito Santo e la chiesa

La chiesa, costituita da Gesù con la chiamata dei discepoli, l’istituzione dei sacramenti e il primato di Pietro, a Pentecoste riceve dallo Spirito il soffio vitale della sua espansione universale. Anche la chiesa è sotto il segno dello Spirito non solo all’inizio della sua missione ma in tutto il suo pellegrinare storico. È lo Spirito che la edifica (Ef 2,22), la arricchisce dei suoi doni (1 Cor 12,7-11), unificandola in un solo corpo in Cristo (Ef 4,4;I Cor 12,8s; Rm 12,6s; Gal 3,28). Lo Spirito «co-istituisce» la chiesa (Congar), animandola e rendendola una, santa, cattolica, apostolica. Lo Spirito cioè è principio di comunione, di missione e di santità. La chiesa è il luogo della continua Pentecoste dello Spirito nella storia mediante

l’annuncio della parola, mediante l’azione liturgico-sacramentaria, mediante la sua missione di carità.

II concilio ci offre una splendida sintesi di questa animazione pneumatica della chiesa: «Lo Spirito [...] guida la chiesa verso tutta intera la verità (cf Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel servizio, la provvede di diversi doni gerarchici e carismatici, coi quali la dirige, la abbellisce dei suoi frutti (cf Ef 4,11-12; 1 Cor 12,4, Gal 5,22). Con la forza del vangelo fa ringiovanire la chiesa, continuamente la rinnova e la conduce alla

perfetta unione con il suo sposo. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: Vieni! (cf Ap 22,17)» (LG 4). Nello Spirito la chiesa diventa la madre dei fedeli soprattutto attraverso i sacramenti, che sono momenti privilegiati dell’incontro salvifico dell’umanità con lo Spirito del Cristo risorto lungo le principali tappe del suo terreno pellegrinare.

4.​​ Criteri pastorali della vita nello spirito

Come nell’annuncio cristologico, anche nell’annuncio dello Spirito Santo i criteri pastorali non sono suggeriti dall’esterno, ma sono ricavati dalla realtà stessa dello Spirito e dalla sua azione nella chiesa e nel mondo. Si possono sostanzialmente ridurre a tre le principali linee di progettazione pastorale della pneumatologia: lo Spirito è infatti dinamismo divino

(7)

trinitario nel cosmo e nella storia (1) e vita di unione con Cristo (2) nella chiesa con e come Maria (3). La pastorale pneumatologica ha quindi una

triplice dimensione: trinitaria, cristologica, ecclesiologico-mariana. Non si tratta di aspetti irrelati, ma in intrinseca continuità e in reciproco

arricchimento.

4.1. Dinamismo trinitario

Lo Spirito è soffio e potenza di vita trinitaria nella storia. Essendo comunione e dono d’amore del Padre e del Figlio, egli è dono di vita divina nei fedeli battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.

Il sostegno dell’opera apostolica e della santificazione della chiesa e dei cristiani nella storia è dono dall’alto, è vissuto divino comunicatoci dallo Spirito. La vita nello Spirito è quindi anzitutto vita trinitaria. Lo Spirito non è solo ricordo o invocazione di vita, ma il «signore e datore di vita». È nello Spirito che si attua sia il circuito di eterna comunione d’amore delle persone trinitarie, sia l’esperienza della partecipazione delle creature alla vita divina. È nello Spirito che l’uomo può chiamare Dio «Padre». Il suo dono è la comunione dell’umanità con Dio. Come nell’incarnazione lo Spirito ha plasmato una carne umana per il Figlio di Dio, così nella santificazione egli offre all’umanità il soffio della vita trinitaria. Il primo criterio di

pastorale pneumatologica è quindi l’esperienza profonda della vita dello Spirito nella storia personale e comunitaria dell’umanità.

4.2. Testimonianza cristologica

Questa comunione trinitaria è concretamente segnata dall’incontro personale del fedele con Cristo e dalla sua assimilazione a lui. È questo il compito del consolatore, inviato dal Padre nel nome di Gesù per «insegnare ogni cosa»

e «ricordare tutto ciò» che Gesù ha detto (cf Gv 14,26). Egli rende testimonianza a Gesù e alla sua verità: «Quando però verrà lo Spirito di verità, egli vi guiderà alla verità tutta intera, perché non parlerà da sé, ma dirà tutto ciò che avrà udito e vi annunzierà le cose future. Egli mi glorificherà, perché prenderà del mio e ve l’annunzierà» (Gv 16,13-14).

L’influsso dello Spirito nel cristiano è duplice: illuminare la conoscenza e la fede in Cristo (cf 1 Gv 3,23) e rafforzare la testimonianza vitale di questa fede cristologica. «Questo è il suo comandamento: che crediamo nel nome del Figlio suo Gesù Cristo e ci amiamo gli uni gli altri, secondo il precetto che ci ha dato [...]. E da questo conosciamo che dimora in noi:

dallo Spirito che ci ha dato» (1 Gv 3,23.24). È per il dono dello Spirito che Cristo rimane in noi e noi in lui. È nello Spirito che si attua la nostra comunione col Padre e col Figlio suo Gesù Cristo (cf 1 Gv 1,3). Vita

pneumatica è concretamente vita di comunione con Cristo. Vita pneumatica è vissuto e testimonianza cristologica: è immersione nel mistero salvifico della redenzione cristiana. Lo Spirito Santo è fonte dell’autentica crescita nella vita cristiana.

4.3. Vissuto ecclesiologico-mariano

La vita trinitaria di intimità con Cristo viene concretamente donata ed esperimentata nell’ambito della sacramentalità ecclesiale. È la chiesa che attraverso il battesimo, l’eucaristia e gli altri sacramenti diventa la madre feconda dei fedeli alla vita divina nello Spirito del Cristo risorto.

Edificata dallo Spirito (Ef 2,22) e vivificata dai suoi doni (1 Cor 12,711), la chiesa nutre i suoi figli con i doni spirituali di vita e di santità, di amore e di unità, di verità e di libertà. Nel nostro cammino terreno, la vita nello Spirito è concretamente vita ecclesiale, in cui lo Spirito è il maestro interiore di ortodossia e di ortoprassi, di preghiera e di testimonianza, di conversione personale e di dedizione comunitaria. È nella chiesa che la pedagogia sacramentale plasma quegli abiti virtuosi che a poco a poco maturano spiritualmente il cristiano, che diventa cosi uomo spirituale, adorno dei doni (cf Is 11,1 -2) e dei frutti dello Spirito: giustizia, pace, gioia, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza, dominio di sé (cf Rm 14,17; Gal 5,22; Ef 5,9; 2 Cor 6,6-7; 1 Tm 6,11).

Lo Spirito è quindi nella chiesa fonte di missione e di apostolato, di purificazione e di santificazione. In questa sua condizione pneumatica la chiesa trova in Maria il suo modello e la sua madre. La relazione chiesa- Maria non è estrinseca né solo devozionale, ma intrinseca ed essenziale. Dice Paolo VI nella «Marialis cultus»: «Maria è la Vergine madre [...] costituita da Dio quale tipo e modello della vergine-chiesa, la quale diventa anch’essa

(8)

madre, perché con la predicazione e il battesimo genera a vita nuova e

immortale i figli, concepiti per opera dello Spirito e nati da Dio» (MC 19).

A ragione Giovanni Paolo II considera la Pentecoste come il prolungamento della maternità di Maria nella maternità della chiesa (cf RH 22). La

maternità spirituale della chiesa è intrinsecamente associata alla maternità di Maria: entrambe donano al mondo il Cristo salvatore nella potenza dello Spirito Santo. Per questo la santità di Maria si riverbera sulla santità della chiesa. Allo stesso modo la santità di Maria e della chiesa è l’orizzonte e il grembo della santificazione dei fedeli.

Come Maria e la chiesa, anche i cristiani vivono la loro vita di fede, di speranza e di carità nello Spirito del Cristo risorto. Come Maria e la chiesa, anche i cristiani sono plasmati dallo Spirito (pneumatoplasti), diventando portatori dello Spirito e dei suoi doni (pneumatofori) e

trasparenza e immagine dello Spirito nel mondo (pneumatoformi). Come Maria, la chiesa guidata dallo Spirito si fa chiesa-madre dell’umanità, chiesa- famiglia dell’umanità, chiesa-servizio all’umanità. È in questa profonda dimensione ecclesiologico-mariana che l’apostolato cristiano trova la sua norma e la sua esplicitazione vitale. Dire lo Spirito oggi è vivere la vita divina trinitaria in unione col mistero salvifico di Cristo nella chiesa, con Maria e come Maria in impegnato servizio di liberazione dell’umanità nella storia.

Bibliografia

Amato A.,​​ Lo Spirito Santo e Maria nella ricerca teologica odierna delle varie confessioni cristiane in Occidente,​​ in Maria e lo Spirito Santo,​

Ed. Dehoniane-Marianum, Bologna-Roma 1984, p. 9-103; Congar Y.,​​ Credo nello Spirito Santo,​​ Queriniana, Brescia 1981-83;​​ Credo in Spiritimi Sanctum. Atti del congresso teologico internazionale di pneumatologia, Città del Vaticano 1983; Felici S. (a cura),​​ Spirito Santo e catechesi

patristica,​​ LAS, Roma 1983; Lambiasi F.,​​ Lo Spirito Santo: mistero e presenza. Per una sintesi di pneumatologia,​​ Ed. Dehoniane, Bologna 1987;

Triacca A. M.,​​ Presenza e azione dello Spirito Santo nell’assemblea

liturgica,​​ in «Ephemerides Liturgicae» 99 (1985) p. 349-383;​​ La presenza e l’azione dello Spirito Santo nella celebrazione dei sacramenti,​​ in

«Liturgia» 19 (1985) p. 26-62 (rassegna bibliografica).

Riferimenti

Documenti correlati

Credo sia molto importante nel nostro cammino di fede diventare sempre più consapevoli della realtà dello Spirito Santo, dei suoi doni e del suo frutto, perché

Così a Paolo, giunto ormai non troppo lontano dalla soglia dei sessant’anni, di tutto quel mondo di misteri, di tradizioni e di onore, non restava altro che una vecchia casa nel

Tutti: Vieni Spirito Santo, riempi i cuori dei tuoi fedeli e accendi in essi il fuoco del tuo amore (7 volte)...

Sabato 4 gennaio MESSA PREFESTIVA alle 18 a Spirito Santo Domenica 5 gennaio, ore 10, Santa MESSA a Tombe Non c’è la Messa delle 18.. Martedi’ 24 dicembre, non ci saranno

E se lo Spirito di Dio, che ha risuscitato Gesù dai mor- ti, abita in voi, colui che ha risuscitato Cristo dai morti darà la vita anche ai vostri corpi mortali per mezzo del suo

Signore Gesù, tu che sei stato incoronato del dolore dell'umanità, tu, che conosci le sofferenze e le difficoltà delle famiglie con disabilità e ammalati, solo tu puoi alleviare con

Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini di buona volontà. Noi ti lodiamo, ti benediciamo, ti adoriamo, ti glorifichiamo, ti rendiamo grazie per la tua

Spirito di amore e di verità Spirito di sapienza e di scienza Spirito di consiglio e di fortezza Spirito di intelletto e di pietà Spirito di grazia e di preghiera Spirito di pace