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CORTE DEI CONTI SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO PER LA REGIONE SICILIANA

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SEZIONI RIUNITE IN SEDE DI CONTROLLO PER LA REGIONE SICILIANA

R

ENDICONTO GENERALE DELLA

R

EGIONE SICILIANA ESERCIZIO FINANZIARIO

2012

RELAZIONEORALEPERL’UDIENZADIPARIFICAZIONE

Palermo, 28 giugno 2013

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1 RELAZIONE ORALE PER L’UDIENZA DI PARIFICAZIONE

PREMESSA

L’odierna udienza di parifica del rendiconto generale della Regione siciliana chiude, con la solennità del rito giudiziario, il ciclo annuale dei controlli demandati alla Corte dalla Costituzione, dallo Statuto speciale e dalla Legge, così da consentire al Parlamento regionale, al quale il consuntivo per il 2012 verrà presentato come disegno di legge per la relativa approvazione, di adottare le proprie conseguenti determinazioni sulla base del massimo grado di trasparenza possibile.

Quest’anno, peraltro, la relazione che le Sezioni Riunite hanno predisposto unitamente alla decisione su tale giudizio, viene elaborata a pochi mesi di distanza dall’avvio della sedicesima legislatura e dall’insediamento del 58 ° Governo regionale.

Alle nuove massime Istituzioni della Regione siciliana la Corte affida le proprie indicazioni e riflessioni confidando di contribuire, dalla sua posizione di organo magistratuale, al miglior governo delle risorse collettive.

In tale ottica occorre effettuare una prima considerazione che attiene proprio al ruolo della stessa Corte da concepire come organo della Repubblica (e quindi non del solo Stato centrale o delle Regioni) che può assicurare una visione unitaria della finanza pubblica ai diversi livelli di governo, offrendo all’Assemblea la valutazione degli andamenti e dei risultati della finanza regionale e di quella locale nel contesto degli equilibri complessivi del settore pubblico; e ciò unitamente agli indispensabili elementi informativi sulla attività del Governo e dell’Amministrazione. Nel contempo la Corte rappresenta ai Consigli provinciali e comunali tutte le indicazioni necessarie in ordine alla sana gestione finanziaria delle amministrazioni locali; in termini più generali questa magistratura pone a disposizione delle istituzioni rappresentative, dei governi locali e dei cittadini una visione indipendente della regolarità e del buon andamento delle gestioni di finanza pubblica nella loro diversificata articolazione.

La rilevanza che possono assumere le osservazioni, i suggerimenti e le ipotesi propositive della Corte è stata di recente confermata dal legislatore nazionale, il quale, con il decreto legge 10 ottobre 2012, n. 174, convertito in legge 7 dicembre 2012, n.213, nel disegnare nuove modalità di partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla

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gestione finanziaria delle Regioni, ha introdotto significative disposizioni volte a fornire una più diffusa effettività ai controlli esterni “al fine di rafforzare il coordinamento della finanza pubblica, in particolare tra i livelli di governo statale e regionale, e di garantire il rispetto dei vincoli finanziari derivanti dall’appartenenza dell’Italia all’Unione europea”. A parte il rinnovato interesse per i sistemi di controllo interno, sono state particolarmente potenziate le vigenti tipologie di controllo finanziario che, mantenendo la loro natura collaborativa, vengono dotate di nuovi strumenti, anche in chiave inibitoria, al fine di garantire la reale cogenza delle misure correttive raccomandate dalla Corte.

Non è da sottovalutare, infine, la circostanza che, come messo recentemente in forte evidenza dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 60 del 2013, la collocazione delle nuove attribuzioni di controllo spettanti alla Corte dei conti assume “ancor maggiore rilievo nel quadro delineato dall’art. 2, comma 1, della legge costituzionale 20 aprile 2012, n. 1 (introduzione del principio del pareggio di bilancio in Costituzione) che, nel comma premesso all’art. 97 della Costituzione, richiama il complesso delle pubbliche amministrazioni, in coerenza con l’ordinamento dell’Unione Europea, ad assicurare l’equilibrio dei bilanci e la sostenibilità del debito pubblico”.

Tale ruolo centrale assunto dalla Corte dei conti, quale custode costituzionale della finanza pubblica allargata comprensiva anche delle regioni e province ad autonomia differenziata, dimostra, pertanto, una acquisita consapevolezza della gravità del momento e delle pesanti conseguenze che una sua inadeguata gestione potrebbe comportare.

L’anzidetta novella legislativa contiene, inoltre, idonei presidi alla trasparenza, tracciabilità, regolarità e documentabilità della gestione delle risorse regionali trasferite ai gruppi parlamentari, affidando di conseguenza alla Corte il controllo sulla regolarità dei relativi rendiconti.

Al riguardo, queste Sezioni riunite, pur tenendo conto che l’ordinamento regionale dovrà adeguarsi alla normativa in questione entro un anno dalla data della sua entrata in vigore, è dell’avviso che si debba al più presto interessare della questione la Commissione paritetica di cui all’art. 43 dello Statuto in modo da pervenire tempestivamente, per le disposizioni non immediatamente applicabili, all’emanazione di nuove norme di attuazione in materia di controlli della Corte dei conti che, nell’adattare la legislazione sopravvenuta alla peculiare realtà regionale, evitino il rischio di rinviare sine die l’applicazione di tale riforma in Sicilia. E’ da accogliere, pertanto, favorevolmente il pronto avvio in Assemblea regionale della discussione in merito alle modifiche del

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3 proprio Regolamento interno in punto di disciplina della gestione finanziaria dei gruppi parlamentari, dibattito al quale la Corte ha fornito il proprio contributo in sede di audizione recentemente tenuta presso la Commissione per il regolamento.

L’occasione della predisposizione di nuove norme in materia di controlli esterni, infine, potrebbe essere colta per aggiungere un ulteriore tassello alla completa attuazione dell’art. 23 dello Statuto regionale che, come è noto, prevede il decentramento in Sicilia di tutte le funzioni svolte in sede centrale dalla Corte. Si fa riferimento, in particolare, all’esigenza di una profonda riflessione in merito alla possibilità di istituire un’apposita articolazione che, tenuto conto del continuo espandersi negli ultimi anni del modulo di

“amministrazione per enti, agenzie e società in mano pubblica” nella realtà regionale, possa ovviare al forte deficit di controllo esterno su tali significative gestioni, affidandolo non più alle eventuali scelte programmatiche della Sezione del controllo, ma ai modelli strutturati e continuativi previsti dalla legge 21 marzo 1958, n. 259 per gli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria.

Spetterà, invece, al legislatore statale adottare più adeguata disciplina in merito alla giustiziabilità delle pronunce della Sezione di controllo in tema di controlli finanziari sugli enti locali, anche nelle nuove forme introdotte dalla legge n 213 del 2012, al fine di ricondurre la giurisdizione sulle stesse al naturale alveo delle materie di contabilità pubblica di cui all’art. 103, secondo comma, della Costituzione ed evitare l’intervento di altri plessi giudiziari che finirebbero per vulnerare l’effettività degli accertamenti compiuti dalla Corte.

Per quanto riguarda, infine, le problematiche direttamente afferenti al ruolo della Corte dei conti nella sua funzione di ausiliarietà all’Assemblea Regionale Siciliana, è vivamente auspicabile che si riattivi al più presto il rapporto, apparentemente interrotto nel recente succedersi delle legislature, che, sulla base dalle disposizioni del Regolamento interno dell’Assemblea regionale (art. 73 bis), consentirebbero a questa Corte, attraverso specifiche audizioni in materia di documenti contabili, di offrire il proprio contributo tecnico alle Istituzioni regionali non ex post, come recentemente accaduto, ma già nell’ambito della discussione parlamentare.

In tale prospettiva la Corte dei conti per la Regione siciliana potrà sempre meglio garantire ai cittadini elettori, ed all’Assemblea regionale che li rappresenta, la corretta gestione delle risorse pubbliche. Ciò soprattutto mediante la verifica della sana gestione finanziaria dell’apparato pubblico regionale ed un effettivo controllo sui risultati

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conseguiti dall’amministrazione. A garanzia dello stesso Governo regionale inoltre si continuerà a fornire, nella forma collaborativa propria del controllo successivo sulla gestione qualificato da neutralità ed indipendenza, gli opportuni stimoli per eventuali processi di autocorrezione sul piano sia degli assetti organizzativi e delle attività gestionali, sia del funzionamento dei controlli interni.

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5 Il rendiconto generale della Regione siciliana per l’esercizio finanziario 2012 In un contesto europeo e nazionale segnato da diffuse difficoltà di controllo dei conti pubblici, i risultati conseguiti dalla Sicilia nel 2012 evidenziano uno scenario particolarmente preoccupante con riguardo sia all’andamento economico generale che all’evoluzione della finanza pubblica.

Pur nell’ambito di un complessivo quadro di fondo negativo delle performance macroeconomiche nazionali, in Sicilia – sulla base delle informazioni recentemente fornite dalla Banca d’Italia nel rapporto dedicato all’economia dell’Isola - la fase ciclica recessiva nel corso del 2012 è risultata particolarmente grave in quanto si sarebbe registrata una forte flessione del prodotto interno lordo pari al 2,7 per cento. Tale risultato è la sintesi dei marcati effetti negativi realizzati da tutti i settori produttivi (ed in particolar modo da quelli dell’industria e dell’edilizia) che hanno coinvolto in senso depressivo anche il mercato del lavoro sia per il numero di occupati (nel 2012, – 2,7 per cento), sia per il tasso di disoccupazione (18,6 per cento in totale e addirittura 51,3 per cento per le classi più giovani).

Gli esiti della finanza pubblica regionale che emergono dai dati del rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2012 offrono le seguenti principali indicazioni:

- in termini di competenza, tutti i saldi di bilancio consolidano i valori negativi già contabilizzati nell’esercizio precedente. In particolare, il saldo netto da finanziare ed il ricorso al mercato hanno registrato dati negativi rispettivamente pari a 2.944 ed a 3.155 milioni di euro che, tuttavia, pongono in evidenza un moderato “recupero” rispetto agli omologhi risultati dell’esercizio 2011. Il saldo tra entrate e spese correnti (il c.d.

risparmio pubblico), invece, non solo registra un valore negativo di 1.099 milioni di euro, ma subisce un peggioramento anche rispetto al risultato dell’esercizio precedente quando si era attestato a – 1.075 milioni di euro. Tra le principali cause che hanno concorso a determinare la situazione innanzi descritta meritano particolare segnalazione il minor gettito realizzato rispetto alle previsioni definitive sia dalle entrate correnti, per un importo complessivo di 1.128 milioni di euro, che da quelle in conto capitale, per un totale di 1.223 milioni di euro;

- sul fronte della gestione di cassa, invece, tutti i saldi in questione contabilizzano importi positivi, pari, per i più significativi, a 459 e a 247 milioni di euro, rispettivamente, per il saldo netto e per il ricorso al mercato. Va, però, osservato come tale quadro, apparentemente favorevole, sia stato in effetti condizionato in modo preponderante sia

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dalla forte limitazione registrata nell’attivazione dei pagamenti rispetto agli impegni (11.627 milioni di pagamenti su tutti e tre i titoli delle spese a fronte dei 18.536 milioni di euro di impegni complessivi, circostanza che ha generato residui passivi di nuova formazione ammontanti a 6.909 milioni di euro; + 12 per cento rispetto al 2011) , sia da una bassa dinamica degli incassi (13.228 milioni di euro di versamenti totali a fronte di 15.381 di correlativi accertamenti, talché i residui attivi di nuova formazione sono lievitati a 2.152 milioni di euro ; + 29 per cento rispetto al 2011);

- tutti gli anzidetti esiti, sia in conto competenza che a livello di cassa, scontano comunque in negativo le riserve e gli accantonamenti, per un importo complessivo di 914 milioni di euro, operati dallo Stato a decurtazione delle entrate tributarie di spettanza della Regione quale concorso della stessa al perseguimento degli obiettivi di finanza pubblica;

- le spese correnti, nella fase dell’impegno, si assestano sostanzialmente allo stesso livello dell’esercizio precedente (15.447 a fronte dei 15.584 del 2011; - 0,9 per cento), risultato che pone in evidenza come tale aggregato anche nel corso del 2012 non sia stato adeguatamente inciso, anche a causa della rigidità delle sue componenti, dagli interventi strutturali di contenimento pur disposti con la legge di stabilità regionale per tale esercizio. In termini di pagamenti il titolo I delle spese contabilizza, invece, un decremento di oltre 11 punti percentuali (10.175 a fronte di 11.483 milioni di euro). Tale esito apparentemente positivo, va, però, analizzato con riferimento ai dati dei residui passivi di nuova formazione: nell’ultimo biennio, infatti, a causa delle più stringenti regole imposte dal Patto di stabilità interno, la relativa massa si è più che duplicata ove si consideri che, mentre gli stessi nel 2010 ammontavano a 2.641 milioni di euro, nel biennio 2011-2012 sono lievitati, rispettivamente, a 4.100 (+ 55 per cento) e 5.271 milioni di euro (+ 28,5 per cento).

- l’indebitamento diretto della Regione a fine 2012 si è attestato al notevole importo di 5.385 milioni di euro che, seppur contenuto nei limiti della vigente normativa contabile, desta particolare preoccupazione sia in relazione al continuo aumento degli oneri per il servizio del debito (pari a 490 milioni di euro nel 2012, destinati, comunque, a lievitare ulteriormente in conseguenza dei finanziamenti attivati nello stesso anno), sia per i risultati dell’indicatore del “debito regionale pro capite” che ha raggiunto il valore di 1.077 euro.

- il risultato di amministrazione che emerge dal rendiconto 2012 contabilizza un avanzo complessivo di 6.332 milioni di euro che, rispetto all’esercizio precedente (8.189

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7 milioni di euro), segna un decremento di circa il 23 per cento. La sua disaggregazione per natura fondi sulla base della nuova classificazione introdotta con la legge di bilancio mette in luce che, se le partite non regionali registrano un avanzo di 7.245 milioni di euro, peggiorativo rispetto a quello del 2011 (8.191 milioni di euro), i fondi regionali, invece, contabilizzano un disavanzo finanziario di 914 milioni di euro che peggiora notevolmente rispetto a quello dell’esercizio precedente (- 2 milioni di euro). Sulla base del disegno di legge di assestamento per l’anno finanziario 2013 predisposto dall’Assessorato dell’economia e depositato in Giunta regionale il 19 giugno u.s., al fine di adeguare a tali esiti gli importi presuntivamente iscritti nel bilancio di previsione per il 2013 e pari ad un avanzo di 8.000 milioni di euro per i fondi non regionali e ad un disavanzo di 1 milione di euro per i fondi regionali, si prevede una manovra che comporterà una variazione negativa di 754 milioni di euro sul fondo per la riassegnazione dei residui passivi delle spese in conto capitale eliminati negli esercizi precedenti per assegnazioni dello Stato e dell’Unione Europea (capitolo 613905), mentre per il minore disavanzo registrato sui fondi regionali si procede ad una rideterminazione delle quote annue del disavanzo medesimo da riassorbire nel triennio 2013-2015 talché lo stesso viene spalmato nel triennio per importi pari, rispettivamente, a 312 milioni di euro nel 2013 e 343 milioni di euro per ciascuno dei due anni successivi.

Il quadro della finanza pubblica regionale innanzi prospettato si presta ad alcune osservazioni che, ad avviso di queste Sezioni riunite, sono di estrema rilevanza atteso che nel complesso gli andamenti registrati nel 2012 mostrano come non abbiano ancora trovato soluzione compiuta alcune delle criticità più volte segnalate dalla Corte.

Preliminari rilievi vengono formulati relativamente al fenomeno dei residui attivi generati dalle entrate tributarie e delle consequenziali refluenze sulla quantificazione del risultato di amministrazione, tematica che è stata affrontata anche nell’ultima relazione di parifica della Corte licenziata nel mese di giugno del 2012. In quella sede, in particolare, partendo dall’analisi della patologica situazione venutasi a creare nel tempo a causa del continuo e progressivo espandersi del volume dei residui attivi delle entrate tributarie, si poneva in evidenza come poste di assai dubbia esigibilità, influendo sul risultato di amministrazione, avessero fornito in passato una copertura non idonea al volume di spesa così alimentato. A fronte di tale anomala gestione, la Corte dava atto che il Governo

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regionale, riconoscendo l’improbabile realizzabilità di parte dei residui attivi iscritti nel rendiconto 2000, mediante l’approvazione dell’art. 3 della legge regionale n. 15 del 2001, aveva disposto l’accantonamento, con vincolo di indisponibilità, in apposito Fondo di una quota dell’avanzo dell’esercizio finanziario 2000, quantificata in 4.450 miliardi di lire (2.065 milioni di euro) in corrispondenza ad entrate tributarie accertate ma non riscosse.

Nello stesso tempo, tuttavia, si segnalava negativamente che, mediante l’introduzione di deroghe al principio della indisponibilità del fondo in questione – deroghe evidentemente non coerenti con le originarie finalità prudenziali dell’accantonamento - la normativa regionale successiva aveva progressivamente prosciugato le relative dotazioni finanziarie fino a toccare, in sede di bilancio di previsione per il 2012, il tetto minimo di 273 milioni di euro. In considerazione di ciò queste Sezioni riunite concludevano con la constatazione che tali risorse risultavano assolutamente inadeguate a “coprire” la massa dei residui attivi di dubbia esigibilità e di importo sostanzialmente inalterato. In definitiva, in sede di giudizio di parificazione del consuntivo per il 2011 si accertava che, a fronte degli 807 milioni di euro indicati nel 2004 dall’Agenzia delle entrate quali partite di dubbia e/o di difficile esazione, pur tenuto conto delle eliminazioni disposte nei rendiconti 2003, 2004 e 2006 per il complessivo importo di 357 milioni di euro, figuravano ancora nella contabilità regionale residui attivi di indubbia inesigibilità pari a 450 milioni di euro.

Tenuto conto del forte richiamo che la Corte, nel quadro dei propri compiti di garanzia dei principi costituzionali posti a tutela degli equilibri dei bilanci pubblici e delle regole di corretta copertura finanziaria della legislazione di spesa, aveva ritenuto di effettuare nel 2012 in merito all’esigenza per il futuro di rispettosa osservanza di detti principi da parte della legislazione regionale, si sarebbero attesi dal Governo e dall’Assemblea regionale comportamenti coerenti con tali raccomandazioni. Il quadro innanzi delineato, invece, ha subito ulteriori modificazioni di segno contrario, atteso che, con l’assestamento del bilancio per l’anno finanziario 2012, approvato con la legge regionale n. 45 del 2012, è stata apportata al capitolo 215713 relativo al fondo in questione una variazione negativa di 273.685.000 euro che, di conseguenza, ha interamente azzerato la dotazione finanziaria imputata a tale titolo in sede di bilancio di previsione per lo stesso anno.

In merito a detta operazione la Corte ritiene di dover formulare due ordini di rilievi. Il primo attiene all’inconciliabilità giuridica del disposto “contabile” della legge di assestamento che ha operato il completo “prosciugamento” del fondo di che trattasi con la

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9 sopravvivenza della norma sostanziale contenuta nel citato art. 3 della legge regionale n.

15 del 2001 che non è stata abrogata né esplicitamente né implicitamente dalla legislazione sopravvenuta. Sotto il profilo sostanziale, poi, la situazione di fatto, che aveva dato luogo alla costituzione del fondo indisponibile nel 2001, non ha subito medio tempore essenziali mutamenti, talché continua ad essere iscritta nel consuntivo per il 2012 una ingente massa di residui attivi, quantificabile in 3.574 milioni di euro, per entrate tributarie relativamente alle quali persiste concretamente il rischio di inesigibilità.

La Corte è ben consapevole degli sforzi che il legislatore regionale ha ultimamente posto in essere per affrontare detta grave problematica, ma in questa sede deve esprimere una valutazione negativa circa l’adeguatezza della quantificazione operata sui fondi appostati in bilancio per sopperire ai rischi innanzi indicati, il cui impatto in effetti potrebbe seriamente compromettere in futuro i complessivi equilibri di bilancio.

Si richiama, pertanto, la responsabile attenzione del Governo e dell’Assemblea regionale circa la necessità di affrontare la tematica in questione nel più breve tempo possibile e, comunque, entro la fine del corrente anno; si raccomanda a tal fine l’utilizzo di un approccio graduale, per tener conto dell’attuale stato di sofferenza dei conti pubblici regionali, ma nello stesso tempo risolutivo, per non ripetere le vicissitudini di cui si è innanzi riferito circa il fondo accontamento di cui all’art. 3 della legge regionale n. 15 del 2001. La Corte, comunque, non mancherà di fornire il proprio contributo in materia, impegnandosi fin da ora a concludere tempestivamente la già programmata indagine di controllo successivo sulla gestione dei residui attivi.

Sotto altro profilo appare netto e preoccupante il divario tra spese correnti ed entrate correnti (- 1.099 milioni di euro) che sostanzialmente replica quello dell’esercizio precedente (- 1.076 milioni di euro). In un contesto di perdurante diminuzione delle entrate, la emersione di un disavanzo corrente va attentamente indagato poiché segnala le difficoltà di un riequilibrio strutturale dei conti pubblici come dimostra la circostanza che la spesa corrente non risulta incisa adeguatamente da interventi strutturali di contenimento.

Falliti o, comunque, non severamente applicati gli specifici meccanismi di controllo e monitoraggio della finanza pubblica regionale, queste Sezioni riunite, senza volere entrare nel merito delle scelte squisitamente politiche rientranti nella esclusiva competenza e responsabilità del Governo e dell’Assemblea regionali, sono del parere che, sotto un

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corretto profilo tecnico-contabile, i principi guida per una efficace strategia in tal senso non possano che basarsi su riforme strutturali della spesa pubblica regionale. Per il perseguimento di tale obiettivo e così tendere verso una sana ed equilibrata situazione finanziaria, appare necessario, oggi più che in passato, un rigoroso contenimento della tendenza espansiva della spesa corrente, mediante un congruo, effettivo e permanente ridimensionamento della stessa che, in definitiva, incentivi negli apparati amministrativi gestioni più efficienti, agevolando nello stesso tempo la riduzione del debito ed il necessario finanziamento degli interventi per lo sviluppo e l'occupazione.

Ad avviso della Corte, però, occorre disinnescare il rischio che un ulteriore rallentamento dell’economia siciliana, inducendo interventi mirati al rilancio della crescita e di supporto al sociale, finisca per allontanare il riequilibrio dei conti pubblici.

Le priorità da eventualmente assegnare a tali azioni a carico del bilancio regionale, infatti, deve essere necessariamente accompagnata da una decisa opera di contenimento della spesa corrente disegnata su un processo, complesso ma necessario, di ripensamento e di riperimetrazione dei confini dell’azione pubblica regionale.

La rigidità della spesa iscritta nel bilancio regionale non esclude, peraltro, la fattibilità di una tale politica in quanto alcuni aggregati di spesa, apparentemente poco flessibili per interventi di contenimento, in effetti mostrano significativi margini per eventuali azioni di recupero come segnalano altre parti della presente relazione.

Un’ultima notazione merita la situazione di stress che in atto caratterizza la cassa regionale che, alla fine del 2012, contabilizzava un importo pari ad appena 278 milioni di euro.

Ad avviso di queste Sezioni riunite, però, lo scompenso di liquidità che in atto attanaglia l’erario regionale non può essere governato, come avvenuto finora, solamente mediante una prudente e flessibile politica di tesoreria volta a vigilare sull’equilibrio finanziario dei flussi monetari in entrata ed in uscita. Le carenze di cassa, infatti, come già riferito, risultano indotte principalmente dalle decurtazioni delle entrate tributarie (pari nel 2012 a 914 milioni di euro) a titolo di concorso da parte della Regione al perseguimento degli obiettivi nazionali di finanza pubblica. Solamente con gli effetti derivanti dall’applicazione del patto di stabilità interno che, di fatto, hanno fortemente limitato i pagamenti, si è finora evitato che la situazione della liquidità regionale precipitasse in una vera e propria crisi come accaduto nell’estate del 2012. V’è da osservare, però, a tal proposito che dette misure di contenimento della spesa non generano veri e propri tagli

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11 strutturali, ma comportano semplicemente lo slittamento dei pagamenti come dimostra, nell’ultimo biennio, il continuo lievitare dei residui passivi di nuova formazione che generano debiti da pagare negli esercizi successivi. E’ di tutta evidenza, pertanto, come la problematica in questione meriti una particolare attenzione volta a rimuovere soprattutto i fattori esterni (riscossione dei crediti, soprattutto nei confronti dello Stato) che in effetti ne condizionano fortemente l’equilibrio.

Il ciclo del bilancio

Il ciclo del bilancio della Regione prende avvio, come è noto, con il Documento di programmazione economico-finanziaria (DPEF) cui è demandata la definizione dei valori tendenziali e degli obiettivi programmatici della finanza pubblica regionale, destinati a tradursi in altrettanti vincoli per la successiva elaborazione del disegno di legge di bilancio e del disegno di legge di stabilità.

Il Documento di programmazione economico-finanziaria per il periodo 2012-2014 è stato presentato dalla Giunta all’Assemblea regionale siciliana il 21 luglio 2011, nel sostanziale rispetto del nuovo termine previsto l’art. 14 della legge regionale 11 maggio 2011, n. 7, tuttavia, dopo l’esame parlamentare (esteso anche alla Nota integrativa presentata il successivo 13 settembre) è stato approvato solo il 5 ottobre 2011, ben oltre la prescritta scadenza del 31 agosto e successivamente al termine previsto per la presentazione dei disegni di legge di bilancio e di stabilità.

Il Documento, dopo aver rilevato il tendenziale peggioramento della finanza pubblica regionale, fissa gli obiettivi programmatici per il triennio di riferimento, costruiti, essenzialmente, sulla base dell’andamento del PIL della Regione e dell’avvio di politiche di razionalizzazione e riduzione della spesa pubblica.

Si deve rilevare al riguardo che, da un lato, le previsioni di crescita del PIL regionale, già apparse particolarmente ottimistiche rispetto ai dati nazionali ed internazionali originariamente riportati, non hanno subito alcuna correzione al ribasso dopo il deciso peggioramento del quadro macroeconomico esposto nella nota di aggiornamento al Documento di economia e finanza presentato dal Governo nazionale il 22 settembre 2011 e che, dall’altro lato, le previste politiche di contenimento della spesa pubblica non riportano alcuna quantificazione degli effetti finanziari attesi.

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La programmazione è quindi risultata, oltre che tardiva, generica e scarsamente attendibile e, come tale, limitatamente in grado di condizionare gli effetti della successiva manovra finanziaria.

Il disegno di legge di bilancio a legislazione vigente e il disegno di legge di stabilità, (costituenti la c.d. manovra finanziaria), sono stati presentati all’Assemblea regionale il 7 ottobre 2011 e, dopo un lungo esame parlamentare che ha richiesto l’attivazione dell’esercizio provvisorio, sono stati definitivamente approvati nella seduta del 28 aprile 2012.

Dal confronto fra i dati tendenziali riportati DPEF e i corrispondenti dati recati dal disegno di legge di bilancio è emerso, analogamente a quanto riscontrato nei passati esercizi, la mancata osservanza del metodo della legislazione vigente e delle politiche invariate nella previsione delle entrate e delle spese che, viceversa, riportano già in sede previsionale effetti finanziari migliorativi dei saldi la cui determinazione e quantificazione avrebbe dovuto essere rimessa alla legge di stabilità.

Spetta, infatti, a quest’ultima, secondo il corretto evolversi del ciclo del bilancio, apportare le necessarie correzioni alla legislazione vigente in modo da adeguare le previsioni di entrata e di spesa, esposte nel disegno di legge di bilancio, agli obiettivi economico-finanziari già fissati nel DPEF.

La legge 9 maggio 2012, n. 26 – legge regionale di stabilità per il 2012 – anziché realizzare, come era nelle intenzioni del governo regionale, una sostanziale riduzione della spesa, ha determinato l’approvazione di un bilancio di previsione che, dovendo scontare i maggiori oneri recati dalla stessa legge di stabilità e rimasti privi di copertura, presentava per l’esercizio 2012 il peggioramento di tutti i principali saldi finanziari rispetto al dato della legislazione vigente.

Il risparmio pubblico è passato da -441 a -693 milioni di euro, l’indebitamento netto da -87 a -235 milioni di euro, il saldo netto da finanziare da -185 a -333 milioni di euro, il ricorso al mercato da -405 a -558 milioni di euro.

Si deve rilevare al riguardo, come la predetta legge abbia introdotto nuove spese senza assicurarne la necessaria copertura, destinata successivamente ad essere reperita nel saldo da impiegare risultante dal bilancio a legislazione vigente o, in difetto di quest’ultimo, con il ricorso al mercato.

Sotto quest’ultimo profilo, non si può fare a meno di rimarcare come la mancata distinzione tra entrate e spese di natura corrente nel riepilogo delle risorse e degli oneri

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13 arrecati dalla legge, non consenta di verificare l’effettiva copertura delle spese correnti e, conseguentemente escludere che le stesse trovino copertura nell’indebitamento in violazione dell’art. 119 della Costituzione.

La necessità di assicurare una reale copertura delle nuove o maggiori spese o delle minori entrate introdotte dalla legge di stabilità costituisce, infatti, non solo un adempimento richiesto dai principi di sana gestione finanziaria, ma anche un preciso e puntuale obbligo imposto dalla nuova legge nazionale di contabilità e finanza pubblica, da ritenersi applicabile anche nella Regione in forza del rinvio operato dall’art. 21, comma 6, della legge regionale n. 47 del 1977.

Appare, pertanto, imprescindibile che il prospetto riepilogativo degli effetti finanziari della legge dimostri, dettagliatamente ed analiticamente, che le nuove o maggiori spese correnti, nonché le eventuali minori entrate trovino preciso e puntuale riscontro in risorse della medesima natura reperite nell’ambito dei contenuti tipici della stessa finanziaria, quali nuove o maggiori entrate e riduzioni di spesa.

Proprio la mancata copertura finanziaria è stata la causa dell’impugnazione, da parte del Commissario dello Stato, di diverse disposizioni della legge di stabilità, determinando un ulteriore elemento di incertezza sull’attendibilità della legge di bilancio che di tali disposizioni impugnate ha recepito comunque gli effetti, rendendo di conseguenza necessario recuperare il pareggio finanziario attraverso una successiva legge di variazione.

L’aumento delle spese correnti e il conseguente peggioramento di tutti i saldi in conseguenza dell’approvazione della legge di finanziaria, costituiscono il sintomo più evidente di una situazione in cui la difficoltà di costruire un bilancio di previsione in pareggio senza operare una decisa contrazione delle spese, porta di fatto a rinunciare ad una seria politica di programmazione a medio termine.

Si deve rilevare, sotto questo profilo, come le iniziative del Governo regionale dirette alla razionalizzazione delle spese, solo parzialmente tradotte in provvedimenti legislativi o amministrativi, abbiano avuto un impatto molto limitato sul contenimento delle spese correnti il cui aumento, anche in considerazione delle leggi di spesa introdotte successivamente all’approvazione del bilancio, è stato inarrestabile.

La grave crisi finanziaria in cui versa la Regione, nel quadro della più generale crisi economica che continua ad interessare l’Italia e l’Europa, porta a ritenere, di contro, non più rinviabile una riforma del ciclo del bilancio che, in accordo con il quella nazionale,

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consenta l’adozione di una reale ed efficace politica di risanamento e riequilibrio dei conti pubblici.

Tale esigenza risulta imprescindibile anche a fronte del mutato quadro normativo scaturente dall’entrata in vigore della riforma che ha introdotto nella Costituzione il c.d.

principio del pareggio di bilancio e che impone anche alle Regioni stringenti vincoli della definizione degli equilibri finanziari.

Appare, del resto, evidente che una riforma del bilancio possa assicurare il rispetto dell’equilibrio imposto dalle nuove disposizioni costituzionali nella misura in cui la relativa normativa non sia disattesa e trovi puntuale e preciso riscontro nella prassi attuativa.

La gestione delle entrate e delle spese

Analisi degli andamenti complessivi delle entrate

Le previsioni iniziali di entrata per l’esercizio 2012 risultanti dal bilancio di previsione approvato con legge regionale 9 maggio 2012, n. 27, ammontano a complessivi 26.267 milioni di euro che, al netto dell’avanzo di amministrazione presunto al 1 gennaio 2012, pari a 9.400 milioni di euro, fissano in 16.867 milioni di euro il totale generale delle entrate.

Per effetto delle variazioni intervenute in corso di esercizio, le previsioni definitive di entrata si sono attestate a 18.160 milioni di euro, con un incremento di 1.293 milioni di euro che, unitamente alla contestuale variazione dell’avanzo operata in sede di assestamento (- 1.208 milioni), pareggiano la previsione di spesa pari a 26.352 milioni di euro.

I risultati esposti nel rendiconto evidenziano che, alla chiusura dell’esercizio 2012, il totale complessivo delle entrate accertate ammonta a 15.381 milioni di euro con un decremento del 7 per cento rispetto ai 16.542 milioni di euro registrati nell’esercizio 2011, in netta contrapposizione al dato nazionale, che registra un incremento del 2,8 per cento.

L’importo complessivo delle entrate riscosse, invece, è pari 13.228 milioni di euro, sottratti gli importi da versare, pari a 12.504 euro.

Comparando il gettito delle sole entrate tributarie accertate nel 2011, pari a 11.084 milioni di euro, con i corrispondenti accertamenti dell’anno 2012, pari a 10.283 milioni di

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15 euro, si evidenzia un decremento del 7,2 per cento, con minore gettito pari a 801 milioni di euro.

L’analisi dei dati contabili afferenti le prime due categorie delle entrate tributarie fa rilevare un minore accertamento, rispetto alle previsioni definitive, per complessivi 885 milioni di euro, di cui 602 milioni per minor gettito delle imposte erariali sul patrimonio e sul reddito, imputabili, quanto a 502 milioni a minor gettito IRPEF e quanto a 143 milioni a minor gettito IRES e 283 milioni per tasse e imposte erariali sugli affari, ascrivibili, per la parte più rilevante, a minor gettito dell’IVA per 269 milioni di euro, cui si sommano minori accertamenti per 30 milioni per imposta di registro ed altri 11 milioni tra concessioni governative ed imposta ipotecaria, oltre a più ridotti accertamenti per complessivi 15 milioni per tributi minori; l’andamento negativo rispetto al dato previsionale risulta parzialmente compensato dai maggiori accertamenti, per complessivi 28 milioni, del gettito dell’imposta di bollo, da 14 milioni per tasse automobilistiche e imposte di successione, oltre che di altri tributi minori.

Tuttavia, occorre precisare che la suddetta flessione non può essere ascritta unicamente agli effetti della sovrastima delle entrate in fase previsionale, atteso che una significativa incidenza sul gettito complessivo delle entrate, risultante dai dati esposti nel rendiconto, deve essere ricondotta alle riserve ed agli accantonamenti operati dallo Stato, pari a complessivi 914 milioni di euro, per effetto di numerose disposizioni legislative, alcune delle quali intervenute in corso d’esercizio, che hanno previsto un maggior concorso delle regioni agli obiettivi di finanza pubblica.

Pertanto, tenendo conto della suddetta decurtazione operata dallo Stato sul coacervo delle entrate tributarie, lo scostamento rispetto al totale degli accertamenti operati nell’anno 2011 registra, addirittura, un incremento pari all’1,02 per cento, con un divario certamente meno significativo rispetto all’omologo dato nazionale che, come già detto, si attesta al 2,8 per cento.

In proposito, queste Sezioni Riunite ritengono di dover sottolineare che, l’applicazione contabile della suddetta normativa, nel rendiconto 2012, è stata effettuata in violazione del criterio dell’integrità, in forza del quale “tutte le entrate devono essere iscritte in bilancio al lordo delle spese di riscossione e di altre eventuali spese ad esse connesse”.

Parimenti, in applicazione di corretti principi contabili, il rendiconto avrebbe dovuto esporre gli accertamenti dell’entrata al lordo delle riserve operate dallo Stato,

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evidenziando l’effettivo andamento del gettito tributario, con la previsione dei correlativi appostamenti in uscita pari alle quote di concorso alla finanza statale recate dall’art. 28 della legge n. 214 del 2011 e dalle altre disposizioni di carattere finanziario, tenuto conto, peraltro, che alcune delle suddette disposizioni normative erano già entrate in vigore alla data di approvazione del bilancio di previsione per l’esercizio 2012 e della relativa legge di stabilità e che ben avrebbe potuto disporsi una tempestiva variazione di bilancio.

La mancata rilevazione, attraverso il rendiconto, dell’entità del concorso della Regione alle manovre di finanza pubblica, costituisce elemento di opacità delle scritture contabili, atteso che non solo non evidenzia l’andamento effettivo del gettito tributario corrispondente al prelievo fiscale operato nei confronti dei cittadini siciliani, ma non consente neppure il riscontro degli accantonamenti operati in favore della finanza statale sulla complessiva gestione del bilancio.

In tal senso, infatti, più correttamente la recente legge regionale 15 maggio 2013, n. 9 contenente “ disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2013” ha previsto, all’art. 6, accantonamenti tributari per maggior concorso alla finanza pubblica pari a 513 milioni di euro per il 2013 e 140 milioni per il 2014.

Queste Sezioni Riunite sottolineano, infine, che la documentazione dimostrativa dell’applicazione delle anzidette riserve statali, effettuate mediante singole trattenute a valere sul gettito tributario delle prime due categorie dell’entrata e che è stata trasmessa a questa Corte dall’Assessorato dell’economia, risulta priva dei requisiti di ufficialità e di forma che sarebbe opportuno, invece, che la Regione provvedesse a richiedere alla Struttura di gestione dell’Agenzia delle entrate, a fronte di provvedimenti di indubbio rilievo finanziario, come nel caso in esame.

In tale contesto, inoltre, merita di essere segnalato che la Corte costituzionale, adita dalla Regione siciliana, con sentenza n. 241 del 31 ottobre 2012, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale degli artt. 5-bis e 5-ter dell’art. 2 decreto-legge 13 agosto 2011, n.138, convertito con modificazioni dalla legge 14 settembre 2011, nella parte in cui le suddette norme riguardano tributi riscossi in Sicilia non nominativamente riservati allo Stato dalla normativa statutaria e, pertanto, di spettanza regionale.

Nonostante le ripetute iniziative della Regione volte ad ottenere la restituzione delle somme già acquisite al bilancio dello Stato, a tutt’oggi la sentenza risulta inattuata, né la Struttura di gestione ha comunicato la quantificazione degli importi di spettanza regionale necessari per l’iscrizione del credito in bilancio.

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17 Passando all’analisi dell’andamento delle principali “Entrate tributarie”, risalta una sensibile variazione in positivo del 46,68 per cento con riferimento al gettito delle ritenute su interessi e redditi di capitale, che invece segnano nel 2011 uno scostamento in negativo del 39,52 per cento rispetto all’esercizio precedente: la corretta contabilizzazione della suddetta entrata avrebbe evidenziato, tuttavia, un maggiore incremento pari al 57,40 per cento; si rileva, da rendiconto, una notevole diminuzione del gettito dell’IRES che ha registrato 407 milioni di euro nel 2012, con un decremento del 24,39 per cento rispetto al 2011; tuttavia, il gettito reale “a lordo” delle riserve ha registrato un decremento notevolmente più contenuto, pari al 7,87 per cento.

Una significativa flessione (-11,32%) riguarda pure l’IRPEF, i cui accertamenti sono pari a 4.129 milioni di euro, a fronte dei 4.656 milioni di euro dell’esercizio precedente, ancorché in termini di gettito reale la riduzione si attesti al 2,58 per cento, pur sempre in contrapposizione al dato nazionale che esprime un valore positivo pari a 1,1 per cento;

La categoria “Tasse ed imposte erariali sugli affari” evidenzia un complessivo andamento negativo con un decremento di gettito dell’11,7 per cento; tale fenomeno è da ricondurre, secondo i dati riportati nel rendiconto, ai minori accertamenti dell’IVA che registra un calo del 13,95 per cento rispetto al 2011: tuttavia, tenendo conto degli importi del gettito reale, al lordo delle riserve statali, il dato assume, invero, un valore positivo pari a 0,94 per cento, ancorché in flessione rispetto al 2011.

Analogo andamento negativo interessa anche le altre principali imposte e tasse sugli affari: per l’imposta di registro (-14,94%) al netto delle riserve, laddove l’andamento reale, al lordo delle riserve, si attesta a -7,10 per cento; l’imposta ipotecaria registra, al netto delle riserve, il decremento del 5,94 per cento che ascende a (-3,78%) contabilizzando il gettito al lordo delle riserve; i diritti catastali e di scritturato registrano, al netto delle riserve un (-2,36%) che al lordo ascende a 0,16 per cento; le tasse sulle concessioni governative registrano un trend negativo tanto in caso di contabilizzazione al netto (-26,19%) che al lordo (- 25,79%); le tasse automobilistiche non hanno subito decurtazioni e si attestano a – 1,1 per cento, analogamente a quanto si registra anche in ambito nazionale.

L’imposta di bollo, che nel territorio nazionale subisce un incremento dell’11,2 per cento, nella Regione siciliana si attesta al valore negativo del -5,04% al netto delle riserve statali, che ascende, invece, ad un valore positivo del 6,29 per cento se calcolata al lordo, registrando una tendenza più coerente con l’andamento nazionale.

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La categoria “Imposte su consumi e dogane” presenta un andamento contrapposto alla descritta tendenza negativa, con un gettito quadruplicato rispetto al 2011, avendo registrato accertamenti pari a 175 milioni di euro, a fronte dei 46 milioni dell’esercizio precedente, riconducibili, quasi interamente, all’aumento del gettito dell’accisa sui consumi di energia elettrica previsto dall’art. 18, comma 5, del decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68.

Tuttavia, il dato dell’entrata deve essere depurato del correlativo trasferimento, a carico della Regione, degli importi dovuti agli enti locali per compensare il venir meno del gettito della predetta accisa.

Anche l’andamento dell’aggregato economico “altri tributi propri” registra, complessivamente, il pur lieve incremento pari all’1,17 per cento rispetto al 2011, passando da 2.486 a 2.515 milioni di euro.

Nella suddetta categoria, tuttavia, l’IRAP subisce una significativa flessione (- 17,56%) con un gettito pari 1.460 milioni di euro, rispetto ai 1.771 milioni di euro del 2011, in contrapposizione al dato nazionale che segna, invece, un incremento dello 0,6 per cento. Nessuna riserva è stata operata sul gettito dell’IRAP. Il dato negativo risulta controbilanciato dal significativo incremento del 60,18 per cento relativo all’andamento dell’addizionale all’IRPEF.

Da quanto precedentemente detto risulta evidente che il criterio adottato dall’amministrazione regionale della contabilizzazione delle entrate tributarie “al netto”

delle riserve operate dallo Stato, costituisce elemento di distorsione dei dati reali del gettito tributario: infatti, con riferimento all’IVA, all’imposta di bollo ed ai diritti catastali e di scritturato, il dato effettivo dell’entrata ha assunto, in sede di rendiconto, addirittura valore negativo, determinando una fuorviante rappresentazione del trend relativo delle predette imposte. L’operazione contabile, inoltre, non consente una valutazione omogenea dell’andamento delle entrate nel medio periodo, anche in considerazione della circostanza che la Struttura di gestione ha operato le riserve statali senza alcun criterio proporzionale, ma in base alla capienza del capitolo al momento del prelievo.

I “Trasferimenti Correnti”, costituiti per la parte più rilevante da assegnazioni statali, registrano, a livello di accertamenti, complessivamente 2.658 milioni di euro, nell’ambito dei quali la voce più consistente è costituita dai finanziamenti del sistema sanitario regionale, pari a 2.383 milioni di euro, di cui versati solamente 1.929 milioni, in

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19 flessione rispetto agli analoghi trasferimenti del 2011 e del 2010 pari, rispettivamente, a 2.400 e a 2.708 milioni di euro.

Con riferimento alle “Entrate in conto capitale”, ricomprendenti i trasferimenti dello Stato e dell’Unione europea per interventi specifici (P.O. FESR 2007/2013 e le assegnazioni delle risorse per l’attuazione del PAR FAS 2007/2013), si registrano accertamenti per complessivi 1.034 milioni di euro, con una flessione negativa del 4,2 per cento rispetto ai 1078 milioni dell’esercizio 2011.

Un incremento del 41,26 per cento rispetto all’esercizio 2011, si registra nella categoria “ vendita di beni immobili ed affrancazione di canoni”: tuttavia, in termini assoluti, l’entrata di 32 milioni, seppur in aumento rispetto ai 23 milioni del 2011, a fronte di un minore accertamento di 479 milioni rispetto alle previsioni definitive, costituisce dimostrazione dell’estrema difficoltà con la quale l’amministrazione porta avanti il programma di valorizzazione del patrimonio regionale, avendone realizzato solo una minima parte, come sottolineato in più occasioni da questa Corte.

Dall’esposizione dei dati del rendiconto 2012 afferenti l’andamento delle entrate emerge uno scenario con forti criticità dovute alla constatazione, da una parte, della progressiva decrescita nel corso dell’ultimo triennio delle risorse tributarie ed extratributarie, sulla quale pesano i tagli subiti per effetto delle pesanti manovre di finanza statale, che hanno determinato disponibilità assolutamente insufficienti a far fronte agli oneri di spesa incomprimibili; dall’altra , il sistema economico dell’Isola non offre segnali di ripresa della produzione e dei consumi, indispensabili per innescare il volano della crescita delle entrate. Peraltro, la flessione registrata con riferimento alle entrate in conto capitale ed, in particolar modo, la diminuzione della quota destinata agli investimenti, desta forte preoccupazione in ordine alla sostenibilità della suddetta spesa per interventi infrastrutturali già con riferimento al triennio della programmazione del bilancio pluriennale.

La riscossione

L’Assessore regionale all’economia, con decreto del 28 settembre 2011, recante un completo riordino delle partecipazioni azionarie della Regione, ha disposto la concentrazione della gestione del servizio regionale della riscossione in capo ad un unico soggetto, individuato nella “Serit Sicilia S.p.a.”, mediante una procedura di c.d. “fusione per incorporazione inversa”. A seguito di tale operazione (attuata in data 18 luglio 2012 ed è divenuta operativa il successivo 1 settembre) la Regione ha acquisito il 90 per cento

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della partecipazione azionaria per un valore nominale pari a 9.360 milioni di euro. La restante partecipazione del 10 per cento è stata acquisita da Equitalia S.p.a. La società risultante dalla predetta fusione inversa ha assunto la denominazione di “Riscossione Sicilia S.p.a.”

L’obiettivo primario perseguito dalla Regione consiste, essenzialmente, in un miglioramento degli assetti organizzativi del sistema della riscossione che non solo si riveli più efficiente in termini di gettito recuperato, ma sia in grado di assorbire nel medio periodo le pesanti perdite di esercizio maturate nel triennio precedente, ( - 7.383 milioni di euro al 31 dicembre 2009, -1030 milioni al 31 dicembre 2010, - 5.075 milioni al 31 dicembre 2011) che hanno reso necessaria la convocazione dell’Assemblea per la ricostituzione del capitale sociale alla misura prevista pari a 10.400 milioni di euro.

Il nuovo contratto di servizio è contenuto nella convenzione, con valore triennale, stipulata tra la Regione e la Riscossione Sicilia S.p.a. in data 13 novembre 2012 nella quale, per espressa disposizione dell’art. 2, è prevista l’applicazione del regime convenzionale a far data dal 31 luglio 2012, con scadenza fissata al 31 dicembre 2014.

L’esercizio 2012 ha visto operare la nuova società (che ha rinnovato gli organi sociali in data 20 maggio del 2013) solamente nell’ultimo quadrimestre e, pertanto, i risultati che si andranno di seguito ad illustrare non consentono di esprimere valutazioni sulle performances realizzate dal nuovo agente della riscossione, che riusciranno a delinearsi più compiutamente alla fine del 2013.

Per l’esercizio 2012, il carico dei ruoli tributari di spettanza regionale, è risultato pari a 3.325 milioni di euro, mentre il carico di quelli recanti entrate proprie della Regione ammonta, complessivamente, a 54,7 milioni di euro.

Le riscossioni dei ruoli di pertinenza della Regione ammonta, complessivamente, a 228 milioni di euro, con uno scostamento negativo ( -5,9% ) rispetto ai risultati del 2011, che aveva registrato riscossioni per 242 milioni di euro.

Le riscossioni dei versamenti diretti ex S.A.C. ammontano a complessivi 374 milioni di euro, a fronte dei 379 milioni dell’esercizio 2011.

I dati sopra esposti devono essere, peraltro, depurati degli importi trattenuti a titolo di aggi e compensi da “Riscossione Sicilia S.p.a.” sul totale delle somme riscosse che ammontano, complessivamente, a 18 milioni di euro.

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21 Uno scostamento negativo rispetto all’esercizio precedente (-4%) si registra anche con riferimento ai dati dei riversamenti all’erario, quantificati, al netto degli aggi o compensi trattenuti, in 290 milioni di euro nel 2012 a fronte dei 304 milioni nel 2011.

La ragione della suddetta contrazione del gettito delle entrate da ruoli è da ricondurre principalmente alle peggiorate condizioni economiche dei contribuenti siciliani per il perdurare della crisi iniziata nel 2008, ma anche a causa delle disposizioni introdotte dal legislatore volte a consentire la rateazione del debito tributario o la maggiore dilazione dello stesso.

Ai sensi della legge 28 febbraio 2008, n. 31, la competenza alla trattazione delle istanze di rateazione delle cartelle di pagamento è stata trasferita all’agente della riscossione che nel 2012 ha riferito di aver emesso 48.719 provvedimenti di maggiori rateazioni per un importo complessivo di 790 milioni di euro.

Tra questi ultimi, 2.005 provvedimenti per complessivi 100 milioni di euro, hanno disposto il prolungamento della dilazione previsto dal decreto- legge n. 201 del 2011 nonché dall’art. 1, commi 2 e 3 del decreto- legge n. 16 del 2012, convertito con modificazioni dalla legge 26 aprile, n.44.

Alla contrazione dei versamenti è da ricondurre, altresì, l’elevato numero degli sgravi emessi, pari a 81.421 provvedimenti, nonché i 4.075 provvedimenti di sospensione per un importo pari a 142 milioni di euro.

Il perdurare del significativo divario, nella percentuale del 6,99 per cento, fra il volume delle riscossioni effettuate, pari a 228 milioni di euro, ed il carico dei ruoli consegnati all’agente per la riscossione, per l’importo di 3.325 milioni, indica un’elevata propensione all’evasione tributaria.

Tuttavia, la suddetta percentuale si attesta, alla data del 31 dicembre 2012, al 9,52 per cento, tenendo conto del carico riscosso sul netto procedibile ( ovvero per i ruoli cartellati), epurato dal carico dei falliti e dagli sgravi, dalle sospensioni dal carico con esito dell’anagrafe negativo e dalle revoche delle sospensioni.

L’Agenzia delle Entrate ha svolto la propria mission istituzionale di contrasto ai fenomeni dell’evasione tributaria attraverso 53 segnalazioni mirate, 193 segnalazioni all’Agente della riscossione, 3 indagini finanziarie e 63 denunce all’autorità giudiziaria ordinaria, che hanno già prodotto versamenti per 6 milioni di euro.

E’ evidente che un miglioramento dei risultati della riscossione potrà conseguire solamente nella misura in cui riuscirà a realizzarsi una effettiva sinergia tra la nuova

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società pubblica “Riscossione Sicilia S.p.a.”, gli organi della Regione deputati alla vigilanza ed al monitoraggio dell’attività ( Dipartimento finanze e credito) unitamente a quelli deputati all’esercizio dei diritti dell’azionista ( Dipartimento Bilancio e tesoro), nonché con gli uffici dell’Agenzia delle Entrate, cui è demandato il controllo dei processi di riscossione a seguito delle comunicazioni di inesigibilità.

Importanti modifiche normative hanno interessato la materia della riscossione:

alcune, già operative, hanno prodotto effetti nell’esercizio 2012 ed altre si applicheranno compiutamente già nell’anno in corso, non senza riflessi sul complesso delle entrate da riscuotere a mezzo ruolo.

I principali interventi hanno riguardato: 1) la rateazione del carico tributario; 2) il differimento del termine per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità; 3) l’annullamento dei crediti dei ruoli ante riforma del 1999; 4) la riforma del sistema di remunerazione dell’agente della riscossione.

1) Come già accennato, l’art. 10 del decreto- legge n. 201 del 2011 e l’art.1 del decreto-legge n. 16 del 2012, hanno previsto una maggiore dilazione del debito tributario introducendo, altresì, la possibilità per il debitore in obiettive difficoltà economiche, di accedere ad un piano di rateizzazione del debito sia a rata costante che a rata variabile;

2) il legislatore è intervenuto parecchie volte, sin dalla riforma del sistema della riscossione, a prorogare il termine per la comunicazione di inesigibilità, da ultimo oggetto di ulteriore differimento operato con la legge di stabilità n. 228 del 2012 che, per i ruoli consegnati all’agente della riscossione fino al 31 dicembre 2011, ha previsto la proroga al 31 dicembre 2014 per la presentazione della comunicazione di inesigibilità ed il conseguente ulteriore triennio a disposizione dell’A.F. per il controllo ai fini del discarico.

Tuttavia, non si può fare a meno di rilevare che il suddetto differimento del termine per la presentazione delle comunicazioni di inesigibilità da parte dei concessionari e/o agenti della riscossione, protrattosi ininterrottamente per circa tredici anni, ha determinato, quale ovvia conseguenza, l’aumento progressivo del numero delle procedure avviate che, verosimilmente, si concluderanno con una dichiarazione di inesigibilità, con un preoccupante impatto tanto sul bilancio della Regione che degli enti locali, assoggettati alla medesima disciplina.

3) Il legislatore, tenendo conto di siffatta problematica dei residui di “vecchia formazione” è intervenuto con l’art. 1, comma 527, della citata legge di stabilità, con la previsione dell’automatico annullamento, a far data dal 1° luglio 2013, di tutti i crediti di

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23 importo fino a duemila euro, comprensivo di capitale, interessi per ritardata iscrizione a ruolo e sanzioni, iscritti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999;

4) il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, ha innovato radicalmente la disciplina della remunerazione dell’agente della riscossione con l’art. 10, commi da 13-quater a 13- septies, mutando il previgente sistema ad “aggio” con quello “a rimborso”.

Tuttavia, sino all’entrata in vigore dei provvedimenti attuativi della riforma, ai sensi del comma 13-sexies, resta ferma l’antecedente disciplina in materia di remunerazione degli agenti della riscossione, recata dall’art. 17 citato, nella sua antecedente formulazione.

I residui attivi

La legge regionale di assestamento al bilancio per il 2001 aveva previsto che una quota dell'avanzo determinato nel rendiconto generale della Regione per l'esercizio 2000 venisse accantonata in un fondo indisponibile da destinare anche alla cancellazione dei residui attivi dichiarati inesigibili dalle Amministrazioni competenti

Dallo stesso anno, su sollecitazioni contenute nelle relazioni di questa Corte, il Governo regionale disponeva, pertanto, l’accantonamento con vincolo di indisponibilità di una quota dell’avanzo dell’esercizio finanziario 2000, quantificata in 4.450 miliardi di vecchie lire (2.065 milioni di euro) in corrispondenza delle entrate accertate ma non riscosse. Dal 2004 la suddetta legislazione, ispirata a regole di prudenza volte alla salvaguardia degli equilibri di bilancio, è stata derogata consentendo finanche l’utilizzo del fondo in questione per fattispecie non coerenti con le finalità originarie.

Va rilevato che lo strumento giuridico e contabile del “Fondo” consentiva di accantonare le somme destinate a compensare le partite di residui attivi afferenti gli esercizi anteriori al 2002 allorquando dovessero essere dichiarati inesigibili.

A decorrere dal 2005 il corrispondente capitolo di bilancio non ha più trovato una quantificazione conforme alla normativa e si è progressivamente ridotto.

In sede di assestamento del bilancio per l’anno finanziario 2012, la legge regionale 10 agosto 2012, n. 45, con l’art. 2 ha apportato una variazione negativa di 273.685.000 euro al capitolo 215713 (fondo corrispondente alla quota non utilizzabile del maggior avanzo accertato) azzerandone del tutto la dotazione finanziaria.

Al 31 dicembre 2012 l’ammontare complessivo dei residui attivi è risultato appena superiore a 15 miliardi di euro facendo registrare un decremento del 4,63 per cento rispetto alla chiusura dell’esercizio finanziario precedente.

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Tale andamento, nonostante l’aumento del 29 per cento dei residui attivi di nuova formazione, è stato ottenuto dai migliori risultati conseguiti nell’attività di riscossione, che ha fatto registrare un consistente incremento del 149 per cento.

Il Rendiconto generale per l’esercizio finanziario 2012, presenta, in ossequio al R.D.

23 maggio 1924, n. 827, la analitica composizione dei residui attivi, operata sulla stima dei tempi di riscossione e sul grado di presunta certezza, che ne condiziona anche la inesigibilità assoluta.

Occorre precisare che sull’attendibilità di tale rilevazione questa Corte ha in corso lo svolgimento di una specifica indagine di controllo sulla gestione, anche in relazione all’abbandono della procedura di alimentazione del fondo indisponibile per l’accantonamento dell’avanzo.

D’altronde la vetustà di una consistente fetta dei residui attivi, alimenta le preoccupazioni sopra espresse, considerata l’assenza, allo stato, di qualsiasi accantonamento a fronte del rischio, concreto, di inesigibilità.

Nel corso dell’anno 2013 l’Amministrazione regionale ha provveduto ad effettuare, ai sensi del comma 1, articolo 4, della legge regionale 15 maggio 2013, n. 9, l’eliminazione dalle scritture contabili dei residui attivi per i quali non sussiste alcun credito da riscuotere per un ammontare complessivo di euro 50.796.153,03.

Va d’altronde considerato che la natura dei suddetti residui incide sulla possibilità di eliminazione, da parte della Regione, delle corrispondenti poste iscritte in bilancio: ciò vale in particolare per i 3.574 milioni di euro relativi ad entrate tributarie erariali.

Ad aggravare la situazione dei residui di “vecchia formazione”, ovvero antecedenti alla riforma del 1999, va segnalata un’ulteriore novità normativa, intervenuta con l’art. 1, comma 527, della citata legge di stabilità 24 dicembre 2012, n. 228 che prevede l’annullamento automatico dei crediti di importo fino a duemila euro iscritti in ruoli resi esecutivi fino al 31 dicembre 1999.

Il “fondo accantonamento dell’avanzo” andrebbe, pertanto, ad avviso di queste SS.RR., tempestivamente reintegrato al fine di evitare prevedibili crisi di liquidità derivanti dalla difficoltà di riscossione dei crediti vetusti indebitamente contabilizzati.

Il rigore qui invocato da queste SS.RR assume maggiore risalto anche alla luce della recente giurisprudenza della Corte costituzionale che, ribadendo come “il coordinamento della finanza pubblica, più che una materia, è una funzione che spetta allo Stato”,

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25 stigmatizza la permanenza in bilancio e la relativa contabilizzazione di un numero rilevante di residui attivi, soprattutto se di antica genesi e se la determinazione di questi è avvenuta in assenza dei requisiti minimi dell’accertamento contabile quali la ragione del credito, il titolo giuridico, il soggetto debitore, l’entità del credito e la sua scadenza. La Corte costituzionale ha anche sottolineato come la prevenzione di pratiche contabili – ancorché formalizzate in atti di natura legislativa – suscettibili di alterare la consistenza dei risultati economico finanziari degli enti territoriali sia un obiettivo prioritario al centro dell’evoluzione legislativa determinatasi in materia.

Andamento complessivo della spesa

Lo stato di previsione della spesa risultante dal bilancio approvato con legge regionale n. 27 del 2012, presenta uno stanziamento di 26.267 milioni di euro che, a seguito della manovra di assestamento operata con la legge regionale n.45 del 10 agosto 2012, per effetto di variazioni in aumento pari a 82 milioni di euro ha subito un incremento dello 0,3 per cento, attestandosi a 26.349 milioni di euro, con una riduzione del 16,9 per cento rispetto all’esercizio precedente.

Lo stanziamento iniziale della spesa disaggregato per titoli evidenzia, rispetto al 2011, una lieve riduzione ( -1%) per le spese correnti, (-10,3%) per quelle in conto capitale e (- 10,1%) per il rimborso prestiti.

Lo stanziamento definitivo, rispetto ai dati dell’ultimo esercizio, evidenzia una leggera contrazione per le spese correnti (-1%), una significativa diminuzione per le spese in conto capitale (- 34,7 %) ed un decremento per quelle per rimborso prestiti (- 9,2 %).

Nel 2012 gli impegni ammontano complessivamente a 18.536 milioni, con una diminuzione del 5,2 rispetto all’esercizio precedente: tuttavia, l’andamento degli impegni di parte corrente registra solamente una lieve flessione dello 0,9 per cento rispetto al 2011 mentre, con riferimento a quelli di conto capitale, si registra una diminuzione del 23%, a fronte di un andamento di segno opposto per le spese per rimborso prestiti, incrementate del 9,3 per cento.

I dati suesposti confermano la sostanziale incomprimibilità della spesa corrente oltre che una sensibile riduzione della spesa per investimenti.

Analoga tendenza si registra con riferimento ai pagamenti che, tuttavia, mostrano una contrazione più accentuata rispetto all’esercizio 2011: infatti, la spesa corrente subisce

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una riduzione pari all’11,4 per cento che ascende al 27,6 per cento con riferimento alla spesa in conto capitale.

Le spese per rimborso prestiti, invece, nell’anno 2012 mostrano un andamento di segno opposto, con un incremento del 9,3 per cento, rispetto all’esercizio precedente.

Ancorché sia stata registrata una contrazione della spesa corrente, l’incidenza percentuale della stessa sugli stanziamenti definitivi evidenzia, nell’anno 2012, il valore più elevato dell’ultimo triennio e rappresenta il 62,4 per cento delle somme stanziate, a fronte del 52,4% degli anni 2010 e 2011.

Le spese in conto capitale, viceversa, contabilizzano nell’anno 2012 il valore più basso dell’ultimo triennio, con un’incidenza percentuale pari al 36,8 per cento, a fronte del 46,8 per cento del 2011.

Con riferimento alla natura delle risorse, le spese correnti assorbono il 93,5 per cento delle risorse regionali, ovvero 11.766 milioni di euro, mentre soltanto il 5,1 per cento delle suddette risorse alimenta le spese in conto capitale ( 652 milioni di euro).

Il rilevante volume complessivo delle spese correnti e la strutturale rigidità, correlata alle categorie relative alle retribuzioni del personale, ai trasferimenti destinati al settore sanitario e agli enti locali, pongono a serio rischio, per il futuro, il mantenimento dei necessari equilibri di bilancio, in assenza di incisive riforme strutturali nei predetti settori.

Si evidenzia, per altro verso, la significativa rilevanza che assumono gli interventi statali e, soprattutto, comunitari, per il finanziamento delle spese in conto capitale che incidono per 2.584 milioni sul totale della spesa impegnata, pari a 2.878 milioni di euro.

L’analisi delle spese per categorie economiche evidenzia il rilievo che assume la categoria dei “ trasferimenti correnti ad amministrazioni pubbliche” che incidono in misura pari al 55,9 per cento sul volume della spesa complessivamente pagata nel 2012 ; di essa, le risorse destinate al finanziamento della spesa sanitaria ne assorbono l’84 per cento.

La categoria dei “ redditi di lavoro dipendente”, che incide sul totale della spesa in misura pari al 13,4 per cento, conferma unitamente a quelle dei trasferimenti correnti come oltre due terzi delle spese effettivamente pagate servano a corrispondere emolumenti di diversa natura al personale e a finanziare le risorse per aziende sanitarie ed enti locali.

Gli indicatori finanziari evidenziano risultati positivi con riferimento alla capacità di impegno sia delle spese correnti che in conto capitale, mentre per la capacità di spesa si

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