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CAPITOLO
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Scenario storico evolutivo della forma
urbana.
Premessa.
Si può far risalire la storia urbanistica di Pisa agli insediamenti neolitici, inoltre le testimonianze archeologiche del periodo arcaico-etrusco lasciano intravvedere un orizzonte molto più ricco di quello ad oggi conosciuto, alla stregua della storia urbanistica di età romana imperiale della città.
Un‟indagine completa e puntuale della forma urbana di Pisa, seppur interessante, esulerebbe dalle finalità di questo studio, mi limiterò pertanto a tracciare i contorni dei periodi più significativi della storia urbanistica della città al fine di offrire un contesto esaustivo degli eventi che hanno determinato l‟evoluzione del sito in esame e di quella porzione di città che ritengo possa rappresentare il contorno omogeneo più prossimo dello stesso; in particolar modo mi soffermerò sulla storia arcaica e romana in considerazione della rilevanza archeologica dell‟area relativamente ai reperti in essa recuperati a più riprese durante il secolo scorso; alla storia urbanistica recente a partire dalla seconda metà dell‟800 fino gli ultimi interventi eseguiti sull‟area sede dell‟odierno Stadio di calcio.
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1.1 Le origini antiche.
Gli insediamenti etruschi e le necropoli.
La presenza umana nella piana pisana è testimoniata da reperti di frequentazioni neolitiche nella fascia pedemontana, mentre le tracce degli insediamenti stabili risalgono all‟età del bronzo finale e si attestano, diversamente dai primi, nelle zone pianeggianti o sulle dune dei cordoni costieri (isola di Migliarino, San Piero a Grado, isola di Coltano).
Ritrovamenti di insediamenti capannicoli a circa 2,5m di profondità in terreni adiacenti l‟odierna Via di Gello confermano lo spostamento degli stanziali nelle zone più prossime ai corsi d‟acqua (Bruni, 1998, p.82-86).
La storia degli insediamenti antichi e della forma urbana consolidata è legata alle modificazioni geomorfologiche della piana dovute all‟evoluzione della sua situazione idrografica; il territorio era in origine caratterizzato da un complesso sistema di corsi d‟acqua riconducibile principalmente all‟Arno ed all‟Auserculus, quest‟ultimo, discendente dall‟Appennino si divideva all‟altezza di Ripafratta in più rami di cui quello più meridionale attraversando la piana tra San Giuliano e Pisa giungeva ad unirsi con l‟Arno ma in seguito alle modificazioni del territorio questo ramo si estinse e quelli a nord si consolidarono sull‟odierno corso del Serchio sfociante in mare con un sistema deltizio indipendente, [Fig. 1.1].
Ad influenzare in maniera ancora più determinante lo sviluppo della città a nord fu l‟Ozzeri, anch‟esso estintosi nasceva dal Monte Pisano ed attraverso una serie di curve tortuose attraverso la piana in direzione EO confluiva in Arno in maniera piuttosto impetuosa, come affermano le descrizioni di Strabone1 e Rutilio
Numaziano2, quest‟ultimo descrive Pisa durante i suoi viaggi nel periodo barbarico
come della “città tra due fiumi” mettendone in evidenza la potenza delle acque. Numerose ipotesi sono state avanzate circa il corso cittadino dell‟Ozzeri, che da molti autori viene anche ad assumere il nome di Auser, le più credibili e recenti sono suffragate da indagini incrociate condotte con l‟ausilio della fotografia aerea, il telerilevamento , le indagini topografiche e toponomastiche, e le fonti archivistiche, si colloca la confluenza con l‟Arno all‟altezza dell‟ultimo
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geografo greco antico nato ad Amasea nell’odierna Turchia e vissuto a Roma attorno al 58 a.C;
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tratto di Via Santa Maria, e risalendone il corso fino all‟Arcivescovado, Via Contessa Matilde, il lembo SE dell‟Arena Garibaldi ed in direzione NE-SO attraverso la piana fino a San Giuliano; ma indagini archeologiche e studi geologici associati alla stratigrafia hanno più volte messo in evidenza il continuo mutamento del corso di questo fiume in concomitanza di eventi alluvionali dello stesso che determinavano di volta in volta non solo lo spostamento degli insediamenti, quanto anche la loro distruzione, il seppellimento dei resti ed una nuova configurazione orografica del terreno; l‟assetto del territorio era conseguentemente di tipo lagunare e palustre, l‟abbondanza di acqua e l‟irregolarità del terreno facevano della piana piuttosto un sistema di isole fino alla linea di costa, molto più arretrata rispetto all‟odierna, all‟altezza di San Piero a Grado; una tale conformazione del paesaggio favoriva senz‟altro gli insediamenti sia da un punto di vista difensivo che commerciale, la ricchezza di vie d‟acqua e la posizione geografica determineranno nel tempo una sempre più intensa attività portuale marina e fluviale.
Gli insediamenti arcaici di cui si hanno notizie nell‟età del bronzo e del ferro interessavano particolarmente la zona nord dell‟odierna area pisana, ai già citati ritrovamenti in Via di Gello si succedono testimonianze di strutture abitative risalenti al VII sec. a.C. in una zona più occidentale (zona Scheibler) al possibile riparo dai fenomeni esondativi dell‟Auser; nel corso del VII-VI sec. a.C. gli insediamenti si attestano in un‟area collocabile tra Arno e Auser come confermano i ritrovamenti in Piazza Dante (1991), Piazza del Duomo, Piazza dei Cavalieri, la qualità e soprattutto la densità delle costruzioni indicano il costituirsi di un nucleo abitativo dal carattere più evoluto rispetto agli insediamenti sparsi precedenti, a cui fa da contorno un‟estesa area sepolcrale più a nord in una fascia a partire da Via Pietrasantina fino a Via di Gello ed alla località della Figuretta presso il fiume Morto, all‟interno di queste necropoli è possibile riconoscere gruppi di tombe verosimilmente connesse con l‟organizzazione sociale della polis (Bruni, 1998, pag. 139).
Ritrovamenti in scavi presso la curva sud dell‟Arena Garibaldi di cippi marmorei a bulbo reimpiegati come sottofondazione di una domus romana (Bruni, 1995), nonché con maggiore dettaglio in scavi più recenti nella vicina area di Via
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Marche confermano la vocazione sepolcrale dell‟area nella prima età del ferro (VII-VI sec. a.C.), le necropoli villanoviane ed orientalizzanti si attestano a profondità di circa 3m dal livello di campagna (Paribeni, 2006 in Notiziari della
Soprintendenza per i beni Archeologici della Toscana, p. 209-213).
La situazione nel V sec. a.C. appare ben chiara, testimonianze di distruzione lasciano intendere eventi rivoltosi, mentre altre e più pesanti devastazioni sono dovute ad un evento esondativo piuttosto violento dell‟Auser e dell‟Arno, confermato anche dalle analisi geologiche dello scavo in Via Marche, che avrebbe modificato sostanzialmente l‟orografia del terreno nella zona rendendolo molto più pianeggiante e simile alla situazione odierna (Paribeni,
idemque ).
Fig. 1.1 – Elaborazione cartografica della piana pisana con indicazioni dell’organizzazione romana del territorio, F.Redi “Pisa com’era: archeologia, urbanistica e strutture materiali (secoli V-XIV)”, Napoli 1991
Ricostruzioni dei tracciati dell’Auserculus e dell’Ozzeri Principali zone paludose nella parte nord della piana Ricostruzioni dei principali tracciati viari romani Altre importanti vie di comunicazione territoriali
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In età classica il tessuto urbano non appare molto diverso dalle epoche precedenti comprese le aree sepolcrali che continuano ad occupare la fascia nord del territorio.
La città romana e i ritrovamenti delle domus presso l’Arena Garibaldi.
L‟arrivo dei romani a Pisa, databile al 193 a.C. secondo la descrizione di Tito Livio, determinò senz‟altro un rimodellamento dell‟oppidum esistente sulle direttrici della romanizzazione del territorio attraverso la centuriazione3 della campagna agricola (ager), è molto probabile che l‟organizzazione della città romana fosse imperniata sulle direzioni dominanti del cardo e del decumano anche se il tracciamento di un‟esatta fisionomia della città in quest‟epoca è impresa assai ardua a causa della sovrapposizione in epoche posteriori del tessuto medioevale che con le profonde fondazioni delle case torri provocò la quasi totale distruzione delle strutture precedenti, le testimonianza su cui basare una ricostruzione dell‟edificato di epoca romana sono infatti ridotte a scarsi frammenti e segmenti di murature scoperti in scavi occasionali all‟interno del centro storico; il tentativo più volte avanzato di rintracciare lo schema della città romana sui ricalchi del tessuto medioevale conducono senz‟altro a valutazioni errate (Bruni, 1998, p. 208-209), in quanto si deve tener conto che una seconda centuriazione ha riguardato il territorio pisano tra il 41 ed il 27 a.C. in occasione della battaglia di Azio (Bruni, 1998, p 220), come affermato anche dal Redi nei suoi studi, provocando una rotazione di circa 22° rispetto a quella precedente e riorientandosi su funzioni territoriali emergenti quali: le sorgenti Caldaccoli a NE, le strutture portuali del
Sinus Pisanus a SO, l‟insediamento della Sterpaia e l‟attraversamento del Serchio a
NE, lo sbocco della Valdera oltre Cascina a SE.
La questione delle mura in epoca romana è alquanto controversa, se da un lato alcuni autori (tra i quali il Redi) ne indicano un tracciato quadrangolare racchiudente una zona tra i due fiumi [Fig. 1.2], rinvenendone tracce nelle
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sistema organizzativo viario e di canalizzazione delle acque, fondato su una griglia a maglie quadrangolari con lati di lunghezza approssimativa di 710m, e con assi di riferimento principali costituiti dal cardo maximo (orientato in direzione est-ovest) e dal decumano maximo (direzione nord-sud), gli appezzamenti, frutto della suddivisione delle maglie principali in sotto-moduli, costituirono le centurie, cedute ai veterani di guerra come compenso per le prestazioni in battaglia;
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sottofondazioni di alcuni edifici e di alcuni tratti delle mura medioevali, altri (tra i quali il Bruni) ne mettono in evidenza la probabile inesistenza non essendoci testimonianze fisiche certe e non potendo fare affidamento su citazioni letterarie che appaiono troppo legate ad una libera interpretazione di alcune frasi; si potrebbe quindi avanzare l‟ipotesi più probabile che la conformazione lagunare del territorio assolvesse già di per sé alla funzione difensiva come già riscontrato in molti altri esempi di città simili o anche più importanti del tempo: Ravenna, Palla in Macedonia o Cartagena in Spagna (Bruni, 1998, p. 230-231).
E‟ a partire dal III sec. a.C. e per tutta l‟età imperiale della dominazione romana che si assiste ad un certo fermento edilizio ed alla occupazione delle aree a
Fig. 1.2 – Cartografia dell’evoluzione medievale di Pisa: in puntinato fine è rappresentato il corso dell’Ozzeri con le sue modificazioni di tracciato, in puntinato rado le zone paludose, inoltre a tratto continuo la cinta muraria medievale, a tratto-punto quella altomedievale, a tratteggio l’ipotetica cinta romana; fonte: F.Redi “Pisa com’era:
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nord della città dedicate in età etrusca alle necropoli; attorno alle sponde dell‟Auser in età tardo-repubblicana si installano attività artigianali quali quella siderurgica, di cui sono stati rinvenuti scarti ferrosi presso la curva sud dello Stadio Comunale, utilizzati come sottofondo di pavimentazioni battute; inoltre altri scarichi pertinenti a fornaci per vasellame comune sono stati ritrovati nell‟area di San Zeno; si precisa però che ‹‹…l‟area dell‟Arena Garibaldi non viene interessata dall‟impianto di nuove strutture artigianali, […], ma dalla edificazione di un quartiere abitativo, di cui sono state individuate per il momento due domus. […] i due edifici hanno orientamento uguale tra loro, ma differente rispetto alla città, il reticolo, […], si allineava sugli assi NS-EO. Le domus dell‟Arena Garibaldi hanno invece orientamento NE-SO, cioè allineate come la centuriazione dell‟ ager
pisanus.›› (Maccari, 2006 in tesi di laurea “Pisa antica, suburbio settentrionale: i “vasi comuni” dagli scavi 1991 presso l’Arena Garibaldi”, p. 7).
La coincidenza tra la datazione delle domus e la revisione della seconda centuriazione lascia intendere una volontà pianificatoria della zona, tenendo presente che le residenze rinvenute non hanno carattere rurale, ma si tratta, come evidenziato dal pregio delle ceramiche trovate sul luogo, di abitazioni di una certa agiatezza e quindi annoverabili alla categoria delle villae suburbane.
L‟importanza del sito è evidente se si tiene conto della presenza di notevoli vie di comunicazione intersecantisi proprio in questa zona: le due strade consolari, ovvero la via Aemilia Scauri e la via Aurelia, provenienti da sud entravano nella città costituendone probabilmente i due cardini ed uscivano a nord, la prima nella odierna Via San Jacopo e la seconda nella SS1 Aurelia, così come viene affermato dagli studi di M. Pasquinucci ed M.L. Ceccarelli Lemut, ci sono inoltre da ricordare la strada di collegamento per Lucca il cui percorso coincide con l‟attuale Via di Gello lungo la quale sono stati individuati resti di un‟altra villa suburbana di periodo imperiale sopra le sepolture etrusche (Pasquinucci, Ceccarelli Lemut, 1991), e la probabile coincidenza della carraia di epoca romana con il tratto finale dell‟odierna Via XXIV Maggio, nota nell‟ottocento come Via delle Prata.
L‟occupazione del sito dell‟Arena Garibaldi è testimoniato almeno fino al II sec. d.C., sempre nei ritrovamenti presso la curva sud e nord dell‟attuale Stadio di calcio sono state segnalate strutture in opera cementizia intersecantisi con i resti
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delle domus e databili in epoche diverse similmente ai ritrovamenti presso la Torre Pendente (Maggiani, 1986).
In epoca tardo antica, a partire dal V sec. d.C. la crisi dell‟impero romano e le invasione barbariche provocarono anche a Pisa un notevole ridimensionamento della città, l‟abbandono delle attività di bonifica e regimentazione delle acque determinarono modificazioni dell‟assetto idrologico del territorio con l‟avanzata delle zone palustri grazie a sempre più frequenti episodi esondativi, l‟abitato si contrae nuovamente e va a rioccupare quella parte di territorio tra i due fiumi che costituiva l‟ambito degli insediamenti etruschi; anche i tracciati stradali vengono rimodellati e a grandi linee lo schema permane nella parte nord orientale della città medioevale sugli andamenti di Via paoli e Via della Faggiola e ortogonalmente ad esse i tracciati di Via San Lorenzo e Via San Francesco (Redi,….); il baricentro della città si spostata sud sempre più verso l‟Arno e le zone a nord tornano alla funzione sepolcrale come in epoca etrusca, questo è stato accertato sia nei ritrovamenti presso l‟Arena Garibaldi che in Via Santo Stefano, che nel sito più recente di Via Marche.
Considerazioni.
Si riporta un breve elenco dei ritrovamenti archeologici nell‟area dell‟Arena Garibaldi, ricostituito in base alle ricerche bibliografiche compiute per la redazione dell‟indagine storiografica ed una cartografia GIS messa a disposizione dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana, [Fig. 1.3], in cui sono evidenziati i luoghi dei ritrovamenti archeologici nell‟area dell‟Arena Garibaldi e quartiere di Porta a Lucca ed in parte del centro cittadino:
Campo sportivo fuori Porta a Lucca4:
‹‹nei mesi di aprile e maggio 1931, nella costruzione del campo, furono poste in luce due celle
anforarie con 16 anfore abbastanza intere e 7 frammenti minori nella prima, e 9 anfore nella seconda; perfettamente allineate erano le prime; giacenti, senza alcun allineamento le seconde, di tipi varii e di grandezze, tutte in terracotta, per vino od olio.
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da “Edizione Archeologica della Carta d’Italia al 100000” a cura della Soprintendenza delle Antichità dell’Etruria, rilevamento e compilazione del Prof. Aldo Neppi Modona, Istituto Geografico Militare, Firenze 1956;
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Venne pure in luce un piccolo cippo terminale, in pietra marmifera. Ep. Romana
Propr. Comune di Pisa, nel Museo Neppi Modona, Not., 1932, p.432 agg.››
Arena Garibaldi (Pisa, PI; II SE)5:
‹‹Durante alcuni lavori sono stati rinvenuti insieme a frammenti di terrecotte e tegole romane, una lucernina in terracotta con il marchio CRESCE e un tintinnabulum sempre in terracotta›› Arch: 9 Pisa 9 (prot. N.933 del 25-3-1969)
Scavi condotti dalla Soprintendenza ai Beni Archeologici della Toscana presso l‟Arena Garibaldi nel 1991, diretti dal Prof. Stefano Bruni e coordinati dalle dott.sse S.Bertone e S. Bertelli (Bruni, 1993, 1998)
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da “Atlante dei siti archeologici della Toscana” redatto sotto la direzione di Mario Torelli, Ministero per i beni culturali ed ambientali - Soprintendenza Archeologica per la Toscana;
Via di Gello
Via Marche
Via Bonarroti Via San Jacopo
Arena Garibaldi
Piazza dei Cavalieri
Fig. 1.3 – Cartografia GIS dei siti archeologici di epoca antico-romana della porzione nord e centro di Pisa: i punti rossi rappresentano i ritrovamenti in generale, le parti in azzurro indicano le campagne di scavo ed in giallo si evidenzia l’area dell’Arena Garibaldi oggetto del presente studio; fonte: Soprintendenza ai beni archeologici della
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I numerosi ritrovamenti archeologici che hanno interessato l‟area di studio e le zone limitrofe, anche a profondità modeste, ogniqualvolta si sia intervenuti con opere di scavo, sin dalla costruzione dello Stadio nel 1931, durante i lavori di ampliamento del 1969 ed infine nel 1991 durante gli scavi per l‟installazione dei pali dell‟impianto di illuminazione della struttura sportiva, e la ricerca storiografica degli ultimi anni i cui lineamenti sono stati tracciati sopra, palesano l‟importanza archeologica dell‟area, si rende necessaria quindi una certa cautela nell‟impostare il lavoro di progettazione di qualsiasi opera edilizia insistente sull‟area al fine di arrecare il minor danno possibile ad altre strutture antiche che potrebbero essere contenute nel sottosuolo; a tal fine sarebbe auspicabile far precedere il lavoro di progettazione dalla redazione di una “carta di probabilità di ritrovamento archeologico”; essa è uno strumento molto valido che viene redatto quando normalmente si devono intraprendere scavi archeologici su una certa area di studio, si basa su una serie di considerazioni riguardanti sia i reperti già trovati, ovvero la presenza o meno di reperti simili in zone limitrofe, la loro disposizione, il loro grado di abbandono e l‟erosione dei materiali, sia il suolo nel quale questi sono stati rinvenuti, partendo dalla considerazione che il terreno in cui giacevano non è certamente più giovane dei reperti stessi, l‟indagine riguarda le caratteristiche geologiche del suolo, ed il grado di stabilità delle formazioni interessanti la stratigrafia degli scavi già compiuti; un tale strumento permetterebbe di avere indicazioni valide sulla probabilità di ritrovamento nei vari punti dell‟area dando anche indicazione sulla loro profondità di giacenza, con ciò si potrebbe impostare un lavoro di progettazione più consapevole, dal punto di vista strettamente tecnico sulla necessità di intervenire con opere edilizie in alcune zone “sensibili”, permettendo ancora di vagliare l‟adozione di determinate tipologie di opere di fondazione più o meno profonde e più o meno invasive, dal punto di vista compositivo di prendere in considerazione la possibilità di riportare alla luce strutture sepolte ed impostare percorsi che rappresentino una lettura “filologica” della storia dei luoghi.
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1.2 Il medioevo e la storia moderna.
Il progressivo abbandono in epoca tardo-antica delle aree poste a nord dell‟abitato è sancito dalla probabile costruzione di una cinta muraria attorno al X sec. d.C. che le escludeva, ne sarebbero testimonianza, secondo il Redi, l‟esistenza di fossati con argini detti carbonari ad ovest lungo la Via Santa Maria e ad est lungo l‟attuale Borgo Stretto (Redi,…); solo piccoli nuclei nati sui ruderi degli insediamenti romani o avvantaggiati dalla posizione lungo le principali vie di comunicazione persistono al di fuori della città murata.
Attorno alla metà del XII secolo il consolidamento delle istituzioni comunali, il rafforzamento notevole del ruolo commerciale e militare e le fortunate campagne dell‟XI e del XII secolo, rendono Pisa una potenza del tempo, a testimoniarlo ci sono anche le imponenti costruzioni civili, militari e religiose come il complesso monumentale del Duomo; la situazione policentrica del suo abitato e il sempre più stretto legame dei borghi con il centro cittadino fa nascere l‟esigenza di dotare la città di una grande opera muraria che racchiudesse l‟interna conurbazione, la decisione veniva supportata dalla floridezza economica e si tradusse nella costruzione della cinta muraria sotto il console della Repubblica pisana Cocco Griffi tra il 1155 ed il 1161, come testimoniato anche nella Cronaca del Marangone che ne riporta puntualmente tutte le fasi costruttive.
Con un‟ottica lungimirante il nuovo perimetro murato racchiudeva un‟area di 185 ettari, una delle più vaste dell‟epoca [Fig. 1.2], che rimarrà largamente sufficiente per la crescita della città praticamente fino al XIX secolo, il tracciato ha motivazioni di carattere ambientale ed urbanistico: a nord segue l‟andamento del fiume Ozzeri, a sud segna la corda dell‟ampia ansa urbana dell‟Arno, mentre le due protuberanze ad est includevano le zone ortive del monastero di San Zeno e di San Silvestro, l‟andamento ad ovest invece seguiva le depressioni paludose del
Paludozzeri, erano inoltre fornite di un efficiente sistema di fossati che oltre a
svolgere funzione difensiva costituiva il raccordo con la rete di canali di scolo interni alla città che vi sfociavano sfruttando le pendenze e le irregolarità del suolo; le 31 porte connettevano la viabilità interna ad una sorta di sistema di circonvallazione lungo il perimetro: le aperture a nord-ovest confluivano verso la via Santa Maria, quelle altre a nord, provviste di ponti sull‟Ozzeri, mettevano in
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collegamento le arterie provenienti da Lucca o dai monti pisani con il centro della città, ad est aprivano la città sul Valdarno verso Cascina, mentre le porte a sud immettevano sulla carraia di via San Martino.
Il tratto delle mura delle mura medioevali che interessa la zona a nord di Pisa [Fig. 1.4], (quella che oggi viene identificata dagli strumenti pianificatori come UTOE 9 nella quale si trova il sito interessato da questo studio) va dalla torre di Santa Maria fino alla porta di San Silvestro, esso può essere suddiviso dia dal punto di vista cronologico che tipologico in tre tratti distinti:
a- Torre Santa Maria- torre Santo Stefano; b- Torre Santo Stefano-Fortezza del Parlascio; c- Fortezza del Parlascio-Porta San Silvestro;
i tratti a e c presentano caratteristiche molto simili tanto da parere speculari, sia per i materiali utilizzati che per la fattura ed il numero di porte che vi si aprono; il tratto b invece, quello di maggior interesse rispetto all‟area in esame, venne edificato in fasi più tarde: probabilmente la presenza dell‟Ozzeri rappresentava un limite difficile da valicare e pertanto costituiva una difesa naturale a possibili invasioni.
Dal punto di vista costruttivo nei tratti a e c si distinguono almeno due stratificazioni6: la prima realizzata in panchina livornese tagliata in conci larghi, la
seconda in breccia di Asciano e calcare cavernoso, ed ancora un terzo strato in conci più piccoli e meglio posati; il tratto centrale, invece, edificato probabilmente (come afferma il Redi) sul sedime della cinta difensiva romana, di cui ne sarebbero testimonianza alcuni ammorsamenti basamentali della trecentesca torre di Santo
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una riferibile al IV lotto (11157-1158) ed una al VII lotto (1161-1162) secondo quanto riportato da Marangone nella sua Cronaca;
a
b
c
Fortezza del Parlascio
Porta a Lucca Porta di S. Stefano
Torre S. Maria
Porta di S. Silvestro Chiesa di S. Stefano
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Stefano sui resti di una precedente torre di epoca romana o tardo-medioevale già provvista di ponte sull‟Ozzeri (il toponimo di “Ponte” dato alla zona deriverebbe proprio dalla presenza di queste strutture); la porta che si apre sul fianco sinistro dell‟attuale torre sormontata dall‟arco di San Ranierino è più recente, mentre quella murata sul fianco destro sarebbe risalente al 1240, [Fig. 1.5].
Il gran numero di porte7 che si possono distinguere osservando la struttura
muraria e la discontinuità di posa dei conci, ribadisce il ruolo di crocevia che la zona ricopriva anche in quest‟epoca; la Porta a Lucca oggi visibile è invece di epoca posteriore riferibile alla prima dominazione medicea (1539-1552) quando venne contestualmente edificato il Bastione del Parlascio (1539-1544 ad opera di Nanni Ungaro), che inglobava la vecchia Porta del Parlascio e l‟intervento turriforme del Brunelleschi databile fra il 1435 ed il 1437, la triplice apertura con l‟aggiunta delle arcate laterali è invece riferibile ad interventi ottocenteschi.
Al di là dell‟Ozzeri, fuori dalla cinta murata, nelle aree subito a sud rispetto al sito dell‟Arena Garibaldi esisteva l‟unico nucleo suburbano a nord della città, la località viene definita di San Lazzaro nella cartografia del Catasto Leopoldino del 1834, attorno alla chiesa di Santo Stefano, detta di ultrauserem, , [Fig. 1.6], essa costituiva l‟avamposto della città sulle vie carovaniere a nord ed era fornita di
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Porta di Santo Stefano, Porta della Via maggiore del quartiere di “ponte”, Porta di San Tommaso e Porta del Parlascio;
Fig. 1.5 –Porta murata di Santo Stefano risalente al 1240 oltre la quale si gettava il ponte sull’Ozzeri;
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monastero ed ospedale le cui forme possono ancora oggi essere immaginate nella disposizione delle corti dei bassi edifici sul lato nord; essa venne consacrata nel 1200, ma documenti non ben identificati ne farebbero risalire la fondazione al 1085 o al 1180, mentre al 1200 sarebbero riconducibili lavori di ampliamento; l‟edificio originario, con fronte dal lato opposto rispetto a quello odierno, in cui era invece collocata l‟abside in seguito asportata, venne pesantemente danneggiato nel „400 in seguito agli assedi fiorentini della guerra dei trent‟anni e nel 1458 dichiarata soppressa; nel 1461 passò sotto il Patronato dell‟Università dei Cappellani del Duomo insieme all‟Ospedale di San Lazzaro e venne quindi ripristinata, ma durante il secondo assedio fiorentino venne di nuovo gravemente danneggiata. Le modifiche principali, i cui esiti sono oggi visibili risalgono al 1794 quando l‟edificio venne accorciato privandolo dell‟abside ed invertendone l‟affaccio, mentre nel 1821 divenne Prioria;
gli ultimi interventi manutentivi risalgono alla fine dell‟ottocento ed in varie fase negli anni ‟60 e ‟79 del XX secolo.
Fig. 1.6 –Chiesa di Santo Stefano oltr’’Ozzeria a sud dell’Arena Garibaldi, sulla odierna facciata principale sono presenti i segni dell’abside asporta nel 1794;
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1.3 La nascita del quartiere delle “Palazzine” nell'ottocento.
La forma urbana di Pisa resta confinata nel perimetro delle mura medievali praticamente fino all'Unità d'Italia, le trasformazioni riguardano principalmente la scala edilizia, al verticalismo delle case-torri nel duecento e nel trecento, fa riscontro l‟orizzontalità dei grandi palazzi rinascimentali di impronta fiorentina modellati sulle strutture medioevali.
La saturazione dei 185 ettari di territorio racchiuso dalle mura si intensifica notevolmente a partire dalla seconda metà del XIX secolo, quando si estingue la dinastia lorenese e Pisa, nel 1860, viene annessa definitivamente al Regno d‟Italia riconquistando quindi la sua capacità di autogoverno; sono anni di grande fervore edilizio e pianificatorio: prima con il piano dell‟Hoste, [Fig. 1.7]. e poi il piano Micheli del 1871, ambedue però, nonostante siano ispirati ai grandi piani urbanistici dell‟epoca (Parigi di Hausmann, Barcellona e molti altri esempi italiani quali Milano, Torino, Napoli, Firenze) caratterizzati da sventramenti dei tessuti medioevali al fine di costruire una rete di ampi corridoi interni alla città che raccordino i punti ritenuti più significativi, spesso coincidenti con gli edifici più
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monumentali di cui si vuole esaltare la bellezza canonica secondo le operazioni tipiche della cultura Beaux art, si limitano a regolamentare ancora una volta il solo territorio interno alle mura storiche, trascurando lo sviluppo esterno che già dai primi decenni del secolo aveva iniziato ad assumere funzioni di rilievo: la stazione terminale Leopolda a sud immediatamente fuori dalla Porta Fiorentina, costruita nel1844 in seguito all‟inaugurazione della prima ferrovia della Toscana sulle direttrici Firenze-Pisa-Livorno, ancora la stazione terminale in prossimità di Santo Stefano a nord nella zona di Porta a Lucca, costruita nel 1846 in occasione dell‟inaugurazione della seconda ferrovia della Toscana, ovvero la linea mono-binario Pisa-Lucca, il teatro Politeama posto all‟inizio delle Piagge il cui parco fu inaugurato nel 1840 ad opera dell‟Ing. Materassi, rappresentando il primo esempio di raccordo tra la città ed il suo territorio [Fig. 1.8].
La campagna attorno alle mura era occupata principalmente da poderi confinati da una fitta rete di canali di bonifica, pertanto lo sviluppo edilizio assai rado era rappresentato da gruppi di case sparse e di carattere rurale; la fascia periurbana a nord, come mostra la mappa del catasto Leopoldino del 1834 riguardante il comparto di Campaldo [Fig. 1.9], rappresenta la situazione descritta sopra, la rete viaria era già presente in forma embrionale di quella moderna, mentre si nota la mancanza di Via Contessa Matilde a costeggiare le mura, era già presente però la Via di Santo Stefano che dopo la chiesa continuava a nord fino a circa metà dell‟attuale Via Rosmini che oggi costeggia il lato ovest dello Stadio di calcio; un piccolo gruppo di case attorno a quest‟ultima via costituiva il borgo
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indicato con il toponimo di “San Lorenzo” e la configurazione dei lotti dell‟area in oggetto appare molto diversa rispetto ad oggi: nella porzione sud è rappresentata la sagoma del galoppatoio per le corse dei cavalli fatto costruire da Giuseppe Federighi nel 1807 sui terreni di sua proprietà, la struttura constava, secondo la descrizione dei giornali dell‟epoca, di modesti spalti lignei e strutture funzionali alle gare di equitazione, la porzione a nord risultava ancora vuota e delimitata dal
Fosso del Marmigliaio oggi interrato sul quale corre la Via Ugo Rindi.
Nel 1831 su commissione dei figli dello stesso Federighi e su progetto dell‟architetto pisano Alessandro Gherardesca la modesta struttura dell‟Arena Federighi fu ristrutturata e trasformata in teatro diurno inaugurato nel 1842, conservando ancora il nome originale; ispirato ai modelli che lo stesso architetto espose nella sua opera Casa di Delizia, il complesso consisteva di un viale d‟accesso dalla Via Provinciale Lucchese (oggi via Luigi Bianchi) ad un invaso semicircolare contente l‟anfiteatro con ingressi a padiglione sistemati alle
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estremità, l‟organizzazione interna comprendeva la galleria, i palchetti, la platea ed un loggione aperto, oltre ad un agevole palcoscenico e retropalco per i cambi di scena; il teatro conobbe un‟intensa attività per oltre quarant‟anni, cambiando anche nome in Arena Garibaldi, in onore dell‟eroe rinascimentale, fino al 1895 quando dovette chiudere preda di una crisi finanziaria che investì i tanti teatri diffusi per la città.
Nella pianta di Pisa dell‟ingegner Teodoro Van Lint del 1846 [Fig. 1.10], l‟Arena Federighi appare nella sua forma completa, accanto viene riportata anche la nuova stazione ferroviaria della linea Pisa-Lucca con una piccola piazza antistante ed un collegamento viario con la Porta del Parlascio e quella di San Zeno; una planimetria più recente del Catasto Leopoldino risalente al 1870 [Fig. 1.11] mostra un diverso assetto della zona, con il completamento della viabilità lungo le mura a nord, indicata come Via che di Porta Nuova conduce a Porta a Lucca, la comparsa dei nomi di Via delle Pratina (odierna via Ugo Rindi) e Via Provinciale
Lucchese (odierna Via Luigi Bianchi), e un certo sviluppo edilizio attorno alle nuove
polarità costituite dal teatro diurno, dalla stazione ferroviaria e dall‟asse viario.
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Tra la fine dell‟ottocento e gli inizi del novecento si intensifica l‟attività edilizia di tutta la zona a nord oltre le mura, a partire da San Lazzaro e lungo la Via
Provinciale Lucchese (oggi Via Luigi Bianchi), comincia a delinearsi il quartiere delle
cosiddette Palazzine, il toponimo si riferiva alla tipologia costruttiva degli edifici prevalentemente costituiti da villini signorili con giardino privato, [Fig. 1.12], costruiti su commissione dei ceti più agiati: commercianti, professori universitari, professionisti; il quartiere si sviluppa in maniera più o meno ordinata attorno ad
Fig. 1.12 – Foto d’epoca del 1860, collezione Scarpellini, è visibile il sito del futuro quartiere di Porta a Lucca, l’edificazione delle Palazzine.
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una maglia regolare di isolati nonostante la mancanza di regolamenti pianificatori, i primi strumenti urbanistici di cui si dotava Pisa all‟epoca, come già visto, si occupavano esclusivamente dell‟abitato all‟interno delle mura, non considerando necessario disciplinare le espansioni esterne.
Nel 1862 venne inaugurata la Nuova Stazione Centrale di Pisa in occasione dell‟arrivo delle grandi direttrici ferroviarie nazionali, il collegamento di Pisa con Roma e Genova inserisce la città in un contesto nazionale di ampio respiro; il progetto di sistemazione di questo nuovo polo a sud della città venne eseguito dall‟Ing. Micheli che decise di demolire la porta storica di San Gilio ed un ampio tratto di mura, realizzando così la vasta Piazza Vittorio Emanuele II divisa in due dalla barriera daziaria e collegata alla stazione con un viale ad imbuto le cui testate tardo neoclassiche, [Fig. 1.13], progettate dallo stesso Micheli, vennero distrutte durante i bombardamenti della seconda guerra mondiale, la piazza è stato uno degli interventi urbanistici di maggior seguito nella storia urbanistica di Pisa, allora si poneva come nodo fondamentale delle vie di comunicazione non solo stradali, infatti da questo punto partivano le due linee tranviarie della città, una con termine nella Piazza del Duomo, l‟altra con termine nel Politeama all‟inizio delle Piagge, e tutt‟oggi continua ad avere un‟importanza strategica per la viabilità di attraversamento della città collocata sull‟anello definito “quadra di scorrimento” , tale importanza è stata recentemente confermata dall‟ultimazione dei lavori per un grande parcheggio interrato proprio sotto la piazza
Fig. 1.13– Vista prospettica della sistemazione della Stazione Centrale su progetto dell’Ing. Micheli; fonte: ”La cultura del paesaggio a Pisa” M.Dringoli-F.Bracaloni, Pisa 2007
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1.4 La pianificazione del XX secolo e l’assetto odierno dell’area.
Agli inizi del novecento la struttura urbana di Pisa rimaneva ancora confinata fondamentalmente nei suoi limiti murati, è nei primi decenni del secolo che si assiste ad una definitiva espansione della città al di fuori delle mura, dal carattere disorganico ed episodico, conseguenza di quella mancanza di pianificazione prima discussa.
La crescita edilizia si concentrava prevalentemente a nord nel quartiere delle Palazzine e ad est con il villaggio veneziano8 di iniziativa pubblica, la qualità edilizia delle due periferie è molto diversa, al carattere signorile della prima corrisponde una qualità piuttosto scadente della; nello stesso periodo con la costruzione della passerella di San Giusto ha inizio la nascita dei quartieri a sud, mentre ad ovest si compiono nuove distruzioni di consistenti porzioni delle mura storiche per consentire la costruzione delle cliniche dell‟Ospedale di Santa Chiara; verso la fine degli anni venti la situazione urbanistica soffre della mancanza di un piano regolatore che determini la riqualificazione del centro storico e che regolamenti lo sviluppo della città al di fuori di esso, l‟amministrazione conscia di queste necessità bandisce nel 1929 un concorso pubblico rivolto a tutti gli ingegneri ed architetti italiani, per la redazione del Nuovo Piano Regolatore di
ampliamento e sistemazione interna della città e per lo sviluppo della Marina di Pisa, la cui
giuria viene presieduta dall‟Ing. Gustavo Giovannoni; il concorso rappresenta senz‟altro uno degli esperimenti più interessanti dell‟urbanistica italiana dell‟epoca sia per il livello della giuria, che per la formulazione innovativa del bando, che per la qualità dei progetti presentati, si illustravano molto chiaramente, per punti, i problemi che gli urbanisti erano chiamati a risolvere:
il rispetto del centro storico attraverso l‟uso del diradamento igienico piuttosto che lo sventramento del tessuto medievale;
lo studio organico delle comunicazioni al fine di contenere il traffico di attraversamento del centro ed il mantenimento dell‟antica cerchia muraria; la localizzazione del comparto industriale nella zona della Darsena e del
canale dei Navicelli;
l‟armonizzazione delle scelte agli strumenti di vasta area (Piano Regionale);
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nell’attuale sito del carcere di Don Bosco, il villaggio nasce all’indomani della prima guerra mondiale per dare alloggio ai profughi veneziani;
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la sistemazione della Marina di Pisa sulla quale venivano date precise direttive9.
La soluzione vincitrice presentata dal gruppo 3P-ST (M.Paniconi, G.Pediconi, C.Petrucci, A.Susini, M.L.Tufaroli) [Fig. 1.14], in maniera strettamente aderente ai punti del bando, proponeva il rispetto della maglia viaria ad impianto ortogonale del centro storico con l‟apertura di viali di collegamento aderenti ai tracciati esistenti, le espansioni a macchia d‟olio soprattutto ad est e a sud, mentre a nord e ad ovest si consigliavano interventi di completamento e chiusura della forma
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attenzione agli aspetti di carattere ambientale e paesaggistico con la conservazione di tutti gli elementi di vegetazione esistente, l’organizzazione gerarchica dell’edificato consistente nell’opportuna suddivisione della zona signorile stanziale da quella specificatamente riservata al turismo domenicale;
Fig. 1.14 – Piano Regolatore del gruppo 3P-ST, vincitore del concorso del 1929, con in evidenza la sistemazione della zona nord della città.
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urbana: nelle aree costituenti l fascia a nord subito fuori le mura veniva sistemato il quartiere sportivo ed una piazza d‟armi a conclusione della città, l‟uso estensivo del verde come elemento connettivo tra le espansioni e la città antica, la risoluzione del traffico di attraversamento attraverso la costruzione di un sistema di viali di circonvallazione esterna rispetto alla cerchia muraria che veniva salvaguardata da un‟ampia fascia a parco; il Piano 3P-ST nei fatti non venne mai adottato, negli anni seguenti gli interventi pubblici e privati proseguirono in direzione quasi opposta alle previsioni di piano: lo sventramento del quartiere di Sant‟Andrea per la costruzione del Palazzo di Giustizia, le nuove cliniche dell‟Ospedale di Santa Chiara, la fabbrica della Marzotto all‟interno delle mura, l‟Istituto Industriale alle spalle del Duomo ne sono la più palese dimostrazione. Negli anni trenta l‟edilizia pubblica e semipubblica costituisce una parte significativa dell‟attività edilizia della città, il Comune opera con piccoli interventi in Via Pietrasantina ed in Via Matteucci ad est, mentre sono più consistenti gli interventi dell‟INCIS (Istituto Nazionale per le Case degli Impiegati dello Stato) in via Risorgimento e dell‟Istituto Fascista Case Popolari della Provincia con la costruzione del villaggio denominato Rione Littorio in Via del Marmigliaio (oggi Via Ugo Rindi) nei pressi dell‟Arena Garibaldi, [Fig. 1.15],. edificato in fasi successive a partire dalla fine degli anni ‟30: il primo finanziamento comprendeva una serie di
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edifici su tre piani, disposti in gruppi attorno a corti centrali, per un totale di 72 alloggi affacciati sulle corti interne secondo un‟interessante schema morfologico riutilizzato con altre varianti per la costruzione di case popolari di inferiore qualità più ad est sempre su Via Rindi, il piano totale prevedeva la costruzione di 37 fabbricati per complessivi 484 alloggi.
Altrettanto significativi sono i villaggi unitari costruiti per i dipendenti di alcune aziende industriali, pubbliche e private, sorti in vicinanza dei siti di lavoro in altre zone della città, similmente a quanto avveniva nell‟800 nei paesi europei più industrializzati (80 alloggi in Via Marangone e in Via Arrosti, ad opera della società Saint Gobain, 48 alloggi in prossimità del cavalcavia di San Giusto ad opera del Ministero dei Trasporti, Azienda Ferrovia dello Stato, il villaggio Guidotti negli anni tra il 1938 ed il 1941 in Via San Jacopo in Gagno costruito dalla Cassa di Risparmio di Pisa).
Ritornando a focalizzare l‟attenzione sul comparto nord della città oltre le mura attorno alla nostra area di indagine, se gli interventi di edilizia pubblica di epoca fascista saturavano la porzione sud occidentale: il Rione Littorio, il grande complesso scolastico dell‟Istituto Tecnico Industriale oggi intitolato a Leonardo d
Vinci, il quartiere signorile delle Palazzine si densificava in maniera ordinata
attorno ai grandi isolati disciplinati da una prima lottizzazione “Mana” a metà degli anni venti riguardante la zona nord di Porta a Lucca, imperniata sugli assi viari ottocenteschi di Via XIV Maggio, Via Giovanni Pisano e Via Nazario Sauro, una seconda lottizzazione “Mana” a metà degli anni cinquanta riguarderà i terreni più ad est tra le odierne Via di Gello, Via Lucchese e Via Napoli.
Nel 1918 la proprietà dei terreni su cui sorgeva la prima Arena Garibaldi, passa dalla famiglia Federighi al Pisa Sporting Club che con pochi lavori di livellamento del terreno trasforma il vecchio teatro diurno in uno spazio idoneo ad ospitare gli incontri agonistici della squadra di calcio nei primi anni della sua storia; nel 1929 però l‟area venne acquistata definitivamente dal Comune di Pisa che conformemente alle indicazioni della proposta di Piano Regolatore del gruppo 3P-ST, vincitrice del concorso del ‟29, vi costruisce, su progetto dell‟architetto Federigo Severini, un complesso sportivo di dimensioni più contenute rispetto alle previsioni ma destinato alle attività sportive in generale, [Fig. 1.16].
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Fig. 1.17 – Foto dell’inaugurazione del Campo Littorio
con il Re Vittorio Emanuele III secondo da sinistra.
Le strutture in elevazione comprendevano gli spogliatoi ed una tribuna coperta sul lato ovest, una tribuna scoperta gemella sul lato est, strutture e servizi dedicati ad altre attività sportive e la casa del custode, a tutt‟oggi una delle ultime testimonianza materiali di quelle costruzioni; tutto l‟impianto inoltre era cinto da un muro perimetrale a colonnine in gran parte ancora esistente (il lato sud, il lato est e l‟angolo NO su Via Rindi), nel quale si aprivano gli ingressi in grandi arcate est, riutilizzando il vecchio ingresso all‟Arena Federighi, ad ovest presso la tribuna coperta e a nord su Via Rindi; il Campo
littorio, così intitolato secondo la
retorica fascista dell‟epoca, venne inaugurato l‟8 novembre del 1931 alla presenza del Re Vittorio Emanuele III di Savoia, [Fig. 1.17],. venne risparmiato dai bombardamenti che danneggiarono pesantemente la città durante il secondo conflitto mondiale in quanto adibito ad ospedale da campo.
Fig. 1.16 – Foto d’epoca risalente agli inizi del novecento, è visibile la fascia a nord delle mura cittadine, la forma del Campo Littorio.
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Negli anni cinquanta, sfruttando il piano di edilizia popolare noto come
Piano Fanfani, venne costruita la curva nord in aggiunta alle strutture esistenti, [Fig.
1.18], mentre più tardi nel 1968, quando il Pisa si apprestava ad affrontare il suo primo campionato nella massima serie si intrapresero radicali lavori di ristrutturazione del complesso ancora risalente al ‟29: demolizione e ricostruzione nella configurazione odierna della tribuna scoperta ad est, completamento dell‟anello a sud con la costruzione della curva sud identica a quella costruita dieci anni prima a nord; [Fig. 1.19].
Negli stessi anni il quartiere e i lotti immediatamente adiacenti all‟area conoscono una forte fase di densificazione del costruito, come si può constatare nell‟elaborazione cartografica relativa alla “periodizzazione dell‟edificato” nella Tavola grafica 3 allegata allo studio, interventi caratterizzati da alti indici di sfruttamento del suolo contornano l‟area in oggetto e caratterizzano la parte orientale del quartiere, la moratoria e la fase di stallo innescata dalla “Legge ponte” del 1967 favorirono l‟esplosione incontrollata della zona e la speculazione edilizia un po‟ ovunque, nonostante la città si fosse dotata pochi anni prima nel 1965 di un nuovo Piano Regolatore firmato da due insigni urbanisti dell‟epoca Luigi Dodi e Luigi Piccinato il cui caposaldo era proprio l‟arresto dell‟espansione a macchia
Fig. 1.18. Il quartiere di Porta a Lucca negli anni cinquanta, si nota in alto la contenuta edificazione a basso sfruttamento, a destra il completamento della curva nord dello Stadio ed in basso a destra uno scorcio della stazione terminale sulla linea per Lucca all’epoca già in disuso da quasi un secolo.
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d‟olio della città al fine di contenere il soffocamento della città storica, vi si proponeva inoltre la duplicazione della città ad est verso l‟entroterra, soprattutto per quanto riguarda le funzioni amministrative e direzionali, mentre per le zone a nord e ad ovest si prevedeva il solo completamento urbanistico nel rispetto del patrimonio naturalistico e paesaggistico delle tenute di San Rossore e Coltano la cui istituzione a Parco del 1994 era già prevista nelle visioni lungimiranti dei due urbanisti.
Gli strumenti pianificatori susseguenti agli anni ottanta (Piano Gabrielli 1992, Piano Strutturale 2001), ricalcano la forte impronta procedurale e metodologica delle indicazioni date da Giovanni Astengo che in Pisa opera per un anno nel 1986 in qualità di consulente generale di un gruppo operativo al fine di redigere un nuovo Piano Regolatore: l‟attenzione alle istanze della città di carattere economico-sociale e storico-ambientale attraverso un lungo percorso di documentazione, quantificazione ed analisi dell‟esistente, il superamento della pratica dello zooning e la comprensione della morfologia urbana al fine di riqualificarne il tessuto, la ricomposizione filologica del tessuto storico attraverso la rimozione delle superfetazioni accessorie, la riqualificazione delle periferie urbanisticamente degradate attraverso l‟uso del verde come connettivo e struttura al fine di dare identità ai luoghi, e dal punto di vista procedurale l‟adozione degli
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strumenti di Piano di recupero per la riqualificazione del centro storico, costituiscono l‟eredità di Giovanni Astengo non solo sull‟urbanistica pisana.
L‟ultima modifica all‟ ”Arena”, co-intitolata nel 2001 a Romeo Anconetani, presidente della società sportiva del Pisa Calcio negli anni novanta, venne affrontata nel 1982 in occasione della risalita nella massima serie della squadra di calcio, con l‟abbattimento della vecchia copertura della tribuna e l‟aggiunta della tribuna superiore, dell‟area dedicata alle autorità, del corpo ospitante la sala stampa e della nuova copertura in aggetto, [Fig. 1.20]; nel 1990 venne poi smantellata la pista di atletica e rifatto completamente il campo da gioco abbassandolo di un metro, ciò permise di prolungare tutti i settori verso il campo fino al livello del terreno. Nel settembre del 2007 vennero inoltre compiuti gli ultimi lavori di adeguamento riguardanti la sicurezza dell‟impianto e di tutta l‟area attorno: oltre alla blindatura della struttura vennero state installate alcune alte cancellate in Via Rindi, Via Rosmini e Via Santo Stefano comportando la blindatura delle aree durante gli eventi calcistici e la reclusione momentanea dei residenti non senza forti polemiche degli stessi.
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Nonostante la connotazione ormai consolidata nella memoria cittadina dell‟area quale sede dello stadio di calcio ed il forte attaccamento ai colori della squadra, tale funzione appare oggi in netto contrasto con le esigenze prettamente residenziali della zona, i disagi che si verificano ad ogni evento sportivo e le potenzialità urbanistiche dell‟area rispetto al quartiere ed alla città in vista di un suo uso alternativo, nonché le valide possibilità di re-localizzazione della funzione in altri ambiti più consoni, alimenta un dibattito che si protrae ormai da qualche decennio e che dallo stato di semplice proposta presente negli strumenti urbanistici fin dagli anni novanta si è tradotta in Scheda norma per la redazione di Piano attuativo nella recente variante al Regolamento Urbanistico del 2009.