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CAPITOLO V San Giovanni di Bibbona

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Academic year: 2021

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CAPITOLO V

San Giovanni di Bibbona

5.1 Le fonti scritte

L’abitato di Bibbona ha origini antichissime. L’archeologia ha restituito tracce certe di un passato etrusco e l’importanza come insediamento continuò in epoca romana.

Nell’alto Medioevo ben documentata è la località di Asilatto sui primi rilievi a Ovest di Bibbona, ove esistettero una sala, donata per un quarto nel maggio 764, con il granaio ed il fienile, dal lucchese Teuprando alla chiesa di S. Michele di Lucca, una piccola azienda (casella sundriale) adibita alla produzione del vino, ricevuta in permuta nell'agosto 782 dal duca di Lucca Allone insieme con saline sulla costa, e una curtis del vescovado lucchese, nota dal 30 gennaio 850 e descritta in un inventario della fine del IX secolo, dotata di vigneti e saline.

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Anche Bibbona fu investita dal fenomeno dell’incastellamento: la prima notizia sull’esistenza di una fortificazione del centro abitato riale al 17 giugno 1040, allorché il castello con la chiesa di Sant’Ilario apparteneva a Ghisla detta Ermellina, della casata dei Farolfi di Lucca e vedova di un conte Aldobrandeschi, Enrico del fu Ildebrando1.

Il territorio di Bibbona era percorso da due importanti assi viari, la via costiera, erede della romana Aurelia, il cui tracciato era analogo all’attuale S.S. 1 con alcuni spostamenti, soprattutto nella bassa Val di Cornia, per evitare le bassure inondate dalle acque, cui era parallelo un altro percorso viario, anch’esso di origine antica, lungo il quale si collocavano l’ospedale di San Leonardo di Linaglia, ubicabile poco a Nord dell’attuale Podere Linaglia di Sopra, il monastero di Santa Maria di Masio, in località le Badie a Sud Ovest di Bibbona, la pieve di San Giovanni di Bibbona e non lontano ne era l’ospedale gerosolimitano di San Giovanni2.

La chiesa battesimale, attestata dal 1137, denominata anche – tra il 1163 e il 1233 – di Islaito o Slaido, ossia l’Asilatto altomedievale, sorgeva in località La Pievaccia, non lontana dal Podere S. Biagio. Sul finire del Medioevo seguì il destino di tante sue consorelle poste ad una certa distanza dai centri incastellati, ossia la progressiva rovina e il trasferimento delle funzioni pievane all’interno del castello. La visita pastorale del 9 gennaio 1414 mostra la pieve priva di tetto e la successiva del 18 marzo 1437 ne attesta la rovina e la sostituzione con la chiesa castellana di Sant’Ilario3.

All’inizio del Trecento, gli elenchi degli enti che pagarono la decima alla Sede Apostolica menzionano l’ospedale di San Giovanni di Bibbona4. Un piccolo dossier di documenti del terzo

decennio del Trecento afferma chiaramente la sua dipendenza dal priorato pisano dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme lo mostra ormai svuotato delle originarie funzioni ospedaliere5,

facendo quindi supporre una sua maggiore antichità: benché conservasse ufficialmente la qualifica di «hospitale et domus», risulta affittato ad un nobile pisano, Gaetano del fu Sigerio Malpigli. In qualità di conduttore dell'ente, Gaetano fu assoggettato il 21 marzo 1328 al

1 M.L. CECCARELLI LEMUT, Un castello e la sua storia. Montescudaio nel Medioevo, in Storia di Montescudaio, a cura di R. Coppini, Pisa 2009, pp. 43-70, alle pp. 44-45, 47-48.

2 M.L. CECCARELLI LEMUT, Il paesaggio costiero della Maremma pisana medievale, in Paesaggi e proiezione

marittima. I sistemi adriatico e tirrenico nel lungo periodo: Marche e Toscana a confronto, a cura di G. Garzella – R. Giulianelli - G. Petralia - O. Vaccari, Pisa 2013 (Collana Centro di Studi Marco Tangheroni, 2), pp. 25-45, pp. 41-42 con la bibliografia ivi citata.

3 CECCARELLI LEMUT, Un castello e la sua storia, cit., pp. 61-62.

4 Rationes decimarum Italiae nei secoli XIII e XIV: Tuscia, II, cit., p. 201.

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pagamento di diciotto fiorini e mezzo all'esattore del vicario imperiale, per la tassazione imposta al clero pisano da Ludovico il Bavaro in occasione del viaggio a Roma. Cinque mesi più tardi, il 21 agosto, Gaetano dovette pagare ancora tredici lire e quindici soldi imposti agli enti ecclesiastici da Castruccio Castracani «pro custodia Pisane civitatis». La reale situazione dell’ospedale di Bibbona è chiarita dall’atto con cui l’11 aprile 1330, nella chiesa di San Sepolcro, frate Dotto da Poggibonsi, procuratore di fra Giovanni de Riparia, priore della medesima chiesa e delle sue dipendenze, confessò di aver ricevuto dal nostro Gaetano quaranta fiorini d’oro dovuti per i quattro anni precedenti, dichiarando trattarsi di un podere, ossia di un complesso fondiario, senza alcuna menzione di funzioni assistenziali Sia il censo sia le tassazioni imposte nel 1328 all'ente rimandano ad una consistenza patrimoniale non indifferente.

Nel XVII secolo, a quel che sembra dai testi finora esaminati, entrò a far parte della commenda gerosolimitana eretta nel 1468 nell’ospedale di San Lazzaro, fuori delle mura di Volterra6: i Miglioramenti di quest’ultimo ente redatti nel 1697 descrivono tra le proprietà «un pezzo di terra […] con la chiesa di San Giovanni», confinante a primo la via che va da Bibbona a San Giovanni, a secondo spedale di S. Leonardo, a terzo il botro della Madonna, a quarto la Camera fiscale di Sua Altezza Serenissima7.

6 M. BATTISTINI, Gli spedali dell’antica diocesi di Volterra, 1932, ora in IDEM, Ricerche storiche volterrane,

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5.2 Le fonti toponomastiche

La sicura antica presenza dell’ospedale gerosolimitano di San Giovanni non poteva non lasciare tracce nella toponomastica dei luoghi. Non è stato difficile, infatti, individuare subito il sito il quale, ancor oggi, viene indicato con lo stesso nome. A conferma che l’antico ospedale si trovava fuori le mura vi è il fatto che detto luogo si trova tutt’oggi fuori le mura del Castrum bibbonese, in posizione strategica in quanto domina tutta la piana che sotto si estende, godendo di una panoramica a 360° sulle le strade di accesso al castello. Ad ulteriore conferma del nome del sito, oltre alle chiare indicazioni datemi dagli abitanti del luogo, ci giunge anche la cartellonistica stradale la quale, benché non proprio in buono stato, indica chiaramente il nome di San Giovanni.

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Fig. 1. L’indicazione stradale del podere San Giovanni.

Il passo successivo è stato quello di andare, per quanto possibile, indietro nel tempo ricercando sempre tale nome. Ancora una volta quindi la ricerca è caduta sul Catasto Storico Regionale, vale a dire quello Leopoldino, già più volte usato nel corso di questo studio.

Al riguardo sono state analizzate due sezioni contigue facenti riferimento al territorio bibbonese. Questo perché il podere in questione risulta essere quasi perfettamente sulla linea di demarcazione di due differenti fogli nei quali, tra l’altro, viene rappresentato in modo differente.

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Fig. 2. Podere San Giovanni come appariva nel Catasto Generale Toscano (Leopoldino) del 1825 (Fonte CASTORE). Sezione G del foglio 2.

In figura 2, il podere San Giovanni è evidenziato all’interno del riquadro giallo. Esso appare situato lungo via dei Poggiali, che in questo caso è anche la linea di demarcazione tra due sezioni contigue. Il podere dà il nome a tutta la zona: il nome infatti, sottolineato di rosso, avvolge nella sezione G tutto il lato est della collina.

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Ho voluto però riportare anche la sezione H del medesimo foglio 2 per mostrare più informazioni possibili.

Fig. 3. Podere San Giovanni come appariva nel Catasto Generale Toscano (Leopoldino) del 1825 (Fonte CASTORE). Sezione H del foglio 2.

Anche qui è facile individuare via dei Poggiali e come il toponimo San Giovanni si estenda anche nel lato Ovest della collina, vale a dire quello che guarda l’abitato di Bibbona. Il podere appare indicato con il numero di particella 99 (100 e 101 sono solo terreni), con a fianco un forno.

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Resta da dimostrare che detto podere fosse l’antico ospedale, in quanto documenti che colleghino in modo diretto le due strutture non ce ne sono. Infatti all’epoca del Catasto troviamo ricordate due istituzioni religiose con lo stesso titolo a San Giovanni8:

1. la pieve, presso la Villa della Pieve, con beni sparsi nel distretto: era l’antica Asilatto9.

2. la chiesa di Poggio Romeo, ossia la nostra San Giovanni10.

Essendo però la pieve abbastanza distante dal castello di Bibbona, e rovinata nella prima metà del XV secolo (con trasferimento delle proprietà alla chiesa di sant’Ilario11), possiamo

escludere che i resti attuali del podere siano l’antica Asilatto.

Inoltre, anche confrontando le fonti attuali, l’abbinamento dell’antica chiesa ed ospedale di Poggio Romeo all’attuale sito di San Giovanni appare pressoché unanime12.

L’identificazione del sito appare quindi chiara ed univoca.

8 P.IRCANI MENICHINI , Chiese e castelli dell’alto medioevo (secoli V-XI) in bassa Val di Cecina e in Val di Fine

cit., p. 56.

9 S.MORI, Pievi della diocesi volterrana antica dalle origini alla Visita Apostolica (1576), in «Rassegna

Volterrana», LXIII- LXIV (1987-1988), p. 175.

10 BATTISTINI, Gli spedali dell’antica Diocesi di Volterra, cit., p. 709. 11 CECCARELLI LEMUT, Un castello e la sua storia, cit., p. 62.

12 IRCANI MENICHINI, Chiese e castelli dell’alto medioevo, cit., p. 56;

F.BIANCANI, La comunità di Bibbona nei secoli XV e XVI, tesi di laurea, Università di Firenze, a.a. 1991-1992, relatore D. Naselli;

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5.3 Le fonti architettoniche

Il sito del podere di San Giovanni si presenta oggi in stato di completo abbandono. Il casolare è posto in cima ad una collina ed, a prima vista, sembra una comune casa colonica come tante se ne vedono nella Maremma toscana. Fino a non molto tempo fa, sul lato Sud vi era anche stato costruito un annesso ad uno rimessaggio agricolo ( fig. 4), oggi abbattuto (fig. 5).

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Fig. 4. Podere San Giovanni di Bibbona alcuni anni fa con l’annesso agricolo.

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L’aspetto esteriore è in tutto e per tutto quello di una casa colonica dell’Ottocento. Emergono, però, ad un’analisi più attenta, particolari che non concordano con questa finalità costruttiva e che ci mostrano come la struttura sia in realtà molto più complessa e antica.

Innanzi tutto nell’edificio appaiono evidenti tracce di successivi lavori di edificazione e di modifiche. L’intero complesso appare oggetto di continue aggiunte, risultato di un’intricata stratificazione di vari edifici già esistenti e di uso di materiali di spoglio, che evidenziano come la struttura ebbe fasi evolutive ed aggiunte che l’hanno resa ciò che oggi possiamo vedere.

Infatti, nella fig. 6 possiamo notare la notevole irregolarità delle aperture (sia come dimensioni sia come allineamento), la presenza di arcate parzialmente murate e la diversa pezzatura dei materiali da costruzione.

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Questo è particolarmente ben visibile nell’angolo Sud-Est, dove i blocchi squadrati di travertino non sono più ricoperti dall’intonaco (anche se non sono riuscito a comprendere se si tratti di materiali di spoglio o di un muro già esistente riutilizzato nella struttura).

Fig. 7. Angolo Sud-Est: i blocchi di travertino.

Molti sono i particolari costruttivi dell’edificio che inducono a pensare che esso non sia nato specificatamente come casa colonica. Le foto che proporrò di seguito dimostrano, infatti, che esso, nacque per altri usi, con un mutamento d’uso avvenuto solo in epoca più recente.

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Un particolare esterno che non concorda con un casolare di campagna è la nicchia presente sulla facciata principale. Anche qui sono ben visibili i differenti materiali da costruzione (fig. 8).

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Ma il segno più evidenti delle modifiche di età contemporanea a cui l’edificio è stato sottoposto ci viene dal confronto con la carta del Catasto Leopoldino riportata in figura 3. Qui è ben visibile un forno, staccato dall’edificio anche se solo di pochi metri. Oggi invece il forno è inglobato nella struttura e vi si accede da un’apertura sulla facciata Nord (fig. 9).

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Anche l’interno dell’edificio dimostra una costruzione antica e non destinata ad un uso prettamente agricolo. Il piano terra evidenzia le tracce di vani molti ampi, con grandi archi a tutto sesto (fig. 10).

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Numerosi pilastri sorreggono le volte con arcate a tutto sesto (fig. 11).

Fig. 11. Volte all’interno dell’edificio.

In generale, però, le ampie aperture così generate sono state con il tempo parzialmente murate per ottenere vani di dimensioni più comode per l’uso abitativo (figg. 12 e 13).

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E’ però sulla facciata Sud che appaiono gli elementi più antichi di tutto l’edificio.

Qui, dopo l’abbattimento dell’annesso agricolo, sono ben visibili due colonne di un antico ingresso (in fig. 14 indicate dalle frecce gialle). Non è chiaro se questo fosse l’antico accesso alla struttura. Di certo però anche la maggiore presenza su questo lato dell’edificio di blocchi di travertino (vedi fig. 7) potrebbe indicare che questa fosse un tempo la facciata principale dell’edificio o magari l’ingresso della chiesa annessa13.

Fig. 14. Antiche colonne sulla facciata Sud.

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Ma lo stesso lato presenta anche un’altra presenza particolare o, per meglio dire, presentava. Foto meno recenti del casolare mostrano come nell’angolo in alto a destra sopra le colonne vi fosse una pietra dove erano scolpiti due volti (fig. 15).

Fig. 15. Protome antropomorfe sotto il tetto nel lato Sud.

L’uso di piccole teste inserite come elemento decorativo in capitelli, paramenti murari, chiavi di volta ecc, sono una costante degli edifici medievali, utilizzate per scandire le strutture architettoniche. In genere queste teste descrivono per sommi capi i connotati essenziali del volto umano. Queste però hanno una maggiore impronta verista: esse infatti presentano profonde fosse ai lati della bocca, marcando così gli zigomi, mentre l’arco sopracciliare disegna una marcata cavità orbitale14.

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Secondo alcuni appassionati di storia locale, dette teste rappresenterebbero quelle di san Giovanni Battista e di san Giacomo Maggiore, entrambi santi decollati. In molti siti internet, facilmente consultabili digitando semplicemente “Bibbona” sul web, l’argomento sembra attrarre molta attenzione e spinge più di un appassionato a giungere a tali conclusioni. Da parte mia trovo realistica la possibilità che le due facce raffigurino i santi sopraccitati. Non mi trovo d’accordo quando, all’unisono, detti appassionati affermano che i due decollati erano santi venerati dai Templari, adducendo questo a prova che l’antica San Giovanni di Bibbona fosse sede templare: una delle solite leggende metropolitane.

Ad oggi, comunque, tale pietra scolpita è stata tolta dall’edificio per pericolo di furti.

Fig. 16. Punto dove si trovava la pietra con i due volti scolpiti.

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5.4 Conclusioni

Il primo punto da mettere in evidenza è che, da quanto emerso dai dati raccolti, anche alla luce delle conoscenze attuali, non vi sono dubbi sulla reale presenza di un antico ospedale intitolato a San Giovanni Battista che, benché ormai in disuso e diroccato, è tutt’oggi ben conosciuto nel contesto abitativo.

Il secondo punto che mi sembra opportuno sottolineare è che, alla luce di quanto riportato nei testi citati, la presenza gerosolimitana nel castello di Bibbona non possa essere messa in dubbio. Le fonti concordano tutte in modo chiaro che tale presenza era un dato di fatto, e che il centro di questa presenza era un ospedale intitolato a San Giovanni Battista. La toponomastica ci dà in questo ulteriore conferma.

Terzo punto: lo studio della posizione e le caratteristiche architettoniche di questo ospedale sembrerebbero a loro volta confermare l’antichità dell’edificio.

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