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Conclusioni Capitolo7

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Academic year: 2021

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Capitolo 7

Conclusioni

Sommario. In questo capitolo si commenta l’efficacia del modello e si individuano i possibili sviluppi futuri della ricerca.

Summary. In this chapter we comment the effectiveness of the model and the possible future developments of the research are described.

7.1

Applicazioni della soluzione generale

Questa tesi ha fondamentalmente lo scopo di descrivere la soluzione generale della risposta meccanica di un elemento di laminato (Capitolo 5).

In particolare, a differenza di alcuni lavori analoghi pubblicati in letteratura, il laminato in esame è caratterizzato da una sequenza di impilamento generica: oltre a permettere una modellazione accurata di laminati unidirezionali e cross-ply simmetrici, il modello è in grado di valutare l’effetto degli inevitabili accoppiamento flesso–estensionale tipici dei laminati non simmetrici.

Alla base del modello meccanico vi è l’assunzione che il laminato possa essere trattato come un assemblaggio di travi laminate collegate tra loro da una interfaccia elastica lineare. Questo approccio ha più volte dimostrato la sua validità per la modellazione delle prove sperimentali standardizzate [Bennati et al., 2013b; Bruno, 2006; Corigliano e Colleluori, 2004; Fisicaro, 2006].

Questo tipo di procedura si dimostra particolarmente adatta alla descrizione l’evolversi di una de-laminazione in un laminato, nel quale infatti sono individuabili direzioni lungo le quali è più probabile una propagazione, anche se di modo misto: a differenza di quanto accade in un materiale isotropo e omogeneo (un materiale metallico, ad esempio) nel quale una fessura propaga tendenzialmente in modo I puro, orientandosi di conseguenza, in un laminato composito il riorientamento della fessura può essere impedito dall’eterogeneità degli strati.

L’individuazione quindi di un piano e una direzione preferenziali nel quale la fessura possa propagare (in particolare parallelamente alle lamine) consente al modello con interfaccia una precisione che per altri materiali non sarebbe riscontrabile.

Le caratteristiche che definiscono l’elemento di laminato rendono questa particolare struttura adatta a modellare una vasta gamma di sistemi differenti. Ad esempio, Bennati e Valvo [2001] descrivono la delaminazione in piastre in composito soggette a buckling, e ancora Bennati e Valvo [2009] dimostrano come l’interfaccia elastica possa descrivere il comportamento meccanico di uno strato di adesivo in un giunto incollato. La generalità del modello lo rende quindi adattabile ad una vasta gamma di problemi anche molto diversi tra loro.

7.1.1 Tenacità a frattura dei materiali compositi

Come abbiamo visto, imponendo le opportune condizioni al bordo e determinando gli sforzi interla-minari è possibile utilizzare il modello meccanico dell’elemento di laminato per descrivere la risposta

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118 CAPITOLO 7. CONCLUSIONI

meccanica di un provino e calcolarne quindi il lavoro all’apice della fessura, valutando il tasso di rilascio dell’energia.

Questo procedimento permette di ridurre i dati di una qualunque prova sperimentale che preveda l’u-tilizzo di un provino in laminato composito prefessurato (adottando i procedimenti illustrati nel Capitolo 6): conoscendo le dimensioni e le caratteristiche meccaniche di un provino, è possibile determinare la relazione tra carico applicato e tasso di rilascio dell’energia e la corrispondente separazione nei modi I e II.

Una volta eseguita la prova sperimentale, durante la quale sarà stato registrato il carico al quale avvenga la prima propagazione, sarà sufficiente, una volta che il modello sia stato calibrato (in partico-lare fissando i valori delle rigidezze dell’interfaccia elastica) applicare le opportune condizioni al bordo (Equazioni 5.15 e 5.16) alle soluzioni delle Equazioni 5.19 per ottenere il valore del tasso di rilascio criticoGc.

7.2

Criticità del modello

L’ipotesi alla base del modello, che rende possibile la soluzione illustrata nel Capitolo 5, è che la rigidez-za dell’interfaccia elastica sia una proprietà del materiale, o quantomeno, sia una grandezrigidez-za dipendente dalle caratteristiche geometriche o meccaniche della particolare prova in esame, e sia quindi costante a parità di materiali e geometrie adottate.

Questa ipotesi può apparire plausibile se si pensa che l’interfaccia possa modellare il sottile strato di matrice che si può individuare tra le lamine. Resta però il problema di riuscire a determinare il valore effettivo delle costanti di rigidezza kxe kz.

A tale scopo è stata proposta da Bennati e Valvo [2013] e Bennati e Valvo [2014] una procedura di calibrazione che, confrontando prove sperimentali, o eventualmente analisi agli elementi finiti, con i risultati preliminari del modello, consente di settare i valori delle rigidezze dell’interfaccia (Figure 7.1(a) e 7.1(b)).

(a) (b)

Figura 7.1: confronto tra le cedevolezza valutata sperimentalmente e quella prevista dalla simple beam theory(dalla quale sono derivate le relazioni prescritte dalle normative) e dalla enhanced beam theory (la generalizzazione della quale è la soluzione generale oggetto di questa tesi) [Bennati e Valvo, 2014]: (a) prova DCB standard;

(b) prova ENF standard.

È inoltre in corso l’interpretazione di una grande quantità di dati numerici frutto di una estesa mo-dellazione agli elementi finiti, il cui scopo è quello di individuare possibili relazioni semi–empiriche tra i valori di kx e kze le dimensioni dei provini e le loro proprietà meccaniche.

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7.3. SVILUPPI FUTURI 119

7.3

Sviluppi futuri

7.3.1 Calibrazione dell’interfaccia

Come accennato nel Paragrafo 7.2, per poter applicare con successo il modello analitico della soluzione generale di un elemento di laminato è necessario conoscere, con la maggior precisione possibile, il valore da assegnare alle costanti di rigidezza dell’interfaccia.

Questo potrà essere definito attraverso una dettagliata campagna sperimentale, atta a verificare come il valore ottenuto dalla calibrazione dipenda dai diversi parametri geometrici del provino, nell’ottica di verificare se effettivamente il valore di kxe kzpossa essere considerato una proprietà del materiale.

A questo scopo al fianco di prove sperimentali sarà di valido supporto una attenta modellazione numerica agli elementi finiti, già iniziata in parte, che permette di investigare efficacemente un elevato numero differente di combinazioni tra geometrie e materiali diversi.

7.3.2 Multi-layers

Allo scopo di descrivere con ancora maggiore dettaglio il comportamento dei laminati, sarà possibile aumentare la complessità del modello inserendo interfacce elastiche tra ogni lamina: questo tipo di ap-proccio potrebbe fornire informazioni su quali siano i punti nella sezione più deboli e proni ai fenomeni di delaminazione. Andrews, Massabò, Cavicchi, e Cox [2009] applicano un modello simile per valutare la resistenza di un laminato alle delaminazioni multiple che si generano tra le lamine in conseguenza di un impatto (Figura 7.2).

Figura 7.2: esempio di laminato costituito da sub–laminati collegati da interfacce coesive e affetto da delaminazioni multiple [Andrews et al., 2009].

7.3.3 Applicazioni a problemi di diversa natura

La versatilità del modello analitico potrà essere sfruttata per studiare problemi anche molto diversi tra di loro.

Modelli analoghi, ma più semplificati, sono già stati utilizzati per investigare il comportamento di giunti incollati [Bennati e Valvo, 2009], e individuare le criticità nel processo di lavorazione di chip in silicio [Liu, Valvo, Huang, e Yin, 2013]. Il modello potrà mostrarsi utile per approfondire la resistenza delle giunzioni tra materiali tra loro eterogenei, quali ad esempio laminati compositi e materiali da co-struzione ad impiego civile [Bennati, Dardano, e Valvo, 2011], o per caratterizzare il comportamento di componenti in legno lamellare.

7.3.4 Applicazione a strutture

Sarà infine interessante passare dallo studio dei singoli provini a quello di strutture di geometria anche complessa, e verificare l’applicabilità del modello con interfaccia a complicate geometrie spaziali: ad

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120 CAPITOLO 7. CONCLUSIONI

esempio, indagando il comportamento meccanico di strutture che presentino delaminazioni localizzate in punti critici.

A questo livello, la conoscenza dei valori di tasso di rilascio dell’energia critico,Gc, permetterà di

determinare il valore del carico critico al quale la propagazione della fessura diventi instabile, risultando un prezioso strumento nelle fasi di progetto preliminare delle strutture in composito.

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