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Capitolo 10: Evoluzione stratigrafico – deposizionale del porto antico di Magdala

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Academic year: 2021

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antico di Magdala

Integrando le informazioni derivanti dai dati geoelettrici (Capitolo 8) e stratigrafici (Capitolo 9) presentati è possibile delineare un quadro stratigrafico – deposizionale dell’area del porto di Magdala, distinguendo “fasi” evolutive in relazione alle strutture portuali rinvenute durante lo scavo e ipotizzate su base geofisica.

10.1: Modello evolutivo del porto di Magdala

Una prima fase, antecedente alle strutture tardo ellenistiche ovvero verosimilmente prima del 167 a.C., vede la deposizione della Sequenza 1 (Fig. 10.1), costituita prevalentemente da sabbie di spiaggia lacustre.

Fig. 10.1: Ricostruzione dell’ambiente deposizionale nel periodo antecedente alla fondazione del porto tardo ellenistico, lungo una sezione prossimale-distale WSW-ENE.

I depositi della Sequenza 1 sono delimitati superiormente dalla superficie HFS – Harbour Foundation Surface sulla quale si depositano i sedimenti limoso - sabbiosi appartenenti alla Sequenza 2 (Fig. 10.2). Questi sembrano rimanere confinati nelle zone direttamente antistanti le trincee F18 e F25. Il loro limite massimo di estensione verso Est è registrato nel sondaggio MIV e nella trincea F27, mentre verso Nord nel sondaggio MIII. La quota di base di questi depositi è abbastanza simile in tutti i punti indagati, passando da un massimo di -210,62 m (MIII) ad un minimo di -210,88 m (MIV), con un contatto quasi orizzontale (inclinazione sempre inferiore a 2°) sulle sabbie della Sequenza 1 sottostanti.

La deposizione di questi sedimenti, non può però essere collegata ad una sola “fase portuale” come già evidenziato da Sarti (Sarti et al., 2013) poiché le datazioni al radiocarbonio effettuate hanno evidenziato età più giovani nelle zone più distali (trincea F27) rispetto ai campionati prelevati subito al di sotto della piattaforma romana in corrispondenza delle trincee F18 e F25.

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Come si può notare dalla Sezione 2 (si veda Capitolo 9), i sedimenti di Sequenza 2 continuano anche al di sotto e dietro le strutture tardo ellenistiche e romane “attraversando” il quadriporticus. Di conseguenza è necessario ipotizzare la presenza di un bacino portuale antecedente a queste strutture, su cui successivamente sono stati costruiti gli ormeggi tardo ellenistici visibili in F18 e F25 (Fig. 10.2).

Fig. 10.2: Ricostruzione del porto di Magdala nel periodo tardo ellenistico.

In questa ottica, l’ipotesi dell’archeologo capo del Magdala Project Stefano De Luca, che ipotizza l’utilizzo del quadriporticus come un bacino di rimessa per le barche, in un periodo precedente al tardo ellenistico, potrebbe ricordare l’antico sito di Portus sul fiume Tevere: entrambi i porti, presentano una serie di bacini protetti “racchiusi” l’uno dentro l’altro, e costruiti in epoche successive, forse per adattarsi alle variazioni morfologiche e climatiche (fig. 10.3).

Fig. 10.3: Il porto della città di Roma e il porto della città di Magdala. La prima fase, in rosso, e la seconda fase in blu, evidenziano una sequenza di fasi costruttive successive e correlate alle variazioni ambientali.

Nel passaggio tra il periodo tardo ellenistico (167-63 a.C.) e il periodo romano (63 a.C.-270 d.C.) avvenne un leggero abbassamento del livello del lago, che costrinse gli abitanti della città di Magdala alla costruzione di una nuova serie di ormeggi e strutture, spostandosi leggermente verso

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lago, in direzione Est (Fig. 10.4). La costruzione della piattaforma (lunga circa due metri, sulla base dei dati geoelettrici; si veda Capitolo 8) datata al I sec. d.C., potrebbe essere stata necessaria per poter utilizzare il bacino protetto anche durante i periodi di magra del lago, durante i quali il livello dell’acqua poteva abbassarsi anche di 1 m (Nun, 1991).

Fig.10.4: Il bacino portuale nel periodo romano.

La fase successiva, quella che vede la transizione dal periodo romano antico-medio (63 a.C.-270 d.C.) al periodo romano tardivo (270-350 d.C.) risulta essere di difficile interpretazione: sicuramente il frangiflutti che aveva protetto il bacino del porto di Magdala deve aver perso la sua funzione, in modo totale o parziale (Fig. 10.5). Questa informazione proviene dalla presenza delle sabbie di post porto (Sequenza 3) in onlap sulla piattaforma nelle trincee F18 e F25. Una serie di ipotesi, non confermabili, possono essere avanzate al riguardo:

- Il frangiflutti è stato demolito, parzialmente o totalmente, dall’energia del moto ondoso. Questa ipotesi sembra la meno realistica, in quanto si presume che non si possano verificare le condizioni energetiche, neanche durante gli eventi tempestosi, per la rimozione di blocchi di questa dimensione;

- Il frangiflutti è stato demolito ed i blocchi asportati dalle popolazioni locali, per essere poi utilizzati nuovamente nell’edilizia locale. Questa ipotesi, più plausibile della precedente, riflette un comportamento umano comune che mira al risparmio delle risorse e del tempo. Tuttavia questa ipotesi potrebbe essere di difficile attuazione, in quanto gli abitanti avrebbero dovuto immergersi nelle acque e sollevare un blocco alla volta, con un’operazione che sembra abbastanza complicata. Inoltre non si evidenziano motivazioni logiche che giustifichino la distruzione volontaria di un’opera così importante per il commercio locale.

- Il frangiflutti è crollato, con il passare del tempo, a causa dell’incuria e della scarsa manutenzione. Questa ipotesi è sostenuta dall’abbandono della città alla fine del periodo romano (IV sec. d.C. ;si veda Capitolo 4) forse collegato ad un evento sismico distruttivo avvenuto lunedì 18 maggio del 363 d.C. (Nur & Burgess, 2008;

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Russel, 1980; citati da De Luca, 2009b). Tale evento sismico potrebbe in definitiva essere la causa primaria per la demolizione dei questa struttura.

Fig. 10.5: La distruzione del frangiflutti.

Con il passaggio brusco attraverso la HAS – Harbour Abandonment Surface. alle sabbie della Sequenza 3, si registra l’abbandono del porto e come già accennato sopra, le sabbie di spiaggia lacustre prima e le ghiaie di spiaggia ghiaiosa successivamente si depositano all’interno del vecchio bacino portuale, sopra i sedimenti di Sequenza 2 (Fig. 10.6).

Fig. 10.6: L’abbandono del porto di Magdala e ritorno alle condizioni naturali. Successivo evento ghiaioso tardo romano.

Questi depositi ghiaiosi, contenenti resti antropici databili al periodo tardo romano, costruiscono il primo corpo, dei due differenti conglomerati riconosciuti. La presenza di un sedimento così grossolano rispetto alle sabbie e ai limi sabbiosi fino sottostanti, indica una significativa variazione dell’apporto sedimentario, dovuto probabilmente a variazioni climatiche (con il passaggio da una fase umida ad una più arida; Bar-Matthews et al., 2003) e/o a eventi simici (come il terremoto del 363 d.C., Marco et al., 2003). Il pavimento tardo romano ritrovato nella trincea F27 ad una quota di circa -209,1 m, dovrebbe essere stato realizzato in questa fase, dopo l’abbandono e il seppellimento del bacino portuale; tale reperto indica come anche dopo l’abbandono della città di Magdala, il sito fosse frequentato.

La presenza di una serie di approdi posti a una quota di circa -211 m, poche decine di metri fuori del sito archeologico di Magdala, sono stati recentemente datati al periodo Bizantino (De Luca,

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interpretandole erroneamente come ormeggi romani. La ricostruzione fino ad ora presentata evidenzia chiaramente che queste strutture non possono essere collegate al periodo romano, in quando si collocano ad una quota troppo bassa. Tuttavia la datazione di questi ormeggi al periodo tardo bizantino – arabo antico (550-800 d.C.) indica come il livello del lago sia calato in pochi secoli di almeno 2 m (Fig. 10.7)

Fig. 10.7: Abbassamento del livello del lago durante il periodo bizantino.

L’ultima fase deposizionale registrata nell’area del sito di Magdala è rappresentata dai sedimenti di spiaggia ghiaiosa che si ritrovano al top della trincea F25, datati sulla base del contenuto archeologico al periodo arabo (Sarti et al., 2013). Queste ghiaie che erano presenti su tutta la spianata del sito archeologico e successivamenteparzialmente rimossi durante le operazioni di scavo, testimoniano un nuovo aumento del livello del lago (Fig. 10.8).

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10.2: Il frangiflutti

Uno dei parametri principali di questo modello è il frangiflutti e la sua storia: sulla base dei dati raccolti risulta che questa struttura è esistita fino al periodo tardo romano, proteggendo il porto di Magdala e permettendo la sedimentazione di limi sabbiosi. Nei secoli successivi, questa struttura ha perso la sua funzionalità, per cause che possono essere legate a forze naturali comuni (il moto ondoso) o atipiche (terremoti), oltre al possibile riutilizzo dei suoi blocchi per l’edilizia da parte delle popolazioni locali. L’estensione e la forma di questa struttura sono ancora da chiarire: i dati stratigrafici (provenienti dalle trincee F19, F18, F25 e F27, e dai sondaggi MIII e MIV) però indicano che la zona di deposizione dei limi portuali è concentrata nelle zone di fronte al quadriporticus, con un’estensione verso Est minima di circa 21 m (sondaggio MIII). Oltre questo punto non si hanno più tracce dei limi sabbiosi portuali. Per questo motivo è ipotizzabile che la struttura del frangiflutti fosse posizionata in questa zona, con la base ad una quota di almeno -210,88 m (profondità massima raggiunta in MIV).

Dalle indagini geoelettriche si hanno dei dati contrastanti al riguardo: infatti nella zona compresa tra il sondaggio MIII e MVI, indagata dalla linea geoelettrica S1 (si veda Capitolo 8), è evidente un corpo alto resistivo, che presenta una base quasi orizzontale ad una quota di circa – 211 m (Fig. 10.9). Questo corpo potrebbe rappresentare il frangiflutti per profondità e valori di resistività, ma risulta troppo esteso, e con una forma troppo “allungata” (circa 20 m) per essere questa struttura sepolta. Inoltre è bene ricordare che nella zona della scarpata, durante la fase di rilevo e raccolta dati, sono state evidenziate opere di bonifica (materiale di riporto, stabilizzazione del versante con blocchi) che potrebbero aver modificato la risposta all’indagine geoelettrica.

Fig. 10.9: particolare della linea geoelettrica S1. A sinistra la proiezione di MIII, a destra la proiezione di MVI.

L’estensione della struttura del frangiflutti verso Nord, risulta essere ancora più complicata per la mancanza di dati, che sono tutti concentrati verso lago e nella zona a valle della scarpata (sondaggi MII, MI e MVIII). Come evidenziato nella Sezione 3, i sedimenti di porto si

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quindi probabile che la struttura del frangiflutti fosse collocata tra questi due punti, lasciando fuori dal bacino protetto la zona indagata da MII.

La linea geoelettrica S3 che è stata realizzata in queste zone, evidenzia ancora una volta un corpo alto resistivo posto a pochi metri sotto il piano campagna (Fig. 10.10), nelle vicinanze della scarpata. La presenza di una risposta del genere mal si giustifica con depositi sabbiosi che caratterizzano tutta la colonna di sedimenti indagata dal sondaggio MII; è quindi probabile che questa risposta sia effettivamente dovuta al materiale di riporto, che si ritrova nei primi metri del sondaggio.

Fig. 10.10: particolare della linea geoelettrica S3.

La mancanza di una risposta convincente da parte delle stese geoelettriche, indica che la struttura del frangiflutti o non esiste più, oppure è stata parzialmente distrutta e poi interrata, per essere successivamente ricoperta da materiale di riporto per la bonifica e la stabilizzazione della scarpata erosionale.

Figura

Fig. 10.1: Ricostruzione dell’ambiente deposizionale nel periodo antecedente alla fondazione del porto tardo  ellenistico, lungo una sezione prossimale-distale WSW-ENE
Fig. 10.2: Ricostruzione del porto di Magdala nel periodo tardo ellenistico.
Fig. 10.6: L’abbandono del porto di Magdala e ritorno alle condizioni naturali.
Fig. 10.8: Fase conclusiva araba, con stazionamento alto del lago.
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