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Anno Accademico 2020-2021

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Academic year: 2021

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UNIVERSITÀ DI PISA

ACCADEMIA NAVALE

Corso di Laurea Magistrale in Scienze Marittime e Navali

TESI DI LAUREA

IN SISTEMI DI DIFESA – LOTTA SOTTO LA SUPERFICIE

LA MINACCIA SUBACQUEA: EVOLUZIONE STORICA E NUOVO CONCETTO STRATEGICO DELLA MARINA MILITARE NEL DOMINIO UNDERWATER

LAUREANDO: GM Angelo PATRONO

RELATORE CF Leonardo CASTIGLIA

CORRELATORE CF Diego PRIAMI

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Ringraziamenti

Un ringraziamento particolare va al mio relatore C.F. Leonardo

Castiglia ed al correlatore C.F. Diego Priami, che con pazienza mi

hanno fornito il materiale utile per scrivere questa tesi.

Un grazie di cuore va a tutti i miei familiari, in particolare mia madre

Carmela D. e i miei fratelli Amedeo P. e Alessandro P., i miei zii

Attilio D. e Sonia F. e mio nonno Amleto D., che mi hanno sempre

supportato e sostenuto sia nel mio percorso di studi in Accademia e

sia nei miei studi per conseguire il diploma di laurea.

Un ringraziamento particolare va a tutti i miei amici che, in un modo

o nell’altro, hanno contribuito alla stesura di questa tesi e mi hanno

aiutato sotto ogni punto di vista, in particolare Angelo A., Giulia C.

e soprattutto l’immancabile Roberta L., dotata di grande bontà e

pazienza, che ha avuto sempre la risposta per ogni mio dubbio e

perplessità.

Infine, vorrei ringraziare il Professor Michele B. che mi ha aiutato

durante il periodo di studi in Accademia. Rimane un esempio di

disponibilità, generosità e altruismo che continuerò sempre a seguire

nel corso della mia carriera.

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INDICE

INTRODUZIONE

CAPITOLO I: Storia della lotta antisommergibile

1.1 Gli idrofoni

1.2 Gli ecogoniometri

CAPITOLO II: Propagazione del suono in acqua

2.1 Il comportamento delle onde sonore

2.2 I principali tipi di propagazione sonora

CAPITOLO III: Le incognite dell’equazione del sonar

3.1 Le equazioni del sonar

3.2 Detection Threshold

3.3 Target Strength

3.4 Rumore irradiato

3.5 Self Noise: cause e metodi per contrastarlo

CAPITOLO IV: Capacità sonar delle unità di superficie

4.1 DE 1164

4.2 DE 1160 LF e DMSS 2000 LF

4.3 I sensori delle FREMM

CAPITOLO V: Capacità della minaccia subacquea

5.1 Lo scenario internazionale

5.2 Il Mediterraneo Allargato

5.3 La distribuzione dei sottomarini in relazione al Mediterraneo

Allargato e oltre

5.4 L’evoluzione dei sistemi offensivi disponibili

5.5 I veicoli Unmanned

5.6 Le mine

Conclusioni

Bibliografia

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INTRODUZIONE

Lo scenario geopolitico internazionale è caratterizzato da un elevato grado di instabilità derivato dal fatto che nel corso del tempo c’è stato un graduale passaggio da un assetto internazionale mantenuto da un’unica superpotenza ad un assetto multipolare. Come conseguenza di ciò, la trama delle relazioni internazionali si è caricata di una serie di fattori di rischio e di incertezza, che sono stati velocizzati dal processo di globalizzazione caratterizzante gli ultimi decenni del Novecento. Il processo di globalizzazione è partito dall’aspetto economico, per poi espandersi anche a fattori sociali e culturali. Ed è proprio questo legame tra ogni angolo del pianeta che ha permesso, non solo un più rapido scambio di idee, ma anche una migliore proliferazione delle tecnologie, delle armi, dei mezzi di deterrenza, ma anche di minaccia, soprattutto da parte di quei paesi che sono rimasti sempre marginali e che ultimamente si trovano a voler assumere un posto di importanza all’interno dello scenario geopolitico mondiale. Per esempio, è significativo il riarmo messo in atto da alcuni Paesi (principalmente nordafricani) che, nel tentativo di ritagliarsi un ruolo a livello regionale, perseguono ambizioni navali da blue water nonché, in taluni casi, capacità sommergibilistiche di alto profilo1. Tra le altre fonti di destabilizzazione ritroviamo: i

cambiamenti climatici, il degrado ambientale, l’eccessiva urbanizzazione, la crescita disomogenea della popolazione mondiale, i flussi migratori, con conseguente destabilizzazione delle società occidentali, e la corsa per l’approvvigionamento delle risorse naturali ed alimentari, tra cui quelle idriche. I suddetti fattori contribuiscono a spostare il centro di gravità geopolitico ed economico mondiale verso il dominio marittimo, il mare, global common per eccellenza, si pone quale cardine degli equilibri geo-politici globali, in un’ottica di sfruttamento, potenzialmente conflittuale, dell’immenso patrimonio che custodisce, oltre che degli enormi traffici di cui è sede2. Si è quindi venuto a determinare un

processo di “marittimizzazione” dell’economia mondiale, dovuto al fatto che la maggior parte delle merci traffica via mare. Infatti, nonostante la bassa velocità di trasporto delle

1 Per fortuna, i paesi che possiedono le capacità per poter costruire un moderno sottomarino sono pochi, ma

che restano comunque fonte di notevole preoccupazione.

2 UNDERWATER WARFARE visione e direttive strategiche della Marina Militare per il contrasto della

minaccia nel dominio Underwater, parte I, visione strategica del dominio Underwater, Roma, Stato Maggiore della Marina, 2019, pag. 2.

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merci, le linee di comunicazione marittime restano il vettore preferito rispetto a quelle aeree e terrestri, sia per la grande quantità di prodotti trasportati, sia per il basso costo del trasporto. Per questo, al giorno d’oggi, si parla tanto di “Maritime Security” e all’importanza che questa riveste all’interno dello scacchiere geopolitico internazionale. Molta è la domanda relativa alla sicurezza Marittima, poiché circa il 90% di tutti i commerci si svolge sul mare, mentre il 95% degli stessi avviene attraverso 9 punti di interesse strategico, ovvero i choke points, che costituiscono dei passaggi obbligati, per i quali non si può prescindere di passare. Il bacino del mediterraneo, nella sua accezione di “Mediterraneo Allargato”, riveste un’importanza assoluta nell’economia e nella sicurezza globale, perché essendo l’Italia un paese principalmente orientato all’attività di trasformazione, la sua economia enormemente dipendente dalla disponibilità di un flusso di approvvigionamenti costante dall’estero, proporzionato all’industria italiana.

Il Mediterraneo costituisce una regione di separazione tra il Nord, sviluppato e stabile, ed il Sud che è politicamente, socialmente ed economicamente fragile. La regione delinea infatti un arco d’instabilità ed insicurezza che, da un lato insiste sull’area nordafricana e mediorientale, e dall’altro sui Balcani ed i confini sud-orientali dell’UE, un’instabilità che affonda radici nella crisi arabo-israeliana, nel contrasto Russia-Ucraina, negli attriti tra confessioni islamiche, oltre che negli effetti della “Primavera Araba” che ha portato al collasso il precedente ordine regionale consolidato3. Ne deriva che sul piano della

conflittualità si è passati da scenari prettamente asimmetrici a dover contemplare nuove forme di minaccia ibrida e cibernetica, oltre a quella convenzionale, e che questi tipi di minaccia costituiscono un serio problema per il nostro Paese e per i suoi interessi sul mare, con specifico riferimento alla dimensione subacquea.

La minaccia posta dai sottomarini nel Mediterraneo è infatti sempre più attuale e tangibile. Il sottomarino, si presta infatti sia a profili d’impiego litoranei che d’altura, consentendo, tra l’altro, l’attuazione di efficaci strategie A2/AD4, ed in questo contesto si ricollegano i choke

points. Geograficamente parlando, possono essere considerati come choke points gli stretti,

3 UNDERWATER WARFARE visione e direttive strategiche della Marina Militare per il contrasto della

minaccia nel dominio Underwater, parte I, visione strategica del dominio Underwater, Roma, Stato Maggiore della Marina, 2019, pag. 3.

4 Anti Access/Area Denial. Le intrinseche caratteristiche di flessibilità e furtività permettono di effettuare

attività d’intelligence e di infiltrazione/esfiltrazione, di operare l'interdizione e il disturbo delle linee di comunicazione, di attaccare anche Task Force navali altamente protette.

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i canali e in generale tutti quei passaggi che riducono notevolmente la durata delle navigazioni evitando inutili peripli con sensibile riduzione del costo della navigazione. Da qui si capisce l’importanza che rivestono le littoral waters, ovvero le acque che sono meno profonde di 200 metri, dove si concentrano la maggior parte delle minacce subacquee, tra cui vanno in primis menzionati i sottomarini, a cui seguono i veicoli unmanned e le mine. Al fine di danneggiare l’economia di un paese, l’azione più semplice resta impedire gli approvvigionamenti di materie prime e l’invio dei prodotti finiti mediante il taglio delle vie di comunicazione primarie, le SLOCs. Lo scopo della nostra marina militare è quello di garantire la sicurezza di queste SLOCs, garantire il controllo delle zone di mare interessate dalle operazioni militari e garantire il libero sfruttamento della propria Zona Economica Esclusiva. La lotta subacquea, assieme a quella aerea e a quella di superficie, concorre a determinare la Recognize Maritime Picture (RMP), ovvero la rappresentazione coerente, comune, validata e costantemente aggiornata, della situazione marittima di una specifica area di interesse, contenente informazioni sul traffico marittimo, arricchite da dati ambientali ed ‘‘operativi’’. Conoscere cosa c’è realmente per mare, quindi, è un lavoro più che altro di limatura e scrematura che ha l’obiettivo di dare un valore aggiunto permettendo di ottenere la conferma e la certezza dei dati a disposizione. Facendo un confronto tra i diversi tipi di propagazione, si evince come quella di tipo acustico sia la più adatta per la trasmissione delle informazioni. Infatti, l’energia acustica si propaga subendo perdite inferiori di molto a quelle dell’energia elettromagnetica e luminosa. In acqua di mare, alla frequenza di 1000 Hz, un’onda acustica ha un coefficiente di assorbimento di circa 1 dB/km, mentre un’onda elettromagnetica viene attenuata di circa 1 dB/m; per parte sua, la radiazione blu-verde della luce non si propaga oltre i 100 m. È proprio grazie alle minori perdite di attenuazione che l’energia acustica viene correntemente usata per la ricerca e la localizzazione di oggetti sommersi, o per la definizione di alcune caratteristiche del fondale5. Vediamo che, quindi,

lo strumento prediletto per l’indagine subacquea è sempre stato quello acustico, ma per comprendere meglio il pericolo di una minaccia Underwater è necessario analizzare sia le equazioni che regolano e descrivono la propagazione sonora, sia capire quali sono le tecniche messe in campo dalle unità navali per minimizzare i disturbi dovuti ad una propagazione del suono in acqua e faremo un accenno agli accorgimenti presi dai sommergibili per essere più acusticamente invisibili.

5 E.DIAMANTI, Generazione, propagazione e rivelazione dell’energia acustica subacquea volume I, Livorno,

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CAPITOLO I:

Storia della lotta antisommergibile

La lotta antisommergibile è quella parte della guerra navale che impiega l’utilizzo di naviglio di superficie per trovare, inseguire ed attaccare naviglio sommerso nemico. Più in particolare, dobbiamo dire che questa forma di lotta non è così immediata come potrebbe essere una minaccia di superficie o aerea, bensì è più insidiosa ed infatti la capacità di una marina di dotarsi di una componente subacquea ha sempre riscosso una certa risonanza perché, grazie ad essa, si possono svolgere azioni occulte, di ricerca di informazioni e azioni di deterrenza. La nostra Marina si è dotata per la prima volta di sommergibili ai primi anni del ‘900, in particolare l’impostazione dei primi sommergibili italiani avvenne intorno al 1911, quando, cinquanta anni dopo l’unificazione d’Italia, sotto la guida dell’Ammiraglio Bettolo, si era superata l’inchiesta parlamentare del 1906 e si era iniziata un’importante ripresa delle costruzioni navali, al fine di proiettare l’Italia verso una più ampia politica navale. Iniziò quindi la costruzione di nuove unità di tipo monocalibro, come la Dante Alighieri, la Conte di Cavour e la Leonardo da Vinci, e del naviglio minore, come i caccia di tipo “Indomito” e l’esploratore Quarto così come i sommergibili tipo “Atropo” e “Medusa”, che permise al governo una politica estera innovativa, certamente meno timida di quella che era seguita alle nostre prime imprese africane della fine del secolo precedente6.

Un’altra grande innovazione fu costituita dalla corazzata classe Duilio, sia grazie alla dotazione di armi e cannoni che, per l’epoca, costituivano un eccellente esempio di sviluppo tecnologico, sia grazie alla presenza di ben tre tubi lanciasiluri. Due di questi erano sopracquei, sistemati uno per lato, ed uno subacqueo, a prora sotto lo sperone. Solo per questa unità, inoltre, nell’ampia poppa era ubicato un locale stagno, ma parzialmente allagabile attraverso l’apertura di una porta stagna, dove era sistemata una piccola torpediniera, che poteva essere messa a mare anche durante un combattimento e avventarsi sul nemico coi suoi due siluri. In più, la zona prodiera e poppiera erano suddivise in 83 compartimenti stagni che assicuravano una buona protezione anche contro i siluri stessi. Col passare del tempo, fino alla Prima Guerra Mondiale ed oltre, la nostra Marina ha cercato di portarsi avanti col progresso nel tentativo di far fronte alla minaccia subacquea. Bisogna effettivamente ammettere il grado di poca preparazione alla lotta A/S con il quale, Marina

6 P.P. RAMOINO, Una storia “strategica” della Marina Militare Italiana, in “Rivista Marittima”, Roma,

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ed Aviazione di Marina, si sono presentate all’apertura delle ostilità7. La giustificazione per

aver sottovalutato la minaccia subacquea fu dovuta sia alla incerta politica estera e le non chiare intenzioni del governo, la limitata potenzialità dell’industria cantieristica e scarsità di materie prime che non permettevano di produrre in tempi brevi anche ciò che veniva approvato e finanziato, la debolezza della nostra industria elettronica e della tecnologia avanzata e gli accordi navali di Washington riguardanti la limitazione dell’uso dei sommergibili contro il naviglio mercantile.

Il divario tra unità di superficie e battelli subacquei è sempre stato molto marcato, così come lo è tutt’oggi, in un continuo tentativo di surclassare le capacità del nemico. Nonostante l’aspetto occulto del battello sia un punto di notevole forza, bisogna comunque parlare degli sforzi compiuti dai tecnici della Marina dal punto di vista delle apparecchiature al fine di ripianare questo divario e cercare un approccio per individuare i sommergibili nemici. Gli strumenti più utilizzati per la caccia antisommergibile furono gli idrofoni e gli ecogoniometri. Entrambi nel tempo, hanno subito delle evoluzioni e delle migliorie che poi portarono alla realizzazione dei sensori e delle apparecchiature che attualmente abbiamo a bordo delle nostre nuove unità.

7 A.D. V. RAUBER, La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale, Volume XXII, La lotta

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1.1 Gli idrofoni

Con il termine idrofono si intende una classe di apparati impiegati per la ricezione in acqua dei rumori provocati dal moto delle navi o dal funzionamento di alcuni organi di esse. Per il loro corretto funzionamento è essenziale che sia la nave che li impiega sia la zona che la circonda siano assolutamente silenziose. Il primo di questi idrofoni è il “tubo di Broca” o tubo C.

Idrofono “tubo di Broca”

Il suo impiego risale alla Prima guerra mondiale e venne successivamente perfezionato in Italia dalla ditta Geloso. Era costituito da un ricevitore risonante sugli 800 Hz circa. Tra il ricevitore e l’orecchio umano non c’era alcun filtro o alcuna amplificazione. La casa costruttrice vantava portate contro sommergibili dell’ordine di alcune migliaia di metri e precisione nei rilevamenti sui 2 o 3 gradi, ma nella realtà era scarsamente sensibile e inoltre l’ascoltatore doveva stare fermo e silenzioso per poter sentire bene, senza contare che bastava un po’ di vento e di mare perché i rumori prodotti da quest’ultimo coprissero ogni altro rumore. Imbarcata sui MAS e sui mezzi A/S, l’apparecchiatura si rivelò di nessuna utilità.

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Un passo avanti fu fatto con l’idrofono elettrico a triangolo.

Idrofono elettrico a triangolo

Capostipite degli idrofoni elettrici, ovvero quelle apparecchiature che effettuano una doppia trasformazione di energia, da acustica in elettrica e poi di nuovo in energia acustica, era costituito da tre idrofoni microfonici posti ai vertici di un triangolo equilatero e sistemati a scafo. Le fasi delle tensioni elettriche ricavate dai tre idrofoni dipendevano dalla direzione di provenienza del rumore. Le prestazioni teoriche sembrarono molto buone e l’apparecchiatura venne installata sui sommergibili classe F e H fino al 1929, ma in seguito si rinunciò al suo impiego.

Per eliminare gli inconvenienti dell’idrofono “a triangolo”, dovuti per lo più all’utilizzo di microfoni al carbone, si passò all’adozione di idrofoni elettromagnetici ed elettrodinamici. L’impiego di questi tipi di idrofoni divenne veramente utile solamente quando lo sviluppo ed il perfezionamento nella costruzione dei tubi elettronici permise amplificazioni sufficienti ad utilizzare le piccole tensioni ricavabili da questi tipi di apparati. In America ed in Germania vennero prodotti impianti idrofonici multipli a compensazione elettrica con caratteristiche diverse a seconda delle ditte costruttrici. In particolare, in alcuni tipi di impianti i vari ricevitori erano disposti su basi rettilinee, in altri su una base a cerchio o più propriamente secondo una curva di proiezione ortogonale di un cerchio sulla superficie dello scafo8. L’utilizzo di una base circolare risultò più vantaggioso grazie alla capacità di delineare in maniera migliore il rilevamento costante su tutto l’orizzonte, a differenza dell’uso della base rettilinea, che raggiungeva la precisazione massima nella direzione normale alla base minima nella direzione della base.

8 A.D. V. RAUBER, La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale, Volume XXII, La lotta

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Intorno al 1929, però, il Ministero della Marina ebbe la sensazione che l’attrezzatura idrofonica in dotazione fosse decisamente superata e che ci fosse la necessità di rinnovarla ed aggiornarla alle nuove tecniche. Fu per questo motivo che si decise di acquistare ed installare a bordo alcuni tipi di idrofono a compensazione elettrica costruiti dalle maggiori ditte americane e tedesche, al fine di giungere alla scelta del tipo di idrofono più valido a ciascun tipo di impiego. Dopo una serie di prove eseguite a cavallo tra il 1929 ed il 1931 la scelta dei tecnici italiani si orientò verso gli impianti “Multispot”, della Signal Geselschaft di Brema ed il “Fonoscopio” realizzato dalla ELAC di Kiel e prodotto dalla concessionaria OLAP.

Il Multispot impiegava dodici ricevitori del tipo elettrodinamico divisi in quattro gruppi di tre ricevitori ciascuno; due gruppi erano disposti su un lato della nave e due sull’altro. La combinazione dei collegamenti consentiva l’esplorazione su tutto l’arco dell’orizzonte e la determinazione del rilevamento avveniva per “massimo”. Gli amplificatori erano costituiti d tubi termoionici dotati, a monte, di opportune cellule filtro per la eliminazione dei rumori parassiti ed incorporati in un unico pannello con il compensatore. L’apparecchiatura, montata sui sommergibili, dette delle soddisfacenti prestazioni: portata massima sui 10000 metri, con un errore medio di 3° nella indicazione del rilevamento. Dopo il 1932 l’apparato subì qualche efficace perfezionamento che consentì di migliorare le portate e la precisione nel rilevamento. Impianti di questo tipo furono impiegati sui sommergibili classe Sciesa, De Geneis e Capponi con soddisfacenti risultati.

Il “fonoscopio” fu ancora un’altra versione di idrofono elettrico avente elementi multipli a compensazione elettrica ed a base circolare. Date le soluzioni di natura tecnica adottate nella realizzazione dell’apparato, la determinazione del rilevamento della sorgente risultava quanto mai semplice ed immediata riducendosi alla manovra di un volantino ed alla conseguente determinazione del massimo dell’intensità del rumore percepito9.

Imbarcato sui sommergibili, questo apparato diede delle buone prestazioni, raggiungendo, in condizioni favorevoli, portate sui 20000 metri e precisioni nei rilevamenti intorno ai 2 gradi.

Il “fonoscopio” si rivelò decisamente come il migliore degli idrofoni sperimentati, sia per le prestazioni fornite, sia per la semplicità di condotta e sicurezza di funzionamento. Fu per questo motivo che intorno al 1932 le ditte SAFAR e OLAP furono incaricate della riproduzione in serie di questi tipi di idrofono, con l’unica differenza dell’apparato ricevitore:

9 A.D. V. RAUBER, La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale, Volume XXII, La lotta

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quelli prodotti dalla SAFAR erano elettrodinamici, mentre quelli prodotti dalla OLAP erano a magnete permanente.

Un grande interesse, al fine di capire appieno la lotta antisommergibile del tempo, rivestono gli impianti idrofonici costieri. Essi erano costituiti da due ricevitori montati su altrettanti appositi tripodi posati sul fondo del mare e collegati mediante cavo sottomarino con una cabina sulla costa ove veniva effettuato l’ascolto. La pecca di questi impianti idrofonici era che essi non fornivano la direzione della sorgente sonora, ma ne rivelavano univocamente la presenza. Soltanto se si era capaci di apprezzare la diversa intensità dei segnali nei due ricevitori si poteva, in maniera approssimativa, rilevare qualche labile elemento sull’orientamento e sulla distanza e quindi cercare di intuire la probabile posizione e manovra del sommergibile. Era un metodo abbastanza rudimentale per riuscire a capire le intenzioni del sommergibile stesso. Tuttavia, impianti del genere vennero posati qualche tempo prima dello scoppio della guerra al largo di Porto Palo, estremo sudorientale della Sicilia, alla fine del 1941 a Bengasi e a Tripoli ed alla fine del 1942 a Capo Colonne e Capo Rizzuto.

Posizione idrofoni sul fondale di Bengasi

Sebbene l’idea fosse buona, la difficoltà principale relativa all’ascolto vicino la costa era condizionata da tutti gli inconvenienti derivati dalla vicinanza alla costa stessa, oltre alle eventuali correnti e alla lunghezza del cavo di collegamento con la cabina in costa. I risultati conseguiti furono assai modesti nei confronti dei sommergibili, mentre si dimostrarono più efficaci nell’individuazione di navi di superficie. Questo era dovuto sostanzialmente al fatto

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che queste ultime costituivano sorgenti di rumore assai più consistenti e quindi di più facile discriminazione.

Un ulteriore passo in avanti fu fatto grazie agli studi condotti dai tecnici italiani sulla piezoelettricità e la magnetostrizione, che favorirono la ricerca di nuove e più pratiche soluzioni tecniche nella realizzazione di apparati più perfezionati sotto l’aspetto della direttività e orientabilità. La ditta SAFAR e la OLAP realizzarono dal 1938 al 1939 un idrofono a base girevole che fu destinato alle corvette antisommergibili, alle V.A.S.10 e ad altro naviglio leggero.

Immagine di una VAS e un idrofono a base girevole

I risultati conseguiti con questi tipi di impianti su unità di superficie in lento moto furono pressoché nulli, sempre per la presenza di armoniche dei rumori parassiti anche nella banda di frequenza utilizzata per la ricerca11.

Sempre nel campo degli apparati magnetostrittivi è da annoverarsi anche il fonogoniometro per MAS, che era costituito da un ricevitore risonante sulla frequenza di 15 kHZ e sensibile nel campo 13/17 kHz. Gli impianti di questo tipo vennero tutti prodotti dalla SAFAR tra il 1939 ed il 1941, ma risulta che molti di essi furono realizzati in subfornitura dalla GELOSO e vennero di massima installati sulle V.A.S. i risultati da essi ottenuti, costruiti per essere usati solo da nave ferma, furono accettabili. Si ottennero portate dell’ordine dei 500 metri contro sommergibili non silenziati e precisione nei rilevamenti intorno ai 3°. Nel 1940 infine la Geloso iniziò lo studio per la realizzazione di un impianto idrofonico adirezionale, con la parte sensibile che doveva filarsi in mare tramite un apposito cavo che la manteneva

10 V.A.S.= Vedetta Anti Sommergibile

11 Non si ha notizia che gli apparati siano mai stati sistemati ed effettivamente impiegati su qualche unità

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collegata elettricamente ad un amplificatore a frequenza acustica. Anche l’Allocchio-Bacchini riprodusse idrofoni di questo tipo: le denominazioni per questi idrofoni furono “l’idrofono ed anguilla” e “l’idrofono a penzolo”. Essi furono assegnati alle unità A/S minori, a lento moto e in condizioni particolarmente favorevoli avevano una portata simile a quella del fonogoniometro per MAS.

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1.2 Gli ecogoniometri

L’importanza assunta dalla lotta antisommergibile durante la Prima Guerra Mondiale indusse a prendere in seria considerazione la possibilità di effettuare la ricerca di corpi immersi utilizzando la riflessione dell’energia acustica, in maggior misura gli inglesi. Già nel giugno 1917, infatti, sperimentarono un rilevatore ad ultrasuoni per la ricerca di sommergibili immersi con risultati soddisfacenti. Dopo il primo conflitto mondiale, gli studi proseguirono in Inghilterra, Germania e Francia dove, fin dal 1924, la ditta Scam, concessionaria di brevetti del professor Langevin, pose in commercio i primi tipi di apparati ecogoniometrici.

Verso il 1926/27 la Marina Italiana acquistò dalla ditta Scam un tipo di ecogoniometro con lo stesso funzionamento, almeno in linea di principio, degli scandagli ultrasonori. Nel 1929 vennero destinati presso la Scuola Idrofonisti di San Vito a Taranto dei tecnici specializzati e fu quindi possibile iniziare una serie di esperimenti per stabilire, in maniera esatta, quali risultati pratici si potessero ottenere con questo apparato. Le conoscenze conseguite grazie a questi esperimenti furono molto interessanti e permisero di chiarire i fenomeni di propagazione del suono in acqua. La sfida più difficile fu fornire una conferma sperimentale delle ragioni che causavano le classiche variazioni stagionali nelle portate raggiunte dall’apparato. Nell’inverno del 1930 furono conseguite portate dell’ordine dei 3000-3500 metri, ma questi valori divennero poi irraggiungibili al sopravvenire della primavera, tanto da far credere allo Stato Maggiore che gli apparati fornissero risultati del tutto incostanti a causa di una inadeguata preparazione dei tecnici del ramo. Al fine di chiarire meglio l’argomento, fu effettuata, in una vasta zona del golfo di Taranto, una lunga serie di rilievi batitermografici, dai quali si poté dedurre che nel periodo che intercorre dalla primavera all’autunno inoltrato si verificavano nella zona così elevati gradienti termici da determinare una netta curvatura del fascio ultrasonoro verso il fondo marino, con la conseguente impossibilità di effettuare la ricerca ecogoniometrica a distanze superiori al migliaio di metri circa. Fu anche rilevato che, se ad una certa distanza per una certa quota del sommergibile si verificava una brusca perdita del contatto ecogoniometrico, questo veniva ristabilito a distanza maggiore ogni qualvolta aumentava la quota d’immersione dell’unità subacquea12.

12 A.D. V. RAUBER, La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale, Volume XXII, La lotta

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Il possesso di questo primo esemplare di ecogoniometro da parte della Marina Italiana ebbe una notevole importanza ai fini della preparazione tecnico professionale specifica del personale destinato ad un così importante ramo della tecnologia. A questo punto la logica avrebbe dovuto suggerire di realizzare un nuovo apparato, migliorato grazie alle innovazioni ed i perfezionamenti consigliato tramite l’impiego del primo apparato. Tuttavia, fu imbarcato nel 1931-32 sulle torpediniere Medici e Poerio un apparato ecogoniometrico costruito dalla ditta Ansaldo Lorenz Italiana e che costituiva una riproduzione fedele, ma meno accurata, del vecchio Scam francese. I risultati ottenuti con questo apporto furono uguali a quelli ottenuti con lo Scam. Tra le innovazioni riscontriamo l’installazione attorno al trasmettitore di una “cuffia di avviamento” di forma adatta per garantire una agevole penetrazione nel fluido, che pertanto determinava un sensibile assorbimento energetico senza offrire il vantaggio di una utilizzazione dell’ecogoniometro a velocità di impiego più elevate di quelle toccate con lo Scam13. Gli esperimenti effettuati e la consapevolezza dell’incidenza dei cicli

stagionali sulle portate degli apparecchi stessi avevano fatto insorgere nello Stato Maggiore Marina la convinzione che le prestazioni fornite dagli ecogoniometri fossero del tutto insufficienti in relazione alle esigenze di ordine operativo. Gli esperimenti con le torpediniere Medici e Poerio furono sospesi, i tecnici che si erano dedicati ai problemi di acustica subacquea furono avviati a destinazioni diverse, mentre l’attrezzatura scientifico-sperimentale fu divisa tra Marinarmi Taranto, Marinelettro Livorno e Marinarmi La Spezia. E così, quando nel 1941 si installarono sulle navi gli ecogoniometri tedeschi, nessuno sapeva più nulla di ciò che era stato scoperto e appurato in passato. Nel giugno del 1937, l’attenzione dello Stato Maggiore riconsiderò la possibile utilità difensiva ed offensiva degli ecogoniometri verso le unità subacquee e quindi i risultati di cinque anni prima furono finalmente ritenuti suscettibili di utili applicazioni nel campo operativo. Il Comitato Superiore Tecnico per i servizi militari elettrici e delle comunicazioni elettriche aveva continuato le proprie ricerche nel campo dei proiettori piezoelettrici per l’applicazione alla rivelazione dei corpi immersi e la misurazione della loro direzione e distanza, anche se pare che all’estero fossero stati in grado di riuscire a pervenire a dei risultati di gran lunga superiori a quelli della nostra Marina di quel tempo, con rilevazioni di oggetti distanti 4 Km e più della ditta Scam. Nel 1938 fu finalmente dato incarico alla ditta Safar di studiare e realizzare un apparato ecogoniometrico per le unità di superficie tramite informazioni

13 A.D. V. RAUBER, La Marina Italiana nella Seconda Guerra Mondiale, Volume XXII, La lotta

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e consigli forniti dalle ditte costruttrici tedesche14. L’ecogoniometro nato nelle officine di

questa ditta assunse la sigla “Safar P 600” e fu sperimentato con successo nel giugno 1939 nel golfo di La Spezia sul cacciasommergibili Albatros. Finiti gli esperimenti con questo apparato non si passò alla riproduzione in serie perché si ritenne che l’impiego dell’ecogoniometro costituisse una necessità sentita più dalle unità subacquee che non da quelle di superficie e quindi fu ordinato alla Safar di sospendere la produzione, ripresa solo dopo lo scoppio della guerra.

Tuttavia, fu ordinato alla Safar di studiare la realizzazione di un tipo di ecogoniometro da installare sui sommergibili, classificati con la sigla Safar M.C. 3000, media crociera, e Safar G.C. 3000, grande crociera, verso la fine del 1942 e l’inizio del 1943.

L’inizio della guerra mise in spiccata evidenza la necessità di dotare le navi di superficie di apparati ecogoniometrici e che si tradusse nella richiesta ai tedeschi di immediata cessione di un certo numero degli ecogoniometri da loro costruiti, visto che non si poteva attendere l’approntamento dei P 600, di cui era stato realizzato il prototipo, ma non era ancora stata avviata la produzione. Gli apparati tedeschi arrivarono in Italia verso la fine del 1941, con i primi dei quali fu possibile, ma solo in minima parte, far fronte alle esigenze più urgenti delle unità di superficie. Dall’inizio del 1942 iniziarono le consegne alla Marina degli apparati prodotti dalla Safar che non furono completamente affidabili fin verso la fine di quell’anno. Ovviamente esisteva il problema della formazione del personale, che fu molto difficoltosa, nonostante per i primi apparecchi tedeschi ci si poté servire dell’assistenza tecnica della casa costruttrice. Si può affermare che solo verso le fine del 1942 si cominciò a disporre di un numero, seppur limitato, di montatori elettroacustici validi e di operatori capaci ed addestrati. Solo verso la fine della guerra la nostra Marina riuscì a formare un piccolo gruppo di ufficiali aventi esperienza operativa A/S, grazie all’istituzione dei Centri di addestramento A/S di La Spezia e Pola. Grazie ad essi, si incominciò a proporre la costruzione delle apparecchiature sussidiarie all’ecogoniometro, quali il proiettore alla girobussola, il registratore automatico della distanza del sommergibile e l’indicatore automatico di inizio bombardamento. Tutte queste apparecchiature erano già in servizio presso le marine avversarie fin dal primo anno di guerra, mentre la Marina Italiana introdusse solo nel corso degli anni ’50 e che le costò cara sia in termini economici, sia di superiorità

14 I tecnici tedeschi del tempo garantivano portate inferiori della ditta Scam, ma data la maggiore solidità e

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marittima nei confronti della minaccia subacquea e come deterrenza nel Mar Mediterraneo.

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CAPITOLO II:

Propagazione del suono in acqua

2.1 Il comportamento delle onde sonore

Il suono è generato facendo vibrare in acqua un componente meccanico. Allo scopo vengono utilizzate materiali Piezoelettrici ed Elettrostrittivi oppure Sistemi Elettrodinamici o Magnetostrittivi. Mentre questi due ultimi sfruttano campi Elettrici e Magnetici, i primi fanno uso di materiali che, a fronte di una eccitazione elettrica, producono una vibrazione meccanica e, viceversa, quando investiti da una sollecitazione meccanica, producono un segnale elettrico. Nel primo caso sono generatori di segnali acustici in acqua, nel secondo divengono ricevitori dei segnali acustici presenti in acqua. I materiali Elettrostrittivi (ceramiche), con gli elementi meccanici ad esse connessi, costituiscono gran parte dei «trasduttori elettroacustici». Le ceramiche per poter essere eccitate elettricamente, o fornire un segnale elettrico quando sottoposte ad un campo vibratorio, hanno depositato su superfici opposte una metallizzazione.

In un grandissimo numero di applicazioni (Sonar, Teste Acustiche…) gli stessi trasduttori elettroacustici sono utilizzati per trasmettere il segnale in acqua e per ricevere, da fine trasmissione e sino alla prossima, l’eventuale segnale acustico prodotto dall’eco di un bersaglio (funzionamento attivo). In funzionamento puramente passivo, i trasduttori hanno la funzione di captare i segnali acustici presenti in acqua. Il suono è il risultato di una vibrazione delle particelle appartenenti a un mezzo di propagazione, sia esso solido, liquido o aeriforme. Le particelle vibrano attorno alla loro posizione di equilibrio e trasmettono energia, senza alcun trasporto di materia, generando un fronte d’onda sonoro, ovvero il luogo dei punti che si trovano nelle stesse condizioni di oscillazione. Il suono che noi percepiamo abitualmente è il risultato di un’onda che si trasmette con una velocità che è determinata dalla natura del mezzo in cui si propaga il suono stesso. La velocità di propagazione del suono in acqua è funzione della densità ed elasticità del mezzo; dal punto di vista fisico, per un fluido ideale, vale la seguente relazione:

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dove Vs è la velocità del suono in acqua, ρ è la densità dell’acqua ed E è un parametro chiamato modulo di Young che, così come ρ, è funzione di temperatura, salinità e pressione. Poiché questi tre valori sono nella formula per determinare la velocità, anche questa dipenderà dagli stessi. Tuttavia, bisogna dire che temperatura, salinità e pressione non sono costanti lungo la colonna d’acqua, ma variano con il variare della profondità, della stagione, della posizione geografica e del tempo. Inoltre, poiché il calcolo della velocità del suono è così variabile, talvolta è necessario ricorrere alla formula di Wilson semplificata:

Formula di Wilson per la velocità del suono dove z è la profondità, T è la temperatura ed S è la salinità.

Ciò che influisce in modo determinante sulla velocità del suono in acque profonde è la temperatura e la variazione di pressione. Infatti, usando delle sonde come le XBT che misurano il variare della temperatura in funzione della profondità, è emerso che la temperatura è maggiore nei primi strati della colonna d’acqua, come ci si può aspettare, e poi decresce man mano che aumenta la profondità, fino a raggiungere un valore limite, al di sotto del quale non scende, come possiamo notare dalla figura seguente.

Profilo BT e BV

Nei primi strati di acqua, ovvero nello strato superficiale, è la temperatura ad avere un ruolo maggiore nella definizione della velocità, rispetto alla pressione. Tuttavia, siccome la temperatura diminuisce fino a un valore limite, dopo una certa quota, il profilo della velocità del suono in acqua inizierà a dipendere sempre di più dalla pressione, dal momento che

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quello è l’unico parametro che aumenta sempre15.

Come vediamo dalla figura di sopra, la struttura termica può essere divisa in tre strati principali:

 Uno strato superficiale, relativamente caldo, che presenta spesso strutture isotermiche e il cui spessore varia con le stagioni a causa della presenza di una termoclina stagionale;

 La termoclina permanente in cui la temperatura diminuisce in modo relativamente rapido con la profondità;

 Gli strati profondi dove la temperatura continua a diminuire con la profondità, ma più lentamente, fino a stabilizzarsi ad un valore abbastanza specifico.

Questa situazione si presenta nelle acque oceaniche. Per le acque mediterranee parleremo in seguito. Lo strato superficiale è fortemente influenzato dalle vicissitudini metereologiche e dallo stato del mare ed è soggetto a variazioni giornaliere, stagionali e geografiche. La termoclina principale è essenzialmente variabile con la sola posizione geografica. Abbiamo parlato della variazione di velocità a seconda del profilo di temperatura, ma per comodità si studia maggiormente il gradiente della velocità del suono. Esiste un gradiente ogni volta che esiste una continua variazione della velocità del suono in funzione della dimensione lineare, come nel caso della profondità: il gradiente verticale della velocità del suono è definita come la variazione della velocità stessa in funzione della profondità e viene rappresentato come la variazione di velocità diviso la variazione di profondità.

La propagazione del suono in un mezzo elastico viene descritta matematicamente con la risoluzione della equazione delle onde usando appropriate condizioni al contorno (superficie marina, morfologia e tipo del fondo) e caratteristiche del mezzo. Dal punto di vista teorico si possono impiegare due metodi per risolvere questa equazione:

- teoria dei raggi;

- teoria del modo normale o teoria dei modi.

La teoria dei raggi considera che l'energia acustica si propaghi per fronti d'onda, nei quali la fase o il tempo sono costanti e che esistano dei raggi acustici, normali ai fronti d'onda, rappresentativi della direzione in cui viene inviato il suono emesso dalla sorgente. La propagazione segue allora delle semplici leggi geometriche del tutto simili a quelle dell'ottica

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e permette di realizzare semplici diagrammi che danno un'impressione intuitiva di come avviene la propagazione. La teoria dei raggi incontra delle difficoltà e non offre buone soluzioni quando il raggio di curvatura dei raggi acustici (oppure la velocità del suono) varia apprezzabilmente nello spazio di una lunghezza d'onda. Questa teoria è perciò poco appropriata nel caso delle alte frequenze o corte lunghezze d'onda (in questo caso è infatti difficile che la curvatura vari in maniera apprezzabile nel solo spazio di una lunghezza d'onda) e non può affrontare i problemi legati alla diffrazione (ad esempio l'intensità sonora nelle zone d'ombra).

Nella teoria dei modi, invece, la propagazione del suono viene descritta mediante funzioni matematiche, chiamate modi normali, che risolvono l’equazione delle onde. I modi normali vengono combinati in modo da soddisfare le condizioni al contorno e le caratteristiche della sorgente acustica. Il risultato è un’espressione matematica molto complessa, adatta ad essere risolta con potenti mezzi di calcolo, ma difficile da interpretare e non così intuitiva come la teoria dei raggi. Questa teoria è peraltro necessario nello studio della propagazione in acque basse ed è molto utile nel caso di basse frequenze16. In definitiva, data la semplicità della

teoria dei raggi, si farà uso di quest’ultima per descrivere il comportamento del suono. Infine forti gradienti provocano una inclinazione maggiore che con gradienti deboli ed in un mezzo a velocità costante i raggi si propagheranno in linea retta.

Effetto del gradiente di velocità sulla propagazione dei raggi acustici

Abbiamo precedentemente definito che i fronti d’onda sono il luogo dei punti che si trovano nelle medesime condizioni di oscillazione, mentre si definisce raggio acustico la direzione

16 C.F. G. TROSSARELLI, Oceanografia generale volume II, Livorno, Poligrafico Accademia Navale, 2004,

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ortogonale al fronte d’onda. Poiché i valori di temperatura, pressione e salinità variano man mano che aumenta la quota nella colonna d’acqua, si può immaginare che l’acqua sia costituita da tantissimi strati infinitamente piccoli. La legge di Snell descrive il comportamento dei raggi acustici nel passaggio tra due zone avente diversa velocità di propagazione dell’acqua.

Legge di Snell per le onde acustiche

Dalla figura si intuisce come il fronte d’onda, non appena penetra nello strato sottostante, che ha una velocità del suono superiore, cammina più velocemente e fa pertanto “deviare” la direzione del raggio acustico ed è intuibile che il fronte d’onda arriverà ad un punto in cui la componente verso il basso della velocità sarà pari a 0 e la velocità sarà rimandata verso lo strato in cui la velocità è minore. Definiamo, quindi, Vx o velocità di vertice la velocità del suono il cui vettore diventa orizzontale. Questo significa che un raggio sonoro non può penetrare in una regione in cui la Vs è maggiore della Vx e viene rimandato verso la quota di emissione.

Fatte tutte queste premesse, possiamo parlare dei profili batitermografici: ne esistono di 4 tipi, in funzione della stagione in cui ci troviamo17, e a questi corrispondono 4 profili di

velocità differenti. Questo implica che a seconda della stagione in cui ci troviamo, andremo a sfruttare un tipo di propagazione del suono piuttosto che un’altra.

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17 I profili sono:

 India, temperatura costante, tipico invernale;

 Mike, profilo misto, caratterizzato da un profilo misto, con una isotermia, una termoclina e un’ulteriore isotermia tipico autunnale;

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2.2 I principali tipi di propagazione sonora

Condotto superficiale: Abbiamo detto in precedenza che la colonna d’acqua presenta uno strato iniziale, detto strato superficiale mescolato, il cui spessore varia con le stagioni. Poiché lo strato mescolato è isotermo allora vi si riscontra un gradiente di Vs debolmente positivo e i raggi sonori emessi all’interno dello strato saranno rifratti verso l’alto e riflessi dalla superficie. Il raggio limite in questo condotto è quello la cui Vx coincide con la massima Vs del profilo superficiale; la profondità di questa Vs è detta profondità dello strato che, nella maggioranza dei casi, coincide con la profondità dello strato mescolato. Generalmente, la propagazione nel condotto superficiale migliora di pari passo con l’aumentare della profondità dello strato;

Condotto superficiale

Canale sonoro: Si definisce canale sonoro quella parte della colonna d’acqua dove la Vs dapprima diminuisce con la profondità sino ad un valore minimo a partire dal quale aumenta nuovamente. Al di sopra della profondità relativa al valore minimo i raggi sonori sono incurvati verso il basso al di sotto s’incurvano verso l’alto: in questo modo, una certa quantità di raggi emessi all’interno del canale vi rimangono intrappolati, così da poter essere sfruttati come segnale utile per individuare eventuali battelli nascosti al di sotto del condotto superficiale;

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Bottom bounce: le riflessioni sul fondo del mare possono aumentare la distanza di propagazione. Alle basse frequenze, il meccanismo predominante per il ritorno di energia è la rifrazione all’interno del fondo, che ha come risultato quello di rinviare l’energia mandata verso il basso, tramite l’angolo di trasmissione e successive rifrazioni all’interno della massa d’acqua. Ovviamente, questo tipo di trasmissione è influenzata dalla profondità, dall’angolo di incidenza, la frequenza usata, la composizione e la scabrosità del fondo;

Bottom bounce

RAP, reliable acoustic path: si verifica quando il bersaglio è a quota superficiale, ponendo la sorgente in profondità, ed è ottimo perché non risente né delle perdite o riflessioni tipiche del bottom bounce, né degli effetti della trasmissione superficiale. La posizione a cui bisogna portare il trasduttore è, talvolta, anche dell’ordine di migliaia di metri ed a causa delle evidenti difficoltà pratiche, al momento la Marina non ha a disposizione trasduttori in grado di scendere così in profondità, ma l’obiettivo è raggiungere quote quanto più profonde possibili;

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Zona di convergenza: sono delle zone poste alla superficie o vicino ad essa dove si verifica una focalizzazione dei raggi acustici, con il risultato di produrre degli elevati livelli sonori. L’esistenza delle zone di convergenza dipende essenzialmente dal profilo della Vs e dalla profondità. Per la velocità, infatti, questo tipo di propagazione si verifica in caso di forti gradienti negativi, come quelli estivi o primaverili, che rifraggono i raggi acustici verso il basso. Ma poiché la velocità continua a diminuire fino a un certo valore limite, si riformerà il gradiente positivo, e così i raggi verranno di nuovo rifratti verso l’alto, formando la zona di convergenza. Tutto questo non potrebbe avvenire senza la frequenza adeguata, infatti si può usare solo con la bassa frequenza, e con un eccesso di fondale, come mostrato dall’immagine;

Zona di convergenza

Propagazione in acque basse: la propagazione consiste in una serie di percorsi sonori variamente riflessi e tutta la zona tende a insonorizzarsi completamente a causa del sovrapporsi di una moltitudine di raggi acustici. Questo tipo di propagazione è molto ben impiegata nelle acque basse, ovvero quelle con profondità fino a 200 metri.

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Concludiamo il discorso facendo un focus sul Mediterraneo, il quale presenta delle caratteristiche di batitermogramma diverse a causa della profondità, nettamente minore, rispetto agli oceani. Se gli oceani raggiungono quote di più di 4000 metri, il punto più profondo del Mar Mediterraneo raggiunge una quota massima di 2500 metri. Questo implica che la struttura del batitermogramma è composta da uno strato superficiale, che cambia in base a variazioni giornaliere, che provocano lievi modificazioni del BT, e stagionali, che forniscono il maggior contributo alle modifiche al BT; da una termoclina stagionale, che cambia a seconda della stagione; e da una isotermia, che si aggira intorno ai 13,5° C, fino alla quota massima.

Batitermogramma Mediterraneo

Tutto ciò ha, comunque, ripercussione solo sulle portate della zona di convergenza, le quali risultano minori nel Mediterraneo rispetto all’oceano a causa di un minor eccesso di fondale.

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CAPITOLO III:

Le incognite dell’equazioni del sonar

3.1 Le equazioni del sonar

La scoperta, ovvero il processo che, tramite energia acustica, conduce alla rivelazione di un segnale utile in mezzo al disturbo mascherante e che viene descritto tramite modelli matematici espressi in formule, note come equazioni del sonar, risolvendo le quali si può avere una stima della distanza di scoperta del sonar.

In acqua, il corpo vibrante produce compressioni e rarefazioni intorno al valore di pressione idrostatica corrispondente alla sua quota operativa.

I dispositivi in grado di produrre energia acustica sono chiamati sonar, il cui acronimo significa sound navigation and ranging. Le funzioni primarie richieste al sonar per il compimento della missione sono la scoperta, la localizzazione, la classificazione e il tracciamento del bersaglio. Anche se all’inizio i mezzi di scoperta dei sommergibili erano molto rudimentali e non riuscivano ad essere abbastanza efficaci per scoprire il sommergibile nemico, col tempo la tecnologia e le strumentazioni hanno permesso alle navi di raggiungere un livello considerevole, dal punto di vista della scoperta.

Le equazioni del sonar possono essere rappresentate come moltiplicazione/divisione di potenze o come somma/sottrazione dei corrispondenti livelli. In acustica, infatti, tutti calcoli preliminari per determinare le portate in distanza e le altre grandezze necessarie per dare inizio alla progettazione di un apparato, vengono svolte in unità logaritmiche a base 10. Ciò consente di comprimere le dinamiche dei numeri e svolgere i calcoli quasi esclusivamente con semplici somme e sottrazioni, corrispondenti, in unità lineari, a moltiplicazioni e divisioni. Se I1 è il valore di Intensità di un’onda acustica e I0 il valore di riferimento

precedentemente definito, e data la formula N=10*Log(I1/I0), si dice che N è il valore in dB

dell’Intensità dell’onda acustica (ovvero che I1 «differisce» da I0 di N dB). L’unità di misura

di N è scritta nel seguente modo: dB re μPa oppure dB //μPa e deve essere letta come «decibel riferiti all’intensità di un’onda piana avente la pressione di 1μPa».

L’equazione del sonar prende in considerazione la generazione del segnale, la sua propagazione e alcuni degli accorgimenti che vengono adottati in ricezione per evidenziare la presenza del segnale in mezzo al disturbo. Nell’impostare l’equazione del sonar, la prima cosa da stabilire è il tipo di esplorazione effettuata dal sonar, ovvero se si tratta di una ricerca

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in attivo o in passivo e, nel caso della ricerca attiva, bisogna definire la posizione del ricevitore rispetto al bersaglio, ovvero se si tratta di una ricerca monostatica o multistatica. Si definisce ricerca monostatica o configurazione monostatica quando la trasmissione e la ricezione avvengono a bordo della stessa unità navale. In termini di scrittura dell’equazione del sonar, se il trasmettitore e il ricevitore sono talmente vicini da poter ipotizzare che non ci siano variazioni di percorso tra il viaggio d’andata e quello di ritorno, si parla di configurazione monostatica.

Si definisce ricerca bistatica o configurazione bistatica quando una piattaforma trasmette energia acustica ed un’altra piattaforma riceve gli echi restituiti dal bersaglio. Dal punto di vista della scrittura, bisogna considerare un percorso trasmettitore-bersaglio e un percorso bersaglio-ricevitore.

In configurazione multistatica, ci possono essere diversi trasmettitori e diversi ricevitori e dal punto di vista della scrittura bisogna considerare ogni possibile combinazione trasmettitore-bersaglio-ricevitore, con le relative differenze di percorso.

Nei seguenti paragrafi, verranno analizzate alcune incognite delle equazioni del sonar attivo e passivo. Ho deciso di prendere in considerazione queste incognite perché, al di là della tecnologia utilizzata per realizzare il sonar, fanno la differenza nella scoperta o meno della minaccia Underwater.

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3.2 Detection Threshold

Nel capitolo 1 abbiamo visto i rudimentali strumenti utilizzati già nella prima, ma poi impiegati anche nella Seconda guerra mondiale, ma che però non riuscivano a soddisfare quelle che erano le esigenze di rintracciare i sommergibili nemici. La verità è che i tecnici devono affrontare diverse sfide per ottimizzare il funzionamento dei sensori di superficie e rendere i sommergibili quanto più acusticamente visibili possibile. È per questo che nei seguenti sotto-paragrafi si parlerà delle principali incognite dell’equazione del sonar, che i tecnici devono prendere in considerazione per produrre sensori sempre più performanti. Verranno indicati anche i rimedi che vengono attuati per diminuire il rumore, sia di piattaforma che dei sonar, mentre per il rumore ambientale c’è poco da fare.. Il parametro da cui partire è la soglia di rivelazione, o detection threshold. Questo parametro esprime la minima differenza tra i livelli del segnale e del disturbo necessaria affinché il sonar scopra il bersaglio. La soglia di rivelazione dipende dalle qualità intrinseche del ricevitore.

Da un punto di vista matematico, la Soglia di Rivelazione DT è definita come il decalogaritmo del rapporto tra la Potenza del Segnale Utile, S, nella banda del Ricevitore e la Potenza del Disturbo, N, nella banda di 1 Hz, «necessario per stabilire la presenza di un bersaglio con preassegnate probabilità di decisione corretta e errata». Si capisce subito che il parametro che esprime la capacità di un sonar di rivelare un segnale in mezzo al disturbo è espresso dalla relazione tra potenza del segnale e potenza del disturbo che deve esserci in acqua, in prossimità della base acustica, affinché avvenga la scoperta del bersaglio. Tuttavia, il problema della scoperta viene risolto con l’identificazione del segnale utile in mezzo al segnale totale ricevuto dalle basi acustiche. In maniera intuitiva, quando l’energia del segnale è maggiore di una soglia prefissata, allora si ha la rivelazione di un bersaglio. Tuttavia, nella maggior parte dei casi, la situazione non è così semplice e si presenta come nell’esempio in figura.

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Soglia di rivelazione

Si può notare che i picchi di segnale che superano la soglia di energia prefissata sono molti, ma solo la parte centrale costituisce segnale utile, dal momento che essa è composta sia da energia dovuto a rumore, sia da energia dovuto al segnale vero e proprio. Ma questa rilevazione non è immediata e ci porta a capire che nel processo decisionale non basta definire il superamento o meno di una soglia, ma anche il concetto di probabilità che ciò che stiamo vedendo corrisponda a un segnale utile.

Per prima cosa, bisogna tener presente che il processo di riconoscimento viene ripetuto almeno tre volte:

 Il primo riconoscimento avviene all’uscita dell’estrattore. L’osservazione è molto breve, dell’ordine dei secondi, e la decisione viene presa sulla base del risultato di una sequenza di operazioni matematiche a base statistica;

 Il secondo riconoscimento si ha sullo schermo, noto come “interfaccia uomo-macchina”. Qui vengono presentati i risultati delle osservazioni effettuate da un numero rilevante di estrattori. La rappresentazione è lunga decine di secondi e riguarda settori estesi, nel dominio dello spazio e della frequenza. Tutti gli eventi che vengono riconosciuti come segnali producono l’illuminazione dei componenti elementari dello schermo. Quindi, è lo strumento di interfaccia che “fornisce” un secondo metodo di discriminazione del bersaglio;

 Il terzo riconoscimento è nella mente dell’operatore. I tempi di osservazione sono molto lunghi, visto che, in ricerca attiva, è possibile richiedere l’esame di più schermate successive, mentre, in ricerca passiva, la storia di molti minuti. La decisione viene presa sulla base delle regole e conoscenze a priori ed è, quindi,

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compito dell’operatore effettuare una discriminazione sulla probabilità che una certa banda di segnale possa o meno costituire un eco utile.

Di grande interesse risulta essere il primo punto, dal momento che, a partire da esso, è possibile costruire una matrice decisionale con la quale discriminare meglio il bersaglio.

Matrice decisionale del bersaglio

Da questa immagine possiamo dedurre che le ipotesi in ingresso possono solo essere due: il segnale è presente oppure non lo è. Per ognuna di queste ipotesi, il calcolatore che elabora le informazioni ricevute dal sonar può prendere due decisioni, ovvero che il segnale è presente, oppure che non lo è. Dalla matrice che noi costruiamo, riusciamo a ottenere la probabilità di scoperta e la probabilità di falso allarme, ed esprime ciascuna voce della matrice in base a queste due probabilità, come mostrato in figura. Sulla base di queste considerazioni, i tecnici studiano la densità di probabilità di scoperta e di falso allarme, ovvero l’integrale delle rispettive probabilità, per determinare l’efficacia di un sensore nel captare l’eco utile del bersaglio.

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3.3 Target Strength

Il parametro Target Strength (TS), che compare nell’equazione del Sonar Attivo, quantizza il rapporto tra energia acustica re-irradiata dal bersaglio in direzione del ricevitore ed energia acustica da esso intercettata.

A distanza dal bersaglio, l’energia re-irradiata può essere vista come originarsi da un punto; tale punto è chiamato «centro Acustico del Bersaglio». Quando un fronte d’onda piano colpisce un bersaglio si può immaginare una re-irradiazione «isotropica» di energia originata dal suo Centro Acustico. In realtà la re-irradiazione è difficilmente di tipo isotropico; comunque ciò che interessa è la stima della energia re-irradiata nella direzione del ricevitore. A livello matematico, il Target Strength è definito come il decalogaritmo del rapporto tra la intensità acustica Ir re-irradiata dal bersaglio in direzione del ricevitore, misurata ad un metro di distanza dal suo Centro Acustico, e l’intensità acustica incidente Ii. Quella tra le unità di superficie e le unità subacquee è una “corsa” costante verso il miglioramento dei sensori, più performanti e con capacità di lunga portata, per le unità di superficie, e della capacità di essere acusticamente invisibili, con tutti i vari accorgimenti, per le unità subacquee. È quindi importante conoscere gli accorgimenti presi dai sommergibili per ridurre il TS per conoscere le capacità del nemico e cercare di anticiparlo.

Il sommergibile è un bersaglio costituito da un certo numero di sotto-bersagli, ciascuno dei quali è diversamente influente sul valore di target strength a seconda dell’angolo di illuminazione e del rapporto d/λ. Ogni sotto-bersaglio concorre alla re-irradiazione di energia con quattro meccanismi di formazione dell’eco: riflessione speculare, diffusione, diffrazione, echi elastici. C’è comunque da considerare che il contributo più importante lo dovrebbero dare i motori, che però sono boxati e sono a propulsione elettrica, quindi in effetti il rumore generato è praticamente minimo per un semplice ascolto in passivo. Una nave con capacità AS, quindi, deve necessariamente ricorrere ad un uso in attivo del sonar per poter riuscire a captare la presenza di un bersaglio, perché la parte che risuona maggiormente è l’aria contenuta nello scafo resistente, un cilindroide di acciaio abbastanza spesso da permettere al sottomarino di resistere alle elevate pressioni. All’esterno dello scafo resistente un rivestimento di acciaio leggero, detto falso scafo, che può interessare la torretta, la prora e la poppa, o rivestire l’intero battello, assicura una forma appropriata dal punto di vista idrodinamico. Tra lo scafo resistente e il falso scafo c’è la libera circolazione d’acqua che fluisce tra i numerosi componenti necessari ai servizi e alle funzioni del battello. Il falso

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scafo e la vela sono parzialmente trasparenti alle frequenze sonar e i componenti presenti nell’intercapedine possono giocare un ruolo importante sia dal punto di vista dell’intensità della risposta energetica, che dal punto di vista della caratterizzazione della struttura temporale dell’eco.

Un possibile approccio a questo complicatissimo mondo consiste nel separare i contributi al valore di TS: contributi della parte esterna dello scafo, contributi per riflessione singola delle strutture presenti nell’intercapedine; contributi per riflessioni multiple delle strutture presenti nell’intercapedine; contributi per riflessioni sullo scafo resistente; contributi dovuti a effetti particolari. Per quanto riguarda il contributo da parte della forma esterna del sommergibile si può pensare che essa sia costituita da un “corpo principale”, una serie di oggetti sporgenti, come timoni e vela, e una o due eliche. Il falso scafo è sempre presente a prora e poppa, mentre può esserci o no nella parte centrale. In configurazione monostatica il meccanismo fondamentale di formazione dell’eco, legato alla forma esterna, è la riflessione singola da una superficie che, localmente, è ortogonale ai raggi incidenti; l’impulso riflesso è, in questo caso, una fedele replica dell’impulso incidente (eco coerente)18, come mostrato nella figura.

Illustrazione direzionalità di un impulso riflesso

18 E. DIAMANTI, Generazione, propagazione e rivelazione dell’energia acustica subacquea volume II,

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Contributo di ogni parte dello scafo al Target Strength

Inoltre, bisogna tenere in considerazione il contributo delle “sottozone” in cui riflettori singoli o linee di riflettori sono posti normalmente al raggio incidente. Pochi corpi con alto potere riflettente formano highlights che vanno ad arricchire lo “scintillio” già presente per riflessioni ortogonali. L’immagine in alto ci dà un’idea su come ciascuna parte dello scafo esterno contribuisca al target strength. Inoltre, lo scafo resistente è un riflettore puro sia alle frequenze sonar che a quelle delle teste acustiche del siluro. Il falso scafo è un ottimo riflettore per le teste acustiche dei siluri, ma è quasi trasparente alle frequenze sonar. Infine, gli attacchi ortogonali dello scafo, come i timoni e la vela, così come protuberanze, angoli, bordi, che hanno piccoli raggi di curvatura, creano riflessioni doppie o multiple e possono dar luogo a un fenomeno noto come il “corner reflection”, una condizione per cui, dopo due rimbalzi ortogonali, l’impulso torna in direzione del ricevitore.

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Tutti gli elementi che si trovano tra lo scafo resistente e il falso scafo, possono contribuire alla formazione dell'eco soprattutto con riflessioni multiple. Il rivestimento con scafo leggero richiede l’installazione, sullo scafo resistente, di costole di supporto per il falso scafo. Ne conseguono superfici incrociate ad angolo retto, che costituiscono i cosiddetti “corner reflectors”. Questo meccanismo porta a degli highlights che, alle frequenze sonar, possono superare il TS medio anche di 10 dB e, alle frequenze siluro, di circa 20 dB. Nei sommergibili a doppio scafo le ossature sono uniformemente distribuite lungo tutto il battello. Gli incroci ortogonali sono responsabili di altre vicende:

 agiscono come diffusori del suono producendo un “lobo di re-irradiazione” piuttosto ampio;

 creano zone d’ombra, oscurando sezione del sommergibile dislocate a valle rispetto all’arrivo del fronte d’onda;

 generano zone di interferenza dovute alla sovrapposizione di “corner reflectors” non simultanee.

Altre implicazioni, legate alla particolare struttura del sommergibile, sono:

 Il battello può essere pensato come la combinazione di corpi elementari che hanno superfici convesse. Ciascuna di queste strutture può generare un’unica riflessione speculare per ogni direzione di provenienza del raggio incidente. Fanno eccezione le eliche, che hanno convessità e concavità a seconda della sezione; solo se il sonar ha un’alta capacità di risoluzione, le eliche possono essere trattate come un insieme di superfici elementari.

 La disposizione delle casse-liquidi può portare a forti variazioni di target strength a seconda dell’angolo di illuminazione.

 Oltre alla riflessione per effetto triedro ci sono riflessioni di ordine superiore che originano echi diffusi. Se l’impulso è corto e l’aspect favorevole, gli oggetti distribuiti nelle intercapedini possono originare riflessioni multiple19.

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Al fine di ridurre il Target Strength, in fase di progettazione, si possono adottare alcuni accorgimenti architettonici oppure rivestire lo scafo con materiali a basso indice di riflessione.

Per quanto riguarda gli accorgimenti architettonici bisogna dire che devono essere evitati gli incroci ortogonali e le lamiere interessate devono essere raccordate con superfici curve, ovvero a raggi di curvatura ridotti, che si sviluppano su più piani per defocalizzare l’energia sonora incidente ed evitare superfici piane troppo estese20. Per esempio, nell’immagine è riportato uno spaccato di un moderno sottomarino di progetto tedesco: la torretta è abbassata rispetto alle costruzioni precedenti ed è raccordata alla coperta con una superficie curva, i timoni sono a X e si “nascondono” nel profilo della poppa fortemente rastremata.

Immagine di una sezione di un sottomarino tedesco

L’idea alla base dei materiali anecoici è che non ci deve essere alcun ritorno di energia, in nessuna direzione e nessuna trasmissione al di là dello strato di materiale21. L’attenuazione dell’energia sonora avviene per assorbimento e per dispersione all’interno dello strato. Le funzioni principali svolte dai pannelli anecoidi sono: la trasparenza e la capacità assorbente. È intuitivo che, se un materiale è acusticamente trasparente, cioè deve avere la stessa densità e stessa velocità di propagazione dell’acqua di mare, possiede anche un coefficiente di assorbimento dell’ordine di grandezza di quello dell’acqua, ossia molto basso22. Per riuscire ad assorbire la maggior quantità possibile di energia, alle frequenze sonar, ci vogliono grandi

20 E. DIAMANTI, Generazione, propagazione e rivelazione dell’energia acustica subacquea volume II,

Livorno, Poligrafico Accademia Navale, 2013, p. 6-45.

21 Ivi, p. 6-47.

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spessori che, date le forti pressioni esterne che aumentano all’aumentare della quota, non possono essere applicati ai sommergibili. Per riuscire ad ottenere questo risultato, i tecnici hanno pensato di ridurre la velocità del suono semplicemente diminuendo la lunghezza d’onda, ed aumentando così l’assorbimento del materiale. Hanno quindi pensato all’impiego di alcune resine attorno al sommergibile, in modo tale che esso risulti quanto più trasparente possibile ad un ascolto attivo.

 La diminuzione della velocità si ottiene caricando la resina con bollicine d’aria e polveri dense, perché le prime riducono la velocità del suono, andando a lavorare sulla lunghezza d’onda, ma generano contemporaneamente una spinta positiva che va bilanciata, tramite le polveri dense.

 L’azione di assorbimento può essere realizzata utilizzando materiali con elevato coefficiente di smorzamento. Infatti, esistono dei materiali chiamati visco-elastici la cui azione è quella di attenuare il segnale nel percorso di andata e ritorno tramite un processo di conversione viscosa in calore. Questi possono essere impiegati come materiali assorbenti. Il fattore di smorzamento può essere aumentato attraverso inclusioni di aria nel materiale.

Propagazione a taglio o a compressione

Possiamo affermare che la presenza di bolle d’aria nei materiali favorisca il comportamento anecoide del rivestimento. Tuttavia, il comportamento assorbente della gomma, dura o morbida, è maggiore quando questa viene eccitata nel modo di propagazione a “taglio”, ovvero trasversale, piuttosto che quella “a compressione”, ovvero longitudinale. Il modo di

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propagazione, però, può essere modificato creando nella gomma delle cavità riempite di aria o gas, che pertanto rendono la gomma porosa, riducendo la velocità del suono e convertendo la deformazione a compressione in quella a taglio. Il motivo risiede nel fatto che, con il metodo di propagazione a taglio si effettuano percorsi più lunghi e c’è una trasformazione maggiore di energia acustica in calore.

Nella lotta A/S c’è un altro aspetto che favorisce la progettazione di materiali anecoidi: infatti, le frequenze sonar usate per la ricerca attiva si attestano all’incirca attorno a quattro valori, ovvero 1 kHz per i sonar a grande portata, 5 kHz per i sonar a media portata, 30 kHz per le teste acustiche e 100 kHz per i sonar cerca-mine. Sapendo questo, si possono dimensionare gli spessori e le inclusioni a seconda del compito che deve svolgere il materiale. Un classico esempio di questo comportamento è la “gomma Alberich”, usata dalla Marina Tedesca nella Seconda Guerra Mondiale.

Gomma Alberich

In questo tipo di rivestimento, le dimensioni dei fori sono dell’ordine di grandezza della lunghezza d’onda a taglio del materiale, cioè le dimensioni dei fori, lo spessore, la proprietà del materiale vengono selezionate in modo da essere sintonizzate alla frequenza a cui si vuole ottenere la massima attenuazione. In questo caso, i fori del diametro di 5 mm sono ottimizzati per ottenere la frequenza di 13 kHz, mentre quelli di 2 mm per la frequenza di 50 kHz. È inoltre possibile inserire degli anelli d’acciaio nelle cave che le proteggano dallo schiacciamento. Così facendo, si può diminuire la dipendenza delle prestazioni della gomma dalla pressione idrostatica, rendendo la gomma stessa più efficiente.

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