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4. Gli interessi economici cinesi ed il ruolo della Repubblica Popolare Cinese nella missione anti-pirateria nel Golfo di Aden e al largo della costa orientale della Somalia

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4. Gli interessi economici cinesi ed il ruolo della Repubblica Popolare

Cinese nella missione anti-pirateria nel Golfo di Aden e al largo della

costa orientale della Somalia

4.1 Le ragioni del Cambiamento Dottrinale

Le tre grandi revisioni avvenute a livello di Dottrina militare, tra la metà degli Ottanta del Ventesimo secolo ed il primo decennio del nuovo Millennio, hanno denotato un mutamento nell'equilibrio tra i due teatri spaziali di terra e mare nella pianificazione militare con una crescente attenzione riservata al teatro marittimo. Queste modifiche dottrinali sono state trainate da tre vettori differenti, i quali hanno sottolineato l'esigenza per la Repubblica Popolare Cinese di acquisire

avanzate capacità navali1. Gli anni Ottanta hanno registrato una particolare

attenzione della classe dirigente comunista verso la protezione di quei territori nel Mar Cinese Orientale e Meridionale rivendicati da lungo tempo dalla Cina, soprattutto all'indomani del rinvenimento di nuove risorse nei ''mari vicini''. Ciò ha comportato un'estensione del perimetro di azione della marineria cinese, quest'ultima difatti ha assunto un ruolo innovativo, incentrato nell'attiva protezione dei diritti e interessi marittimi del Paese asiatico. Gli anni Novanta del Ventesimo secolo sono stati caratterizzati, come già denotato nel precedente capitolo, dalla ''questione di Taiwan'' e dall'esigenza di non consentire all'isola di dichiarare la propria formale indipendenza, il che comporterebbe gravi ripercussioni per la legittimità del Governo del Partito Comunista Cinese.

Nel nuovo processo di revisione dottrinale, che ha avuto luogo nel nuovo Millennio, a trainare il cambiamento è stata l'importanza assunta per la Repubblica Popolare Cinese da un nuovo elemento, ovvero il peso strategico delle vie di comunicazione marittime globali. Difatti la revisione della dottrina militare fu motivata non più meramente da interessi regionali, ma anche da un'attenzione più globale, che esortava la Repubblica Popolare Cinese a porre attenzione oltre i

confini dell'Asia orientale2.

1 S. Dossi, Rotte Cinesi: Teatri marittimi e dottrina militare, Milano, Università Bocconi, 2014,

pp. 86-88.

2

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81 L'avvio delle riforme nel 1978 migliorò gradualmente l'assetto statale della Repubblica Popolare Cinese rilanciando la produzione e la produttività, senza però rimettere in discussione l'intero sistema economico e politico cinese. Sul fronte interno, le riforme comportarono la decollettivizzazione della produzione agricola, la decentralizzazione del sistema fiscale e la deregolamentazione dei

prezzi3. Sul fronte esterno, tali revisioni diedero il via ad un processo di apertura

verso l'esterno, sancita dalla nuova dirigenza comunista al potere, che cominciò a guardare alle relazioni internazionali quale strumento utile allo sviluppo

dell'economia del Paese comunista4. Il programma ''Riforma e Apertura'' ruotava

proprio attorno a due obiettivi: attirare i capitali stranieri nel territorio cinese e

promuovere gli scambi con il resto del mondo esterno5. Infatti, dagli inizi degli

anni Ottanta del Ventesimo secolo, si registrò un incremento degli scambi commerciali tra la Repubblica Popolare Cinese ed il mondo esterno, fondamentali questi, soprattutto nelle fasi iniziali dello sviluppo economico cinese, per l'acquisizione dei beni di investimento, necessari ad accrescere la produttività, di capitali e tecnologia, ed in ciò il Giappone svolse un ruolo importante. Ciò costituì una netta differenziazione rispetto alla politica in vigore nella Repubblica Popolare Cinese nel periodo maoista, imperniata sull'autarchia e l'indipendenza economica. «Fra il 1978 e il 2001 il commercio con l'estero cresce ad un tasso medio del 15% annuo. Gli scambi con l'estero hanno un peso crescente

nell'economia6». Ma non solo per l'economia, ma anche per la tenuta politica del

Paese asiatico.

4.2 Gli interessi economici marittimi e la Dipendenza energetica della

Repubblica Popolare Cinese

3

Z. Yongnian, S. Y. Tong, China's Evolving Industrial Policies and Economic Restructuring, Abingdon, Routledge, 2014, (formato Kindle).

4 A. Fiori, L'Asia orientale: Dal 1945 ai giorni nostri, Bologna, Il Mulino, 2010, p. 193. 5 F. Lemoine, L'Economia Cinese, Bologna, il Mulino, 2003, p. 45.

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82 Affinché il Partito Comunista Cinese continui a godere della legittimità per governare nella Repubblica Popolare Cinese è fondamentale che seguiti ad assicurare una costante crescita economica ed un continuo benessere al popolo della Repubblica Popolare Cinese, ed in ciò l'importanza degli spazi marittimi è cruciale.

A dimostrazione della crescente importanza assegnata agli spazi marittimi si rilevano diversi documenti divulgati nel corso degli anni Novanta del Ventesimo secolo e durante il primo decennio del nuovo Millennio, tra i quali rileva la diffusione da parte della classe dirigente cinese dell'Agenda 21 dell'Oceano Cinese, il Piano di Sviluppo dell'Economia Marittima Nazionale del Consiglio di Stato del 2003 e la Linea del Consiglio di Stato del Piano Nazionale di Sviluppo

delle Imprese Marittime del 20087. Tutti questi documenti sono stati supportati da

progetti di ricerca oceanografica e dal Piano Nazionale di Sviluppo Scientifico e

Tecnologico Marittimo per l'Undicesimo Piano Quinquennale, avviato nel 20068.

Sulla base di quanto riportato dal libro bianco del Maggio 1998 sulla politica marittima, lo sfruttamento e la protezione dell'oceano devono essere considerati due missioni strategiche a lungo termine fondamentali per la Repubblica Popolare Cinese prima di poter conseguire lo sviluppo sostenibile della sua economia nazionale9.

La concentrazione delle imprese economiche della Cina popolare nelle sue regioni costiere, la dipendenza del Paese comunista dal commercio fluviale e marittimo costiero e la crescente dipendenza nazionale dalla pesca offshore e da altre risorse naturali, quali soprattutto petrolio e gas naturale, accrescono il valore della Marina dell'Esercito di Liberazione Popolare quale strumento dello Stato, fondamentale al fine di mantenere e difendere gli interessi marittimi della Repubblica Popolare Cinese:

Per quanto attiene al primo aspetto summenzionato, dal 1978 la fascia costiera, ed in particolare le province del sud, ha rappresentato il laboratorio dei primi esperimenti di liberalizzazione economica. Da allora, la fascia costiera, lunga

circa 18.000 kilometri10, ha cominciato ad acquisire un ruolo predominante

7 B. Cole, The Great wall at Sea: China's Navy in the Twenty-First Century, Annapolis, Naval

Institute Press, 2010, pp. 44-45.

8 Ibidem.

9 C. Rahman, Defending Taiwan, and Why it matters, fonte Naval War College Review, Vol. 54, n.

1, 2001, p. 72.

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83 nell'attività economica del Paese, difatti il contributo, che dal 1978 al 2001, le sette province di quest'area, l'Isola di Hainan, Pechino, Tianjin e Shanghai hanno fornito al Prodotto Interno Lordo del Paese asiatico è cresciuto enormemente. Si è registrata una forte enfasi sul ruolo delle industrie marittime ai fini di una continua crescita economica.

Le province costiere sono state indicate quali ''finestre'' per lo sviluppo dell'economia dell'export, ma anche per importare quelle tecnologie d'avanguardia

ritenute cruciali per la modernizzazione e lo sviluppo del Paese11. Ad oggi

conseguono una quota schiacciante degli scambi con l'estero e attraggono la maggior parte degli investimenti esteri diretti. Ciò però avviene a scapito degli scambi sia tra le province della fascia costiera cinese che tra le province di quest'ultima e dell'entroterra cinese. Pertanto si può sostenere che la politica di apertura, avviata dal 1978 dal leader politico Deng Xiaoping, ha attenuato i legami tra le province cinesi e ha condotto ad una forte integrazione delle economie costiere cinesi nell'economia mondiale, nei circuiti internazionali di produzione e scambi. Le esportazioni delle province costiere equivalgono ad un terzo del Prodotto interno lordo della zona costiera, qui circa il 40 per cento della

produzione industriale viene realizzato dalle aziende a capitale straniero12.

La risoluta crescita economica della fascia costiera si riverbera, specialmente, sulle province nord-orientali della Cina, perno dell'industria pesante. Dal 1978 al 2001 si registrò un forte sorpasso nel PIL pro capite da parte delle province costiere a scapito delle province dell'entroterra cinese. Tra il 1998 e il 2001 la Repubblica Popolare Cinese è stata tra i maggiori destinatari di investimenti diretti esteri al mondo, quest'ultimi principalmente indirizzati alle regioni costiere. L'influsso degli investimenti diretti esteri ha approfondito le disparità regionali fra le regioni costiere e centrali della Repubblica Popolare Cinese, a cui il governo cinese ha provveduto con una serie di politiche volte a mitigare lo sviluppo

crescente di tali disuguaglianze.13.

Il valore della Marina dell'Esercito di Liberazione Popolare si inscrive anche nella crescente dipendenza della Repubblica Popolare Cinese dalla pesca offshore e da altre risorse naturali. Difatti, tra le più importanti risorse marittime del Paese

11

C. D. D'Andrea, Zone franche in Cina: Guida pratica ai vantaggi fiscali e amministrativi del

commercio nelle zone extradoganali cinesi, Milano, Class Editori, 2018, (formato Kindle).

12 F. Lemoine, op. cit., p. 73.

13M. Amiti, B. S. Javorcki, IMF Working Paper: Trade Costs and Location of Foreign Firms in

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84 asiatico, vi è senza dubbio la pesca, dalla quale il popolo cinese attinge gran parte della sua alimentazione quotidiana.

Notevole è l'influenza della Repubblica Popolare Cinese nel settore ittico a livello internazionale, con riferimento sia alla produzione dell'acquacoltura che della pesca di cattura. Difatti, dal 2004 la Repubblica Popolare Cinese è il primo Paese

produttore ed esportatore di prodotti alieutici ed acquicoli a livello mondiale14.

La Repubblica Popolare Cinese, dal 2015 al 2017, ha costituito circa il 39 per cento della produzione ittica globale.

Il XIII piano quinquennale, che raffigura la roadmap della leadership comunista cinese per il periodo 2016-2020, si è posto l'obiettivo di migliorare l'efficienza e la sostenibilità del settore ittico e ciò mediante il varo di alcune misure. Il fine ultimo è quello di sostenere una crescita sociale ed economica più lenta, ma, in particolare, maggiormente stabile, robusta e sostenibile. Questo, probabilmente, comporterà una discesa dell'incremento del settore acquicolo e una diminuzione dell'entità di pesce catturato in natura, causando a sua volta un'importante decrescita nella produzione totale della Cina comunista avente ripercussioni sulla

produzione internazionale e sui prezzi, commercio e consumo15.

La classe dirigente cinese, come delineato nel XIII piano quinquennale, si è prefissata quale scopo il superamento delle strategie del passato, volte all'incremento della produzione, al fine di dare origine ad un settore più sostenibile ed orientato verso il mercato, che propenda, in particolare, allo sviluppo positivo della qualità dei prodotti e all'ottimizzazione degli assets del settore16.

Relativamente, invece, alla crescente dipendenza della Repubblica Popolare Cinese da altre risorse naturali, si può iniziare denotando che le risorse energetiche e di minerali del Paese asiatico sono tra le prime al mondo.

Durante gli anni Ottanta e Novanta del Ventesimo secolo, la Repubblica Popolare Cinese era largamente autosufficiente nell'approvvigionamento di energia

primaria17. Agli inizi del nuovo Millennio, le risorse naturali coprivano circa il 90

per cento del consumo di energia commerciale della Repubblica Popolare Cinese. Intorno al 2006, la Cina comunista ha soverchiato gli Stati Uniti relativamente alla

14

B. Cole, op. cit., p. 52.

15 OECD/FAO, Prospettive agricole OCSE-FAO 2018-2027: Pesce e prodotti ittici, OECD

Publishing, 2018, p.198.

16 Ibidem. 17

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85 quantità di emissioni di anidride carbonica, divenendo il maggior emettitore di anidride carbonica in tutto il mondo. Tale risultato è stato indotto da una decisa crescita economica e soprattutto da un forte rilievo su settori economici energetici e ad alta intensità di emissioni, nonché da laute riserve di carbone interne al Paese. Nel 2009 la Repubblica Popolare Cinese si è attestata quale maggiore

consumatore di energia18 e, pochi anni dopo, il Paese ha oltrepassato, per la prima

volta gli Stati Uniti nella produzione di energia elettrica. Tale superamento fu possibile, specialmente, a causa dello scoppio della crisi finanziaria del 2008, che portò al calo del consumo di energia nel Paese Nordamericano.

Per quanto riguarda il carbone, questa risorsa energetica rimarrà molto probabilmente la seconda fonte di energia più grande al mondo, dietro al petrolio

e a altri liquidi, fino al 203019. Al vertice di coloro che impiegano più carbone,

troviamo la Repubblica Popolare Cinese, Gli Stati Uniti e l'India, questi tre Paesi

insieme costituiscono oltre il 70 per cento del consumo mondiale di carbone20.

Con riferimento alle riserve di carbone, la Repubblica Popolare Cinese detiene la terza posizione, dopo gli Stati Uniti e la Russia.

Per la Cina comunista questa risorsa energetica rappresenta, ancor oggi, il suo motore energetico, difatti il Paese è ancora fortemente vincolato al carbone, il quale rimane la principale fonte primaria di approvvigionamento energetico e

riveste un ruolo preponderante sia nella produzione che nel consumo di energia21.

Pertanto, plausibilmente, potremmo sostenere che l'importanza del carbone per la crescita economica ed il consumo di energia del Paese asiatico non diminuirà dall'oggi al domani.

La Repubblica Popolare Cinese dagli anni Novanta è diventata un essenziale esportatore di carbone, benché sembrò diminuire, in questo lasso di tempo, la percentuale di tale risorsa energetica nel mix energetico, risultato presumibilmente dipeso da sistematiche distorsioni statistiche collegate ai falsi rapporti circa la

produzione di carbone.22.

Agli inizi del nuovo Millennio è stata registrata una diminuzione delle esportazioni di carbone dal Paese comunista, laddove invece le importazioni di

18 K. Wu, Energy Economy in China: Policy Imperatives, Market Dynamics, and Regional

Developments, Singapore, World Scientific Publishing Co. Pte. Ltd, 2013, p. 1.

19

International Energy Outlook 2016: with projections to 2040, fonte U.S. Energy Information Administration, Washington, 2016, p. 61.

20 Ibidem.

21 K. Wu, op. cit., p. 3. 22

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carbone hanno cominciato ad estendersi speditamente.23. La produzione di questa

risorsa energetica garantiva ancora il 70 per cento del consumo di energia

commerciale24. Nel 2010 il consumo complessivo di energia della Repubblica

Popolare Cinese ha raggiunto 3,25 miliardi di tonnellate di carbone standard25.

In questo stesso periodo, il Paese ha rappresentato il 50 per cento del consumo globale di carbone.

Nonostante il Governo centrale di Pechino stia compiendo sforzi al fine di contenere l'utilizzo di carbone e di dare impulso all'impiego di altre fonti di energia primaria, il consumo di tale fonte di approvvigionamento energetico continuerà ad incrementare sino al 2025 prima di iniziare a decrescere unitamente ad una crescita generale più graduale nel consumo di energia e all'attuazione di politiche per l'inquinamento atmosferico ed il cambiamento climatico. Ciò rappresenterà senza dubbio una dura prova a lungo termine per la classe dirigente cinese, poiché sarà arduo spostare il consumo di energia lontano dal carbone. A metà del Ventesimo secolo, le economie occidentali hanno trasferito i loro consumi principalmente verso il petrolio. Tuttavia, ciò è stato in parte un effetto della deindustrializzazione e la Repubblica Popolare Cinese resta in una fascia

molto inferiore di PIL pro capite di quanto non fosse l'Occidente in quella fase26.

È ragionevole presumere che, nell'ipotesi che il Paese riduca il suo consumo di carbone, la sola fonte di energia in grado di colmare il gap di approvvigionamento risultante sarebbe l'energia nucleare.

Dal 1980 sino al 1996 la Repubblica Popolare Cinese ha vissuto una fase di rapido

sviluppo economico sospinto principalmente dal settore industriale27. Man mano

che l'economia cresceva, si intensificavano anche le pressioni sugli approvvigionamenti energetici e la produzione di carbone è stata capace, in una

certa misura, di rispondere a tale necessità. 28.

Negli anni Ottanta del Ventesimo secolo, allorché il Paese era un esportatore netto di energia, il saldo complessivo tra generazione di energia e consumo di quest'ultima era positivo. Negli anni Novanta tale saldo è cominciato a divenire leggermente negativo e si è poi acuito a partire dagli inizi del nuovo Millennio

23 K. Wu, op. cit., p. 3.

24 T. Wright, The Political Economy of the Chinese Coal Industry: Black gold and blood-stained

coal, Abingdon, Routledge, 2012, p. 33.

25 W. Luolin, China's WTO Accession Reassessed, Abingdon, Routledge, 2015, p. 267. 26 T. Wright, op. cit., p. 34.

27 P. A. Speed, R. Dannreuther, op. cit., p. 10. 28

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87 con l'aumento della domanda interna. Pertanto, la Repubblica Popolare Cinese ha iniziato ad essere sempre più dipendente dalle importazioni di energia e ciò spiega perché il Paese asiatico sia sempre più interessato e preoccupato per le questioni che riguardano la sicurezza energetica.

In relazione all'altra fonte di energia primaria fondamentale per la crescita economica della Repubblica Popolare Cinese, vale a dire il petrolio, quest'ultimo costituisce la seconda maggiore fonte di consumo di energia primaria e di produzione del Paese. Le riserve petrolifere autoctone hanno una dimensione degna di nota, difatti corrispondono a 3,3 miliardi di tonnellate, il 2,3 per cento

del totale mondiale29. Durante l'epoca maoista il petrolio greggio rappresentava

solo il 4,6 per cento del consumo totale di energia del Paese, mentre nel 1978

questo è salito a circa il 22 per cento30.

Dagli inizi degli anni Novanta del Ventesimo secolo, la Cina popolare divenne un importatore di petrolio, oltre a ciò ogni anno il fabbisogno di importazioni si ampliava sempre di più, e aveva ad oggetto principalmente petrolio greggio, il

quale veniva poi, in un secondo momento, raffinato in impianti autoctoni31.

Sempre nello stesso periodo di tempo la proporzione di petrolio nel mix energetico ha subito un progressivo aumento, dal momento che il suo impiego nell'industria petrolchimica, nelle costruzioni e nei trasporti, soprattutto a causa della diffusione, proprio in questa fase, delle automobili nel Paese, era cresciuto. Ciò portò la sicurezza petrolifera nell'agenda politica del Governo di Pechino. Tuttavia, nel corso di questo periodo la regolare, costante capacità dei mercati petroliferi mondiali di incontrare la domanda di petrolio della Repubblica Popolare Cinese riuscì a moderare l'insicurezza percepita, insicurezza dipesa dalla crescente affidabilità del Paese asiatico dalle importazioni di tale risorsa

energetica32. Agli inizi del nuovo Millennio, la Repubblica Popolare Cinese è

diventò il secondo importatore mondiale di petrolio, per divenire

successivamente, nel 2013, il primo importatore mondiale di questa risorsa energetica33.

29 F. Lemoine, op. cit., p. 61.

30 J. Wong, C. K. Wong, China's New Oil Development Strategy Taking Shape, Singapore, World

Scientific Publishing Co. Pte. Ltd., 1998, p. 17.

31

P. A. Speed, R. Dannreuther, op. cit., p. 11.

32 M. Taylor, The Chinese State, Oil and Energy Security, Singapore, Palgrave Macmillan, 2014,

p. 112.

33 P. Grosser, Dall'Asia al mondo: Un'altra visione del XX secolo, Einaudi, 2018, (formato

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88 L'incremento della richiesta petrolifera da parte della Cina comunista può essere chiarita mediante gli effetti di reddito e di sostituzione dello sviluppo economico, dapprima un aumento del reddito pro capite ed in seguito la sostituzione del petrolio con il carbone, il quale, ad ogni modo, resta ancora la fonte di energia

predominante nella Repubblica Popolare Cinese34.

L'espansione del reddito pro capite ha comportato che gli individui e i nuclei familiari avessero la possibilità di attuare un passaggio in direzione di un maggiore consumo di benzina e di gas naturale e ciò a spese del carbone. Difatti, facendo riferimento all'attuale trend inerente alla richiesta di energia, la Repubblica Popolare Cinese, presumibilmente, continuerà ad attuare una politica energetica orientata verso il petrolio ed il gas naturale al posto del carbone. Tale politica di sostituzione energetica testimonia anche la crescente apprensione della Repubblica Popolare Cinese per il problema dell'inquinamento ambientale, il

quale deriva dalla produzione e dal consumo del carbone35.

All'indomani di una serie di sfide poste alla sicurezza energetica è accresciuta notevolmente la percezione di crisi energetica nella classe dirigente di Pechino. Con riferimento al quadro internazionale, la Terza Guerra del Golfo con il conseguente incremento della partecipazione attiva statunitense nell'area mediorientale, ha riadattato la visione di base della Repubblica Popolare Cinese sulla geopolitica del petrolio e ha spronato ulteriormente il Paese asiatico circa l'esigenza e l'impellenza di limitare l'eccessiva dipendenza dalle forniture petrolifere mediorientali. Peraltro, a livello interno, il sistema produttivo cinese in grande e rapida espansione ha condotto ad un forte incremento della richiesta di approvvigionamento energetico, acuendo il gap tra produzione e consumo di petrolio domestico, che doveva, e deve, necessariamente essere sanato dal petrolio importato.

Proprio per far fronte a ciò, dal 2003 il Governo di Pechino ha iniziato a compiere sforzi al fine di attuare delle riforme inerenti al settore energetico. In primo luogo, l'obiettivo per il Governo cinese riguardava la necessità di migliorare la coerenza ed il coordinamento della politica petrolifera allo scopo di garantire l'offerta estera; in secondo luogo, la classe dirigente cinese ha iniziato ad impegnarsi sul

34 J. Wong, C. K. Wong, op. cit., p. 17. 35

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89 lato della domanda, intraprendendo delle iniziative volte a limitare il consumo interno di petrolio36.

Il consumo di petrolio cresce molto più velocemente della produzione e, dal momento che l'attuale tasso di produzione petrolifera della Repubblica Popolare Cinese non è riuscito ad incontrare le crescenti richieste interne, una delle principali sfide dell'industria petrolifera della Repubblica Popolare Cinese è, ad oggi, riuscire a trovare il modo di aumentare la capacità produttiva esistente mediante il supporto di tecnologia straniera e, al contempo, cercare di esplorare e

sfruttare nuove riserve sia nazionali che estere37. Entro il 2020 il consumo di

petrolio della Repubblica Popolare Cinese coinciderà con quello degli Stati Uniti38.

L'affidabilità del Governo di Pechino da questa fonte di approvvigionamento energetico è destinata ad aumentare. La Repubblica Popolare Cinese sta tentando di incrementare la produzione dei giacimenti nell'ovest del Paese, specialmente nella regione dello Xinjiang, e di esplorare i giacimenti petroliferi marini, principalmente nelle acque nazionali che sono perlopiù indiscusse, come nel Golfo di Bohai e sul delta del fiume delle Perle.

Dai campi energetici offshore la Repubblica Popolare Cinese attinge una percentuale sempre crescente delle sue necessità quotidiane di petrolio. Forti interessi per la Repubblica Popolare Cinese, ma anche per altri Paesi dell'area quali il Vietnam, il Brunei, l'Indonesia e la Malesia, suscitano le riserve petrolifere potenziali nel Mar Cinese Meridionale.

La Repubblica Popolare Cinese si attesta al quinto posto nell'elenco dei maggiori produttori di petrolio del mondo, con una produzione di 164 milioni di tonnellate all'anno. Circa l'85% del petrolio prodotto nella Repubblica Popolare Cinese proviene da fonti onshore, con i giacimenti di Daqing nelle province nord-orientali che forniscono un quarto di tutta la produzione domestica. Tuttavia, questi campi hanno ormai raggiunto il picco e si presume che negli anni futuri si

registrerà una diminuzione della loro capacità produttiva39.

36 M. Taylor, op. cit., p. 112. 37

J. Wong, C. K. Wong, op. cit., p.17

38 J. F. Forest, M. V. Sousa, Oil and Terrorism in the New Gulf: Framing U.S. Energy and

Security Policies for the Gulf of Guinea, Lanham, Lexington Books, 2006, p. 1.

39 C. Jia, Characteristics of Chinese Petroleum Geology: Geological Features and Exploration

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90 Per supplire alle carenze delle sue fonti energetiche onshore la Repubblica Popolare Cinese ha sfruttato le trivellazioni offshore, anche se il processo di esplorazione, scoperta e recupero delle riserve petrolifere offshore è molto lungo e complesso. Oltre a ciò, per la Repubblica Popolare Cinese il fatto di poter usufruire delle risorse energetiche marittime è ulteriormente complicato dalle controversie vigenti con il Giappone e le due Coree, inerenti ai territori che la Repubblica Popolare Cinese rivendica sulla piattaforma continentale nel Mar Giallo e nel Mar Cinese Orientale. In quest'ultimo teatro spaziale, vi sono difatti significative risorse petrolifere, ma questi campi marittimi sono oggetto di forti dispute tra la Repubblica Popolare Cinese ed il Giappone, il quale sta comunque

perforando la zona40.

La Repubblica Popolare Cinese è il quinto maggior investitore a livello internazionale nel recupero di minerali offshore. L'attività di recupero di tali risorse si trova sotto il controllo del Governo di Pechino. Quest'ultimo, intorno alla metà degli anni Novanta, ha riorganizzato questo settore, promuovendo tre grandi compagnie petrolifere statali a livello ministeriale (China Petroleum &

Chemical Co., China National Petroleum Corp., China National Offshore Oil Corporation) direttamente sotto la Commissione Economica e Commerciale dello

Stato.

I campi marittimi attualmente forniscono quasi il 10 per cento della produzione petrolifera cinese ed è previsto un aumento circa la loro capacità produttiva. Tra il 2000 ed il 2005, la produzione offshore di petrolio e gas naturale ha registrato un aumento annuale di circa il 20 per cento. L'esplorazione e la produzione offshore si sono focalizzate nel Golfo di Bohai, nel delta del fiume Pearl, nel Mar Cinese Orientale e nel Mar Cinese Meridionale.

La Repubblica Popolare Cinese si è avvalsa della recessione economica, occorsa all'indomani dello scoppio della crisi finanziaria del 2008, e dei valori delle risorse più bassi per accentuare le sue acquisizioni globali ed il finanziamento delle risorse energetiche in numerosi Stati. La Repubblica Popolare Cinese ha concluso prestiti per accordi petroliferi con la Federazione Russa, alcuni Stati sudamericani ed il Kazakhstan. Inoltre, ulteriori investimenti sono stati effettuati anche nelle industrie di produzione petrolifera di Iraq, Iran, Pakistan ed altri paesi.

40 B. Courmont, F. Lasserre, E. Mottet, Assessing Maritime Disputes in East Asia: Political and

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91 Nel 2008 le due maggiori fonti di petrolio importato sono state l'Arabia Saudita e l'Angola41.

Ad oggi, la Repubblica Popolare Cinese importa più del 50 per cento del suo petrolio dall'estero, una cifra che è destinata a salire al 75 per cento entro il 2030. La maggior parte di questa risorsa naturale arriva mediante il trasporto marittimo, principalmente dal Medio Oriente e dall'Africa, su vie di comunicazione marittime molto lunghe ed articolate. Dato che si prevede un ulteriore aumento della popolazione della Repubblica Popolare Cinese, congiuntamente all'espansione costante della sua economia, il valore delle risorse offshore per il

Governo centrale di Pechino continuerà ad ampliarsi42.

Per quanto attiene ad un'altra importante risorsa, ossia il gas naturale, si può sostenere che esista nella Repubblica Popolare Cinese un potenziale significativo in termini di approvvigionamento di tale materia. Si stima che le riserve di gas naturale si aggirino intorno ai 1,370 miliardi di metri cubi, che corrisponde allo 0,9 per cento del totale mondiale. Prendendo in considerazione i dati del Ministero dei Terreni e delle Risorse, si considera che vi siano circa 40 trilioni di metri cubi

di riserve di gas naturale accessibili43. Il gas naturale è la seconda più grande fonte

marittima di combustile della Repubblica Popolare Cinese. Dalla metà degli anni Novanta del Ventesimo secolo, la politica energetica della Repubblica Popolare Cinese ha incentivato il passaggio al gas naturale, ed il suo impiego da parte dei consumatori residenziali, soprattutto nelle città più grandi, è salito di oltre sei

volte tra la metà degli anni Novanta e gli inizi del nuovo Millennio44. Fermo

restando che il ruolo del gas naturale in questo periodo rimase marginale. La motivazione che può chiarire tale punto, si riconduce al fatto che l'estrazione è un'attività difficile e costosa e necessita di innovazione, sia tecnica che istituzionale, prima che le potenziali risorse possano essere convertite in

produzione effettiva45.

41

W. Luolin, op. cit., pp. 267-268.

42 A. H. Cordesman, S. Colley, Chinese Strategy and Military Modernization in 2015: A

comparative Analysis, Lanham, Rowman & Littlefield, 2016, p. 434.

43 Shell International Ltd and the Development Research Center of the State Council of the

People's Republic of China, China's Gas Development Strategies: Advances in Oil and Gas

Exploration and Production, Cham, Springer, 2017, p. 6.

44T. Wright, op. cit., p. 34.

45Shell International Ltd and the Development Research Center of the State Council of the People's

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92 Nel 2012 si realizzò un passo avanti in direzione dell'uso di tale risorsa, allorché la Commissione Nazionale Cinese per lo Sviluppo e le Riforme emise la nuova politica sull'utilizzo del gas naturale, la quale fornisce anche ora un maggiore

supporto alla generazione di energia del gas46. Si prevede che alla fine del periodo

del XIII piano quinquennale, il tasso di consumo di gas per la generazione di energia rispetto al consumo totale di gas raggiungerà circa il 18 per cento. A medio e lungo termine, presumibilmente, la percentuale di gas naturale per la

produzione di energia aumenterà costantemente47. Nel 2007, per la prima volta, la

Repubblica Popolare Cinese divenne un importatore di gas naturale.

L'obiettivo corrente della classe dirigente cinese circa il reindirizzamento dell'economia cinese verso il consumo interno, richiederà di espandere le importazioni, primariamente acquistando gas naturale liquefatto da fonti esterne, e secondariamente continuando il suo ambizioso progetto di gasdotti al fine di condurre nella Repubblica Popolare Cinese il gas naturale proveniente sia dalla Russia che dagli Stati dell'Asia centrale, in particolare dal Kazakhstan.

Ad ogni modo, il Mar Cinese Meridionale è una delle principali fonti di questa risorsa naturale. Il primo terminal di liquefazione del gas naturale della Repubblica Popolare Cinese è in costruzione vicino a Shenzhen in previsione della resa del Mar Cinese Meridionale.

Ad oggi, il più grande campo di gas naturale offshore della Repubblica Popolare Cinese è quello di Yacheng 13-1, nonché dal 2007 principale fonte di energia di Hong Kong. Inoltre, questo campo esemplifica il ruolo delle compagnie estere nel settore energetico della Cina popolare. Infatti, la British Petroleum e Kuwait

Foreign Petroleum Exploration Company forniscono, rispettivamente, il 34 per

cento ed il 15 per cento dei suoi fondi operativi. Gli ingenti investimenti esteri nel settore energetico della Repubblica Popolare Cinese espongono il Paese asiatico all'influenza straniera, un elemento degno di nota dal momento che le risorse energetiche sono al centro della continua crescita economica della Cina comunista, che a sua volta condiziona in maniera diretta la legittimità del regime. Per essere meno vulnerabile, ovvero meno dipendente, la Repubblica Popolare Cinese ha adottato una strategia energetica mirante da un lato all'utilizzo di materie prime differenziate per la generazione di energia e all'impiego di fonti

46 Y. Zhang, Non-Fossil Energy Development in China: Goals and Challenges, London, Elsevier

Inc., 2019, p. 126.

47

(14)

93

green, e dall'altro alla diversificazione, sia per quanto attiene il numero di fornitori

esterni che per quanto riguarda le modalità di trasporto delle fonti energetiche, vale a dire che, oltre a fare affidamento su vie di comunicazione marittime, la Repubblica Popolare Cinese si sta muovendo in direzione della costruzione di una

rete di approvvigionamento che comprenda quindi oleodotti e gasdotti48.

Un elemento importante da evidenziare attiene al fatto che confidare su fonti esterne di energia dà origine ad un problema strategico per la Repubblica Popolare Cinese. Ad esempio, la Federazione Russa presenta, ad oggi, gravi problemi demografici, economici, nonché legati alla corruzione del Paese. Oltre a ciò, l'attività di recupero delle immense riserve di petrolio e di gas naturale in Siberia presenta notevoli problematicità sia dal punto di vista finanziario che tecnologico. Un discorso analogo può essere svolto con riferimento ad altre zone geografiche, quali ad esempio l'Asia centrale, la quale verte in una situazione di incertezza politica e di assenza di infrastrutture.

Al fine di garantire che l'economia cinese rimanga fornita di energia sufficiente, il Governo centrale di Pechino, dal punto di vista delle fonti di approvvigionamento energetico, si sta muovendo su più fronti. Il primo attiene alla preoccupazione di sfruttare appieno ''la coperta di sicurezza'' strategica fornita dalle terze più grandi riserve di carbone del mondo, che forniscono circa il 70 per cento del fabbisogno energetico giornaliero della Repubblica Popolare Comunista. Il secondo riguarda la disponibilità di forniture di petrolio offshore. Una terza fonte di approvvigionamento energetico futuro è costituita dalla ricerca e dall'uso di fonti energetiche di combustibili non fossili, in primo luogo di energia nucleare, ma

anche di energia idroelettrica, eolica, di marea49.

Relativamente all'energia nucleare commerciale, questa è stata inaugurata nel 1990, sono stati costruiti diversi impianti ed il suo uso è in crescita, anche se si prevede che non fornirà più del 4-6 per cento del consumo di energia commerciale nel 202050.

Con riferimento all'energia idroelettrica, il potenziale idroelettrico del Paese asiatico non è da sottovalutare, difatti questo è stimato a 379 gW. La cosiddetta ''Diga delle tre gole'' sul fiume Yangtze nella provincia di Hubei, la cui

48

G. Wang, Y. Zheng, China: Development and Governance, Singapore, World Scientific Publishing Co. Pte. Ltd., 2013, p. 512.

49 AA.VV. China's Energy Strategy: The Impact on Bejing's Maritime Policies, Annapolis, Naval

Institute Press, 2008, (formato Kindle).

50

(15)

94

costruzione venne approvata nel 199251 ed ultimata nel 2006, ha aumentato di un

quarto l'attuale capacità installata. La funzione principale di questa centrale idroelettrica è di ovviare alla scarsità di risorse energetiche nella Cina meridionale fornendo energia pulita, oltre che di contenere il rischio di inondazioni nella Cina

del Sud e di rendere più navigabile l'alto corso del fiume Yangtze52. In ogni caso,

agli inizi del nuovo Millennio l'energia idroelettrica forniva meramente il 2 per cento circa del consumo di energia commerciale.

Un'altra futura fonte di energia dei fondali marini potrebbe essere rappresentata dall'Idrato di metano, una forma semiliquida di combustile fossile, presumibilmente copioso nei fondali marini di tutto il mondo, compresi i fondali del Mar Cinese Meridionale e del Mar Cinese Orientale. Tuttavia, ad oggi, permangono numerose problematiche che ostacolano lo sviluppo della tecnologia per il recupero di questa fonte di energia, ad esempio la profondità alla quale si trova al di sotto del fondo oceanico.

Il XIII piano quinquennale (2016-2020) ha impresso un cambiamento al modello di crescita della Repubblica Popolare Cinese, identificando un nuovo orientamento di cosiddetto " New Normal" in funzione del rafforzamento interno ed internazionale del Paese. La classe dirigente comunista ha deciso di muoversi in direzione di un riorientamento della propria economia passando da un modello imperniato sull'esportazione e sugli investimenti ad uno più incentrato sul consumo interno, Pechino ha ora l'esigenza di dare sfogo ad una capacità industriale in eccesso nei settori dell'industria pesante, come quello dell'acciaio. La realizzazione e l'avanzamento dei grandi progetti infrastrutturali inseriti nella

Belt and Road Initiative potrà rappresentare un'efficace soluzione di lungo periodo

per ovviare all'eccedenza di tale capacità produttiva in quei settori della produzione cinese, salvaguardando posti di lavoro ed evitando l'esplodere di tensioni sociali che potrebbero mettere a repentaglio la tenuta del sistema politico

della Repubblica Popolare Cinese53.

Il modello di crescita economica è mutato prevedendo ora un tasso di crescita più basso rispetto al passato, ovvero l'andatura con la quale si è sviluppata l'economia della Cina comunista è passata dall'essere alta al divenire medio - alta, ma ciò

51 A. Gobbicchi, La Cina e la questione ambientale, Milano, Franco Angeli, 2012, p. 94. 52 F. Lemoine, op. cit., p. 61.

53 D. A. Bertozzi, La Belt and Road Initiative: La nuova Via della Seta e la Cina globale,

(16)

95

permetterà in futuro di migliorare la qualità della crescita54. Si prevede il profondo

adeguamento delle strutture economiche del Paese asiatico in direzione di un miglioramento e di innovazione. In particolare, importanti punti di crescita saranno rappresentati dall'industria dei servizi e dall'industria hi-tech, mentre la

proporzione dell'industria secondaria vedrà una diminuzione55. La crescita

economica del Paese comunista si troverà ad essere maggiormente dipendente dal miglioramento del capitale umano e dai vantaggi della tecnologia, dovrà potenziare la qualità dei suoi prodotti ed aumentate il contenuto tecnico di questi56.

Le prospettive che attestano la continua espansione dell'economia della Repubblica Popolare Cinese nei prossimi anni, sebbene più lenta, ma in ogni caso maggiormente stabile e sostenibile, si ripercuoteranno anche sulla ulteriore

crescita del consumo di energia57.

Lo sviluppo energetico, infatti, con l'ingresso dell'economia cinese nella nuova fase di crescita, mostra un nuovo trend di bassa crescita e basso incremento e la domanda di energia si presume che passerà da una crescita a medio - alta velocità ad una crescita a bassa velocità. L'aumento del consumo energetico complessivo si è abbassato da una media annuale di circa l'8 per cento nel periodo 2003-2011 a

meno del 4 per cento nel periodo 2012-201458.

Il mutamento economico necessita di una transizione energetica verso un'alta efficienza, basso inquinamento e basse emissioni di carbonio. Al contempo, il progresso in direzione di un'industria a basse emissioni di carbonio fornirà anche un più grande sostegno per la transizione economica.

La proporzione cinese del gas naturale nel mercato internazionale sta gradualmente incrementando ed alcuni elementi guideranno la Repubblica Popolare Cinese verso una continua crescita del consumo di tale risorsa naturale, quali lo sviluppo dell'industria dei servizi, l'ampliamento dell'urbanizzazione,

54

L. Shi, W. Haiyuan, Income Distribution and China's Economic ''New Normal'', Singapore, World Scientific Publishing Co. Pte. Ltd., 2019, p. 30.

55Shell International Ltd and the Development Research Center of the State Council of the People's

Republic of China, op. cit., p. 6.

56

X. Song, S. Wu, X. Xu, The Great Change in the Regional Economy of China under the New

Normal, Singapore, Springer, 2019, p. 194.

57 K. Wu, op. cit., p. 1.

58 J. I. Considine, K.W. Paik, Handbook of Energy Politics, Cheltenham, Edward Elgar Publishing

(17)

96

nonché il controllo dell'inquinamento atmosferico59. La capacità di importazione

di gas naturale della Repubblica Popolare Cinese aumenterà molto. In tale direzione va la conclusione dell'intesa del 2014 sul gas naturale a Shanghai tra la russa Gazprom e la China National Petroleum Corporation. Tale collaborazione sino-russa, della durata trentennale, impegna la Federazione Russa a fornire, per la prima volta, alla controparte cinese tale risorsa energetica a partire dal 2018, prevedendo la realizzazione di oleodotti ed altre infrastrutture che dai giacimenti russi arrivino sino in territorio cinese. In tal senso, nel dicembre 2019 è stato inaugurato il nuovo gasdotto ''Power of Siberia''. Ciò consente alla Repubblica Popolare Cinese di differenziare le sue forniture energetiche e di limitare la sua

smisurata affidabilità dal carbone e dal petrolio importato attraverso gli oceani60,

garantendosi una tale importante fonte di combustibile pulito ad un prezzo conveniente. L'accordo è degno di nota anche a livello geopolitico, dato che rafforza l'entente tra i due Paesi asiatici, creando un potente contrappeso

economico agli Stati Uniti e all'Europa61. La Federazione Russa e la Repubblica

Popolare Cinese stanno stringendo molti accordi commerciali di fornitura di materie prime energetiche.

Nella stessa direzione vanno anche altri accordi, ne citiamo due: il China-Central

Asia Gas Pipeline, Line D ed il Gwadar-Nawabshal LNG Terminal and Pipeline.

La prima intesa è stata firmata tra il Governo centrale di Pechino ed i Governi dell'Uzbekistan, Tajikistan e del Kyrgyzstan e mira a realizzare una nuova diramazione del China-Central Asia Gas Pipeline avente la capacità di 30 miliardi

di metri cubi all'anno62.

La seconda collaborazione è stata sottoscritta con il Governo di Islamabad ed è finalizzata a costruire un terminal e un oleodotto. Tale accordo è compreso entro il progetto China-Pakistan Economic Corridor sotto l'ombrello della One Belt One

Road. Questa iniziativa, lanciata dal Presidente della Repubblica Popolare Cinese

Xi Jinping nel corso del 201363, si sostanzia in un progetto di lungo periodo, che

59

Shell International Ltd and the Development Research Center of the State Council of the People's Republic of China, op. cit., p. 6.

60 A. De Robertis, La Russia, i BRICS e l'Ordine Internazionale, Roma, Edizioni Nuova Cultura,

2015, p. 90.

61

Ibidem.

62 H. K. H. Wang, Energy Markets in Emerging Economies: Strategies for growth, Abingdon,

Routledge, 2017, p. 99.

63 M. Dian, One Belt One Road and China's Alternative Blueprint for Economic Governance in

(18)

97 consta di due segmenti uno terrestre e l'altro marittimo, che prevede il finanziamento, la costruzione o il potenziamento, e la gestione da parte del Governo centrale di Pechino di numerosi progetti infrastrutturali, quali porti,

aeroporti, strade, e ferrovie64.

L'importanza di questo mastodontico sforzo cinese è costituita dal fatto che, plausibilmente, aiuterà la Repubblica Popolare Cinese nell'obiettivo di differenziare le sue fonti energetiche. Ed il Pakistan è uno dei punti focali di questo grande ambizioso progetto cinese.

Nel 2007, Islamabad e Pechino sottoscrissero dapprima un accordo di libero scambio con il fine di dare avvio al commercio bilaterale tra i due Paesi, attraverso il quale il Pakistan avrebbe potuto così esportare un certo numero di materie prime, necessarie allo sviluppo economico della Repubblica Popolare

Cinese, senza il pagamento di alcun dazio65. Successivamente, nel 2015 i due

Paesi conclusero un sostanzioso accordo economico che diede vita al

China-Pakistan Economic Corridor, uno dei preminenti corridoi che costituiscono la Belt and Road Initiative, sia con riferimento ai progetti infrastrutturali in corso sia

per il significato geopolitico che ricopre ed il solido rapporto diplomatico che lo

alimenta66. Questo corridoio può essere descritto quale unione geografica tra via

terrestre e via marittima, consta di una serie di autostrade, ferrovie, centrali elettriche, zone economiche e aeroporti che connetteranno la città di confine cinese Kashgar nello Xinjiang, a Gwadar, città portuale situata nella provincia del Belucistan.

Si rilevano numerose motivazioni circa l'importanza di questo corridoio economico per il Governo di Pechino. Innanzitutto, la strategicità del porto di Gwadar. Data la sua posizione geografica, esso assicura alla Repubblica Popolare Cinese un accesso diretto sul Mar Arabico e facilita l'accesso alla costa africana, dove forti sono gli interessi cinesi. Inoltre, è una struttura che deve essere osservata in correlazione con la ferrovia Addis Abeba - Gibuti, vale a dire come

congiunzione tra Corno d'Africa ed Asia sudorientale67. Si prevede che la

64 P. Sellari, C. Cerreti, M. Marconi, Spazi e Poteri: Geografia politica, geografia economica,

geopolitica, Bari, Laterza, 2019, (Formato Kindle).

65 B. R. Deepak, China's Global Rebalancing and the New Silk Road, Singapore, Springer, 2018,

p. 72.

66 D. A. Bertozzi, op. cit., (formato Kindle) 67

(19)

98 Repubblica Popolare Cinese in futuro potrebbe dare vita ad una base navale ed aerea a Jiwani, città pakistana non distante dalla città portuale di Gwadar.

Si considera che tale progetto multidimensionale, per cui sono stati stanziati attorno ai 62 miliardi di dollari di investimenti, amplierà notevolmente la capacità di esportazione del Pakistan verso la Repubblica Popolare Cinese. Di questi stanziamenti più di 10 miliardi sarebbero stati indirizzati al potenziamento del porto di Gwadar, il quale è sotto la gestione del Governo centrale di Pechino per la durata di 40 anni68.

Il porto pakistano si trova al centro del China-Pakistan Economic Corridor e raffigura un fondamentale punto di collegamento tra la via marittima e la via terrestre, e uno scalo marittimo strategicamente rilevante per i traffici marittimi globali, oltre a costituire una possibile via alternativa allo Stretto di Malacca per il

trasporto di merci e di prodotti energetici, come il petrolio ed il gas naturale69.

La necessità per la Repubblica Popolare Cinese di dislocare navi militari nel porto di Gwadar, le quali potranno così ormeggiare, nonché rifornirsi di carburante nei ''porti amici'', scaturirebbe dall'ubicazione di tale porto, dal momento che è posto in un punto nevralgico, ovvero in prossimità del Golfo di Oman e specialmente dello Stretto di Hormuz, ingresso al Golfo persico, ove transita il 60 per cento del petrolio consumato in tutto il mondo. La salvaguardia delle vie di comunicazione marittime dell'Oceano Indiano, di fondamentale importanza per il commercio internazionale della Repubblica Popolare Cinese, costituisce la preminente preoccupazione marittima cinese ad ovest dello Stretto di Malacca.

Lo Stretto di Malacca è quel braccio di mare posto tra la Penisola di Malacca e l'Isola di Sumatra, che si estende attorno agli 800 km e che connette il Mar Cinese Meridionale all'Oceano Indiano, che rappresenta una delle maggiori rotte commerciali mondiali ed una cruciale via di comunicazione per il rifornimento

energetico dell'Asia70.

Il porto di Gwadar, e parzialmente anche il porto di Karachi, fornirebbero alla Repubblica Popolare Cinese una possibile soluzione al cosiddetto ''Dilemma di Malacca'' dischiudendo una via strategica alternativa, e più breve, per l'approvvigionamento di petrolio dal Medio Oriente, che gli permetterebbe di

68 Ibidem.

69 A. Selvatici, La Cina e la Nuova Via della Seta: Progetto per un'invasione globale, Soveria

Mannelli, Rubbettino, 2018, (formato Kindle).

70

(20)

99 eludere le acque ''calde'' del Mar Cinese Meridionale, ove forte è la presenza navale degli Stati Uniti.

Con l'espressione ''Dilemma di Malacca''si allude alla forte dipendenza della Cina Comunista dalle importazioni di idrocarburi, la maggior parte delle quali deve superare proprio il punto di strozzamento rappresentato dallo Stretto di Malacca, via più breve che pone direttamente in comunicazione l'Oceano Indiano con il Mar Cinese Meridionale.

Il controllo dello Stretto di Malacca assume un'importanza strategica, dal momento che, come riportato da un articolo del China Youth Daily del Governo di Pechino, chi domina tale punto di strozzamento si assicurerà anche una stretta

morsa sulla rotta energetica della Repubblica Popolare Cinese71 A lungo termine,

il disegno della Cina comunista aspirerebbe a realizzare ambiziose infrastrutture che consentano di mettere in comunicazione i due oceani, l'Oceano Indiano e l'Oceano Pacifico in maniera tale da vedere così diminuita l'eccessiva affidabilità

cinese da quel corridoio marittimo72. Il miglioramento delle strade e dei porti del

Myanmar si muove nella stessa direzione, è volta ad accelerare l'accesso della Repubblica Popolare Cinese al Mare delle Andamane senza dover fare

affidamento sullo strategico Stretto di Malacca73. Altre strutture portuali

nell'Oceano Indiano, oltre il porto pakistano di Gwadar, potrebbero incontrare gli interessi della Repubblica Popolare Cinese lungo la Via della Seta marittima ed operare quale futuro punto di appoggio per la Marina dell'Esercito di Liberazione Popolare Cinese. Difatti, vi sarebbero Kyaukpyu nel Myanmar, Chittagong nel Bangladesh, Hambantota e Colombo nello Sri Lanka, che potrebbero costituire dei canali commerciali alternativi allo Stretto di Malacca, operando quali basi per la protezione dei traffici marittimi cinesi e per la proiezione di potenza della Repubblica Popolare Cinese nella regione del Golfo Persico. Questi rappresenterebbero alcuni dei terminali di ciò che è stato identificato con il concetto di ''String of Pearls''. Tale espressione comparve, per la prima volta, in un rapporto inerente alla sicurezza energetica per il Dipartimento della Difesa statunitense ed esprimerebbe la strategia cinese di creazione di una catena di avamposti, di assets portuali, ma anche di aeroporti in numerose Nazioni

71 P. Khanna, Connectography: Le mappe del futuro ordine mondiale, Roma, Fazi, 2016, (formato

Kindle).

72 Ibidem. 73

(21)

100 ''amiche''con sbocco sull'Oceano Indiano, dal Golfo del Bengala allo Sri Lanka, sino al grande porto di Gwadar nel Belucistan pakistano, realizzati al fine di connettere ipoteticamente il Mar Cinese Meridionale con il Golfo Persico, Gibuti e l'Africa Orientale così da poter proteggere i propri rifornimenti energetici e di

altro tipo74. Il Porto di Gwadar dominerà il Mar arabico e gli accessi al Golfo

Persico e sarà collegato all'entroterra cinese dall'autostrada himalayana75. A detta

di alcuni analisti della difesa indiani, la Via della Seta marittima, l'altro segmento che costituisce la One Belt One Road, potrebbe costituire la manovra, dapprima economica, per rendere concreto questo progetto. Sul volgere del 2013, fu reso noto dal Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping, mentre era in visita in Indonesia, l'annuncio circa ''la Via della Seta Marittima del XXI

secolo''76. La Maritime Silk Road, sulla base di un documento del 2015 rilasciato

dal Governo di Pechino, è stata progettata per giungere dal litorale della Repubblica Popolare Cinese sino all'Europa in una rotta, passando attraverso il

Sudest asiatico e confluendo in un secondo momento nell'Oceano indiano,77e dalla

costa cinese attraverso il Mar Cinese Meridionale fino all'Oceano Pacifico in un'altra rotta.

Parte fondamentale della politica della Belt and Road Initiative marittima è rappresentata dalla supervisione delle rotte marittime, ove viaggiano i carburanti, di alcuni nodi strategici, nonché dall'esigenza di avere a disposizione una rete

distributiva di terra che sia in comunicazione con alcuni porti78. La Maritime Silk

Road collegherebbe il litorale della Repubblica Popolare Cinese all'Oceano

Indiano occidentale, toccando i porti africani di Gibuti e Mombasa e, attraversato

il Canale di Suez, sino al Mediterraneo79.

Tale segmento della One Belt One Road prevede una serie di investimenti in numerosi porti esteri in Bangladesh, Sri Lanka, Birmania e Pakistan. Il maggiore operatore del settore portuale della Repubblica Popolare Cinese, la China

Merchants Group, ha effettuato infatti investimenti nei porti di Colombo e Gibuti

che promettono elevati rendimenti80.

74 D. A. Bertozzi, op. cit., (formato Kindle).

75 C. Jean, Geopolitica del mondo contemporaneo, Bari, Laterza, 2013, (formato Kindle).

76 B. K. Sharma, N. Das Kundu, China's One Belt One Road: Initiative, Challenges and Prospects,

New Delhi, Vij Books India Pvt Ltd, 2016, (Formato Kindle).

77 Ibidem.

78 A. Selvatici, op. cit., (formato Kindle).

79 P. Sellari, C. Cerreti, M. Marconi, op. cit., (formato Kindle). 80

(22)

101 Relativamente allo Sri Lanka, la Repubblica Popolare Cinese rese noto nel 2018 un sostanzioso investimento per l'edificazione di tre torri per uffici da sessanta piani nell'ambito del progetto di Port City a Colombo, ove un terminal è già stato costruito dalla suddetta China Merchants Port Holding e che dovrebbe accogliere una ''città internazionale della finanza''. Oltre a ciò, si registrano forti investimenti cinesi nel porto di Hambantota, il quale è stato ceduto alla Repubblica Popolare

Cinese con un contratto di affitto dalla durata di 99 anni81.

Insieme al Bangladesh, allo Sri Lanka e al Pakistan, anche il Myanmar, come detto, è diventato strategicamente rilevante per la politica cinese di irraggiamento verso l'Oceano Indiano. Tuttavia, per la Repubblica Popolare Cinese avere un alleato così poco rispettabile, specialmente per il suo regime dittatoriale, potrebbe rappresentare un serio ostacolo per la sua ricerca di riconoscimento e di credibilità internazionale, nonché per la sua immagine di responsible stakeholder della

stabilità internazionale82. In aggiunta a ciò, comunque il Governo della

Repubblica Popolare Cinese ha effettuato importanti investimenti per l'esplorazione e la ricerca di idrocarburi nei fondali delle acque territoriali dell'ex Birmania. E nel 2007 Pechino firmò un accordo della durata di trent'anni con il Governo di Naypyidaw avente quale oggetto l'edificazione di un enorme porto a

Maday Island, al largo della costa di Arakan, nonché la realizzazione di un

gasdotto e di un oleodotto che avrebbero dovuto raggiungere la provincia cinese

dello Yunnan83. La Repubblica Popolare Cinese avrebbe inoltre stanziato fondi

per la realizzazione di un immenso impianto di sorveglianza elettronica in prossimità delle isole Coco, nonché per l'attuazione di diverse basi navali volte a garantire l'accesso all'Oceano indiano. Ad oggi, il Paese asiatico sta cercando una base navale permanente sull'isola delle Seychelles al fine di realizzare operazioni logistiche84.

Di Fronte a tutto ciò l'India si sente accerchiata dalla Cina popolare, non solo per l'appoggio che Pechino fornisce al Pakistan, ma anche perché sospetta che la strategia cinese della cosiddetta String of Pearls miri a sottrarle il controllo

81 D. A. Bertozzi, op. cit., (formato Kindle). 82

B. Courmont, Cina, La Grande Seduttrice: Saggio sulla strategia cinese di conquista del

Mondo, Fuoco Edizioni, 2011, (formato Kindle).

83 G. Gabellini, Caos: Economia, Strategia e Geopolitica nel mondo globalizzato, Fuoco Edizioni,

2014, (formato Kindle).

84

(23)

102

dell'Oceano Indiano, data la sempre maggiore presenza cinese nell'area85. In

particolare, il fatto che la Repubblica Popolare Cinese abbia provveduto a ricostruire il porto di Colombo al fine di poter ospitare la nuova generazione di mega navi portacontainer potrebbe trasferire fino a quasi un terzo dei trasbordi dell'India dalle proprie infrastrutture portuali meno aerodinamiche e lasciare l'India vulnerabile alla dipendenza da uno sbocco estero. Inoltre, la Repubblica Popolare Cinese ha suscitato grande inquietudine nell'India, allorché nel 2015

inviò due suoi sottomarini in visita nei porti di Colombo e Karachi86. Ad ogni

modo, il Governo di Nuova Delhi si sta adoperando per contrastare le attività della Repubblica Popolare Cinese nell'area oceanica di riferimento, ad esempio

espandendo la propria area operativa navale nel Pacifico occidentale.87.

4.3 La partecipazione della Marina dell'Esercito di Liberazione

Popolare Cinese nella Missione Anti-Pirateria nel Golfo di Aden e al

largo della costa orientale della Somalia

L' integrazione cinese nel sistema economico internazionale, che trovò l'apice l'11

settembre 2001 con l'ingresso della Repubblica Popolare Cinese

nell'Organizzazione Mondiale del Commercio, ha generato nuove dipendenze, tra cui degna di nota è quella inerente alle vie di comunicazione marittime. Da qui, il sorgere del forte interesse nazionale cinese a salvaguardare la sicurezza di quelle

85 C. Jean, op. cit., (formato Kindle).

86 S. Cariolato, La linea sul mare: Il confronto nel Mar Cinese Meridionale tra Cina e USA per le

isole Spratly, .Youcanprint, 2019, (formato Kindle).

87

(24)

103 vie di comunicazione marittime globali ove viaggia buona parte del commercio estero.

L'eccessiva affidabilità di Pechino, in particolare dalle riserve di petrolio e di gas naturale offshore, rende la loro difesa un problema di sicurezza nazionale e chiaramente una preoccupazione per la Marina dell'Esercito di Liberazione Popolare Cinese, la quale, dunque, è coinvolta strategicamente nella difesa del commercio oceanico in vista dell'ampia e crescente dipendenza della Repubblica Popolare Cinese dal commercio internazionale e dalle fonti energetiche. È difatti fondamentale stabilizzare la fascia di protezione delle forniture energetiche sia a livello politico che fisico. Pertanto, questo corpo militare assume una funzione cruciale nel presidiare i diversi canali di approvvigionamento e di distribuzione, perfino mediante il dispiegamento di navi militari.

Si attesta che, ad oggi, circa il 50 per cento dell'economia della Repubblica Popolare Cinese sia legata al commercio estero, ed il 90 per cento di questo viene trasportato via mare. La motivazione di ciò è da addurre alla convenienza, a livello di benefici economici, del trasporto marittimo, piuttosto che via terrestre. Strettamente connesso a ciò, è il fatto che la lunga costa cinese rende allettante l'utilizzo del trasporto via mare. Attualmente, le navi costituiscono lo strumento più redditizio per il trasporto di petrolio in confronto sia agli oleodotti che alle ferrovie88.

La Marina dell'Esercito di Liberazione Popolare deve garantire la protezione delle rotte marittime nelle acque territoriali che la Repubblica Popolare Cinese rivendica e per adempiere a tale ruolo è necessario disporre di un'efficace forza navale nel Mar Giallo, nel Mar Cinese Orientale e nel Mar Cinese Meridionale. Al momento, la Repubblica Popolare Cinese, nell'ambito della sua nuova strategia di espansione sta giocando una partita fondamentale proprio nei mari del sud.

Dall'isola di Hainan, la Repubblica Popolare Cinese è in grado di operare nella zona compresa tra la sua costa continentale, le Filippine, l'Indonesia, la Malaysia e la Penisola indocinese. Questa è una delle zone più trafficate del mondo attraverso la quale transitano le rotte che approvvigionano tutte le Nazioni che appartengono

88 H. Zhao, The Economic and Politics of China's Energy Security Transition, London, Elsevier,

(25)

104 a tale area. Oltre l'80 per cento delle erogazioni di greggio di tali Paesi passano

per il Mar Cinese Meridionale89.

Dalla forte dipendenza della Repubblica Popolare Cinese dal commercio marittimo proviene l'esigenza di dover sostenere le minacce alla sua sopravvivenza che si prospettano al di fuori dei suoi confini. In ciò starebbe l'importanza del riarmo navale cinese, in quanto quest'ultimo discenderebbe proprio dalla necessità di una Marina Militare più potente capace di proteggere gli interessi commerciali vitali per la conservazione stessa dell'economia cinese e

quindi del regime politico della Repubblica Popolare Cinese90.

Nell'ultimo decennio la spesa per la difesa di Pechino ha registrato un incremento ad un tasso medio del 13 per cento ed anche gli investimenti militari hanno

registrato una crescita al ritmo del 18 per cento91.

In aggiunta a quest'ultimo aspetto, se osserviamo l'allocazione dei fondi attuata dalla classe dirigente comunista negli ultimi anni tra le forze armate, terrestri, navali e aeree, si nota che è in atto una ristrutturazione delle Forze armate della Repubblica Popolare Cinese attraverso un ridimensionamento dell'Esercito a

favore della Marina e dell'Aereonautica92.

La Marina deve trovarsi nella posizione di essere in grado di spostarsi ovunque la Repubblica Popolare Cinese abbia interessi. Entro tale obiettivo rientrerebbe sia l'aiuto che il Governo centrale di Pechino avrebbe fornito, a livello economico e di progettazione, per l'edificazione del porto di Gwadar in Pakistan, il quale potrebbe in futuro essere uno dei punti di appoggio per le navi cinesi consentendogli l'accesso al Mare arabico e al Golfo persico, che la collocazione di stazioni di ascolto nel Myanmar meridionale al fine di sorvegliare il traffico navale attraverso

lo Stretto di Malacca93.

L'esigenza di rinforzare le capacità militari della Marina dell'Esercito di Liberazione Popolare si rende fortemente necessario anche nell'eventualità in cui le relazioni con gli Stati Uniti dovessero inasprirsi e questi ultimi dovessero decretare il blocco dello Stretto di Malacca, ostacolando in tal modo il

89 A. Spaventa, S. Monni, Al largo di Okinawa: Petrolio, armi, spie e affari nella sfida tra Cina e

Usa, Bari, Laterza, 2015, (formato Kindle).

90 Ibidem.

91 C. Jean, op. cit., (formato Kindle). 92 Ibidem.

93

(26)

105 rifornimento commerciale della Cina, in particolar modo di materie prime e risorse energetiche.

La classe dirigente cinese aveva indicato, nel suo libro bianco sulla difesa del 2010, l'area che dal Mar Giallo si estende fino allo Stretto di Taiwan ed attraversa

il Mar Cinese Orientale, quale prima linea del proprio sistema difensivo94. A tal

fine, la Repubblica Popolare Cinese aveva pianificato di potenziare le sue competenze in ambito navale, affinché fosse in grado, entro il 2010, di mettere in atto una strategia marittima per la regione Asia-Pacifico, imperniata sul concetto delle catene insulari, ovvero di riuscire ad acquisire, entro la data prefissata, un controllo, dapprima, su un primo gruppo di isole, situato nel Mar Cinese Orientale e parzialmente nel Mar Cinese Meridionale, e in un secondo tempo su un secondo insieme di isole, poste tra lo Stretto di Malacca, il Mare delle Filippine e il Mare

del Giappone95. Pertanto, la strategia marittima della Repubblica Popolare Cinese

è volta ad ottenere il libero accesso sia all'Oceano Pacifico che all'Oceano

Indiano96. Il fatto di poter essere in grado di dominare tali mari attigui al

continente asiatico rappresenterebbe per la Repubblica Popolare Cinese la possibilità, da un lato di ampliare il perimetro della propria sfera di influenza e, dall'altro di potenziare il proprio controllo sulle linee di comunicazione marittime

che mettono in comunicazione gli Oceani Pacifico e Indiano97. Per raggiungere

tale fine perciò la Repubblica Popolare Cinese deve accrescere le sue potenzialità militari, rinnovando la flotta ed equipaggiandosi con mezzi navali, specialmente aereonavali, che le consentano di proiettarsi in mare aperto oltre le proprie frontiere.

Solo nel 2015 la Marina dell'Esercito di Liberazione Popolare contava 225.000 uomini, 58 sottomarini, di cui sei nucleari, 50 fregate, 27 destroyer, 180 mezzi anfibi e 81 navi da guerra. E i piani di espansione, nonché di ammodernamento degli arsenali militari di tale apparato, stanno continuando ad avanzare in maniera molto ambiziosa con l'investimento di risorse sempre più imponenti, in particolare finalizzate all'acquisizione di moderne navi da combattimento di tutte le tipologie,

94C. Balssa, La strategia del Canguro: L'Australia e le relazioni internazionali tra l'Alleato

americano ed il partner cinese, Fuoco Edizioni, 2015, (formato Kindle).

95 M. Dian, One Belt One Road and China's Alternative Blueprint for Economic Governance in

Asia, fonte Rivista Geopolitica, Vol. VI, n. 1, 2017, p. 167.

96 Ibidem. 97

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