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CAPITOLO 2 – LA LOCALIZZAZIONE DELL’INTERVENTO 2.1 Un luogo coperto polifunzionale a Martina Franca

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Academic year: 2021

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CAPITOLO 2 – LA LOCALIZZAZIONE DELL’INTERVENTO

2.1 Un luogo coperto polifunzionale a Martina Franca

Da sempre i progetti architettonici hanno rispecchiato il tipo di società che li circonda, a patire dallo stile di vita, passando per le correnti culturali, fino ad arrivare alle nuove scoperte tecnologiche.

Non sfugge da questo schema neanche il contesto sociale odierno, caratterizzato dalla continua evoluzione, spesso frenetica, in cui l’incontro con altre persone e il dedicarsi ad attività diverse diventa sempre più difficile.

In base a quanto detto se immaginassimo di fare un fermo-immagine sulla società, il modello architettonico che la rappresenterebbe meglio è proprio una tensostruttura; infatti le strutture a geometria libera, tensostatiche o autoportanti, si dimostrano particolarmente indicate per la copertura di spazi aperti, semiaperti o chiusi per favorire lo scambio di idee tra gli uomini. Si ottengono spazi multifunzionali che vanno incontro all’esigenza di creare luoghi adeguati all’interazione fra la gente, in grado di essere stimolanti per attività ludiche e culturali e che coinvolgano la popolazione, quindi non un involucro più o meno riuscito, ma un ambiente aperto, accogliente e capace di relazionare le varie funzioni tra loro e con il tessuto urbano, in sostanza di essere vissuto quotidianamente.

La leggerezza è la caratteristica principale delle tensostrutture, determinata dalla forma libera, dalla linea morbida capace di creare effetti di luce ed ombra tali da coinvolgere l’immaginazione dei presenti.

Tale libertà di scelta del progettista è dovuta alle attuali tecnologie a disposizione che permettono di creare complessi di grandi dimensioni e al tempo stesso con forme fantasiose. Grandi pregi sono la versatilità e reversibilità, le quali permettono a quest’ultime di inserirsi nell’ambiente urbano con facilità e naturalezza e di scomparire una volta diventata superflua la loro presenza; il tutto senza grossi traumi per il contesto ambientale.

Le tensostrutture rappresentano un’architettura-simbolo di una società in evoluzione continua e rapida, diventano affermazione di una tecnica costruttiva disponibile per una progettazione tesa a realizzare uno scenario ambientale reversibile piuttosto che immobile.

Si delineano infatti come quelle costruzioni temporanee, versatili e multiuso che usano materiali leggeri come i tessuti e tecniche costruttive per essere facilmente smontabili e trasportabili, proprio allo scopo di configurare spazi adattabili a diversi luoghi e a molteplici situazioni climatiche.

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L’architettura delle membrane ha un duplice carattere: architettura capace di rispondere ai canoni di stabilità, funzionalità e bellezza in modo rinnovato e leggero e di costruzione capace di ottimizzare il rapporto tra materiale impiegato e durata della costruzione.

Economicamente le tensostrutture rappresentano il sistema costruttivo più vantaggioso per coprire spazi ad uso stagionale mantenendo e migliorando le caratteristiche della luce solare, difendendoli da questa e diffondendola uniformemente nell’ambiente coperto. Con le tensostrutture c’è la possibilità di stimolare la creatività e di esplorare innumerevoli campi grazie alle opportunità espressive offerte dall’uso delle membrane tessili.

Nel presente capitolo, si descrive il luogo di intervento e la necessità di rendere questo spazio, attualmente poco sfruttato, in uno dei punti nevralgici della città stessa, un contenitore di arte, cultura ed intrattenimento capace di mutare a seconda delle esigenze.

2.2 Notizie storiche su Martina Franca

Martina Franca sorge a 431 metri sopra il livello del mare, sul più alto gradino della Murgia sud-orientale. Martina ha una vasta superficie boschiva, in cui si associano piante ad alto fusto come le querce a piante cespugliose e sempre verdi resistenti ai lunghi periodi di siccità che costituiscono un piacevole esempio di macchia mediterranea. Particolarmente apprezzato dagli appassionati di botanica, è il bosco Pianelle, parco protetto nel quale all’inizio del 1900 si rifugiavano molti briganti alimentando il sorgere di spaventose storie che suscitavano terrore nell’immaginario popolare. La Murgia più bella è la Murgia dei Trulli, così definita per la presenza di Trulli, antiche costruzioni a secco costruite utilizzando il materiale pietroso che si ricavava dalle superfici ridotte a colture. Il Trullo, inconfondibile per il suo tetto conico in pietra ed i muri bianchi di calce, scaturisce da una cultura che esprime attaccamento alla terra, necessità di stabilità, ma anche disponibilità alla difesa e alla fuga. Generalmente a base quadrata, è costituito da un vano principale sul quale si affacciano tutti gli altri vani; per isolarli non si usano porte ma semplici tende; per coprire i vani quadrangolari si utilizzano archi a tutto sesto costruiti con centine di legno che poi vengono eliminate. Nello spessore dei muri sono ricavate delle nicchie che servono da armadi quando sono munite di ripiani o da posti letto quando sono costituite da ripiani più grandi con materassi.

Sulle origini remote di Martina, non si sa molto più di quanto dicono alcuni rinvenimenti di periodo romano e longobardo. Notizie certe si hanno invece a partire dalla fondazione della "terra" di Martina, ad opera degli Angioini Filippo I d'Angiò, principe di Taranto, allo

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14 scopo di consolidare la sua posizione in Terra Jonica, progettò la fondazione di due centri: Franca Martina, a metà strada tra Taranto e Monopoli, e Franca Villa, a metà strada tra Taranto e Brindisi.

Il luogo prescelto per Martina era ottimale per la posizione dominante sui gradini rocciosi delle Murge, e sulle valli verso Est. Il disegno della "Terra" (città murata), progettato da Francesco Loffredo, prevedeva due ordini di mura, una più esterna (della quale si è perduta ogni traccia) e una interna, caratterizzata da almeno sedici torri (alcune ancora in piedi) (Figg. 2.1 – 2.4) e quattro porte (Figg. 2.5 – 2.8).

La "terra" fu dedicata a San Martino, patrono della Cavalleria Francese; il prefisso "Franca", che compare in alcuni documenti, esprimeva l'origine della dinastia del principe, ma forse era anche legato ad alcuni privilegi concessi agli abitanti, (quali l'esenzione dai balzelli) allo scopo di incoraggiare l'occupazione del nuovo borgo. La fondazione reca la data del "Privilegio" emanato dal Principe il 12 Agosto 1310. In un successivo decreto (15 gennaio 1317) concesse agli abitanti di Martina il territorio compreso nel raggio di tre chilometri intorno all'abitato, destinato agli usi civici.

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15 Fig. 2.3: Torre San Pietro dei Greci Fig. 2.4: Torre delle Seti

Fig. 2.5: Porta San Nicola Fig. 2.6: Porta San Pietro dei Greci

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16 Nonostante sia sorta in epoca medioevale, Martina ha l’impronta di una cittadina settecentesca grazie agli edifici barocchi e rococò che ne caratterizzano mirabilmente il centro storico.

Dalle porte si può accedere al centro storico martinese, un dedalo di strette stradine che ricordano per l’architettura e il candore delle case, una città orientale. Talvolta improvvisamente le stradine lastricate con lucide cianche, lastroni chiari di pietra locale, si aprono in piazzette ove soprattutto in passato, si svolgevano la vita sociale, i commerci, i giochi infantili, e si possono ammirare le inchiostre, dal latino encaustrum, cioè cortile, che sono degli slarghi tra le architetture spontanee. Il centro è tutto un susseguirsi di archi, ripide scalinate ad una rampa o due, finestre e balconcini adorni di gerani e piantine aromatiche, portoncini con semplici fregi in pietra; per illuminare gli spazi angusti, ecco lanterne in ferro battuto; sotto gli archi si scoprono edicole evotive dedicate ai Santi più venerati e alla Madonna, testimoni dell’antica fede cristiana del popolo martinese. Al centro delle inchiostre, un vecchio pozzo in pietra, a testimonianza della carenza d’acqua che ha sempre afflitto la zona. Se il centro storico si esaurisse qui, lo si potrebbe definire piacevole e molto caratteristico, l’architettura martinese è molto di più per merito del barocco settecentesco, che qui ha trovato una sua espressione del tutto originale, grazie all’utilizzo per i fregi della pietra calcarea martinese, che sottolinea con colori caldi le linee architettoniche, che in questo speciale barocco si sono sfrondate di tante leziosità ed appaiono pulite, eleganti, misurate.

La pietra lavorata con amore e perizia dagli scalpellini del posto, incornicia portoni, finestre e balconi specialmente delle numerose case signorili che si affacciano sulle principali strade del centro storico.

Il barocco martinese, si può apprezzare ulteriormente negli edifici pubblici più importanti e nelle antiche chiese.

Tra le chiese il più bell’esempio di barocco martinese è la Basilica di San Martino (Fig. 2.9), edificata tra il 1747 e il 1763 su progetto dell’architetto Giovanni Mariani: caratteristica peculiare della Chiesa è la vertiginosa altezza della facciata, le cui decorazioni ricche ed articolate, sono esaltate dal grande altorilievo raffigurante San Martino a cavallo che divide il suo mantello col povero, che riduce la dispersività della facciata, ponendosi da tramite fra la parte inferiore e la loggia pontificale.

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17 Il più famoso tra i Palazzi della città è il Palazzo Ducale (Fig. 2.10), sede del Municipio, è qui che si svolge una manifestazione che propone la città all’attenzione nazionale ed europea: il Festival della Valle d’Itria, un appuntamento di straordinaria importanza per i melomani, che possono riascoltare musiche straordinarie e possono soprattutto ascoltare opere non eseguite da lungo tempo, ma che appartengono a pieno titolo alla nostra migliore tradizione musicale.

Il Palazzo Ducale, fatto erigere dai Caracciolo nel 1668, attribuito per molti anni al Bernini, ma dalla recente ricerca storica a Giovanni Andrea Carducci che lo costruì su disegno del Bernini, sorge in Piazza Roma alla quale si accede attraverso il più famoso arco della città dedicato al Santo Patrono, San Martino, la cui statua equestre domina il fastigio.

L’arco di trionfo in questione, chiamato anche Porta di Santo Stefano (Fig. 2.11), consente di accedere alla Piazza e di ammirare la facciata del Palazzo Ducale divisa orizzontalmente da una balconata decorata da una ringhiera con ferri spanciati.

Fig. 2.9: Basilica di San Martino Fig. 2.11: Porta di Santo Stefano

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2.3 Stato attuale Piazza F. D’Angiò

La piazza, costruita attraverso lente stratificazioni o realizzata ex novo nelle città di fondazione, è lo spazio privilegiato, il luogo dell’incontro e dello scambio, dove cultura e storia, simboli e tradizioni, rivivono quotidianamente in una forma armonica la cui essenza è possibile rintracciare nell’idea di sicurezza e di felicità che una città deve saper offrire ai suoi abitanti. Quest’immagine è andata via via perdendo di significato nella città attuale: spazi senza qualità si susseguono in una sequenza indifferente a qualsiasi contesto, omologano le città le une alle altre, confondono i ricordi. Un viaggiatore di altri tempi, con il suo taccuino di appunti e schizzi, difficilmente troverebbe dei riferimenti di fronte ai vuoti dei tessuti periferici moderni, più banali ed irrisolti momenti di interruzione del percorso che piazze, più episodi amorfi, occasionalmente posti a bloccare lo sviluppo edilizio, che luoghi di incontro.

Con l’entusiasmo di chi crede che sia ancora possibile creare opere utili e al contempo belle e perenni, si è cercato di rintracciare quegli aspetti che, allontanandosi da questioni puramente tecniche, pongono l’accento su quei principi generali della composizione che hanno prodotto i mirabili esempi del passato. L’idea principale di piazza è nel suo essere spazio chiuso, definito, recintato, circoscritto. Queste qualità presuppongono strette e vincolanti relazioni dimensionali perché non vada perso il senso di unità, di armonia, di identità, di appartenenza.

Le piazze della tradizione appaiono così: protette ed appartate, circondate da edifici importanti, perimetrate da portici che permettono un riparo ombroso d’estate ed una protezione al vento d’inverno. Sono palcoscenici sui quali avviene la rappresentazione della collettività e del potere cittadino. Sono teatri aperti, senza interruzioni, concepiti per accogliere la folla delle feste, dei mercati, delle celebrazioni religiose.

Le nuove piazze invece, nate dall’intersezione di figure regolari, linee o superfici, dalla riga o tutt’al più dal compasso, dal senso astratto dell’ordine e della gerarchia sociale, appaiono sin troppo vuote, incapaci di favorire gli eventi, mute di fronte al ricordo e alla memoria, troppo buie, troppo assolate, troppo spesso deserte.

Il luogo di intervento scelto, piazza F. D’Angiò (vedi Fig. 2.11), riassume in modo efficace i concetti sopra descritti. La piazza è collocata nella zona periferica a sud-est della città e si estende per un’area di 13.470 m2.

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19 Fig. 2.11: Foto storiche e stato attuale pizza F. D’Angiò.

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20 Fig. 2.12: Vista aerofotogrammetria Martina Franca con localizzazione area intervento.

Allo stato attuale la piazza è circondata su 3 lati da edifici residenziali di diverse tipologie: a nord-ovest ci sono delle villette a schiera di 2 piani; a est ci sono palazzi di 5 piani di altezza. A sud-ovest, invece, è stato costruito recentemente un complesso adibito al nuovo polo tessile che separa la piazza dallo stadio comunale.

Attualmente questo spazio è adibito principalmente a parcheggio, soprattutto di mezzi pesanti, mentre per 2 giorni della settimana ospita il mercato locale.

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