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2. IL LUOGO

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Academic year: 2021

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1. INTRODUZIONE

La proposta di un Centro Culturale per la città di Frosinone nasce come risposta alla carenza di strutture di interesse comune, soprattutto se si pensa alla quasi totale mancanza di complessi legati alle attività culturali nella città. Da un’analisi del luogo e da un’attenta lettura degli strumenti urbanistici, infatti, è possibile dedurre che la realizzazione di una struttura in grado di promuovere la diffusione della cultura e l’aggregazione sociale costituirebbe un arricchimento auspicabile e necessario per la collettività.

Il progetto è inserito in un’area periferica, di collocazione strategica, poiché limitrofa alle principali arterie di comunicazione, ovvero l’autostrada A1 Milano- Napoli, la linea ferroviaria Roma-Napoli e la Strada Regionale 156 dei Monti Lepini.

Lo studio è stato affrontato in primo luogo, cercando di comprendere quali fossero le attività che avrebbero potuto maggiormente suscitare l’interesse della collettività, rendendo quindi la periferia della città più viva. È stato possibile in questo modo determinare le funzioni principali del Centro Culturale, ovvero una biblioteca, un auditorium ed uno spazio espositivo.

In secondo luogo, l’attenzione è stata rivolta alle caratteristiche architettoniche che l’edificio avrebbe dovuto avere in relazione alla volontà di progettare un Centro Culturale con una forte identità, tale cioè da costituire un richiamo visivo e spirituale per i cittadini.

I vari obiettivi di progetto sono stati mossi ed indirizzati nel tentativo di avvicinare i tre requisiti vitruviani: firmitas, utilitas e venustas. Attraverso uno studio delle forme geometriche elementari , di “pieni e vuoti”, di percorsi e di

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volumi ha preso pian piano forma il progetto di un Centro Culturale che possa essere vissuto pienamente da un pubblico variegato, sia di adulti che di ragazzi, sia di giorno che di sera.

2. IL LUOGO

Le indagini conoscitive sul luogo sono state fondamentali per cogliere gli aspetti storici, socio-economici e culturali della città di Frosinone. Grazie ad esse è stato possibile effettuare delle scelte di progetto mirate e cucite sulla città, nel tentativo di soddisfare almeno in parte, le esigenze presenti.

2.1 INQUADRAMENTO TERRITORIALE

La città di Frosinone si trova a sud del Lazio ed è il capoluogo dell’omonima provincia. Il territorio provinciale comprende novantuno comuni per un numero complessivo di circa cinquecentomila abitanti, di cui circa quarantasettemila risiedono a Frosinone. Esso gode di una posizione strategica: confina a nord con l'Abruzzo, a est con il Molise a sud-est con la Campania, a sud con la provincia di Latina e a ovest con la città metropolitana di Roma Capitale.

Frosinone ha una superficie di 47,02 Km2 ed è situata su un colle che domina la valle del Sacco, è circondata dai Monti Ernici a nord e dai Monti Lepini ad est e a sud. Il territorio comunale è attraversato dai torrenti Cenicia e Rio e dal fiume Cosa, il cui flusso è ormai estremamente ridotto, diversamente dal passato in cui spesso il fiume era soggetto a frequenti piene con conseguenti inondazioni. Molto probabilmente in antichità scorreva nella città un altro fiume, oggi scomparso,

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come dimostrerebbe il rinvenimento di un’area di ghiaia, nel corso di un’operazione di scavi archeologici, nella zona “De Matthaeis”.

Nella pianura del Sacco sono presenti alcune fonti le cui acque sono sfruttate ad uso potabile ed industriale.

Il nucleo storico si trova sul colle, mentre a valle si trova la parte della città di più recente costruzione. L’espansione della città oltre il nucleo collinare, inizia con la realizzazione della stazione nel 1863 e si protende per tutto il Novecento scendendo disordinatamente verso la pianura lungo i crinali e le vie di comunicazione: in conseguenza di ciò si distinguono oggi nell'uso comune una Frosinone alta e una Frosinone bassa.

Vista panoramica di “Frosinone Alta”

Vista panoramica di “Frosinone Bassa”

Il capoluogo ha l’aspetto di un moderno centro industriale e commerciale, mostrando però uno sviluppo urbanistico disordinato e irrazionale.

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2.2 NOTIZIE STORICHE SULLA CITTÀ DI FROSINONE

Frosinone ha origini antichissime: ritrovamenti in diversi luoghi nel territorio, come i manufatti in pietra del Paleolitico inferiore rinvenuti in località Selva dei Muli, testimoniano la presenza di insediamenti nella zona già a partire da 250000 anni fa, mentre altri reperti archeologici rinvenuti nella parte alta della città sarebbero riferibili all'Età del Bronzo finale (XII-X secolo a.C.). Inoltre la necropoli volsca scoperta presso il Piazzale De Matthaeis, comprendente ventuno tombe, risale al VI-V secolo a.C.

La prima popolazione che ha abitato la città è stata proprio quella dei Volsci, i quali denominarono la città “Frusna”, nome che secondo recenti studi, ha il significato di “terra irrorata dai fiumi”. Nel VII secolo a.C. l’attuale territorio della provincia di Frosinone entrò nell'orbita di Roma, e molte delle città che vi fanno parte furono definite Latium Adjectum, cioè il «Lazio aggiunto», ovvero il territorio della Valle del Liri. I Romani attribuirono alla città il nome latino di

“Frusino”.

Nel 306 a.C. la città fomentò assieme alla Lega Ernica una ribellione al dominio di Roma: come punizione il suo territorio fu ridotto di un terzo (che passò alla vicina Ferentino, rimasta fedele all'Urbe), fu saccheggiata e i capi della rivolta, deportati a Roma, vennero pubblicamente decapitati (303 a.C.). Fu in seguito devastata dall'avanzata di Annibale lungo la Via Latina (durante la II guerra punica), alla quale non volle arrendersi: questo le meritò l'appellativo, datole da Silio Italico, di “Bellator Frusino”, che tuttora campeggia nello stemma cittadino.

Da questo momento la provincia di Frosinone seguì il corso dell'impero romano.

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Molti scrittori antichi, tra i quali Tito Livio, Cassio Dione, Silio Italico, Festo Pomponio, Floro, Giovenale, Cicerone ricordano la città di Frosinone non solo per meri fatti storici, ma anche per le virtù dei suoi abitanti. Lo stesso Cicerone nel territorio di Frosinone possedeva una villa. Frosinone fu Prefettura e Municipio con tutti i diritti che la cittadinanza romana comportava. Come qualche storico riferisce furono innalzate le mura a difesa della città. Fu abbellita di edifici, monumenti e statue, che le guerre, lo scorrere dei tempi, l'incuria o la stoltezza degli uomini hanno mandato in rovina, anche se negli ultimi decenni sono stati ritrovati numerosi reperti custoditi in vari musei.

Nel Medioevo Frosinone fu più volte distrutta durante le invasioni barbariche, e rimase sempre dipendente dalla Roma papale; la sua funzione era principalmente agricola. Nel duecento saranno gli anagnini a tentare di imporre il loro dominio, ma Frosinone aveva dalla propria l'appoggio papale, che rese inoffensivi i nobili di Anagni. Dal XIII secolo fu saltuariamente sede del rettore di Campagna e Marittima, assieme ad altre città della provincia pontificia come Ferentino, Anagni e Priverno. Agli inizi del XIV secolo la città fu dominata dalla vicina e potente Alatri, a sua volta conquistata da Francesco da Ceccano e dalle sue truppe ceccanesi per un trentennio. La città dovette subire un disastroso terremoto nel 1350.

Tra il Seicento e l'Ottocento la città conobbe un significativo incremento demografico, passando da meno di duemila abitanti alla metà del Seicento agli oltre diecimila del primo censimento dello Stato italiano. Contemporaneamente si ebbe uno sviluppo architettonico e urbanistico, con la costruzione o ristrutturazione di monumenti e luoghi di culto. Nell' Ottocento furono realizzate

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nuove importanti arterie stradali, su tutte la via Nova (attuale Corso della Repubblica) e viale Roma, nuovo accesso alla città.

Nel 1863 Pio IX, in occasione di una visita nella città, promise un finanziamento straordinario per la costruzione di un acquedotto destinato a portare acqua corrente in città per mezzo di una pompa idraulica, acquedotto portato a termine e inaugurato l'8 dicembre 1869.

Frosinone fu sottratta allo Stato Pontificio e ufficialmente annessa al Regno d'Italia il 17 settembre 1870, tre giorni prima di Porta Pia.

Nella seconda metà dell'Ottocento l'abitato della città era quasi del tutto racchiuso all'interno dell'antica cerchia muraria della "cittadella" medievale, così come era stato più volte ricostruito dopo le varie devastazioni subite da armate tedesche e spagnole nel XVI secolo e dai francesi sul finire del Settecento.

Dopo l'unificazione nazionale la città, divenuta capoluogo dell'omonimo circondario in provincia di Roma, conobbe un rinnovamento edilizio e un abbellimento architettonico dell'abitato, come testimoniano gli edifici tardo ottocenteschi dell'attuale centro storico. La città divenne sede degli uffici della sottoprefettura e del distretto militare.

Sul finire del 1800 si provvide al rinnovamento edilizio, alla sistemazione delle strade, delle piazze e all'illuminazione del centro urbano. Nel 1874 fu costruita una fila di fabbricati di oltre 300 metri nota come "palazzata Berardi" destinata a rispondere alle esigenze abitative per impiegati e militari del neonato Stato. Al centro della struttura sorse il Teatro Isabella, che fu successivamente chiamato Politeama e poi Cinema-Teatro Excelsior, ancora oggi presente sebbene inattivo.

Al tempo della prima guerra mondiale Frosinone contava circa 12.000 abitanti, disseminati per la campagna in frazioni, in piccoli villaggi, o case sparse, dediti

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principalmente all'agricoltura. Una parte più esigua di abitanti risiedeva nel centro storico impiegata nei vari uffici della sottoprefettura, del Comune e delle altre amministrazioni tra le quali il Distretto militare. C'era anche una discreta attività artigianale e commerciale. Più modesta risultava l'attività industriale con la presenza di mulini lungo il corso del fiume Cosa, pastifici e tipografie.

Frosinone rimase sede di sottoprefettura dal 1871 al 1926. Nel 1927, nel quadro di una generale riorganizzazione amministrativa, venne istituita dal regime fascista la provincia di Frosinone, sottraendo comuni alle province di Roma e Caserta.

Furono ampliati gli uffici esistenti, se ne crearono di nuovi, e furono trasferiti in città un gran numero di dipendenti statali, soprattutto da Caserta.

Frosinone conobbe quindi un nuovo sviluppo demografico, economico e sociale.

In questo periodo furono inoltre realizzati numerosi nuovi edifici pubblici, tra questi il Palazzo della provincia e quello della Camera di Commercio. Nel 1926 era terminato l'imponente edificio "Pietro Tiravanti" sede delle scuole elementari.

Le ultime distruzioni saranno inflitte alla città durante la seconda guerra mondiale, con 56 bombardamenti alleati protrattisi dall'11 settembre 1943 a tutto maggio 1944. Durante quell'infelice periodo tutti gli uffici pubblici vengono trasferiti temporaneamente a Fiuggi che godeva di una relativa tranquillità. È il 31 maggio del 1944 quando finalmente i primi alleati entrano a Frosinone. Alla fine della guerra Frosinone risultò il capoluogo di provincia più devastato in rapporto al numero di abitanti e al patrimonio edilizio.

Dalla ricostruzione si crearono le premesse per il processo di trasformazione del sistema produttivo, che da prevalentemente agricolo diventò industriale e poi terziario.

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Durante il decennio '50-'60 l'andamento socio-economico di Frosinone seguì e confermò le tendenze già riscontrate nell'immediato dopoguerra: un'inesorabile flessione del settore agricolo (9% degli occupati), un modesto incremento dell'industria (36%) e una significativa ascesa delle attività terziarie, che complessivamente (commercio, servizi e pubblica amministrazione) occuparono il 54% della forza-lavoro. Continuò l'opera di ricostruzione con alcuni rifacimenti fondamentali (palazzi della Prefettura, della Banca d'Italia, di Giustizia, della Camera di Commercio e delle Poste e Telecomunicazioni,) e la creazione di opere come l'Ospedale Civile, le case popolari, l'ampliamento della rete stradale urbana ed extraurbana, l'allacciamento idrico con gli insediamenti rurali e la costruzione del Grattacielo Edera.

È in questo quadro generale che si avviò il processo di industrializzazione. I due elementi propulsivi risultarono essere la realizzazione nel 1962 del tratto autostradale Roma-Napoli e l'istituzione nello stesso anno del Nucleo di Industrializzazione della Valle del Sacco. L'arteria autostradale, che attraversa longitudinalmente tutta la valle, contribuì in maniera definitiva a rompere l'isolamento del capoluogo e dell'intera provincia, che fino ad allora si avvaleva per i collegamenti interregionali dell'antica via Casilina o del poco funzionale tratto ferroviario Roma-Napoli, all'epoca non ancora elettrificato. Dalla crescita dell'economia negli ultimi decenni dipende in buona parte la Frosinone di oggi.

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2.3 L’ARCHITETTURA CIVILE A FROSINONE

Tra gli edifici civili più significativi di Frosinone vi è il Palazzo del Governo che si erge sulla rocca cinquecentesca di Frosinone, ed è attualmente sede della prefettura. Venne edificato a partire dal 1825 come sede della Delegazione apostolica di Frosinone su progetto dell'architetto Mazzarini e i lavori, eseguiti dall'architetto Antonio Sarti, terminarono nel 1840. Della rocca mantenne il portale, il cui disegno era attribuito dalla tradizione orale al Michelangelo.

L'edificio rimase danneggiato dal terremoto del 1915, da un incendio nel 1927 e soprattutto dai bombardamenti della seconda guerra mondiale. Nel dopoguerra acquisì l'aspetto attuale, mantenendo essenzialmente la struttura complessiva, con quattro piani e una loggia centrale all'altezza del piano nobile sostenuta da sei colonne doriche, ma privato della torretta dell'orologio che lo coronava. Al suo interno sono presenti arredi provenienti dalla reggia di Caserta.

Vi è poi il Palazzo Pietro Tiravanti che è un edificio imponente che fu realizzato come sede delle scuole elementari, su progetto dell'ingegner Edgardo Vivoli,

«sullo sperone verdeggiante del colle Belvedere in vista della ridente pianura» e fu dedicato alla Medaglia d'oro Pietro Tiravanti, caduto in Libia nel corso della prima guerra mondiale. Di architettura classica, è stato uno dei primi palazzi in Italia di queste dimensioni ad essere costruito in cemento armato antisismico;

l'opera, pensata fin dal 1871, fu resa possibile grazie ai finanziamenti giunti a seguito del terremoto della Marsica del 1915: iniziata a gennaio 1925, vide la sua ultimazione il 15 giugno 1929.

Il palazzo si sviluppa su 4 piani negli avancorpi laterali e 3 piani nella parte centrale, con 52 vani, 14 corridoi e 2 vani scala; per le sue dimensioni, che lo

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rendono inconfondibile nel panorama cittadino, il Tiravanti è noto in città anche come “l' Edificio”.

Palazzo del Governo, oggi sede della Prefettura di Frosinone

Palazzo Pietro Tiravanti, detto “l’Edificio”

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Un altro edificio di interesse architettonico di Frosinone è il Palazzo della Provincia, sede dell'amministrazione provinciale di Frosinone, realizzato tra il 1930 e il 1933 in stile neoclassico, ma con struttura in cemento armato, su progetto dell'architetto Giovanni Jacobucci. Secondo le intenzioni l'inaugurazione del Palazzo sarebbe dovuta avvenire il 28 ottobre del 1932, in occasione del decennale della marcia su Roma, ma i lavori furono ultimati l'anno dopo.

Nell'atrio del palazzo è collocata la statua bronzea della Danzatrice: quest'opera del primo Novecento di Amleto Cataldi, scultore originario di Roccasecca e Castrocielo la cui produzione si sviluppò principalmente a Roma, è stata riportata in Italia dagli Stati Uniti, dove si trovava dagli anni venti, nel 2010.

Dall'atrio, una scala monumentale conduce ai piani superiori e al salone di rappresentanza. Nel palazzo sono conservate anche opere d'arte di Umberto Mastroianni, di Renato Guttuso, del Cavalier d'Arpino, di Aldo Turchiaro e Giovanni Colacicchi.

Infine abbiamo il Grattacielo Edera realizzato negli anni settanta, sotto la spinta dell'espansione economica ed urbanistica, rappresentando allora non soltanto un importante esempio di iniziativa imprenditoriale privata, ma anche, al di fuori di Roma, un'avanguardia dell'edilizia di tutta l'Italia centro-meridionale. Il grattacielo è alto 90 metri ed è uno dei più alti del Lazio.

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Palazzo della Provincia

Grattacielo Edera

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2.4 QUALITÀ DI VITA DELLA CITTÀ: ASPETTI POSITIVI E NEGATIVI DELL’ECOSISTEMA URBANO

Frosinone, secondo i dossier stilati ogni anno da Il Sole 24 Ore e da Legambiente, occupa da diversi anni gli ultimi posti nelle rispettive classifiche sulla qualità della vita e l'ecosistema urbano, soprattutto a causa di un elevatissimo inquinamento atmosferico. Nel 2008 la città si è aggiudicata il non edificante premio del "Cigno Nero" istituito da Legambiente in quanto, nel 2007, è risultata essere quella con il più alto numero di giornate fuorilegge per le polveri sottili PM10.1 Per questo motivo sono stati effettuati già diversi studi e sono stati presi alcuni provvedimenti nel tentativo di migliorare la qualità dell'area, a partire dall'istituzione di giornate ecologiche e delle targhe alterne che però hanno prodotto scarsi risultati. Stando alle statistiche fornite, Frosinone paga soprattutto la pessima qualità dell'aria e una cattiva gestione del trasporto urbano e della motorizzazione nonché la quasi totale assenza di piste ciclabili e di verde usufruibile, e la totale assenza di mobilità sostenibile. Inoltre risulta dall'inchiesta del 2011 anche un'elevata dispersione della rete idrica, col 39% di acqua che si disperde nella rete.2

Per cercare di migliorare la mobilità in città e contrastare l'inquinamento è in corso di realizzazione una pista ciclabile presso la zona Selva Piana e in località Cavoni e altre sono previste con la futura sistemazione della strada statale Monte Lepini. Dal novembre 2012 è attivo il servizio di Bike sharing con 5 stazione presenti in città.

1http://www.legambientelazio.it/dossier-malaria-2015/

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Le voci più penalizzanti risultano:

PM10-Media annua: 46,5 µg/m³ (contro una media nazionale di 32)

Trasporto pubblico: 15 viaggi/anno abitante (contro una media di 50);

Isole pedonali: 0,21 m²/abitante;

Piste ciclabili: 3,38 metri/abitante (contro una media di 9);

Motorizzazione: 73 auto ogni 100 abitanti (contro una media di 63);

Indice di mobilità sostenibile (da 0 a 100): 0

Si registrano comunque alcuni segnali di miglioramento:

La città è passata in tre anni da 2,2 m² di verde usufruibile per abitante a 12 m²/ab

La raccolta differenziata, grazie al nuovo sistema di Raccolta Differenziata Porta a Porta sperimentato nel centro storico e a partire dal 2010, estesosi ad altre zone della città, è passato in due anni dal 7% al 15,1%, comunque ancora al di sotto della media nazionale.

Riguardo al solare fotovoltaico, Frosinone risulta al 5º posto in classifica con un ottimo 2,49 kW/1000 abitanti rispetto allo 0,57 della media nazionale.3

Per quanto riguarda il PIL - pro Capite la città si piazza ai vertici d'Italia, al 13º posto. Frosinone si piazza bene nella classifica nazionale (8º posto) per quanto riguarda l'Ecosistema Scolastico. Oltre a garantire il servizio di scuolabus a tutti gli edifici, si caratterizza per la somministrazione nelle mense scolastiche di pasti

3http://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/ecosistema_urbano_2011_metodologia_e_tabell e.pdf

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interamente biologici e investe ben 93.000 euro in media per gli interventi di manutenzione straordinaria per singolo edificio.

L'economia cittadina, un tempo orientata quasi esclusivamente all'agricoltura e all'artigianato, è oggi legata soprattutto al settore industriale e commerciale.

Nella città di Frosinone a partire dagli anni sessanta si è sviluppato un importante polo industriale, che fa parte del sistema produttivo locale chimico-farmaceutico del Lazio meridionale, riconosciuto formalmente della legge regionale n. 36 del dicembre 2001, attraverso la quale la Regione Lazio ha individuato un'area che comprende le Province di Roma, Frosinone e Latina e che racchiude aziende di piccole dimensioni oltre a numerose multinazionali. Tra le multinazionali presenti sul territorio di Frosinone vi sono ABB, Agusta, Klopman International. I settori merceologici produttivi maggiormente presenti sono quello della metalmeccanica e macchinari, della chimica, della gomma e dell'apparecchiature elettriche.

L'artigianato è tuttora importante, specie grazie a varie piccole e medie imprese tradizionali, soprattutto nel settore del tessile, calzature e abbigliamento.

Particolarmente in crescita negli ultimi decenni il settore terziario, specie nei servizi finanziari, assicurati e bancari.

La città di Frosinone garantisce una buona offerta scolastica: sono presenti circa quindici edifici tra scuole elementari e medie e diversi istituti e licei. Inoltre vi sono poi sedi distaccate dell’Università degli Studi di Cassino e della Sapienza di Roma. Vi è poi il Conservatorio "Licinio Refice" che si trova in viale Michelangelo, nella zona Casaleno e inaugurato nel 1972 e che prende il nome dal compositore di origine ciociara Licinio Refice. Vi è poi l'Accademia di Belle Arti di Frosinone che si trova in Viale Marconi.

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Sono presenti poi una biblioteca comunale ed una provinciale: la Biblioteca Comunale "Norberto Turriziani": istituita nel 1939, si trova nell'omonimo e centrale Palazzo sito in Corso della Repubblica. La biblioteca ha un patrimonio stimato in circa 30.000 volumi tra libri ed opuscoli, mentre la Biblioteca Provinciale "Alberto Bragaglia" è situata nei pressi della stazione.

Tuttavia la città non presenta ancora un’offerta culturale sufficiente e risulta carente di luoghi dedicati al tempo libero.

Frosinone, grazie al carattere strategico della sua posizione, è un punto naturale di passaggio e di incrocio di importanti arterie di comunicazione.

Nello specifico vi si congiungono la Strada Statale 6 “via Casilina” che collega Roma e Napoli; la Strada Statale 214 “via Mària” che conduce a Sora; la Strada Statale 155 di Fiuggi “via Prenestina” che conduce a Roma ed infine la Strada Regionale 156 dei Monte Lepini che collega i capoluoghi di Frosinone e Latina.

La “Monte Lepini” ha il tracciato tipico di una strada ad alta percorrenza permettendo di raggiungere i principali comuni della zona (Ceccano, Patrica, Giuliano di Roma, Prossedi, Priverno, Sezze) senza attraversarne i centri abitati.

La città è poi servita dalla rete ferroviaria che conduce Roma a Napoli. La stazione situata in Piazzale Alessandro Kambo, secondo alcuni studi, potrebbe essere spostata nei pressi dell’aeroporto militare, nel caso in cui venisse realizzato l’aeroporto civile regionale.

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2.5 DESCRIZIONE DELL’AREA DI INTERVENTO

L’area di intervento si trova nel Quartiere Corso Lazio, che prende il nome dall’omonima strada che lo attraversa. L’accesso all’area è possibile sia da Corso Lazio che da Via Licinio Refice ad esso parallela.

A ridosso della Strada Regionale dei Monti Lepini, è il primo quartiere che si incontra arrivando dall’Autostrada del Sole: il casello autostradale dista, infatti, appena cinquecento metri lineari.

L’area urbana che di fatto unisce la stazione con il casello autostradale, è stata oggetto di un piano di zona approvato con decreto del M.LL.PP. n.447 del 02-12- 1970 e di successive varianti a norma dell’art.34 della legge 22-10-1971 n.865.

La stesura di questo strumento di pianificazione di dettaglio, i cui limiti sono individuati dal P.R.G., fu iniziata nel 1968, concludendosi successivamente nel 1972 con l’approvazione da parte del M.LL.PP., attraverso il D.M.1400.

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Sono seguiti quindi gli interventi di edilizia residenziale pubblica convenzionata e sovvenzionata.

Nel corso degli anni, tale area si è trasformata in un quartiere dormitorio, anche a causa della vicina stazione ferroviaria, pertanto vi sono edifici destinati a civile abitazione, mentre mancano fabbricati che siano in grado di ospitare le altre funzioni.

Gli edifici esistenti evidenziano elementi di degrado, in quanto privi di manutenzione e mancano del tutto infrastrutture, opere di urbanizzazione e servizi al cittadino. La zona è poi caratterizzata anche dalla presenza di aree abbondonate all’incuria.

Oggi risultano quindi sature le aree destinate all’edilizia residenziale, mentre risultano libere ed inutilizzate le aree destinate ai servizi scolastici, alle attrezzature collettive ed al verde pubblico.

Per rimediare a tale situazione di degrado, l’Amministrazione Comunale ha redatto un Piano di Recupero del quartiere, realizzato a seguito del citato Piano di Zona, finalizzato alla realizzazione delle predette infrastrutture e servizi.

Il Piano è stato adottato dal Consiglio Comunale con delibera n.58 del 01-08-2004 e di seguito approvato con la delibera n.58 del 01-08-2005 dello stesso organo.

L’area risulta non integrata con il resto della città. Pur trovandosi in una posizione strategicamente appetibile se si pensa alle grandi arterie di comunicazione presenti, mancano le infrastrutture che permetterebbero collegamenti su piccola scala, isolando quindi il quartiere con il tessuto urbano. Da questo punto di vista la linea ferroviaria, la strada regionale e l’autostrada su citate rappresentano quasi delle linee di chiusura per il quartiere, poiché di fatto ostacolano i collegamenti brevi. La presenza massiccia di edifici di edilizia economica e popolare, spesso

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privi della necessaria manutenzione, le grandi aree lasciate all’incuria e la mancanza di servizi per il cittadino fanno sì che l’area versi in uno stato di degrado.

L’introduzione di un Centro Culturale potrebbe quindi generare una trasformazione positiva per gli attuali ed i futuri residenti, nonché per tutti coloro che potrebbero beneficiare di una struttura di questo tipo.

L’intervento, infatti, ha l’obiettivo di ridurre i fattori di criticità dovuti alla carenza dei servizi con lo scopo di migliorare l’inclusione sociale e la coesione territoriale. Il Centro Culturale sarebbe in grado di offrire un miglioramento della qualità di vita della comunità, nonché essere una concreta soluzione al degrado urbano in cui versa l’area.

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3. INFORMAZIONE

Alla base dell’iter progettuale vi è il tentativo di avvicinare i tre requisiti vitruviani, fondamenti dell’architettura: solidità, funzione e proporzione (bellezza), ovvero le caratteristiche a cui, secondo Vitruvio, ogni edificio architettonico dovrebbe tendere.

3.1 VITRUVIO E I FONDAMENTI DELL’ARCHITETTURA

Marco Vitruvio Pollione intorno al 15 a.C. scrisse il trattato latino “De Architectura”. È l'unico testo sull'architettura giunto integro dall'antichità e divenne il fondamento teorico dell'architettura occidentale, dal Rinascimento fino alla fine del XIX secolo. L'opera costituisce inoltre una delle fonti principali della moderna conoscenza sui metodi costruttivi degli antichi romani, come pure della progettazione di strutture, sia grandi (acquedotti, edifici, bagni, porti) che piccole (macchine, strumenti di misurazione, utensili).

L'opera fu scritta probabilmente negli anni in cui l'imperatore Augusto, a cui era dedicato il trattato, progettava un rinnovamento generale dell'edilizia pubblica.

L'influenza di Vitruvio nell'antichità sembra sia stata tuttavia molto limitata4, così come le opere realizzate da Vitruvio stesso, che nel trattato si attribuisce solo la Basilica di Fano.

Il trattato è sopravvissuto grazie ad un'unica copia, priva delle illustrazioni che, probabilmente, corredavano l'opera, proveniente dalle isole britanniche e portata da Alcuino alla corte di Carlo Magno, dove suscitò un interesse esclusivamente filologico. Copiato in vari esemplari a partire dalla copia originaria oggi persa, pare che il trattato non abbia esercitato alcuna influenza sull'architettura per tutto

4H.-W. Kruft, Storia delle teorie architettoniche. Da Vitruvio al Settecento. Laterza, Roma-Bari, 1988

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il Medioevo. Altre copie sono documentate, anche in Italia, a fine Trecento. Perde credito, pertanto, il mito della riscoperta nel 1414 a Montecassino da parte di Poggio Bracciolini, che comunque deve averne rinvenuta una copia nelle sue ricerche, forse in area tedesca, contribuendo comunque alla sua diffusione e riscoperta culturale.

Nel XV secolo, infatti, la conoscenza e l'interesse per Vitruvio crebbero sempre di più, soprattutto per merito di Lorenzo Ghiberti (che ne attinge per i suoi Commentari), Leon Battista Alberti (che ne fa una sorta di rilettura critica e creativa nel “De re aedificatoria”), Francesco di Giorgio Martini (a cui dobbiamo la prima, parziale, traduzione in lingua volgare, rimasta manoscritta), Raffaello (che la fece tradurre da Fabio Calvo per poterla studiare direttamente).

Tra XV e XVI secolo il trattato fu pubblicato varie volte fino ad arrivare ai nostri tempi sempre moderno e fondamentale per i suoi contenuti.

L'opera si compone suddivisa in 10 libri dove Vitruvio dà all'architettura il titolo di scienza, ma non si limita a questo: anzi, la eleva al primato, in quanto contiene praticamente tutte le altre forme di conoscenza. Vengono descritte:

- la posizione dell'architetto e delle sue competenze - i materiali, le mutature le tecniche edificatorie - edifici sacri ed ordini architettonici

- edifici pubblici - edifici privati

- descrizione di mirabilia aquarum e opere idrauliche - digressione astronomica e astrologica

- fondamenti di meccanica applicata per i cantieri

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3.2 I REQUISITI VITRUVIANI

«Tutte queste costruzioni devono avere requisiti di solidità, utilità e bellezza.

Avranno solidità quando le fondamenta, costruite con materiali scelti con cura e senza avarizia, poggeranno profondamente e saldamente sul terreno sottostante;

utilità, quando la distribuzione dello spazio interno di ciascun edificio di qualsiasi genere sarà corretta e pratica all'uso; bellezza, infine quando l'aspetto dell'opera sarà piacevole per l'armoniosa proporzione delle parti che si ottiene con l'avveduto calcolo delle simmetrie.»

Da questo passo vitruviano, nel XVII secolo fu tratta, da Claude Perrault, una famosa esemplificazione del trattato in un'incisiva e fortunata formula (triade vitruviana) per cui l'architettura deve soddisfare tre categorie:

• firmitas (solidità nella statica e nei materiali);

• utilitas (utilità nella funzione, destinazione d'uso);

• venustas (proporzione, bellezza, estetica).

Questa formula condensa efficacemente il trattato vitruviano che però contiene una visione teorica più complessa e non così strettamente coerente.

Personale interpretazione dei requisiti vitruviani ne dà Ludovico Quaroni ((Roma, 28 marzo 1911– Roma, 22 luglio 1987), urbanista, architetto, saggista e docente universitario italiano. Quaroni va oltre la pragmaticità della definizione del Vitruvio, e dà spazio ad un modo estremamente interessante di analizzare la problematica che di seguito cercherò di riassumere.

La società e di conseguenza l'uomo, necessitano per: vivere, lavorare, meditare, divertirsi, riposarsi, difendersi, curarsi, ecc. di necessarie strutture architettoniche atte a soddisfare le varie esigenze; ed ecco l'"utilitas".

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La società, si immagina e si aspetta che queste strutture di cui ha un assoluto bisogno siano le più idonee alle esigenze specifiche richieste, in special modo per quanto riguarda la solidità, durata nel tempo, protezione dagli agenti atmosferici, difesa della privacy, ecc.; ed ecco la "firmitas".

Si immagina pure che queste due "operazioni" (utilitas e firmitas) non siano fatte a caso da qualsiasi persona, ma da esperti operatori (architetti) che sfruttano le esperienze del passato e le regole del presente. Con sagge e abili operazioni di

"fusione" gli architetti sapranno unire l'utilità con la solidità in un unico elemento compiuto e definito, introducendo la componente estetica come legame delle altre componenti; ed ecco la "venustas".

Evidentemente, la conoscenza dell'"utilitas" e della "firmitas" è maggiormente facilitata, dato che è legata alla razionalità del sapere e alla quotidianità del fare.

La conoscenza della "venustas" è invece legata ad aspetti personali e culturali di ogni operatore e quindi non è sempre facilmente intuibile. Di conseguenza le tre componenti vitruviane non si possono porre sullo stesso piano, ma su piani diversi; dove l'ultima prevale sulle prime essendo la medesima la chiave principale per l'assemblaggio delle prime due.

Particolare e significativa "l'aggiunta" di Aldo Rossi, che completa le tre componenti con la "fortuna". La fortuna che, gioco forza, dovrebbe accompagnare ogni lavoro, ogni progetto così come ogni fatto positivo della vita.

Lo studio parte quindi da questi tre principi cardine e va ad analizzare elementi che li completano nell'analisi di precisi edifici architettonici di ispirazione.

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3.2.1 FIRMITAS – SOLIDITÀ

Il concetto di solidità trova espressione nell’utilizzo di forme e volumi semplici, elementari che proprio per questo risultano essere atemporali: sono sempre esistiti e sempre esisteranno. In particolare il rettangolo ed ancor di più il quadrato che trovano la loro evoluzione rispettivamente nel parallelepipedo e nel cubo, hanno la capacità di definire nettamente lo spazio, imponendosi con forza.

Dall’impiego di tali volumi sono stati sviluppati edifici di notevole interesse architettonico.

Nell’ampliamento del Cimitero di San Cataldo a Modena (1971-1975) realizzato da Aldo Rossi, le scansioni ritmiche delle aperture, incorniciate dalla fredda pulizia del contorno murario sono interrotte solamente dall'elemento cubico centrale destinato all'ossario, che, ad opera finita, sarà in equilibrio visivo con la realizzata torre conica della fossa comune, grazie anche ad una decisa differenziazione cromatica delle pareti, utile ad una chiara percezione ed identificazione nell'ambito del paesaggio urbano circostante.

Il rapporto dimensionale di questi due elementi che definiscono la spina centrale è monumentale. L’inserimento nel grande cimitero neoclassico preesistente avviene nell’ingrandimento del recinto perimetrale, senza lacerazione, ma con continuità della muratura esistente. L'insieme degli edifici del complesso cimiteriale si configura come una città. La forma del cimitero è caratterizzata da percorsi rettilinei porticati, lungo i quali si sviluppano i loculi. I percorsi sono perimetrali e centrali e si svolgono sia al piano terra, sia ai piani superiori, sia interrati. Al piano interrato i loculi si sviluppano secondo un disegno reticolato che forma grandi corti. Ai lati delle corti sono collocate le deposizioni.

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I diversi corpi degli edifici si rincorrono parallelamente l'un l'altro, verso l'asse centrale "vertebrale", che vincola oggettivamente, quasi "fisicamente" le linee orientatrici di questa porzione di progetto. Queste linee compositive volumetricamente degradanti in direzione sud-nord, vanno progettualmente a comporre un "costato" inscrivibile in un triangolo che a realizzazione ultimata, rappresenterà uno degli elementi caratterizzanti l'intera opera.

I volumi perfetti, puri, disegnano ombre nette, e che quindi come meridiane segnano il passare delle ore. I colori sembrano quelli dei quadri atemporali di De Chirico.

Un’altra importante opera di Aldo Rossi è il Complesso uffici Disney Development Company realizzato in Florida nel 1996.

È il primo progetto definito per conto della Disney Development Company su di un’area posta fuori dai confini di Disneyworld. Il complesso che dovrà ospitare gli uffici centrali della DDC, si articola in tre edifici principali per i quali sono previste due successive fasi di costruzione. Da un punto di vista formale viene svolto il tema della piazza, a metà tra gli spazi centrali, con i loro lontani riferimenti, che caratterizzavano le città di fondazione americane, e altre piazze più specifiche come quella dei Miracoli a Pisa.

La prima parte del programma prevede la costruzione dell’edificio che ospiterà il quartier generale della DDC, una struttura di dieci piani caratterizzata da una facciata solcata da tre grandiosi pilastri, e di un blocco di sei piani, ad esso adiacente, con torre centrale d’accesso.

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Nella seconda fase verrà costruito l’edificio di quattro piani, posto di fronte al quartier generale, che chiuderà la piazza. Sulla superficie di questa, trattata a prato, verrà infine collocata una torre circolare.

Questo edificio accentua il carattere di finzione scenica della sua architettura senza mai cadere nell’effimero post-moderno, ma richiudendosi in un ancora più serrato e autosufficiente dialogo con il linguaggio autogenerato dell’autore.

L’architettura di Rossi sembra dunque isolarsi nella sua logica compositiva come se l’intorno contestuale non esistesse, eppure nel contempo impreziosendosi in un rapporto di reciproco riconoscimento.

I fratelli Carmassi esprimono al meglio il concetto di solidità ad esempio, nel Complesso scolastico a Trevi realizzato nel 2008, dove i volumi elementari movimentano lo spazio con pieni e vuoti.

Massimo e Gabriella Carmassi progettano una scuola costituita da piccoli volumi indipendenti a cinque livelli, corrispondenti in pianta alla dimensione di un'aula, distribuiti lungo una spina centrale, di forma spezzata e sezione variabile.

I corpi edilizi, di forma parallelepipeda, sono variamente disposti e distanziati tra loro in modo da ottenere effetti di trasparenza tra la piazza sul lato nord e la valle a sud. Lungo i lati della spina centrale, in prossimità degli ingressi, sono collocate due scale e due ascensori, che consentono di collegare comodamente i vari livelli delle due scuole. L’estremità ovest dei ballatoi si conclude con una scala a due rampe direttamente accessibile dall’ingresso della scuola elementare, l’estremità est termina con un’appendice cilindrica che contiene, a seconda dei piani, servizi igienici della scuola media e sale professori.

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Aldo Rossi, Cimitero di San Cataldo a Modena, 1975

Massimo e Gabriella Carmassi, Complesso scolastico, Trevi, 2008

Giorgio Grassi, Quartiere Potsdamer Platz, Berlino, 2000

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La ridotta superficie dell'area disponibile e i limiti in altezza consentiti, hanno obbligato ad assorbire parte dei cinque livelli della scuola sfruttando i dislivelli del terreno e un invaso che consente di ottenere anche una piacevole area protetta.

Le attività didattiche della scuola elementare e della scuola media, che usufruiscono di ingressi diversi, si svolgono autonomamente rispettivamente in 15 e 9 aule; alcune funzioni come il refettorio, lo spazio per le attività artistiche e per l'insegnamento della musica sono comuni.

Il complesso è costruito con struttura antisismica a telaio in cemento armato fondata su travi rovesce, rivestita all’esterno con muratura a faccia-vista in mattoni pieni pressati a superficie liscia di colore chiaro sovrapposti senza malta visibile.

Il gioco dei volumi elementari e del rapporto tra pieni e vuoti sono ben visibili nelle Haus 2 ed Haus 3 realizzate da Giorgio Grassi nel Quartiere Potsdamer Platz Berlino nel 2000. Esse si caratterizzano infatti per semplicità, riduzione all'essenziale e astrazione geometrica. La razionalità e l’essenzialità dell’architettura, e le ombre nette e taglienti sulle superfici conferiscono al complesso l’impressione di un paesaggio urbano metafisico e atemporale. Il progetto, vincitore nel 1993 del concorso a inviti, si propone, “pur nella sua parzialità ed episodicità”, di ricostruire un pezzo della città: l’area compresa tra la Köthener-strasse e la nuova zona verde contemplata dal bando sul luogo dall’antica Potsdamer-Bahnhof. Si tratta della Berlino della prima metà del XIX secolo, “una composizione insieme monumentale e domestica, complessa e insieme elementare: di grande qualità architettonica e insieme umana”; una città di grandi edifici pubblici (i musei, i teatri, l’università, le caserme), di strutture assistenziali (le scuole, gli ospedali), di parti di città “geometricamente costruite”

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(i lunghi viali, le porte, le piazze, i parchi) e di molteplici tipologie abitative (i palazzi, le ville, le residenze urbane e i sobborghi).

Il progetto di concorso, volendo riproporre questo momento importante della storia architettonica di Berlino, individua nel tipo edilizio del “palazzo” e nella zona verde dell’area di progetto gli elementi base della composizione. Il tipo edilizio del “palazzo” (che deriva a sua volta dall’hôtel francese) utilizza un impianto a forma di “U” oppure di “H” con l’edificio principale disposto fra il Vorhof aperto sulla via pubblica e il giardino retrostante, mentre la posizione attuale dell’area verde ripropone quelle condizioni di margine e di confine presenti nella città antica.

L’impianto volumetrico, composto da cinque blocchi edilizi, impiega nei blocchi centrali della composizione il tipo edilizio a forma di “H”, mentre i due blocchi di testata presentano caratteristiche tipologiche e volumetriche differenti. In particolare il blocco n. 1, situato a nord sulla Potsdamer- Platz, ha un’altezza maggiore rispetto al resto del complesso ed una forma particolare che riprende quella della tradizione costruttiva berlinese; il blocco residenziale n.5 utilizza, invece, il tipo edilizio a forma di “U” con la corte rivolta verso il sud. Tutti i blocchi sono separati fra loro dalle Zäsuren (le cesure previste dal bando) di 4 (i blocchi nn. 1 e 2 e i nn. 4 e 5) o di 16,30 metri, che permettono la vista sulle ampie zone verdi dell’area. Nella fase esecutiva la planimetria del progetto subisce alcune, non essenziali, correzioni e aggiustamenti dovuti principalmente alle modifiche apportate nel frattempo alle linee ferroviarie e metropolitana che si trovano nel sottosuolo dell’area, e i blocchi edilizi nn. 1, 4 e 5 vengono affidati ad altri gruppi di architetti.

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I blocchi edilizi assegnati a Giorgio Grassi (i nn. 2 e 3) fanno parte dei tre blocchi centrali del progetto di concorso che impiegano il tipo edilizio a forma di “H”. Le due corti che si vengono a formare in ogni singolo edificio hanno profondità diverse per ribadire le due soluzioni differenti di affaccio sullo spazio pubblico, corrispondenti alle condizioni planimetriche dell’area di progetto: sulla via pubblica (Köthener-strasse) la corte poco profonda con piazza lastricata; sull’area verde la corte più profonda con il compito di includere al suo interno le zone verdi adiacenti.

L’ingresso principale ai due blocchi di larghezza differente avviene dalla strada attraverso il portico che circonda la corte. Al piano terra sono situate le attività commerciali (negozi, bar, ecc.) e la galleria che attraversa longitudinalmente l’edificio, mentre i piani superiori sono adibiti ad uffici. Il blocco n. 3 include al suo interno, nella corte affacciata sul verde, un padiglione destinato a caffetteria.

Il piano terra e i due piani superiori dei tre lati della corte sulla Köthenerstrasse e i due lati della corte sulle zone verdi sono rivestiti in pietra calcarea, mentre il resto dell’edificio è in mattoni faccia a vista.5

3.2.2 UTILITAS-FUNZIONE

Dall’analisi di tre tra le più importanti biblioteche europee è stato possibile cogliere per ognuna di esse gli aspetti principali e caratterizzanti. Esse sono la Biblioteca Centrale dell’Università di Humboldt, la Nuova Biblioteca Universitaria di Aberdeen e la Biblioteca Civica di Stoccarda.

Il pluripremiato Jacob-und-Wilhelm-Grimm-Zentrum, ovvero la Biblioteca Centrale dell’Università di Humboldt, è un classico esempio di architettura

5 Acocella A.,“Potsdamerplatz (Area ABB-Roland Ernst), Berlino, Germania, 1993-2001”, Costruire in laterizio, 80, n.2 (2001): pp. 28-33

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moderna in grado di ottenere la massima efficienza energetica. Il ciliegio americano e il noce americano creano l’atmosfera ideale nella più moderna biblioteca tedesca. Situata nel cuore di Berlino e progettata da Max Dudler, la biblioteca ha aperto i battenti nell’ottobre 2009 dopo quattro anni di costruzione;

da allora, il noto architetto svizzero ha ricevuto diversi premi per l’edificio, fra cui il Premio per l’architettura di Berlino nel 2009, il DAM del Museo dell’architettura tedesco nel 2010 e il BDA (Federazione degli architetti tedeschi) di Berlino. Il nuovo edificio, che ha una superficie totale di quasi 22.000 mq, è la più grande biblioteca pubblica della Germania. Avendo ricevuto mandato di creare l’atmosfera tipica di una biblioteca, in grado di ispirare calma, concentrazione e chiarezza di idee, Dudler ha scelto una tavolozza di pochi colori caldi: marrone scuro, rosso e verde; in questo senso, le specie di latifoglie americane offrivano una gamma di prodotti ideale. Nei rivestimenti e nei mobili dominano i toni caldi del ciliegio americano (American Black Cherry), mentre la splendida pavimentazione è in solido noce americano (American Black Walnut). Le poltrone bordeaux e i piani dei tavoli verde foresta completano la paletta di colori. Il cuore della biblioteca è la sala di lettura lunga 70 metri e larga 12, che può ospitare 252 studenti; il soffitto alto 20 metri dà un senso di ampiezza e di luminosità naturale. Lunghe travi si incrociano in perfetta simmetria delimitando oltre 90 lucernari quadrati, ciascuno di 2,55 x 2,55 metri, che illuminano la sala lettura di luce naturale mentre i tramezzi a terrazza la separano dal resto del piano terra e dai piani superiori. L’accurato progetto di Dudler esalta la vivacità di una moderna biblioteca urbana. Il piano dell’edificio, suddiviso in varie aree dedicate a diverse attività, consente di orientarsi facilmente; i 2,5 milioni di volumi, le 1.250 postazioni di lavoro aperte, l’auditorium, le dieci sale

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per il lavoro di gruppo, i 55 cubicoli singoli, i 500 personal computer, le sale per le videoconferenze, gli archivi dei media e la caffetteria sono distribuiti su dieci piani. Il Jacob-und-Wilhelm-Grimm-Zentrum comprende inoltre il centro dati universitario, l’ufficio amministrativo della biblioteca, le aule didattiche e le sale riunioni, dislocate in tutto l’edificio secondo un disegno ordinato. Nonostante la grande profondità dell’edificio e la fitta disposizione degli arredi, il Jacob-und- Wilhelm-Grimm-Zentrum presenta un’apertura e una permeabilità sorprendenti.

La ragione sta in un uso coerente del sistema modulare sia per la struttura architettonica che per i mobili. Da quasi ogni punto di vista, i visitatori possono guardare fuori attraverso l'edificio stesso.

La sala di lettura centrale può essere considerata un immaginario punto di incontro di tutte le prospettive visuali.

Il concept architettonico è imperniato sulla sala centrale: un’area per i libri e i lettori suggestiva e vibrante, al pari delle autorevoli sale di lettura di un tempo.

La nuova sede della Biblioteca universitaria di Aberdeen, in Scozia, è stata progettata dal gruppo Schmidt Hammer Lassen Architects (strutture a cura di Arup & Partners). L’edificio è il risultato di una competizione internazionale svoltasi nel 2005, e si distingue per la qualità del progetto e delle soluzioni architettoniche sostenibili.

L’edificio è adiacente al sito sul quale sorgeva la precedente biblioteca universitaria (del 1965), intitolata alla Regina Madre e demolita nell’aprile scorso in quanto ormai inadatta a rispondere adeguatamente alla crescente domanda di spazi più accoglienti e tecnologicamente efficienti per lo studio e la lettura. Il terreno sul quale essa si trovava è stato comunque inglobato nel progetto dello

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spazio urbano della nuova biblioteca, e costituisce un ulteriore elemento di relazione tra l’Università e la città intera, diventando una nuova piazza pubblica.

La biblioteca si sviluppa su un’area di 15.500 metri quadrati e serve una comunità di circa 14 mila studenti, ospitando 1200 posti per la lettura, archivi, collezioni storiche ed una sala lettura per libri rari. L’edificio (9 livelli più seminterrato) si erge a partire da un solido basamento rivestito di pietra locale, mentre lungo il perimetro esterno della hall una fascia vetrata costituisce l’elemento di raccordo con il blocco dei livelli destinati alla consultazione e alla lettura. L’esterno, un austero parallelepipedo dalle facciate di cristallo, contrasta con l’atrio di ingresso a tutta altezza, che costituisce l’elemento di connessione fra i diversi livelli dell’edificio, ed è generato da bucature ad andamento sfalsato dei solai, secondo un movimento organico che genera un volume cavo spiraliforme, in contrappunto a quello esterno cubico, a sua volta frammentato da fessure verticali a linee spezzate. La luce penetra, oltre che dalle strette ma continue fessure poligonali in facciata, anche da un lucernario sul tetto. L’ingresso, attrezzato con area caffè e relax, ospita eventi collettivi come mostre e seminari legati alla lettura, rendendo la biblioteca universitaria un polo di attrazione culturale per l’intera comunità cittadina. Le facciate sono costituite da pannelli isolanti e vetri ad alte prestazioni, i quali consentono l’ingresso abbondante della luce, limitando così il consumo di quella artificiale e riducendo al contempo le dispersioni di calore. I sistemi di ventilazione sono studiati per ottimizzare il fabbisogno energetico, così come i pannelli fotovoltaici posti sulla copertura.

Inaugurata nell’ottobre del 2011, la biblioteca civica di Stoccarda, conosciuta dai tedeschi come la Stadtbibliothek Stuttgart, è un edificio quasi cubico 44 x 44 metri la base, per 40 metri di altezza, composto da 11.500 metri quadri di libri e

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Max Dudler, Biblioteca Centrale dell’Università di Humboldt, Berlino, 2009

Schmidt Hammer Lassen Architects, Biblioteca Universitaria di Aberdeen, Scozia, 2012

Eun Young Yi, Biblioteca Civica di Stoccarda, 2011

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scaffali. A progettarla è stato l’architetto sudcoreano Eun Young Yi, che ha ideato una struttura maestosa sita nel centro di Mailander Platz, vicino alla stazione. Il tetto in vetro e gli arredi bianchi permettono di far entrare e riflettere una grandissima quantità di luce: la sensazione che si prova è di leggere all’aperto. La biblioteca si trova nel centro culturale cittadino, nel quartiere di Europaviertel.

L’architetto ne ha voluto fare il cuore della città, un centro spirituale e culturale tutto dedicato ai libri. E questa spiritualità è racchiusa magistralmente nella Stanza della Tranquillità: un piccolo angolo di paradiso, composto da una stanza vuota, arcaica, che Eun Young Yi ha pensato come una “reinterpretazione del Pantheon”.

3.2.3 VENUSTAS-PROPORZIONE (BELLEZZA)

Il terzo requisito vitruviano è quello che più difficilmente viene raggiunto a pieno poiché inevitabilmente entrano in gioco altri temi quali storia, cultura, tendenze e gusto dai quali non è possibile prescindere.

È tuttavia possibile notare come alcuni architetti siano stati in grado di valorizzare gli edifici da loro progettati enfatizzando un aspetto piuttosto che un altro, rendendo le loro opere di fatto uniche e quindi indipendentemente dal fatto che possano piacere o meno, degne di interesse.

Il progetto, ideato da Renzo Piano Building Workshop, in collaborazione con Fletcher Priest Architects, per conto delle società immobiliari Legal & General with Mitsubishi Estate Corporation - Stanhope PLC, ha sostituito un vecchio edificio in mattoni originariamente sede degli uffici dei servizi segreti.

Il contesto in cui sorge ha avuto un impatto importante nell’ideazione del progetto. Il sistema è composto da volumi complessi, caratteristicamente cesellati, frammentati e ridotti di scala per armonizzarsi con gli edifici circostanti. Questi volumi cesellati rendono St. Giles una scultura architettonica imponente,

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caratterizzata da una combinazione di facciate cangianti, l’aspetto di ciascuna delle quali è unico, diverso in altezza, per orientamento, colore e rapporto con la luce naturale. Vetro, acciaio e ceramica sono gli elementi fondamentali del rivestimento. In ogni facciata la ceramica è utilizzata in diverse sfumature e colori armonizzati con gli edifici circostanti, contribuendo in tal maniera a integrare il progetto nell’ambiente urbano. Si tratta di un progetto di oltre 39.000 mq di uffici, 11 unità commerciali e ristoranti, 109 appartamenti (53 dei quali di edilizia agevolata). Al centro del sistema vi è un ampia corte di 2000 mq, in cui sono concentrate le attività pubbliche. Con i suoi caffè e ristoranti, questa

“piazza” è destinata a generare vita sociale, rafforzando così l'identità urbana del sito. Una facciata a tutto vetro alta sei metri offre la massima trasparenza; cinque passaggi attraverso questa corte consentono di creare un progetto permeabile e invitano i passanti all’interno di questa piazza all'ombra di un albero alto 20 metri.

Nel progetto dell’architetto Aldo Rossi, denominato Quartier Schützenstraße la scelta architettonica utilizzata dall’architetto è data dalla riproposizione del tipico isolato berlinese, che nasce da una serie di edifici accostati tra di loro, talvolta molto diversi e realizzati in anni differenti. In questo modo si ha quindi l’impressione di un isolato realizzatosi nel tempo. Gli stili architettonici utilizzati riprendono ovviamente quelli della tradizione e degli edifici preesistenti nella zona, ma fanno riferimento anche a diversi stili architettonici, quello tedesco innanzitutto ma anche molti altri.

Il complesso si trova a pochi metri dal famoso Checkpoint Charlie, in una zona dapprima duramente bombardata durante la seconda guerra mondiale e poi attraversata dal muro. Il progetto occupa l’intero isolato di circa 70.000 mq,

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delimitato appunto dalla Schützenstraße, la Charlottenstraße, la Zimmerstraße e la Markgrafenstraße.

Gli edifici ospitano negozi, servizi, uffici e appartamenti. L’isolato è composto da una serie di 12 edifici molto diversi tra loro dal punto di vista dello stile architettonico, dimensione, forma, altezza, colori, materiali e tecnologia. Nei quattro lati del blocco edilizio sono presenti molte facciate, ma in realtà sono sei diversi disegni che, alternativamente e con poche modifiche, si ripetono lungo tutto il perimetro, in modo da ottenere un certo equilibrio compositivo. Tutto ciò per dare l'impressione che l’isolato si fosse sviluppato in epoche e modi diversi.

Dietro le facciate, le singole particelle sono funzionalmente collegate fra loro; i piani hanno tutti la stessa altezza, in modo che gli spazi interni possano svilupparsi in modo continuo anche dietro a più facciate. Inoltre le singole unità sono internamente trasformabili, in modo che possano essere unite o ulteriormente suddivise a seconda delle esigenze degli utenti. Gli edifici inoltre si sviluppano attorno ad una serie di 4 corti interne pedonali, anch’esse molto differenti tra di loro e che prendono spunto dai tipici Hof berlinesi, che permettono di attraversare l’edificio e di viverlo in uno spazio delimitato ma scoperto. L’unico elemento che contraddistingue tutti gli edifici dell’isolato è lo zoccolo grigio dei piani bassi, che contrasta invece con i piani superiori generalmente molto colorati.

Il MUSAC, Museo di Arte Contemporanea di Castiglia a León in Spagna è stato insignito di numerosi premi, come il Premio Mies van der Rohe nel 2007, per la forte idea degli architetti progettisti Mansilla e Tuñón di impiegare in facciata dei pannelli multicolore, citazione delle vetrate della cattedrale della stessa città, rivisitate in chiave contemporanea.

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Infine l’architettura di Rafael Moneo, esemplare per l’equilibrio tra espressione poetica e soluzione tecnica, forma e funzione risolve il complesso sistema di relazioni tra usi e spazi con grande semplicità e chiarezza compositiva e funzionale nel Kursaal di San Sebastian. Non solo il trattamento specifico della facciata, ma la sua collocazione rispetto alla configurazione complessiva del progetto, un cubo di cemento posto all’interno di una scatola di vetro, rappresentano un modo inconsueto di utilizzare tale elemento. Moneo cerca di sottolineare il carattere naturale del sito, una lingua di terra guadagnata al mare, situata sulla foce del fiume Urumea. L’organizzazione in pianta libera e frammentaria è frutto dell’idea iniziale di isolamento e astrazione, ma anche di un complesso sottile di relazioni innescate con il contesto artificiale. Richiamando l’idea della scogliera Moneo dispone una piattaforma contenente le sale espositive, per le riunioni, il ristorante e altri servizi, che funge da base ai cubi autonomi, masse solide indiscusse protagoniste dell’evento. Al loro interno sono poste le funzioni maggiori del complesso: la Sala Congresso e l’Auditorium. Il volume prismatico dell’Auditorium è orientato diagonalmente in direzione longitudinale verso il Monte Urgull, reazione strategica alle restrizioni formali del perimetro del sito ed è collocato e scavato nel punto più idoneo alle sue grandi dimensioni. La sala per congressi e concerti da camera può godere di minori limitazioni e si dispone lungo la passeggiata della Zurriola, in posizione bilanciata dell’altro volume e con la griglia urbana interna. Una leggera inclinazione delle facciate minori verso il mare dinamizza l’aspetto degli enormi cubi. Di giorno si presentano come una massa densa, opaca e riflettente, di notte si trasformano in

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Aldo Rossi, Quartier Schützenstraße, Berlino, 1998

Renzo Piano, Comlplesso Multifunzionale Central St Giles, Londra, 2010

Rafael Moneo, Centro Congressi Kursaal, San Sebastiàn, 1999

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un misterioso oggetto, che richiama una lanterna di luce. L’architettura del Kursaal rivela la ricerca della corretta tensione e specificità e ripetizione, tra forma e astrazione. I volumi possono essere letti come figure uniche, aventi specifica direzione e gerarchia all’interna di uno spazio che non è basato sul principio della ripetizione, dell’astrazione, ma che dichiara il dominio della forma, dell’orientamento, della specificità e della complessità.6

6 Sinopoli N., Tatano V., Sulle tracce dell’innovazione. Tra tecniche e architettura, Milano, Franco Angeli, 2011, pp 65-72

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4. MEMORIA-CREATIVITA’

Dall’ informazione è nata la volontà di porsi quattro obiettivi nella progettazione del Centro Culturale: utilitas, firmitas e venustas e la valorizzazione del libro come strumento principe del sapere.

Dall’analisi di tre opere architettoniche, la Biblioteca per il Nou Campus a Valencia, gli edifici MAC 5,6,7 di Milano e la Biblioteca Beinecke dell’Università di Yale si sono affacciate le prime idee sulla progettazione che attraverso un percorso memoria-creatività hanno iniziato pian piano a prendere forma per poi caratterizzarsi in maniera definitiva.

4.1 UTILITAS E FIRMITAS: DALLA BIBLIOTECA PER IL NOU CAMPUS DI VALENCIA AL CENTRO CULTURALE DI FROSINONE

Situato alla fine di una lunga prospettiva architettonica, al termine di un viale fiancheggiato da due blocchi edilizi e separato da essi mediante un’ampia piazza piantumata ad aranceto ornamentale, l’edificio della Biblioteca progettato da Giorgio Grassi è l’elemento centrale del Nou Campus universitario di Valencia.

Nato come evoluzione e approfondimento di una precedente proposta (la Biblioteca Centrale della nuova sede del Politecnico di Milano alla Bovisa), il progetto persegue un duplice obiettivo: quello di rendere immediatamente riconoscibile nella sua specifica qualità la destinazione particolare dell’edificio e quello di comprovare l’adattabilità’ dell’impianto tipologico scelto (a pianta centrale) nel funzionamento quotidiano di una moderna biblioteca scientifica.

L’utilizzo della pianta centrale assolve perfettamente all’ipotesi che una biblioteca di questo tipo sia soprattutto un deposito di libri facilmente e direttamente accessibile al pubblico specializzato. Attraverso la scelta progettuale

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di collocare al centro dell’intera composizione il deposito di libri, sviluppato intorno ad un atrio a tutta altezza, si permette l’utilizzo indifferenziato di due sistemi d’accesso ai volumi e, nello stesso tempo, la massima elasticità possibile nella futura gestione della biblioteca. Nella realizzazione è stato privilegiato il sistema ad “accesso libero” che si sviluppa su tre piani a doppia altezza dell’edificio (con sale di lettura intorno al deposito), mentre l’altro sistema ad

“accesso chiuso”, con una distribuzione centralizzata, è stato utilizzato per la grande sala di lettura posizionata sotto l’atrio.

L’atrio centrale dell’edificio, letteralmente tappezzato di libri e circondato, in particolare sui lati lunghi, dal deposito vero e proprio, è l’elemento principale di distribuzione e di mediazione delle diverse parti della biblioteca. Ha il compito di rendere esplicita l’individuazione della particolare destinazione dell’edificio attraverso la grande quantità di libri esposti e funziona come richiamo visivo del deposito vero e proprio.

L’intera costruzione si eleva sopra un basamento in pietra rustica, contenente il parcheggio coperto e i servizi tecnici, separato dal volume della biblioteca vera e propria da una specie di fossato che la isola rispetto al resto degli edifici del Campus.

A differenza del precedente progetto per Bovisa, la biblioteca di Valencia è più articolata e vi acquistano maggior rilievo i volumi secondari, come il corpo dei collegamenti verticali per il pubblico posto sul retro e le due basse torri ai fianchi della facciata principale. 7

7 Acocella A.,“Biblioteca per il Nou Campus, Valencia, Spagna, 1990-1998”, Costruire in laterizio, 80, n.2 (2001): pp. 18-23

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L’esempio di Valencia è stato utile per definire gli aspetti progettuali relativi alla

“Firmitas” e all’“Utilitas”. La ricerca geometrica, partendo dalle forme più elementari, si è mossa seguendo i principi di atemporalità, centralità e razionalità, che hanno portato alla scelta del quadrato e del suo conseguente sviluppo tridimensionale in cubo, come elemento geometrico di base. Grazie alla scelta di una pianta centrale è stato possibile garantire un efficace richiamo visivo dell’elemento architettonico, un’immediata riconoscibilità della specifica qualità dell’edificio, una diretta e facile accessibilità al pubblico e una forte identità dell’elemento principale di distribuzione e di mediazione delle diverse funzioni.

Si può accedere all’edificio attraverso l’ingresso principale posto dal lato di Via Licinio Refice, cioè a nord-ovest. Da questo lato è stato previsto anche un parcheggio. Sul lato sud-est invece si accede da Corso Lazio e dal parcheggio già esistente ad una area a verde, dove la pavimentazione ricalca in pianta le forme e le dimensioni del Centro Culturale. Da tale area attraverso due percorsi pedonali si possono raggiungere gli ingressi secondari dell’edificio, nonché l’auditorium, dotato sia di un ingresso autonomo, in modo da poter essere utilizzato in maniera indipendente, che di accessi dall’interno del Centro Culturale.

Infine è previsto anche un altro ingresso dal lato ovest, riservato esclusivamente al personale addetto al trasporto dei libri in quanto conduce all’autorimessa coperta.

Le funzioni del Centro Culturale si articolano su tre piani, di cui i primi due sono a doppia altezza. Sono previste due macro aree distinte tra una “zona adulti” ed una “zona ragazzi” contenenti al loro interno le varie funzioni del Centro Culturale. Principalmente l’amministrazione, la sala lettura adulti, il fumoir e la galleria espositiva, la sala riunioni saranno di competenza dell’area di utilizzo

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Giorgio Grassi, Biblioteca per il Nou Campus, Valencia, 1998

Planimetria Centro Culturale di Frosinone

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prettamente degli adulti, mentre la sala lettura ragazzi, l’aula computer, nonché le diverse aule studio, saranno riservate ai ragazzi.

Vi è poi un’area dove sono collocati i servizi, in particolare il locale tecnico, l’autorimessa coperta e l’adiacente deposito per una collocazione provvisoria dei libri prima della catalogazione.

Vi sono poi molti altri servizi, tra cui i bagni, i ripostigli, piccole aule per fotocopie e stampe e punti di ristoro.

L’area centrale del Centro Culturale è quella più complessa. Vi sono le funzioni comuni, cioè destinate ad un pubblico eterogeneo; in particolare a piano terra trova luogo l’auditorium, al piano primo vi sono l’emeroteca per giornali e riviste e la galleria per le novità librarie ed al secondo piano il bar. Tale blocco centrale è fisicamente avvolto dalla libreria che invece si sviluppa su cinque livelli, dove i due livelli in più rispetto al resto dell’edificio sono costituiti da due ballatoi disposti a metà altezza dei primi due interpiani del Centro Culturale. Dall’ultimo piano poi è possibile accedere alle quattro terrazze simmetriche rispetto al centro del manufatto.

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Schema della distribuzione delle funzioni del Centro Culturale

Pianta primo livello del Centro Culturale

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