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La rivoluzione americana. Tiziano Bon

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Academic year: 2021

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Iperstoria – Testi Letterature Linguaggi www.iperstoria.it Rivista semestrale ISSN 2281-4582

Recensioni/Reviews

Issue 12 – Fall/Winter 2018 206

La rivoluzione americana

Tiziano Bonazzi

Bologna, Il Mulino, 2018, pp. 195

Recensione di Nicola Paladin

*

Tiziano Bonazzi riesce nella difficile operazione di condensare una panoramica esaustiva a proposito della Rivoluzione americana in un testo conciso che allestisce con successo un mosaico complesso – un “patchwork multicolore” (129), come lo definisce l'autore. Ne risulta un libro che mostra con chiarezza il disegno generale ma che, allo stesso tempo, permette di cogliere la composizione frammentaria che contraddistingue la Rivoluzione intesa come un conflitto multiforme “in cui si intrecciarono molte guerre in una” (84). Si tratta in effetti di un quadro storico e culturale articolato che continua a richiedere ulteriore scrutinio sia in Italia sia all'estero (si pensi al recente Propaganda 1776 di Russ Castronovo, pubblicato nel 2016). A livello di mappatura geografica e cornice cronologica, Bonazzi associa infatti le origini della Rivoluzione americana al 1765, subito dopo la conclusione della Guerra dei sette anni (1756-1763), esaminandone le implicazioni fino alla fine degli anni Ottanta del Settecento americano.

Pur trattandosi di una panoramica storica, uno degli aspetti che emergono con maggiore forza da La rivoluzione americana è l'inequivocabile centralità della parola e del discorso come strumenti necessari a convogliare le tensioni della nascente opinione pubblica delle colonie a favore della causa indipendentista. In questo senso, Bonazzi pare alludere all'interrelazione tra “retorica e realtà” – pilastro degli studi di Gordon S. Wood – nella costruzione della propaganda rivoluzionaria prima, e del consenso verso la Early Republic poi. Questa allusione diventa riconoscibile man mano che la storia della Rivoluzione affronta, confermando o smentendo, la stratificazione di miti e simboli canonizzati nel discorso pubblico rivoluzionario.

Uno dei casi in cui questo processo avviene in modo più chiaro è il noto incipit della costituzione degli Stati Uniti, “We, the People of the United States,” una sorta di invocazione all'unità popolare maturata durante la guerra contro l'Inghilterra. Bonazzi confuta tale mito mettendo in mostra come “Il ‘Noi, il popolo’ [...] [contenga] un insieme di persone dalla volontà e dagli scopi discordanti che aiuta a smentire la retorica

* Nicola Paladin insegna letteratura angloamericana presso l'università di Trieste. Ha conseguito un dottorato

di ricerca in Scienze del testo presso la “Sapienza” Università di Roma con una tesi sul rapporto tra la letteratura della Rivoluzione Americana e la narrativa ottocentesca sulla Guerra di Indipendenza. Tra i suoi interessi di ricerca vi sono la letteratura americana dell'Ottocento, la letteratura di guerra e il fumetto americano e il fumetto di guerra.

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nazionalista del popolo come entità compatta e unita da una qualche magia compiutasi nella sua storia” (129). Lo stesso si verifica con altri miti fondanti (il Boston Tea Party o l'inverno di Valley Forge), e alcuni meno famosi. Un esempio è l'incendio che distrusse il porto di Norfolk e che la propaganda patriottica riuscì a imputare alla flotta inglese, causando rabbiose manifestazioni di sostegno all'Indipendenza: le reazioni del popolo furono pilotate dai media dell'epoca, sancendo l'imprescindibilità del dominio dei patrioti su parola e discorsi.

All'interno di tale dimensione, Bonazzi dedica ampio spazio al ruolo di Common Sense e alla Dichiarazione d'Indipendenza, le due epitomi della parola scritta durante la Rivoluzione americana. In particolare, si evidenzia l'origine comune ed “europea” dei due documenti e se ne ribadisce la consequenzialità: “la Dichiarazione del 1776 compie il regicidio simbolico che Paine aveva invocato in Common Sense e muta radicalmente i termini del discorso pubblico” (76).

Come afferma Gordon Wood nel suo “Rhetoric and Reality in the American Revolution,” “The revolution became a display of extraordinary skillfulness in the manipulation of public opinion” (1966, 9). Si può affermare che l'intercessione dei media e della comunicazione abbia contribuito a far sì che la Rivoluzione non sconvolgesse l'ordine sociale esistente, come sarebbe successo invece nella Rivoluzione francese. Viceversa, dal lavoro di Bonazzi si può desumere la suggestione che il ruolo del prodotto nato dal rapporto tra realtà ed espedienti retorici sia stato quello rivoluzionario di “apri[re] le porte alla presenza attiva in politica di un numero di cittadini nettamente maggiore di prima e consentì l'insinuarsi delle nuove istituzioni politiche provocate dalla Rivoluzione stessa” (108).

Opere Citate

Castronovo, Russ. Propaganda 1776: Secrets, Leaks, and Revolutionary Communications in Early America. Oxford: Oxford University Press, 2014.

Wood, Gordon. “Rhetoric and Reality in the American Revolution.” The William and Mary Quarterly 23.1 (January 1966): 3-32.

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