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Academic year: 2021

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CAPITOLO 3

INFLUENZA DEI PRINCIPALI

PARAMETRI SUI MECCANISMI DI

DANNEGGIAMENTO DEGLI

INGRANAGGI

E METODI DI PROTEZIONE

In questo capitolo sono descritti i parametri principali che influenzano i vari meccanismi di danneggiamento degli ingranaggi determinandone le prestazioni.

Infine sono illustrati i metodi di controllo e protezione che è possibile effettuare per migliorare l'efficienza e la durata degli ingranaggi, suddividendoli in interventi a priori, cioè durante la fase di progetto, ed interventi a posteriori, dopo la realizzazione dell'ingranaggio.

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3.1 PARAMETRI E LORO EFFETTI

3.1.1 GEOMETRIA

Una ruota dentata di un ingranaggio è soggetta, durante il suo funzionamento, a due carichi: uno dovuto alla coppia trasmessa e l'altro causato dall'accelerazione angolare della massa inerziale della ruota; questa ultima forza, detta carico dinamico, dipende dalla geometria del contatto oltre che dalla velocità di rotazione.

Le deformazioni degli alberi e dei denti sotto l'azione del carico e gli inevitabili disallineamenti di montaggio degli alberi, fanno si che la reale geometria del contatto sia data dalla reale geometria dell'ingranaggio e dalla modifica sotto carico di questa. Poiché i profili reali della geometria del contatto non risultano, quindi, più coniugati, si genera un errore di trasmissione che aumenta le vibrazioni ed il carico dinamico. A questo errore si pone rimedio, almeno in parte, sia asportando metallo in testa e alla radice del dente, in modo da modificare la forma del profilo del dente, sia asportando materiale ai bordi in modo da creare una bombatura nella zona centrale modificando la forma del dente lungo la larghezza di fascia.

Il carico dinamico si determina attraverso il fattore dinamico Kv che si può ricavare utilizzando la classe di qualità Q definita dalle normative AGMA. Tali norme identificano la qualità di una dentatura con una sigla del tipo Q8 A-HA 14, dove il numero della classe indica la precisione dei parametri (la numerazione è crescente al migliorare della qualità e varia da un minimo di 3 ad un massimo di 15), la lettera A individua un codice di spessore del dente (si va da A a D), le lettere HA si riferiscono al tipo di materiale ed infine le ultime due cifre 14 indicano il trattamento termico e la durezza superficiale. In figura 3-1 è rappresentato l'andamento del fattore dinamico Kv in funzione della velocità periferica per varie qualità di dentature secondo le normative AGMA. Q=11 Q=10 Q=9 Q=8 Q=7 Q=6 Q=5 F at to re d in am ic o K v

Velocità periferica [ft/min]

×10³ 10 8 6 4 2 0 1.0 1.1 1.2 1.3 1.4 1.5 1.6 1.7 1.8

Figura 3-1. Fattore dinamico per diverse qualità di ruote dentate in funzione della velocità periferica secondo le normative AGMA.

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3.1.2 RUGOSITA'

Si è già discusso nel capitolo 1 come la rugosità superficiale influenzi la distribuzione delle pressioni e le tensioni, nei corpi in contatto sotto carico, ottenute applicando la teoria di Hertz le cui ipotesi sono di seguito riassunte:

 Ai due corpi in contatto si applica il modello della meccanica dei continui.  I corpi si possono approssimare come un cilindro elastico ed un piano rigido.  La zona del contatto ha dimensioni molto minori rispetto ai raggi di curvatura

delle superfici.

 La forma dell'area di contatto è rettangolare.

 Si trascura l'attrito prendendo in considerazione solo la pressione dovuta al carico normale FN .

 Le deformazioni sono sufficientemente piccole da rientrare nel campo della validità della teoria lineare elastica (si ammettono solo deformazioni elastiche).

Nel caso del contatto tra superfici rugose non è più possibile applicare la teoria di Hertz perché quando le due superfici vengono tra loro pressate solo alcune asperità vengono effettivamente a contatto e la pressione agente su ogni asperità diventa talmente elevata da indurre la deformazione plastica delle stesse facendo così venire meno l'ultima ipotesi della teoria di Hertz.

Poiché, come si è visto in precedenza, la rugosità determina un'area reale di contatto Ar minore dell'area nominale di contatto An , a parità di carico la pressione reale agente sulla superficie (riferita ad Ar) presenta un valore medio maggiore rispetto a quello calcolato con la teoria di Hertz (riferita ad An) ed essendo l'area reale di contatto formata da tante piccole aree quante sono le asperità a contatto tra loro, si ottiene che l'andamento reale della pressione è caratterizzato da una successione di picchi così come mostrato in figura 3-2, tratta da [24], dalla quale si può notare come sulle asperità deformate agiscono sovrapressioni rispetto alla pressione valutata con la teoria di Hertz. 1 2 +1 -1

Y/a

p/p

max sovrapressione dovuta alle

asperità pressione secondo la teoria di Hertz

Figura 3-2. Distribuzione di pressione nel contatto tra superfici rugose [U = 10-11, G = 3000, W = 3*10-5].

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3.1.3 DUREZZA SUPERFICIALE E TENSIONI RESIDUE

DI COMPRESSIONE

La durezza superficiale del materiale di cui sono costituite le dentature rappresenta senz'altro un parametro importante per i meccanismi di danneggiamento che provocano l'usura delle superfici, come ad esempio il pitting, ma anche, in quantità minore, per la fatica a flessione. I trattamenti termochimici di diffusione come la carbocementazione e la nitrurazione giocano un ruolo importante in tal senso.

La carbocementazione è quel trattamento termochimico mediante il quale le ruote dentate poste a contatto con determinate sostanze solide a base di carbonio vengono portate alla temperatura di austenitizzazione (circa 900 °C) tale da rendere loro possibile di assorbire carbonio per diffusione. Lo spessore totale di penetrazione dipende dal tempo di permanenza a detta temperatura secondo una legge sperimentale del tipo s = s0*t

n

dove s è lo spessore (in mm) totale di carbocementazione, t è il tempo (in ore) di mantenimento alla temperatura di regime, n è un esponente che in prima approssimazione si può porre pari a 1/2, s0 è una costante (esprime lo spessore totale di cementazione nella prima ora se si pone t = 1). La percentuale di carbonio dello strato cementato è massima nel primo decimo di millimetro ed è compresa tra 0.8 e 0.9 mentre lo spessore efficace, in relazione al tempo di permanenza alla temperatura di trattamento, può variare da pochi decimi di millimetro a circa due millimetri. La carbocementazione consente di ottenere dentature che, dopo trattamento di bonifica, presentano uno strato superficiale duro (700 ÷ 800 HV) e resistente all'usura ed al pitting.

IL trattamento di nitrurazione è simile a quello di carbocementazione con la differenza che l'elemento che diffonde alla temperatura di 500 °C è l'azoto con un tempo di mantenimento di 60 ore, assai più lungo a causa della lenta diffusione dell'azoto, per uno spessore efficace di circa 0.5 mm. La nitrurazione, a differenza della cementazione, viene eseguita su materiale già bonificato contenente elementi speciali e non richiede trattamenti termici successivi. Difatti l'indurimento superficiale (900 ÷ 1200 HV), più elevato rispetto alla carbocementazione, è dovuto proprio alla formazione di nitruri durissimi di questi elementi speciali che precipitano.

Un altro parametro importante per i meccanismi di danneggiamento che provocano l'usura delle superfici è rappresentato dalle tensioni residue di compressione che, instaurate sulle superfici di contatto, possono ritardare o impedire la propagazione di una eventuale cricca.

Anche se la carbocementazione, a differenza della nitrurazione, crea stati di tensioni residue di compressione poiché consente di ottenere sulle dentature una strato superficiale duro unitamente ad un cuore tenace, è certamente la pallinatura il metodo più facile da applicare alle geometrie delle dentature per ottenere tensioni residue di compressione sulla superficie.

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La pallinatura consiste nel "martellare" le superfici di contatto con piccole sfere di ghisa, tale azione provoca un'allungamento degli strati superficiali a cui si contrappone la plasticizzazione degli strati subsuperficiali che genera uno stato residuo di tensioni di compressione (pari a circa la metà della tensione di snervamento) per uno spessore di alcuni decimi di millimetro a partire dalla superficie.

3.1.4 RODAGGIO

Il rodaggio iniziale delle dentature, cioè prima dell'applicazione del carico vero e proprio di esercizio, è eseguito per usurare le superfici a contatto fino ad eliminare i disallineamenti dovuti ai picchi della rugosità (si ottimizza così la geometria del contatto) e per ripulire le superfici dalla presenza di contaminanti.

In questa fase è elevato il tasso di usura W = V/s dove V rappresenta il volume totale di materiale asportato mentre s è la distanza di strisciamento percorsa. Ovviamente occorre evitare la nucleazione di microcricche gestendo al meglio i parametri che regolano il rodaggio quali il carico, la velocità, la temperatura ed il lubrificante.

3.1.5 REGIME DI LUBRIFICAZIONE

L'usura per fatica superficiale è influenzata dal fattore Λ (altezza specifica del meato).

Nel caso di lubrificazione mista 1 < Λ < 3 , il coefficiente di attrito è f < 0.1 e lo sforzo equivalente in superficie non è elevato, come spiegato nel capitolo 1, ma si ha contatto tra le asperità. Gli scorrimenti plastici locali dovuti alle microsaldature delle asperità possono favorire la formazione di una cricca superficiale di fatica.

Al crescere del coefficiente di attrito fino a valori di f = 0.1 ÷ 0.2 , oppure in presenza di forti carichi o per degradazione delle proprietà del lubrificante, si arriva nel regime di lubrificazione limite λ < 1 dove il valore massimo dello sforzo equivalente si sposta verso la superficie. In tal caso la formazione di cricche di fatica avviene sempre in superficie con possibile accumulo di deformazione plastica ad ogni ciclo. Può essere interrotta l'enucleazione di cricche superficiali per deformazione plastica, se i componenti hanno grande resistenza allo snervamento e bassa duttilità e tenacità. Per valori di λ > 3 , in regime quindi di lubrificazione fluida, il grippaggio è scongiurato e l'unico meccanismo di usura che può recare danno all'ingranaggio è il fenomeno della fatica superficiale.

In figura 3-3 è riportata la relazione tra resistenza a fatica superficiale e regime di lubrificazione.

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fattore lambda Λ

re

si

st

en

za

a

f

at

ic

a

0 1 2 3

Figura 3-3. Relazione tra resistenza a fatica superficiale e regime di lubrificazione.

Anche il grippaggio è influenzato dal fattore Λ. Difatti se per λ > 3 non si verifica il grippaggio, nel caso invece della lubrificazione di tipo limite o misto, qualora le superfici a contatto raggiungono i valori critici della temperatura di flash, si ha una crisi del lubrificante (riduzione della viscosità, desorbimento dalle superfici a contatto, rottura del film) che consente un contatto diretto tra i due metalli con conseguente aumento del tasso di usura W = V/s.

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3.2 METODI DI CONTROLLO E PROTEZIONE DEL

DANNEGGIAMENTO DEGLI INGRANAGGI

Il danneggiamento di natura tribologica comporta, per gli ingranaggi, dei costi molto elevati in termini di consumo energetico, manutenzione e perdite per rotture. Però, tali costi, potrebbero essere ridotti con opportuni precauzioni in fase preventiva, ossia durante la progettazione, o con interventi a posteriori, cioè dopo che il danno ha fatto la sua comparsa.

In questo paragrafo si parlerà, dunque, degli interventi a priori e a posteriori che è possibile effettuare sugli ingranaggi per migliorarne l'efficienza e la durata.

3.2.1 INTERVENTI A PRIORI

Gli interventi in fase preventiva sono eseguibili su ingranaggi conosciuti, per i quali sono disponibili dati, ricavati da prove sperimentali, e relazioni fisiche-matematiche. Di seguito viene illustrata una procedura utile quando in fase di progetto si vuole tenere conto principalmente dei danneggiamenti di tipo tribologico delle ruote, oltre che delle consuete proprietà di resistenza, termiche, ecc.

Verifica della assenza di usura .

L'usura è, in generale, dovuta all'accumulazione progressiva di deformazione plastica nello strato superficiale delle ruote a contatto. E' stato proposto dalla I.B.M il cosiddetto modello ingegneristico dell'usura [25], il quale afferma che l'usura è nulla (o meglio trascurabile) se viene verificata la seguente relazione:

τmax < γ τY

dove τmax è la tensione tangenziale massima sulla superficie, τY è la resistenza allo snervamento del materiale mentre γ è una costante da determinarsi sperimentalmente. Con riferimento ai risultati di molte prove sperimentali [26] si può porre

γ = (2000/N)1/9 * γR dove γR vale:

 0.2 in caso di lubrificazione limite e materiali delle dentature accoppiate molto compatibili.

 0.54 in caso di lubrificazione limite e materiali delle dentature accoppiate poco compatibili.

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 Compresa tra 0.54 e 1 in caso di lubrificazione mista.

N invece rappresenta il numero totale di "passaggi", dove per "passaggio" s'intende uno scorrimento pari alla lunghezza apparente del contatto: ad esempio nel caso di un cilindro di raggio R pressato su di un piattello, ad ogni rotazione completa ogni punto del cilindro subirà un passaggio mentre ogni punto dell'area di contatto sul piattello subirà πR/a passaggi (dove 2a è la larghezza del contatto Hertziano).

In figura 3-4 è riportata la tensione tangenziale massima per usura zero in funzione del numero di passaggi.

0 0.2 0.4 0.6 10^3 10^4 10^5 10^6 10^7

N

τ

max

Y

γ=0.54

γ=0.2

Figura 3-4. Tensione tangenziale massima per usura zero in funzione del numero di passaggi.

Verifica alla fatica superficiale .

E' necessario eseguire una verifica usando le curve di Wöhler dell'acciaio in uso. Il parametro da utilizzare è la pressione hertziana massima pmax che deve essere minore al valore critico dato dalle curve di Wöhler, funzione della vita e del grado di sicurezza richiesto.

Nel caso tali curve non siano disponibili è possibile utilizzare, per gli ingranaggi in acciaio, la relazione empirica [27]:

pmax < 25HV/(nh) 1/6

dove HV è la durezza Vickers del materiale, n è la velocità di rotazione (in cicli al minuto) ed h le ore di esercizio.

Verifica allo scuffing .

Nel caso di velocità di rotazioni molto elevate per gli ingranaggi (orientativamente n > 1500 giri al minuto) è necessario verificare che i surriscaldamenti locali alle asperità non inducano il fenomeno del grippaggio. La verifica si effettua eseguendo il calcolo diretto della temperatura di flash, oppure il calcolo della potenza trasmessa e

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si verifica che sia minore di un determinato valore critico. Nei prossimi capitoli sarà effettuata tale verifica fondamentale per la macchina di prova a dischi.

3.2.2 INTERVENTI A POSTERIORI

Per poter predisporre le azioni necessarie ad impedire che un danneggiamento verificatosi si ripeta (o limitare il suo avanzamento), è necessario conoscere i meccanismi di usura responsabili del danneggiamento. Gli strumenti usati per indagare i meccanismi di usura sono:

 Osservazione visiva delle superfici usurate. A riguardo occorre fornire la macchina di prova a dischi di una opportuna strumentazione per la gestione delle immagini (telecamera, sorgente di luce, supporti, guide, ecc.). Tale strumentazione è necessaria per quantificare il danneggiamento superficiale al variare delle condizioni di prova e valutarne l'avanzamento durante la vita del disco stesso. Nei prossimi capitoli sarà descritta tale strumentazione.

 Analisi chimica dei fluidi e dei frammenti di materiale dovuti all'usura. A tal proposito il sistema di lubrificazione dei dischi è separato dal sistema utilizzato per i cuscinetti in modo da poter consentire una efficace gestione ed analisi del fluido. Nei prossimi capitoli sarà descritto dettagliatamente l'impianto di lubrificazione dei provini che consente di inviare, raccogliere e filtrare l'olio, e si calcolerà pure la temperatura, la portata e la potenza termica in gioco.

 Analisi metallografica degli strati subsuperficiali.

Conosciuti i meccanismi di usura responsabili del danneggiamento, è possibile imbastire dei rimedi che elenchiamo di seguito.

Usura adesiva :

 Evitare il contatto diretto metallo-metallo e quindi elevati riscaldamenti, migliorando il regime di lubrificazione o la qualità del lubrificante aggiungendo opportune sostanze additive. Garantire, dove è possibile, Λ > 1.5 e nel caso di lubrificazione limite Λ < 1 verificare che le temperature di flash siano, in esercizio, inferiori a circa 150 °C onde evitare il grippaggio.  Ridurre, quando è possibile e senza inficiare la prova, il carico applicato (si

veda la legge di Archard). Notare che i sovraccarichi possono anche danneggiare lo strato adsorbito di lubrificante nel caso di lubrificazione limite.

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Usura corrosiva :

 Fare uso nell'accoppiamento, per quanto possibile, di metalli nobili.

 Migliorando il regime di lubrificazione in modo da evitare il contatto diretto metallo-metallo e quindi elevati riscaldamenti.

 Utilizzare lubrificanti privi di sostanze ossidanti. Abrasione :

 Nel caso dell'abrasione a due corpi utilizzare materiali che hanno una durezza simile, se non è possibile si faccia in modo che il materiale più duro abbia una bassa rugosità mentre quello più tenero una grande tenacità.

 Nel caso dell'abrasione a tre corpi utilizzare materiali che hanno una durezza maggiore di quella delle particelle abradenti.

 Filtraggio del lubrificante. Fatica superficiale :

 Utilizzare ruote frutto di un buon compromesso tra tenacità e durezza.

 Utilizzare, per le ruote, materiali di alta qualità esenti da inclusioni o porosità.  Cementare e bonificare oppure nitrurare le ruote per ottenere una elevata

durezza superficiale.

 Utilizzate il metodo della pallinatura in modo da indurre uno stato di tensioni residue di compressione in superficie dopo rettifica delle superfici indurite.  Eseguire una opportuna finitura superficiale. Infatti, poichè le cricche si

originano in corrispondenza della creste di rugosità delle superfici dei denti dove si hanno elevate sovrapressioni e quindi elevate tensioni, in conseguenza di una buona finitura superficiale, che appiattisce i picchi di rugosità, le pressioni tendono a ridistribuirsi sulla superficie e ciò porta generalmente all'arresto del fenomeno.

Grippaggio :

 Utilizzo di lubrificanti di alta qualità in grado di non degradarsi o rompersi, per impedire il contatto diretto delle asperità e la formazione di microsaldature.

 Utilizzo di additivi chimici nel lubrificante in grado di produrre una reazione chimica tra superfici e lubrificante stesso, dando origine alla formazione dello strato semisolido d'ossido che essendo non metallico, e quindi non saldabile, ostacola la formazione di microsaldature.

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 Utilizzo di additivi chimici nel lubrificante che aderiscono alle asperità, formando una pellicola protettiva che riduce i contatti diretti tra le superfici metalliche.

Fretting :

 Aumentare, se è possibile, il carico applicato FN e ridurre l'ampiezza delle oscillazioni.

 Inserire tra le superfici a contatto strati di materiale capaci di assorbire le vibrazioni.

Figura

Figura  3-1.  Fattore  dinamico  per  diverse  qualità  di  ruote  dentate  in  funzione  della  velocità periferica secondo le normative AGMA
Figura 3-3. Relazione tra resistenza a fatica superficiale e regime di lubrificazione
Figura 3-4. Tensione tangenziale massima per usura zero in funzione del numero di  passaggi

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