• Non ci sono risultati.

La tratta di esseri umani è la terza attività economica più redditizia al mondo, la cui estensione si è spinta ben oltre i confini nazionali, in una dimensione sempre più transnazionale.

N/A
N/A
Protected

Academic year: 2021

Condividi "La tratta di esseri umani è la terza attività economica più redditizia al mondo, la cui estensione si è spinta ben oltre i confini nazionali, in una dimensione sempre più transnazionale. "

Copied!
187
0
0

Testo completo

(1)

INTRODUZIONE

La tratta di esseri umani è la terza attività economica più redditizia al mondo, la cui estensione si è spinta ben oltre i confini nazionali, in una dimensione sempre più transnazionale.

La natura internazionale del crimine ha reso quindi necessario l'intervento delle Nazioni Unite, attraverso Convenzioni e Protocolli, nonché della comunità globale in generale, trattandosi di un fenomeno di crescente impatto che interessa pressoché ogni Paese del mondo.

La presente trattazione si propone di esaminare il reato nella sua realizzazione a scopi di sfruttamento sessuale, soffermandosi sugli strumenti di cooperazione internazionale che vengono impiegati al fine di fronteggiare questa minaccia, nei differenti momenti dell'identificazione della fattispecie, dell'investigazione e cattura dei responsabili e, infine, della risposta giudiziaria a livello internazionale.

Il fine ivi prefissato è quello di dimostrare come unicamente attraverso una effettiva collaborazione transnazionale sia possibile approntare meccanismi efficaci.

La decisione di affrontare un così problematico e delicato argomento

(2)

prende le mosse da uno studio personalmente condotto durante il periodo di stage trascorso presso il Tribunale Penale Internazionale per la ex-Jugoslavia nel 2013.

Nel corso di questi mesi mi fu concesso di affiancare al mio lavoro giornaliero anche la partecipazione a un progetto riguardante violenza e schiavitù sessuale perpetrate durante le guerre svoltesi nella regione balcanica ed ebbi la possibilità di approfondire la tematica in argomento per ciò che concerne la giurisprudenza dell'ICTY e degli altri Tribunali Penali Internazionali.

L'aver preso parte a questo programma mi ha permesso di realizzare una revisione delle decisioni dei tribunali in materia e di comprendere che, nonostante l'evolutivo - quasi rivoluzionario – approccio della giurisprudenza internazionale, ancora la riposta punitiva nei confronti della tratta degli esseri umani a scopo sessuale resta carente.

Le nuove forme di schiavitù che si sviluppano nell'epoca moderna coinvolgono differenti e molteplici mezzi per la loro realizzazione, e si concretizzano in ogni situazione, sia essa un contesto bellico o meno.

Indubbiamente, episodi di schiavitù sessuale sono maggiormente

suscettibili di presentarsi nel corso di conflitti, costituendo essi mezzo

di offesa verso l'avversario, vero e proprio elemento della strategia

(3)

militare; in questi casi la commercializzazione di donne e bambini – non si citano volontariamente gli uomini, dal momento che violenza e sfruttamento sessuale nei loro confronti acquistano generalmente un peculiare significato – fu, sin dagli albori della civiltà, ritenuta una, infausta ma inevitabile, conseguenza della guerra.

Al di là del contesto bellico, il traffico di persone a scopo sessuale costituisce un business estremamente lucrativo, al pari di altre attività criminali e, come tale, necessita certamente la medesima attenzione da parte dei Governi.

Nella Parte Prima ci si occuperà degli strumenti giuridici approntati in materia, evidenziando come da essi traspaia l'evoluzione della percezione del crimine di tratta di esseri umani.

È d'obbligo riferire, infatti, che il reato in questione è una fenomeno in realtà poliedrico, suscettibile di comprendere una pluralità di scopi alla base della sua realizzazione, di cui lo sfruttamento a fini sessuali costituisce soltanto una sfaccettatura.

Nel Capitolo I si analizzeranno, l'Accordo Internazionale del 1905, in

quanto primo trattato in assoluto a preoccuparsi del fenomeno della

commercializzazione delle donne bianche, i successivi testi

(4)

internazionali in argomento, contemplando le Relazioni del 1927 e 1932 sui flussi del traffico di esseri umani e la Convenzione sulle Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne, per giungere a una più approfondita analisi della Dichiarazione di Pechino.

Il Capitolo II sarà riservato al Protocollo di Palermo, il quale, siglato nel 2000, rappresenta l'accordo internazionale più rilevante in materia di tratta di esseri umani, fornendo, al suo Art 3, una definizione specifica del crimine. Si affronteranno le tematiche della connotazione del reato e il ruolo del consenso.

Ci si soffermerà, poi, in particolare sul regime predisposto per il riconoscimento dello status di vittima e la tutela di queste ultime.

Attenzione sarà anche prestata alle Convenzioni che, affiancandosi al Protocollo, sostengono la sua effettività.

La Parte Seconda sarà, invece, luogo per la trattazione inerente il ruolo delle organizzazioni internazionali coinvolte nella lotta alla tratta e la considerazione del traffico di esseri umani come fenomeno di criminalità organizzata.

Nel Capitolo I si affronteranno i contenuti della Convenzione delle

(5)

Nazioni Unite contro la Criminalità Organizzata Transnazionale.

Dopo l’aver circoscritto l'ambito di applicabilità dell'accordo, il fulcro dell'analisi riguarderà i meccanismi di cooperazione internazionale approntati dalla Convenzione, differenziando quelli di natura formale da quelli a carattere informale, nel tentativo di evidenziarne i pregi e le manchevolezze in vista di un possibile miglioramento della cooperazione.

Lo studio degli organismi internazionali attivi in materia sarà oggetto del Capitolo II, il cui primo paragrafo è dedicato all'Ufficio delle Nazioni Unite contro la Droga e il Crimine. L'agenzia svolge un ruolo di connessione tra gli Stati per promuovere l'adozione di misure che garantiscano la sicurezza nazionale e internazionale offrendo una varietà di servizi tra i quali quelli di analisi e di realizzazione di progetti di cooperazione in loco, che saranno considerati alla luce della loro importanza nell'ambito del traffico di esseri umani. Individuando le possibili strategie di contrasto al reato, infatti, l'Ufficio ha proceduto in primo luogo a una classificazione delle tipologie principali in cui i gruppi criminali si differenziano, la quale verrà descritta insieme con i risultati pubblicati all'interno della Relazione Globale sulla Tratta di Persone del 2014.

La particolarità del suddetto Report risiede in primo luogo nell'aver

(6)

prestato attenzione all'aspetto soggettivo del crimine, procurando un'analisi dei profili dei soggetti coinvolti.

Nel corso della trattazione si darà conto anche del Programma Globale contro la tratta di esseri umani realizzato in collaborazione con altre organizzazioni internazionali tra cui IOM, UNICEF e UNICRI.

In conclusione del paragrafo sarà necessario anche un cenno al fenomeno della corruzione e della sua ingerenza nell'attività criminosa in questione, considerando il nesso intercorrente tra essa e il crimine organizzato in generale.

Il secondo paragrafo sarà riservato interamente all'INTERPOL e al ruolo di assistenza internazionale svolto nella fase di investigazione e cattura dei responsabili.

A seguito del riferimento agli obiettivi fissati per il biennio 2014-2016,

si procederà ad analizzare brevemente il meccanismo di realizzazione

della cooperazione nella ricerca e cattura, attuato tramite i “codici di

colore”. La collaborazione a livello transazionale attuata

dall'organizzazione è, quindi, di tipo informale: si cercherà pertanto di

evidenziare i benefici di quest'ultima in termini di rapidità ed

effettività, contrapponendoli ai rischi che sono a essa naturalmente

connaturati.

(7)

La tratta di esseri umani è attualmente un'industria che produce circa dodici miliardi di dollari l'anno e coinvolge ogni Stato in ogni regione del mondo. All'espansione a livello quantitativo corrisponde anche una modifica qualitativa delle stesse strutture attraverso le quali il traffico si realizza, tramite l'utilizzazione di nuovi mezzi tecnologici e la realizzazione di reti criminali coinvolgenti non soltanto cellule del medesimo gruppo, ma anche organizzazioni di differente natura.

A questo proposito, il Capitolo III, “Prospettive parallele”, ha lo scopo di mostrare in primo luogo l'evoluzione dei gruppi criminali, ampliatisi in prospettiva internazionale e organizzati in piccoli nuclei interconnessi, svolgenti autonome funzioni e retti da soggetti specializzati. Il fine qui perseguito è quello di proporre la possibilità di una modifica dell'approccio investigativo portandolo da uno focalizzato sul principale responsabile a uno volto alla identificazione dei nodi che collegano le varie ramificazioni dell'organizzazione.

Elemento della suddetta evoluzione è anche il crescente utilizzo di

strumenti alternativi, soprattutto per quanto attiene alla fase del

reclutamento, come quello telematico. La comunicazione a livello

digitale è largamente diffusa nelle operazioni di tratta di esseri umani

e, in base a uno studio condotto a livello europeo, la maggior parte

(8)

delle vittime – circa il 62% - è commercializzata a scopo di sfruttamento sessuale. Internet è stata variamente utilizzata anche per la propaganda del turismo sessuale; negli anni '90 era infatti possibile reperire informazioni recanti le modalità attraverso le quali acquistare prestazioni sessuali da parte di donne e bambini. I siti internet, per di più, erano visti come ideali piattaforme per l'ingaggio di donne proponendo false occasioni di lavoro e costringendole successivamente a lavorare come prostitute o a contrarre matrimonio forzosamente.

A seguito della richiesta da parte della comunità internazionale affinché fossero elaborati nuovi strumenti legislativi per combattere l'uso illecito della tecnologia, gli organismi di polizia hanno sviluppato nuove competenze di tipo informatico e in ambito forense.

Il secondo paragrafo si propone di rispondere alla questione dell'esistenza di connessioni tra il traffico di esseri umani e le attività terroristiche.

Dalla fine della guerra fredda, in particolare a partire dall'attacco

dell'11 settembre 2011 al World Trade Center e al Pentagono, la

crescente interazione tra il terrorismo internazionale e il crimine

transazionale ha ottenuto una sempre maggiore attenzione. I

(9)

meccanismi di controllo sulle transazioni economiche suscettibili di fornire supporto finanziario ai gruppi eversivi sembrano in realtà aver incoraggiato le suddette organizzazioni a inserirsi attivamente nel panorama del crimine internazionale in via generale e a intrattenere crescenti relazioni con i gruppi ivi operanti.

Nella trattazione si evidenzieranno, quindi, gli elementi similari e di contrasto tra le due entità, evidenziando come, anche in questo caso, si sia testimoni di un'evoluzione del fenomeno. A titolo esemplificativo sarà, poi, citata l'attività del gruppo ISIS, soffermandosi su un duplice elemento: la massiva schiavitù sessuale perpetrata nel confronti delle donne delle minoranze etniche e religiose, da un lato, le modalità di finanziamento del gruppo, le quali rafforzerebbero la tesi di una incorporazione di altre manifestazioni criminali nell'attività prettamente terroristica, dall'altro.

Si mostrerà come, alla luce delle suddette connessioni e della natura transnazionale del problema, sia in realtà auspicabile anche in questo frangente effettuare un'analisi simultanea dei due fenomeni.

La compenetrazione tra tratta e diversi crimini riguarda, ovviamente,

anche le altre forme di traffico illegale, prima tra tutte quella

riguardante gli stupefacenti.

(10)

È dimostrato come il mercato di esseri umani costituisca una allettante alternativa al tradizionale traffico di droga. Per questa ragione, nel paragrafo III si tratterà delle connessioni tra i due fenomeni.

Una particolare attenzione sarà prestata alla problematica messicana concernente il coinvolgimento dei cartelli della droga nel traffico di esseri umani a scopo sessuale; partecipazione la quale ha portato anche conseguenze in termini sia vittimologici che metodologici.

Nella Parte Terza sarà affrontato quello che è – quantomeno che in un sistema efficiente dovrebbe essere – il momento finale nella lotta al crimine: la repressione giudiziaria e la condanna.

A tal proposito il Capitolo I sarà dedicato alla Corte Penale Internazionale, primo tribunale permanente e autonomo, creato nel 1998 con competenza in materia di genocidio, crimini contro l'umanità e di guerra e crimine di aggressione. Nonostante il traffico di esseri umani non sia annoverato tra i precedenti, sicuramente, quando esso è realizzato a scopo di sfruttamento sessuale, realizza la similare fattispecie di schiavitù sessuale, questa certamente riconducibile nell'ambito di competenza della Corte.

L'analisi dei dati conferma che si tratta di un fenomeno strettamente

connesso all'identità di genere delle vittime; il lento riconoscimento

(11)

dei cosiddetti crimini di genere e la proibizione di stupro, riduzione in schiavitù a scopi sessuali e altre forme di violenza, è certamente dovuto al ruolo storicamente attribuito alle donne, considerate per lungo tempo proprietà degli uomini o bottino di guerra, in caso di contesti bellici.

La problematica inerente la natura di reato di genere sarà affrontata, per quanto attiene allo Statuto di Roma, nel paragrafo I, insieme con una panoramica sulle principali disposizioni in materia contenute nell'atto.

La trattazione procederà con uno studio approfondito del ruolo dell'Ufficio del Procuratore, in particolare evidenziando le metodologie di investigazione e le misure di protezione delle vittime, le quali rivestono un ruolo fondamentale, vista la delicatezza del crimine e, sovente, il coinvolgimento di minori.

Da ultimo, si tratterà dell'emblematico caso Lubanga, il quale ha sollevato forti contestazioni a livello internazionale.

Riservando il secondo e ultimo Capitolo al Tribunale Penale per la ex-

Jugoslavia, ci si propone, invece, di attribuire la necessaria rilevanza a

quello che è stato definito un “pionieristico verdetto”, ovvero alla

pronuncia del tribunale nel caso Kunarac, emanata nel giugno 2002 nei

(12)

confronti del leader della milizia serba. L'innovatività della sentenza risiede, appunto, nell'aver per la prima volta riconosciuto la schiavitù sessuale come crimine contro l'umanità e crimine di guerra e aver, conseguentemente, pronunciato la condanna in base a questi capi di accusa.

Le conclusioni saranno il luogo per riflettere sulla effettività dei meccanismi di coordinamento che sono, ad oggi, impiegati nella lotta al fenomeno della tratta di esseri umani, il quale mostra una particolare poliedricità non solo per le differenti sfaccettature che può assumere in relazione ai suoi molteplici scopi – primo tra tutti lo sfruttamento sessuale -, ma anche per la dimensione globale che va sempre più guadagnando anche grazie alle interconnessioni con altre manifestazioni criminali.

Ci si interrogherà quindi sulla possibilità di realizzare meccanismi di

prevenzione e repressione innovativi, al fine di contrastare quella che

da Kristina Kangaspunta viene definita come una “ormai triste

convinzione che il Diavolo che ha resistito per così tanti anni ai

tentativi di sradicarlo, sia destinato a esistere”.

(13)

PARTE PRIMA

INTERNATIONAL LEGAL FRAMEWORK – EVOLUZIONE DI UN CRIMINE. CENNI.

Capitolo I: Gli strumenti del XX secolo: dall’Accordo sulla Tratta delle Bianche del 1905, alla Beijing Declaration and Platform for Action.

L'attenzione per il fenomeno del commercio delle donne si manifestò per la prima con l'avvio del movimento contro la schiavitù dei bianchi.

Con l'abolizione della servitù dei neri, le discussioni che si erano sviluppate con riguardo a quel fenomeno si spostarono, sostanzialmente, sul nuovo.

Nonostante i dati dell'epoca mostrino un numero di casi abbastanza esiguo, sicuramente il traffico di donne esisteva già alla fine del 1800.

1

L'Accordo Internazionale inteso a garantire una protezione efficace contro il traffico criminale conosciuto sotto il nome di tratta delle

1 A titolo esemplificativo si ricordi che un'investigazione condotta negli Stati Uniti nel biennio 1908-1909, relativamente all'importazione di donne per fini immorali, rivelò che un ampio numero di vittime di provenienza estera era stato introdotto nel paese a fini di prostituzione.

(14)

bianche,

2

fu il primo trattato internazionale sull'argomento; stipulato nel 1904, era in realtà abbastanza limitato quanto ad operatività, essendo applicabile unicamente a donne bianche, al fine di prevenirne il traffico per “fini immorali”, e essendo focalizzato primariamente su meccanismi di rimpatrio e controllo delle donne migranti.

In aggiunta, l'Accordo non poneva sugli stati alcun obbligo di punizione dei responsabili, ma soltanto un dovere di istituzione o designazione di un' “autorità incaricata di accentrare tutte le informazioni sull'incetta delle donne e fanciulle allo scopo di prostituzione all'estero”.

3

Pochi anni dopo fu siglata un'altra Convenzione sul tema: stavolta con il preciso scopo di giungere a una criminalizzazione del traffico di esseri umani. La Convenzione Internazionale per la Repressione della Tratta delle Bianche

4

, attualmente emendata da un Protocollo entrato in vigore nel giugno 1951, si apprestò a punire “chiunque, allo scopo di gratificare la passione di un'altra persona, abbia procurato, attirato

2 Accordo Internazionale inteso a garantire una protezione efficace contro il traffico criminale conosciuto sotto il nome di tratta delle bianche, entrato in vigore il 18 Luglio 1905

3 Ibid. Art 1.

4 International Convention for the Suppression of the "White Slave Traffic," May 4, 1910, as amended by Protocol Amending the International Agreement for the Suppression of the White Slave Traffic, and Amending the International Convention for the Suppression of the White Slave Traffic, May 4, 1949, entered into force 21 June 1951

(15)

o condotto altrove, anche con il suo consenso, una donna o una ragazza di età inferiore, per fini immorali”.

5

Il testo dell'accordo costituiva un completamento ideale di quello del 1905, prevedendo stavolta un obbligo per gli stati di punire i colpevoli del crimine; atto questo richiesto come misura minima, lasciando, comunque, libertà decisionale in questo senso alle autorità nazionali.

Punto critico della Convenzione era però quello della tutela delle vittime, che non veniva menzionata nell'atto restando disciplinata unicamente dalle disposizioni del precedente accordo, seppur in modo non soddisfacente.

Una parziale opportunità di svolta nella lotta alla tratta fu fornita anche dalla richiesta, avanzata nel corso della conferenza internazionale tenutasi a Ginevra nel giugno del 1920, di estendere la fattispecie del crimine oltre i confini del solo traffico delle donne bianche, fino ad includere lo sfruttamento sessuale dei bambini a prescindere dal loro genere. La richiesta fu recepita nella Convenzione Internazionale per la Soppressione del Traffico delle Donne e dei Bambini.

6

L'art 7 della stessa recava anche un'innovativa disposizione riguardante l'invito agli

5 Ibid., Art 2

6 Convention for the Suppression of the Traffic in Women and Children, 1921, Geneva.

(16)

stati a porre in essere misure affinché le potenziali vittime potessero essere informate del rischio: in questo senso si richiedeva “l'esibizione, nelle stazioni ferroviarie e nei porti, di avvisi che allertino donne e bambini del pericolo del traffico e indichino i posti dove essi possono trovare assistenza”.

7

Importante fonte di informazioni in materia sono senz'altro anche i due Reports realizzati dai gruppi di esperti incaricati, alla fine degli anni '20 condurre uno studio su cinque problematiche fondamentali, tra le quali l'analisi della “domanda” nelle aree geografiche interessate dalla ricerca, l'individuazione di profili di trafficanti e quali fossero i mezzi, pratici e di convincimento, utilizzati per indurre le donne a lasciare il proprio paese.

Tra il 1927 e il 1932 furono prodotte le due relazioni, l'una concernente il traffico delle donne dall'Europa verso altri paesi, l'altra la situazione in Oriente.

8

In base ai documenti, il traffico fu definito come “il diretto o indiretto procacciamento e il trasporto verso un paese straniero di donne e ragazze per la gratificazione sessuale di

7 Ibid., Art 7

8 Interessante notare come, in base a quanto emerge dallo studio del 1927, il trasferimento delle donne avveniva principalmente dall'Europa verso altri paesi, soprattutto asiatici; il movimento era, quindi, contrario, a quello che avviene attualmente e molti paesi di provenienza, come l'Italia o la Francia, si collocano adesso tra quelli di destinazione.

(17)

una o più persone”.

9

Alcuni elementi principali del reato che emergono dai documenti sono, inoltre, pressoché gli stessi che si collegano alla fattispecie attualmente. Ciò, ad esempio per quanto concerne lo scopo principale della tratta, ossia il guadagno monetario. Per citare le parole di quegli esperti: “il traffico è un business dal quale possono derivare degli ingenti profitti e, come in ogni altro business, è governato dalla legge della domanda e dell'offerta”.

10

Nonostante la creazione di nuovi strumenti legali, il miglioramento dei meccanismi di cooperazione internazionale e una crescente criminalizzazione del fatto, cosa peraltro auspicata già nei menzionati Reports, la situazione non migliorò affatto e la posizione delle donne a seguito della seconda guerra mondiale risulta essere addirittura peggiore.

11

9 C.52.M.52.1927.IV.,, Report Body of Experts Traffic of Women, 1927 e 10 Report 1927, para. 9

11 Per ciò che concerne la schiavitù sessuale: tra le altre, la creazione delle cosiddette Comfort Stations da parte dell'esercito giapponese.

Si veda: Yuki Tanaka, Japan’s Comfort Women, Sexual slavery and prostitution during World War II and the US occupation, 2002. pp.56 ; Christine M. Chinkin, Women’s International Tribunal on Japanese Military Sexual Slavery, in The American Journal of International Law, vol. 95.335,2001 ; R. Sakamoto, The Women's International War Crimes Tribunal on Japan's Military Sexual Slavery: a Legal and Feminist Approach to the Comfort Women's Issue, New Zealand Journal of Asian Studies 3, 1 (June, 2001), pp. 49-58

(18)

Nella seconda metà del secolo la comunità internazionale si interessò nuovamente dell'argomento, in primo luogo tramite l'adozione di due Protocolli Addizionali volti ad incrementare la protezione nei confronti dei civili già fornita dalla Quarta Convenzione di Ginevra.

Gli artt, 76 del Protocollo I

12

e 4 del Protocollo II

13

, riproducono il medesimo contenuto della suddetta, che all'art 27 sancisce che le donne devono essere protette “da prostituzione forzata e ogni altra forma di assalto indecente”.

14

Per di più, la schiavitù sessuale potrebbe essere punita anche in conformità all'art 147 della Convenzione:

nonostante, infatti, non sia elencata espressamente come una grave violazione, è suscettibile di essere considerata inclusa nei “trattamenti inumani” e nella “illegale deportazione o trasferimento o confino di una persona”

15

, i quali sono, invece, menzionati in tal senso.

Due anni dopo, l'Assemblea Generale delle Nazioni Unite stilò la Convenzione sulla Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione contro le Donne.

16

Nel Preambolo veniva specificamente riconosciuto

12 I Additional Protocol to Geneva Conventions of 12 August 1949, 8 June 1977 13 II Additional Protocol to Geneva Conventions of 12 August 1949, 8 June 1977

14 IV Geneva Convention (12 August 1949), relative to Protection of Civilian Persons in Time of War, Art 27, par.2

15 Ibid, Art 147

16 Di seguito, CEDAW: Convenzione sull'Eliminazione di Tutte le Forme di Discriminazione nei Confronti della Donna, 3 Settembre 1981

(19)

che violando la discriminazione “i principi di uguaglianza dei diritti e rispetto per la dignità umana”, risultava necessaria una pronta risposta, tramite la creazione di una “agenda di azione” affinché gli stati garantissero il riconoscimento di suddetti diritti. La Convenzione ha lo scopo di porre le basi per realizzare una uguaglianza tra donne e uomini attraverso l'affermazione dei loro diritti nel campo della vita politica e pubblica fornendo loro eguali opportunità; in conseguenza di ciò, gli Stati che hanno ratificato la Convenzione sono legalmente obbligati ad attuare misure al fine di combattere ogni forma di traffico e sfruttamento della prostituzione femminile.

17

La chiara proibizione della tratta che emerge dal testo, almeno per quanto riguarda le donne, è anche una conferma del fatto che il diritto internazionale riconosca in modo non ambiguo l'esistenza di una proibizione a tal proposito. Ciononostante, le parole della convenzione sono abbastanza vaghe, riferendosi unicamente agli strumenti legislativi più appropriati, risultando in una complicazione per la concreta individuazione delle obbligazioni cui sono sottoposti gli Stati.

Una particolarità positiva della CEDAW è, però, quella per la quale è

17 Ibid., Art 6

(20)

richiesto che gli stati si concentrino, non soltanto sul fenomeno del traffico di per sé stesso, ma anche sulle cause sottostanti che vi conducono

18

; in questo senso la Raccomandazione Generale 19, evidenzia come accanto alla tratta si collochino nuove forme di sfruttamento sessuale, come il turismo sessuale, che devono essere perseguite dalle autorità nazionali in quanto traffico di esseri umani

19

.

Con l'intento di eliminare i rimanenti ostacoli a una dignitosa esistenza per le donne e di ottenere l'uguaglianza di genere, durante la Quarta Conferenza Mondiale sulle donne fu approvata la Dichiarazione di Pechino e Programma di Azione

20

. Tra i punti principali di tale atto vi erano, appunto, quelli concernenti la situazione delle donne durante i conflitti armati, la violenza contro le donne e i loro diritti umani.

L'obiettivo strategico numero 3 della sezione D, dedicata alla

“violenza contro le donne”, individua le azioni che gli stati sono chiamati a intraprendere. Se, da un lato, si sottolinea la necessità di ratificare e rendere effettive le convenzioni internazionali in materia di

18 J. Connors, a.Byrnes , C.Beyani, Assessing the Status of Women: A Guide to Reporting under the CEDAW (International Women's Rights Action Watch USA and The Commonwealth Secretariat), 1996, p. 20

19 General Recommendations made by the Committee on the Elimination of Discrimination against Women, Recommendation No.19, 1992, para. 13-18

20 Beijing Declaration and Platform for Action, Fourth World Conference on Women, 15 September 1995, A/CONF.177/20 (1995) and A/CONF.177/20/Add.1 (1995). Chapter III CRITICAL AREAS OF CONCERN, par.46

(21)

tratta di persone e riduzione in schiavitù, a livello nazionale è operato un chiaro invito a rafforzare la legislazione esistente al fine di garantire una maggiore protezione alle vittime e a “prendere appropriate misure per perseguire i fattori alla radice, inclusi quelli esterni, che incoraggiano il traffico di donne e ragazze per prostituzione o altre forme di commercio sessuale ...”.

21

Nel novembre 2014, in occasione del ventesimo anniversario della Dichiarazione di Pechino, la Commissione Economica per l'Europa si è riunita per discutere la situazione concernente le donne in questa regione e formulare nuove strategie per rafforzare conferire maggiore effettività alla parità di genere. Per ciò che concerne l'Obiettivi D.3., è emerso che, nonostante si siano realizzati dei progressi nella regione europea, la tratta continua a essere un elemento di rilevante importanza, anche quantitativa, tra le varie espressioni di violenza nei confronti delle donne.

22

Alcuni organismi internazionali partecipanti hanno sostenuto la possibilità di adottare il cosiddetto “modello nordico” al fine di

21 Ibid., Strategic Objective D.3.

22 Report of the Beijing+20 Regional Review Meeting, Economic and Social Council, 18 December 2014, p. 10

(22)

realizzare in modo migliore la lotta al traffico di esseri umani.

23

Il suddetto modello, sperimentato in Svezia nel 1999, prevede la depenalizzazione delle donne coinvolte nell'attività di prostituzione, offrendo loro, viceversa assistenza e protezione. Il principio è quello per il quale al fine di interrompere la catena di domanda e offerta che risiede alla base del commercio delle donne, sia opportuno approntare una rigorosa criminalizzazione dei fornitori, proprietari di bordelli e chiunque fornisca il proprio aiuto per la realizzazione del traffico, piuttosto che punire coloro che sono già in una situazione di vittimizzazione. Peraltro, dal momento che la maggior parte dei fruitori è di genere maschile, una tale politica punitiva sarebbe anche in grado di riequilibrare i rapporti di forza tra i due sessi, promuovendo la – tanto sperata – uguaglianza di genere.

24

Al termine di questa breve rassegna degli strumenti internazionali che si sono susseguiti nel corso del XX secolo, emerge chiaramente come

23 Equality Now – sito ufficiale - It’s nearly 20 years after the Beijing Platform for Action. How is the ‘UNECE’ region doing in meeting commitments in relation to trafficking and

prostitution?, dicembre 2014 (data di accesso: 20/03/2015), http://www.equalitynow.org/UNECE

24 Ovviamente, non tutte le posizioni sono omogenee a riguardo; per una interessante prospettiva sul potenziale impatto negativo del modello sui membri della società si veda:

Elizabeth Nolan Brown, “What the Swedish Model Gets Wrong about Prostitution”, 19 Luglio 2014, The Time, http://time.com/3005687/what-the-swedish-model-gets-wrong-about- prostitution/

(23)

nonostante gli sforzi della comunità internazionale, il risultato ottenuto

sia stato mediocre quanto a effettività e si sia atteso fino al 2000 per

l'adozione di uno strumento, come il Protocollo contro il Traffico di

Persone, il cui contenuto vertesse unicamente e in modo specifico sul

traffico di esseri umani.

(24)

Capitolo II: Il Protocollo Addizionale alla Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità Organizzata per Prevenire, Reprimere e Punire la Tratta di Persone, in particolare di Donne e Bambini

25

e gli strumenti legislativi connessi.

Il Protocollo per Prevenire, Reprimere e Punire la Tratta di Persone rappresenta attualmente l'accordo internazionale di maggior rilievo per ciò che concerne il traffico di esseri umani. Esso fu siglato nel corso della conferenza tenutasi a Palermo nel 2000, occasione per la ratifica della Convenzione contro la Criminalità Organizzata Transnazionale adottata dall'Assemblea Generale delle nazioni Unite nel novembre 2000.

26

la Convenzione rappresenta un enorme passo avanti nella lotta al crimine internazionale, in quanto mostra come gli Stati abbiano riconosciuto la gravità del problema e la conseguente necessità di rafforzare la cooperazione reciproca.

L'importanza cruciale del Protocollo risiede nel fatto che esso fornisce per la prima volta una definizione della fattispecie criminosa.

25 Di seguito, TIP: Protocol to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons, Especially Women and Children, supplementing the United Nations Convention against Transnational Organized Crime, entered into force 29 September 2003

26 Il capitolo II della Parte Seconda concernente tratta e crimine organizzato tratterà specificamente della UNTOC.

(25)

In base all'art 3: “Traffico di persone significa il reclutamento, trasporto, trasferimento, accoglienza o ricevimento di persone, attraverso l'uso di minaccia o forza o altre forme di coercizione, rapimento, frode, inganno, abuso di una posizione di potere o della posizione di vulnerabilità o tramite l'effettuazione o ricevimento di pagamenti o benefici per ottenere il consenso di una persona che lo ha su di un'altra, allo scopo di sfruttamento. Lo sfruttamento include come minimo lo sfruttamento della prostituzione di altri o altre forme di sfruttamento sessuale, lavoro forzato o servizi, schiavitù o pratiche affini, servitù o la rimozione degli organi”.

La qualificazione giuridica del crimine si sviluppa, quindi, su tre elementi, che variamente combinati tra loro sono punibili come traffico di esseri umani.

Per ciò che concerne l'atto, in primo luogo, è opportuno specificare che nessuna delle attività contemplate dalla norma costituisce reato di per sé, ma ciascuna è suscettibile di acquisire natura criminosa quando realizzata in compresenza degli altri due elementi individuati.

Quanto ai mezzi, l'art 3 elenca - accanto a inganno o uso della forza,

(26)

coazione e rapimento – anche frode e abuso di potere: non è quindi necessario che sia attuata una violenza fisica, bensì é sufficiente che il soggetto si trovi “in una situazione in cui la persona coinvolta non ha una reale e accettabile alternativa se non quella di sottomettersi all'abuso”.

27

Ipotesi di questo genere si verificano, ad esempio, nel caso in cui la vittima sia entrata nel territorio di uno stato illegalmente o vi risieda senza permesso di soggiorno, ma anche laddove la vittima sia sottoposta alla minaccia che una violenza le sarà usata nel caso in cui non si sottometta alle richieste oppure tenti di fuggire.

Per citare le parole di Herman: “I metodi per istituire un controllo su di un'altra persona sono basati sulla sistematica, ripetitiva inflizione di traumi psicologici”.

28

È del tutto coerente, quindi, che l'elemento fisico non sia tra quelli strettamente necessari per la realizzazione della fattispecie.

29

27 Report of the Ad Hoc Committee on the Elaboration of a Convention against Transnational Organized Crime on the work of its first to eleventh sessions, A/55/383/Add.1, 20 March 2001, para. 63 – 68

28 J.L.Herman, Trauma and Recovery, 1992, p. 74

29 La manipolazione psicologica che avviene nel caso della tratta di esseri umani può essere analizzata avendo riguardo a tre fasi: reclutamento, iniziazione, indottrinamento. Si veda sul punto: E.Hopper, J. Hidalgo, Invisible Chains: psychological Coercion of Human Trafficking Victims, in Intercultural Human Rights Law Review, vol.1, 2006, p.193

(27)

Al contempo, al TIP è riconosciuto anche un primato in quanto unico strumento internazionale che include all'interno del crimine di tratta ogni tipo di sfruttamento. Per quanto riguarda lo scopo, infatti, l'ampia lista fornita dall'art 3 non è in realtà esaustiva, riferendosi unicamente ai tipi di sfruttamento che dovrebbero essere perseguiti “come minimo”. Accanto al lavoro forzato, la schiavitù stricto sensu e il traffico di organi, ciò che interessa ai fini di questa trattazione è la criminalizzazione della tratta per sfruttamento sessuale o di prostituzione.

30

Peraltro, in sede di stesura del Protocollo, fu riconosciuta l'esistenza di differenze nelle legislazioni nazionali per quanto riguarda la criminalizzazione della prostituzione che avrebbero potuto comprometterne il processo di ratifica: fu quindi deciso di non includere nell'atto una definizione di “sfruttamento di prostituzione altrui” o “a fini sessuali”.

31

Il Protocollo garantisce poi una particolare attenzione al fenomeno del traffico quando esso attinge i minori. Ex art 3(c) “il reclutamento, trasferimento … di un bambino ai fini di sfruttamento devono essere considerati traffico in esseri umani anche se questo non comprende

30 Da sottolineare come, comunque, i vari tipi di sfruttamento possano tra loro collidere e aver luogo nell'ambito della medesima fattispecie.

31 Report of the Ad Hoc Committee on the Elaboration of a Convention against Transnational Organized Crime on the work of its first to eleventh sessions, A/55/383/Add.1, 20 March 2001, para. 64

(28)

alcuno degli strumenti elencati al sotto-paragrafo (a)”.

La norma elimina, quindi, in questo caso la necessità di provare quale dei mezzi sia stato utilizzato, rendendo il fatto irrilevante.

Il Protocollo Addizionale alla Convenzione sui Diritti del Bambino sulla Vendita di Bambini, Prostituzione e Pornografia Minorile

32

, peraltro, soccorre il TIP offrendo una definizione specifica di “vendita di bambini”

33

e di “prostituzione”

34

.

Un'altra connotazione del traffico che mostra una chiara componente sessuale è quella della vendita di donne e ragazze promesse in matrimonio. Ciò può consistere in matrimonio forzato, per catalogo

35

, o con minore.

36

32 Optional Protocol to the Convention on the Rights of the Child on the sale of children, 
 child prostitution and child pornography, A/RES/54/263, entered into force 18 January 2002 33 “Vendita di bambini è ogni atto o transazione nella quale un bambini è trasferito da una

persona o gruppo di persone, ad un'altra per una remunerazione”

34 “Prostituzione di minore significa l'uso di un bambini in attività sessuali per una remunerazione o altra forma di compenso”

35 Prospettive critiche assume il fenomeno delle spose per corrispondenza. Si veda: Human Trafficking: Mail Order Bride Abuses, Committee on Foreign Relations – United States Senate, 13 July 2004;

36 Il fenomeno dei matrimoni con minori costituisce un problema di particolare gravità soprattutto nelle zone più povere e rurali dell'Africa sub Sahariana del Sud Est Asiatico.

Per approfondimenti si vedano:

S.L. Mikhail, Child marriage and child prostitution: Two forms of sexual exploitation, 2002;

E. Warner, Behind the Wedding Veil: Child marriage as a Form of Trafficking in Girls, in Journal of Gender, Social Policy and the Law, vol. 12, 2011, p. 262;

(29)

In questo caso, come nelle altre ipotesi di traffico, potrebbe sussistere il consenso della vittima, quantomeno in una fase iniziale, ma questo elemento è reso irrilevante dal Protocollo, il quale all'art 3(b) recita: “il consenso di una vittima della tratta di esseri umani per ciò che concerne lo sfruttamento individuato al sotto-paragrafo (a), è irrilevante allorché uno qualsiasi dei mezzi elencati alla lettera (a) sono stati utilizzati”.

Il consenso potrebbe essere inteso come genuinamente prestato soltanto laddove sia stato fornito con la piena conoscenza di ogni fatto e in totale libertà: risulta quindi chiaro che, laddove sia stato utilizzato uno degli strumenti previsti dalla norma, un placet, anche se presente nel caso di specie, non potrebbe essere ritenuto legalmente valido. La limitazione assume una rilevanza ancora maggiore nell'ipotesi in cui il crimine riguardi minori, nella misura in cui in questo caso, la particolare posizione di vulnerabilità preclude loro di consentire in ogni caso.

37

The Guardian, Brides for sale: Trafficked Vietnamese girls sold into marriage in China (ultimo accesso 20/03/2015), http://www.theguardian.com/global-

development/2014/jun/29/brides-for-sale-trafficked-vietnamese-girls-sold-marriage-china;

37 Protocol to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons, Especially Women and Children, supplementing the United Nations Convention against Transnational Organized Crime, entered into force 29 September 2003, Art 4

(30)

Nonostante le dettagliate previsioni del Protocollo, comunque, un'effettiva risposta punitiva nei confronti dei responsabili, nonché una reale tutela verso le vittime, può realizzarsi unicamente con l'implementazione a livello nazionale del medesimo, assicurando che gli Stati, in linea con l'art 5 del TIP

38

, approntino gli strumenti per la criminalizzazione della fattispecie così come delineata dallo stesso.

La interconnessione tra gli elementi richiede, quindi, che le leggi siano sufficientemente ampie da comprendere i differenti modi in cui i soggetti vengono sfruttati, ma al contempo siano abbastanza specifiche da individuare i procedimenti connessi alla tratta. Lo scopo da perseguire è quello di consentire che le vittime siano riconosciute come tali in modo da garantire loro una quanto più estesa possibile protezione e assistenza; in quest'ottica il sistema della giustizia penale risulterebbe senz'altro penalizzato laddove non fosse sfruttata la potenzialità di questi ultimi come testimoni, non fornendo loro il supporto necessario affinché, tramite una terapia mentale e fisica, intraprendano un percorso di progressiva riabilitazione.

38 Ibid., Art 5

“Criminalizzazione:

Ogni Stato Parte è tenuto ad adottare queste e altre misure legislative per stabilire come offese criminali le condotte evidenziate dall'art 3 di questo protocollo, quando commesse intenzionalmente”

(31)

É chiaro, quindi, che la questione del riconoscimento delle vittime come tali è uno dei punti più delicati per ciò che concerne il crimine di tratta di esseri umani.

Merita sottolineare che il Protocollo, pur attribuendo un particolare status a coloro i quali sono stati oggetto di una delle condotte di cui all'art 3, non fornisce una definizione utile per l'identificazione della

“vittima di tratta di persone”. Questo iato può, tuttavia, essere colmato avendo riguardo a quanto previsto dal Glossario sulla Migrazione dell'Organizzazione Internazionale per le Migrazioni che definisce come vittima, forse in modo tautologico, ma senz'altro utile quantomeno per evidenziare delle linee guida, “un individuo che è soggetto al crimine di traffico di esseri umani”.

39

Identica definizione è, peraltro, fornita anche dalla Convenzione del Consiglio d'Europa sulla Lotta contro la Tratta di Esseri Umani, siglata nel 2005.

40

Quest'ultima si caratterizza rispetto agli altri strumenti legislativi proprio per una prospettiva fortemente incentrata alla protezione delle vittime del reato e alla tutela dei loro diritti

39 International Organization of Migration (IOM), Glossary on Migration, 2004,p.69 40 Council of Europe Convention on Action against Trafficking in Human beigns, CETS,

No.197, 16 May 2005

(32)

fondamentali, la quale dovrebbe essere realizzata tramite l'istituzione di un “meccanismo di monitoraggio specifico”.

41

In Aggiunta, rispetto al Protocollo, la Convenzione ha un mandato più ampio che le consente di attivarsi per la prevenzione e repressione della tratta anche laddove il fenomeno non attinga la dimensione transnazionale o non sussista un gruppo criminale organizzato: il fenomeno può così essere contrastato in ogni sua forma quando il traffico sia diretto a sfruttamento, sessuale o meno, delle vittime.

Il fulcro del meccanismo di controllo è costituito dagli artt. 12 -15, che indicano le misure minime da adottarsi a livello nazionale e con riferimento alla tutela per le vittime, e per ciò che concerne il loro soggiorno e risarcimento legale. Le previsioni in questione costituisco, in effetti, uno scudo più ampio di quello fornito dal Protocollo.

Ex art. 12, gli Stati sono tenuti ad assicurare almeno adeguate condizioni di vita, cure mediche, consulenze sui loro diritti, istruzione per i minori, sempre considerando le esigenze di sicurezza delle persone coinvolte. Il quadro di tutela è idealmente completato dalla

41 Ibid., Preambolo

(33)

disposizione seguente attraverso la quale si assicura un periodo di

“recupero e riflessione” nel quale non è concesso emettere ordini di espulsione nei confronti della vittima, il cui soggiorno dovrà essere autorizzato nel territorio per trenta giorni.

Accanto alla precedente convenzione, un'altra fonte rilevante è senza dubbio la Dichiarazione delle Nazioni Unite dei Principi Base della Giustizia per le Vittime di Crimini e di Abusi del Potere

42

, la quale risulta illuminante circa la definizione di “vittima del crimine”, indipendentemente dal fatto che il responsabile sia individuato e successivamente catturato e condannato. A questo proposito, infatti, si citano “persone che, individualmente o collettivamente, sono state sottoposte a una sofferenza, incluso un danno psicologico o mentale, sofferenza emotiva, perdita economica, o un sostanziale impedimento dei loro diritti fondamentali, attraverso atti o omissioni che sono realizzati in violazione delle leggi penali in vigore all'interno degli Stati Membri.”

43

Come risulta dalla lettura delle precedenti norme, il riconoscimento dello status di vittima dovrebbe aver luogo senza riguardi alla presenza

42 Votata dall'Assemblea Generale con risoluzione 40/34 del 29 novembre 1985

43 Dichiarazione ONU dei Principi Base della Giustizia per Vittime di Crimini e di Abusi di Potere, Risoluzione n:40/34,1985, Art 1

(34)

di un possibile indiziato del crimine, di modo da evitare una sorta di seconda vittimizzazione del soggetto, addirittura sottoponendolo al possibile rischio di essere nuovamente trafficato nel frattempo.

Nella stessa ottica si pone anche l'art 13 della Convenzione del Consiglio d'Europa, stabilendo, per ciò che riguarda la attribuzione di un permesso di soggiorno da parte degli stati, che siano garantiti alle vittime almeno trenta giorni di “riflessione” da parte dell'autorità nazionale; la problematica qui considerata deriva dal fatto che le precedenti vittime, come già ripetuto, sono maggiormente vulnerabili dopo l'esperienza e potrebbero facilmente essere rimosse forzosamente dal territorio statale nel quale si trovano.

44

Al fine di rendere questo riconoscimento effettivo è, però, necessario che venga applicato il principio di non punibilità: in questo modo, non consentendo di ritenere punibili i soggetti rispetto ai crimini da loro realizzati nel contesto dello stato di soggezione, le vittime possono pienamente beneficiare degli meccanismi di protezione che scaturiscono in conseguenza della loro situazione.

44 Council of Europe Convention on Action against Trafficking in Human Beings, CETS, No.197, 16 May 2005. Art 13

(35)

A ben vedere, il TIP non prevede un espresso obbligo nei confronti degli stati affinché si astengano dal reprimere penalmente le condotte delle vittime, ma una simile limitazione può essere estrapolata dalle varie dichiarazioni e risoluzioni internazionali.

Ex art 26 della Convenzione precedentemente menzionata, “ogni parte deve, in base ai principi del suo sistema legale, prevedere la possibilità che non siano imposte pene sulle vittime per il loro coinvolgimento in attività illegali, in base al fatto che esse sono state costrette ad agire in questo modo”.

45

Una previsione di egual natura è inserita nella Risoluzione 55/67 dell'Assemblea Generale delle Nazioni Unite, con riferimento alla non incriminazione di donne e ragazze vittime della tratta per i reati di ingresso o residenza illegali “considerato che sono vittime di sfruttamento”.

46

Ciò che resta da chiedersi è, allora, quale siano i criteri da utilizzare per stabilire la non punibilità delle vittime. Senza dubbio, non sarebbe errato attribuire rilevanza, da un lato, al fattore causale: i suddetti atti

45 Ibid., Art 26

46 Resolution adopted by the Genereal Assembly, Traffic in women and girls, A/Res/55/67, 31 January 2001, para. 13

(36)

possono essere considerati connessi al traffico nella misura in cui siano stati da esso causati, o vi sia un collegamento diretto e immediato con il reato, o anche laddove siano ad esso collaterali.

In secondo luogo, l'esistenza di una coazione alla perpetrazione del fatto è il secondo elemento che necessita di essere valutato.

Interessante notare che questa non è la sola conseguenza positiva al riconoscimento dello status di vittima. Il Protocollo, infatti, si preoccupa anche di fornire le basi legislative affinché gli Stati valutino la concessione di permessi di soggiorno, permanenti o meno, in larga parte basati su cosiddetti “fattori umanitari e compassionevoli”.

47

Per quanto concerne questi ultimi, ampi riferimenti a ragioni umanitarie possono essere trovati all'interno di svariati strumenti internazionali quali quelli emessi dal Consiglio d'Europa, l'Unione Europea o l'OSCE.

Un chiaro esempio è rappresentato dalla Linea-guida 6 dei Principi Linee Guida sui Diritti Umani e il Traffico di Esseri Umani

48

, emessi dall'Alto Commissario per i Diritti Umani, la quale - sottolineando che

47 Protocol to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons, Especially Women and Children, supplementing the United Nations Convention against Transnational Organized Crime, entered into force 29 September 2003, Art.7

48 United Nations High Commissioner for Human Rights Recommended Principles and Guidelines on Human Rights and Human Trafficking (E/2002/68/Add.1)

(37)

il circolo vizioso della tratta non può essere spezzato se non con un'attenzione ai diritti delle vittime - invita gli stati a considerare le prospettive per una collaborazione con organizzazioni non governative per garantire “una sicurezza e un adeguata protezione rispetto ai bisogni delle persone trafficate” in modo indipendente dal fatto che queste vogliano o meno collaborare nelle indagini o nel processo.

49

Per ciò che riguarda i compassionevoli motivi, invece, è lo stesso Protocollo a formulare un esplicito invito nei confronti degli stati, specificando che la disposizione di cui all'art 7(2) deve essere letta congiuntamente a quella dell'art 6, relativo alla protezione delle vittime in generale.

La legislazione italiana, comunque, merita di essere citata come esempio positivo: l'art 18 della Legge sull'Immigrazione del 1998, garantisce alle vittime della tratta la possibilità di trattenersi nel territorio italiano per sei mesi, indipendentemente dal fatto che siano in grado o vogliano testimoniare contro i responsabili, di modo che possano accedere ai servizi di assistenza.

50

49 Ibid., Guideline 6 50L. 40/1998, Art 18:

“Misure straordinarie di accoglienza per eventi eccezionali

(38)

Una delle problematiche maggiori resta, comunque, la garanzia di un accesso alle misure di compensazione. Questo aspetto è di particolare rilevanza, dal momento che svolge una funzione, non soltanto economica, ma anche – e a parer di chi scrive, soprattutto – catartica.

Il riconoscimento di misure riparatorie, infatti, equivale a un'affermazione della natura criminale del fenomeno e può senz'altro costituire un primo passo verso un percorso di superamento del trauma per le vittime stesse. Il Protocollo, peraltro, non si pronuncia in modo esplicito su quale debbano essere le misure adottabili dagli stati, ma pone su di essi la responsabilità di istituirne di tali che siano in grado di soddisfare lo scopo.

51

A titolo esemplificativo: previsioni specifiche riguardanti i potere delle corti di imporre ai responsabili una restituzione monetaria, ma è possibile ritenere tale anche l'istituzione di un fondo dedicato al quale le vittime possano rivolgersi.

52

Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, adottato d'intesa con i ministri degli affari esteri, dell'Interno, per la solidarieta' sociale e con gli altri ministri eventualmente interessati, sono stabilite, nei limiti delle risorse preordinate allo scopo nell'ambito del Fondo di cui all'articolo 43, le misure di protezione temporanea da adottarsi, anche in deroga a disposizioni della presente legge, per rilevanti esigenze umanitarie, in occasione di conflitti, disastri naturali o altri eventi di particolare gravita' in Paesi non appartenenti all'Unione europea.”

51 Protocol to Prevent, Suppress and Punish Trafficking in Persons, Especially Women and Children, supplementing the United Nations Convention against Transnational Organized Crime, entered into force 29 September 2003, Art. 6(6)

52 Un esempio è dato dalla L.356/1992 prevede, all'Art 12 che siano obbligatoriamente confiscati tutti i beni in caso di condanna per certe categorie di reato, indipendentemente dal fatto che siano direttamente imputabili al responsabile o meno, laddove risultino sproporzionati rispetto al suo reddito. In questo caso, laddove si tratti del reato di tratta di esseri umani, i beni vengono acquisiti dal Fondo annuale per le Misure Anti-Tratta.

(39)

Capitolo III: Verso progressi ulteriori

L'aver ripercorso, seppur brevemente, l'evoluzione dei profili del riconoscimento e della repressione della tratta di esseri umani, soprattutto a scopi sessuali, fornisce una visione di come effettivi progressi in questo ambito siano stati, senza dubbio, conseguiti.

Ciononostante, molte delle problematiche connesse al suddetto fenomeno continuano a essere presenti, dovute in gran parte a una mancanza di conoscenza – specialmente nelle aree maggiormente interessate – del fenomeno in sé e dei fattori connessi.

Rita Pradhan

53

, raccontando della situazione in Nepal non più di venti anni fa, ha palesato che non fosse pratica infrequente per alcuni genitori cedere le proprie figlie affinché fossero condotte a lavorare altrove, percependo in cambio i frutti di quella attività della quale, in realtà, conoscevano niente, ignorando che le ragazze venivano costrette a prostituirsi o erano ulteriormente vendute come schiave sessuali.

Proprio l'implementazione dei meccanismi per promuovere la prevenzione del fenomeno, prima che la sua repressione, dovrebbe

53 Si veda l'Appendice II per l'intervista

(40)

quindi essere tra i principali scopi perseguiti a livello internazionale, anche grazie a un' auspicabile crescente cooperazione.

La Strategia dell'Unione per l'Eradicazione della Tratta degli Esseri Umani 2012-2016, pone come quinto obiettivo quello di

“incrementare la conoscenza e l'effettività della risposta nei confronti delle preoccupazioni emergenti in relazione a tutte le forme di traffico di persone”

54

.

La riflessione muove dalla constatazione che gli stessi metodi con i quali la tratta si realizza e le tendenze, per ciò che attiene al mercato degli esseri umani, sono in continua evoluzione: ciò porta alla necessità di porre in essere una serie di azioni mirate a livello comunitario.

Tra le altre

55

, l'azione individuata per questo 2015 prevede che la Commissione collabori con la Fondazione Europea per il miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro al fine di elaborare una guida contenente “best practices” per le autorità pubbliche volte al controllo delle agenzie del lavoro e alla collaborazione per l'identificazione delle vittime del traffico di esseri umani.

54 Communication from the Commission to the EU Parliamen, the Council, the European Economic and Social Committee and the Committe of the Regions, The EU Strategy to the Eradication of Trafficking in Human Beings 2012-2016, Key Priotity E, p. 14

55 L'Obiettivo E contempla anche: lo sviluppo di un sistema europeo per la raccolta delle informazioni; la conduzioni di specifiche analisi per migliorare la comprensione del fenomeno dal punto di vista vittimologico e di genere; la lotta al reclutamento via internet;

l'investigazione dei casi di tratta a fini di sfruttamento del lavoro

(41)

PARTE SECONDA

LE ORGANIZZAZIONI INTERNAZIONALI, TRATTA E CRIMINE ORGANIZZATO

Capitolo I: La Convenzione delle Nazioni Unite contro la Criminalità Organizzata Transnazionale

La Convenzione contro il Crimine Organizzato Transnazionale, è stata adottata dall'Assemblea Generale delle Nazioni Unite durante la conferenza tenutasi nel novembre del 2000 ed è entrata in vigore il 29 settembre 2003

56

.

Quest'ultima rappresenta il primo serio tentativo di utilizzare il Diritto Internazionale come un'arma contro il crimine organizzato transnazionale.

Ancora più indicativa è, peraltro, la proposta avanzata dalla Commissione ad hoc sull'adozione dei due attuali protocolli addizionali sul traffico di migranti e sulla tratta di esseri umani; ciò

56 In seguito, TOC: United Nations Convention against Transnational Organized Crime, General Assembly Resolution 55/25, 15 November 2000

(42)

evidenzia chiaramente come fosse già chiara la problematica inerente la sicurezza in questi settori e si avesse coscienza dell'esistenza di un collegamento tra la pluralità di gruppi criminali coinvolti.

Le aree coperte dalla Convenzione sono molteplici: essa si occupa infatti di individuare gli strumenti attraverso i quali gli Stati possano incrementare la cooperazione, come assistenza reciproca, estradizione, riunione di investigazioni, ma anche di apprestare misure di tutela nei confronti di vittime e testimoni, nonché di proteggere i mercati legali dalle possibili influenze del crimine organizzato. Per di più, la Convenzione agevola l'investigazione e il perseguimento delle attività criminali come tratta di esseri umani, migrazione illecita, traffico di armi e droga, in modo globale, consentendo ad esempio che un soggetto sia incriminato per aver preso parte ad un'azione commessa dal gruppo criminale, nonostante non vi siano prove sufficienti per imputagli il reato di tratta.

Vi sono tre requisiti affinché questa possa essere applicata.

È necessario, in primo luogo, che il reato abbia natura trans- frontaliera; in secondo luogo, deve esservi il coinvolgimento di un gruppo criminale organizzato; ultimo requisito, quello che richiede un livello minimo di gravità del reato.

In base all'art. 2 “gruppo criminale organizzato sta a significare un

(43)

gruppo strutturato di tre o più persone, esistente per un periodo di tempo e agisce in concerto con lo scopo di commettere uno o più crimini di seria indole, o offese stabilite in accordo con questa Convenzione, al fine di ottenere, in modo indiretto o indiretto, un beneficio finanziario o materiale”.

57

La caratteristica principale della Convenzione è costituita dall'enfasi sulla collaborazione internazionale, alla quale è attribuito specifico rilievo dagli artt. 16-19, il primo dei quali concernente l'estradizione nel caso di uno dei crimini inclusi nell'art 3(1)(a)o(b) della convenzione.

La UNTOC obbliga gli Stati Parte a trattare le offese di cui sopra come crimini che consentono estradizione in base al proprio ordinamento e a garantire che tale connotazione sia mantenuta anche in ogni futuro trattato di estradizione; ciononostante, questo dovere attiene unicamente a quei reati che attingono il livello di “gravi crimini transnazionali” in base alla Convenzione stessa e al Protocollo sul Traffico.

La norma richiede, quindi, per l'attivazione del meccanismo che, trovandosi la persona nel territorio di uno degli State Parte, sia

57 Ibid., Art 2(a)

(44)

dimostrato che l'offesa per la quale essa è richiesta sia punibile in base al diritto di entrambe le Nazioni. Ulteriore condizione è che il reato per il quale si procede sia uno di quelli nei confronti dei quali è prevista l'estradizione all'interno dei trattati conclusi tra gli stessi Stati;

ciononostante, in caso di mancanza del trattato, la Convenzione può essere considerata come base legale per l'estradizione.

58

Anche nell'ipotesi in cui ciò non avvenga, sul presupposto che il responsabile sia un proprio cittadino, si prevede che lo Stato sia comunque “obbligato a presentare il caso, senza ritardo, alle sue autorità competenti allo scopo che sia perseguito”.

59

L'importanza riconosciuta al meccanismo di estradizione si riflette anche nella previsione dell'art 16(8), secondo la quale gli Stati sono tenuti a rendere più rapida la procedura e a “semplificare i requisiti probatori richiesti”.

Il trasferimento di un condannato è, peraltro, realizzabile anche in base all'assunto dell'art. 17 che autorizza gli Stati a entrare come parte in un accordo bilaterale o multilaterale proprio allo scopo di trasferire il soggetto affinché sconti la pena nella Nazione destinataria.

Nell'ipotesi in cui uno degli Stati Parte abbia ragione di ritenere che il

58 Ibid., Art 3 59 Ibid., Art 3(10)

(45)

reato rientrante tra le offese di cui all'art. 3 abbia natura transnazionale, quanto alle vittime o ai testimoni oppure per la presenza di un gruppo criminale organizzato, gli altri sono tenuti a garantire assistenza nello svolgimento delle investigazioni, persecuzione e procedimenti giudiziali.

60

L'assistenza legale reciproca è intesa come strumento di cooperazione di natura strettamente formale, dal momento che viene utilizzato soprattutto quando lo stato ha necessità di procurarsi elementi probatori che potranno essere utilizzati in sede giudiziaria;

per questa ragione le regole che governano questo meccanismo collaborativo sono più rigide di quelle operanti nel caso di altre tipologie di assistenza.

Suddetta cooperazione può essere richiesta per scopi differenti, tra i quali “reperire prove o dichiarazioni da un soggetto (a); eseguire ricerche, sequestri e congelamenti (c); fornire informazioni, prove e perizie di esperti (e); identificare o tracciare crimini, proprietà, strumenti a scopi probatori”.

Nel caso in cui manchi una bilaterale previsione del reato lo Stato richiesto potrebbe rifiutare di prestare ogni forma di assistenza, anche se la convenzione lascia alla discrezionalità nazionale la scelta in questo senso.

60 Ibid., Art 18(1)

(46)

In base alla UNTOC, quindi, gli stati possono cooperare sia a livello formale, tramite la richiesta di assistenza legale, che informale.

In questo caso, la collaborazione viene a esistenza primariamente tramite lo scambio di informazioni tra i corpi di polizia, senza la necessità di una richiesta di mutua assistenza, e attraverso il comune impegno nella protezione di testimoni: può essere quindi considerata come un meccanismo complementare per rendere ancor più effettiva l'opera degli agenti coinvolti, potendo essere posto in essere ancor prima che l'investigazione diventi ufficiale. Le modalità di realizzazione della cooperazione tra questi corpi, per di più, è stabilita all'art. 27, che obbliga gli stati a prendere delle opportune misure “per stabilire e rafforzare i canali di comunicazione tra le autorità competenti, agenzie e servizi per facilitare il sicuro e rapido scambio di informazioni concernente tutti gli aspetti delle offese coperte da questa Convenzione”.

61

L'art. 19 consente, da ultimo, la creazione di corpi investigativi comuni, tramite la stipulazione di accordi relativamente a casi che sono oggetto di investigazione o in fase di giudizio.

62

61 Ibid., Art 27(1)(a)

62 Laddove suddetti patti manchino, corpi comuni possono comunque essere creati tramite accordi conclusi caso per caso.

(47)

Accanto a questo fondamentale aspetto, la Convenzione riconosce che il perseguimento della tratta di esseri umani può trovare un rilevante sostegno anche nelle misure di natura economica, come il congelamento, il sequestro o la tassazione dei beni dei trafficanti.

63

La necessità di una cooperazione internazionale si spiega avendo riguardo alla possibilità che i responsabili decidano di effettuare trasferimenti dei loro capitali all'estero, o abbiano nascosto gli stessi:

un'effettiva collaborazione tra le autorità degli stati coinvolti rappresenta quindi l'unico modo per assicurare una maggiore probabilità di successo.

Ex art. 13 la cooperazione internazionale deve essere promossa anche al fine di attuare la confisca di “prodotti del crimine, proprietà, equipaggiamento o altri strumenti di cui all'art. 12, situati nel suo territorio”

64

, in base alla richiesta di un altro Stato Parte il quale abbia giurisdizione sul crimine. Lo Stato richiesto è, quindi, tenuto ad adottare misure in grado di identificare i beni e a effettuare i sequestri necessari, potendo rifiutarsi unicamente laddove l'offesa per la quale si

63 Misure di altro tipo sono poi contemplate dalla Convezione del Consiglio d'Europa sulla Lotta contro la Tratta di Esseri Umani (2005), la quale cita all'Art 23(4) “la chiusura temporanea o permanente di qualsiasi struttura usata per commettere la tratta degli esseri umani … per interdire a titolo temporaneo o definitivo, all'autore del reato, l'esercizio dell'attività nel corso della quale il reato è stato commesso”. Questo consentirebbe, in effetti, non soltanto di impedire una continuazione dell'attività, ma anche di influire negativamente sul

coinvolgimento di vittime future, dal momento che si renderebbero inaccessibili quei luoghi nei quali è noto che si sviluppassero attività connesse al traffico.

64 United Nations Convention against Transnational Organized Crime, General Assembly Resolution 55/25, 15 November 200', Art 13

Riferimenti

Documenti correlati

We study the aggregate behavior of the economy under two different scenarios: one wherein investment in new productive capacities is determined by past profits of firms

The opening talk was delivered by Professor Ronald Carter (University of Nottingham, UK) and focused on the main topics of the conference, namely how corpus

A recent compilation of magneto- biostratigraphic results from 13 stratigraphic sections distributed worldwide, including Gorrondatxe, has unequivocally demonstrated that the

DELLE VITTIME DI VIOLENZA E TRATTA: UN PECORSO DI PROGETTAZIONE CONDIVISA Regione Piemonte, Via Amedeo Avogadro 30, Torino 19 febbraio 2015.. Grave sfruttamento e tratta di

Tuskegee Syphillis Study (1932-72) studio non terapeutico sugli effetti della sifilide.

Con questa strategia, la Commissione europea intende concentrarsi su misure concrete atte a sostenere il recepimento e l’attuazione della direttiva 2011/36/UE, apportare un valore

In Bangladesh, Sri Lanka, India e Pakistan il problema della tratta riguarda soprattutto il lavoro forzato e minorile: gli uomini vengono trafficati verso i Paesi del Golfo e

Rivolto alle vittime e ai testimoni della tratta di esseri umani nonché agli artisti di cabaret che hanno subito in Svizzera una situazione di sfruttamento, il progetto mirava