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Capitolo 3. LE TERAPIE

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Academic year: 2021

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Capitolo 3. LE TERAPIE

La parola terapia deriva dal greco therapeìa ed ha come significato più correlato alla parola stessa quello di cura o guarigione.

Parlando in termini scientifici quando si parla di terapia si intende un

“trattamento sistematico di una malattia oppure l'insieme dei provvedimenti, delle medicine atti a migliorare lo stato di salute”.

La parola terapia inoltre può essere accostata ad altre parole e quindi la sua definizione se non parliamo più in termini propriamente medici diventa non proprio una cura ma più qualcosa che aiuta l'altro, intendendo con aiuto concetti come protezione, assistenza, soccorso.

In questo capitolo cercherò di analizzare le terapie per il trattamento delle dipendenze, cercando di definire e spiegare quelle farmacologiche, ma anche le terapie psicologiche e i diversi approcci e gli interventi sociali che rientrano nel progetto di “aiuto” individualizzato.

Nell'ultima parte del capitolo descriverò anche le comunità terapeutiche e riabilitative che rappresentano una grande risorsa sia per gli operatori che per gli stessi utenti.

3.1 TERAPIA FARMACOLOGICA

La terapia farmacologica consiste nella somministrazione di farmaci al paziente per curare una determinata patologia.

Quando parliamo di dipendenza da sostanze la terapia farmacologica gioca un ruolo fondamentale; infatti pur rimanendo essenziale la volontà del paziente di voler chiudere con l'uso di sostanze, i farmaci offrono un aiuto in più per rafforzare questa volontà.

La terapia farmacologica è necessaria per far si che la persona, una volta

concluso l'uso della sostanza non senta i sintomi della crisi di astinenza e

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possa così svolgere una vita “tranquilla” dove il craving non diventa la principale attività del soggetto.

Purtroppo però i farmaci non compiono il miracolo della guarigione, anche se aiutano l'individuo nel percorso è sempre quest'ultimo a decidere se e come proseguire il cambiamento e il controllo della propria vita.

I trattamenti farmacologici variano a seconda della sostanza abusata ed anche dall'individuo stesso che può “trovarsi meglio” con un farmaco anziché un altro. Per le sostanze come l'eroina, una delle droghe dall'uso più diffuso ci sono diversi farmaci specifici per il trattamento. Questi farmaci vengono elencati e descritti nel manuale sottoscritto dal Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite dal titolo “ Linee guida per il trattamento farmacologico e psico- sociale della dipendenza da oppiacei”.

In questo manuale si pone l'accento oltre che sui farmaci a disposizione per curare la tossicodipendenza anche sull'importanza di una terapia psico- sociale che tuteli e protegga l'utente.

I farmaci usati per eliminare il craving e mantenere il soggetto in trattamento senza ricadute nell'uso della sostanza sono: metadone, buprenorfina, naltrexone e gli agonisti alfa-2-adrenergici. Questi farmaci in maniera diversa trattano i disturbi indotti dalla sostanza come l'astinenza, la dipendenza e il craving. In particolare il manuale introduce tre approcci terapeutici ossia il trattamento di mantenimento con agonisti degli oppiacei, l'astinenza da oppiacei e quella seguita da naltrexone orale. Il metadone è un farmaco agonista

1

oppiode sintetico utilizzato per ridurre i sintomi da astinenza da eroina. Si presenta come una sostanza oleosa da assumere per via orale, ha una lenta eliminazione (tra le 25 e le 30 ore) tale da permettere la somministrazione giornaliera. Anche se risulta il farmaco più usato questo non è adatto a tutti i pazienti visto che provoca assuefazione.

1 Per la farmacodinamica si intende agonista un farmaco che si lega ad un recettore e genera una

risposta biologica, riproducendo gli effetti dei composti endogeni. A seconda dell'efficacia sui recettori

si classificano farmaci agonisti pieni, agonisti inversi e agonisti parziali.

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Tanti operatori, tra cui quelli della comunità di San Patrignano, proprio per la facilità con cui questo farmaco crea dipendenza lo definiscono una vera e propria droga. Questa affermazione trova il suo fondamento nei tanti dipendenti, che una volta terminato il trattamento continuano ad assumere questa sostanza dal mercato nero per gestire l'astinenza. Altre autorevoli teorici in materia di tossicodipendenza, non classificano il metadone come droga ma comunque prediligono utilizzare altri farmaci destinati al trattamento di dipendenza da eroina, vista la facilità di assuefazione, per non “spostare” la patologia da una sostanza ad un'altra. Un altro farmaco utilizzato nel trattamento di dipendenza da oppiacei e la buprenorfina, commercializzata sotto forma di pasticche sub-linguali da 2 o 8 mg. La buprenorfina è un agonista parziale

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che induce analgesia al sistema nervoso centrale. Ci sono alcuni effetti collaterali all'utilizzo di questo farmaco come la depressione respiratoria e la sedazione ma al contrario appaiono molto bassi i rischi di dipendenza fisica da buprenorfina anche nel medio e lungo periodo; fattore che rende interessante l'uso di questo farmaco nel trattamento di mantenimento agevolando lo scalaggio fino alla completa sospensione del farmaco senza generare alcuna sindrome di astinenza. Questo farmaco appare migliore soprattutto per il trattamento della dipendenza da eroina negli adolescenti dove, a causa di un consumo della sostanza minore nel tempo,si è sviluppata una dipendenza più lieve.

Questo farmaco, secondo molti esperti del settore, rappresenta una grande risorsa nel trattamento di mantenimento proprio per la sua difficoltà a creare dipendenza e crisi di astinenza nel momento della sospensione del farmaco così da rendere minimo il rischio di ricadute. Un altro farmaco usato nel trattamento della dipendenza da eroina è il naltrexone.

Questo farmaco è un antagonista

3

dei recettori, in Italia è commercializzato

2 In quanto agonista parziale, il farmaco possiede effetti farmacologici dose-dipendenti entro un determinato arco posologico, oltre il quale, pur aumentando il dosaggio, non si ottiene un corrispondente incremento dell'attività

3 Si definisce antagonista un farmaco che pur legandosi ad un recettore non lo attiva o con più esattezza

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con il nome di Antaxone, Nalorex o Narcoral, è molto simile al Naloxone.

Il naltrexone ha un'efficacia a lunga durata, almeno 24 ore, e proprio grazie alla sua caratteristica di legarsi al recettore responsabile della trasduzione del segnale, bloccandolo, viene utilizzato per trattare persone che hanno probabilità di ricaduta; infatti nel caso in cui un soggetto consumi la sostanza psicotropa non otterrà alcun tipo di effetto, quindi con la continuata assenza di effetti ricercati dalla sostanza diminuirà il desidero e quindi anche la dipendenza. Questo farmaco viene usato non tanto nel trattamento di mantenimento quanto per evitare le ricadute dopo la totale disintossicazione. Tra le accortezze da usare quando si inizia questo tipo di trattamento è necessario che il paziente sia completamente disintossicato da ogni tipo di oppiaceo (eroina, metadone, ecc.) per evitare il rischio di incorrere in una grave crisi astinenziale. Il suo uso è molto limitato, almeno in Italia poiché la compliance,ossia la piena partecipazione al trattamento è poco frequente proprio perchè il farmaco non presenta alcun incentivo poiché non produce alcun effetto. Anche il rischio di overdose dopo l'uso di eroina è molto frequente poiché il dipendente sottoposto a trattamento con il naltrexone non ha più lo sesso livello di tolleranza. Questo farmaco inoltre è stato provato come terapia farmacologica anche su pazienti con dipendenza da alcol. Come sosteneva la dottoressa Christina Gianoulakis

4

già nel 1989 “l'alcol ha anche un'azione oppiacee e probabilmente un sottogruppo di quest'azione è cruciale nel determinare la dipendenza”.

Sinclair, grazie agli studi effettuati sui pazienti disintossicati, ha notato che il loro cervello produce un segnale di carenza oppiacea quando riferiscono voglia di bere. Quindi è stato dimostrato che il rinforzo comportamentale indotto dall'alcol a ripeterne l'assunzione si produce per via oppiacea. Ecco quindi spiegata l'efficacia del naltrexone nel trattamento di pazienti alcol-

blocca la trasduzione del messaggio.

4 Ricercatrice al Douglas Mental University Health Institute e professoressa all'università McGill di

Montreal in Canada, ha contribuito, attraverso i vari studi effettuati, a comprendere il ruolo del

sistema degli oppioidi endogeni nel mediare alcuni effetti di rinforzo dell'alcool.

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dipendenti. Questo farmaco riesce a ridurre la probabilità di ricadute dell'alcolista nei mesi successivi alla disintossicazione. Altri farmaci utilizzati nel trattamento della dipendenza alcolica sono il Disulfiram, il sale sodico dell'acido 4- idrossibutirrico o Alcover, l' Acamprosato, il Topiramate, il Baclofen, la Fluoxetina e il Buspirone.

Il Disulfiram è un farmaco anticraving che “blocca le reazioni metaboliche del catalismo dell'alcol impedendo la trasformazione dell'acetaldeide” e quindi dopo l'assunzione di alcol si assiste a molteplici alterazioni vasomotorie, cardiovascolari e difficoltà respiratorie. Il Sale sodico dell'acido-4- idrossibutirrico agisce sui recettori GABA-B

5

, inducendo un incremento della concentrazione cerebrale di dopamina e di serotonina. Gli effetti sono quelli di una riduzione del craving poiché il farmaco produce effetti gratificanti diminuendo la possibilità di ricadute. Purtroppo però tra i rischi vi è la possibilità di insorgenza di craving verso il farmaco e l'abuso di quest'ultimo.

L'Acamprosato, è un derivato sintetico dell'omotaurinato

6

, agisce riducendo l'eccitabilità neuronale. È stato dimostrato che i pazienti alcol-dipendenti curati con questo tipo di trattamento hanno maggior tempo di sobrietà e minor rischio di ricadute. Purtroppo che lo studio condotto da Kranzel e Van Kirk nel 2001 non confermi l'efficacia del trattamento con l'acamprosato. Un altro farmaco che sembra poter aiutare il trattamento di dipendenza da alcol è il Baclofen, agonista dei recettori GABA-B. Questo farmaco riduce il pensiero ossessivo dell'alcol, e non ha effetti collaterali considerevoli tanto da rappresentare il futuro strategico per pazienti con epatopatia cronica in stadio avanzato. Anche il Topiramate è agonista dei recettori GABA-B pur essendo un anti-epilettico. Grazie alla sua azione mirata su un sito non benzodiazepinico del recettore il farmaco risulta

5 I GABA sono neurotrasmettitori inibitori del sistema nervoso centrale presente nell'ipotalamo, i GABA-B sono recettori accoppiati alle proteine G inibitorie, la loro attivazione porta alla riduzione dell'eccitabilità neuronale e alla liberazione del neurotrasmettitore.

6 Aminoacido simile ai GABA.

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efficace a ridurre le componenti ossessive del craving e la componente di automaticità e quella comportamentale legata al bere, migliorando la qualità di vita del paziente. La Fluoxetina è invece un farmaco inibitore selettivo della serotonina capace di bloccare il reuptake

7

di quest'ultima riducendo il craving da alcol per pazienti affetti da depressione o da disturbi dell'umore. Non è certa l'efficacia di altri farmaci SSRI come la Sertralina e il Citalopram anche se ci sono stati risultati positivi per gli alcolisti “late-onset”

8

. Al contrario per gli alcolisti “early-on set”

9

sembra efficacie il trattamento con l'Ondasetron

10

che blocca l'aumento della dopamina, caratteristica tipica del craving. Al contrario il Buspirone è un agonista parziale della serotonina, dagli studi condotti è risultato utile alla disassuefazione da alcol in soggetti affetti anche da disturbi d'ansia.

Naturalmente questi farmaci non sono autorizzati in tutti i paesi, ad esempio in Italia sono autorizzati solo il Naltrexone e l'Alcover.

Anche per le altre dipendenze da sostanze non ci sono cure ed è necessario rivolgersi agli psicofarmaci. Ad esempio per quanto riguarda l'abuso di cocaina la Food and Drug Administration non riconosce alcun tipo di trattamento farmacologico. Comunque la sperimentazione farmacologica continua, concentrandosi su quattro principi di intervento: sostanze che funzionano come sostituti della cocaina attraverso la produzione della dopamina, sostanze ad effetto antidopaminergico (antagonisti), sostanze modulatrici, terapie che agiscono modificando la faramacocinetica della cocaina. La sperimentazione è l'obiettivo primario del National Institute on Drug Abuse. In particolare alcuni trattamenti sperimentali si focalizzano sull'uso di Benzatropina, Rimcazolo, Destroanfetamina solfato, Levodopa e Carbidopa e Topiramato. Le ricerche si concentrano sulle “molecole che

7 Ossia ricaptazione. Nello specifico questi farmaci impediscono al neurone pre- sinaptico di ricaptare la serotonina, facendo in modo che la serotonina stessa possa agire per tempi più lunghi sul neurone post-sinaptico.

8 Soggetti dipendenti da alcol che vedono l'insorgere del disturbo tra i 65 e i 74 anni.

9 Soggetti alcol-dipendenti che hanno iniziato il loro abuso da alcol tra i 40 e 55 anni

10 Farmaco antagonista dei recettori 5-HT3 usato come antiemetico

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agiscono sui sistemi di regolazione della dopamina a livello dei circuiti cerebrali deputati ai sistemi di ricompensa a livello del sistema mesolimbico”

11

; quindi è possibile ipotizzare che le molecole che incrementano l'attività della dopamina siano da considerare come terapie sostitutive della cocaina poiché agiscono sui sintomi dell'astinenza, controllano il craving e riducendo il rischio di ricadute.

La terapia farmacologica per le nuove dipendenze non ricopre un ruolo così importante come per le dipendenze da sostanze.

Sostanzialmente chi soffre di un dipendenza comportamentale soffre anche di una comorbilità, ossia di una compresenza di altre patologie nello specifico di forme depressive.

Quando parliamo di depressione è necessario chiarire che esistono diversi tipi di tale patologia e in modo più preciso di forme depressive o disturbi psichici.

Brevemente descriverò quelli che sono più strettamente collegati con le new addiction. I disturbi psichici secondo il DSM si classificano in:

disturbi dell'infanzia e dell'adolescenza, disturbi cognitivi, disturbi correlati a sostanze, disturbi psicotici, disturbi dell'umore, disturbi d'ansia, somatoformi, dissociativi, sessuali, dell'alimentazione, disturbi del sonno, del controllo degli impulsi, dell'adattamento e della personalità. Ogni categoria può essere a sua volta classificata in altri disturbi; quelli che maggiormente ricorrono nelle persone addicted sono alcune categorie dei disturbi psicotici

12

, alcuni dei disturbi d'ansia

13

, i disturbi dissociativi, quelli sessuali, quelli legati al sonno come l'insonnia, la tricotillomania ed alcuni disturbi della personalità

14

.

11 M. Faccio, F.Bricolo,M.Cruciani, G. Serpelloni “I trattamenti sperimentali per i disturbi correlati all'uso di cocaina”.

12 I disturbi psicotici di cui sto parlando sono: disturbo distimico, disturbo con manifestazioni atipiche, catatoniche o psicotiche, disturbo depressivo maggiore, episodio maniacale e disturbo bipolare.

13 In particolare attacchi di panico, disturbo ossessivo-compulsivo, disturbo d'ansia generalizzato 14 I disturbi di personalità che sono più frequenti negli addicted sono quello evitante, quello ossessivo-

compulsivo, il dipendente di personalità, il paranoide, la personalità borderline.

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Più specificatamente ad un nuovo dipendente potrà essere diagnosticata anche una patologia legata a questi disturbi; ad esempio un giocatore patologico verrà curato anche per la sua difficoltà nel gestire gli impulsi così come una persona dipendente da shopping compulsivo che probabilmente avrà sviluppato una personalità ossessiva-compulsiva e soffrirà di attacchi di panico, al contrario un sex addicted avrà sviluppato una personalità evitante e molto probabilmente avrà sviluppato anche dei disturbi sessuali come il disturbo da avversione sessuale oppure delle parafilie; un work addicted soffrirà di disturbi del sonno, attacchi di panico, disturbi dissociativi e avrà una personalità evitante, al contrario un love addicted avrà sviluppato una personalità dipendente, paranoide e a tratti borderline con disturbi depressivi maggiori.

I farmaci utilizzati nella cura dei disturbi psichici sono suddivisi in 4 categorie: antipsicotici, antidepressivi, stabilizzanti dell'umore e ansiolitici.

Gli antipsicotici conosciuti anche come neurolettici sono impiegati per calmare i pazienti agitati (ecco perchè sono conosciuti anche come tranquillanti maggiori). I sintomi su cui risultano attivi sono i deliri,le allucinazioni, i fenomeni dissociativi, e i disturbi del comportamento nei disturbi ossessivo-compulsivo e nei disturbi depressivi con manifestazioni psicotiche. Questi farmaci agiscono sui sistemi dopaminergici del sistema nervoso centrale; riducono l'attività dominergica nelle aree cerebrali in cui è eccessiva e l'aumenta dove è ridotta. Gli antipsicotici sono suddivisi in tipici e atipici. Gli antipsicotici tipici hanno un'azione di blocco sui recettori per la dopamina. I farmaci compresi in questa categoria sono la clorpromazina, la promazina, aloperidolo, l'almisulpiride,la clotiapina. Gli effetti collaterali sono di tipo neurologico, endocrino, cardiovascolare, ematologici, termoregolatori come la sindrome maligna da neurolettici. Gli antipsicotici atipici sono più utilizzati perchè meglio tollerati dai pazienti;

agiscono sia sul sistema dopaminergico che sul sistema serotoninergico.

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Risperdal, zypreza, seroquel, abilify, invenga e zeldox sono tra i farmaci più utilizzati proprio per la maggior tollerabilità sul paziente e la minor probabilità di insorgenza di effetti collaterali.

Gli antidepressivi sono farmaci utilizzati per il trattamento dei disturbi dell'umore. La loro azione è di tipo modulatorio sui tre sistemi neurotrasmettitoriali: serotoninergico, noradrenergico e dopaminergico.

Gli antidepressivi serotonergici sono i più diffusi per la loro tollerabilità ed efficacia, vengono utilizzati per il trattamento del disturbo depressivo maggiore e del disturbo distimico e di alcuni disturbi d'ansia. I principali farmaci appartenenti a questa categoria sono Prozac, Daparox, Zoloft, Fevarin, Seropama, Cipralex ed Entact. Gli antidepressivi serotoninergici/noradrenergici sono efficaci nelle depressioni gravi ed hanno una latenza inferiore rispetto ai SSRI. Sono farmaci ben tollerati anche se esistono diversi effetti collaterali come nausea, ridotta salivazione, vertigini, ansia, disfunzioni sessuali e aumento della pressione arteriosa. Il farmaco più conosciuto con questa doppia azione su serotonina e noradrenalina è il Remeron. Un'altra categoria di antidepressivi sono quelli triclici tra i quali possiamo elencare il Tofranil, Anafranil, il Surmontil, la Nortimil e il Laroxyl. Prima questi farmaci erano tra i più usati mentre ad oggi sono poco utilizzati per i numerosi e gravi effetti collaterali che possono provocare.

Gli antidepressivi dopaminergici si basano sul potenziamento della trasmissione dopaminergica, si utilizzano soprattutto nel disturbo distimico e nelle depressioni con somatizzazioni. Tra gli effetti collaterali più comuni c'è l'iperprolattinemia, ossia l'aumento dei valori della prolattina

15

nel sangue. Oltre a questa patologia i pazienti in trattamento con questi farmaci possono incorrere nel sopraggiungere di malattie del sistema endocrino soprattutto nelle donne con la possibilità anche di tumori mammari.

15 La prolattina è un ormone prodotto dall'ipofisi che normalmente ha il compito di stimolare la

produzione del latte nelle donne in gravidanza.

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Gli IMAO (antidepressivi inibitori delle monoaminoossidasi

16

) sono farmaci poco utilizzati perchè richiedono particolari restrizioni alimentari per non incorrere in gravi effetti collaterali. Questi farmaci vengono usati come farmaci di seconda scelta per disturbi depressivi con caratteristiche atipiche. Un'altra categoria di farmaci per la cura dei disturbi psichici sono gli antidepressivi attivi sui recettori della melatonina come il Valdoxan e il Thymanax. Questi farmaci agiscono sulla melatonina e svolgono azione di modulazione sui sistemi noradrenergici e dopaminergici. Proprio per la peculiarità di agire sulla melatonina questo farmaco risulta in grado di sincronizzare i ritmi circadiani

17

, in particolare quello sonno-veglia.

Gli stabilizzatori d'umore al contrario degli altri farmaci sopracitati sono una categoria di farmaci usati soprattutto nel trattamento del disturbo bipolare. Questi farmaci sono efficaci nel trattamento degli episodi maniacali e misti prevenendo l'insorgenza di nuovi episodi nel lungo periodo. Questi farmaci sono classificati in base al principio attivo: sali di litio ( Carbolithium), acido valproico ( Depackin), carbamazepina ( Tegretol), olanzapina ( Zyprexa), lamotrigina (Lamietal), oxcarbanazepina (Tolep), tapiramato (Topamax), pregabolin (Lyrica), vaproato di magnesio (Depamag). Questi farmaci non sono solo stabilizzatori del tono dell'umore ma appartengono e vengono usati anche in altri campi di disturbi del sistema nervoso; in particolare questi farmaci appartengono anche alla categoria di anti-epilettici, neurolettici atipici, antipsicotici atipici e anti- convulsionanti.

L'ultima categoria di farmaci usati per curare i disturbi psichici sono gli ansiolitici. Questi farmaci sono quelli più prescritti al mondo ma allo stesso

16 I monoaminoossidasi sono enzimi deputati alla degradazione e inattivazione delle amine biogene, ossia sostanze implicate nella conduzione degli impulsi. Tra le amine biogene troviamo anche la serotonina e la dopamina.

17 Termine coniato da Franz Halberg; deriva dal latino circa diem e consiste in u ritmo di un periodo di

24 ore. I ritmi circadiani sono regolati da un sistema circadiano endogeno influenzato da fattori

ambientali come la luce e il buio, da fattori biologici ed anche da fattori socilai (ad esempio il

pranzoin famiglia sempre alla stessa ora) che sincronizzano le diverse attività dell'organismo.

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tempo sono anche i più controversi perchè potenzialmente rischiosi. A questa categoria di farmaci appartengono le benzodiazepine e gli ipnotici non benzodiazepinici. Le benzodiazepine sono farmaci ad azione sedativo- ipnotica, riducendo l'agitazione psicomotoria mantenendo regolare il sonno.

L'uso delle benzodiazepine dovrebbe essere molto limitato e controllato proprio per la facilità con cui sviluppano tolleranza e dipendenza, e quindi il trattamento deve essere svolto sotto stretta sorveglianza medica e per brevi periodi. Questi farmaci si distinguono in benzodiazepine ad uso prevalentemente ansiolitico come il Valium, il Tranquirit, le En, il Tavor, lo Xanax e il Rivotril, e le benzodiazepine ad uso prevalentemente ipnotico come il Minias, il Felison e il Normison. Gli ipnotici non benzodiazepinici hanno un azione molto selettiva e presentano pochi effetti collaterali, non inducono tolleranza né assuefazione e soprattutto riducono al minimo i sintomi astinenziali alla sospensione del trattamento. Questi farmaci sono più consigliati per il trattamento di soggetti predisposti a sviluppare dipendenze.

3.2 INTERVENTI DI PSICOTERAPIA ED ALTRE TECNICHE

Ogni qualvolta si pensa alla psicoterapia ci compare nitida davanti agli occhi l'immagine di due persone, una persona con il blocco in mano che prende appunti e l'altro sdraiato che parla di sé; in realtà la psicoterapia è ben altro. Già l'etimologia della parola psicoterapia ci descrive con precisione qual è l'obiettivo di questa attività: la “cura dell'anima” cercando di esplorare aspetti inconsci che mirano la persona per ripristinare il benessere precedente.

Gli approcci psicoterapeutici sono molti e diversificati ma sono comunque tutti riconducibili alla psicoanalisi

18

e alla teoria dell'apprendimento.

18 Secondo l'International Psycanalitycal Association la psicoanalisi è una modalità di trattamento

basata sull'esplorazione dei fattori che determinano i comportamenti e le emozioni di cui le persone

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I modelli terapeutici più utilizzati sono: la terapia psicodinamica, interpersonale, cognitivo-comportamentale.

La terapia psicodinamica, espressiva, oppure ad orientamento psicoanalitico, esplora gli aspetti del Sè che non sono pienamente conosciuti, incoraggiando l'esplorazione e la discussione sulla dimensione emotiva del paziente. Il disturbo psicologico deriva da una risposta inadeguata alla realtà causata da meccanismi di difesa assunti in periodi critici e poi divenuti disfunzionali nei successivi periodi evolutivi. La terapia consiste nel far riaffiorare le radici del conflitto che hanno causato le difficoltà di relazione con il mondo reale. Nella pratica si cerca di far riaffiorare queste difficoltà attraverso il metodo delle associazioni libere e dell'interpretazione dei sogni. La psicologia dinamica comprende diverse aree teoriche di derivazione psicoanalitica come: la psicologia dell'Io

19

, la teoria delle relazioni oggettuali

20

, la psicologia del Sè

21

e la teoria dell'attaccamento

22

.

La terapia interpersonale o IPT si focalizza sui sintomi attuali del paziente e sui rapporti interpersonali, riconoscendo l'importanza delle esperienze passate ma con l'obiettivo di risolvere i problemi attuali. Secondo questo approccio il soggetto, nell'infanzia, non ha sviluppato la capacità di intraprendere sani rapporti interpersonali, questo fatto lo ha portato ad un forte stato di angoscia che si è poi trasformata in depressione. L'obiettivo di questa terapia è il funzionamento sociale poiché influisce sulla formazione

non sono consapevoli.

19 Secondo questo orientamento l'io possiede, anche in situazioni di grande conflitto intrapsichico processi funzionali liberi da conflitti ed è proprio questa parte “libera” che deve essere rinforzata e ampliata per migliorare l'adattamento all'ambiente reale.

20 Questa teoria sostiene che le pulsioni emergono e non possono essere mai separate dalle relazioni. Il conflitto inconscio è lo scontro tra coppie contrapposte di unità interne di relazioni oggettuali 21 Fondata da Kohut il quale pose al centro del modello un apparato psichico primitivo la cui coesione

ed integrazione è essenziale allo sviluppo successivo dell'io. Il sé ha un ruolo funzionale è una dimensione intrapsichica che si alimenta del rapporto con gli altri.Questa teoria è centrata sul contenimento e ricostruzione del sé frammentato. L'empatia è il metodo principale per la raccolta dei dati in psicoanalisi e cardine dell'orientamento teorico e clinico.

22 Questa teoria attribuisce una grande importanza alla situazione reale vissuta dal bambino; per

sviluppare un equilibrio psicomotorio il bambino deve vivere una relazione affettuosa intima e

continuativa con la madre.

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dei sintomi mentre si ignorano completamente le caratteristiche della personalità del paziente vista la brevità del trattamento. La terapia interpersonale si sviluppa in tre fasi; la prima fase è quella di valutazione e programmazione dell'intervento in cui si compie la diagnosi e si spiega al paziente cos'è la depressione e come gestire i sintomi, in questa prima fase il paziente riconosce di essere malato ed accetta incondizionatamente i suggerimenti e l'aiuto del terapista. La seconda fase analizza i rapporti interpersonali problematici prendendo come oggetto della terapia solo un numero limitato di difficoltà da affrontare.

La terza fase è dedicata alle reazioni emotive alla fine della terapia dove si accettano le perdite e dalla consapevolezza di queste perdite si esce rafforzati.

La terapia cognitiva comportamentale ideata da Aron T. Beck negli anni sessanta è l'orientamento terapeutico più usato per risolvere problemi psichici e anche e soprattutto più indicato per il trattamento di persone con dipendenza. Questo approccio sostiene che le motivazione della sofferenza e i meccanismi di cambiamento non sono da ricercare solo nell'inconscio ma possono essere compresi dall'analisi cosciente della persona. Questa terapia si basa sul presupposto dell'esistenza di una stretta relazione tra pensieri, emozioni e comportamenti e che i problemi emotivi sono influenzati da ciò che facciamo e pensiamo nel presente. Questo modello sostiene che ci sono tre livelli di convinzioni: quelle profonde che divengono schemi cognitivi

23

, quelle intermedie

24

e i pensieri automatici

25

. Secondo questo modello le convinzioni profonde influenzano quelle intermedie e quest'ultime a loro volta influenzano i pensieri automatici interferendo nello stato emotivo della persona. Il pensiero negativo e disfunzionale che il soggetto ha sviluppato è il responsabile delle emozioni

23 Sono strutture interpretative di base in cui la persona rappresenta se stesso e gli altri.

24 Sono opinioni e idee malleabili su noi stessi e sugli altri che ci permettono di prendere decisioni.

25 Sono le convinzioni più vicine alla consapevolezza conscia e sono parole o frasi che attraversano la

mente della persona a livello più superficiale.

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dolorose e del protrarsi della sintomatologia del paziente sviluppando un circolo vizioso. Questa terapia interviene proprio sui pensieri, sulle convinzioni intermedie e sugli schemi cognitivi disfunzionali con l'obiettivo di regolare le emozioni dolorose e interrompere i circoli viziosi di sofferenza creando le condizioni per la risolvere il problema. Questa terapia utilizza diverse tecniche come il dialogo socratico, la tecnica della freccia discendente, la tecnica dell'ABC, il problem solving, gli esperimenti comportamentali, le coping card e l'esposizione graduale. Il dialogo socratico è un metodo di conduzione del colloquio che consiste in una serie mirata di domande volte a guidare il paziente alla scoperta delle sue convinzioni disfunzionali; la tecnica dell'ABC è una tecnica con cui il terapeuta e il paziente possono identificare il contenuto dei pensieri automatici. Il problem solving è una tecnica che vien insegnata al paziente per risolvere i problemi della vita reale e consiste nell'identificazione del problema pratico e nella promozione di un atteggiamento attivo rispetto alla soluzione; gli esperimenti comportamentali sono dei veri e propri esperimenti con l'obiettivo di falsificare le convinzioni disfunzionali che sono alla base del disturbo. Le coping cards sono dei bigliettini con cui il paziente e il terapeuta scrivono le strategie cognitive e comportamentali che devono mettere in atto; l'esposizione graduale è una tecnica che consiste nel programmare la modifica del comportamento disfunzionale, l'obiettivo principale viene scomposto in sotto-obiettivi di difficoltà minore e di esporsi e affrontarli in modo graduale.

I trattamenti psicoterapeutici rappresentano un ottimo aiuto per le persone che hanno sviluppano una dipendenza sia da sostanze o comportamentale.

Anche i servizi per le dipendenze riconoscono l'importanza della

psicoterapia nel trattamento dei pazienti perchè cerca di analizzare i

comportamenti, i pensieri e i sentimenti che sembrano incoraggiare la

dipendenza. I servizi possono svolgere diversi tipi di psicoterapia; da quella

(15)

individuale a quella di gruppo o a quella familiare e di coppia. Nello specifico la psicoterapia individuale cerca di combinare la conoscenza e gli strumenti tipici della psicoterapia con la conoscenza farmacologica, la sottocultura della dipendenza e la perdita di controllo. Le tecniche psicoterapeutiche psicodinamiche, interpersonali e cognitivo- comportamentali sono state adattate e combinate con altri trattamenti. La psicoterapia di gruppo è l'intervento preferito dai professionisti, soprattutto per le dipendenze senza sostanze, anche se non adatto a tutti i pazienti. La psicoterapia di gruppo deriva dai modelli ideati dalle associazioni di auto aiuto e dalla tradizione psicodinamica e cognitivo-comportamentale. Tratto distintivo della terapia della psicoterapia nei gruppi è il beneficio, che tutti condividono grazie al supporto del gruppo stesso. È il gruppo che fornisce sicurezza grazie alle norme condivise ed espresse esplicitamente, il gruppo sostiene e conforta ma allo stesso tempo sfida e mette gli individui in confronto. Il gruppo è il luogo sicuro per il cambiamento.

La terapia familiare e di coppia è indispensabile nel trattamento di persone dipendenti perchè la dipendenza agisce oltre che sul diretto interessato anche e soprattutto sui familiari. La terapia familiare è organizzata in tre fasi: sviluppare un sistema per mantenere il paziente in uno stato di astinenza, sia dalla sostanza che dall'oggetto che provoca dipendenza, coinvolgendo i familiari; attivare un metodo realizzabile di terapia familiare; riadattare la famiglia dopo la cessazione del comportamento dipendente.

Il SIIPAC organizza la sua terapia secondo l'approccio multimodale.

Secondo questo approccio la personalità è il prodotto di sette modalità

diverse: comportamenti, affetti, sensazioni, cognizioni, immagini, relazioni

interpersonali e funzioni biologiche. Questo modello mette in pratica

diverse risorse terapeutiche tra cui i colloqui motivazionali, la

psicodiagnosi, la terapia di gruppo, la psicoterapia individuale, di coppia e

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familiare, la consulenza economica e legale, la partecipazione a gruppi di auto aiuto e il self empowerment.

Nello specifico i colloqui motivazionali prendono spunto dal modello transteoretico

26

di S.H. Prochaska ed hanno l'obiettivo di motivare l'individuo a iniziare il trattamento per il cambiamento. Con la psicodiagnosi si cerca di identificare e valutare le difficoltà psicopatologiche e le caratteristiche della personalità del paziente attraverso la somministrazione di alcuni test come il BASIC-ID

27

, l'MMPI-2

28

, il B.D.I

29

, l'Hamilton Rating Scale e il I.A.D.T.

Guerreschi e il suo team perseguono una integrazione di psicoterapie, uniformando tecniche e paradigmi diverse in una sorta di “eclettismo tecnico”; questo concetto coniato da Arnold Lazarus nel 1967, sposa pienamente l'intento del SIIPAC che può utilizzare tecniche derivanti da differenti scuole senza mai uniformarsi alla griglia teoretiche delle scuole stesse ma anzi perseguendo una sorta di indipendenza tecnica e teorica.

Un aspetto primario curato con attenzione dal dottor Guerreschi è la terapia di gruppo; attraverso il gruppo il paziente può comprendere meglio la propria patologia e riesce ad assumersi le proprie responsabilità. A tal proposito è utile citare i dieci fattori curativi del gruppo terapeutico di Yalom: informazione, infusione della speranza, universalità, altruismo, riepilogo correttivo del gruppo primario familiare, sviluppo di tecniche di socializzazione

30

, comportamento imitativo, apprendimento interpersonale

31

, la coesione di gruppo e la catarsi. A tal proposito la società per l'intervento delle patologie compulsive ha istituito anche un gruppo di

26 Il modello transteoretico si basa su 3 dimensioni fondamentali: stadi, processi e livelli di cambiamento 27 Lo scopo di questo questionario è conoscere la storia della persona indagando sulle 7 aree

fondamentali ( behavior,affect,sensation,imagery,cognition, interpersonal relationships, drugs) 28 Questo test valuta la personalità dal punto di vista clinico.

29 Il Beck Depression Inventory misura l'intensità della depressione del paziente indagando sulla tristezza, pessimismo, senso di fallimento e senso di colpa.

30 La socialità o meglio lo sviluppo di doti essenziali per vivere il sociale è un fattore curativo che agisce su tutti i gruppi terapeutici.

31 Questo fattore curativo si basa su tre concetti: l'importanza dei rapporti interpersonali, l'esperienza

emotiva correttiva e il gruppo come microcosmo sociale.

(17)

psicomotricità che rappresenta uno strumento che favorisce l'emergere dei vissuti della prima infanzia in grado di evidenziare le dinamiche del gruppo e i temi emotivi individuali, diventando una finestra sul passato e sui sentimenti.

Per ampliare l'efficacia della terapia dei gruppi si utilizza anche la psicoterapia individuale per riflettere sulla personalità e comprendere cosa lo ha condotto alla dipendenza. Il terapeuta o caregiver entra in contatto con il paziente e si sposta dal capire e valutare i bisogni a corrisponderli passando da un livello cognitivo a quello integrato cognitivo-emotivo chiamato empatia. Nella sfera della psicoterapia trova spazio anche la terapia di coppia poiché la presenza di una dipendenza comportamentale crea nella coppia molte difficoltà portando ad una situazione di co- dipendenza, in cui il coniuge inizia a prendersi cura dell'altro negando le proprie emozioni ed esigenze. Con la terapia di coppia si cerca uno “spazio intermedio” in cui niente è dato per scontato, in cui esplorare e cogliere le ferite e le risorse ed orientare la coppia al percorso più adatto. Allo stesso modo, però, quando in famiglia qualcuno vive una condizione di dipendenza, questa risuona su tutti i membri creando una rigidità dei ruoli che viene totalmente sconvolta quando il dipendente entra in terapia;

paradossalmente i familiari mettono in atto delle resistenze per proteggere i

rispettivi ruoli. La terapia familiare aiuta tutto il nucleo a prendere in esame

questa nuova condizione e cerca di facilitare l'assunzione di ruoli più

flessibili. Spesso la terapia familiare scova vecchie e nuove ferite che

agiscono silenziosamente all'interno delle dinamiche familiari, e di queste

ferite è necessario cercare il significato poiché solo riconoscendone e

attribuendone significato sarà possibile che queste diventino una risorsanel

cambiamento.

(18)

3.3 LE COMUNITA' TERAPEUTICHE E RIABILITATIVE

Il termine comunità deriva dal latino communitas ossia “che è comune a tutti, condiviso”. Il concetto di comunità rinvia ad un tipo di legami sociali che sono alla base della collettività, coinvolgenti l'individuo nella sua totalità. In sociologia sta ad indicare qualsiasi “genere di unità sociale in condizioni di alta integrazione, fino a definire il carattere tipico delle società tradizionali in contrapposizione alla società moderna”. Da questo principio di base l'istituzione delle comunità terapeutiche e riabilitative per persone con dipendenza e con persone con disagi psichici.

In termini generali con il termine comunità terapeutica si intende un gruppo

di persone che condividono idee e obiettivi legati alla promozione del

singolo e del suo reinserimento sociale. Naturalmente le comunità

terapeutiche non sono sempre state quelle che oggi conosciamo ma si sono

evolute nel tempo e nelle epoche storiche a seconda delle esigenze e delle

culture. La prima testimonianza di una sorta di primitiva comunità ci è

offerta dallo storico Filone d'Alessandria circa 2000 anni fa dove sulle rive

del Mar Morto alcuni “terapeuti” si occupavano di persone con infermità

legate “a piaceri e appetiti, paure e dolore, avidità e pazzia”. Anche le

prime comunità cristiane mostrarono un modo diverso di vivere i rapporti

umani, con il loro modo di essere solidali, di condividere i beni in possesso

e il mutuo aiuto; questi principi vennero poi rielaborate dalle comunità

monastiche. A seguito della Riforma Protestante e quindi ad un

affievolimento dei principi cristiani, nel 1860 sorse a Oxford

l'organizzazione per la rinascita dell'umanità in cui gli uomini si

incontravano per commentare la Bibbia e confessarsi pubblicamente, molti

di loro erano alcolisti così come lo erano i fondatori americani degli

Alcolisti Anonimi negli anni '30. All'inizio del diciannovesimo secolo in

tutta Europa si affermarono esperienze di trattamento alternativo dei malati

(19)

di mente. Solo nel 1946 T.Main, che partecipò alla riorganizzazione dell'istituto psichiatrico di Northfield, coniò il termine comunità terapeutica e M. Jones introdusse questa pratica in diversi ospedali tra cui quello di Londra; secondo questo modello il paziente veniva coinvolto nei processi decisionali della sua terapia introducendo il principio del living-learning:

vivere imparando dall'esperienza. Negli anni '50 B. Bettelheim fondo le prime comunità per bambini e adolescenti gravemente disturbati, C.

Saunders creò le comunità per malati terminali coinvolgendo pazienti familiari e personale in una ricerca costante del significato della vita e della morte.

In Italia la vera rivoluzione concettuale sul trattamento dei malati

psichiatrici è arrivata grazie a F. Basaglia che negli anni '60 iniziò una

grande sperimentazione presso l'ospedale psichiatrico di Gorizia rifiutando

l'istituzionalizzazione della persona: “ Dal momento in cui oltrepassa il

muro dell'internamento, il malato entra in una nuova dimensione di vuoto

emozionale (risultato della malattia che Burton chiama "institutional

neurosis" e che chiamerei semplicemente istituzionalizzazione); viene

immesso, cioè, in uno spazio che, originariamente nato per renderlo

inoffensivo ed insieme curarlo, appare in pratica come un luogo

paradossalmente costruito per il completo annientamento della sua

individualità, come luogo della sua totale oggettivazione. Se la malattia

mentale è, alla sua stessa origine, perdita dell'individualità, della libertà, nel

manicomio il malato non trova altro che il luogo dove sarà definitivamente

perduto, reso oggetto della malattia e del ritmo dell'internamento. L'assenza

di ogni progetto, la perdita del futuro, l'essere costantemente in balia degli

altri senza la minima spinta personale, l'aver scandita e organizzata la

propria giornata su tempi dettati solo da esigenze organizzative che –

proprio in quanto tali – non possono tenere conto del singolo individuo e

delle particolari circostanze di ognuno: questo è lo schema

(20)

istituzionalizzante su cui si articola la vita dell'asilo

32

”. Questo concetto si scontrò con forza con la società che ancora non era pronta ad accettare “il folle” come un uomo tanto che si dovette aspettare il 1978 per ottenere la legge 180 che segnò la chiusura dei manicomi e la nascita delle comunità terapeutiche. Tornando oltre oceano e precisamente a New York nel 1962 venne fondato il Daytop Village, dall'idea dello psichiatra D. Casriel, in cui per la prima volta si aveva come obiettivo il completo reinserimento sociale dell'ex tossicodipendente evitando la cristallizzazione dei ruoli gerarchici.

La federazione italiana delle comunità terapeutiche ha inizialmente elaborato alcuni principi del sopracitato Daytop Village. Il Centro italiano di solidarietà di Roma si è avvalso della collaborazione di Jones utilizzando la teoria dell'apprendimento sociale, altri hanno preso da esempio l'approccio formulato da C. Rogers centrato sulla persona in cui gli operatori sono agenti di cambiamento nella promozione della libertà e dell'empatia. Negli anni '90 finalmente anche in Italia vennero istituzionalizzate le comunità terapeutiche e venne formulato il codice deontologico per le comunità. Le linee guida prevedono il riconoscimento dei diritti delle persone inserite nei programmi comunitari, escludendo ogni forma di coercizione fisica, psichica e morale; garantiscono la volontarietà dell'accesso e della permanenza.

La funzione terapeutica è svolta soprattutto dal gruppo, dall'ambiente e dalla vita in relazione. La prima grande distinzione delle comunità è quella di L. Cancrini (1983) che distingue tra comunità esplicitamente e implicitamente terapeutiche. Nelle prime si collocano tutte quelle strutture che hanno come obiettivo finale il reinserimento della persona nella società; elaborano un progetto di vita improntato all'automonia e favoriscono il distacco dalla comunità in tempi brevi. Le comunità implicitamente terapeutico non applicano programmi terapeutici strutturati,

32 F. Basaglia, La distruzione dell'ospedale psichiatrico come luogo di isituzionalizzazione, 1964

(21)

hanno un numero ridotto di operatori e si propongono come luogo alternativo di vita imponendo addirittura un'adesione totale alla nuova realtà. Se si seguono gli indirizzi di C. Kaneklin si possono distinguere quattro tipi di comunità: quelle centrate sulla trasmissione caratterizzate da una pedagogia rigida e da una forte gerarchia; le comunità volte alla comprensione clinica dove operano molti professionisti che considerano strumenti fondamentali anche i diversi tipi di terapia; le comunità orientate alla comprensione umana a carattere familiare e le comunità di accoglienza inspirate a modelli di matrice ideologica o religiosa dove si offre un notevole sostegno di identificazione.

La Fondazione Labos nel 1994 ha identificato tre strategie di intervento: la strategia operativa di base, la strategia educativa e la strategia specialistica.

La strategia operativa di base è quella più utilizzata in Italia, le comunità lavorano in equipe con la predisposizione di un piano terapeutico, hanno rapporti con i servizi pubblici e curano gli aspetti burocratici. La strategia educativa si concentra sul lavoro; al suo interno sono presenti molti psicologi, educatori e volontari che sostengono le attività lavorative o di studio. La strategia specialistica è orientata all'intervento psicoteraputio con approccio tecnico-specialistico; la maggioranza del personale è altamente specializzato siano essi operatori del sanitario che del sociale.

In Italia gran parte delle comunità terapeutiche è dedicata al trattamento di

persone dipendenti da sostanze e la comunità di San Patrignano è l'esempio

più conosciuto di tali strutture. San Patrignano ha iniziato la sua opera oltre

30 anni fa ed ha accolto oltre 25.000 persone provenienti da tutto il mondo

offrendo gratuitamente loro una casa, assistenza sanitaria e legale, la

possibilità di cambiare vita e rientrare a pieno titolo nella società. Ad oggi

la struttura accogli 1.300 persone e ci sono 109 operatori volontari e 313

collaboratori e consulenti di cui il 32% provenienti dal percorso di

recupero. All'interno della comunità vivono anche 50 bambini, figli di

(22)

operatori e ragazzi e più di 40 minorenni reduci da problematiche di abuso di droga. Inoltre la struttura ospita anche persone che svolgono il percorso in alternativa al carcere. Il percorso terapeutico di San Patrignano è di tipo educativo e riabilitativo, non sono permessi trattamenti farmacologici per il trattamento della dipendenza ma vengono attuati interventi psicoterapeutici. Il programma di recupero è personalizzato e vari a seconda delle caratteristiche della personalità, la durata minima è di tre anni ed il ragazzo sarà sempre parte di un gruppo che diventa fondamentale per la condivisione dei problemi. Il gruppo viene formato anche nelle camere, dove il ragazzo viene inserito fin dal suo arrivo ed affiancato da un

“tutor” che lo segue e lo accompagna nel suo percorso. Durante il periodo di permanenza il ragazzo affronta molte problematiche tra cui quelle di apprendere un lavoro o impegnarsi in un percorso di formazione scolastica;

passato un po' di tempo di permanenza il ragazzo diventerà a sua volta tutor per un'altra persona, riconquistando sicurezza in sé stessi e provando nuove forme di gratificazione. Durante il trattamento si cerca di recuperare o ricostruire il rapporto con la famiglia; anche se inizialmente viene applicato un distacco forzato, periodo durante il quale anche la famiglia segue un percorso in parallelo, dopo il primo anno la famiglia può iniziare a fare visita al ragazzo e solo dopo tre anni potrà tornare a casa per i circa 10 giorni.

Anche la Toscana è terreno fertile per la presenza di numerose comunità

terapeutiche anche se in maniera minor rispetto alle altre regioni dove il

numero di strutture sul territorio sono più numerose. In particolare ad oggi

le comunità che prima erano solo destinate al trattamento di

tossicodipendenti, aprono le porte anche a persone con dipendenze

comportamentali. In Toscana inoltre molte comunità si avvalgono della

collaborazione con i sert del territorio per creare un percorso terapeutico

completo di psicoterapia e terapia farmacologica. Anche in questi casi

(23)

l'individuo è al centro dell'approccio terapeutico e il progetto è

completamente individualizzato. Si dà importanza alla dignità della persona

e alla nuova acquisizione delle risorse personali. I percorsi possono avere

durata differente e gli inserimenti possono svolgersi nel breve e nel lungo

periodo. Sul territorio italiano e toscano in particolare sono presenti anche

strutture semi-residenziali dove le persone svolgono tutta la loro giornata

all'interno del centro dove partecipano ad attività, incontri e psicoterapia

per poi, a sera, tornare presso la propria abitazione.

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