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Summa logicae, 1, 14: «Esaminiamo preliminarmente il termine comune

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(1)

G

UGLIELMO DA

O

CKHAM

(1285-1349)

Summa logicae, 1, 14: «Esaminiamo preliminarmente il termine comune

‘universale’, che si predica di ogni universale, e il termine ‘singolare’ che a esso si oppone. ‘Singolare’ può avere due accezioni: in una prima accezione, singolare significa tutto ciò che è una cosa sola e non è più cose. In questo senso, coloro che sostengono che l’universale è una qualità della menta che può essere predicata di più cose, non in forza di se stessa, ma in forza di quella pluralità di cose da sessa significate affermano che qualsiasi universale è veramente e realmente singolare (...). Nella seconda accezione, singolare è ciò che è una cosa sola e non più cose, né è atto a significare più cose. In questo senso, nessun universale è singolare, dal momento che ogni universale è per natura segno di più cose. (...) Dunque l’universale è duplice: c’è un universale per natura, ossia che per sua natura è un segno predicabile di più cose (...). Il secondo tipo di universale è quello che deriva da un’istituzione convenzionale: in questo modo un termine proferito oralmente, pur essendo una qualità numericamente una è universale, perché è un segno istituito convenzionalmente per significare più cose».

Ibid., 1, 64: «La suppositio è per così dire il porre al posto di qualcos’altro, di modo che quando un termine in una proposizione sta al posto di qualche altra cosa, suppone per essa (...). Si deve sapere che la suppositio si divide innanzitutto in suppositio personale, semplice e materiale. La suppositio personale si dà quando il un termine suppone per il suo significato. (...) Si ha la suppositio semplice quanto un termine suppone per un concetto. (...) La suppositio materiale si dà quando un termine non suppone significativamente, ma per il termine orale o scritto.

Ibid., 2, 2: «Dopo aver premesso le divisioni delle preposizioni, che non sono però subordinate, si deve vedere che cosa si richiede per la verità delle proposizioni, e in primo luogo delle proposizioni singolari di inerenza, di tempo presente e con il soggetto e il predicato in caso retto e che non equivalgono a una proposizione ipotetica. Per la verità di una tale proposizione singolare, che non equivale a molte proposizioni, non si richiede che il soggetto e il predicato siano realmente la stessa cosa, né che il predicato sia realmente nel soggetto o inerisca realmente a esso, né che si unisca al soggetto nella realtà extramentale. Ad esempio, per la verità della proposizione: ‘questo è un angelo’, non si richiede che questo termine comune

‘angelo’ coincida realmente con ciò che è posto dal soggetto, né che inerisca a esso realmente, né alcunché di analogo, ma è sufficiente e necessario che il soggetto e il predicato suppongano per la stessa cosa. Perciò nella proposizione ‘questo è un angelo’, se il soggetto e il predicato suppongono per la stessa cosa, la proposizione è vera».

I

D

., Centiloquium theologicum: «Bisogna negare il ragionamento nella teologia,

giacché, benché esso abbia evidenza in materia creata e naturale, non ha tuttavia

valore in materia increata, e precisamente nelle proposizioni o nei termini della

Trinità divina (...) La proposizione: ciò che in Dio è il Padre è anche il Figlio

implica contraddizione sul piano della scienza naturale (...) e cosí giudicarono

Aristotele e tutti i filosofi antichi e moderni astrazione fatta dalla fede».

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