Introduzione
Negli ultimi due decenni gli equilibri dei mercati finanziari mondiali sono stati scossi da cambiamenti di natura strutturale.
A ciò ha contribuito un insieme articolato di fattori, sia normativi che economici.
In primo luogo il progresso tecnologico ha offerto nuove opportunità per migliorare l’efficienza aziendale e per contenere i costi di distribuzione dei servizi. I grandi gruppi bancari e finanziari hanno implementato nuovi assetti organizzativi basati sulla concentrazione delle “funzioni” tra loro omogenee, quali ad esempio i sistemi informativi, la gestione degli investimenti e l’amministrazione.
Il settore bancario italiano, a partire dagli anni Novanta, è stato interessato da un intenso processo di concentrazione. Nel periodo compreso tra il 1991 e il 2006 sono state realizzate oltre 500 operazioni di fusione e acquisizione 1 , che hanno determinato una netta riduzione del numero di banche operanti in Italia.
La tendenza alla globalizzazione comporta un elevato rischio,quello che venga meno il rapporto tra banca locale e territorio. In altri termini,conduce alla perdita di una serie di legami storici ed economici tra comunità e banca locale e al venir meno di un rapporto diretto,di conoscenza e fiducia, tra banca ed il mondo della piccola e media impresa. In questo contesto,interessanti sono gli spazi di operatività per le banche locali. Tali banche sarebbero in grado di favorire un ritorno al rapporto personale con il cliente,quindi, si assiste ad un rinnovato interesse per il concetto di localismo,che esalta l’attività dell’intermediario bancario.
La banca locale può essere considerata come “categoria analitica autonoma” 2 , ossia una particolare formula imprenditoriale che, rispetto ad altri tipi di banca,possiede caratteri di spiccata autonomia. Quest’ultima si sostanzia nel ruolo specifico che svolge all’interno dei processi di produzione e di comunicazione delle informazioni nei sistemi locali.
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Fonte Ministero dell’economia e delle finanze relazione annuale (2007).
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