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Le operazioni di "extraordinary renditions": il caso Abu Omar e il caso Ablyazov

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Academic year: 2021

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INDICE

Introduzione………...….

I

Capitolo I

Le operazioni di “extraordinary renditions”: i diritti umani

fondamentali alla deriva

1. Sistematica violazione dei diritti umani e degli obblighi internazionali da parte dell’amministrazione Bush nella “War on Terror”

1.1. La cosiddetta “War on Terror” ………1

1.2. Le operazioni di “extraordinary renditions” ………..5

1.3.Palese violazione di obblighi internazionali e “istituzionalizzazione” della tortura ………..12

2. Fondamentale collaborazione europea

2.1. Partecipazione attiva, complicità e consapevoli omissioni …………...26

2.2. L’ordinamento italiano alla prova con l’”emergenza” terroristica …...37

2.2.1. Ruolo dell’Italia nelle operazioni di “extraordinary renditions” …….…46

3. Prime condanne della Corte di Strasburgo

3.1. 23 Dicembre 2010: caso Iskandarov c. Russia ………50

3.2. 13 Dicembre 2012: caso El-Masri c. Macedonia ……….56

Capitolo II

Il “caso Abu Omar”

(2)

1. Abu Omar: elemento di spicco del terrorismo islamico in Italia…….72

2. Il processo di primo grado: il duro braccio di ferro tra Governo e Magistratura

2.1. La ricostruzione dei fatti grazie alle indagini dei Pubblici Ministeri e la testimonianza dello stesso Abu Omar ……….………….76

2.2. Le indagini della procura milanese ……….….82

2.3. Il ruolo dell’Italia: i nomi dei responsabili del SISMI …………....……88

2.4 I conflitti da attribuzione tra poteri dello Stato e la sentenza della Corte Costituzionale n. 106/2009 ………92

2.4.1. Il segreto di Stato nella giurisprudenza della Corte Costituzionale e della Corte Europea dei diritti dell’uomo ………...………..…102

2.5. Le ripercussioni dell’apposizione del segreto di Stato sul procedimento

in corso ………...…….112

2.5.1. L’uso del segreto di Stato nella lotta al terrorismo ……….…122

2.6. Le responsabilità degli imputati CIA, esclusione della riserva di giurisdizione americana e la concessione dell’immunità

diplomatica...128

2.7. Sulle eventuali responsabilità degli agenti del SISMI cade il “sipario nero” del segreto di Stato, ma non sul reato di favoreggiamento………...……...137

2.8.La sentenza del Tribunale di Milano del 4 Novembre

2009………..………...140

2.8 La possibile qualificazione della condotta degli agenti SISMI secondo il

diritto internazionale...153

3. Il processo della Corte d’Appello: tutto resta invariato

3.1. I motivi dell’impugnazione ….…...……….158

(3)

4. La sentenza della Corte Costituzionale 23 Febbraio 2012, n.40: la prevalenza del segreto di Stato sull’esercizio della giurisdizione

penale………..172

5. La sentenza della Corte di Cassazione: il ridimensionamento del

segreto di Stato………..………..………..180

5.1. Le due sentenze della Corte d’Appello: pesanti condanne per cinque ex agenti del SISMI e tre diplomatici americani………...…...188

5.2. Nuovi conflitti di attribuzione promossi dalla Presidenza del Consiglio

dei Ministri ………..………..190

6. Sentenza Corte Costituzionale 13 Febbraio 2014, n.24: segreti sulle condotte illegali e processo penale: un bilanciamento impossibile.

Assoluzione in via definitiva degli agenti SISMI ………191

7. Gli ultimi avvenimenti tra condanne negate e altre inflitte

7.1. La concessione della grazia per Joseph Romano ……….206

7.2. La condanna di Abu Omar ………...……….211

Capitolo III

Il “caso Ablyazov”

1. Chi è Muktar Ablyazov? ……….214

2. Le diverse sfaccettature di un’unica vicenda

2.1. Ricostruzione soggettiva e suggestiva di Alma Shalabayeva ……….217

2.2.Ricostruzione compiuta dal Comandante della Polizia, Alessandro

Pansa……….………...220

2.3.L’indagine disposta dal Governo italiano………..……...225

(4)

3. L’arresto e l’estradizione in Russia di Ablyazov e il rientro in Italia della moglie Alma Shalabayeva

3.1. Si conclude la fuga di Ablyazov: arrestato in Francia e estradato in

Russia ………..237

3.2. La denuncia presentata dinnanzi alla magistratura italiana per sequestro aggravato di persona e gravi abusi dei privilegi di

diplomatico……….………..………...244

3.3. Il rientro in Italia di Alma Shalabayeva ………...246

4. L’Italia bacchettata dall’Onu e dall’ASGI

4.1. Comunicato dell’Alto Commissariato dei diritti umani: “Si è trattato di una extraordinary rendition”……….248

4.1.1. Ricostruzione della vicenda operata dalla dottrina internazionalistica..249

4.2. Le critiche mosse dall’ASGI……….……….…...….257

Conclusioni

……….260

Bibliografia

………...264

(5)

I

Introduzione

Da molti, troppi, anni nel nostro pianeta è chiaramente in atto una forte accelerazione di eventi connessi al terrorismo. La strategia di chi muove le leve di questo fenomeno, ha impresso un ritmo incalzante alla realizzazione del nuovo tipo di conflitto mondiale: quello tra civiltà e culture differenti, ed in particolare tra Islam e Occidente. Il conflitto tra Occidente ed Islam è esploso, non in modo inspiegabile e improvviso, ma dopo una accurata fase di preparazione e di crescita degli odi reciproci.

L’11 settembre non ha di certo “inventato” il terrorismo internazionale, ma ha avuto il merito di mostrarlo al mondo in tutta la sua forza, affinché rimanesse indelebile nella mente delle generazioni future. E ha avuto anche il merito di farci fermare a riflettere sulla fragilità e sulla sicurezza interna e internazionale dei nostri Paesi. I terroristi, non a caso, presero di mira tre simboli ben precisi: il potere economico, quello militare e, infine, quello politico. L’attacco alle Torri è senz’altro un evento epocale anche per altri motivi, il primo dei quali, è quello che introduce, nello scenario della storia post-bellica, un “nuovo modo di fare guerra”, la cosiddetta “war on terror”. L’America è stata colpita nel profondo, non si poteva restare a guardare, la reazione doveva essere dura e pungente. In nome della sicurezza nazionale vengono potenziate le operazioni di “extraordinary renditions”. Letteralmente “consegne straordinarie”, nella sostanza sequestri e trasferimenti di sospetti terroristi, da uno Stato ad un altro, preferibilmente amante della tortura, affinché siano detenuti, in condizioni pessime, e interrogati, malamente, il tutto al di fuori di un normale contesto legale. Queste operazioni si svolgono al di fuori di qualsiasi garanzia processuale per il sospettato, privato dei più basilari diritti, non esistono diritti, nonché al di fuori dei normali meccanismi di cooperazione giudiziaria internazionale. La cosa più preoccupante è che la tortura diventa uno strumento legittimo. Il divieto assoluto di tortura e altri trattamenti inumani, una delle fondamentali conquiste giuridiche del XX secolo, è

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II

disatteso. Si fanno così mille passi indietro, dopo le estenuanti lotte per il riconoscimento dei diritti umani. Tutto è vanificato in nome della sicurezza nazionale. Ciò che lascia sbalorditi è come un sistema di governo costituzionale, che si offre al mondo come modello e leader nel sostenere la protezione dei diritti umani, può perdere la sua capacità di mantenere “controlli e equilibri” e assicurare il rispetto della legge. Calza a pennello la vecchia, e allo stesso tempo attuale, massima di Cicerone: “Inter arma silent leges”. La gestione delle operazioni di extraordinary renditions è affidata alla Central Intelligence Agency. Ma niente sarebbe potuto avvenire, senza la complicità e partecipazione attiva dei governi europei e dei loro servizi segreti. L’uso dei servizi di investigazione diviene indispensabile per consentire un’azione preventiva in nome della sicurezza. Di qui la creazione di gigantesche banche dati, potenziate tecnologie di sorveglianza sugli spostamenti dei presunti terroristi. È così eluso anche il rispetto del diritto alla privacy delle persone.

A nulla sono valsi i “richiami” del Parlamento Europeo, che in diverse

risoluzioni, condanna pesantemente queste pratiche perché

comportanti molteplici violazioni dei diritti umani e ricorda che il terrorismo va combattuto sulla base dei valori comuni di democrazia e Stato di diritto, e per nessuna ragione al mondo deve essere intaccato il principio dell’inviolabilità della dignità umana. I governi europei tacciono e appaiono quasi infastiditi da tutte queste raccomandazioni. Il silenzio assoluto appare la reazione più diffusa. Le carte in tavola mutano solo quando protagonisti di una nuova fase di contrasto al terrorismo internazionale diventano i giudici e pubblici ministeri nazionali che premono per una riaffermazione dei principi della Convenzione Europea dei diritti dell’uomo e perseguono quanti, anche appartenenti ai servizi segreti d’informazione, appaiono coinvolti in queste prassi illegali. Questo è ciò che è avvenuto in Italia nell’ormai famoso e chiacchierato caso “Abu Omar”. Ebbene sì, anche l’Italia è stata, nostro malgrado, protagonista in più occasioni di operazioni di questo tipo, assistendo al rapimento di sospettati terroristi, consentendo l’uso del proprio spazio aereo e partecipando attivamente con i servizi

(7)

III

segreti di altri paesi. Nonostante tutti i possibili difetti che si possono addebitare al nostro amato Paese, c’è da riconoscergli un merito. L’Italia è l’unica, nel panorama internazionale, ad aver condannato una pratica di “extraordinary rendition”. Grazie al lavoro puntiglioso dei pubblici ministeri e magistrati indipendenti è stato possibile accertare la responsabilità e giungere alla condanna degli agenti della Cia. Purtroppo solo di questi, perché gli agenti dei nostri servizi segreti, SISMI, sono stati “salvati” dal segreto di Stato apposto dal nostro Governo. L’accertamento di questa vicenda è stato un percorso a ostacoli, caratterizzato da depistaggi, false prove e un lungo, lunghissimo ping pong tra Magistratura, caparbia nel portare avanti le indagini e punire i responsabili, e Governo, che con audace insistenza, oscurava il tutto con l’opposizione del segreto di Stato. Dopo processo di primo grado, Appello, Cassazione, Appello bis e ben tre sentenze della Corte Costituzionale sul tema “segreto di Stato”, il Governo italiano può dirsi vittorioso. Abu Omar un po’ meno.

Quasi a conclusione di questa vicenda, un altro uragano si abbatte sul nostro Paese. Definito il nuovo caso Abu Omar targato Kazakistan. Eh sì, perché questa volta il protagonista della rendition doveva essere Mukhtar Ablyazov, principale oppositore del regime kazako, fiancheggiatore e finanziatore del terrorismo. Un criminale internazionale, almeno così lo dipingono. Ma non trovandolo nella sua abitazione, i poliziotti della squadra mobile e gli agenti della Digos pensano bene di espellere moglie e figlia del dissidente e rispedirle in Kazakistan, Paese noto nel mondo per la disinvolta noncuranza con cui tratta i diritti umani

.

Ablyazov è il motore scatenante di un nuovo scandalo che ha acceso, ancora una volta, i riflettori sull’Italia, minando le basi della politica e la credibilità a livello internazionale del nostro Paese. Nessuno sembrava sapere nulla, né il Ministro dell’Interno né quello degli Esteri. Le forze politiche incitano alle dimissioni del nostro Ministro dell’Interno, giusto per riacquistare un minino di credibilità agli occhi del mondo, ma nulla. Il Governo ha scelto di difendersi scaricando tutta la responsabilità sulla diplomazia kazaka e presentandosi quale parte lesa. Si è scongiurata così la crisi di governo.

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IV

A mettere le cose al loro posto ci pensa il Ministro degli Esteri, Emma

Bonino, da sempre paladina dei diritti umani, informata solo quando

tutto ciò oramai era accaduto. Emma Bonino, difende strenuamente la sua posizione, il ruolo della Farnesina, e punta il dito contro l’ambasciatore kazako, che si è mosso in “casa nostra” come se fosse la sua. Dopo lunghe trattative, la Farnesina è riuscita a far rientrare a Roma la moglie del dissidente e la sua figlioletta. Tutto ciò non è passato inosservato all’Organizzazione delle Nazioni Unite, che ha prontamente “bacchettato” l’Italia. L’esigenza di mantenere buoni rapporti con Stati terzi, e di non interrompere fruttuose relazioni economiche, che legano il nostro Paese al Kazakistan, prevale sull’esigenza di rispettare gli standards internazionali dei diritti fondamentali.

Di fronte a queste palesi e molteplici violazioni dei diritti fondamentali, appare essenziale, al fine di assicurare effettiva tutela giurisdizionale alle vittime di questi oltraggi, l’intervento della Corte Europea dei diritti dell’uomo. Nel 2010 e 2012 arrivano le prime condanne e le prime forti prese di posizione. Le operazioni di “extraordinaty renditions” violano, potentemente e gravemente, sia il diritto interno che il diritto internazionale e, in particolare, la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. Uno Stato, parte della Convenzione, ha l’obbligo di accertarsi, prima di consegnare un individuo ad un altro Stato, che in questo non venga praticata abitualmente la tortura o altri trattamenti inumani o degradanti. Si tratta di un obbligo preventivo, che impone agli Stati, di non esporre un individuo al rischio di essere sottoposto a tali pratiche, indipendentemente dalla circostanza che poi tale rischio si realizzi. Nel caso, invece, di avvenuta violazione, scatta un obbligo diciamo procedurale, che consiste nel condurre indagini effettive idonee a pervenire all’identificazione e alla punizione dei responsabili. Anche Abu Omar, dopo aver presentato ricorso, si aspetta dalla Corte di Strasburgo la stessa fermezza nel condannare la sua “extraordinary rendition” e le torture che l’hanno visto protagonista. Qualcosa si sta muovendo anche in America. Nel 2008, la Corte Suprema degli Stati Uniti d’America ammonisce questa guerra al terrore, ricordando che le leggi e la Costituzione sono disegnati per sopravvivere e restare in vigore anche in tempi eccezionali. Le organizzazioni per le libertà civili e dei diritti umani negli Stati Uniti e all'estero si stanno battendo per la

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V

definitiva cessazione delle “extraordinary renditions”, in quanto oramai dimostratesi illegali, moralmente sbagliate e controproducenti o una combinazione di questi tre aggettivi. L’attuale Presidente degli Stati Uniti, Barack Obama, ha in parte recepito queste raccomandazioni. Ha sì, rigettato la tortura, ordinato la chiusura dei centri di detenzione segreta della Cia e istituito una task force integrata a cui assegnare il compito di rivedere le varie pratiche di interrogatorio e di trasferimento di sospetti individui ad altri paesi e di emettere raccomandazioni in tal senso, ma non ha ripudiato le operazioni di “extraordinary renditions” in quanto tali.

Ci si augura che nel futuro lo scenario si presenti diverso, in modo da rassicurare le generazioni future, gli errori di ieri non saranno gli errori di domani.

(10)

1

Capitolo I

Le operazioni di “extraordinary renditions”: i

diritti umani fondamentali alla deriva

1. Sistematica violazione dei diritti umani e degli obblighi

internazionali da parte dell’amministrazione Bush nella “War on

Terror”

1.1. La cosiddetta “War on Terror”

L’11 settembre 2001 gli Stati Uniti cadono vittime degli attentati terroristici di Al-Quaeda contro le Torri gemelle e il Pentagono. La tragedia che questo evento ha scatenato, segna senza dubbio l’inizio di un nuovo importante capitolo nella terribile e infinita storia del terrorismo. È una storia di indiscriminata violenza, istigata al fine di creare un clima di insicurezza e paura e con la precisa intenzione di attaccare il sistema politico e sociale esistente, colpendo con atti spettacolari e estremamente letali, obiettivi simbolici. In questo contesto di enorme tensione, i pilastri su cui poggiano i fondamentali principi di diritto interno e internazionale vengono profondamente scossi da una

guerra “asimmetrica”1 e amorfa (la cd. “war on terror”), che ha sovente

cercato di ridurre tali principi a meri impicci logistici. Lo stesso divieto assoluto di tortura e altri trattamenti inumani, una delle fondamentali conquiste giuridiche del XX secolo,è stato seriamente messo in discussione e parzialmente intaccato dalla prassi seguita nei dodici anni da allora trascorsi. Ma procediamo per gradi.

A pochi giorni dall’attacco, il Congresso, proclamato lo stato di emergenza nazionale, da pieno mandato all’esecutivo di agire al di là dell’apparato giurisdizionale ordinario, riconoscendogli l’autorità di

1 Per guerra asimmetrica si intende un attacco con armi non convenzionali da parte dei terroristi seguito da una risposta del mondo civile con operazioni di “rendition” o detenzioni senza processo nelle carceri di Guantanamo e tante altre, dove i principi di diritto internazionale sono completamente disattesi. Cfr. a riguardo Bettini Romano, Arcipelago Crimen, Francoangeli, Milano 2005, pag 86 e ss e

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2

adottare misure straordinarie a tutela della sicurezza nazionale. Con la Risoluzione di «Autorizzazione all’uso della forza militare» (AUMF) , al Presidente degli Stati Uniti viene attribuito il potere di ricorrere all’uso della forza militare e ad ogni mezzo ritenuto necessario e utile al fine di contrastare Nazioni, organizzazioni o persone ritenute in qualunque misura coinvolte negli attacchi terroristici.

Il Presidente Bush, con un’ordinanza militare del 13 Novembre 2001 sulla «Detenzione, trattamento e procedimento nei confronti di alcuni non-cittadini nella Guerra al Terrorismo»2, ha così adottato alcune

misure per la detenzione e l’eventuale processo di individui, esclusivamente stranieri (non-citizens)3, coinvolti a qualunque livello

(dalla partecipazione, alla complicità, all’appoggio) in attacchi o progetti di attacchi terroristici contro gli Stati Uniti,contro cittadini statunitensi o contro l’economia e la sicurezza nazionale o la politica estera. Con l’intento di proteggere in una situazione di straordinaria emergenza gli interessi del Paese alla difesa, il Presidente ha adottato alcuni specifici criteri per le detenzione e il processo di qualunque individuo che egli stesso,nella qualità altresì di Comandante supremo delle forze armate,ritenga essere possibile terrorista secondo una sua

valutazione discrezionale. Gli enemy combatants saranno soggetti

esclusivamente alla giurisdizione di Commissioni militari indipendenti e parziali, nominate ad hoc dal Segretario della Difesa; a quest’ultimo si ordina di trovare una "collocazione adeguata" per la detenzione, a tempo indeterminato e senza incriminazione, di persone non di nazionalità statunitense. L'ordine cerca di impedire ai detenuti di cercare un rimedio giudiziario presso i tribunali nazionali, stranieri e internazionali. Tant’è vero che nella conduzione degli eventuali processi e nella raccolta delle prove,tali commissioni dovranno applicare uno speciale sistema giudiziario che vigerà esclusivamente con riguardo a detenuti privi di cittadinanza e speciali regole di

2Cfr. Federal Register vol.66,Number 222, Presidential Document, 16 novembre 2001, pp 57833-57836

3Nonostante l’ordinanza si riferisca testualmente ai “non-citizens”,un trattamento analogo a quello ivi previsto,per quel che concerne la sospensione di alcune garanzie processuali,è stato riservato ad individui in possesso della cittadinanza statunitense catturati durante il conflitto in Afghanistan e ritenuti appartenenti ad unità talebane. Cfr. al riguardo la sentenza della Corte d’Appello federale per il 4 circuito relativo al ricorso presentato da Yaser Hamdi,la quale riconosce la facoltà del Governo di sottoporre a misure detentive questo individuo negandogli il diritto di provare in giudizio la propria innocenza. Per i giudici d’appello, le garanzie che tutti i cittadini hanno diritto di attendersi nell’ambito di processi penali non si estendono automaticamente a situazioni di conflitto armato, ancorchè unconvetional, com’è la guerra contro il terrorismo globale. Cfr. Hamdi contro Rumsfeld , 542 US 507 (2004).

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3

procedura4 stabilite dallo stesso Presidential Order, tanto che non si

applicheranno gli standards e le regole seguite generalmente nei processi penali davanti alle corti distrettuali statunitensi. È palese che i principi del giusto processo e la tutela dei diritti fondamentali vengano così sospesi in nome del superiore interesse nazionale: l’azione penale viene riconosciuta in via esclusiva all’esecutivo, il giudizio e l’esecuzione della pena sono inappellabili, la Commissione di revisione verrà nominata dal Dipartimento della Difesa e i suoi membri scelti direttamente dal Presidente.5

Nel suo rapporto del giugno 2007 per l'Assemblea parlamentare del Consiglio d'Europa6, Dick Marty, relatore speciale e Segretario generale,

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4

convenuto quanto segue : • Migliorare la condivisione dell'intelligence e la cooperazione, a livello bilaterale e nei competenti organi della NATO, relativa alle minacce poste dal terrorismo e le azioni da adottare nei suoi confronti; • Aiutare gli stati soggetti a crescenti minacce terroristiche come conseguenza del loro sostegno alla campagna contro il terrorismo; • Fornire autorizzazioni di sorvolo per gli Stati Uniti e gli altri alleati per voli militari relativi alle operazioni contro il terrorismo; • Fornire l'accesso a porti e aeroporti sul territorio della NATO, anche per il rifornimento di carburante, per gli Stati Uniti e gli altri alleati per le operazioni contro il terrorismo.

È il 17 Settembre 2001 quando Georg W. Bush firma un

memorandum,che resterà segreto,con cui autorizza la Central Intelligence Agency (Cia) ad allestire centri di detenzione al di fuori del territorio statunitense e condurre trasferimenti di detenuti extra giudiziali senza alcuna autorizzazione preventiva né della Casa Bianca,né del Dipartimento di Giustizia. La Cia acquisì così ampio potere e autorità iniziando da subito un programma di detenzioni segrete di sospetti terroristi presso prigioni controllate dall’agenzia ma ubicate al di fuori degli Stati Uniti,inclusi paesi noti per fare ricorso alla tortura. In tali “black sites” i detenuti venivano sottoposti a tecniche di interrogatorio “enhanced”, ossia rinforzate, come ad esempio il

waterboarding9 e tante altre,in alcuni casi integranti vere e proprie

torture o trattamenti inumani e degradanti. In questo quadro la Cia iniziò, sempre in segreto, a fare ampio uso delle c.d. extraordinary renditions, ossia di un programma extra-giudiziale basato sulla cattura (rectius rapimento o sequestro) e trasferimento di sospetti terroristi in paesi stranieri, al fine di essere detenuti e interrogati in luoghi segreti,

9L’Enciclopedia Britannica definisce il waterboarding come una forma di tortura nei seguenti termini: “Waterbording, also called water torture, simulated drowning, interrupted drowning, and controlled

drowning, method of torture in which water is poured into the nose and mouth of a victim who lies on his back on an inclined platform, with his feet above his head. As the victim’s sinus cavities and mouth fill with water, his gag reflex causes him to expel air from his lungs, leaving him unable to exhale and unable to inhale without aspirating water. Although water usually enters the lungs, it does not immediately fill them, owing to their elevated position with respect to the head and neck. In this way the victim can be made to drown for short periods without suffering asphyxiation. The victim’s mouth and nose are often covered with a cloth, which allows water to enter but prevents it from being expelled; alternatively, his mouth may be covered with cellophane or held shut for this purpose. The torture is eventually halted and the victim put in an upright position to allow him to cough and vomit (water usually enters the esophagus and stomach) or to revive him if he has become unconscious, after which the torture may be resumed. Waterboarding produces extreme physical suffering and an uncontrollable feeling of panic and terror, usually within seconds.”.

(14)

5

senza alcuna possibilità di comunicazione con l’esterno. Si calcola che

nel 2005 gli Stati Uniti avessero già trasferito “extragiudizialmente” tra le 100 e le 150 persone a paesi stranieri10.

1.2. Le operazioni di “extraordinary renditions”

Non vi è una definizione ufficiale, neanche da parte del governo statunitense, dell’espressione “extraordinary rendition”11. La Corte di

Strasburgo ha definito tale pratica come “un trasferimento extra giudiziale di persone da una giurisdizione a un’altra o da uno Stato a un altro, affinché siano detenute o interrogate al di fuori del normale contesto legale, ove sussista un rischio reale di tortura o di trattamenti crudeli, inumani o degradanti”12. Quel che è certo è che tali tipi di

operazioni si svolgono al di fuori di qualsiasi garanzia processuale per il sospettato, privato dei più basilari diritti, quali l’assistenza di un avvocato, nonché al di fuori dei normali meccanismi di cooperazione giudiziaria internazionale per permettere il trasferimento di detenuti a governi stranieri al solo fine di essere interrogati e detenuti, soprattutto in quei paesi noti per far ricorso alla tortura come Egitto, Siria e Giordania. La tortura stessa diventa uno strumento legittimo, non c’è alcuna protezione legale per il prigioniero, non esistono diritti.

Sebbene il programma di rendition sia impiegato per indicare una pratica post 11 settembre13, il Governo statunitense è ricorso a queste

pratiche da lungo tempo, tanto che la questione è stata affrontata dalla Corte Suprema fin dal 1886 nel caso Ker v. Illinois14. Già in questo caso

il giudice aveva ritenuto che il rapimento e il trasporto forzato di un uomo dal Perù per essere giudicato del reato di furto negli Stati Uniti, senza ricorrere al trattato di estradizione allora esistente tra i due paesi,

10 Si veda il recente e dettagliato Report di Open Society Justice Initiative (OSJI), Globalizing Torture.

CIA Secret detention and extraordinary rendition, 2013 (“Globalizing Torture”), scaricabile al sito

www.opensocietyfoundations.org. ,nota 35

11 Il report sopra menzionato definisce le extraordinary renditions come “il trasferimento – senza procedimento giudiziale – di un detenuto nella custodia di un governo straniero per essere detenuto o interrogato”, cit. p. 13.

12 C. eur. dir. uomo, Grande Camera, 13 dicembre 2012, El-Masri c. l´ex Repubblica Iugoslava di

Macedonia, par. 221 (il passaggio originale recita: “An extra judicial transfer of persons from one jurisdiction or State to another, for the purposes of detention and interrogation outside the normal legal system, where there was a real risk of torture or cruel, inhuman or degrading treatment”).

13 Un recente progetto di ricerca “The rendition project” di due ricercatori britannici presso le università di Kent e di Kingston ha portato alla creazione di un fondamentale database accessibile a tutti, contenente un’impressionante quantità di informazioni sul programma di renditions post 11 Settembre 2001 e correlato da utilissime mappe interattive. Il sito contiene anche notizie sui singoli detenuti vittime a livello mondiale del programma di renditions, si veda www.therenditionproject.org.uk.

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non ha violato né la Costituzione statunitense né il trattato di estradizione che gli conferisce il diritto di asilo in Perù, ritenendo che “mere irregolarità nel modo in cui un soggetto può essere portato di fronte ad un tribunale non comportano il diritto di dire che non dovrebbe essere processato per il reato che gli viene addebitato con un atto d’accusa regolare”. La Corte concludeva che il detenuto o il suo governo non erano senza tutela di fronte a questo sequestro non autorizzato sul suo territorio, in quanto il messaggero che ha rapito il detenuto poteva essere consegnato e processato per violazione delle leggi peruviane e potrebbe anche essere citato in giudizio da parte del detenuto per falsa accusa15. Nel 1986 il Presidente Ronald Reagan, nel

National Security Decision Directive 207, autorizzò le “renditions to justice”(cioè le “consegne alla giustizia” definite le “cugine” del

programma di extraordinary rendition16) negli Stati Uniti per sospettati

sottoposti ad un processo penale, ma solo da luoghi in chi il governo statunitense non poteva garantire la custodia attraverso procedure di estradizione, per esempio in paesi in cui il governo non esercitava un effettivo controllo o in paesi noti per pianificare e sostenere il terrorismo internazionale17. Nel 1993, il presidente George H.W.Bush

secondo testimonianze autorizzò specifiche procedure di renditions attraverso il National Security Decision Directive 207, che rimase segreto. L’amministrazione Clinton continuò a dare corso a queste pratiche come testimoniato da un rapporto del Dipartimento di Stato, “Patterns of global Terrorism 2001”, che catalogò almeno dieci renditions negli Stati Uniti tra il Marzo 1993 e Settembre 2001. In più il presidente Clinton ha firmato una serie di direttive presidenziali in materia di consegne alla giustizia e nell’estate del 1995 la Cia iniziò a rendere i detenuti a governi stranieri perché venissero processati penalmente. Secondo l’ex direttore della Cia, George Tenet, questa è stata protagonista di più di ottanta renditions prima dell’ 11 Settembre 2001. Dopo questa storica data, il numero delle consegne è aumentato notevolmente, ma scompare la prospettiva di sottoposizione ad un

15La Corte Suprema ha confermato la “regola Ker” anche nel caso Frisbie v. Collins del 1952: “Il potere del giudice di giudicare una persona di fronte alla commissione di un reato non è compromessa dal fatto che egli era stato portato davanti al giudice in ragione di un rapimento forzato”; e nel caso Regno Unito

v. Alvarez Machain del 1992.

16Così Margaret Satterthwaite in “The US programm of extraordinary rendition and secret detention: past and future” nel suo articolo inserito nel report “Cia- »extraordinary rendition« flights, torture and accountability – a european approach” edito dall’ European center for constitutional and human rights (ECCHR) seconda edizione 2009, pag.28.

17Si veda l’articolo “Torture Logic: Renditions to Justice, Extraordinary Rendition and Human Rights

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7

procedimento penale, in quanto i trasferimenti verso paesi terzi sono al solo scopo di detenzione e uso di tecniche di interrogatorio “rinforzate” pur di estorcere qualsiasi tipo di informazione. Tanto che Cofer Black, direttore del Centro Antiterrorismo della Cia, disse davanti al Congresso: “There was ‘before’ 9/11 and ‘after’ 9/11. After 9/11 the gloves come off”18. Anche se c’è una distinzione concettuale tra

detenzione segreta e le operazioni di consegne straordinarie, di nella pratica la differenza è minima19: rapimento e sparizione di detenuti,

trasferimento extralegale su voli segreti verso una ragnatela di prigioni sparse in paesi di tutto il modo, noti per far ricorso alla tortura e altri

trattamenti inumani e degradanti

(Afghanistan,Lituania,Marocco,Polonia,Romania,Tailandia,Guantanam o Bay e molti altri). La tortura è il segno distintivo di entrambi.

L’11 gennaio 2002 atterra nella base statunitense di Guantanamo, nell’estremo est dell’isola di Cuba, il primo volo proveniente dall’Afghanistan con a bordo centinaia di prigionieri: è l’inizio del centro di detenzione più discusso della storia. Nei primi cinque anni di attività, a Guantanamo sono stati trasferiti 780 prigionieri, catturati in oltre 10 paesi diversi. Un'analisi condotta sui casi di circa 500 detenuti ha mostrato che soltanto il 5% di loro è stato preso direttamente dalle forze statunitensi; l'85% è stato catturato dalle forze dell'Alleanza del Nord in Pakistan e in Afghanistan e trasferito sotto custodia statunitense, spesso in cambio di qualche migliaio di dollari nell’ambito di operazioni di extraordinary rendition che prevedevano il prelevamento e il trasporto, entrambi secretati e senza alcun controllo da parte di autorità giudiziarie, di sospetti terroristi in diversi paesi (anche grazie alla complicità di molti paesi europei, dei loro governi, servizi di sicurezza e talvolta alcuni esponenti delle forze dell’ordine, come avremo modo di analizzare in seguito). Tali operazioni, condotte dai servizi di intelligence statunitensi vengono effettuati con voli pianificati dalla CIA secondo un preciso protocollo e sono diretti verso Guantanamo o altri centri di detenzione, negli Stati Uniti ed extraterritorialmente, in luoghi tuttora ignoti.

18Si vada l’ introduzione di Globalizing Torture.

19Per un approfondimento si veda “Collusion with CIA rendition and the search for accountability” di Manfred Nowak, professore dell’International Law and Human Rights dell’Università di Vienna, 11 Ottobre 2012, pag.5. Si definisce come Rendition: not a legal term under international law: abduction and transfer of persons to the custody of other governments for the purpose of bringing them to justice. Justification? “male detentus, bene captus”(Eichmann, Carlos “the Jackal”,Ocalan); come Extraordinary rendition: practice of Bush Administration to abduct and transfer suspected terrorists to other countries, usually for the purpose of subjecting them to secret detention and torture.

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Solo nel maggio del 2006, il presidente Bush ha riconosciuto pubblicamente che circa un centinaio di detenzioni si sono svolte nel quadro del programma di extraordinary rendition della Cia e circa un terzo dei quali sono stati interrogati attraverso “enhanced interrogation techniques”. Nei manuali americani si insiste molto sulla “teoria della coercizione”: l’obiettivo della coercizione-precisa un testo adottato negli anni ottanta in America latina- è di provocare nel soggetto una regressione psicologica in presenza di qualcuno più forte e quindi in grado di spezzare la sua forza di volontà. Il prigioniero deve perdere qualsiasi autonomia e arrivare al punto di non essere capace di affrontare situazioni complesse o di stress. Il prestigioso “The New England Journal of Medicine” ha rivelato che a Guantanamo team di dottori hanno svolto il ruolo di consulenti suggerendo come aumentare lo stress del detenuto, sfruttare le sue fobie e spezzare la sua resistenza20. Al punto di frattura si arriva attraverso passi successivi. Il

punto di partenza è la cattura, pianificata per creare un effetto sorpresa in modo da sfruttare il disorientamento del sospettato; il secondo passo è la detenzione, con un severo isolamento va tagliato in modo netto il cordone ombelicale con il mondo esterno,relazioni familiari,l’ambiente e la casa minando così il senso di identità del sospettato; il terzo passo è la minaccia di provocargli del dolore fisico che si rileva più efficace dell’atto di violenza stesso, ma non si esclude il ricorso alla forza,o meglio alla tortura vera e propria. In questo ambito si inseriscono le “tecniche di interrogatorio rinforzate” che rappresentano dei veri e propri abusi : “walling”( tirando rapidamente il detenuto in avanti e poi spingendolo contro una falsa parete flessibile), “water dousing”( il “sottomarino”:il detenuto è immerso in vasche d’acqua fin quasi ad annegarlo), “stress positions”(costringendo il detenuto a rimanere in determinate posizioni progettate per indurre disagio fisico), “wall standing”(forzando il detenuto a rimanere in piedi con le braccia tese davanti a sé in modo che le dita tocchino un muro a 4-5 metri di

20 In alcune situazioni le guardie del campo sono ricorse ad un metodo davvero inusuale: hanno costretto il prigioniero ad ascoltare la lettura ad alta voce dei libri di Harry Potter. Questi metodi non si applicano come formule matematiche, in quanto non tutti i prigionieri reagiscono allo stesso modo e tra i seguaci di Al Qaeda la capacità di resistenza è notevole. Un ufficiale può rivelarsi un osso duro, insensibile alle sofferenze, concentrato sulla difesa del gruppo. Dunque è necessario inventare punti di attacco inediti, modellati a seconda dei prigionieri. Per Chris Mackey(è un nome di copertura),ex interrogatore dell’Us Army a Bagram, nel libro The Interrogators elenca sedici modi per iniziare a porre le domande. Adattabili ad ogni situazione, intercambiabili, sono stati testati sul campo con risultati alterni. Le stesse tecniche sono state autorizzate in Iraq dal comando statunitense con uno speciale memorandum del Settembre 2003. Un documento diffuso dalla American Civil Liberties Union (Aclu) che lo ha ottenuto dal dipartimento della Difesa grazie al “Freedom information act”. La sintesi del testo è consultabile nel capitolo X “I manuali delle torture” del libro “Operazione hotel California”,pag 112-114.

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distanza e sostenere tutto il suo peso corporeo), “cramped confinement” in una prigione angusta, “insult slaps”(schiaffeggiando il detenuto in viso con le dita distese),”facial hold”(tenendo la testa del detenuto immobile durante l’interrogatorio con i palmi delle mani su entrambi i lati del viso), “attention grasp”(afferrando il detenuto con entrambe le mani, una su ciascun lato del collo e rapidamente attirarlo verso l’interrogatore), nudità forzata, privazione del sonno mentre è incatenato in verticale per settantadue ore, privazione del cibo, “assalto termico”(esporre il sospettato a temperature elevate,quindi costringerlo a stare al freddo,infine riportarlo al caldo), “assalto sensoriale”(la luce sempre accesa nella cella,musica ad alto volume per giorni), possibile presenza di cani nei pressi del prigioniero(animale impuro per i musulmani) e “waterboarding”. Tecnica quest’ultima, usata le prime volte durante l’inquisizione spagnola, descritta nei documenti del governo statunitense come tecnica che comporta il “legare il detenuto ad un banco con i piedi elevati sulla testa, immobilizzare la testa, porre un panno sulla bocca e sul naso e versare sul panno acqua in modo incontrollato; il flusso d’aria è limitato per venti/quaranta secondi producendo la sensazione di soffocamento e annegamento”. Tutti questi metodi, che altro non sono se non vere e proprie torture, sono state specificatamente autorizzate dal Justice Departement’s Office of Legal Counsel(OLC) in una serie di pareri legali. Se ciò non bastasse in un memorandum del 1 Agosto del 2002, l’allora assistente procuratore generale dell’OCL, Jay Bybee,ritiene che l’abuso fisico non equivarrebbe a tortura a meno che non abbia inflitto un dolore fisico a cui è associato un difetto del corpo, una compromissione della funzione corporea o anche la morte e conclude che questi metodi di raccolta informazioni sono da considerare senza dubbio leciti. Molti ufficiali e funzionari americani,pur senza difendere la tortura,sostengono che attraverso gli interrogatori sono riusciti ad avere informazioni di grande valore. “Siamo stati brutali,ma abbiamo impedito che altro sangue fosse versato, e decine di altri terroristi sono stati così catturati”. Contrariamente la pratica ha dimostrato come la tortura usata non solo è illegale e immorale, ma soprattutto è inefficace per la produzione di affidabili informazioni21. I racconti di chi c’era, le indiscrezioni

21Ali Soufan, interrogatore dell’ FBI, che ha raccolto diverse informazioni con successo da sospettati terroristi senza fare ricorso a questi metodi ma utilizzando metodi “rapport-building”, ha testimoniato davanti al Congresso come queste tecniche che fanno ricorso alla tortura “dal punto di vista operativo sono inefficaci,lente e inaffidabili e molto dannose per i nostri sforzi per sconfiggere Al-Qaeda oltre ad essere antiamericane, dannose per la nostra reputazione e causa”. Per approfondimenti sul tema si veda il report Globalizing torture pag.15-19.

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pubblicate dai grandi giornali statunitensi, le denunce vigorose dei deputati di orientamento liberal americani hanno però contribuito ad una revisione delle regole da parte del Pentagono. Un nuovo manuale, “Human Intelligence Collector Operations”, un vero decalogo,rigoroso e preciso, indica ciò che è lecito e ciò che è proibito fare nel corso degli interrogatori e altri sforzi sono dedicati alla preparazione del personale militare. Queste nuove regole, secondo le accuse dei prigionieri confermate da un’inchiesta interna, sono state ripetutamente violate22.

Solo nel dicembre del 2012 il presidente del Senate Select Commitee on Intelligence, senatore Dienne Feinstein, ha dichiarato che la maggioranza della commissione considerava la creazione a lungo termine di clandestini “black sites” e l’uso delle cosiddette “enhanced interrogation techniques” come terribili errori e che il dibattito in materia di extraordinary rendition si risolva una volta per tutte “sul fatto che la nostra nazione non dovrà mai più assumere tecniche di interrogatorio coercitive come quelle documentate nella seguente relazione”.

Ma, nonostante tutto, continuano ad esserci diverse autorevoli opinioni favorevoli alle pratiche di extraordianry rendition. Un critico della strategia antiterrore, Scheuer, ha dichiarato che le “consegne speciali” hanno permesso di evitare stragi e attentati e salvato vite umane. È la stessa giustificazione data dallo Shin Bet,il servizio di sicurezza israeliano, per la tecnica degli “omicidi mirati”: “uccidiamo delle vere bombe ad orologeria,elementi che addestrano kamikaze,militanti che pianificano attacchi,capi di cellule terroristiche”. Dello stesso avviso era Condoleeza Rice, Segretario di Stato Usa ai tempi, che si espresse in favore delle renditions definendole come “uno strumento essenziale per combattere il terrorismo”23, aggiungendo che, se del caso, gli “Sati Uniti

chiedono rassicurazioni che le persone trasferite non saranno torturate”. Tuttavia tali formali rassicurazioni hanno sempre avuto ben poca rilevanza pratica, come implicitamente ammesso dal direttore della Cia, Peter Goss, nel corso di una deposizione presso il Congresso: “We have a responsibility of trying to ensure that they [the prisoners] are properly treated, and we try and do the best we can to guarantee that. But of course once they’re

out of our control, there’s only so much we can do”24. Non vi è dubbio che

molte persone che furono oggetto di extraordinary rendition vennero torturate nonostante le formali rassicurazioni dei governi in senso

22 Per un maggior approfondimento sull’argomento si veda Guido Olimpio, “Operazione hotel

California”, capitolo X “I manuali delle torture”, 2005,pag. 106-127.

23“A vital tool in combating terrorism”, così nel Report “Globalizing Torture”, nota 36. 24Ibid.,nota 38

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contrario. Lo stesso Presidente americano George W. Bush conferma in un suo discorso del 6 settembre 2006, che la Cia gestisce un programma di detenzione segreta al di fuori degli Stati Uniti(rifiutando di divulgare in nome di questi paesi),ma riguarda solo un numero ristretto di sospetti terroristi,catturati durante la guerra,trattenuti e interrogati al di fuori degli Stati Uniti e dichiara vitali le informazioni così ottenute,

pertanto il programma sarebbe continuato25. Come sottolinea Guido

Olimpio26 nel suo libro “Operazione Hotel California” il problema è che in

questi casi “si perdono di vista i confini, l’illegalità si estende, l’intelligence tende a violare ogni limite. Quello che fa testo è il risultato finale,dunque la cattura e l’interrogatorio. Il resto sono dettagli”.

Tutto ciò non poteva non sollevare vivaci polemiche presso l’opinione pubblica e generare forti perplessità in alcuni governi come ad esempio il nostro che ha adottato ad hoc una mozione il 14 Maggio 2002 con la quale si impegna ad assumere “iniziative urgenti” perché nel trattamento degli internati nella base di Guantanamo a Cuba siano applicate “le regole internazionali” relativamente alla modalità della detenzione e del processo degli accusati,“anche se imputati di atti di terrorismo”, e perché ai prigionieri venga assicurato il rispetto dei diritti fondamentali della persona e,in caso di imputazione, garantita una procedura regolare27. A poco sono valse le rassicurazioni del

presidente Obama che, subito dopo essere stato eletto nel 2009, attraverso l’emissione di tre ordini esecutivi rigettò la tortura, ordinò la chiusura dei centri di detenzione segreta della Cia e istituì una task force integrata cui fu assegnato il compito di rivedere le varie pratiche di interrogatorio e di trasferimento di sospetti individui ad altri paesi e di emettere raccomandazioni in tal senso. Tuttavia tali ordini esecutivi non ripudiavano le extraordinary renditions in quanto tali e, anzi, furono modellati per mantenere l’autorità della Cia di detenere sospetti terroristi per brevi periodi prima di consegnarli a paesi stranieri per essere interrogati o processati. L’intero sistema continua ancora oggi ad

25Si vedano le lettere L e M e punto n.6 della Risoluzione del Parlamento Europeo sul “Presunto uso

dei Paesi europei da parte della Cia per il trasporto e la detenzione illegalidi prigionieri(2006/2200 INI)”

del 14 Febbraio 2007, P6_TA(2007)0032.

26Guido Olimpio:giornalista del Corriere della Sera. Da vent’anni segue il terrorismo internazionale e in particolare quello legato alle crisi mediorientali. Nel 1996 è stato chiamato a deporre davanti alla Commissione sul terrorismo del Congresso americano. Tra i suoi libri “Milano-Bagdad. Diario di un magistrato in prima linea nella lotta al terrorismo islamico in Italia”, scritto con Stefano Dambruoso(Mondadori 2004); “Anatomia del terrore. Colloquio tra Guido Olimpio e Sergio Romano” (Rizzoli 2004).

27 Cfr. Senato della Repubblica, mozione sui prigionieri talebani a Guantanamo, http://www.parlamento.it/att/testi/1-00057.htm.

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essere coperto dal segreto, compreso il Report prodotto dalla task force

integrata del 200928. Lo stesso Parlamento Europeo in una sua

risoluzione del 2009, che avremo modo di affrontare nel paragrafo che segue, esprime apprezzamento per i tre ordini emessi dal Presidente Obama sulla chiusura del centro di detenzione di Guantanamo, sull'interruzione dei lavori delle commissioni militari e sulla fine del ricorso alla tortura e la chiusura delle prigioni segrete all'estero, ma sottolinea,tuttavia, che persistono alcune ambiguità quanto al mantenimento di un numero limitato di programmi di consegna e di centri di detenzione segreti e confida pertanto che saranno forniti chiarimenti circa la chiusura e la proibizione di tutti gli altri centri di detenzione segreti direttamente o indirettamente gestiti dalle autorità statunitensi, negli USA o all'estero e ricorda che la detenzione segreta è di per sé una grave violazione dei diritti umani fondamentali29.

1.3. Palese violazione di obblighi internazionali e “istituzionalizzazione” della tortura

I dubbi sulla legittimità delle misure statunitensi non riguarda solo la compatibilità del trattamento riservato agli “ingabbiati” di Guantanamo con i più elementari principi dello Stato di diritto, ma anche la violazione di precisi obblighi internazionali che impegnano gli Stati Uniti sulla base di taluni accordi sul riconoscimento e la tutela dei diritti umani fondamentali, come il Patto delle Nazioni Unite sui diritti civili e politici del 16 Dicembre 1966 e la Convenzione contro la tortura del 10 Dicembre 1984, e altresì obblighi di diritto umanitario consuetudinario consacrati nelle Convenzioni di Ginevra del 194930.

Il Patto sui diritti civili e politici che gli Stati Uniti hanno ratificato nel 1992 vincola le parti a garantire a tutti gli individui che si trovino sul loro territorio e siano sottoposti alla loro giurisdizione una serie di fondamentali diritti, sostanziali –fra i quali il diritto alla vita, il diritto a non essere soggetto a tortura o a trattamenti crudeli e degradanti, la

28Fonti indipendenti continuano ad esprimere preoccupazione per un sistema di detenzioni segrete e abusi che sarebbe tutt’altro che finito. In particolare vi sono report che indicano il coinvolgimento della Cia e del Dipartimento di Stato americano in prigioni segrete in Somalia, in abusi compiuti in Afghanistan e persino a bordo di navi militari americane, Cfr. il Report “Globalizing Torture”, p. 8.

29Si veda punti n. 5 e 6 della Risoluzione del Parlamento Europea “Presunto utilizzo di Paesi europei da

parte della Cia per il trasporto e la detenzione illegali di prigionieri” del 19 Febbraio 2009,

P6_TA(2009)0073.

30Si veda l’articolo “La condizione dei detenuti di Guantanamo fra diritto umanitario e garanzie dei

diritti umani fondamentali” di Elena Sciso,professoressa straord. LUISS, in Rivista di Diritto Internazionale 2003, pag. 111-128

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libertà di coscienza e di religione- ma anche processuali, soprattutto in relazione ad imputazioni di carattere penale. Tali sono il diritto dell’accusato a comparire davanti ad un tribunale competente, indipendente e imparziale, che determini la fondatezza dell’accusa penale; il diritto ad una procedura che garantisca all’accusato una posizione paritaria rispetto all’accusa; il diritto alla presunzione di innocenza fino a prova contraria conseguita secondo legge; il diritto ad essere giudicato entro un tempo ragionevole o rilasciato. Ma bisogna sottolineare come tutti questi diritti riconosciuti dal Patto delle Nazioni Unite, come del resto quelli contemplati in analoghi accordi regionali quali la Convenzione Europea del 4 Novembre 1950 o quella interamericana del 22 Novembre 1969, possono subire deroghe o restrizioni ad opera di una parte solo in caso di pericolo pubblico eccezionale che minacci l’esistenza della Nazione, quindi solo se strettamente necessarie, non discriminatorie e non incompatibili con altri obblighi internazionali dello Stato31. Ma l’art.4, par.4 del Patto fa

un’ulteriore importante precisazione: esistono taluni diritti umani oggetto di obblighi non derogabili in qualsiasi tempo e circostanza quali il diritto alla vita, quello a non essere sottoposto a tortura o a trattamenti inumani o degradanti, quello alla libertà dalla schiavitù, alla libertà di religione, di credo e di opinione e alla garanzia dei principi nullum crimen sine lege e nulla poena sine lege. È lampante notare come i provvedimenti statunitensi post 11 Settembre relativi alla modalità di cattura e detenzione dei prigionieri di Guantanamo e alla celebrazione di eventuali processi, a loro carico e a carico di altri presunti terroristi individuati del Presidential Order contraddicono sotto più di un profilo sostanziale gli obblighi assunti con la ratifica dell’Patto. L’intero procedimento condotto dalla commissione militare ah hoc, dalla fase istruttoria a quella dibattimentale e ai risultati finali in ordine all’accertamento della colpevolezza dell’accusato a alla determinazione della pena, è soggetta a revisione esclusivamente per eventuali errori di diritto da parte di un Review Panel nominato dal Segretario alla difesa e costituito da tre militari, per uno solo dei quali è richiesta l’esperienza di giudice32. Che fine fa il diritto del condannato a morte da una

sentenza definitiva di chiedere la grazia o la commutazione della pena visto che ciò diventa una prerogativa esclusiva del Presidente degli

31Cfr. art.4,par.1 del Patto delle Nazioni Unite; art.15,par.1 della Convenzione Europea; art.27 della Convenzione interamericana dei diritti dell’uomo.

32 Cfr. sez.6, lett. H (4), del decreto del Dipartimento della Difesa del 21 Marzo 2002, Military

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Stati Uniti? Come se ciò non bastasse viene altresì precluso all’imputato ogni eventuale ricorso contro la sentenza. Se è pur vero che i diritti processuali dell’individuo specificati nell’art.14 del Patto sono tra quelli temporaneamente sospendibili in presenza di circostanze eccezionali che minacciano l’esistenza della nazione, le misure derogatorie consentite dall’art.4 per essere legittime, devono mantenersi negli stretti limiti “richiesti dalla situazione” e quindi essere assolutamente necessitate dalle circostanze, proporzionate all’emergenza e limitate nel tempo, oltre che rispettare certe fondamentali garanzie processuali a tutela dei diritti dichiarati non sospendibili come riconosce l’art.24 della Convenzione interamericana dei diritti dell’uomo. Questi sono i principi minimi dell’equo processo che vanno garantiti anche nell’ambito delle procedure speciali quali sono quelle previste per i reati di terrorismo e che sono stati recentemente precisati, con alcune

raccomandazioni33 della Commissione interamericana dei diritti

dell’uomo, a conclusione di un accurata indagine ricostruttiva delle norme internazionali, pattizie e consuetudinarie, tanto di diritto umanitario quanto relative ai diritti umani fondamentali alla luce dei

provvedimenti antiterrorismo adottati dagli Stati membri

dell’Organizzazione. Da tali raccomandazioni emerge che ali imputati di reati terroristici vanno accordate alcune garanzia minime di carattere procedurale e sostanziale come ad esempio l’imposizione della pena di morte, per i reati più gravi, deve essere soggetta a procedure particolarmente rigorose e mantenuta sotto lo stretto controllo di “fundamental sudicia guarantees”; presupposti e procedure della detenzione devono essere previsti dalla legge che dovrà fissarne altresì la durata, soggetta ad un periodico meccanismo di revisione; il detenuto ha il diritto di essere prontamente informato dei motivi della detenzione e di usufruire delle protezione medica, consolare, legale compresa l’assistenza di un difensore di fiducia ove indigente; gli Stati devono astenersi dal ricorso a tribunali militari o a giurisdizioni speciali per giudizi civili, nei procedimenti contro militari e combattenti, devono garantire gli standards di imparzialità e indipendenza fissati dal diritto umanitario; il diritto di ricevere la documentazione necessaria per la sua difesa, compresi i documenti relativi alla prove a suo carico in una lingua a lui conosciuta o attraverso l’ausilio di in interprete; il diritto a presentare testimoni e documentazione a difesa; il diritto ad

33Cfr. il rapporto della Commissione e il testo delle raccomandazioni in Inter-American Commission on

Human Rights, Report on terrorism and Human Rights ,

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essere presente ad ogni fase del dibattimento ecc. Ma secondo il Presidential Order tali diritti possono essere discrezionalmente riconosciuti all’accusato solo dal presidente della Commissione o dal Segretario della difesa, in più all’accusato viene fornito un difensore d’ufficio che egli può eventualmente scegliere tra i militari a ciò designati, egli può anche nominare un difensore civile che affianchi quello militare purché accettabile dalla commissione e a proprie spese; entrambi potranno essere esclusi da alcune fasi del processo o dall’eccesso a taluni documenti e di fronte ad una violazione dei loro diritti fondamentali non potranno che rivolgersi alla giurisdizione esclusiva delle commissioni militari.

Sulla base delle considerazioni svolte possiamo concludere che malgrado sia il Presidential Order che quello del Segretario alla difesa parlino di un “full and fair trial” e riconoscano all’accusato alcune garanzie formali, come la presunzione di innocenza fino a prova contraria, è indubbio come le procedure previste siano lontane dagli standards del giusto processo; è chiaro che non può prescindere da “una consistente dose di arbitrarietà un procedimento penale e,ancor prima,una detenzione, le cui regole e l’avvio dei quali dipendono esclusivamente dalle valutazioni discrezionali e insindacabili operate caso per caso da una sola persona, il Presidente degli Stati Uniti, che è ad un tempo il capo dell’esecutivo e il comandante in capo delle forze armate”34.

Fra le condizioni di legittimità delle possibili deroghe che le parti possono temporaneamente introdurre in caso di pericolo pubblico eccezionale, l’art. 4 del Patto menziona altresì la compatibilità delle misure derogatorie introdotte con altri obblighi imposti allo Stato dal diritto internazionale quali quelli di diritto umanitario applicabile in caso di conflitto armato. Nei campi di internamento della base di Guantanamo sono arrivati centinaia di prigionieri; si tratta essenzialmente di combattenti appartenenti alle forze armate talebane o affiliati alla rete di Al-Qaeda catturati durante il conflitto in Afghanistan, membri o presunti tali dell’organizzazione di Osama Bin Laden catturati in Pakistan sia prima che dopo l’avvio dell’operazione

Enduring freedom 35, volontari che partendo dal Pakistan o da latri paesi

34Si veda l’articolo “La condizione dei detenuti di Guantanamo fra diritto umanitario e garanzie dei

diritti umani fondamentali” di Elena Sciso,professoressa straord. LUISS, in Rivista di Diritto Internazionale 2003, pag. 119

35Enduring Freedom ("libertà duratura") è il nome in codice ufficialmente utilizzato dal governo degli Stati Uniti d'America per designare alcune operazioni militari lanciate in risposta agli attentati dell'11 settembre 2001. Sebbene il termine valga a designare anche le campagne OEF Filippine (OEF-P

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limitrofi si sono uniti ai talebani durante il conflitto e alcuni algerini sospettati di terrorismo, arrestati in Bosnia e consegnati delle autorità bosniache a quelle statunitensi. Nei confronti di tutti costoro sono stati violati obblighi internazionali tra cui quelli relativi alla protezione consolare per gli stranieri assoggettati a misure di arresto o detenzione che la Corte internazionale di Giustizia nel caso LaGrand ha qualificato come obblighi dello Stato nei confronti dello straniero, oltre che del suo Stato nazionale36. E nonostante il Governo statunitense abbia descritto

come stato di guerra la situazione prodottasi post 11 Settembre, ha inizialmente rifiutato di riconoscere ai detenuti le garanzie delle Convenzioni di Ginevra, in particolare lo status di prigionieri di guerra ai sensi della III Convenzione, considerandoli “combattenti illegali”. È noto come il riconoscimento dello status di prigioniero di guerra assicura alla persona detenuta speciali livelli di protezione, ad esempio sui presupposti, durata e condizioni delle misure detentive, all’intrusività degli interrogatori, alle garanzie processuali in caso di imputazione, al diritto d’appello o di revisione contro eventuali condanne, in conformità con le specifiche disposizioni della III Convenzione. Ma grazie alle imponenti pressioni dell’opinione pubblica mondiale e di alcune organizzazioni non governative, e anche sulla base degli obblighi assunti con la ratifica delle quattro Convenzioni di Ginevra del 1949, una decisione del Presidente Bush del 7 Febbraio 2002 riconosce l’applicabilità della III Convenzione di Ginevra sul trattamento dei prigionieri di guerra ai detenuti talebani in quanto appartenenti ad uno Stato, l’Afghanistan, parte della Convenzione, negando loro tuttavia lo status di “prigionieri di guerra”, in quanto il Governo statunitense ritiene che i talebani non rispondano ai requisiti chiesti per l’attribuzione di tale qualifica37, in particolare il

possesso di un segno distintivo fisso riconoscibile a distanza che li distinguesse dalla popolazione civile, la presenza di un capo responsabile, la conformità dell’azione militare con le regole della

già Freedom Eagle) e OEF Corno d'Africa (OEF-HOA), viene utilizzato, per antonomasia, per l'operazione militare lanciata nel 2001 contro i Talebani in Afghanistan, primo atto della Guerra al terrorismo.

36 Cfr. la sentenza resa dalla Corte internazionale di Giustizia il 27 Giugno 2001 nell’affare LaGrand (Germania c. Stati Uniti), in Rivista di Diritto Internazionale, 2001, p.753 ss.

37 “Ma tale pretesa è di dubbio fondamento, poiché di regola le condizioni stabilite dall’art.1 del Regolamento dell’Aja e dalla III Convenzione per il riconoscimento di della qualità di legittimo belligerante per gli irregolari sono ritenute implicite per i regolari. Quantomeno, lo status dei Talebani catturati avrebbe dovuto essere determinato da un tribunale in base all’art.5 della III Convenzione di Ginevra (come è stato riconosciuto da una corte distrettuale nel caso Hamdam nel 2004:Bofaxe, No.289E:http://www.ifhv.de)” così sostiene Ronzitti, in Diritto internazionale dei conflitti armati, 2011,

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guerra,ecc38. Nonostante questa limitazione, è stato consentito l’accesso

indiscriminato nella base di Guantanamo alla delegazione del Comitato internazionale per la Croce Rossa (CICR) così come previsto dalla III Convenzione e dall’art. 3 comune alle quattro Convenzioni, che estende tale pratica alle vittime dei conflitti armati non internazionali. Dopo le numerose visite grazie alle quali il Comitato è entrato in contatto e ha avuto colloqui privati con tutti gli individui internati nella base, mediando su autorizzazione delle autorità di comando per lo scambio di messaggi tra detenuti e loro familiari e verificando le condizioni igieniche della detenzione, secondo le conclusioni offerte alla stampa, tutti i prigionieri sembrano essere trattati in conformità con gli standards umanitari fissati dalle Convenzioni di Ginevra. Ma da un’intervista all’ex comandante del campo di Guantanamo, il Brigadier General Micheal Leonard, appartenente al corpo dei Marines, emerge che le modalità di svolgimento degli interrogatori non sono soggetti al regime di visita del CICR, in quanto condotti sotto la responsabilità di un comando facente capo all’intelligence, diverso da quello militare del campo. La richiesta che più volte il CICR ha rivolto agli Stati Uniti è quella del rispetto dell’art.5 della III Convenzione che prevede che in caso di dubbio circa l’appartenenza delle persone che abbiano commesso un atto di belligeranza ad una delle categorie protette, cioè combattenti o popolazione civile, la Parte belligerante, nel cui potere queste persone si trovino, ha l’obbligo di considerarle sotto la speciale protezione della stessa Convenzione, finché il loro status non sia accertato da un tribunale competente. Dello stesso avviso è anche la Commissione interamericana dei diritti dell’uomo che ha sollecitato il Governo statunitense ad assumere, a titolo di misura cautelare ai sensi dell’art.25 del suo statuto, “the urgent measures necessary to have the lagal status of the detainees at Guantanamo Bay determined by a competent tribunal”, sul presupposto che gli standards applicabili alla tutela dei diritti fondamentali dell’uomo, in situazioni collegate ad un conflitto armato, debbano essere ricavati dal diritto internazionale umanitario, ricordando che l’ottemperanza alle misure cautelari richieste dalla Commissione costituisce per gli Stati membri dell’Organizzazione “an international legal obligation”. Anche il Parlamento europeo, in una risoluzione adottata il 7 Febbraio del 2002, conveniva sulle difficoltà di ricondurre rigorosamente alle definizioni

38Si veda relativamente alle caratteristiche e definizione di “combattente legittimo” il Regolamento annesso alla IV Convenzione dell’ Aja del 1907 e le quattro Convenzioni di Ginevra del 1949. Per il riconoscimento dello status di prigioniero di guerra si veda l’art.4 par.2 della III Convenzione.

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