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CORTE D'ASSISE D'APPELLO DI MILANO

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(1)

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REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO rrALIANO

LA .... ~.~C?I1.~~

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CORTE D'ASSISE D'APPELLO DI MILANO

Composta da:

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Presidente 2·

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Consigliere 3· ..

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Giudice pop.

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traJmeuo l'eJtratto e$.ecu- tillo alla Procura Oenuale deila Repubblica di Milano.

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ha pronunciato la seguente

SIMTEMZA

NELLA CAUSA DEL PUBBLICO MINISTERO contro

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redottr le .chlde per Il ca- ullario e ie comunicozioni ai utui della Legge Eleft""

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(2)

APPELLANTI

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"In Torino i l 26/6/83 -

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del de l_i tto p. 11' dagli artt. 110, 81 cpv. C. P. la. 12 ...!L!.~ L. 497/74perchè cC2..'Lle...lI!.0dali tà di compartecipazione

...!1\Q.r.~l~...~....'!!ateri~.!!L!Dd!lli~....s~Il..o che prec~de e con

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stole di calibro 7.65 Parabellum e 38 Special .

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~~~.tto p. p. dagli artt. 110, 112 nn. l e 2 - 61

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Ordina che i reperti di cui al verbale di sequestro a foglio 75 della cartella I siano messi a disposizione del Giudice Istrut- tore di Milano, quali corpi di reato relativi all'indagine in corso.

Visto l'art. 479 C.P.P.

assolve Barresi Placido dai reati a lui ascritti per insufficien- za di prove e dispone che lo stesso sia scarcerato, con riferime~

to all'ordine di cattura emesso dal Procuratore della Repubblica di Milano il 26/2/87.

La prima Corte di Assise di Appello con sentenza 25/5/90 cosi de- cideva:

letti gli artt. 241 D. Leg. 28/7/89 n. 271, 523 C.P.P., in parzi~

le riforma della sentenza 16/6/89 della prima Corte di Assise di Milano, assolve Barresi Placido dai reati ascrittigli per non a- ver commesso i fatti. Conferma nel resto l'indicata sentenza e condanna Belfiore Domenico al pagamento delle maggiori spese pro- cessuali, nonchè alla rifusione delle spese sostenute in questo grado dalle parti civili che si liquidano per Carla Ferrari Caccia

in L. 5.000.000 per Aurelio Caccia in L. 5.000.000, per Paola, Crl stina e Guido Caccia in L. 7.500.000 e per il Ministero di Grazia e Giustizia in L. 5.000.000, dando atto che le spese liquidate per il primo grado in favore del detto Ministero ammontano a lire 9.000.000.

Ordina come da richiesta del Procuratore Generale la trasmissio- ne alla Procura della Repubblica presso la locale Pretura di copia della deposizione resa, davanti a questa Corte, da Giuseppe Belfiore

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all'udienza del 16!5/90, nonchè di copia delle trascrizioni

delle bobine n. 24? 25 e 29 effettuate dai periti Fekeza e Fabbro.

A seguito di ricorso di Belfiore Domenico la Corte di Cassazio ne con sentenza 9/4/91 annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo esame ad altra sezione della Corte di Assise di Appe!

lo di

Milano.---

In esito all'odierno pubblico orale dibattimento tenutosi in pre- senza dell'imputato BELFIORE Domenico; sentita la relazione svol- ta dal Consigliere dotto Luigi de Ruggiero, sentito l'imputato, le parti civili, sentito il P.G. dotto Anna Maria Caruso e la di- fesa.

LA CORTE

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Fatto

1. L'agguato e le prime indagini.

Sul finire della giornata del 26 giugno 1983,una Fiat 128 con almeno due uomini a bordo attendeva il Procuratore capo della Repubblica in Torino, dr. Bruno Caccia,nella sua quotidiana passeggiata serale con il cagnolino. Dopo una brusca frenata,l 'autista accostava il Magistrato inerme ed esplodeva attraverso il finestrino alcuni colpi d'arma da fuoco che lo abbattevano al suolo.

lmmediatamente,l'altro aggressore scendeva dall'auto

il giorno maggio.Ma successivo e risultò ovviamente rubata fin dal 25

e,avvicin~Losi alla vittima ormai a terra,lo colpiva al capo con altri colpi di pistola.

Il dr. Caccia moriva durante il trasporto in Ospedale.

Questi tratti salienti dell 'episodio venivano narrati da alcuni passanti,due dei quali ,nonostante l'oscurità e la rapidità dell'agguato,aggiungevano un particolare singolare:

il conducente della Fiat 128,nell'allontanarsi,aveva mimato con il braccio e simulato con la voce l'esplosione di altri colpi di pistola.

L'auto utilizzata per l'attentato fu ritrovata

poichè il suo proprietario,Angelo Cartillone, era stato denunciato in passato per un furto consumato proprio

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nell'abitazione di campagna del Caccia e poichè,interrogato,il Cartillone cadde in alcune apparenti

contraddizioni i l possesso delle chiavi

ed i l dalle dell 'autovettura,egli fu arrestato per falsa testimonianza e favoreggiamento. Nulla però poi emerse a suo carico

Cartillone, scarcerato, scomparve completamente indagini.

Le quali si indirizzarono,invece,letteralmente in tutte le direzioni,sollecitate anche da dichiarazioni anonime e presunte rivendicazioni. Ma venne meno l'ipotesi della matrice del terrorismo di sinistra,poichè nessun esito diede la perquisizione nelle carceri torinesi nei confronti degli esponenti delle Brigate Rosse,contro il cui "nucleo storico"

era in corso in quel periodo a Torino il processo d'appello. Del resto,proprio in aula,i brigatisti presero le distanze dalI 'omicidio,così come fecero per parte loro i

N. A. R. ,di estrema destra,con una comunicazione al giornale

"La Stampa". Nessuna rivendicazione attendibile mai peraltro giunse secondo la prassi e la logica degli omicidi con finalità politiche.

Tra le tante vaghe segnalazioni ,che generarono inutili accertamenti preliminari ,merita di essere ricordata quella concernente Franco Gonella,affiliato al "clan dei calabresi"

operante a Torino.

Esteso il campo delle indagini alla malavita organizzata ed

1

..._-_._--

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esaminate attentamente e poi escluse le ipotesi di un collegamento

contrabbando inquietante,

con degl i

del

l'ambiente,assai oli minerali o riciclaggio di

ricco e composito,del con quello,altrettanto danaro attraverso la struttura dei casinO,le investigazioni a livello processuale - erano in realtà ad un punto morto.

Solo piO di un anno dopo,nel luglio 1984,alcuni componenti della cd. "banda dei catanesi" cominciano a poco a poco e per vie diverse a collaborare,consentendo di tracciare l 'organigramma dei due pi~ importanti gruppi delinquenziali operanti CI Torino. ,distinti tra loro sulla base della prevalente provenienza geografica. "Leader" dei "catanesi"

e personaggio comunque di indiscusso prestigio era Francesco (Ciccio) Miano, che si avvaleva - nella prevalente attività di commercio di sostanze stupefacenti - della collaborazione del fratello Roberto e di quella,in sottordine, di Carmelo ed Orazio Giuffrida,Antonio Saia,Franco Finocchiaro,Vincenzo Tornatore,Salvatore Parisi,Salvatore Costanza ed altri. Il gruppo dei "calabresi" - dedito in particolare ai sequestri di persona a scopo di estorsione - aveva al suo vertice Domenico Belfiore,con il fratello Giuseppe e soprattutto il cognato Placido Barresi ,Mario Ursini e la "mente finanziaria" del gruppo Franco Gonella. I "catanesi"

raccontano, tra le molte altre vicende, anche dell 'omicidio del Procuratore. Ma val forse la pena - al fine ~i offrire i

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riferimenti fondamentali in fatto - di collocare subIto nel tempo e nei di versi lLlOghi le singole storie di

"pentimento".

2. I "pentimenti" dei catanesi.

La prima storia che assume rilievo processuale è quella di Carmelo Giuffrida.Arrestato il 22/9/81,d~ Torino viene poi trasferito quasi un anno dopo, il 21/8/82, nella casa di reclusione di Pianosa,dove resta fino al 16/1/83,con la parentesi di un breve periodo a Pisa. Nel gennaio '83 va dunque a VoI terr a, poi a Pistoia,poi nel marzo a Firenze.Viene scarcerato il 23/3/83.Nuovamente arrestato il 14 maggio dello stesso anno,a seguito delle dichiarazioni accusatorie di tale Hen Waldo,comincia a maturare la sua scelta di collaborazione. Il 21 giugno 83 confessa le sue responsabilità in ordine al solo traffico di stupefacenti e fa i nomi di numerosi complici. Anche sulla base di queste dichiarazioni,ottiene dal G.I. dr Lanza <cfr. trascr. dib.

l° grado p.204) la libertà provvisoria il 24 giugno 1983

<dal 9 giugno era stato trasferito ad Ivrea e gli ultimi tre giorni a Pinerolo).

Secondo le testimonianze dibattimentali del maggiore Lotti dei CC. e del dr. Lanza, è impossibile che dopo la

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scarcerazione il Giuffrida abbia avuto contatti con i suoi sodali catanesi ,in quanto viveva in una località segreta,in completo isolamento e sotto stretta vigilanza (trascr. pp.58 e 2041.Se evidentemente non frequentava coloro che aveva accusato,Giuffrida manteneva invece i rapporti con il maggiore Lotti e nel febbraio 1984 gli comunicò per telefono che "doveva fargli lln bel regalo",con chiara allusione ad una notizia confidenziale. Incontrando l'Ufficiale presso la caserma dei CC. di Torino,gli riferì infatti di sapere che

"dovevano fare un attentato ad. un magistrato". Il maggiore,come ha ripetutamente spiegato,non diede peso alla notizia,pensando che si riferisse ad un attentato nei confronti del G.I. Sorbello, già sventato nell 'agosto precedente. E Giuffrida, che invece voleva raccontare di Caccia, spiegherà di non aver avvertito dell 'equivoco

" ••. perchè ero fortemente dubbioso circa l 'opportunità di spingere la mia collaborazione con l "autorità giudiziai ia e le forze di polizia oltre i fatti relati.vi alla droga; •. la perentoria risposta dell"ufficiale mi bloccò,rifacendomi considerare la gravità del rischio a cui mi esponevo tirando in ballo fatti di estrema gravità" (int. P.M. 24.9.84,cart.

3,fasc.5) •

Il 21 luglio 1984 Giuffrida,accusato dai compagni catanesi Muzio e Tornatore di alcuni omicidi,viene nuovamente arrestato. Allora,davanti al P.M. di Torino (int~ 26/7/84,8

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e 9I1B.'B4) ed a quello di Milano (int. 25 e 28/9/84) egli allarga la sua collaborazione a tutta l'attività dei

dell'omicidio

calabresi,e catanesi ,anche

finalmente

in concorso con i

Caccia. Per tutto

parla questo periodo,fino al dicembre 84,Giuffrida resta in isolamento nelle camere di sicurezza del Nucleo CC. di Torino ( cfr.

trascr. dib. 1" grado p. 63).

La seconda storia è quella di Antonio Saia.Arrestato il 19.6.83 e poco dopo rinchiuso a Novara,viene trasferito a Pisa il 5.9.83. Il luogo delle sue prime confessioni è il carcere di Cuneo il 14. 12.84,mentre per i successivi interrogatori ,dopo un breve soggiorno presso la caserma CC.

di Oltredora,Saia sarà portato al Nucleo CC. di Torino.

Presso lo stesso Nucleo operativo risiedeva già in vincoli fin dal settembre Costanza Salvatore,il quale, perO, all 'arrivo del Saia,aveva già verbalizzato la massima parte delle proprie dichiarazioni confessorie ed accusatorie.

Costanza,arrestato il 2B.9.84,era stato isolato in un primo tempo presso la Stazione CC. di Pozzo Strada. Condotto al Nucleo operativo di Torino,vi trovO, oltre a Giuffrida, (che aveva gi~ reso le sue dichiarazioni), anche Muzio,il quale,perO,già il 9 ottobre ottenne gli arresti domiciliari.La rispettiva condizione di isolamento dei detenuti fino al termine delle verbalizzazioni è tra l'altro pittorescamente rappresentata da Muzio nel dibattimento del

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cd. "ma:d-procEosso delle Vallette" (L1d.1.7.87,cart. 6 bis,p.47> :" ... non c'era possibilità di parlare riservatamente,ma solo gridando,ma c'erano i carabinieri nel corridoi o".

MLlzio,nel corso di L1n processo torinese del marzo

dichiarazioni ,affermando

86,ritrattò molte delle

che

sue

esse erano

precedenti state calunniosamente concordate;ma successivamente,nel processo delle Vallette,ritratterà la ritrattazione e spiegherà le ragioni del suo temporaneo smarrimento.

La residenza prescelta per i fratelli Miano era invece la caserma della Guardia di Finanza. Mentre del contesto storico-logistico della collaborazione di Francesco.si dirà in seguito,occorre qui ricordare - sempre nell 'ottica di una ricostruzione utile a valutare l'attendibilità e le possibilità di contatto tra le varie fonti - che Roberto Miano fu arrestato 11 22.2.83 a Torino e trasferito a La Spezia 1'8 aprile;trasferito poi a Parma il 12.8.83 torna a Torino presso la Casa circondariale,dove è anche Francesco solo il 6 febbraio 84. Ma in questo periodo egli

è tutt'altro che pentito e,lungi dal condividere le scelte che andava maturando il fratello,ne teme per sè funeste conseguenze. E cerca di scansarle,avanzando domanda di trasferimento in altro carcere,dopo aver avuto conferma dell'attività di spionaggio di Francesco

12.

(cfr. frascr. dib.

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1Q g~ado pp. 233 e 237).

Robe~to Miano comincia a collabo~a~e solo ve~so la fine del 1984. T~asfe~ito allo~a p~esso la Gua~dia di Finanza,viene

inte~~ogato dal P.M. di To~ino lo stesso gio~no in cui mette piede in case~ma,il 28.12.84,e già da questa p~ima volta

~acconta dei suoi colloqui con Belfio~e a proposito del delitto Caccia

Dichiarazioni

e poi

del p~ogettato attentato ovviamente integrate nel

a So~bello.

co~so di successivi inter~ogal"...it-i=,.i magistrati milanesi ,dei qLlali si dirà.

Poche ore prima del Costanza,il 28.9.84,era stato arrestato Salvatore Parisi.Costui verrà sempre trattenuto pe~ il periodo dei suoi interrogatori p~esso le came~e di sicurezza della Questura di Torino e non pot1t-avere alcun contatto con i coimputati.

To~natore,infine,a~~estato il 9.2.84,messo in llbe~tà

provvisoria proprio per le sue confessioni che abbiamo già visto coinvolgere Giuffrida, ed arrestato nuovamente 1'8 giugno 84, comincia a raccontare senza reticenze le gesta

p~oprie ed altrui solo il 21.6.84 presso il Nucleo operativo dei CC. Ma in questa case~ma allora non c'è nessun alt~o

" pen tito": Muzio e Roberto Miano sono in carcere a TO~lno e non si sono ancora penti ti; Francesco Miano è detenuto a S.

Gimignano; Costanza e Parisi sono ancora latitanti. E quando Muzio si pente,Tornato~eha già ottenuto,il 29.6.84,gli

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(13)

a~~esti domicilia~i.

Dopo una fuga a Santo Domingo - pi~ pe~ sfuggi~e ai SUOl antichi amici,che non alle fo~=e dell 'o~dine - ed un nuovo

a~~esto del 19.10.84,fe~ito g~avemente in un conflitto a fuoco con la Poli=ia,il 10 dicemb~e To~nato~e ~ende~à il suo più significativo inte~~ogato~io,confessandope~ la p~ima

volta la pa~tecipazione a t~e omicidi <De Vito,De Stefano e

Mi~olla).

3. Le dichia~azioni di Giuff~ida.

Dopo ave~ pa~lato con il G.I. d~. Lanza solo del t~affico di stupefacenti ed ave~ vanamente alluso, come si è detto, all'omicidio Caccia con il maggio~e Lotti, è nell 'inte~~ogato~io del 10.7.84 che Giuff~ida comincla a

pa~la~e di quel che ci inte~essa:'1 Nel pe~iodo inte~co~~ente t~a il 22 e il 23 ma~zo 1983 ed il gio~no in cui io poi venni a~~estato nell 'ap~ile del 1983,un

t~ovavo al ba~ di Co~so Regio Pa~co

gio~no,ment~e mi con Finocchia~o F~ance9Co, venne il Belfio~e'l (Domenico, che Giuff~ida

aveva conosciuto fin da quando costui aveva aiutato

Finoc~hia~o, ~imasto fe~ito a Catania nel co~so di una

spa~ato~ia) Il con un'alt~a pe~sona che non avevo mai visto ••• Sentii che discutevano e che il dialetto e~a quello

me~idionale.Io non pe~cepii il contenuto del dlsco~so t~a

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queste persone e il Finocchiaro, ma pos~o dire che poi il Finocchiaro mi disse che il Belfiore lo aveva avvertito che ci dovevamo allontanare in quanto avevano in programma l 'omicidio di un magistrato.Non mi disse di quale magistrato si trattasse. Posso ògglungere che dopo l'omicidio del Cons.

Caccia,io ebbi a telefonare al maggiore Lotti per riferirgli

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questo episo~io, ma il maggiore mi rispose che in realtà vole- vano ammazzare Sorbello e non Caccia".

Il 7 agosto, però, Giuffrida è più esplicito, secondo la sua stessa premessa: "Fino ad ora io ho detto qualche cosa, ma non ho detto tutto, e ciò in un primo tempo perchè avevo deciso di non parlare assolutamente degli omicidi e, in un secondo tempo, perchè avevo pensato che già corro abbastanza rischi con tutto quello che ho detto, per cui mi sembrava assurdo correrne ancora di più: soprat- tutto perchè le persone che a mio avviso hanno commesso l'omicidio vantano protezioni e amicizie anche tra le autorità dello Stato ed anche tra i magistrati".

Riferisce quindi di aver direttamente partecipato all'incontro con Finocchiaro e Belfiore e di ricordare le parole di quest'ultimo per averle lui stesso sentite: "Fu in quei giorni, in cui si aspettava che il Barresi uscisse da un momento all'altro, che il Belfiore ven ne un giorno al Bar Antonella .... Ed in quella occasione fece a me e al Finocchiaro Francesco (ammetto a questo punto che ero presente e partecipe al colloquio e che non ne seppi solo in seguito dal Fi- nocchiaro) il discorso relativo al progettato omicidio di un magi- strato. In altri termini, il Belfiore Domenico, in virtù dei rappo~

ti di amicizia che aveva con la nostra organizzazione, ci disse che per un pò di tempo avremmo fatto bene a scomparire dalla circolazio-

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ne perchè avevano inte:izione di Il ad una settimana di uccidere un magistrato: di conspguenza, se fossimo rimasti a Torino, sarem- mo stati subito fatti oggetto di attenzione da parte degli organi di polizia. Il Finocchiaro chiese di quale magistrato si trattasse ed i l Belfiore disse che si trattava di Caccia".

In questo interrogatorio ed in quelli successivi, Giuffrida parla diffusamente della vicenda del ritrovamento sul tetto dell'abita- zione del Barresi, cognato ji Belfiore Domenico, di una pistola, lì incautamente nascosta dall'Ursini dopo l'omicidio Gozzi. Barre- si era stato imputato sia in relazione alla detenzione dell'arma, sia in relazione al concorso nell'omicidio Gattuso, posto che una prima perizia balistica disposta dalla Procura aveva erroneamente evidenziato la probabilità che tale arma fosse stata usata per com mettere quel delitto.

Nonostante il 9/5/83 il Tribunale avesse assolto Barresi dal reato di detenzione per insufficienza di prove, ordinandone la scarcera- zione, e nonostante fosse stata disposta una nuova perizia sulla pistola, l'imputato era rimasto in carcere in forza dell'ordine di cattura emesso dal dottor Maddalena 1'11/12/82, per l'omicidio Gattuso. L'istanza di scarcerazione presentata dal Barresi era sta ta respinta dal G.I. dottor Sorbello con ordinanza del 6/6/83, con fermata il 19/7/83 dal Tribunale della Libertà, presiedu~odal Oot

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tor Aragona. La Procura della Renubblica, nella persona del dottor Maddalena, aveva espresso in entrambe le occasioni, parere contra- rio alla scarcerazione. Il Barresi verrà posto in libertà solo 1'11/8/83 all'esito della seconda perizia balistica, che escluderà qualsiasi nesso tra l'arma e l'omicidio (gli atti relativi a tale vicenda processuale sono contenuti nella cartella 3, pagg. 127 ss. 226 ss. e 490 ss.).

Essendo uscito da pochissimo tempo dal carcere,Giuffrida evidente- mente non sa che il progetto di uccidere Caccia risale ad un perio- do precedente rispetto alla vicenda di Barresi. Del resto nel marzo- aprile 1983 - epoca in cui a Suo dire si svolge il discorso sul dot tor Caccia - a pochi giorni cioè dalla celebrazione del processo Barresi (la sentenza assolutoria verrà pronunciata il 9 maggio) , Giuffrida non sente parlar d'altro ( "uscii nel marzo 1983: fuori ne parlavano tutti"): solo a tale fatto, dunque, nonchè ai rancori che esso determina nei confronti~ella

,

Procura, egli ricollega l'orni cidio.

In quel periodo. "i calabresi era tutti mobilitati per ottenere la scarcerazione del Barresi e la sua assoluzione". Senonchè. pur ave~

do loro amicizie all'interno della magistratura, "non vi era niente da fare. perchè c'era

d~ezzo

Caccia". che rappresentava l'ostacolo

I

ai loro programmi: le persone interpellate rispondevano,infatti,che

- - - - -- . - - - -

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"fino a quando c'era Caccia alla Procura della Repubblica, non vi era niente da fare". Tra le 'colpe' di Caccia vi era anche quella di te-

~..I1.. _

nere in carcere i "calabresi" Ursini e Girolamo, nonostante quest'ul- timo avesse ottenuto "una perizia o una documentazione del centro cIi nico compiacente".

Nell'interrogatorio dell'8 agosto 84, Giuffrida precisa che loro (cioè i catanesi) non si erano allontanati da Torino, ritenendo che l'omici- dio norifarebbe stato commesso, in quanto il dottor Caccia aveva proba- bilmente una scorta imponente. A suo parere "l'indicazione del Belfio- re venne trascurata anche per altri motivi; e cioè da un lato per una sorta di spavalderia dell'organizzazione che si sentiva molto sicura e dall'altro, perchè in quel periodo si cercava di scoprire che cosa stesse dicendo l'Hen Waldo ... Rividi Belfiore Domenico - continua Giuf frida - un giorno in cui lo stesso venne in Via Pisa e parlando con mio fratello Orazio disse che c'era un siciliano della nostra banda che stava parlando. Un'altra volta rividi il Belfiore ... dopo l'uscita (dal carcere) del Gullace ..• assieme allo stesso Gullace era venuto nel negozio di Finocchiaro,il Belfiore.Tra l'altro il Gullace in quel periodo si stava avvicinando al Belfiore e alla sua organizzazione,pur facendo parte della nostra, in quanto ..• vi erano dissidi interni alla nostra organizzazione per cui Gullace aveva paura di essere messo in mezzo e di non sapere come regolarsi" (in altro interrogatorio - cart.3,

- - - -

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pago 266 - Giuffrida aveva riferito dei contrasti sorti tra i catane- si per questioni economiche, in quanto Ciccio e Roberto Miano accusa- vano Puglisi e Orazio Giuffrida di aver rubato dei soldi comuni e vo- levano ucciderli; analoga accusa veniva peraltro mossa contro gli stessi fratelli Miano, tanto che era stato progettato dagli altri af- filiati, all'inizio del 1983. durante iymese di libertà di Francesco, di invitarli a cena e in tale occasione ammazzarli (cfr. sul punto Parisi, trascr. dib. 10 grado pp. 351 ss.). "Comunque, ripeto che do- po quel primo discorso sull'omicidio di Caccia io non ne sentii più parlare. neppure per dire che lo stesso era rinviato. Ripeto che io non pensai neppure più all'omicidio di Caccia di cui avevo sentito parlare, per cui non feci più domande al riguardo, anche perchè, nel- l'intervallo tra la notizia e il successivo mio arresto, vi erano in ballo tutti i casini di cui ho parlato".

Davanti agli inquirenti milanesi Giuffrida conferma tutto quello che ha già dichiarato. Che. in particolare, il gruppo di Belfiore attende- va con trepidazione l'esito positivo della vicenda di Barresi relativa alla detenzione della pistola. in quanto ciò avrebbe fatto perdere fo~

damento all'imputazione per l'omicidio Gattuso. Essendo sicuri dell'e- sito a loro favorevole, erano rimasti particolarmente contrariati del fatto che Barresi non fosse stato poi scarcerato, nonostante l'assolu- zione del 9 maggio. Anche i catanesi, del resto. pur avendo sottovalu-

--- ---- ---

---

(20)

tato la notizia del progetto di attentato, avrebbèro gradito l'eli- minazione del dottor Caccia, avendo fatto essi stessi le spese del suo rigore, nell'ambito della vicenda relativa a Mimmo Gullace ed in altre occasioni.

Nel dibattimento di primo grado (trascr. dib. pp.3ll ss.),Giuffri- da ribadisce integralmente le precedenti affermazioni in ordine al colloquio avvenuto tra lui, Belfiore e finocchi aro presso il bar

"Antonella" in Corso Regio Parco tra la fine di marzo e la metà di aprile nell'83. Ricorda specificamente che fu fatto il nome di Cac- cia e riferisce alcuni significativi particolari di quel pomeriggio.

Conferma ancora di non aver saputo più nulla della vicenda, anche perchè nuovamente arrestato a metà marzo.

Giuffrida precisa infine lé ragioni che lo hanno indotto a collabo- rare con la giustizia e spiega con accenti di comprensibile umanità (cfr. interI'. dib. l° grado: trascr. p. 324) la sua iniziale diffi- coltà ad ammettere di aver commesso, oltre al traffico di droga.

ben quattro omicidi.

7..1

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4. Le dichiarazioni di Roberto Miano -

Della vicenda Caccia/Roberto Miano inizia a parlare nell'interro- gatorio al P.M. di Torino èel 28/12/84 (cart. produz. dib. IV).

ricordando che nella primavera 1982 Domenico Belfiore gli chiese di procurargli un fucile di precisione e gli propose di "dividerci i compiti. nel senso che loro avrebbero ammazzato Caccia e noi a- vremmo potuto occuparci di Sorbello.Era il periodo in cui Sorbello si stava aggiustando la casa perchà. secondo quanto disse il Belfio re, che ci riferì questo particolare, in quei giorni Sorbello anda- va a mangiare al ristorante.

Era evidente che Belfiore lo aveva fatto seguire. Era il Belfiore che conosceva l'ubicazione della casa di molti magistrati-,

Tale duplice progetto omicidiario, manifestato nella primavera 82, attesterebbe dunque, secondo Miano)da un lato che i rancori nei con- fronti del dottor Caccia risalivano ad epoca precedente la vicenda del Barresi; dall'altro lato che alla persona del Belfiore faceva ca po anche la decisione di uccidere 11 dottor Sorbello. il quale sl era dedicato e si stava dedicando ad istruttorie sui sequestri di persona a scopo di estorsione. attribuiti prevalentemente ad orga- nizzazioni criminali calabresi.

2.1.

(22)

La collaborazione di Roberto Miano si esprime più compiutamente nel- l'interrogatorio del~2/5/86 al P.M. milanese (cart. 3, pp. 338), do ve si legge:

" ... ricevetti la proposta da Mimmo Belfiore di partecipare all'ese- cuzione di un piano che prevedeva l'eliminazione di due magistrati torinesi, giudicati particolarmente scomodi per via della loro azio- ne giudiziaria. Si trattava del Procuratore della Repubblica dottor Caccia e del Giudice Istruttore dottor Sorbello.

Secondo il programma generale che Belfiore aveva già delineato, Cac- cia avrebbe dovuto essere ucciso dai calabresi del suo gruppo, men- tre di Sorbello avremmo dovuto occuparci noi. Era il tempo in cui tra i nostri due rispettivi gruppi correvano buone relazioni, anche per via di reciproci favori comuni ••• Mimmo Belfiore mostrò di esse- re perfettamente informato dei luoghi e delle abitudini delle vittime designate. A Proposito di Sorbello, mi riferl,

23

(23)

ad esempio,che quello era il momento migliore per eliminarlo, visto che il giudice stava facendosi ristrutturare la casa e viveva,con la famiglia, in albergorrecandosi poi a consumare i pasti in una trattoria che era stata bene individuata. Le inte- se erano che prima sarebbe stato assassinato il Procuratore Cac- cia e poi sarebbe stata la volta di Sorbello".

"Quanto alle ragioni degli omicidi programmati - prosegue Miano - il Belfiore mi segnalò che era venuto il momento di eliminare i due perchè, con la loro azione, avevano dato fastidio ai gruppi criminali torinesi. Non solo: a proposito di Caccia mi confidò di avere saputo che aveva dichiarato apertamente guerra tanto ai calabresi quanto ai catanesi e che la sua eliminazione avrebbe cer tamente consentito di far nominare al suo posto un magistrato più malleabile" •

Miano spiega a questo punto che non era affatto stupito che Belfio- re fosse perfettamente a conoscenza delle vicende interne al palaz- zo di aiustiz1a e delle abitudini dei magistrati, in quanto "del gruppo dei

(24)

·

,"

-

calabresi faceva parte, com~ responsabile finanziario, Franco Gonel- la, il quale notoriamente aveva molte 'entrature' negli ambienti gi~

diziari ..• "

"Quando Belfiore avanzò la proposta di eliminare i due magistrati,io dichiarai la mia disponibilità, sia perchè la cosa tornava comoda al gruppo dei catanesi, sia per lo spirito di collaborazione che si era stabilito fra i due gruppi. Non ho partecipato allo studio del piano ...

la preparazione del piano era un fatto esclusivo di Mimmo Belfiore, il quale ripetutamente mi aveva assicurato di avere svolto una atten ta osservazione del bersaglio. Mi disse ad esempio che il dottor Caccia aveva la scorta che andava a prelevarlo e accompagnarlo a ca- sa e, quanto al dottor Sorbello, aggiunse che, non appena fosse sta- to possibile, mi avrebbe dato indicazioni per l'esecuzione dell'at- tentato ... Fu precisato altresì che dell'omicidio Caccia noi sarem- mo stati avvertiti preventivamente, in modo da poter andare via da Torino e procurarci un alibi".

"Il progetto, almeno quanto ai catanesi, non ebbe alcun.",segui to, pe!:

chè io fUi tratto in arresto nel febbraio del 1983, assieme a mio fratello Francesco che era stato scarcerato soltanto un mese prima.

Quanto alle modalità di esecuzione del delitto Caccia, posso dire che sulle prime Mimmo Belfiore ci aveva incaricati di procurare un fucile di precisione, essendo sua

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intenzione sparare al magistrato da lwntano. Io personalmente gli avevo invece suggerito un'azione più clamorosa, con la par- tecipazione di un nutrito gruppo di fuoco che avrebbe potuto spa- rare con dei mitra, ma egli si oppose al progetto, perchè disse che tali modalità di esecuzione avrebbero potuto far correre il rischio di coinvolgere estranei, tirandosi contro la pubblica opi- nione.Il

"Ribadisco che, essendo finito in carcere e cominciando i l gruppo dei catanesi a versare in difficoltà, noi abbandonammo del tutto l'idea".

"Dopo essere stato arrestato, nulla più seppi nè direttamente, nè indirettamente del progetto, anche per via dei contrasti insorti all'interno del nostro gruppo. Pur nello spirito di collaborazio- ne tra catanesi e calabresi, del Quale ho riferito, posso senz'al- tro affermare che Mimmo Belfiore non tollerava assolutamente Fran- co Finocchiaro. Riteneva, e me lo fece più volte pesare, che Finoc-

ohiaro

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~

ammessa ai discorsi di un Certo livello. Giunse addirittura a dir- mi che con lui non voleva parlare."

Roberto Miano riferisce poi dei rapporti di collaborazione fra i due gruppi nell'esecuzione di taluni omicidi e nella vicenda rela- tiva alla sparizione dei fascicoli processuali in Cassazione: ma di

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ta:i vicende si dirà ancora.

Interrogato dal G.I. di Milano il 24/5/88 (cart. 6, pago 57), Roberto conferma le precedenti dichiarazioni. Precisa di aver conosciuto, più o meno contemporaneamente a. Mimmo, altri del gruE po dei calabresi, anch'essi in posizione preminente.

Riferisce che vi fu più di un incontro con Belfiore, nel corso det qual. si parlò dell'omicidio Caccia: "Belfiore ce l'aveva con Cac- cia in quanto diceva che lo stesso stava attento a tutte le vicen-

de giudiziarie, era accanito nei confronti della delinquenza e mol- te volte esagerava, perchè si appellava anche contro degli imputati che erano scarcerati per motivi di salute. Mi disse che non era po~

sibile corrompere Caccia, in quantg era uno che non si faceva avvi cinare da nessuno ..• a tal proposito mi parlò di una vicenda che riguardava una segretaria che aveva avuto dei problemi relativame~

"

te al padre ed a cui lo stesso Caccia non aveva dato una mano.

~ t

(27)

"

Durante uno dei tanti colloqui avuti con il Belfiore in cui si tocca-

va l'argomento Caccia, ricordo che io gli feci presente che era inuti le ammazzarlo, perchè se lo uccidevano comunque ne mettevano un altro al suo posto: Belfiore mi disse che peggio di Caccia per noi non c'e- ra nessuno e che comunque avrebbero messo al suo posto il dottor Mo- schella o il dottor Toninelli. Mi disse comunque che quest'ultimo era il più probabile, mi pare a causa della anzianità. Lo stesso Belfiore disse che aveva dei buoni rapporti con questi due magistra- ti".

Roberto Miano precisa poi che "alcune volte vi era il Belfiore solo con il Barresi, altre volte con Ursini. Sia il Barresi che l'Ursini erano perfettamente a conoscenza di quello che stava organizzando il Belfiore, in quanto intervenivano normalmente nei discorsi e faceva- no i loro commenti. Qualche volta mi pare, anzi sono certo, vi era anche il Pavia, che comunque come era sua abitudine, stava sempre zitto". Nel successivo interrogatorio del 2 giugno 88 (ibidem pp.59), precisa di non avere una memoria dei singoli incontri, " in quanto ci si vedeva abbastanza spesso con i calabresi". Non ricorda dunque in modo specifico un incontro in cui fossero contemporaneamente pre- senti Saia Antonino, Franco rinocchiaro, Orazio Giuffrid~ - non Car- melo, comunque, perchè, a---

2..8

(28)

quel tempo era in carcere - Belfiore ed Ursini (tale incontro viene riferito da Saia e la difesa punta su tale dimenticanza del Miano per evidenziarne l'inattendibilità). Si trattava in ogni caso. conclude Roberto, di persone "con cui ci vedevamo e con cui si è sicuramente parlato della vicenda Caccia".

Nel dibattimento di primo grado, Miano, pur dicendosi alquan- to sfiduciato per la mancata protezione verso la sua famiglia (già due fratelli Miano all'epoca erano stati uccisi) ha confer mato le dichiarazioni rese in istruttoria. Ha inoltre ribadito di non aver assolutamente concordato con gli altri "penti ti" le sue dichiarazioni e che anzi, - come si è già accennato - quan- do nella primavera - estate del 1984 aveva saputo dal detenuto De Marco che suo fratello stava registrando i colloqui avuti nel ce~

tro clinico ("Stai attento", gli aveva detto De Marco, "tuo fra- tello sta registrando qualcosa ... ci sono dei microfoni su in infermeria e nelle stanze •.• poi li fa parlare, ci chiede delle cose e poi le registra"), si era molto spaventato ed arrabbiato e aveva chiesto il trasferimento da quel carcere (trascr. dib.

primo grado pago 237).

29

(29)

5; Le dichiarazioni di Saia -

Nel dicembre del 1984 (cart. 3, pago 360 ss.) Saia accenna ai

giudici istruttori torinesi, che lo stanno interrogando su al-

tri fatti, di aver assistito a due colloqui - l'uno in via

Roma, sotto i portici della Gioielleria Corsi, l'altro in

Orbassano, nel ristorante Tre Lampioni - nel corso dei quali

Belfiore parlò del progetto di ammazzare il dottor Caccia,

perchè dava loro fastidio e "metteva i l naso nei loro affari".

In una occasione fece riferimento anche alla volontà di uccide-

re il dottor Ferraro - magistrato torinese sul quale si torne-

rà - perchè non era stato ai patti.

(30)

Secondo il racconto di Saia, al primo colloquio era presente Rober- to Miano, al secondo, Orazio Giuffrida, Finocchiaro, Marrari e San- na. Di quest'ultimo individuo, Sai a ricorda una frase piena di odio verso il dottor Caccia, che cioè, se lo avesse incontrato senza pi- stola, se lo sarebbe mangiato con le sue stesse mani.

Nei successivi interrogatori del 12.1.85, del 3.5.85 e del 31.5.88, resi rispettivamente al P.M. di Milano, al G.!. di Torino e G.!. di Milano (cart. 3, pp. 350 e 356; cart. 6, pp.62) egli conferma i due incontri, il luogo degli stessi e le persone ad essi presenti.Qual- che maggiore incertezza vi è in ordine alla loro data---j anche perchè Sai a riferisce che dell'omicidio Caccia parlò con i ca- labresi anche in altre occasioni, in cui si discuteva insieme di pr~

blemi comuni, relativi alle attività criminose delle due bande.

Ad esempio, davanti al P.M. di Milanol Saia fa cenno anche ad un differente incontro, risalente all'inverno 83, in una traversa di Via Pisa, ave si trovava il bar solitamente frequentato dai catanesi.

E, al

G.r.

torinese, egli riferisce che sa esservi stata anche un'al- tra occasione, in cui si parlò dell'affare Caccia, presenti Finocchia ro, Orazio Giuffrida e altre persone (questa volta Saia era assente e ha saputo della cosa da Costanza Salvatore) •.•

E' lo stesso dichiarante ad ammettere di non essere 1n grado di collo

>/

(31)

care nel tempo gli episodi con maggiore precisione, avendo come uni- ci elementi di riferimento quello climatico (la stagione) e quello relativo al suo stato di persona libera o detenuta.

Quanto a~contenuto dei colloqui/Saia ricorda che, a detta del Belfio re, la situazione era diventata insostenibile; che il Procuratore della Repubblica aveva cominciato ad occuparsi di tutte le vicende processuali riguardanti i calabresi e soprattutto - si ricordi que- sto particolare - delle loro attività economiche con indagini che avevano ad oggetto ----

61

Banco dei Pegni e

ria Corsi.~~erciòvenuto il momento di eliminarlo.

~la Gioielle-

Franco Finocchiaro, alla prima notizia del ~rogetto, aveva offerto la collaborazione dei catanesi, "nel senso che l'esecuzione avrebbe potuto essere effettuata da due calabresi e due catanesi"iBelfiore aveva respinto la proposta, comunicando che 'l'omicidio era un fatto loro personale', Della cosa, dice Saia, non si era più parlato, aven do loro compreso che il progetto era di esclusivo interesse dei cala bresi.

Nel corso della cena al ristorante Tre Lampioni, svoltasi nel marzo- aprile 1983 in assenza di Roberto, nel frattempo arrestato (cart. 3.

pp.352) - afferma Saia - Belfiore comunicò ai commensali ~he "la preparazione dell'omicidio Caccia stava andando bene, nel senso che

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il Magistrato veniva osservato da un uomo di sua fiducia il quale era riuscito a localizzare, sembra in Liguria,

una~sidenza

estiva •

Mimmo,parlando dell'omicidio, non aveva fatto riferimento

a chi dovesse materialmente commettere lo stesso, limitandosi a dire che "era una questione che dovevano sbrigare loro", ma, in ogni caso, avrebbero avvisato i catanesi qualche tempo prima dell'omicidio, per- chè potessero allontanarsi (int.

G.r.

cart. 6, pp.62 retro). Saia aveva poi saputo da Costanza Salvatore (cart.3, pp.353), mentre si trovava in carcere (egli era stato infatti arrestato il 7

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(33)

19 giugno 83), che i calabresi non li avevano affatto avvertiti.

Precisa poi - il particolare sarà negato da Belfiore e dai ge- stori del ristorante, fratelli Casu - che già altre volte era stato a cena nel ristorante "Tre lampioni"con Barresi, Belfio- re e Ursini, i quali "venivano accol ti mol to bene e tratta ti con particolare riguardo".

Nel dibattimento di primo grado (trascr. dib. pago 39255.),01- tre a confermare ---~.irapporti di collaborazione tra le due bande, di nuovo Saia racconta di aver partecipato a due incontri aventi ad oggetto, tra l'altro, l'omicidio del dottor Caccia.

Egli è certo che al primo incontro abbiano preso parte anche Ursini, Orazio Giuffrida (e non Carmelo) e Roberto Miano.

Sai a non è certo se esso sia avvenuto in Via Roma o in Via Pisa.

posto che in tutte e due tali strade (vicine rispettivamente al- la Gioielleria Corsi e al Bar Antonella, abituali luoghi di incon- tro delle due bande) essi avevano parlato della cosa. Egli ha in- vece un ricordo più preciso della cena al ristorante di Orbassano, dove i calabresi "erano di casa", organizzata espressamente per parlare di questioni attinenti al traffico di droga. Ciò spiega.

tra l'altro, la presenza di Sanna che di tale settore precipua-

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mente si occupava.

6. Genesi e contenuto delle dichiarazioni di Francesco Miano -

Ma la fonte certamente più importante di questo processo è costi tuita dalle dichiarazioni di Francesco Miano. Egli, capo del clan dei catanesi, viene arrestato il 6/8/79 e resta detenuto nella C.

c. di Torino fino al 6/12/82.

Durante questo lungo periodo conosce il dottor Urani, medico del Centro clinico del carcere, presso il quale il Miano si era fatto ricoverare a partire dal 10/12/80.

Il 6/12/82 viene trasferito a Moncalvo; il 6/1/83 ritorna nuova- mente a Torino per alcuni giorni, prima di andare a Novara il 12 gennaio e a Volterra il 19 gennaio. Viene scarcerato il 21/1/83.

Come avrà modo di riferire al G.I. (int. 10/3/88) e come risulta confermato dallo stesso dottor Ferretti,funzionario dei servizi segreti,in dibattimento (trascr. pago 164), nel mese che il Miano trascorre in libertà prima di essere nuovamente arrestato il 22/2/83, egli viene contattato dai servizi con una richiesta di collaborazio- ne nelle indagini sui rapporti tra il terrorismo e la criminalità organizzata. Miano prende tempo. Poco dopo, come si è dètto, si tro-

va nuovamente detenuto prima a Saluzzo, poi a Fossano, poi ancora

(35)

a S. Gimignano, fino a quando viene trasferito a Torino il 7/7/83. Qui resterà, con funzioni di scrivano presso il Cen- tro clinico, fino al 20/7/84, data in cui verrà trasferito a Pinerolo, non essendo più per lui sicuro restare a Torino.

Nel frattemp~,il 26 giugno 1983, viene ucciso il dottor Caccia.

Nell'incertezza sulla matrice del delitto, i Servizi segreti de cidono allora di contattare nuovamente il Miano, dopo aver appre- so dal dottor Urani che questi si trova presso il Centro clinico di Torino e che i suoi atteggiamenti possono effettivamente costi- tuire dei "prodromi per un suo eventuale pentimento o ravvedimento" .

....:ss. '

Il dottor Ferretti, dun"q.ue, muni tosi di ,un regolare permesso di col- loquio, il 15 luglio incontra Miano in èarcere. In tale occasione,

"riprendendo i vecchi discorsi di collaborazione" chiede al detenu- to se è "disposto a scoprire gli assassini del Procuratore della Re- pubblica dottor Caccia" Unto Miano al G.

r.,

10/3/88).

Le versioni fornite in tempi diversi dal Miano, dal dottor Ferretti e dal dottor Urani concordano sulle modalità attraverso le quali si sviluppano successivamente i contatti (tali versioni sono state ribadite e riassunte nel giudizio di primo grado :trascr. pagg. 134

55., 163 sS., 67 ss.).

Già nel mese di agosto Miano comunica, tramite Urani, che si sta

36

(36)

I

L

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progettando un attentato al Qottor Sorbello, informazione che a- vrà gli esiti di cui diremo; ma l'idea di utilizzare un registra- tore viene in mente al Miano (e non al Ferretti)~ solo in un mo- mento successivo, essendosi il detenuto reso conto che avrebbe potuto fornire notizie più dettagliate e dimostrare la verità del le proprie confidenze, qualora fosse stato in grado di far raccon- tare i fatti "dalla viva voce di quelli che li avevano commessi".

Miano prega dunque Urani di fornirgli un registratore. Il dottor Urani, dopo aver ottenuto l'apparecchio dal Ferretti, lo consegna al Miano, i l quale "dialogava con i detenuti che lui riteneva es- sere in grado di compiere un'azione come l'omicidio Caccia" (dep.

Urani, ud. 11/1/88, C. Assise Torino). Il medico esclude di aver- gli fornito indicazioni su chi interrogare (e lo stesso Miano, al G.I. riferisce che era lui stesso a scegliere i tempi, i modi, l'og- getto e gli interlocutori dei colloqui). Al Miano, il Ferretti ave-

,

va fatto due sole raccomandazioni: di restituire l'apparecchio all Urani al termine di ogni colloquio e di insistere nelle indagini sull'omicidio del dottor Caccia, perchè "tutto il resto a noi non interessava". Così, alla fine di ogni dialogo, il Miano restituiva all'Urani il registratore, senza poterne riascoltare il contenuto

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(trascr. pago 137).

Infatti, a prescindere dalle caratteristiche tecniche del registra- tore che rendevano impossibile il riascolto in quella sede, l'appa- recchio veniva consegnato al detenuto avvolto con nastro adesivo, che, successivamente, veniva riscontrato intatto e non manomesso -

~rascr. pago 168 - 169). Il registratore ha compiuto il viaggio

Ferretti-Miano e ritorno, via Urani, circa 30-40 volte (trascr.

pago 139).

Le bobine venivano ascoltate dal Ferretti nel suo ufficio, dapprima con la cuffia, velocemente, per verificare che non vi fosse qualche notizia da comunicare immediatamente ai superiori o qualche provve- dimento urgente da adottare. Poi, "con comodo", servendosi eventual mente anche di un registratore più potente o di un amplificatore presenti in ufficio (trascr. pago 168).

Il teste Ferretti ha precisato che tale ascolto "era finalizzato a comprendere se erano in atto altre attività in danno di magistrati;

era un ascolto con finalità preventiva ... Se ci fosse stato qualcosa avremmo avvisato subito la Digos. Comunque noi escludevamo un uso processuale di queste bobine" (int. Ferretti, ud. 27.1.88, C.Assise Torino, cart. 6 bis). Alla Direzione Centrale di Roma, i~ Ferretti inviava comunque degli appunti scritti su quanto ricavato dalle bo-

(38)

bine e da le notizie, a cura della Direzione, venivano"rimbalzate"

alla polizia giudiziaria.

Miano, dal canto suo, aveva mandato a dire che, una volta acquisite le "prove a carico dei responsabili dell'omicidio Caccia, avrebbe parlato con un magistrato, com'è l~orma.I Lui voleva prima costituir-

si delle prove, in modo da essere sollevato da questo omicidio".

Le registrazioni, iniziate in ottobre e terminate dopo otto-nove me- si circa, si interrompono nel giugno 1984. quando Miano, tramite l'Urani. restituisce definitivamente il registratore. facendo pre- sente che non ritiene possibile acquisire ulteriori notizie, so- prattutto con riferimento agli esecutori materiali dell'omicidio Caccia, e che comunque 'non voleva più saperne' (trascr. pago 173).

Forse Miano ha sentore del fatto che nel carcere comincia a circola- re la voce delle registrazioni ed ha paura. tant'è che, come si è detto. il 20 luglio viene trasferito nel piccolo. e dal suo punto di vista. più sicuro carcere di Pinerolo.

Le cassette registrate saranno acquisite agli atti e trascritte in- tegralmente. con perizia, nel corso dei vari procedimenti. Sarà an- che peritalmente accertata la loro genuinità.

Da quanto esposto, emerge dunque con evidenza che la collaborazione di Francesco Miano nasce e si sviluppa in un modo tutto peculiare,

o

;

(39)

rispetto alla collaborazione degli altri "pentiti" di questo proces- so. Egli non si rivolge subito al magistrato inquirente, ma acqui- sta la veste di confidente dei servizi segreti, con il precipuo in- carico di indagare sugli autori del delitto Caccia e su possibili attentati a Magistrati.

Solo in un secondo momento, una volta raccolt~egli stesso le 'pro- ve' delle chiamate in correità che avrebbe effettuato, si decide a collaborare con l'Autorità Giudiziaria e a riferire di tutta l'atti- vità criminosa del clan dei catanesi e dei calabresi.

Il 27/10/84 Francesco Miano viene interrogato dal Procuratore aggiu~

to della Repubblica di Torino (cart. 3, fasc. 7 pago 309) e rende le prime dichiarazioni caratterizzate, da un atteggiamento, anche pro- cessuale, di collaborazione.

Gli interrogatori - con riferimento al delitto di cui qui ci occupia- mo - si susseguono poi a ritmo serrato: il 18.12.1984 (P.M. Torino, ibidem pago 316); il 2.1.985 (P.M. Torino, ibidem pago 319); 1'11.1.85

(P.M. Milano, ibidem pago 337); il 22.5.1986 (P.M. Milano, ibidem pago 325); il 16.2.1987 (P.M. Milano, ibidem pago 336); il 15.3.1988

(G.I. Milano, cart. 6, fasc. 5/6, pago 66); il 10.5.1988 (G.I. Mila- no, ibidem pago 73); il 18.5.1988 (G.I. Milano, ibidem pago 77). In tutti, egli, facendo riferimento alle conversazioni intercorse in

(40)

carcere con gli altri detenuti, spiega il contenuto dei dialoghi e delle confidenze ricevute, confermando quanto già in precedenza Gi- chiarato in ordine alla genesi e alle modalità di tali registrazio- ni, nonchè ai rapporti con i servizi segreti.

Nell'ambito di questo procedimento penale, Miano riferì che uno dei suoi. interlocutori era stato, tra gli altri, Belfiore Domenico e che egli aveva acquisito la convinzione e la prova che a lui ed al suo gruppo era ascrivibile la responsabilità dell'omicidio del dottor Caccia, anche se in nessun modo aveva potuto apprendere l'identità degli esecutori materiali dell'assassinio.

In particolare Miano riferì che:

a) erano intervenuti contatti, prima dell'omicidio/tra Belfiore da un lato e Roberto Miano, Franco Finocchiaro, Carmelo Giuffrida e Antoni- no Saia dall'altro;

b) che Roberto aveva comunicato a Belfiore la propria adesione al pr~

getto, prospettando la possibilità di un'azione clamorosa; proposta respinta dal Belfiore per evitare il coinvolgimento di persone es tra-

...~

nee,~vrebbe

determinato una reazione pubblica superiore al dovuto;

c) che Belfiore non si fidava di Finocchiaro, sospettato di essere un confidente della polizia, tanto da chiedere a Roberto Miano di non farlo presenziare a colloqui aventi ad oggetto tale decisione. Questa intuizione di Belfiore, secondo quanto da questi rappresentato a Fran cesco Miano, derivava dal fatto che la scorta del dottor Caccia era stata rinforzata dopo i discorsi iniziali sull'attentato;

(41)

d) che il dottor Caccia effettudva approfondite indagini osta- colando l'attività delittuosa dei calabresi:

e) che il magistrato era solito effettuare lunghe passeggiate e che, benchè la strada dove abitava non fosse la più indicata, era stato pur sempre possibile seguirlo e che lo stesso Belfio-

J',

re aveva avuto come sua abitudine, nel tempo libero, pedinare di- versi magistrati, oltre al dottor Caccia, essendo sempre utile conoscere le loro abitudini;

f) che, contrariamente a quanto riferito dai giornali, gli esecu- tori materiali avevano studiato il piano in modo da non essere ri conosciuti da nessuno;

g) che il proprietario dell'autovettura era un siciliano che non era in alcun modo coinvolto nell'operazione;

h) che era stato previsto che i "catanesi" fossero avvisati del- l'azione per potersi allontanare da Torino;

i) che i magistrati di Torino erano in genere controllati ed ascol tati durante la loro frequentazione del bar gestito dal Gonella, bar che era stato acquistato proprio al fine di avere un diretto ed immediato controllo dei Giudici;

l) che altro magistrato del tutto scomodo era il dottor Maddalena il quale, d'intesa con il dottor Caccia, aveva fatto di tutto per

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trattenere in carcere il cognato Placido Barresi; che in ogni caso un solo atto dimostrativo non era sufficiente e, pur dandosi atto che dopo la morte del Procuratore Caccia, le cose in Procura gira- vano per un verso più favorevole, era necessario proseguire l'ope- ra, tanto che egli aveva fatto inviare una lettera anonima contro il dottor Maddalena al nuovo Procuratore della Repubblica, al fine di screditare l'operato del magistrato;

n) che, nonostante le insistenze di Francesco Miano, per conoscere l'identità degli esecutori materiali dell'omicidio, Belfiore aveva risposto che avrebbe dovuto portare riconoscenza solo a lui e basta.

E' ,questo, il sommario delle notizie riferite da Francesco Miano per averle apprese da Domenico Belfiore, durante i loro incontri al Centro clinico del carcere dove Francesco aveva il suo "ufficio".

Ma è opportuno lasciar la parola al testimone, riportando,a titolo di esempio, alcuni brani delle sue copiose dichiarazioni.

Così, il 22/5/86, Francesco Miano fa queste precisazioni: "Belfiore Domenico si è dichiarato mandante dell'omicidio e, quanto alla cau- sale, ha descritto la situazione venutasi a determinare presso la Procura della Repubblica di Torino dal momento in cui a capo della stessa era stato chiamato il dottor Caccia".

"In sostanza a Caccia veniva attribuita la responsabilità di "infi- larsi in tutti i discorsi della Procura" e di avere tenuto un attea giamento di estremo rigore. Quanto alla causa scatenante, Belfiore mi ha parlato della vicenda del proprio cognato, Placido Barresi,il quale, benchè assolto per la detenzione della pistola, era rimasto in carcere, siccome imputato di omicidio, in persona di Gattuso Pa~

lo, delitto che si assumeva essere stato commesso con quell'arma".

(43)

"lo ho tentato più volte d1indurre Belfiore a dirmi chi avesse mate-I

rialmente consumato il delitto Caccia. Ho usato come argomento per vincere le naturali resistenze del mio interlocutore il seguente:

siccome l'eliminazione di quel magistrato scomodo tornava vantaggio- sa anche per la mia organizzazione e comunque per tutti i gruppi che operavano sulla piazza di Torino, sarebbe stato per me interessante sapere a chi avrei dovuto riconoscenza ..• ma Mimmo Belfiore mi ha sem pre ripetuto che avrei dovuto essere riconoscente solo a lui ... "

Dopo aver accennato alle relazioni fra i due gruppi criminali, negli stessi termini in cui ne hanno parlato gli altri collaboratori di giustizia, Miano spiega perchè Belfiore non avesse più coltivato l'i- dea di compiere l'azione in collaborazione con i catanesi.

Belfiore aveva infatti "cominciato a sospettare che Franco Finocchia- ro fosse un confidente della polizia e che riferisse al dottor Sassi della Squadra mobile di Torino quanto veniva apprendendo dai discorsi comuni." Nel corso dei colloqui avuti al Centro clinico, egli chiede- va dunque ripetutamente al Miano se avesse saputo del comportamento di Franco Finocchiaro e, a proposito della decisione di uccidere il magistrato, "confidava che, proprio per il timore che qualcuno, e cioè il Finocchiaro, ne avesse riferito alla polizia, avèva deciso di far venire "da fuori" gli incaricati della esecuzion~

(44)

"In sostanza - continua Miano nel citato interrogatorio reso al P.M.

di Milano - in un primo tempo Belfiore aveva parlato del progetto al mio gruppo ( ... ). Quando tuttavia cominciò a sospettare che Franco Finocchiaro fosse un delatore, smise di parlare della cosa con i miei e si occupò da solo del progetto".

Miano racconta poi come, per indurre Belfiore a riferire notizie sul l'omicidio Caccia, gli avesse manifestato il suo stupore per il fat- to - appreso dai giornali - secondo cui uno degli sparatori aveva sporto il braccio dal finestrino della macchina, gridando alle pers~

ne presenti "bang, bang, bang.". Tanto che era stato possibile, nel corso delle prime indagini. ricostruire un identikit del killer. Bel fiore, astutamente interrogato dal Miano, si lascia andare alle se- guenti considerazioni, che il teste riferisce al magistrato:

l, ~

, . J

(45)

che gli autori materiali dell'omicidio non furono visti;

" - che, a proposito dell'identikit, era da escludere che po- tesse avere indirizzato le indagini;

" - che sapeva che era stato portato in caserma un vecchio di 75 anni, il quale aveva riferito di una storia di petroli e

del progetto dell'omicidio (circostanza vera: si veda la requisi- toria del P.M., d: ~ilano sull'episodio: cart. 5, fasc. 4 pago

427) ;

" - che i giudici di Milano si buttavano dietro ad ogni pista, petrolieri, terroristi e quant'altro;

" - che non era assolutamente vero che uno degli autori avesse la barba;

" - che nessun aveva visto nient,~. ("Figurati se si faceva vedere in quella maniera; avevano studiato fino alla fine la cosa, e poi andarono");

" - che l'episodio del "bang, bang" era avvenuto non prima, (come aveva capito Francesco Miano),ma dopo aver sparato, per-

chè alcuni ragazzi che erano

Il

vicino erano andati in mezzo alla strada, non capendo che cosa era successo;

" che i magistrati si comportavano come pazzi, perchè mentre

nei "momenti di ufficio erano

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guardinghi", "dopo un' ora che sono a casa, l i vedi magari'!;. -

"- che il dottor Caccia era abituato a fare lunghe passeggiate;

"

che era difficile "filarlo" essendo la via corta e che comunque

"se trovavi il modo di stare, te lo potevi. .. ; erano difficili i primi tre o quattro giorni, poi dopo ... "

"- che la vittima abitava in collina nella zona dove abitavano anche il dottor De Crescenzo, il professor Ghio e l'avvocato Gallo;

"

che esso Belfiore sapeva dove abitavano tutti perchè, quando

non aveva altro da fare, "al posto di andare a far niente", se ne andava dietro a costoro, essendo "sempre buono perchè alla fine scopri .•• ";

"- che, ancora/il dottor De Crescenzo, uditi gli spari, era sceso di corsa ed era andato a vederlo, "rimanendo schoccato" per dei mesi".

Proseguendo nella deposizione resa davanti al P.M. di Milano, Miano riferisce nuovamente i giudizi a lui espressi da Belfiore sui giudi ci torinesi, a suo dire tutti "manovrati" da Caccia e da Maddalena.

Belfiope,all'epoca dei colloqui al centro clinico si trova detenu- to per i fatti connessi all'omicidio del Sanna (che, si ricorda, avvenne nel ristorante 'Tre Lampioni' di Orbassano, mentre questi stava cenando in compagnia di Belfiore e di Barresi). L'odierno im- ~

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putato manifesta dunque a Miano la preoccupazione "che lo si voglia tenere a tutti i costi in carcere, partendo dalla imputazione marg~

nale di favoreggiamento" in relazione a tale omicidio. Egli raccon- ta a Miano che, "interrogato dal dottor Zanchetta, era intervenuto a un certo punto il dottor Maddalena, il quale gli aveva contestato di non dire mai la verità. Al che il Belfiore diceva di aver "sfot- tuto" il dottor Maddalena, segnalando che avrebbe parlato soltanto con il dottor Zanchetta, visto che il dottor Maddalena aveva "già fatto abbastanza con un (suo) parente". Belfiore - continua Miano - si riferisce alla solita vicenda di Placido Barresi che, a suo par~

re, è poi la causa prossima dell'omicidio del dottor Caccia".

Anzi/a questo proposito, Belfiore esprime ~iano la sua convinzione che sia stato Maddalena a tenere il cognato in galera ad ogni costo, facendo appositamente effettuare delle perizie false sull'arma.

Mimmo riferisce poi a Ciccio le sue congetture circa i rapporti tra il dottor Caccia e la moglie del dottor Aragona. "Personalmente, d!

ce Il Miano, io ritengo che si sia trattato di un pettegolezzo, ma penso che la voce sia circolata nell'ambiente dei calabresi. se ad- dirittura Belfiore era arrivato a pensare che Maddalena riuscisse a tenere in piedi le sue inchieste grazie alla raccomandazione che, attraverso il dottor Caccia, era riuscito ad ottenere presso il dot

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tor Aragona, che ... nel processo Gattuso era stato Presidente del Tribunale della Libertà!'.OPJlelfiore e i calabresi" erano riusci ti a mettere in piedi questo tipo di sospetto; Caccia e Maddalena sono strettamente legati; Caccia raccomanda il Maddalena alla moglie del dottor Aragona, la donna interviene sul marito e, in definitiva, i l dottor Aragona fa quello che vogliono Caccia e Maddalena".

Sempre secondo quanto Belfiore riferisce a Miano; "il programma era quello di portare il dottor Caccia alla Presidenza della Corte d'Appello; il dottor Marzachi, definito 'telecomandato da Maddale- na', alla Procura della Repubblica e lo stesso Maddalena a Procura- tore Aggiunto. Che Belfiore fosse perfettamente informato delle se- grete cose del palazzo di giustizia non mi ha mai stupito, prosegue Miano. Le informazioni venivano sempre in parte dal bar sottostante la Procura e in parte dal suo socio franco Gonella, molto ammanica- to con taluni magistrati ..• qui posso ribadire che si trattava di relazioni strettissime e che era del tutto naturale, e comunque in Torino assolutamente notorio, che Gonella avesse la possibilità di apprendere da costoro notizie e di procurare favori".

Quanto al rigore del dottor Caccia, Miano dichiara di aver saputo da Belfiore che il Procuratore "aveva messo sotto tutti, al punto che neppure le impiegate trimestrali potevano più essere avvicinate

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per carpir loro qualche informazione". Per esemplificare ulterior- mente, viene raccontato a Ciccio l'episodio concernente il dottor Germano - messo sotto inchiesta da Caccia e costretto a dimetter- si, ancorchè gli mancassero pochi mesi al pensionamento.

Belfiore dimostra inoltre a Miano di essere al corrente del fat- to che il proprietario dell'auto usata per il delitto era stato chiamato.. in caserma, era siciliano e faceva il mobiliere; che, inoltre, l'autovettura non era targata Palermo, come avevano as- serito i giornali, bensì Toritno, ed era stata rubata due mesi prima.

Ancora un particolare: venuta me~o la fiducia negli interlocuto- ri catanesi, Belfiore aveva detto loro che non avrebbe potuto ri- schiare, visto che Torino non è una grande città e, alla fine, la eliminazione del Procuratore della Repubblica sarebbe stata attr!

buita o al gruppo dei calabresi o a quello dei catanesi. Non solo:

Belfiore, per stornare definitivamente l'attenzione dei catanesi dalla vicenda, aveva segnalato che, puttosto, sarebbe stato bene

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mettersi d'accordo con Milano, Roma o Napoli per far venir su gli esecutori, mentre, a Torino, gli interessati avrebbero do- vuto fare 'la vacanza', ossia togliersi di circolazione per non essere sospettati.

La deposizione di Francesco Miano al P.M. milanese si conclude con un riferimento alle confidenze di Belfiore in ordine all'in

. -

via della lettera anonima sul dottor Maddalena - di cui si par- lerà tra poco -, nonchè agli effetti positivi dell'eliminazione del dottor Caccia ("tante cose ora in Procura stanno agendo di- versamente") .

Interrogato dal G.I., Miano, conferma ogni precedente dichiara- zione.

Il 18/5/88 egli ribadisce che "Mimmo durante i colloqui si di- chiarò mandante dell'omicidio Caccia unitamente a quelli del suo gruppo. In buona sostanza, secondo Mimmo Belfiore, l'omici- dio Caccia si era reso necessario in quanto il Magistrato impe- diva all'organizzazione di

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'lavorare' soprattutto bloccando le situazioni finanziarie tipo il Monte dei Pegni, la gioielleria Corsi e seguendo personalmente e puntigliosamente le vicende giudiziarie dei calabresi, particolar- mente quelle di Placido Barresi e di Mimmo Belfiore".

Miano ribadisce che Belfiore aveva dei sospetti sul Finocchiaro, tanto che, anche con riferimento all'omicidio Mirolla, aveva pref~

rito servirsi dell'aiuto del Tornatore. Per quanto concerne l'ese- cuzione del delitto Caccia, Belfiore gli aveva riferito di averne parlato con suo fratello Roberto, "il quale però aveva delle idee grandiose in quanto aveva parlato di parecchie persone che sarebbe ro dovute venire da Milano; cosa che, ad avviso del Mimmo, non era realizzabile perchè avrebbe creato dei problemi a gente estranea e ci saremmo messi contro l'opinione pubblica ••• Mimmo sosteneva che bastava un fucile per ottenere lo stesso risultato".

Conclude,dunque,Miano,ribadendo che "Domenico Belfiore si assunse la paternità dell'omicidio Caccia in maniera esplicita".

Nel dibattimento di primo,grado, Miano ha nuovamente confermato tutti i particolari delle confidenze ricevute da Domenico Belfiore.

E, mentre Belfiore ha continuato, anche in dibàttimento (pag. 114 trascr.), a negare di aver conosciuto il Miano prima di questi col loqui, Francesco ha dichiarato che la loro conoscenza risaliva ad

Sl

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I

alcuni anni prima e che comunque, nel gennaio del 1983, durante il mese in cui era stato in libertà, ebbe occasione di vederlo perso- nalmente moltissime volte (pag. 97 trascr.); in una occasione an- dar ono anche a mangiare assieme in un ristorante di Corso Grosseto.

Ha asserito ancora che "una conoscenza intima" Belfiore ce l'aveva con suo fratello Roberto (pag. 112 trascr.), "in quanto erano leg~

ti già da quei favori ... " e fu appunto lo stesso Roberto a combina

~ _ . _ . ---

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re il pranzo al ristorante nel gennaio-febbraio 1983.

- - ,

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7

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7. La registrazione dei colloqui :ra Francesco Miano e Giuseppe Belfiore.

La sentenza di primo grado ha deciso con approf-ondite ordinanze di dichiarare non utilizzabil~ le registrazioni inter praesenteS dei colloqui tra Francesco Miano e g1 imputati Domenico Belfiore e Placido Barresi, perchè acquisite in violazione delle norme poste a garanzia della difesa.

Ha invece ritenuto utilizzabili le registrazioni dei colloqui con i l

il teste Giuseppe Belfiore, quale, del resto, come si dirà, nel di battimento di secondo grado ha voluto deporre ed ha ammesso di aver sostenuto quelle conversazioni, pur dandone una diversa lettura.

La Suprema Corte, con la sentenza di rinvio che ha generato la pre- sente fase del giudizio, ha confermato definitivamente in punto di diritto le soluzioni adottate dai primi Giudici.

Del contenuto delle registrazioni dei colloqui con gl'imputati non si ~ dunque detto, essendoci limitati a quanto riferito da Francesco Miano: del contenuto, invece, dei discorsi registrati con Belfiore Giuseppe è doveroso dare conto.

Francesco Miano si finge dunque preoccupato che Gonella, arrestato ed a lungo interrogato, possa confessare ed accusare gli, altri: Bel-

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