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Bevanati illustri. Epaminonda Mattòli

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Academic year: 2022

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Agostino Mattòli, in seno al Consiglio comunale si dà voce all’esigenza di aprire a Bevagna le scuole tecniche, ritenute più necessarie delle istituite scuole classiche, vista la vocazione essenzialmente agricola e artigianale dell’economia del territorio.

La questione è agitata dal consigliere anziano Angelo Brunamonti, esponente della nobiltà locale, da sempre fedele al “passato regime” e fi gura di primo piano della componente conservatrice del Consiglio comunale. Egli si era detto fi eramente contrario agli studi classici e alle scuole elementari femminili con

“solidissimi argomenti” del tipo: «basta alle donne la scienza dell’ago e del far calza» oppure «si chiuda il Ginnasio! Il Ginnasio a mio fi glio ha voltato la testa»5. Epaminonda Mattòli con una ironia sferzante e a tratti impietosa, che ben si spiega alla luce del carattere appassionato ed entusiasta, difende con forza l’utilità della formazione classica, facendo riferimento agli eruditissimi scritti del professor Flaminio Rosi, che nella vicina Spello si trovava a

combattere analoga battaglia. Ma il punto più alto di questa puntuale disamina Epaminonda lo raggiunge quando liquida le preoccupazioni del padre circa il ‘verso’

preso dalla testa del fi glio con poche, lapidarie parole:

«Oh bella […] non dovea farsela voltare!»

Chiunque operi oggi nella scuola – in particolare in quel Liceo Classico tanto bistrattato per la pretesa inattualità dei suoi insegnamenti – e sappia quanto preziosi sono gli studi umanistici per sviluppare nelle giovani menti la capacità di un pensiero alternativo, non potrà non riconoscersi all’istante in quel giovane

‘collega’ di due secoli fa. In nome di una risposta di tal fatta, che riassume da sola il senso del “fare scuola”, siamo disposti a perdonargli certe evidenti incongruenze, come quando si lascia sfuggire che in effetti le cinque classi ginnasiali non sono quasi mai complete, e a passare sopra al fatto che negli anni successivi si farà sempre più forte l’esigenza di istituire scuole tecniche e su questo fronte si schiereranno uomini illuminati, quali lo stesso Ciro Trabalza6. Con ancor maggiore fervore Epaminonda

Epaminonda Mattòli

di Marta Gaburri

«Egli era alto e bello, con i capelli biondi fl uenti respinti all’indietro sull’alta fronte, e con i celesti occhi sereni»1. Nelle parole affettuose del nipote Dino sembra di sentir risuonare l’eco di versi ben altrimenti famosi [«(…) biondo era e bello, e di gentile aspetto (…)»]

riferiti da Dante al nobile Manfredi, nel nostro caso dedicate ad uno dei più importanti membri della famiglia Mattòli, il più affascinante e versatile dei fi gli di Agostino, medico omeopatico, patriota e primo sindaco di Bevagna. Epaminonda Mattòli nasce a Bevagna il 4 febbraio 1842, terzo di sei fi gli; dopo i primi studi compiuti a Bevagna, si laurea in Lettere all’Università di Bologna per poi tornare subito nel paese natale, dove insegna Latino e Greco nel locale Ginnasio e nel Collegio Rosi di Spello. Alla scuola cittadina Epaminonda dedicherà le sue migliori energie intellettuali: il 18 dicembre 1868 – quando il Comune di Bevagna, nella persona del sindaco Agostino Mattòli e con l’assistenza della Giunta municipale, prende possesso di tutti i beni costituenti il patrimonio del Seminario2 – viene istituito il Ginnasio comunale di Bevagna, completo delle cinque classi, sottraendo fi nalmente la formazione dei giovinetti alle cure dei Padri Dottrinari, da sempre invisi ai bevanati3. La scuola si aggiunge alle cinque classi elementari maschili già istituite e alla scuola femminile. Con la demaniazione dei beni della chiesa essa troverà posto nell’ex convento dei Minori osservanti, mentre la casa dei Padri dell’Oratorio in piazza S. Filippo, sarà destinata alla scuola femminile e l’ex convento dei Domenicani a sede dell’orfanotrofi o Torti4.

Il giovane Epaminonda, da poco laureato, si dedica corpo e anima alla organizzazione del nuovo Ginnasio – di cui sarà anche direttore – e fi n da subito partecipa da par suo al dibattito che accende gli animi dei bevanati: scuole classiche o scuole tecniche? Nel 1870, infatti, all’indomani della morte di

Sopra ogni altra passione c’è l’amore per Bevagna. Pur senza ricoprire cariche

pubbliche, egli è il “cervello politico della famiglia”, il solo a possedere un progetto per il futuro del paese

Ritratto di Francesco Torti (part.).

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difende l’utilità delle scuole femminili, attaccate nella sessione del 25 marzo 1870 (si trattava di nominare una maestra per la quarta e la quinta elementare!), con un discorso sul ruolo della donna che appare ancora oggi di una sorprendente modernità: «Dunque la donna, secondo voi, (si rivolge sempre al Brunamonti) dovrebbe essere trattata come una serva, una schiava; o tutto al più, volendosi sublimare, potrebb’esser una passabile cucitrice! […] Ma via eletti concittadini testimoni dell’istruzione di ieri, voi che possedete compagne ispirate all’aura della sapienza tarpata dal passato Governo. Sorgete dai vostri scanni, ponete a confronto le vostre fi gliuole di oggi e rintuzzate le maligne insinuazioni di chiunque bugiardamente cercasse il danno e l’avvilimento della patria nostra»

e ancora «Ma dove e quando le nostre fanciulle apprenderanno l’educazione cotanto raccomandata in Italia e fuori d’Italia, dove le donne vengono

altresì addottorate?» Traspare da tale veemenza la sincera preoccupazione di porre un rimedio «alle piaghe vecchie»

ma soprattutto la volontà fermissima di opporre un nuovo modello di scuola, laica e sicuramente più democratica, capace di contrapporsi «al male passato […], di medicare piaghe vecchie, di ridurre il numero di 18 milioni d’inalfabeti».

In ogni caso, la difesa delle scuole femminili doveva portare al fascinoso insegnante – al quale pare non mancassero avventure con le donne più belle del paese – anche l’amore della vita, nella persona di una giovanissima maestra, Debora Ghirga, che arriverà a Bevagna proprio per ricoprire il posto vacante per le classi quarta e quinta: «egli si recava a Spello per la lezione consueta, quando incontrò a mezzo del ponte sul Topino una giovane donna che […] veniva verso Bevagna. La mattina era limpida e fresca.

Quando le due carrozze si incrociarono, i neri occhi della fanciulla gli apparvero Domenico Bruschi, Il sipario

del Teatro Torti di Bevagna, 1886.

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ha diritto ad essere consultato per tutto quanto concerne il teatro; si indicano quindi gli obblighi degli azionisti e le cariche interne al comitato10.

Non è improbabile che allo stesso Epaminonda si debba l’affi damento del progetto architettonico, dopo un fallito tentativo con l’ing. Adolfo Lepri, al coetaneo Antonio Martini di Montefalco, che con lui condivide l’appassionato amore per la classicità – intesa sopratutto come modello etico politico, in opposizione a quel romanticismo medievaleggiante troppo legato alla Chiesa –, la passione per l’agricoltura, nel cui ambito le rispettive famiglie svolsero un ruolo pionieristico al fi ne di introdurre nuovi sistemi di coltivazione (valga per tutti l’esempio della coltivazione della vite a sistema Guillot)11, l’indole appassionata e impetuosa, la radicalità delle passioni politiche, essendo nati entrambi da genitori che tanto avevano dato alla causa nazionale12. È ancora lui, insieme al fedelissimo

Ambrogio Bartoli, a seguire ogni fase della tormentata costruzione del teatro, fi no a suggerire al pittore Domenico Bruschi il tema del sipario. Concepito come

manifesto delle glorie cittadine, non poteva che avere un solo soggetto: Properzio che addita a Francesco Torti la patria comune. Così, se Spello aveva dipinto sul suo sipario la tomba del poeta, Bevagna fa addirittura tornare Properzio dai Campi Elisi e quasi pare di udire le parole del poeta: «Abbi fede, o Torti, scrivi e rendi certe le genti dell’Umbria ch’io son nato là, non altrove»13.

Sullo sfondo si vede l’antica Mevania con le sue mura monumentali, che – raccomanda il Mattòli in una lettera al Bruschi14 – devono essere sormontate da fortilizi, reticolate (come dice Vitruvio) e salire e scendere intorno a piccole valli, chiamando a testimone Properzio stesso («scandentes de vallibus arces»);

esse inoltre, devono essere costruite con muri laterizi; così, infatti, le aveva descritte Plinio, dicendole testimoniate solo in Arezzo e Bevagna. Naturalmente non potevano mancare i monumenti più signifi cativi: quelli testimoniati dai resti ancora visitabili – i templi, l’anfi teatro pieni di luce in un volto insieme dolce

e deciso. Dimentico dei suoi allievi, il biondo professore voltò precipitosamente il cavallo per sapere di questa deliziosa creatura che entrava nel suo regno»7. Di lì a poco le nozze, e la vita nella casa di piazza San Filippo dove nascono i tre fi gli, Aede, Aristide e Agostino8; gli anni trascorrono velocemente per Epaminonda, preso da tanti interessi: sempre il nipote Dino racconta del suo amore per il teatro e la poesia, delle sue conoscenze di omeopatia, come anche della perniciosa attrazione per le carte. Ma sopra ogni altra passione c’è l’amore per Bevagna;

pur senza ricoprire cariche pubbliche egli è “il cervello politico della famiglia”, il solo a possedere una idea di Bevagna e quindi un progetto per il futuro del paese.

C’è lui dietro alle scelte più signifi cative del Comune nei lunghi anni in cui la famiglia Mattòli domina la vita politica della cittadina e non è un caso che la prima sconfi tta elettorale giungerà proprio all’indomani della sua morte.

All’interno di questa ‘visione’ di Bevagna, si colloca il progetto di costruire un nuovo teatro nell’antico palazzo dei Consoli, autentico tempio laico per una cittadina che nulla deve più al retaggio del passato9. Epaminonda ne è l’ispiratore e il più solerte promotore, riesce a coinvolgere tutte le più importanti famiglie bevanati e lo stesso fratello Temistocle, allora sindaco. Non si può non riconoscere l’impronta del suo carattere volitivo e battagliero, entusiasta e generoso, nelle poche idee forti che ispirano il progetto:

la parità di diritti tra tutti gli azionisti indipendentemente dal numero di azioni possedute, l’apertura ad ogni classe sociale. Il progetto-regolamento individua infatti poche linee guida: la proprietà del teatro rimane, fatti salvi i diritti dei soci, al Municipio il quale deve provvedere alla manutenzione dello stabile; gli interventi architettonici saranno limitati all’indispensabile; chiunque può acquistare più azioni; ogni azionista avrà diritto a tre posti per ciascuna azione, ma il suo voto è personale e egli non gode di alcun privilegio; solo al Municipio, quale ente morale, spettano tre voti; l’azionista

Il poeta Properzio (part.).

In Properzio e nel Torti Epaminonda riconosce i

‘nuovi’ valori nei quali identifi carsi.

Valori che non

possono essere

ricercati in un

Medioevo per

Bevagna troppo

avaro di glorie

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– e quelli solamente immaginati, quali il cosiddetto “bagno sacro” o imber sacer, nato dalla interpretazione corrotta di un verso di Properzio. Ed infi ne il “cavo campo”, questo sì citato da Properzio, che ci tramanda l’immagine più bella e, in certo senso più romantica, della “nebulosa Mevania” celebrata fi n dall’antichità, circondata dalle acque di diversi corsi, ma

soprattutto lambita dal Clitunno, fi ume sacro, cantato dai maggiori poeti latini.

È appunto dalle nubi di questa campagna, che digradano lentamente verso l’austera fi gura del Clitunno, che Properzio e il Torti contemplano l’amata Bevagna; con loro un gruppo di illustri concittadini, fra i quali è facile riconoscere il pittore Andrea Camassei e forse lo studioso Fabio Alberti.

Agostino Mattòli Modestini (1801-1869)

Medico omeopatico, patriota sp. Cunegonda Giovannetti

(1936)

Aede Aristide Agostino Hannemann sp. Giuseppe medico (1873-1929)

Secondari (1869-1931) medico omeopatico omeopata sp. Pia Ajò sp.Kate Blach

Epaminonda (Dino) Enrico Ada Mario Bice 1894-1968 1898-1980

regista

Sesto Dandolo Corradino Hannemann Pietro Ebe Ferruccio Mario

Cunegonda Rifeo

Franco Luciano Pindaro

1920-1973

Albero genealogico della famiglia di Agostino Mattòli.

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1. D. MATTÒLI, Mezzo secolo di strada, Foligno, 1953, pp. 10-14. Dino, il cui vero nome è Epaminonda, è fi glio di Aristide, secondogenito di Epaminonda e Debora. Aristide, medico, sposa Pia Ajò dalla quale ha cinque fi gli: oltre a Dino, Enrico, Ada, Bice e Mario, regista, di cui ci racconta A. CARIANI, Mario Mattòli, in «Grande Dizionario di Bevagna», 2014, n. 2, pp. 24-29.

Dino, dopo aver lasciato la carriera forense, diviene imprenditore e industriale, prima alla Breda poi in varie società operanti nel settore della produzione, trasporti e energia elettrica; è stato anche presidente della Società Editoriale Umbra che promosse il settimanale “Centro Italia” negli anni Cinquanta. Di Epaminonda Nella medesima lettera Epaminonda

preannuncia l’invio “della pianta della antica città di Bevagna” e il ritratto di Virgilio e di Francesco Torti. In effetti per le mura il pittore si è rifatto all’antica veduta di Bevagna riprodotta nella pianta dell’Avellani del 1768 e conservata presso il Museo Comunale, per quanto riguarda il ritratto del Torti, invece, il riferimento è alla maschera funebre eseguita alla sua morte e al medaglione bronzeo realizzato quando il letterato era ancora in vita. Nel complesso il tema del sipario sembra essere la trasposizione in immagine dello studio che proprio nel 1886, Epaminonda Mattòli pubblica in risposta a Giulio Urbini per difendere la ‘candidatura’ bevanate a patria di Properzio15.

La patria di Properzio e il Torti rivendicato, questo il titolo dell’ultima fatica di Epaminonda, vede la luce nello stesso anno in cui si inaugura il teatro. Il grande poeta latino e l’illustre letterato ottocentesco di cui ricorda l’essere stato vittima della scomunica ecclesiastica, costituiscono per Epaminonda l’anima stessa di Bevagna. In loro egli riconosce, all’indomani dell’Unità d’Italia, i ‘nuovi’

valori nei quali identifi carsi, valori che non possono essere ricercati in un Medioevo che per Bevagna era stato avaro di glorie, per aver visto la città sempre fedelmente ancorata al potere papale.

Nel 1886, con l’inaugurazione del teatro e la pubblicazione del saggio, Epaminonda raccoglie i frutti di questi primi, intensissimi quarantaquattro anni;

anni carichi di ogni soddisfazione, amore, amicizie, passioni e impegni nei quali egli ha profuso ogni energia ed entusiasmo.

Eppure, proprio sul fi nire di quell’anno coronato di successi Epaminonda muore, in dicembre, per nefrite. Valgono quale reverente omaggio le parole che Ciro Trabalza, suo ex alunno, scriverà nel 1901: «valoroso insegnante e direttore del nostro Ginnasio, cittadino di liberi sensi, che consacrò ogni sua migliore energia alla scuola, alla famiglia, alla natia città, egualmente con vero ardore idolatrate»16. Nulla sappiamo dei funerali di

Epaminonda Mattòli ma immaginiamo che il paese, unanimemente, abbia pianto la perdita di uno dei suoi fi gli migliori.

Lettera autografa di Epaminonda Mattòli al pittore Domenico Bruschi.

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Mattòli scrive parole commosse CIRO TRABALZA, Della vita e delle opere di Francesco Torti, Tipografi a Properziana, Bevagna, 1896, p. 206;

ID., Gli scrittori, in Bevagna illustrata, Tip.

Guglielmo Donnini, Perugia, 1901, p. 70. Notizie anche in: R. MATTÒLI, Agostino Mattòli, Roma, 1996, p. 9.

2. Per le notizie riguardanti il Patrimonio si veda: Bevagna, ECA già Congregazione di Carità, 1986, p. 88: in un memoriale redatto dal Comune questa opera pia è tra quelle proposte per il concentramento nella Congregazione di Carità, ma nel 1872 la sua amministrazione risulta ancora autonoma. Dalla relazione del 1932 di cui alla nota successiva, sappiamo che nel 1919 il Comune

decise la vendita di tutti i beni del “Patrimonio studi”, il cui ricavato fu investito in titoli.

3. Le notizie essenziali sono tratte dalla relazione redatta per la istituzione della classe IV ginnasiale, allegata alla delibera n. 185, 10 settembre 1932, pubblicata il 22 settembre 1932;

molto interessanti, benché succinte le notizie riguardanti gli studi a Bevagna in TRABALZA, Gli scrittori cit. (nota 1), pp. 57-59.

4. Parole di funebre elogio lette dopo le esequie del dottor Agostino Mattòli bevanate, 1869, p. 11.

5. E. MATTÒLI, Al signor Angelo dottor

Brunamonti, sui pareri e sulla proposta da questi emessa intorno alle scuole comunali di Bevagna, Tip. Tomassini, Foligno, 1870.

6. TRABALZA, Gli scrittori cit. (nota 1), 1901, pp. 57-59.

7. MATTÒLI, Mezzo secolo cit. (nota 1), p. 11.

8. Aede nasce nel 1867, nel 1888 sposa a Bevagna il dottor Giuseppe Secondari, medico omeopatico, il quale eserciterà anche a Roma, avendo tra i suoi pazienti Giovanni Giolitti;

dal matrimonio nasceranno sette fi gli fra cui Argo. Di Aristide si è già detto. Il terzogenito Agostino nasce nel 1873, laureatosi in medicina, sarà medico omeopatico, diventando anche lui medico personale di Giolitti; sposa la statunitense K. Balch, dalla quale avrà due fi gli, Giorgio e Agostino; muore nel 1929. L’ultimo fi glio, Hanemann, battezzato col cognome del creatore della medicina omeopatica, nasce nel 1876 e muore nel 1882.

9. M. GABURRI, Il teatro di Bevagna, EFFE Fabrizio Fabbri, Perugia, 2000.

10. Archivio storico del Comune di Bevagna (ASCB), VII-I-6, Progetto per l’esecuzione di un teatro in Bevagna, 25 novembre 1871.

11. Si veda in proposito in questo numero il contributo di F. Bettoni, p. 22.

12. Su A. Martini si veda S. NESSI, Il “Verziere”

dei Calvi oggi Villa Pambuffetti, in «Montefalco», IX (1995), n. 2.

13. A. PRESENZINI, Il sipario del nuovo teatro Torti in Bevagna, in «Il Giornale di Foligno», 1886, nn. 39, 40; GABURRI, Il teatro di Bevagna cit. (nota 9), pp. 47-54.

14. ASCB, 14 maggio 1886, 612, VII-I-6. La cartella conserva una ricca documentazione relativa al teatro e agli scambi epistolari intercorsi tra il Bruschi e il Municipio di Bevagna.

15. E. MATTÒLI, La patria di Properzio e il Torti rivendicato, Stab. Tipo-lito S. Lapi , Città di Castello, 1882.

16. TRABALZA, Gli Scrittori cit. (nota 1), 1901, p. 70.

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