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Corso «Fognature e deflussi urbani Soluzioni progettuali e tecnologie innovative» 16 e 17 settembre, 23 e 24 settembre, 30 settembre

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Sistemi di drenaggio nella difesa del suolo e del territorio

Francesco De Filippis Libero Professionista

• Corso «Fognature e deflussi urbani

• Soluzioni progettuali e tecnologie innovative»

• 16 e 17 settembre, 23 e 24 settembre, 30 settembre

Con il contributo incondizionato di

In collaborazione con

Con il patrocinio di

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1. Introduzione

2. Ciclo dell’acqua e bilancio idrologico 3. Bilancio in condizioni antropizzate 4. Rischio alluvionale e idrogeologico 5. Deflusso urbano sostenibile

Struttura del documento

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1. Introduzione

Cambiamento climatico e cambiamento del territorio

Ciclo globale dei materiali (spunti dal libro di tecnologia dei materiali di Marchese B., Liguori Editore)

Una realtà insediativa urbana, dal punto di vista fisico-materale (non antropologico più complesso), è il risultato dell’utilizzo di materiali occorsi per realizzare le opere costituenti l’insediamento: edifici, strade, ponti, acquedotti, fognature, linee elettriche, automobili, computer, telefonini, veicoli aerei e spaziali, ecc..

Il cambiamento del territorio modifica l’ambiente. La misura delle modificazioni, in negativo, si può dire che sta nella cattiva gestione del ciclo globale dei materiali. Le modificazioni dell’ambiente, in negativo, hanno effetti sul clima? Se è si, allora il cambiamento del clima e del territorio non sono due “cose” separate.

La trasformazione del territorio e dell’ambiente naturale è legata, da un certo momento in poi, allo sfruttamento delle risorse terrestri.

(antropocene: l’uomo, non meno di altri fattori, influenza l’evoluzione della Terra con le sue azioni e trasformazioni)

Ogni stadio consuma o produce energia. Un materiale può essere aggredito dall’ambiente e viceversa può aggredire l’ambiente.

Pianificazione urbanistica e territoriale 1150/1942

R = I  V  E

Consumo di materiali

Standard urbanistici ’68

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2. Ciclo idrologico e bilancio idrologico

Ciclo dell’acqua

(dal libro di tecnologia dei materiali di Marchese B., Liguori Editore)

0,001%

(5)

bilancio idrologico

Il bilancio idrologico- idrico in teoria è possibile impostarlo su una qualsiasi porzione di territorio di cui siano noti i contorni di ingresso e uscita dell’acqua e in riferimento a un dato periodo di tempo. Nello specifico per definire lo spazio di riferimento del bilancio si parte dalla sezione di chiusura del c.d. bacino idrografico

Dominio delle acque in

atmosfera Dominio delle acque superficiali

Dominio delle

acque sotterranee

«idrogeologia» di Castany G., Flaccovio Editore)

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bacino idrologico, idrografico, idrogeologico

Questa condizione ossia il « più o meno corrispondente » generalmente è realizzata per le grandi unità idrologiche, dell’ordine da qualche centinaio al migliaio di km2.

Il bacino idrologico è l’insieme del bacino idrografico con lo spazio atmosferico soprastante e del bacino idrogeologico. I suoi confini spaziali prendono forma a partire dalle creste topografiche c.d. spartiacque. In particolare verso l’alto si ha la superficie che circonda lo spazio atmosferico più o meno corrispondente dove possono avvenire i fenomeni meteorici, e verso il basso si ha superficie che circonda lo spazio sotterraneo più o meno corrispondente ai limiti del bacino idrografico e i cui limiti sotterranei sono imposti dalla struttura idrogeologica.

Il bacino idrogeologico può essere costituito da uno o più acquiferi.

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anno idrologico, anno idrologico medio

Il ciclo di variazione annuale individua l’anno idrologico 1967-68, 1968-69, ecc.. Il ciclo idrologico pluriennale individua l’anno idrologico medio.

Da osservare che l’anno idrologico medio assorbe oltretutto l’incertezza dell’inizio e della fine del periodo dei singoli anni.

L’anno idrologico non corrisponde in generale a un anno civile. Gli ingressi e le uscite idriche riferite al bacino idrologico possono subire un ciclo di variazione annuale e un ciclo di variazione pluriennale.

QT medio

(Castany, Bilancioidrologico Hallue, stazione Daours, Francia)

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equazione di bilancio

La legge 183/1989 c.d. Legge sulla Difesa del Suolo definiva il bacino idrografico come: Il territorio dal quale le acque pluviali o di fusione delle nevi e dei ghiacciai defluendo in superficie si raccolgono in un determinato corso d’acqua direttamente o a mezzo di affluenti, nonché il territorio che può essere allagato dalle acque del medesimo corso d’acqua, ivi compresi i suoi rami terminali con le foci in mare ed il litorale marittimo prospicente

Successivamente il concetto di bilancio idrologico è stato rafforzato, a seguito delle normative introdotte dall’Unione Europea e recepite nella legislazione statale

P = ET + (DSUP + DSOTT) + (DWSUP + DWSOTT)

P – ET = (DSUP + DSOTT) + (DWSUP + DWSOTT)

PE – (DT + DW) = 0

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semplificazioni equazione di bilancio

A seconda del periodo che si considera e delle finalità del bilancio, è possibile apportare alcune semplificazioni

Il bilancio riferito ad un anno medio rappresentativo di più anni, normalmente rende lecito trascurare le variazioni di volume DWSUP , DWSOTT

PE – DT = 0 «risorsa idrica» P – (DT + DW) = 0 «piene»

Se ci riferisce invece a brevi periodi di tempo, quali possono essere quelli che caratterizzano un fenomeno di piena, è lecito trascurare nell’equazione di bilancio le perdite ET

Nel bilancio idrologico difficilmente i termini DSOTT , DWSUP , DWSOTT sono misurabili. Mentre più facilmente sono misurabili i termini P e ET

L’evopotraspirazione reale può essere calcolata con la formula di Turc sperimentata su molti bacini di tutto il mondo. Per il territorio siciliano è stata proposta una modifica della formula nel 1970. (T temperatura media annua [°C], P altezza annua di pioggia [mm])

ETR = P/(0,9 + P^2/L^2)^0,5 [mm]

Dove L = 300 + 15  T + 0,05  T^3 (in generale) L = 586 – 10  T + 0,05  T^3 (Sicilia)

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operatività equazione di bilancio

È importante dare operatività all’equazione di bilancio. Tutti i termini dell’equazione di bilancio rappresentano volumi entranti, uscenti e variazioni in positivo (accumuli) o in negativo (svuotamenti) di invasi presenti nel bacino e in sotterraneo. Tutti questi volumi e le variazioni di volume sono misurati in millimetri e quindi devono essere riferiti alla superficie del bacino per contestualizzarli

Si isola nell’equazione di bilancio il termine che rappresenta la portata idrica, si moltiplica il termine a secondo membro dell’equazione per la superficie del bacino (in km2), poi per 10^3, e poi si rapporta sull’unità di tempo di riferimento

1 mm = 1000 m3/km2

(1 mm = 0,001 m3/m2 da cui deriva la relazione soprascritta)

D = PE [mm] Q = Q

PE

[m3/s] Q = PE  A  10^3 /Dt [m3/s]

Dt = anno idrologico medio di un periodo di osservazione lungo (almeno 10 anni)

A = da alcune centinaia di km2 al migliaio di km2

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fenomeni di «piena» equazione di bilancio

Nel caso di periodi di osservazione brevi e bacini di raccolta delle acque superficiali più limitati (da alcune unità di km2 ad alcune decine di km2) si ottiene, dall’equazione di bilancio, l’espressione generale per l’analisi quantitativa dei fenomeni di piena delle acque superficiali all’uscita del bacino di raccolta alla sezione Z

D = P – DW [mm]

Q = (P – DW)  A /Dt  10^3 [m3/s]

Il periodo di osservazione “breve” deve essere sempre con significato statistico predittivo probabilistico (saranno le curve di probabilità pluviometrica a fornire tale carattere)

Il metodo CN del SCS parte da questa equazione;

cambiano solo i simboli: R = P – S dove R (Runoff) è il deflusso, P è la precipitazione di pioggia totale, S (subtraction) è l’infiltrazione in profondità che raggiunge la falda. Il metodo CN per tener conto poi delle variazioni iniziali dei volumi idrici superficiali introduce la c.d. perdita iniziale (Initial abstraction)

h = a t^n

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altri metodi per la stima della portata di piena

Altri metodi per la stima della portata di piena, per gran parte, non si basano sull’equazione di bilancio nel suo complesso ma su quella parte di essa attraverso cui si definisce il coefficiente di deflusso

f = DSUP /P Q = f  P  A /Dt  10^3 [m3/s]

In questo caso f compendia in sé l’infiltrazione profonda, le variazioni dei volumi idrici superficiali e l’eventuale evapotraspirazione.

A, area del bacino in km2; Dt, periodo di riferimento dell’evento piovoso in sec.; P, pioggia in mm Riporto qui una formula molto interessante adatta per i piccoli bacini (< 1 km2)

Q MAX = 10/3600  K  i1,T  A Formula di Lauterburg

Dove K è il coefficiente di deflusso adimensionale, i1,T è l’altezza massima di pioggia di durata 1

ora e assegnato tempo di ritorno T (mm/ora), A è la superficie in ettari (ha) del bacino di scolo

delle acque pluviali

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3. Bilancio condizioni antropizzate

Per la corretta definizione del bilancio idrico è necessario individuare:

- Schemi generali delle opere di

approvvigionamento idrico

- Opere di regolazione, di adduzione e distribuzione delle acque

- Collettamento, depurazione, scarico dei reflui - Ecc.

In condizioni antropizzate il bilancio deve tener conto:

- Volumi idrici prelevati e restituiti all’interno del bacino che si considera

- Volumi idrici provenienti/trasferiti da/verso altri bacini

- Variazione di volume idrico invasato in serbatoi artificiali rispetto al periodo di riferimento che si considera

- Volumi scambiati tra corpi idrici superficiali e sotterranei

Bacino idrografico

Bacino urbano

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esempio condizioni naturali e indice idrogeologico

Autore: Castany (Bilancio idrologico medio annuo dell’Hallue alla sezione di foce della Somme)

Il termine QSUP rappresenta il ruscellamento della precipitazione meteorica sul suolo, mentre il termine IE rappresenta l’infiltrazione dell’acqua che riesce a raggiungere la falda (o in generale l’accumulo idrico sotterraneo). All’atto che la precipitazione efficace (PE) è “a terra” possiamo dire che il suolo svolge un ruolo ripartitore: divide l’acqua, in funzione del tragitto che essa compie, in acqua di ruscellamento e acqua di infiltrazione. Questo potere ripartitore del suolo può essere contrassegnato da un indice:

Indice idrogeologico Id = DSOTT / PE

cioè è il rapporto tra la portata in falda e la

precipitazione efficace

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infiltrazione efficace e indice idrogeologico

A parità di periodo di riferimento del bilancio (ad esempio l’anno idrologico medio)

- se il bacino è di grandi dimensioni (alcune centinaia di km2), l’infiltrazione efficace IE coincide con il deflusso sotterraneo QWSOTT, perché tutto il deflusso sotterraneo si forma nello spazio fisico che si considera

- se ci si riferisce a porzioni di territorio più limitate, l’infiltrazione efficace non coincide con il deflusso sotterraneo ma ne rappresenta un contributo

È importante ricordare che il Potere Ripartitore del Suolo (DSOTT / PE) dipende da:

- Geomorfologia superficiale (topografia e morfologia).

- Geologia della subsuperficie (litologia)

- Stato della superficie del suolo (pedologia, copertura vegetale, umidità).

- Profondità della superficie piezomentrica

- Sistemazione delle acque e dei suoli (urbanizzazione, presenza di dighe e derivazioni sui corsi d’acqua, agricoltura, … antropizzazione)

Nel caso di un bacino urbano esteso l’indice idrogeologico esprime in quota parte l’effetto

dell’urbanizzazione sul bilancio idrologico medio annuo

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confronto condizioni naturali e antropizzate

(effetti quantitativi)

Id = 0,9 Id = 0,2

di base

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deficit idrologico e coefficiente di deflusso

In riferimento all’anno medio possiamo definire le seguenti grandezze:

P – DSUP = DSOTT + ET deficit idrologico

f = DSUP /P coefficiente di deflusso

Il deficit idrologico o perdita idrologica è inversamente proporzionale al coefficiente di deflusso

Il deficit idrologico (ovvero perdita idrologica), come vedremo, nel caso di bacini idrologici urbanizzati/antropizzati è inferiore al deficit idrologico di bacini naturali, ma ciò non rappresenta un vantaggio se il surplus di acque che possono defluire in superficie non viene governato bene!

L’eccesso di acqua in superficie oggi è causa di allagamenti negli ambiti urbani di pianura o di

valle mentre è causa di dissesti nel caso dei centri urbani di collina

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bilancio medio annuo globale del territorio italiano

S = 300 000 km2

A = 990 mm = 990  103 m3/km2  VA = 990  103  300  103 ≈ 300  10^9 m3

ET = 443 mm  VET ≈ 133  10^9 m3

DSUP = 516 mm  VDSUP ≈ 155  10^9 m3

DSOTT = 40 mm  VDSOTT ≈ 12  10^9 m3

Deficit idrologico medio annuo = 145  10^9 m3 Coefficiente di deflusso medio annuo = 0,516

Disponibilità superficiale media annua ≈ 150  10^9 m3

(Busi R., 2018)

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effetti dell’urbanizzazione sul bilancio idrologico

La circolazione idrica sotterranea in una determinata sezione al di sotto della superficie del suolo dipende da come è fatto il bacino idrogeologico, il bacino idrografico superficiale e dai fenomeni meteorici che si svolgono in atmosfera e che poi interessano il suolo; e quindi in sintesi dalla natura e dai fenomeni fisici che avvengono nel bacino idrologico

(quantitativi)

Nel caso di un’area urbana, dove cioè vi è una città (con tutte le sue articolazioni insediative), la circolazione idrica sotterranea corrispondente sarà perturbata/influenzata nella misura in cui l’area urbana è impermeabile, ma di più, nella misura in cui il rapporto tra l’area urbana e l’estensione del bacino idrologico (che coincide in superficie con il bacino idrografico) tende ad 1. Il valore 1 indica che la città occupa tutto il bacino idrografico!

Il fiume Seveso nella parte nord di Milano è esondato più volte ..., il bacino idrografico è dell’ordine di qualche centinaio di km2 e per il 44 % dell’intera estensione è urbanizzato. Da qui l’incidenza, in quota parte, dell’urbanizzazione sul bilancio idrologico come causa di surplus idrico superficiale medio annuo. Mentre la cattiva gestione del deflusso urbano come causa dei fenomeni di allagamento …

(Busi R., 2018)

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schema dei deflussi idrici nei bacini urbani

Il bacino urbano non è il bacino idrografico, è una parte di quest’ultimo! Esso riguarda un’area urbana sistemata in cui sono presenti come sappiamo insediamenti civili e produttivi, strade e superfici a vario utilizzo, sottoservizi, …

(effetti qualità acque)

Percorsi da attenzionare

(Becciu-Paoletti, 2010)

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descrizione analitica deflussi idrici bacini urbani

La precipitazione pluviale che va ad interessare il bacino urbano porta con sé tutte le particelle presenti in atmosfera sotto forma di polveri (compresi purtroppo gli inquinanti) e subito al contatto con il suolo si continua a caricare di altri materiali inquinanti

Negli insediamenti civili e produttivi vi è l’approvvigionamento idrico (in arrivo dalle condotte adduttrici) e poi vi è la successiva immissione nelle condotte di scarico

Dal momento in cui l’acqua di pioggia tocca il suolo cittadino e i relativi insediamenti, una parte di essa è soggetta a evapotraspirazione, un’altra continua a scorrere sulle superfici urbane (tetti, strade, …) accumulandosi temporaneamente in vari modi e raggiungendo la fognatura pluviale o unitaria oppure direttamente i corpi idrici superficiali; al contempo, nella fognatura pluviale possono giungere scarichi illeciti provenienti dagli insediamenti civili e produttivi. La porzione di acqua di pioggia che permane sul suolo cittadino può infiltrarsi nel sottosuolo e se le condizioni di permeabilità lo consentono, l’infiltrazione idrica raggiungerà in parte le acque sotterranee (percolazione) mentre un’altra parte permarrà negli strati più superficiali (ritenzione idrica superficiale)

Oltre gli scarichi c.d. di acque bianche (in uscita) vi sono gli scarichi delle acque c.d. nere provenienti dal

«territorio» (anch’essi in uscita) attraverso la fognatura nera. Tutti i sistemi fognari (fognatura pluviale, fognatura nera, fognatura unitaria) collettano all’impianto di depurazione, preceduto da eventuali scaricatori di piena

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… i percorsi da attenzionare …

I percorsi da attenzionare nello schema dei deflussi idrici nei bacini urbani sono due:

 l’acqua che giunge direttamente al corpo idrico recettore

 l’acqua che giunge direttamente in falda

In ambito urbano, oltre che in atmosfera, le polveri e particelle inquinanti sono presenti anche a terra, per cui durante la prima fase di una precipitazione piovosa le acque (c.d. di prima pioggia) sono cariche di inquinanti (e possono trasportare anche rifiuti solidi); se non si adottano a scopo preventivo lavaggi delle superfici urbane più inquinate ovvero se le acque di prima pioggia non vengono opportunamente gestite una volta che sono entrate nella rete di drenaggio possono raggiungere direttamente i corpi idrici recettori superficiali oppure le acque sotterranee intaccandone la qualità

Il D.Lgs. 152/2006 ha demandato alle Regioni la disciplina di tale tematica. Nella maggioranza dei casi si prevede di dover separare e inviare al trattamento depurativo i primi 5 mm di ogni evento piovoso mediante la realizzazione di vasche di prima pioggia

Si tenga presente che tutti gli sforzi protesi alla separazione delle acque reflue in funzione delle caratteristiche chimico-fisiche è vanificata dalla triste realtà secondo cui gran parte degli impianti di depurazione oggi presenti sul nostro territorio sono basati su una tecnologia atta all’abbattimento soprattutto degli inquinanti biodegradabili. Dunque la prevenzione, il controllo e la gestione dei percorsi dell’acqua pluviale sono necessari, ma non bastano se gli impianti di depurazione agiscono solo sull’abbattimento degli inquinanti

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… ritornando agli aspetti quantitativi …

… con tutte le riserve sulla stima della forzante pluviometrica di un determinato evento alluvionale (probabilità dell’evento, in particolare le curve di probabilità pluviometrica) occorre distinguere due aspetti fondamentali nella trasformazione afflussi-deflussi:

 La perdita idrologica  f

 La risposta idrologica  Tc

La corretta scelta dei due parametri è basilare per giungere ad una buona valutazione della portata di piena, a prescindere dalla modellistica idrologica che oggi mette a disposizione algoritmi molto sofisticati nella descrizione della trasformazione afflussi-deflussi

A parità di volume di pioggia (P) e di coefficiente di deflusso (f), resta dimostrato che la portata al colmo di piena sia tanto più alta quanto minore è il tempo di risposta del bacino

Favorire i processi di ritenzione e infiltrazione significa attenuate il picco di portata al colmo di piena

(Becciu-Paoletti, 2010)

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4. Rischio alluvionale e idrogeologico

Durante le precipitazioni più intense i sistemi di drenaggio urbano vanno in tilt per svariati motivi e in funzione della realtà urbana colpita, i fenomeni che ne conseguono hanno caratteristiche diverse.

In ambiti urbani pianeggianti si verificano gli allagamenti, mentre negli insediamenti di collina si verificano smottamenti, instabilità superficiali, dissesti idrogeologici. Come può avvenire la mitigazione del rischio?

15/07/2020 – Palermo (PA) 26/03/2020 – Celico (CS)

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caso dei centri storici arroccati

Nel caso di centri storici arroccati la mitigazione del rischio idraulico e geologico può essere ottenuta in quota parte intervenendo sulla rete di drenaggio delle acque pluviali

Non è facile intervenire in maniera strutturale e complessiva sulla rete di drenaggio di un centro storico È essenziale rilevare lo stato attuale della

rete e tentare di istituire un bacino urbano sperimentale che meglio orienti le politiche di recupero in sicurezza del centro storico Si tratta di un’opera pubblica per cui è l’Ente Pubblico che deve prendere l’iniziativa.

In Calabria – la mia Regione – vi sono una miriade di paesini arroccati di epoca medievale che soffrono di una mancata sicurezza nei confronti dei fenomeni di dissesto in concomitanza di eventi alluvionali di forte intensità e breve durata

Centro storico di Luzzi (CS)

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esperienze a confronto

Esperienze di monitoraggio quantitativo e qualitativo di reti di drenaggio in ambito urbano. In particolare segnalo il monitoraggio in ambito UniCal e poi vorrei segnalare un’esperienza condotta su un bacino urbano del centro storico di Luzzi che è un Comune della provincia di Cosenza.

Sperimentazione rete di drenaggio pluviale, Luzzi (CS) Sperimentazione rete di drenaggio pluviale Unical, Rende (CS)

È auspicabile l’istituzione di bacini sperimentali su un numero sufficiente di centri storici che per similitudine possano fornire parametri di gestione e controllo anche per gli altri centri storici non muniti di stazioni di misura.

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Il piano di rischio idraulico e idraulico-geologico

Nella pianificazione urbanistica devono essere presi in debita considerazione i rischi derivanti dalle esondazioni/fuoriuscite di acqua dalle reti fognarie di drenaggio (delle acque pluviali) e anche da altri reticoli artificiali

I sistemi fognari secondo il D.Lgs. 152/2006 sono parte del servizio idrico integrato. L’autorità competente è l’ATO

Le reti fognarie (esistenti da tempo nel “nostro” territorio) risultano essere (state) progettate per bassi valori del tempo di ritorno (T= 2 ÷10 anni) eccetto le dorsali di una certa importanza; l’adeguamento strutturale della rete non sempre è andato di pari passo con le trasformazioni del territorio e questo ha comportato una compromissione della capacità di scolo della rete

In riferimento alla direttiva europea 2007/60/CE e al D.Lgs. 49/2010 è indispensabile che la pianificazione urbanistica comunale si doti di un piano di rischio idraulico in grado di rappresentare gli scenari di rischio attualizzati con le trasformazioni del territorio o con quelle che si prevedono

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decalogo del piano di gestione del rischio idraulico pgric

- Individuazione dei corpi idrici recettori naturali o artificiali che ricevono e smaltiscono le acque di drenaggio urbano ai diversi livelli.

- Delimitazione delle aree soggette ad allagamento/dissesto per eventi con tempo di ritorno 100÷200 anni in funzione della conformazione morfologica del territorio combinata con una potenziale insufficienza della rete di drenaggio.

- Individuazione delle misure strutturali idrauliche, urbanistiche e edilizie occorrenti alla mitigazione del rischio (misure di trattenuta per favorire l’infiltrazione, vasche di laminazione, drenaggio, ecc.)

- Programmazione misure non strutturali di protezione civile e riduzione dei danni, mitigazione del rischio, conseguenti ad allagamenti e dissesti urbani (piani di protezione civile, difese passive attivabili in tempo reale, ecc.).

(Busi R., 2018)

PGRIC PGRA

PATO PTA

PRIC

Raccogliere Omogeneizzare Riannodare

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5. Sistemi di deflusso urbano sostenibile

L’urbanizzazione porta come conseguenza ad un surplus di deflusso superficiale e ad una riduzione del deficit idrologico. La cattiva gestione delle reti di drenaggio urbano non valorizza la riduzione del deficit o delle perdite; ma al di là della cattiva gestione vi sono scelte urbanistiche che hanno preferito il restringimento degli alvei o addirittura il loro tombinamento a favore di suolo insediativo urbano; combinando tali aspetti con un clima severo per quel che attiene gli eventi alluvionali di breve durata ne consegue un rischio allagamenti e dissesti elevato, ciò che purtroppo oggi in maniera sempre più frequente assistiamo

(Sustainable Urban Drainage systems)

Seveso, nella parte nord di Milano è esondato più volte provocando danni ingenti; il 44 % dell’intera estensione di bacino idrografico è urbanizzato; l’incidenza della superficie urbanizzata sul bilancio idrologico non è sicuramente trascurabile; si aggiunga il tipo di urbanizzazione (…) essere compromissiva dell’antico reticolo (restringimenti e tombinamenti d’alveo) per cui il risultato è un’aumentata frequenza di allagamenti per effetto del surplus idrico superficiale che non riesce ad essere evidentemente gestito e controllato per come si dovrebbe

non sostenibile!

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L’ingegnere Valentini nel suo libro “Della sistemazione dei fiumi” nel 1893 scriveva:

il deflusso (urbano) sostenibile … in tempi non sospetti!

«… là dove la montagna è coperta di bosco, per quanto ripida essa sia, le acque defluiscono con maggiore regolarità e senza trasportare materie e le frane sono rare e di poca entità, mentre la rovina è completa dove il terreno è nudo»

«Facciamo in modo di limitare il trasporto delle materie nei corsi d’acqua montani moderandone il deflusso e poco ci resterà da fare a valle»

«Se si vuole avere una sistemazione definitiva e duratura, bisogna incominciare da monte per curare il male alle origini»

In queste frasi c’è il concetto di drenaggio naturale sostenibile che può essere esteso al drenaggio urbano sostenibile. Infatti l’ing. Valentini non parla di potenziamento delle sezioni e delle caratteristiche idrauliche dei corsi d’acqua, concetti appartenuti all’ingegneria idraulica tradizionale del XX secolo

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Palmi (RC)

alluvione in Calabria 1996

Il surplus dei deflussi superficiali non è un effetto dell’urbanizzazione ma un problema legato strettamente alla magnitudo dell’evento di pioggia, all’imbocco del canale di drenaggio e alle condizioni di monte.

Foto emblematiche Crotone (KR)

A=1,8 km2

vallone S. Miceli

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Palmi (RC)

alluvione in Calabria 1996, descrizione analitica dell’esperienza professionale

Racconto la mia esperienza professionale; qualche tempo fa (circa 10 anni fa) sono stato incaricato di analizzare il fenomeno alluvionale del 1996 che ha colpito tutta la Calabria; la mia indagine si è concentrata su Palmi (Reggio Calabria) in particolare sul vallone S. Miceli. La visione dell’allagamento che vidi tramite una registrazione che mi fu fornita con una cassetta FUJI VHS (tempi andati!) metteva in evidenza la furia del fenomeno che si manifestava con uno scorrimento violento di acqua carica vistosamente di fango, capace di trasportare gli autoveicoli che si trovavano parcheggiati ai lati della stradala; la fuoriuscita di acqua avvenne dal vallone S. Miceli all’imbocco di un tombino. Il vallone risulta essere canalizzato per un breve tratto dell’ordine circa della decina di metri a quota circa 250 m s.l.m. e rispetto a tale sezione presenta un bacino idrografico di estensione 1,8 kmq; il bacino di raccolta delle acque così individuato (a monte del canale/tombino) è scarsamente urbanizzato; il tombinamento è per una piccola parte interessato (in superficie) dall’urbanizzazione; per gran parte, invece, l’insediamento urbano si svolge a valle e più lontano dal tombinamento. Preciso che la città di Palmi pur essedo ubicata su un’altura che prospetta sul mar Tirreno non ha i caratteri di Centro Storico di epoca medievale (l’ultimo terremoto del 1908 ha distrutto la città e la successiva ricostruzione ha cancellato i caratteri insediativi antichi, fornendo piuttosto caratteri di regolarità urbana). Si può affermare che sia l’estensione del bacino urbano rispetto al bacino idrografico più complessivo (che contiene anche il vallone S. Miceli) e sia il tipo di urbanizzazione (standard urbanistici ante 1968) non sono tali da incidere in maniera significativa sul bilancio idrologico medio annuo, per cui il surplus di deflusso idrico superficiale è da ricercare nella magnitudo dell’evento, nell’eventuale insufficienza della rete o nell’eventuale malfunzionamento della stessa e nelle condizioni a monte dell’imbocco interne al bacino del vallone S. Miceli. Per quanto riguarda le condizioni di monte, è da evidenziare che nel caso dei fossi e dei valloni calabresi purtroppo difficilmente questi sono oggetto di manutenzioni e presidi idraulici; piuttosto si ravvisa un abbandono che a volte induce ad utilizzali illegalmente come ricettacoli di immondizie e rifiuti vari, per cui durante gli eventi alluvionali di una certa intensità vengono mobilitati non soli i materiali naturali derivanti da smottamenti e franamenti ma anche rifiuti solidi urbani abbandonati nelle parti del bacino idrografico. E se come sempre capita non vengono posti in essere, sistemi selettivi di trattenuta dei materiali solidi, opportunamente monitorati e manutenuti, che precedono la zona tombinata, il deflusso che transita durante i fenomeni alluvionali estremi è molto carico di elementi che finiscono per creare ostruzioni.

Il caso in ispecie è un esempio reale di sistemi di drenaggio appartenenti all’ingegneria idraulica tradizionale.

L’imbocco risponde bene a portate in ingresso con periodo di ritorno di 20 anni che non è poco per il progetto di collettori concepiti qualche generazione fa: il principio purtroppo è (stato) quello di convogliare il più possibile e

(33)

Attenzione però perché l’infiltrazione di acque meteoriche contenenti carichi inquinanti è inaccettabile.

Quindi l’infiltrazione è una tecnica che può essere adottata se si usa ogni precauzione atta a garantire i limiti imposti dalle normative regionali sulla qualità delle acque meteoriche cosiddette acque di prima pioggia per come richiesto dal D.Lgs. 152/2006

inciso capacità infiltrazione suolo

Resta dimostrato che i picchi di portata di pioggia di forte intensità in arrivo sul suolo non riescono ad essere smaltiti confidando sulla sola infiltrazione. Per suoli altamente permeabili si può arrivare a disperdere 1/10 della portata di picco; da qui la necessità di accompagnare le strutture di infiltrazione – se possibile – da sistemi di laminazione per accumulare temporaneamente i volumi provenienti dagli eventi più intensi per poi essere gradualmente svuotati tramite infiltrazione nel suolo o scarico nei ricettori superficiali.

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- Trincee d’infiltrazione - Pozzi d’infiltrazione

- Bacini e vasche d’infiltrazione - Pavimentazioni drenanti

- Caditoie filtranti

- Strutture superficiali di laminazione

- Strutture sotterranee di vasche di laminazione

alcuni sistemi di infiltrazione e di trattenuta

Mi limito a citare alcuni sistemi di infiltrazione e di trattenuta rimandando al corposo materiale di questo corso per gli approfondimenti:

https://www.legislazionetecnica.it/bcksistemone/files/regulations/pdf/XLMRG23N20177_P10.pdf

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Sistemi deflusso urbano sostenibile centri storici arroccati

Nel caso dei centri storici arroccati, situati sulle alture, si potrebbe valutare caso per caso di intervenire:

- preminentemente a monte con misure diffuse di trattenuta e infiltrazione (recupero e rigenerazione del verde pubblico e privato);

- vasche di laminazione senza dispersione in falda;

- vie d’acqua superficiali per il drenaggio delle acque meteoriche eccezionali convergenti in punti di raccolta (caditoie filtranti senza dispersione in falda);

- strutture superficiali di laminazione compatibili con gli spazi tipici dei centri storici (recupero acque dei tetti per laminazione e/o riuso).

A valle, si potrebbero valutare compatibilmente con la pianificazione in vigore, strutture interrate di misura della portata idrica in uscita e in superficie delle stazioni pluviografiche opportunamente connesse ad un centro di elaborazione dei dati in tempo reale, per la valutazione dell’efficienza dei sistemi di deflusso sostenibili e della rete di drenaggio nel suo complesso.

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sistemi di drenaggio urbano

- Tunnel drenante: elemento componibile per la realizzazione di camere di accumulo e dispersione ad alta capacità ed elevata resistenza strutturale e carrabilità. I vani sotterranei ottenuti mediante l’assemblaggio dei moduli-camera possono essere completamente accessibili da parte di piccoli mezzi da scavo per la loro agevole ed integrale pulizia.

Infine mostro alcune immagini di sistemi di drenaggio urbano avute per tramite dallo sponsor Fonderie Zicarelli:

Bacino composto da n°10 elementi-camera di dimensioni cm 250 (Lu) x cm 527 (La) x cm 200 (H)

Dimensioni finali della camera-bacino realizzata: cm 2500 (lu} x cm 527 (la) x cm 200 (H.)

Volume vuoto interno della camera: mc 20,6 x n°10 elementi = mc 206 - Bacini di ritenzione (trattenuta/rallentamento), detenzione (accumulo/stoccaggio), infiltrazione: vediamo la sezione tipo di un bacino di stoccaggio (riserva antincendio, irrigazione, e altri usi consentiti) e quella di uno stoccaggio e successivo rilascio al terreno per infiltrazione o invio verso un corpo recettore finale con portata e modalità

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Grazie per l’attenzione

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Intervento: Sistemi di drenaggio nella difesa del suolo e del territorio - ing. Francesco DE FILIPPIS. Corso “Fognature e deflussi urbani” - giornata del 30/09/2020.

Calcolo della portata per piccoli bacini (minori di 1 kmq)

La determinazione della portata di massima piena su piccole superfici è importante per dimensionare piccole opere idrauliche (tombini, cunette , canalette, fossi di guardia, ecc,).

A tal proposito è bene ricordare, inoltre, che proprio su piccole superfici, si hanno le precipitazioni più intense.

La portata massima si può determinare con la formula di Lauterburg:

Q MAX = 10/3600  K  i1,T  S

Dove K è il coefficiente di deflusso adimensionale, i1,T è l’intensità massima di pioggia di durata 1 ora e assegnato tempo di ritorno T (mm/ora), S è la superficie in ettari del bacino di scolo delle acque pluviali.

Per la dimostrazione della formula è utile definire la portata specifica:

qMAX = K  i1,T  S1 qMAX / S1 = U coefficiente udometrico U = K  i1,T

Dove K = coefficiente di deflusso (adimensionale)

i1,T = massimo dell’altezza di pioggia di durata 1 ora con assegnato tempo di ritorno [Lungh./Tempo]

S1 = superficie unitaria di bacino indipendentemente dall’unità di misura [Lungh.2] = 1 qMAX = Portata al colmo specifica, riferita alla superficie di bacino unitaria [Lungh.3 / Tempo]

= K  i1,T  1

U = coefficiente udometrico dimensionale [Lungh. / Tempo]  Lungh.3 / (Tempo  Lungh.2)  qMAX

Se i1,T è in (mm/ora), il fattore di conversione in (m/s) è:

1/3600  10– 3

Se S1 è in (ha) il fattore di conversione è:

10000 = 10 4

Per cui posiamo scrivere il coefficiente udometrico nella seguente forma:

U = 1/3600  10– 3  K  i1,T

Q MAX = U  S  10 4

Dove S = Superficie del bacino idrografico in (ha)

La formula in definitiva assume ai fini pratici applicativi la seguente espressione:

Q MAX = 1/3600  10– 3  K  i1,T  S  10 4 Q MAX = 10/3600  K  i1,T  S c.v.d.

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Intervento: Sistemi di drenaggio nella difesa del suolo e del territorio - ing. Francesco DE FILIPPIS. Corso “Fognature e deflussi urbani” - giornata del 30/09/2020.

Vediamo un esempio

K = 0,5; it=1ora,T=200 = 70 mm/ora; S = 3,3 ha

Q MAX = 10/3600  0,5  70  3,3 = 0,321 m3/s = 321 l/s

Per inciso è utile trovare il legame tra le seguenti unità di misura ai fini della migliore comprensione del coefficiente udometrico (udos dal lat. bagnato):

l/(s  ha)  mm/ora

(l)/(s  ha) = (1 mm  1 m2)/(1/3600 ora  104 m2) =

= 3,6/10  mm/ora

1 l/(s  ha) = 3,6/10  mm/ora 1 mm/ora = 10/3,6  l/(s  ha)

Così come vale anche la seguente relazione:

1 l/(s  ha) = 1/10  m3/(s  Km2) 1 m3/(s  Km2) = 10  l/(s  ha)

Cosicché se:

u = 10 m3/(s  Km2) avremo anche:

u = 100 l/(s  ha) = 36 mm/ora

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NOTE BIBLIOGRAFICHE

Relative all’intervento: Sistemi di drenaggio nella difesa del suolo e del territorio - ing. Francesco DE FILIPPIS. Corso “Fognature e deflussi urbani” - giornata del 30/09/2020.

AA.VV., SISTEMI DI FOGNATURA MANUALE DI PROGETTAZIONE, Centro studi idraulica urbana, Edibios 2016.

Busi R., SUOLO, TERRENO, ACQUA ED ECOSISTEMA NEL PIANO REGOLATORE, Legislazione Tecnica, 2018.

Calomino F., Caputo V., Galasso L., Piro P., IL BACINO SPERIMENTALE URBANO DI LUZZI (CS), editoriale Bios, 1993.

Castany G., IDROGEOLOGIA PRINCIPI E METODI, Flaccovio editore, 1985.

F. De Filippis e aa.vv. CePSU Centro Provinciale Studi Urbanistici di Cosenza, URBANISTICA E GOVERNO DEL TERRITORIO IN CALABRIA IMPLICAZIONI SULLO SVILUPPO DELLA SOCIETÀ CIVILE, XXXVIII Convegno in Tecniche per la difesa del suolo e dall’inquinamento, a cura di FREGA G. E MACCHIONE F., Cosenza EdiBios, 2017.

Frega C.G., Piro P., De Filippis F., DUE PREROGATIVEPER UNA CORRETTA GESTIONE DELLA RISPRSA IDRICA E DEGLI AMBIENTI FLUVIALI: BILANCIO IDICO E BILANCIO IDROLOGICO, Atti della Conferenza internazionale su Acqua bonifica e salvaguardia del territorio, Mantova 2003, Editoriale sometti.

Marchese B., TECNOLOGIA DEI MATERIALI E CHIMICA APPLICATA, Liguori editore, 1990.

Piro P., Becciu G., SISTEMI DI DRENAGGIO URBANO: ASPETTI FUNZIONALI E AMBIENTALI, Seminario 2019.

Piro P., De Filippis F. et al., STUDY ON THE CLIMATIC PATTERN OF SOME CALABRIA MOUNTAIN BASINS, 1st International Conference on Urban Drainage and Highway Runoff in Cold Climate”, Ricksgränsen Sweden, 25-27 march 2003.

Sanna S., SISTEMAZIONI IDRAULICO–FORESTALI NELLA DIFESA DEL SUOLO, Flaccovio editore, 2003.

Tonini D., ELEMANTI DI IDROGRAFIA E IDROLOGIA, Vol. 2, Edizioni Libreria Cortina Padova.

Riferimenti

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