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PARTE 1 EQUAZIONI DEI BILANCI PER SISTEMI APERTI TERMODINAMICA DEGLI STATI DI EQUILIBRIO PARTE 2 EQUAZIONI DEI BILANCI PER SISTEMI CHIUSI

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(1)

PARTE 1

TERMODINAMICA DEGLI STATI DI EQUILIBRIO

1. Definizioni 1

2. Energia interna 3

3. Entropia 4

4. Potenziali termodinamici 7

5. Modello di gas perfetto 9

6. Miscele liquido – vapore 12

7. Relazioni termodinamiche per i vapori saturi 14 8. Modello di sostanza incomprimibile 16 9. Relazioni tra proprietà di stato 17 10. Rappresentazione grafica degli stati di equilibrio 22

11. Procedure di calcolo 28

EQUAZIONI DEI BILANCI PER SISTEMI CHIUSI

1. Equazione del bilancio 31

2. Bilancio della massa 34

3. Bilancio della quantità di moto 34 4. Bilancio dell’energia totale 35

5. Bilancio dell’entropia 36

6. Il termine di produzione entropica 38

TRASFORMAZIONI TERMODINAMICHE

1. Trasformazioni reali 39

2. Trasformazioni quasi-statiche 40 3. Trasformazioni internamente reversibili 41 4. Alcune trasformazioni notevoli 43 5. Trasformazioni internamente reversibili per gas

perfetti 45

6. Serbatoi di energia meccanica e termica 49 7. Sull’irreversibilità di alcune trasformazioni 50

8. Cicli termodinamici diretti 55

9. Cicli termodinamici inversi 62

10. Equilibrio e stabilità 65

PSICROMETRIA

1. Miscele di gas e di un vapore condensabile 71

2. Aria umida 73

3. Grandezze nello stato di equilibrio 75 4. Grandezze a seguito di trasformazioni 76 5. La misura delle grandezze dell’aria umida 79

6. Diagrammi psicrometrici 79

EQUAZIONI DEI BILANCI PER SISTEMI APERTI

1. Il postulato dell’equilibrio locale 81

2. Descrizione di campo 82

3. Teorema del trasporto 84

4. Equazioni costitutive 88

5. Bilancio di massa 88

6. Elementi di meccanica dei fluidi 90 7. Bilancio della quantità di moto 96 8. Bilancio della energia totale 100

9. Bilancio dell’entropia 104

10. Approccio a parametri concentrati 105 11. Equazione dell’energia meccanica 106

PARTE 2

INTRODUZIONE ALLA CONDUZIONE

1. La legge di Fourier 111

2. Il bilancio dell'energia 112

3. Condizioni ai limiti 113

CONDUZIONE 1D STAZIONARIA

1. Lastra piana 119

2. Il processo di adimensionalizzazione 128

3. Geometria cilindrica 131

4. Superfici estese 136

TRANSITORI PLURIDIMENSIONALI

1. Lastra piana 145

2. Corpo a parametri concentrati 154

3. Corpo semi-infinito 158

4. Cilindro infinito 166

5. Problemi non omogenei 168

6. Metodo integrale 173

7. Condizioni al contorno dipendenti dal tempo 175 8. Problemi instazionari bi-tridimensionali 179

INTRODUZIONE ALLA CONVEZIONE

1. Definizioni e principi di base 183

2. Equazioni dei bilanci 185

3. La suddivisione del dominio di integrazione 194 4. compressibilità e velocità del suono 196

01

02

03

04

05

06

07

08

09

(2)

CONVEZIONE ESTERNA

1. Analisi di scala 199

2. Metodo integrale 203

3. Soluzioni esatte 208

4. il moto turbolento 212

MOTO IN CONDOTTI

1. Analisi preliminare del campo di velocità 221 2. Campo di velocità nella zona completamente svi-

luppata 224

3. Analisi preliminare del campo di temperatura 225 4. Campo di temperatura nella zona completamente

sviluppata 227

5. Regione di ingresso termica e regione sviluppata di-

namicamente 236

6. Sviluppo simultaneo degli strati limite 240

7. Moto turbolento 242

CONVEZIONE NATURALE

1. Convezione naturale su lastra piana 247

2. Analisi di scala 249

3. Soluzione esatta 252

4. Alcune correlazioni per il moto turbolento 254

IRRAGGIAMENTO

1. La radiazione termica come onda EM 258 2. Carattere direzionale della radiazione termica 265

3. Flussi radiativi 266

4. Corpo nero 268

5. Caratteristiche radiative di superfici opache 271 6. Caratteristiche radiative di corpi semitrasparenti 281 7. campo radiativo in mezzi partecipanti 282 8. Scambio termico tra superfici 289

9. Scambio termico in cavità 293

SCAMBIATORI DI CALORE

1. Equazioni di base 301

2. Metodo della LMTD 303

3. Metodo dell’efficienza 305

PARTE 3

COMPONENTI DI IMPIANTI TERMOTECNICI

1. Condotti 311

2. Cenni sul moto di un gas 320

3. Valvole 321

4. Vaso di espansione/valvola di sicurezza 324

5. Macchine operatrici 327

6. Mescolatore adiabatico 331

7. Scambiatori di calore acqua-aria 332 8. Controllo delle prestazioni di uno scambiatore 340

9. Caldaia 341

10. Camino 345

11. Componenti per il trattamento dell’aria umida 348

SCHEMI ELEMENTARI DI IMPIANTI

1. Verifica di un circuito idraulico 363 2. Accoppiamento compressore-circuito 367 3. Progetto di un circuito idraulico 368

4. Resistenze idrauliche 371

5. Le pressioni nel circuito 377

6. La regolazione automatica degli impianti 379

IMPIANTI DI RISCALDAMENTO

1. Classificazione 389

2. Gli impianti a collettore 392

3. Progettazione 394

4. Esempio di calcolo 411

IMPIANTI DI CONDIZIONAMENTO

1. Le condizioni di progetto e i carichi termici. 417

2. Bilanci sull’ambiente 418

3. Un impianto di condizionamento a tutt’aria

estivo/invernale. 420

APPENDICE

10

11

13 12

14

15

16

18

17

(3)

Parte 1

Termodinamica

(4)

Termodinamica degli stati

La termodinamica è la scienza che studia non solo le trasformazioni di calore in lavoro, come suggerito dal nome, ma anche i trasferimenti di altre forme di energia e gli effetti che questi producono sui corpi oggetto del trasferimento.

La termodinamica è una delle scienze della fisica macroscopica, le sue elaborazioni p re- scindono cioè dalla conoscenza microscopica della struttura della materia. Non si hanno

“istantanee” dei moti particellari ma, operando su scale di tempo e spazio notevolmente più grandi di quelle caratteristiche di questi, se ne ottengono automaticament e delle medie i cui effetti sono sperimentabili dai nostri sensi; ad esempio, pressione e temperatura non rivestono alcun significato da un punto di vista microscopico dove, come noto dalla teoria cinetica dei gas, possono associarsi rispettivamente alla variazione della quantità di moto ed alla velocità quadratica media delle molecole. I principi a cui si perviene hanno validità generale almeno in un contesto nel quale i nostri sensi “rispondono”. Rispetto a questi, dunque, la materia può essere riguardata come distribuita con continuità attraverso una regione di spazio: la più piccola particella considerabile sarà grande quanto basta per con- tenere un numero di molecole tale per cui le medie statistiche siano ancora significa tive.

Operativamente, la condizione si realizza allorché il numero di Knudsen Kn = /Lrif < 10-

2, essendo Lrif la dimensione caratteristica del volume considerato e  il cammino libero medio molecolare. Nella quasi totalità delle applicazioni ingegneristiche tale ipotesi non costituisce affatto una limitazione dal momento che, tipicamente, per un solido o un li- quido il numero di molecole è dell’ordine di 1023/cm3, mentre per un gas, ad esempio aria in condizioni ambiente, è di 1019.

1. Definizioni

Lo studio termodinamico richiede necessariamente di identificare una parte del mondo fisico che si vuole osservare o controllare riguardo agli scambi di energia che la contrad- distinguono. Questa porzione del mondo fisico oggetto d’interesse, detta sistema, è confi- nata da pareti virtuali a massa nulla dette superfici di controllo, SC.

Il sistema può essere identificato in termini di:

 massa di controllo, MC, cioè una prefissata quantità di materia invariante nel tempo ma con volume variabile per effetto di SC mobili o deformabili che non sono mai attraversate da massa;

 volume di controllo, VC, cioè una prefissata regione di spazio il cui volume e la cui posizione non variano nel tempo1 ma caratterizzata dal contenere una massa variabile a causa di flussi di massa entranti e/o uscenti dal sistema attraverso le SC.

Le SC separano il sistema da tutto il mondo fisico a esso complementare che è detto am- biente.

Lo studio termodinamico sarà affrontato inizialmente identificando il sistema come MC; ciò è conseguenza del fatto che tale approccio si rivela più semplice di quello perti- nente al VC per l’assenza di flussi di massa. All’approccio della MC ci si riferirà nei primi quattro capitoli. L’estensione ai sistemi individuati secondo l’approccio del VC avverrà nel 5.

Identificato il sistema, occorre descriverlo in maniera oggettiva per valutare compiuta- mente le trasformazioni cui questo va incontro a fronte degli scambi di energia che lo

1 almeno nei limiti della presente trattazione

sistema

ambiente

stato Ipotesi del continuo

01

(5)

10 10 Capitolo 01

vedranno coinvolto. La descrizione del sistema avviene specificando quantitativame nte il valore di alcune sue caratteristiche dette proprietà. Si definisce stato di un sistema quella condizione in cui sono determinate in maniera univoca tutte le proprietà atte a descrivere il sistema indipendentemente dalla sua storia, ossia indipendentemente da come il sistema ha raggiunto lo stato considerato. Lo stato termodinamico di un sistema è quello descritto in termini di proprietà che siano in linea di principio misurabili dall’interno del sistema e suscettibili di variazione allorché il sistema scambia energia : in tal caso le proprietà sono dette proprietà di stato o coordinate termodinamiche. Ad esempio, la posizione e la velo- cità di un sistema rispetto a un riferimento inerziale sono delle proprietà (meccaniche) ma non possono riguardarsi come proprietà di stato.

Intuitivamente, il numero di proprietà utili alla descrizio ne del sistema si definisce in conseguenza del contesto in esame: ad esempio, poiché nella presente trattazione saranno studiati sistemi costituiti da sostanze pure, cioè di composizione chimica uniforme ed in- variabile, svanisce la necessità di descrivere la composizione del sistema. Parimenti, poi- ché saranno considerati sistemi che possono scambiare energia solo sotto forma di calore e di lavoro meccanico, la descrizione dello stato in termini di proprietà elettriche, magne- tiche o chimiche non è significativa. Questi sistemi, detti semplici compressibili, sono macroscopicamente omogenei, isotropi, chimicamente inerti ed elettricamente neutri.

Limitata l’analisi ai sistemi semplici compressibili, si consideri un gas, sostanza pura, contenuto in un cilindro delimitato da un pistone, Figura 1. La scelta del sistema non è univoca: si può considerare il solo gas, il gas ed il pistone oppure tutto il cilindro. Scelto il gas come sistema (semplice compressibile), alcune grandezze che ne caratterizzano lo stato termodinamico sono note dall’esperienza perché misurabili: il volume occupato dal gas, V, la massa, m, o il numero di moli, n, la pressione, p, e la temperatura, T. Come sarà più chiaro in avanti, allo scopo di descrivere compiutamente lo stato termodinamico del sistema è necessario introdurre altre due grandezze di stato: l’energia interna, U, e l’entro- pia, S. La termodinamica offrirà il modo di caratterizzare numericamente queste ultime due grandezze di stato che non risultano direttamente misurabili. Per comodità si introduce una ulteriore grandezza, l'entalpia, H = U + p V, proprietà di stato in quanto combinazione di proprietà di stato.

Una ulteriore classificazione può attribuirsi alle proprietà sopra elencate; alcune, dette grandezze estensive, si caratterizzano per l'assumere valori linearmente dipendenti dalla

sostanza pura, sistemi semplici compressibili Figura 1 proprietà, stato e trasformazione

2 1

T1

p1

s1f

a

s2f

f 1 f

2 f V1

sup. di controllo

T2

p2

V2

Tf

pf

Tf

pf

f Vf

Vf

(6)

Termodinamica degli stati 11

grandezze estensive, intensive e specifiche massa del sistema, tra queste la massa stessa, il volume, l’energia totale del sistema, l'en-

talpia e l’entropia. Le grandezze estensive godono quindi della proprietà additiva nel senso che il valore della grandezza che compete ad un sistema riguardabile come somma di più sottosistemi, è pari alla somma dei valori assunti in ogni sottosistema. Al contrario, le restanti proprietà, dette intensive, sono caratterizzate dal mantenersi invariate rispetto all’estensione, tra queste la pressione e la temperatura. Per ogni grandezza estensiva, G, si può introdurre la corrispondente grandezza specifica1, g, cioè riferita all’unità di massa: g

= G/m; se il sistema è non omogeneo rispetto alla distribuzione spaziale di G la grandezza specifica viene definita su base locale, g = dG/dm, essendo dm la massa più piccola con- siderabile affinché G attinga valori uniformi2. Le grandezze specifiche risultano indipen- denti dalla massa del sistema alla stregua delle grandezze intensive.

In generale le grandezze di stato risultano funzioni del punto e del tempo; nel caso par- ticolare in cui le grandezze termodinamiche sono invarianti sia n el tempo sia localmente all’interno del sistema, lo stato è definito stato di equilibrio. In particolare, l’uniformità delle grandezze intensive garantisce l’assenza di flussi di energia, cfr. 5. Lo studio degli stati di equilibrio è notevolmente semplificato ed è perciò rivolto ad essi lo studio della termodinamica classica, anche detta termodinamica degli stati di equilibrio.

Non tutte le proprietà che caratterizzano lo stato di equilibrio di un sistema sono ind i- pendenti; l’esperienza, sintetizzata nel postulato di stato, consente di affermare che per un sistema semplice compressibile costituito da una sostanza pura, lo stato intensivo3 è uni- vocamente definito specificando i valori di due grandezze termodinamiche intensive o specifiche indipendenti. Tale evenienza consentirà di introdurre in forma grafica la descri- zione dello stato ricorrendo a piani cartesiani detti diagrammi di stato, sui quali un punto può mettersi in corrispondenza biunivoca con lo stato intensivo del sistema e pertanto ne diventa sinonimo.

Altre grandezze saranno in seguito introdotte allo scopo di caratterizzare le trasforma- zioni, ossia i cambiamenti dello stato del sistema nel tempo. L’interesse per le trasforma- zioni scaturisce dal fatto che è nel corso di queste che il sistema interagisce con l’ambiente scambiando energia e pertanto mutando il proprio stato. La differenza tra parametri di stato e parametri descrittivi della trasformazione si può anticipare sin d’ora su base intuitiva con l’aiuto della Figura 1 ove è rappresentato lo stesso stato di equilibrio finale “f” cui si perviene distintamente mediante due trasformazioni caratterizzate da due diversi stati di equilibrio iniziale, “1” e “2”. Il volume dello stato “f” è una proprietà di stato, cioè indi- pendente dalla trasformazione secondo cui si è pervenuti ad “f” stesso, “1”→“f” o

“2”→“f”. Di contro, lo spostamento rappresentato in Figura non può essere considerato una proprietà di stato, infatti non ha senso parlare di spostamento nello stato “f”; lo spo- stamento è una caratteristica dipendente dalla trasformazione cui il sistema incorre,

“1”→“f” o “2”→“f”. In questo caso si parla di funzioni di trasformazione o di grandezze di scambio in contrapposizione al termine proprietà di stato.

2. Energia interna

Nei sistemi termodinamici, oltre all’energia di tipo meccanico, cioè cinetica e potenziale, vi è un’ulteriore forma di energia, detta energia interna, che si può definire come comple- mentare a quella di tipo meccanico rispetto alla energia totale del sistema. L’energia in- terna rappresenta a livello macroscopico la somma di tutte le energie presenti a livello microscopico quali l’energia cinetica di traslazione e di rotazione delle molecole, l’energia

1 Si conviene di indicare le grandezze intensive con simboli minuscoli, quelle estensive con i simboli maiuscoli e le specifiche con i corrispondenti minuscoli. Fanno eccezione la massa, m, e la temperatura, T.

2 Sarà necessariamente verificata anche l’ipotesi del continuo rispetto alla massa elementare selezionata.

3 Caratterizzare il sistema in termini di stato intensivo significa descriverne lo stato in termini di sole grandezze intensive e specifiche; il passaggio alla descrizione in termini stato estens ivo, riferito al sistema di massa m, è agevole conoscendo la massa: le grandezze estensive saranno ottenute moltiplicando le specifiche per la massa, mentre le grandezze intensive restano invariate.

postulato di stato equilibrio

trasformazioni, grandezze di scambio

(7)

12 12 Capitolo 01 potenziale e di vibrazione tra le molecole. A differenza di quella meccanica, misurabile

dall’esterno del sistema, tale forma di energia è suscettibile in principio di misure dall’in- terno del sistema e ciò ne giustifica il nome.

Anche se l’energia interna non è “tangibile” è facile accertarne l’esistenza: si consideri, ad esempio, un gas contenuto in un cilindropistone; sia il sistemagas in uno stato di equilibrio. Per cambiare il suo stato, e quindi in particolare la sua energia interna, il sistema deve interagire con l’ambiente attraverso le sue superfici. Per i sistemi semplici compres- sibili, l’interazione si può manifestare secondo le tre diverse modalità di seguito descritte.

Se si pone sul pistone un peso, imponendo una differenza di pressione tra il sistema e l’ambiente, il gas si comprimerà variando il suo volume fino a raggiungere un nuovo stato d’equilibrio laddove la pressione del sistema uguaglierà quella esterna. Per il principio di conservazione dell’energia, alla diminuzione dell’energia potenziale del peso che si regi- stra nell’ambiente deve corrispondere necessariamente un trasferimento di energia al si- stema-gas, che sarà detto avvenire nel modo lavoro, così da incrementarne l’energia in- terna. Supposto bloccato il pistone, un altro modo per variare l’energia interna del gas consiste, ad esempio, nell’immergere il cilindro in un serbatoio d’acqua più calda, impo- nendo così una differenza di temperatura tra il sistema-gas e l’ambiente-acqua; atteso il raggiungimento di un nuovo stato di equilibrio, laddove le temperature del sistema e dell’ambiente si pareggeranno ad un valore intermedio, è facile accettare che l’energia interna del gas sarà aumentata in conseguenza del raffreddamento dell’acqua: si è trasferita energia nel modo calore dall’ambiente al sistema. Un ulteriore modo per variare l’energia interna consiste nel trasferire massa, e di conseguenza l’energia a questa co nnessa, verso o dal sistema: in questo caso si dice che il trasferimento di energia avviene nel modo con- vettivo. Ad esempio, se nell’ambiente si registra una perdita di massa e della relativa ener- gia, gli dovrà necessariamente corrispondere un aumento di energia interna che compensi la diminuzione in ambiente.Le argomentazioni precedenti hanno mostrato che esiste una proprietà estensiva del sistema, detta energia interna, che consente di caratterizzare l’ener- gia totale E come: E = Ecin + Epot + U.

Le tre modalità di scambio di energia sopra menzionate possono coesistere a seconda del tipo di SC che si interpone tra il sistema e l’ambiente. La superficie che racchiude un sistema è detta: superficie adiabatica (diabatica), se non permette (se permette) il tra sferi- mento di energia al sistema nel modo calore; anergodica (ergodica), se impedisce (se per- mette) il trasferimento nel modo lavoro; impermeabile (permeabile), se non permette (se permette) il passaggio di materia e quindi il trasferimento di energia nel modo convettivo.

In particolare il sistema si dirà chiuso o aperto, se la superficie ch e lo racchiude è imper- meabile o permeabile; isolato, se è adiabatica, anergodica e impermeabile. Si noti che dalle precedenti definizioni segue che per i sistemi chiusi è naturale definire il sistema in termini di MC, di contro per i sistemi aperti è opportuno riferirsi al VC, come sarà evidenziato al

5.

Stabilitane l’esistenza, rimane da verificare se l’energia è misurabile, se è possibile cioè assegnarle un valore numerico univoco per un fissato stato di equilibrio.

Si può misurare l’energia interna del sistema confinandolo con superfici adiabatiche, im- permeabili ma ergodiche. Ciò consente unicamente lo scambio di energia sotto forma di lavoro meccanico fornito per portarlo da uno stato iniziale di equilibrio ad uno finale:

l’energia interna del sistema nelle condizioni di equilibrio finali è pari a quella iniziale incrementata del lavoro che può essere agevolmente misurato. Ne consegue che si può desumere la variazione, non i valori assoluti, di energia interna tra monte e valle di u na trasformazione: si vedrà che tale evenienza non è però limitativa ai fini dello studio ter- modinamico.

classificazione delle superfici di

controllo esistenza

modi di trasferimento

dell’energia

misurabilità

(8)

CONDUZIONE 1D STAZIONARIA 123

17.81

6.41 5.86

4.41 4.19

2 17.34

0

0 0.3

x [m]

T [°C]

25

2 20

3 4

1 5

h spes-

sore k r T

[°C]

strut-

tura [m] [W/mK

] [m2K/W ] [°C]

1/hi 1

0 - 0.10 17.8

1 0.015 0.70 0.02 17.31

2 0.22 0.44 0.50 6.41 4

3 0.04 1.60 0.03 5.86

4 0.06 0.90 0.07 4.41

5 0.01 1.00 0.01 4.19

1/he 1

0 - 0.10 2

totali 0.345 0.82

Lastra piana con generazione interna

Si consideri una lastra piana di spessore 2 L in condizioni stazionarie e con generazione uniforme, u.

gen. Tale situazione descrive, ad esempio, il riscaldamento dovuto al passaggio di corrente elettrica per effetto Joule, alle microonde, a reazioni chimiche o nucleari, e trova importanti riscontri applicativi nello studio dei riscaldatori elettrici e, nel caso di geometria cilindrica, dei cavi conduttori di corrente elettrica. L’analisi di quest’ultimo caso può essere condotta sulla falsariga di quello in esame ed è lasciato al lettore.

Condizioni al contorno con simmetria termica

Si inizia con il considerare lo schema di Figura 5 ove la lastra è raffreddata su entrambe le facce da una corrente fluida di caratteristiche note, h e Tf; considerando la simmetria di carico e geometrica, si può limitare lo studio ad una sola metà della lastra traducendo la condizione di simmetria con una di adiabaticità, entrambe caratterizzate da tangente nulla, Figura 5.

Traducendo in equazioni quanto appena descritto, l’equazione differenziale e le relative condizioni al contorno sono:





 

 

 

 

) ) ( ( 0

0

f 0

gen 2 2

T L T x h

k T x T

k u x

T

L x x

(17)

La soluzione del problema,

T(x) = gen f

.

2 2 2 gen .

2 1 T

h L u L x k

L

u  



  (18)

mostra che la temperatura varia secondo legge parabolica con massimo sulla mezzeria della lastra e minimo ad x = L. Dalla (18) segue anche che se k → ∞ o se L → 0 la caduta

(9)

124 124 CAPITOLO 07

di temperatura nella lastra assume un valore nullo; dalla stessa equazione si evince che se h → ∞ si annulla la caduta di temperatura all’interfaccia solido -fluido, TL - Tf. La costru- zione grafica riprodotta in Figura 5 evidenzia quanto constatato.

Il flusso termico locale, calcolabile dalla legge di Fourier, è variabile linearmente lungo la lastra:

x x u

k T

q gen

.

 

(19)

Il flusso termico uscente attraverso la faccia ad x = L può calcolarsi dalla precedente espressione oppure con riferimento ad un bilancio esteso ad un volume di controllo che avvolga tutta la lastra:

gen .

u L A

Q   (20)

avendo indicato con A l’area normale al passaggio del flusso.

Condizioni al contorno senza simmetria termica

Si consideri il caso rappresentato in Figura 6, il problema è





 

L 0 gen 2 2

) (

) 0 (

0

T L T

T T

k u x

T

(21)

La lastra di spessore L è soggetta a condizioni al contorno non simmetriche di primo tipo.

Il campo di temperatura nella lastra è determinato da due effetti, lo squilibrio di tempera- tura sul bordo e la generazione interna.

Stante la linearità del problema in esame, la soluzione può ricercarsi come somma di due soluzioni parziali, l’una che si fa carico della non omogeneità nell’equazione differenziale, cioè della generazione, e l’altra che si fa carico dello squilibrio sul bordo, cioè delle diso- mogeneità delle condizioni al contorno; si assume quindi che T(x) = T(1)(x) + T(2)(x). La struttura ipotizzata per la soluzione è soluzione delle precedenti equazioni se risulta:

x TL

L T

u . genL2 2k

T0

Tan() = . ugen L k



Tf

k h . ugenL2

2k

ugenL h .

ugen

.

-

Tf

h

Figura 5

lastra piana con generazione

(10)

CONDUZIONE 1D STAZIONARIA 125





 

0 ) (

0 ) 0 (

0

) 1 (

) 1 (

gen 2

) 1 ( 2

L T T

k u x

T





 

L ) 2 (

0 ) 2 (

2 ) 2 ( 2

) (

) 0 (

0

T L T

T T

x T

(22)

Il vantaggio di aver ottenuto due sottoproblemi scaturisce dal fatto che entrambi sono già stati studiati. La soluzione per T(1) è fornita dalla (18) opportunamente riscalata e assu- mendo h  ∞ e Tf = 0; risulta: T(1)(x) = (L x) u.

gen x/(2 k). La soluzione per T(2) è data dalla (3). La asimmetria si evidenzia valutando la collocazione del massimo del profilo di temperatura: si trova xmax = L/2 + (TL-T0) k/(u.

gen L); ne consegue che il massimo cade nella metà della lastra la cui faccia esposta è a temperatura più elevata.

Tenendo presente la sovrapposizione dei due campi di temperatura, il flusso termico può riguardarsi come somma di un termine costante più un termine variabile linearmen te, quest’ultimo positivo per x > L/2 e negativo in caso contrario; in particolare, i flussi sulle facce ad x = 0 e x = L valgono rispettivamente:

 k

x 0

T

 =

2

L gen

0 u L

L T

kT

  k

x L

T

 =

2

L gen

0 u L

L T

kT

 

(23)

Supposto che, come in Figura, T0 > TL, sulla faccia ad x = 0 il flusso può in generale assumere segno qualsiasi, mentre sull’altra faccia il flusso è certamente uscente.

2. Il processo di adimensionalizzazione

Definito il problema tramite l’equazione differenziale e le condizioni al contorno, è con- veniente procedere alla fase di adimensionalizzazione. Alla lettera, adimensionalizzare si- gnifica togliere le dimensioni; quest’operazione implica rapportare le variabili dipendenti ed indipendenti del problema con altre ad esse omogenee dimensionalmente che sono scelte come riferimento; alla generica grandezza G si fa corrispondere quella adimensio- nale  = G/Grif ove Grif è la grandezza assunta come riferimento. Queste ultime vanno selezionate nell’ambito del problema in esame perché le variabili adimensionali siano si- gnificative. Ad esempio, se è in esame una tubazione se ne può misurare la lunghezza, L, in diametri di tubazione avendo scelto come riferimento il diametro, D. Si noti che l’aver scelto come riferimento il diametro consente di stabilire quanto è “snella” la tubazione: ad

x TL

T T0

0 L

T1(x) T2(x)

xmax

T(x)

Figura 6 generazione con condizioni al contorno asimmetriche

(11)

126 126 CAPITOLO 07

esempio, è immediato concludere che una tubazione lunga molti diametri è snella di con- tro, non si può giungere analoga conclusione giudicando in base alla sua lunghezza espressa in metri. In altre parole, la tubazione può essere “lunga o corta” in dipendenza del contesto esaminato; una adimensionalizzazione corretta, cioè la scelta di una lunghezza di riferimento significativa, consente di dissolvere il dubbio.

Nel corso del processo di adimensionalizzazione le proprietà che figurano nel sistema di equazioni che definisce il problema e le grandezze assunte come riferimento sono rag- gruppate in un numero ridotto di parametri adimensionali; ciò consente di valutare appieno la dipendenza funzionale tra le varie grandezze oltre che una più comoda manipolazione del modello. Inoltre, come sarà chiaro in seguito, i parametri adimensionali possono dar luogo a notevoli semplificazioni nell’analisi del problema esaminato se la scelta delle grandezze di riferimento è fatta in maniera tale che le grandezze adimensionali risul tano di ordine di grandezza unitario, cioè se 0 < .

Si nota, infine, che non sempre è facile identificare a priori delle grandezze di riferi- mento significative per il problema in esame: queste saranno sovente esplicitate invocando la necessità di semplificare sul piano formale la descrizione del p roblema; l’analisi suc- cessiva consentirà di attribuire a tali grandezze il significato che gli compete sul piano fisico.

Le summenzionate caratteristiche del processo di adimensionalizzazione verranno illu- strate nei prossimi paragrafi facendo riferimento a due esempi. Riguardo a questi ultimi, e più in generale in tutto il testo, si conviene di indicare le grandezze adimensionali con simboli dell’alfabeto greco o minuscoli, mentre le corrispondenti maiuscole indicheranno le grandezze dimensionali.

Riduzione delle variabili e nuovi parametri adimensionali

Si consideri, ad esempio, il caso di una lastra piana in condizioni stazionarie soggetta a condizioni al contorno del primo tipo sulla faccia ad x = 0 e del terzo su quella ad x = L, Figura 7. Il problema si formalizza come:





 

 

 

) ) ( ( )

0 (

0

f 0

2 2

T L T x h

k T T T x T

L x

(24)

Dall’analisi delle precedenti equazioni appare che la funzione temperatura dipende da sei

1 1+Bi (T0 Tf ) k

k + h L (T0 Tf ) h L

k + h L

x L

T

T0

1



1

1 Bi Bi

Bi0

Tf

0 TL

Tf

h

k h

q . . q*

Figura 7

problema dimensionale vs adimensionale

(12)

CONDUZIONE 1D STAZIONARIA 127

parametri: T = T(x, k, L, h, Tf, T0); ciò suggerisce di condurre il processo di adimensiona- lizzazione. Occorre perciò individuare nell’ambito del problema in esame delle grandezze di riferimento per ridefinire in termini adimensionali la temperatura e la variabile spaziale.

Si definiscono le seguenti variabili adimensionali:

f 0

f

T T

T T L

x

 

 

 (25)

ove si è scelta senza ambiguità la lunghezza di riferimento pari ad L; con riferimento alla temperatura adimensionale, si osserva che la scelta di misurare la temperatura in eccesso rispetto a quella del fluido scaturisce dal considerare che la driving force per la potenza termica è sempre una differenza di temperatura. D’altra parte, questa scelta è suggerita anche da considerazioni di carattere matematico, poiché co nsente di rendere omogenea la condizione al contorno convettiva. Ciò premesso, il salto termico di riferimento è univo- camente identificabile in T0 – Tf. Sia  che  sono grandezze normalizzate, ossia variabili nell’intervallo 0÷1. In termini adimensionali il problema diventa:









 

 

) 1 ( 1 ) 0 (

0

1 2 2

 

Bi

(26)

ove Bi = (hL)/k è un raggruppamento adimensionale definito come numero di Biot.

Si noti la riduzione del numero di parametri coinvolti nella descrizione adimensionale del problema:  = (, Bi).La soluzione risulta

() = 1  Bi Bi

1 (27)

Il flusso termico adimensionale può calcolarsi mediante la legge di Fourier e tenendo in conto la precedente distribuzione di temperatura:

q. /qrif

. = () = Bi Bi

1 (28)

avendo posto, per comodità, qrif

. = k (T0Tf)/L; il flusso termico di riferimento qrif . rap-

x TL

L ugen

. T

Trif .

T0

Tf 

k h ugenL2

2k



1 1



1 1 2

1 Bi

1 Bi



4

Figura 8

problema dimensionale vs

adimensionale

numero di Biot

(13)

128 128 CAPITOLO 07

presenta quello massimo che attraverserebbe la lastra se questa fosse sottoposta al mas- simo salto di temperatura, (T0Tf); pertanto, anche il flusso termico adimensionale è nor- malizzato ed aumenta con il numero di Biot.

Il significato del numero di Biot si può apprendere esplicitando il salto di temperatura nella derivata che figura nella condizione convettiva ad x = L:

k x L

T

 = L

T kT0L

= h (TLTf) (29)

Da qui riarrangiando segue:

f L

L 0

T T

T T

 =

h k

R R h

k L

/ 1

/ = Bi (30)

Quindi il numero di Biot rappresenta una misura della resistenza conduttiva rispetto a quella convettiva ovvero stabilisce quanto è grande la caduta di temperatura nel solido rispetto a quella nel fluido.

Il numero di Biot sintetizza gli andamenti qualitativi del campo di temperatura in dipen- denza di h, L e k già discussi al paragrafo 0 facilitandone l’analisi:

Bi  : si ottiene (1) = 0, i.e. L f, semplificando la condizione al contorno di III tipo e recuperando quella di I tipo.

Bi 0: si ottiene una semplificazione nel dominio di integrazione dal momento che

() = (1) = 1; la temperatura non varia all’interno della lastra e tende al valore uniforme imposto sulla faccia ad x = 0.

Identificazione di grandezze di riferimento significative

Allo scopo di evidenziare come l’adimensionalizzazione consenta anche, oltre agli aspetti già evidenziati al precedente paragrafo, di estrarre dal problema grandezze di riferimento non immediatamente desumibili, si riconsidera il già esaminato problema relativo alla la- stra piana con generazione. In questo caso la scelta del salto termico di riferimento per l’adimensionalizzazione non è immediata come nell’esempio riportato al paragrafo prece- dente; si procede allora lasciandolo ancora incognito e pari ad un generico rif con l’au- spicio che nel corso del processo di adimensionalizzazione si possano trarre nuove infor- mazioni per poterlo caratterizzare. Definite le due variabili adimensionali  = (f)/rif

e  = x/L, il problema diventa:

) 1 ( )

1 (

0 ) 0 (

ξ ξ

rif gen 2 2

2



Bi T L k u

 

 

 

(31)

Si consideri che il II membro dell’equazione differenziale non può che essere di ordine di grandezza unitario essendolo il primo. È evidente che allo scopo di semplificare la scrittura dell’equazione conviene scegliere che sia rif = u.

gen L2/k. Risulta allora:

2 1

2 

(32)

Osservando il problema adimensionale, si può apprezzare la sintesi ottenuta visto che la  risulta funzione di due soli parametri,  = (Bi); risolvendo si ha:

 = 1

2 (12) + 1

Bi (33)

Resta da caratterizzare il significato del rif, scelto in base all’esigenza di semplificare

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