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RELAZIONE GEOLOGICA E SISMICA

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Academic year: 2022

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Tel. 349/8055176

email: [email protected]

COMMITTENTE:

AZIENDA AGRICOLA SANTA CATERINA

VIA VITTORIO NENNI 1/1, LOC. SANT’ANDREA A TORRILE (PR)

PROGETTISTA:

ARCH. FRANCHI SARA

STRADA PROV.LE DI GOLESE N. 138/1, TORRILE (PR)

PERMESSO DI COSTRUIRE

REALIZZAZIONE DI DUE STRUTTURE AD USO FIENILE PRESSO L’AZIENDA AGRICOLA SANTA CATERINA

PROGETTAZIONE

Rev. Data Descrizione Redatto

0 26/06/2018 Emissione Biasia

n. Elab.: RGS_01_156_01 Data: 26/06/2018 COMMESSA N.156

RELAZIONE GEOLOGICA E SISMICA

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INDICE

1. PREMESSE ... 2

2. INQUADRAMENTO TERRITORIALE ... 4

3. MODELLO GEOLOGICO ... 5

3.1. GEOLOGIA ... 5

3.2. GEOMORFOLOGIA ... 9

3.2.1. Rischio idraulico ... 9

3.3. IDROGEOLOGIA ... 11

3.3.1. Comportamento idrodinamico dell’acquifero superficiale ... 13

3.4. Vulnerabilità degli acquiferi ... 14

3.5. SISMICITA’ ... 15

3.5.1. Sismicità storica ... 15

3.5.2. Zonizzazione sismica ... 16

3.5.3. Classificazione sismica ... 16

4. INDAGINI GEOGNOSTICHE ... 18

4.1. Prove penetrometriche statiche CPT ... 18

4.2. Prova MASW ... 22

5. MODELLO GEOTECNICO ... 26

5.1. Assetto stratigrafico di dettaglio ... 26

5.2. Determinazione dei parametri geotecnici ... 30

5.2.1. Peso di volume ... 30

5.2.2. Depositi coesivi ... 30

5.3. Parametrizzazione geotecnica ... 34

5.4. Valori caratteristici da adottare nelle verifiche ... 35

6. VALUTAZIONE AZIONE SISMICA ... 37

6.1. CATEGORIA DI SOTTOSUOLO ... 37

6.2. Amplificazione topografica ... 38

6.3. Vita nominale dell’opera ... 39

6.4. Classe d’uso ... 39

6.5. Periodo di riferimento ... 40

6.6. Parametri sismici del sito ... 42

7. VERIFICA DELLA POSSIBILITA’ DI LIQUEFAZIONE DEI TERRENI... 43

8. CONCLUSIONI E PRESCRIZIONI ... 48

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1. PREMESSE

La presente relazione illustra l’assetto geologico, geomorfologico, idrogeologico e sismico di un’area ubicata in località S. Andrea in Comune di Torrile, (PR), dove si prevede la realizzazione di due strutture a supporto dell’attività dell’azienda agricola Santa Caterina.

In base ai dati attualmente disponibili per l’areale interessato e alle osservazione effettuate durante sopralluoghi sul campo, sono state eseguite le seguenti fasi di studio:

 raccolta e analisi dei dati geologici e idrogeologici esistenti in bibliografia e in precedenti studi già redatti per l'area in esame;

 ricostruzione del modello fisico del sottosuolo dell’area di indagine effettuata mediante:

o identificazione delle principali caratteristiche geologiche, geomorfologiche e idrogeologiche dell’area interessata dal progetto;

o identificazione dei punti di controllo della falda esistenti (pozzi e piezometri);

o raccolta e redazione di sezioni stratigrafiche rappresentative dell’area;

o ricostruzione dei parametri geotecnici dei terreni interagenti con le fondazioni delle opere in progetto;

o valutazione della pericolosità sismica locale.

I dati di inquadramento sono stati desunti da quanto riportato in bibliografia, nella cartografia geologica nazionale e regionale, nei report ambientali redatti da ARPAE e nei documenti di Piano redatti a scala provinciale e comunale.

Le caratteristiche dell’opera nonché le condizioni iniziali dello studio sono contenute nelle informazioni fornite dal Progettista, in accordo con il quale si sono convenute le indagini e i rilievi necessari per la caratterizzazione dei terreni di fondazione dell’opera.

Più nel dettaglio all’interno dell’area in esame sono state condotte tra il 2012 e il 2014 le seguenti indagini:

 Agosto 2012 – “Studio geologico, definizione del profilo geologico-litotecnico dei terreni e caratterizzazione sismica del sito, a corredo del Piano di Sviluppo Aziendale per installazione di strutture temporanee con copertura in telo”, a cura del Dott. Geol. Marco Pezziga:

- n. 2 prove penetrometriche statiche CPT;

- n. 1 indagine geofisica MASW.

 Aprile 2014 – “Studio geologico, definizione del profilo geologico-litotecnico dei terreni e caratterizzazione sismica del sito, a corredo di nuova costruzione di impianto digestione anaerobica alimentato da fonte energetica alternativa rinnovabile da parte di “Biogas Re Torrile S.r.l.”, a cura del Dott. Geol. Marco Pezziga:

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- n. 2 prove penetrometriche statiche CPT;

- n. 1 indagine geofisica MASW.

Le informazioni di carattere generale così raccolte sono state integrate e supportate dai risultati di ulteriori n.

2 prove penetrometriche statiche CPT, realizzate nel mese di giugno 2018, dalla Ditta specializzata Soilsystem di Piacenza.

I dati ottenuti dalle indagini geognostiche eseguite e dai dati bibliografici disponibili, hanno consentito la ricostruzione della stratigrafia del sottosuolo e la parametrizzazione geotecnica dei terreni di fondazione delle opere.

La presente relazione è corredata dalle seguenti tavole cartografiche:

 T01 - Inquadramento territoriale - scala 1:10.000;

 T02 - Carta geologica e geomorfologica - scala 1:5.000;

 T03 - Carta idrogeologica e della vulnerabilità degli acquiferi - scala 1:5.000;

 T04 - Ubicazione indagini - scala 1: 1.000;

 T05 - Sezioni stratigrafiche - scala 1:1.000 - 1:200.

e dai seguenti allegati:

 Allegato 1 – Elaborazione prove penetrometriche eseguite nella campagna d’indagine 2018;

 Allegato 2 – Elaborazione prove penetrometriche eseguite nelle campagne d’indagine 2012 e 2014

 Allegato 3 – Prove MASW eseguite nelle campagne d’indagine 2012 e 2014

 Allegato 4 – Tavole

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2. INQUADRAMENTO TERRITORIALE

L’Azienda agricola Santa Caterina è ubicata in via Vittorina Nenni nella frazione Sant’Andrea del Comune di Torrile (PR), nei pressi del confine Ovest con il Comune di Sissa Trecasali.

Cartograficamente l’area in esame è compresa nella Sezione n. 182050 “Colorno” della Carta Topografica Regionale alla scala 1:10.000.

L’area ricade in un settore a prevalente uso agricolo; gli abitati più prossimi all'area di studio sono Colorno (circa 2 Km a Nord-Est) e San Polo (circa 2 Km a Sud-Est).

Nell'ambito del PSC di Torrile l'area in oggetto risulta inquadrata in "Ambiti ad alta vocazione agricola produttiva”, normati dall’art.21 delle NTA.

Figura 1 – Inquadramento territoriale

L’ubicazione dell’area su base cartografica regionale è riportata in Tavola 01 – Inquadramento territoriale.

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3. MODELLO GEOLOGICO

3.1. GEOLOGIA

Il contesto geologico dell’area in esame è da porre in stretta relazione con la storia evolutiva del margine meridionale del bacino sedimentario padano, vasta depressione delimitata dai rilievi appenninici e colmata da un potente accumulo di depositi marini ed alluvionali di età pliocenica e quaternaria. In particolare, l’attuale strutturazione del bacino trae origine dalle spinte deformative che, a partire dal Miocene superiore, hanno coinvolto l’Appennino Settentrionale e l’antistante substrato padano, provocandone la deformazione secondo un modello generale a falde sovrapposte ed embrici NE vergenti (Pieri & Groppi, 1981).

In particolare, la parte sommitale della copertura sedimentaria del bacino è costituita, al di sopra dei depositi pliocenici marini, da sedimenti quaternari che sono suddivisibili, dal basso verso l’alto, in:

 depositi marini di ambiente prevalentemente litorale;

 depositi continentali fini riferibili ad ambienti di piana di inondazione alluvionale;

 depositi continentali grossolani alternati ad argille e limi associabili ad ambienti di conoide alluvionale. Questi ultimi rappresentano i sedimenti più recenti rinvenibili all’interno del bacino Nel sottosuolo i depositi della pianura costituiscono un cuneo che si allarga velocemente procedendo dal margine appenninico verso nord; lo spessore massimo di questi depositi arriva ad oltre 600 metri.

L’assetto di tale corpo sedimentario è il risultato dell’evoluzione deposizionale dei corsi d’acqua, legata sia alle variazioni climatiche pleistoceniche sia ai recenti movimenti tettonici della zona di margine, vale a dire di quella fascia interposta tra la Pianura s.l. in abbassamento e l’Appennino in sollevamento.

In accordo con quanto assunto dal Servizio Geologico e cartografico della Regione Emilia-Romagna, le unità stratigrafiche definite ed utilizzate nel presente studio rientrano nella classe delle Sequenze Deposizionali sensu Mitchum et Al. (1977).

Esse sono definite come: “Unità stratigrafiche composte da una successione relativamente continua e concordante di strati geneticamente correlati, limitati alla base e al tetto da superfici di discontinuità o dalle superfici concordanti correlabili con esse”.

Le Sequenze Deposizionali, a loro volta, possono essere suddivise in:

 Principali, corrispondenti ai Supersintemi e ai Cicli Sedimentari di Ricci Lucchi et alii (1982);

 Minori, corrispondenti ai Sintemi;

 Climatico-Eustatiche di rango superiore, corrispondenti ai Subsintemi

Dal punto di vista gerarchico di distinguono due Sequenze Principali (Supersintemi secondo la terminologia delle U.B.S.U.) denominate come segue:

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 Supersintema del Quaternario Marino, costituito da terreni paralici e marini depostisi tra il Pliocene superiore e il Pleistocene inferiore;

 Supersintema Emiliano-Romagnolo, costituito da depositi di ambiente continentale depostisi a partire da 800.000 anni BP.

Nel complesso i depositi presenti nel sottosuolo della porzione di territorio in esame sono relativi al Supersintema Emiliano-Romagnolo (AE).

L’assetto stratigrafico generale risulta costituito da una copertura quaternaria continentale dello spessore di oltre 400 m. Tali depositi appartengono ai cicli sedimentari AES e AEI (Sintema emiliano-romagnolo superiore e Sintema emiliano-romagnolo inferore) e sono costituiti da alternanze di estesi corpi tabulari di argille, sabbie, limi e ghiaie con grado di addensamento, cementazione e spessore molto variabili.

Tali sedimenti di origine continentale appoggiano su depositi di prodelta, piattaforma, piana deltizia e di delta-conoide a litologia prevalentemente sabbiosa e limoso-sabbiosa (CMZ_Sintema di Costamezzana e ATS_ Sintema del Torrente Stirone), affioranti nelle aree collinari del territorio provinciale assieme ai depositi delle formazioni marine pre-Quaternarie (cfr. Figura 3).

Figura 2 – Traccia Sezione geologica 88 (fonte: Servizio Geologico Sismico e dei Suoli della Regione Emilia Romagna)

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Figura 3 – Stralcio della Sezione geologica 88 (fonte: Servizio Geologico Sismico e dei Suoli della Regione Emilia Romagna)

Nell’area in oggetto, i depositi affioranti sia in superficie che nel primo sottosuolo (ca 20 m da p.c.) e quindi interagenti con le fondazioni delle opere in progetto, appartengono all’Unità di Modena (AES8a), il cui tetto è rappresentato dalla superficie deposizionale, per gran parte relitta, corrispondente al piano topografico.

Si tratta di depositi a tessitura prevalentemente fine di piana inondabile in area interfluviale.

La rappresentazione grafica dell’assetto geologico e geomorfologico della porzione di territorio interessata dall’intervento in progetto è riportata in Tavola 02 - Carta geologico-geomorfologica, redatta sulla base delle seguenti cartografie ed elaborati esistenti:

 Carta Geologica in scala 1:10.000 della Regione Emilia-Romagna;

 Banca Dati Geognostica della Regione Emilia-Romagna.

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Figura 4 – Stralcio della Carta geologica della Regione Emilia Romagna - Sezione n. 182050 " Colorno (fonte: Servizio Geologico Sismico e dei Suoli della Regione Emilia Romagna

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3.2. GEOMORFOLOGIA

Dal punto di vista morfologico l’area si presenta sub-pianeggiante con quote di circa 30 m s.l.m.

L'attuale assetto geomorfologico della porzione di territorio in esame è il risultato dell'effetto combinato di alterne vicende climatiche di varia intensità, lente deformazioni tettoniche ed interventi antropici, che si sono imposti negli ultimi millenni.

L’area in oggetto si trova nella fascia di transizione tra il Sistema deposizionale della Pianura alluvionale ad alimentazione appenninica e il Sistema deposizionale della Pianura alluvionale ad alimentazione assiale (paleoPo).

La Pianura alluvionale ad alimentazione appenninica si estende dalla Via Emilia e poco oltre, lungo l’asse del T. Parma, e dell’autostrada del Sole lungo l’asse del F. Taro e del T. Enza, fino a qualche chilometro a sud dell’asse fluviale del Po. Il sistema deposizionale è caratterizzato da depositi prevalentemente fini argillosi e/o limosi attraversati in senso meridiano da corpi nastriformi di ghiaie e sabbie. Il tratto di pianura, con la successione sedimentaria descritta, è definita anche "Pianura a crescita verticale.

Il rapporto tra materiali grossolani e fini risulta generalmente inferiore all’unità.

La Pianura alluvionale ad alimentazione assiale in provincia di Parma si estende invece dall’asse del Fiume Po per circa qualche chilometro in direzione sud. Il sistema deposizionale è caratterizzato da spesse bancate di sabbie prevalenti e ghiaie con locali intercalazioni lentiformi di argille e limi; il rapporto tra materiali grossolani e fini risulta alto. Il tratto di pianura con la successione sedimentaria descritta è definito anche "Piana di meandreggiamento del Fiume Po”.

Indicativamente lungo l’allineamento dei centri abitati di Soragna, San Secondo e San Polo (Comune di Torrile), oltre i 20 metri di profondità dal piano campagna (a livello dell’allomembro di Villa Verucchio) il limite settentrionale della Pianura alluvionale ad alimentazione appenninica, si trova in posizione più meridionale rispetto al limite riscontrabile nello strato superficiale. In profondità si rinvengono, infatti, potenti bancate sabbiose, riferibili ad antichi paleoalvei del fiume Po, a testimonianza della migrazione del corso d’acqua medesimo verso nord.

3.2.1. Rischio idraulico

Secondo quanto riportato nella Mappa di pericolosità di alluvioni e degli elementi potenzialmente esposti a scala 1:25.000, predisposta in attuazione dell’art. 6 dellla Direttiva 2007/60/CE e del D. Lgs. 49/2010 – Foglio 181NE – San Secondo, che rappresenta il quadro conoscitivo della pericolosità di alluvioni relativa al reticolo idrografico naturale e degli elementi potenzialmente esposti, il sito in oggetto ricade all’interno delle aree potenzialmente alluvionabili sia del reticolo naturale principale e secondario (scenario P1_L - “scarsa probabilità di alluvioni o di eventi estremi”, che del reticolo secondario di pianura (scenario P3_H – “Alluvioni frequenti con tempo di rirorno tra 20 e 50 anni”).

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Figura 5: Stralcio Foglio 181NE – San Secondo (Reticolo Principale e Secondario Collinare Montano - RP_RSCM)

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Figura 6: Stralcio Foglio 181NE – San Secondo (Reticolo Secondario Pianura - RSP)

3.3. IDROGEOLOGIA

L’area di studio, compresa nella zona di bassa pianura della provincia di Parma, è caratterizzata dalla presenza dei depositi alluvionali che raggiungono spessori di oltre 400 m.

L'acquifero quaternario alluvionale poggia sul substrato marino argilloso plio-pleistocenico. Il contatto con questi depositi presenta inclinazioni e morfologie variegate, in ragione della posizione e dei differenti fenomeni tettonici che hanno interessato tutto il margine appenninico-padano.

Secondo la classificazione introdotta dallo studio “Riserve idriche sotterranee della Regione Emilia- Romagna” (Regione Emilia-Romagna, Eni-Agip, 1998), sia in superficie che nel sottosuolo si distinguono 3

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Unità idrostratigrafiche di rango superiore, denominate Gruppi Acquiferi A, B e C, che corrispondono alle seguenti unità stratigrafiche:

 Gruppo Acquifero A: Sintema Emiliano-Romagnolo Superiore (AES);

 Gruppo Acquifero B: Sintema Emiliano-Romagnolo Inferiore (AEI);

 Gruppo Acquifero C: Supersintema Quaternario Marino

Ciascun Gruppo Acquifero, costituito dai sedimenti ghiaiosi e sabbiosi degli alvei sepolti dei corsi d'acqua principali e dai depositi di delta-conoide, risulta idraulicamente separato, almeno per gran parte della sua estensione, da quelli sovrastanti e sottostanti, grazie a barriere di permeabilità di spessore plurimetrico sviluppati a scala regionale, a granulometria fine interdeltizi o di interconoide e bacino interfluviale.

Dal punto di vista idrogeologico, i Gruppi Acquiferi A e B presentano una struttura complessa e articolata a causa della giustapposizione e sovrapposizione di differenti sistemi deposizionali; il Gruppo Acquifero C si presenta invece come un monostrato acquifero indifferenziato, solitamente in pressione.

L'architettura interna del Gruppo Acquifero A è articolata secondo un’organizzazione ciclica di depositi quaternari; sulla base di questa ciclicità sono stati individuati dei sottogruppi (A0, A1, A2, A3, A4) ai quali corrispondono unità idrogeologiche di rango gerarchico inferiore, che corrispondono a Sequenze Deposizionali Minori generate da eventi climatici che hanno causato l’alternarsi di attivazioni e disattivazioni dei sistemi fluviali e deltizi. Questi eventi sono riconoscibili in quanto determinano la formazione di corpi geologici delimitati alla base da litotipi argillosi (acquitardi) e al tetto da depositi ghiaioso-sabbiosi di conoide (acquiferi).

Nella porzione di territorio in esame, il complesso acquifero A si configura tendenzialmente compartimentato in falde confinate, con orizzonti freatici sospesi e discontinui per effetto della prevalenza estensiva e la continuità delle coperture di superficie a granulometria fine (argille e limi), a permeabilità estremamente ridotta (acquitards) o pressoché impermeabili (acquicludes).

In generale, le opere in progetto posso interagire esclusivamente con il sottogruppo A0, qui rappresentato da depositi argillosi con intercalazioni limose e sabbiose.

Per quanto attiene all’assetto idrogeologico locale l’area di interesse rientra nell’ambito territoriale del Torrente Parma inserito fra le aree con acquifero superficiale freatico (F. Petrucci et alii (1990): “Carta Idrogeologica della pianura di Parma”).

Le fasi stagionali a maggior piovosità unitamente alla scarsa permeabilità dei suoli e all’andamento pianeggiante della superficie topografica possono determinare difficoltà di drenaggio al suolo delle acque meteoriche. Tuttavia il drenaggio superficiale e la tutela del comprensorio comunale da rischi di esondazione vengono in parte favoriti da una fitta rete di canali, tributaria dei corsi d’acqua principali, facente capo principalmente ai Canali Galasso, Lorno, e Lornetto, Naviglio Navigabile, Fossetta Alta e Fossetta Bassa, ai Cavi Lama, Rivarolo, Canalazzo Terrieri, Naviglio Nuovo e Gambina di Gainago.

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Figura 7 – Schema geologico-stratigrafico e idrostratigrafico del Bacino Pleistocenico della Pianura Emiliano-Romagnola. Da “Di Dio G.

(2001): Il quadro delle conoscenze. In STUDI SULLA VULNERABILITA’ DEGLI ACQUIFERI \ 15. Nuova Carta della vulnerabilità del parmense ed indirizzi di tutela delle acque. A cura di G. Alifraco. 9-20, Pitagora ed., Bologna”.

Nella zona di interesse, risulta essere ben definita una struttura idrogeologica che, nelle prime decine di metri di profondità da p.c., si articola di fatto in tre unità principali:

 strato superficiale costituito da sedimenti coesivi argillosi e argilloso limosi (a tratti debolmente sabbiosi) che si estende fino ad una profondità variabile dai 10 ai 20 m da p.c.;

 strato intermedio costituito da depositi incoerenti sabbiosi e ghiaiosi (sede di falda confinata e semiconfinata) che si estende fino ad una profondità di 40 m da p.c.;

 substrato argilloso impermeabile dalla profondità di 40 m da p.c..

3.3.1. Comportamento idrodinamico dell’acquifero superficiale

Nell’area in oggetto la superficie piezometrica si trova a quote prossime al piano campagna; durante l’esecuzione delle prove penetrometriche il livello della falda è stato riscontrato a circa 70 cm di profondità.

Il flusso idrico sotterraneo è diretto verso nord-est, con un gradiente pari a circa 0,1%.

Nella zona in esame l’alveo del Torrente Parma ha funzione drenante, lo scambio idrico tra alveo e depositi alluvionali avviene in presenza di depositi limoso - argillosi.

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Il T. Parma costituisce un limite laterale a potenziale imposto che, ad ogni variazione idrometrica, genera un movimento analogo nei livelli piezometrici, anche se di ampiezza minore e sfasato nel tempo in rapporto alla distanza e alla trasmissività dei sedimenti.

In relazione alle variabilità degli apporti idrici, è possibile quindi ipotizzare che il livello piezometrico possa subire variazioni stagionali significative, raggiungendo quote prossime al piano campagna.

L’andamento della superficie piezometrica che interessa l’area in oggetto è rappresentato graficamente in Tavola 03 – Carta idrogeologica e della vulnerabilità degli acquiferi.

3.4. VULNERABILITÀ DEGLI ACQUIFERI

L’ambito di studio interessa, come detto, direttamente il Gruppo Acquifero A, che in questo settore è configurato con struttura multistrato tipica della bassa pianura parmense e caratterizzato nella parte superficiale (porzione direttamente indagata) dal sottogruppo acquifero A0, qui rappresentato prevalentemente da depositi argillosi con intercalazioni limose e sabbiose a permeabilità estremamente ridotta.

Da ciò ne consegue che l’area in oggetto, come indicato dalla Tavola 6D dell’Allegato 4 (Approfondimento in materia di tutela delle acque) alle NTA del PTCP di Parma, ricade nelle “zone poco vulnerabili”.

Figura 8 – Stralcio della Tavola 6D dell’Allegato 4 (Approfondimento in materia di tutela delle acque) del PTCP di Parma

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3.5. SISMICITA’

3.5.1. Sismicità storica

La sismicità storica del Comune di Torrile è stata desunta dal database delle osservazioni macrosismiche dei terremoti italiani utilizzate per la compilazione del catalogo parametrico CPTI15 (Rovida A., Locati M., Camassi R., Lolli B., Gasperini P., 2016. CPTI15, the 2015 version of the Parametric Catalogue of Italian Earthquakes. Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. doi:http://doi.org/10.6092/INGV.IT-CPTI15).

Nella successiva Tabella 1 sono elencate le osservazioni, aventi la maggiore intensità al sito, disponibili per il territorio comunale. Nella tabella sono indicate, oltre alla stessa intensità al sito (Is), l’anno, il mese (Me), il giorno (Gi), in cui si è verificato, l’intensità massima epicentrale in scala MCS (Io), e la magnitudo momento (Mw).

Intensity Year Mo Da Ho Mi Se Epicentral area NMDP Io Mw

5 1886 10 15 02 20 Collecchio 44 6 4,7

5 1951 05 15 22 54 Lodigiano 179 6-7 5,17

NF 1955 03 12 06 57 04.00 Parmense 15 5 4,15

4-5 1961 08 13 22 34 18.00 Parmense 22 5-6 4,37

4-5 1961 08 14 01 03 02.00 Parmense 14 5-6 4,47

3 1967 04 03 16 36 18.00 Reggiano 45 5 4,44

7 1971 07 15 01 33 23.00 Parmense 228 8 5,51

6 1983 11 09 16 29 52.00 Parmense 850 6-7 5,04

4 1988 03 15 12 03 16.17 Reggiano 160 6 4,57

NF 1989 10 03 09 41 32.85 Appennino parmense 91 4 4,04

3 1991 10 31 09 31 18.63 Emilia occidentale 134 5 4,33

NF 1996 12 16 09 09 53.08 Pianura emiliana 115 5-6 4,06

NF 1998 02 21 02 21 13.30 Pianura emiliana 104 5 3,93

4 2012 01 25 08 06 37.09 Pianura emiliana 25 5-6 4,98

Tabella 1: Sismicità storica del Comune di Torrile

La sismicità del territorio comunale è riassunta graficamente nel diagramma di Figura 9.

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Figura 9: Diagramma rappresentante la storia sismica del Comune di Torrile

3.5.2. Zonizzazione sismica

In base alla zonazione sismogenetica ZS9 – App. 2 del Rapporto Conclusivo della “Redazione della mappa di pericolosità sismica prevista dall’ O.P.C.M. 20-3-2003, n. 3274. Rapporto conclusivo per il Dipartimento della Protezione Civile, INGV, Milano-Roma, aprile 2004, 65 pp. + 5 appendici”, il territorio nazionale è stato suddiviso in 36 Macrozone caratterizzate da un definito modello cinematico che sfrutta una serie di relazioni di attenuazione stimate sulla base di misurazioni accelerometriche effettuate sia sul territorio nazionale che europeo.

In base a tale suddivisione l’area in oggetto ricade nei pressi della Zona Sismogenetica 913, che fa parte del complesso “Appennino settentrionale e centrale” (zone che vanno dalla 911 alla 923).

In questa zona si verificano terremoti originati da movimenti prevalentemente compressivi NW con meccanismi trascorrenti nelle zone di svincolo che dissecano la continuità longitudinale delle strutture.

I terremoti storici raramente hanno raggiunto valori molto elevati di magnitudo; la massima magnitudo rilevata è Md = 4,8; le zone ipocentrali si verificano generalmente a profondità comprese tra 12 e 20 Km con profondità efficace di 13 km; nella Zona Sismogenetica 913 è previsto, sulla base dei meccanismi focali, valori di massima magnitudo pari a Mwmax = 6,14.

3.5.3. Classificazione sismica

La classificazione sismica è stata approvata con l’Ordinanza del Presidente del Consiglio dei Ministri n 3274 del 20/03/2003 “Primi elementi in materia di criteri generali per la classificazione sismica del territorio nazionale e di normative tecniche per la costruzione in zona sismica”.

Il territorio nazionale è stato suddiviso in 4 classi con livelli decrescenti di pericolosità sismica in relazione a 4 differenti valori di accelerazione orizzontale (ag/g) d’ancoraggio dello spettro di risposta elastico e a 4

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differenti valori di accelerazione di picco orizzontale del suolo (ag/g), con probabilità di superamento del 10%

in 50 anni.

Zona Accelerazione orizzontale con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni (ag/g)

1 >0,25

2 0,15 - 0,25

3 0,05 - 0,15

4 <0,05

Tabella 2: Accelerazione orizzontale con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni (ag/g)

Il territorio comunale di Torrile è classificato in classe 3, con conseguente accelerazione sismica orizzontale, con probabilità di superamento pari al 10% in 50 anni, compreso tra 0,05 - 0,15 (ag/g).

Tali valori d’accelerazione sono relativi al bedrock, ovvero a formazioni litoidi o terreni omogenei molto rigidi.

Figura 10: Classificazione sismica vigente dei Comuni della Regione Emilia-Romagna

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4. INDAGINI GEOGNOSTICHE

Per la verifica dell’assetto stratigrafico e la caratterizzazione geotecnica dei terreni d’imposta delle fondazioni delle opere previste sono stati utilizzati i dati raccolti da indagini geotecniche e geofisiche effettuate a supporto di studi già redatti per l'area in esame.

Più nel dettaglio all’interno dell’area in esame sono state condotte tra il 2012 e il 2014 le seguenti indagini:

agosto 2012 - “Studio geologico, definizione del profilo geologico-litotecnico dei terreni e caratterizzazione sismica del sito, a corredo del Piano di Sviluppo Aziendale per installazione di strutture temporanee con copertura in telo” (a cura del Dott. Geol. Marco Pezziga):

- n. 2 prove penetrometriche statiche CPT;

- n. 1 indagine geofisica MASW.

aprile 2014 – “Studio geologico, definizione del profilo geologico-litotecnico dei terreni e caratterizzazione sismica del sito, a corredo di nuova costruzione di impianto digestione anaerobica alimentato da fonte energetica alternativa rinnovabile da parte di “Biogas Re Torrile S.r.l.” (a cura del Dott. Geol. Marco Pezziga):

- n. 2 prove penetrometriche statiche CPT;

- n. 1 indagine geofisica MASW.

Le informazioni provenienti dalle campagne geognostiche precedenti sono state integrate e supportate dai risultati di ulteriori 2 prove penetrometriche statiche CPT, svolte nel mese di giugno 2018 dalla Ditta specializzata Soilsystem di Piacenza.

Quest’ultime sono state costantemente visionate da un geologo esperto che ha diretto l’esecuzione e verificato la corretta esecuzione nel rispetto delle specifiche tecniche.

L’ubicazione delle indagini eseguite, la cui descrizione è riportata nei paragrafi successivi, è riportata nella planimetria di Tavola 04 - Ubicazione indagini.

4.1. PROVE PENETROMETRICHE STATICHE CPT

La prova penetrometrica statica con punta meccanica consiste nel misurare la resistenza alla penetrazione di una punta conica metallica, di dimensioni e caratteristiche standard, infissa a velocità costante nel terreno tramite un dispositivo di spinta idraulico che agisce alternativamente su una batteria di aste esterne e una batteria di aste interne alla cui estremità inferiore è collegata la punta.

La misura in superficie viene eseguita mediante gruppi di due manometri in serie.

La prova deve essere eseguita secondo la seguente normativa e specifica di riferimento:

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 ASTM D 3441 – 94 Standard Test Method for Deep, Quasi-Static, Cone and Friction – Cone Penetration Tests of Soil;

 UNI EN 1997-2 (2007) – Eurocodice 7 – Progettazione geotecnica. Parte 2. Indagini e prove nel sottosuolo [EN 1997-2 – Eurocode 7 – Geotechnical Design – Part 2: Ground investigation and Testing];

 ISO 22476-12 – Geotechnical investigation and testing – Field Testing – Part 12: Mechanical CPT.

Le prove penetrometriche statiche con punta meccanica sono state realizzate mediante l’utilizzo di punta meccanica tipo Begemann con le seguenti caratteristiche:

 diametro della punta 3,6 cm;

 angolo della punta 60°;

 superficie della punta 10 cm2;

 superficie del manicotto 150 cm2 .

Figura 11: Punta Begemann

La prova viene eseguita facendo avanzare, ad una velocità costante di 2 cm/s (± 0.5 cm/s), le aste interne fino ad esaurire l’intera corsa della punta (4 cm) e della punta + manicotto (altri 4 cm), misurando la pressione di spinta nel primo e nel secondo caso; si faranno quindi avanzare le aste cave, fino alla chiusura delle aste telescopiche (altri 12 cm), misurando ed annotando la pressione totale di spinta.

Le misure di resistenza alla punta qc e resistenza per attrito laterale fs sono discontinue, con annotazione dei valori di resistenza ogni 20 cm di penetrazione.

La prova viene proseguita sino alla profondità massima specificata nel progetto delle indagini o fino a rifiuto, corrispondente al raggiungimento del limite di spinta nominale dell’attrezzatura conforme al progetto delle indagini.

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Al termine della prova, si provvede a misurare la profondità da p.c. del tratto di foro aperto e ispezionabile o alla quota di soggiacenza della falda freatica. Tale quota viene riportata in una nota nella documentazione finale.

Nello specifico all’interno dell’area in esame sono state effettuate complessivamente n. 6 prove penetrometriche effettuate in tre campagne geognostiche distinte: agosto 2012, aprile 2014 e giugno 2018.

L’elaborazione dei dati ottenuti dalle prove penetrometriche statiche sono riportati negli Allegati 1 e 2.

Nome prova Data di esecuzione Profondità prova (m dal p.c.)

CPT 1 agosto 2012 13,8

CPT 2 agosto 2012 9,6

CPT 1 aprile 2014 10,0

CPT 2 aprile 2014 15,0

CPT 1 giugno 2018 13,8

CPT 2 giugno 2018 17,2

Tabella 3: Prove penetrometriche statiche CPT

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Figura 12: Diagramma di Resistenza alla punta Rp (Kg/cm2) delle prove penetrometriche disponibili

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4.2. PROVA MASW

La tecnica Masw permette di realizzare una modellazione del sottosuolo mediante l’analisi delle onde di superficie (di Rayleigh e di Love), attraverso una dettagliata ricostruzione della distribuzione delle onde S nel sottosuolo, realizzata mediante modellizzazione diretta della velocità di fase delle onde superficiali, registrate da opportuno sismografo, con l’ausilio di geofoni di superficie a bassa frequenze ed indotte mediante energizzazione con fonte artificiale (massa battente).

Nelle prospezioni sismiche per le quali si utilizzano le onde di tipo P, la maggior parte dell’energia sismica totale generata si propaga come onde superficiali S.

Ipotizzando una variazione di velocità dei terreni in senso verticale, ciascuna componente in frequenza di queste onde è caratterizzata da una diversa velocità di propagazione (chiamata velocità di fase) e quindi da una diversa lunghezza d’onda.

Questa proprietà si chiama dispersione. Sebbene le onde superficiali siano considerate rumore per le indagini sismiche che utilizzano le onde di volume (riflessione e rifrazione), la loro proprietà dispersiva può essere utilizzata per studiare le proprietà elastiche dei terreni superficiali.

La costruzione di un profilo verticale di velocità delle onde di taglio (Vs), ottenuto dall’analisi delle onde piane della modalità fondamentale delle onde di Rayleigh è una delle pratiche più comuni per utilizzare le proprietà dispersive delle onde superficiali.

Per ottenere un profilo verticale di velocità Vs bisogna produrre un treno d’onde superficiali a banda larga e registrarlo minimizzando il rumore. La configurazione base di campo e la routine di acquisizione per la procedura sono generalmente le stesse utilizzate in una convenzionale indagine a rifrazione. Le componenti a bassa frequenza (lunghezze d’onda maggiori), sono caratterizzate da forte energia e grande capacità di penetrazione, mentre le componenti ad alta frequenza (lunghezze d’onda corte), hanno meno energia e una penetrazione superficiale. Grazie a queste proprietà, una metodologia che utilizzi le onde superficiali può fornire informazioni sulle variazioni delle proprietà elastiche dei materiali prossimi alla superficie al variare della profondità. La velocità delle onde S (Vs) è il fattore dominante che governa le caratteristiche della dispersione.

La procedura MASW può sintetizzarsi in tre stadi distinti:

1) acquisizione dei dati sperimentali;

2) estrazione della curva di dispersione;

3) inversione della curva di dispersione per ottenere il profilo verticale delle Vs (profilo 1-D), che descrive la variazione di Vs con la profondità.

Una mappa bidimensionale (mappa 2-D) può essere costruita accostando e sovrapponendo più profili 1-D consecutivi.

Tali onde si trasmettono sulla superficie libera di un mezzo isotropo ed omogeneno e sono il risultato dell’interferenza tra onde di pressione (P-waves) e di taglio verticali (Sv-waves).

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All’interno dell’area in esame sono state effettuate due indagini MASW (agosto 2012 e aprile 2014).

Le indagini effettuate sono state condotte con l’ausilio della tecnica MASW (Multichannel Analysis of Surface Waves), alla luce degli spazi e della logistica operativa riscontrata in cantiere, nonché tenendo conto delle finalità dell’indagine e del grado di dettaglio auspicabile dai risultati.

Per entrambe le indagini MASW è stato realizzato uno stendimento sismico lungo 34,5 metri, composto da 24 geofoni ad asse verticale ed a bassa frequenza, posti ad un’interdistanza pari a 1,5 metri l’uno dall’altro;

tale configurazione ha consentito l’acquisizione dei dati relativi ai primi 30 metri della verticale indagata rispetto al piano di posa fondale. La sorgente energizzante è stata posta a 15 metri di distanza dall’estremità W dello stendimento.

Le prove MASW in sito sono state eseguite utilizzando un sismografo multicanale ad incrementi di segnale, della P.A.S.I. mod. 16SG24 a 24 canali.

Le specifiche tecniche dello strumento sono:

 processore: Pentium 200 MMx Intel;

 rattamento dati: Floating Point 32-Bit;

 Canali: 24;

 Display: VGA colori LCD_TFT 10,4”;

 Supporto memorizz.: Hard Disk 2,1 Gb;

 Risoluzione acquisizione: 6/24 bit ;

 Sonde ambiente interne: temperatura, umidità relativa;

 Formato dati: Pasi (.osv) e SEG-2 (.dat);

 Durata acquisizioni: Rifrazione, 32÷2048 ms Riflessione, 32÷16384 ms;

 Tempi campionamento: da 16 s a 2 ms;

 Filtri digitali: Passa alto (25÷400 Hz) Passa Basso (100÷250 Hz) Notch (50÷180 Hz);

 Attivazione filtri: in acquisizione o manualmente;

 Trigger: inibizione impulsi dovuti a rimbalzi;

 Ricevitori – 24 geofoni da 4,5 Hz collegati in serie da due cavi con lunghezza 110 m l’uno;

 Sorgente impulsiva: mazza battente da 10 Kg con piastra metallica 15x15 cm su cui battere.

Il salvataggio delle tracce nel dominio temporale previsto dal metodo, permette di distinguere ed evidenziare, durante l’analisi, le onde di superficie presenti nel record che, normalmente, sono caratterizzate da un’elevata ampiezza del segnale (circa il 60% dell’energia prodotta dalla sorgente artificiale si distribuisce in onde superficiali). Una particolare analisi spettrale “overtone analysis”, produce il grafico “Velocità di

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fase/frequenza” in cui si può distinguere il modo fondamentale delle onde di superficie da cui ricavare la curva di dispersione ed il profilo delle Vs per successiva inversione 1-D (Allegato 2).

I dati acquisiti in formato seg2 vengono elaborati tramite il programma SWAN che esegue l’interpretazione tramite le seguenti operazioni

 Creazione di un progetto MASW;

 Collegamento dei file contenenti i dati da elaborare al progetto creato;

 Eventuale fase di pre-processing per elaborare i dati stessi in modo da migliorare la qualità della successiva interpretazione;

 Passaggio dal sismogramma al dominio spettrale mediante trasformata FK;

 Estrazione della curva di dispersione sperimentale mediante interpretazione dello spettro FK;

 Fase di inversione, ovvero generazione di un modello sintetico a cui sia associata una curva di dispersione teorica ben sovrapposta a quella sperimentale.

L’osservazione dello spettro consente di notare che l’onda S si propaga a velocità variabile a seconda della frequenza dell’onda stessa, questo fenomeno è detto dispersione, ed è caratteristico di questo tipo di onde.

La teoria sviluppata suggerisce di caratterizzare tale fenomeno mediante una funzione detta curva di dispersione, che associa ad ogni frequenza la velocità di propagazione dell’onda. Tale curva è facilmente estraibile dallo spettro del segnale poiché essa approssimativamente posa sui massimi del valore assoluto dello spettro. La curva di dispersione in realtà può non essere così facile da estrarre, questo perché dipende molto dalla pulizia dei dati e da quanto disturbano gli altri segnali presenti nel sismogramma. Ecco perché questa fase in realtà deve essere considerata una interpretazione, e per questo i migliori software di analisi di dati MASW consentono di modificare anche manualmente la curva di dispersione per soddisfare le esigenze dell’utente più esperto. A questo punto la curva di dispersione sperimentale deve essere confrontata con quella relativa ad un modello sintetico che verrà successivamente alterato in base alle differenze riscontrate tra le due curve, fino ad ottenere un modello sintetico a cui è associata una curva di dispersione approssimativamente coincidente con la curva sperimentale. Questa delicata seconda fase di interpretazione è comunemente detta fase di inversione.

La dispersione è una deformazione di un treno d’onde dovuta ad una variazione di propagazione di velocità con la frequenza; le componenti a frequenza minore penetrano più in profondità rispetto a quelle a frequenze maggiori, per un dato modo e presentano normalmente più elevate velocità di fase.

Il calcolo del profilo delle velocità delle onde di superficie, V(fase)/frequenza, può essere convertito nel profilo di Vs/profondità (spessori):

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Velocità media delle onde Vs (m/s) Spessore (m)

114 0,83

105 0,81

126 0,86

151 1,92

195 3,77

186 2,92

218 4,15

315 6,94

285 7,80

Tabella 4: Profilo sismo stratigrafico prova MASW 2014

Velocità media delle onde Vs (m/s) Spessore (m)

110 1,63

108 0,94

140 1,49

215 3,58

180 2,33

205 3,78

340 8,53

295 7,72

Tabella 5: Profilo sismo stratigrafico prova MASW 2012

Le analisi effetuate hanno mostrato una buona correlazione con il quadro generale stratigrafico riscontrato in zona e desunto dai dati delle prove penetrometriche eseguite nell’area di studio. Le indagini Masw eseguite hanno permesso di determinare i seguenti valori di Vs30:

Indagine Profondità Vs30 (m/s)

MASW 2014 (da p.c. a – 30,00 m da p.c.) 217

(da – 1,5 m da p.c. a – 31,5 m da p.c.) 231

MASW 2012 (da p.c. a – 30,00 m da p.c.) 225

(da – 1,0 m da p.c. a – 30,0 m da p.c.) 235

Tabella 6: Valori di Vs30 determinati dalle prove Masw effettuate in sito

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5. MODELLO GEOTECNICO

5.1. ASSETTO STRATIGRAFICO DI DETTAGLIO

Sulla base dei risultati delle prove penetrometriche eseguite nell’area in esame è stato possibile riconoscere la seguente sequenza stratigrafica:

Livello A

Livello superficiale rappresentante il tetto dell’Unità di Modena (AES8a), costituito da argille limose, limi argillosi e argille organiche scarsamente consistenti, al quale può essere attribuito un comportamento coesivo.

Il livello A si estende dal piano campagna sino a 1,8 ÷ 2,6 m dal p.c.

I valori rappresentativi della resistenza alla punta del penetrometro statico sono compresi tra qc = 0,6 - 2,7 MPa.

Figura 13: Intervallo di variabilità dei valori di Rp del livello A

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Il livello A è sensibile alle variazioni d’umidità stagionali e all’azione del gelo e del disgelo, le quali determinano dopo prolungati eventi meteorici fenomeni di plasticizzazione e di rigonfiamento, mentre nei periodi siccitosi fenomeni di contrazione e fessurazione con aumento dell’indice di consistenza.

Livello B

Livello costituito da argille limose e limi argillosi con locali intercalazioni di argille organiche, scarsamente consistenti, al quale può essere attribuito un comportamento coesivo.

Il livello B si estende da 1,8 ÷ 2,6 m dal p.c. a 4,2 ÷ 4,8 m dal p.c. e risulta ben individuato in tutte le prove penetrometriche eseguite.

I valori rappresentativi della resistenza alla punta del penetrometro statico sono compresi tra qc = 1,2 – 3,3 MPa, indicativi di un deposito che presenta modesti valori di resistenza al taglio ed alti indici di compressibilità.

Figura 14: Intervallo di variabilità dei valori di Rp del livello B

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Livello C

Livello costituito da argille limose scarsamente consistenti, al quale può essere attribuito un comportamento coesivo.

Il livello C si estende da 4,2 ÷ 4,8 m dal p.c. a 13,8 ÷ 15,0 m dal p.c. e risulta ben individuato in tutte le prove penetrometriche eseguite.

I valori rappresentativi della resistenza alla punta del penetrometro statico sono compresi tra qc = 1,2 - 4,6 MPa, indicativi di un deposito che presenta valori bassi di resistenza al taglio ed alti indici di compressibilità.

Figura 15: Intervallo di variabilità dei valori di Rp del livello C

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Livello D

Livello costituito da limi argillosi e argille limose mediamente consistenti, al quale può essere attribuito un comportamento coesivo.

Il livello D si estende da 13,8 ÷ 15,0 m dal p.c. a circa 18 m dal p.c. ed è stato individuato solo tramite la prova CPT2 (2018).

I valori rappresentativi della resistenza alla punta del penetrometro statico sono compresi tra qc = 4 – 6,5 MPa, indicativi di un deposito che presenta modesti valori di resistenza al taglio ed alti indici di compressibilità

Figura 16: Intervallo di variabilità dei valori di Rp del livello D

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5.2. DETERMINAZIONE DEI PARAMETRI GEOTECNICI

5.2.1. Peso di volume

Il peso di volume è stato stimato sulla base della litologia dei depositi presenti, considerando i dati provenienti da analisi di laboratorio effettuate a corredo della progettazione di interventi edilizi in aree limitrofe a quella di interesse.

5.2.2. Depositi coesivi

Resistenza al taglio in condizioni non drenate

La resistenza al taglio in condizioni non drenate dei terreni coesivi è stata determinata attraverso i risultati delle prove penetrometriche statiche. E’ infatti possibile determinare per mezzo di correlazioni la resistenza al taglio non drenata Cu in funzione della resistenza alla punta misurata.

La relazione empirica può essere espressa:

Nc Cu qc  

V 0

nella quale qc è la resistenza di punta, vo è la pressione verticale totale alla profondità di prova dovuta al terreno sovrastante, Nc è un fattore di capacità portante dipendente dalle caratteristiche dei depositi e dall’apertura del cono del penetrometro.

Nel caso specifico, noto il comportamento dei terreni in questa zona, Nc è assunto, cautelativamente, pari a 20.

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Figura 17: Distribuzione in profondità dei valori di coesione non drenata Cu

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Modulo di deformazione edometrico

La deformabilità dei terreni limo-argillosi è stata determinata attraverso i risultati delle prove penetrometriche statiche. E’ infatti possibile determinare il modulo di deformazione confinato (Eed) tramite i valori di resistenza alla punta qc, in accordo con la correlazione di Mitchell e Gardner (1975).

La relazione empirica può essere espressa:

qc Eed   

dove i valori di sono riportati nella seguente Tabella 7 in funzione della litologia:

Argille di bassa plasticità (CL)

qc<0.7 MPa 0.7<qc<2 MPa qc>2 MPa

3<<8 2<<5 1<<2.5

Limi di bassa plasticità (ML) qc<2 MPa

qc>2 MPa

1<<3 3<<6

Limi e argille di alta plasticità (MH, CH) qc<2 MPa 2<<6

Limi organici (OL) qc<1.2 MPa 2<<8

Tabella 7: Correlazione di Mitchell e Gardner (1975)

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Figura 18: Distribuzione in profondità del modulo di deformazione edometrica M

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5.3. PARAMETRIZZAZIONE GEOTECNICA

Sulla base dell’interpretazione dei risultati delle prove penetrometriche statiche in foro, tramite le correlazioni semi-empiriche note in letteratura geotecnica, è stato possibile determinare il campo di oscillazione dei parametri geotecnici per i livelli riconosciuti.

Livello A (p.c. sino a 1,8 ÷ 2,6 m dal p.c.)

Argille limose e limi argillosi e argille organiche scarsamente consistenti con locali intercalazioni di limi debolmente sabbiosi, al quale può essere attribuito un comportamento coesivo.

Parametri geotecnici Intervallo di oscillazione

 peso di volume (kN/m3) 18,0 – 18,5

Cu coesione in termini di sforzi totali (KPa) 35 - 80

φu angolo di attrito in termini di sforzi totali (°) 0°

φ’ angolo di attrito in termini di sforzi efficaci (°) 20 – 22

M modulo edometrico (MPa) 2 - 5,5

Livello B (da 1,8 ÷ 2,6 m dal p.c. a 4,2 ÷ 4,8 m dal p.c.)

Argille limose e limi argillosi con locali intercalazioni di argille organiche, scarsamente consistenti al quale può essere attribuito un comportamento coesivo.

Parametri geotecnici Intervallo di oscillazione

 peso di volume (kN/m3) 18,0 – 18,5

Cu coesione in termini di sforzi totali (KPa) 50 - 90

φu angolo di attrito in termini di sforzi totali (°) 0°

φ’ angolo di attrito in termini di sforzi efficaci (°) 20 – 22

M modulo edometrico (MPa) 3 - 7,5

Livello C (4,2 ÷ 4,8 m dal p.c. a 13,8 ÷ 15,0 m dal p.c.)

Argille e limose scarsamente consistenti, al quale può essere attribuito un comportamento coesivo.

Parametri geotecnici Intervallo di oscillazione

 peso di volume (kN/m3) 18,0 – 18,5

Cu coesione in termini di sforzi totali (KPa) 50 - 105

φu angolo di attrito in termini di sforzi totali (°) 0°

φ’ angolo di attrito in termini di sforzi efficaci (°) 21 – 23

M modulo edometrico (MPa) 5 - 9,5

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Livello D (da 13,8 ÷ 15,0 m dal p.c. a circa 18 m dal p.c.)

Limi argillosi e limi debolmente sabbiosi mediamente consistenti, al quale può essere attribuito un comportamento coesivo.

Parametri geotecnici Intervallo di oscillazione

 peso di volume (kN/m3) 18,5 – 19,0

Cu coesione in termini di sforzi totali (KPa) 90 - 130

φu angolo di attrito in termini di sforzi totali (°) 0°

φ’ angolo di attrito in termini di sforzi efficaci (°) 22 – 24

M modulo edometrico (MPa) 7,5 - 11,5

dove:

' = peso di volume;

cu = coesione in termini di sforzi totali;

u = angolo di attrito in termini di sforzi totali;

c’ = coesione in termini di sforzi efficaci;

’ = angolo di attrito di picco in termini di sforzi efficaci;

M = modulo edometrico;

5.4. VALORI CARATTERISTICI DA ADOTTARE NELLE VERIFICHE

Nella progettazione geotecnica la scelta ed il conseguente utilizzo dei parametri di resistenza e caratterizzazione del terreno giocano un ruolo di fondamentale importanza in termini di sicurezza, funzionalità, durabilità e qualità delle opere.

I valori caratteristici sono stati determinati utilizzando la ‘t’ di Student ad n-1 gradi di libertà ed ipotizzando che la media del campione coincida con la media della popolazione, usando la seguente relazione:

dove:

x barrato = valore e medio della popolazione, ipotizzato essere uguale al valore medio del campione t = è il valore della distribuzione di student ad n-1 gradi di libertà con probabilità u = 95% (1-a = 0.95) s = è la deviazione standard del campione

n = il numero di dati.

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Di seguito si riportano i valori caratteristici dei parametri di resistenza al taglio e di deformabilità, da utilizzare per le verifiche necessarie per il miglioramento sismico delle strutture, ricavati secondo la formula sopra descritta:

Livello Litologia Profondità 'k Cuk uk c'k 'k Mk

da m a m kN/m3 KPa ° MPa ° MPa

A AO_AL_LA p.c 1,8 ÷ 2,6 18,0 54 0 0 20 3,7

B AO_AL_LA 1,8 ÷ 2,6 4,2 ÷ 4,8 18,0 71 0 0 20 5,1

C AL 4,2 ÷ 4,8 13,8 ÷ 15,0 18,0 82 0 0 21 6,4

D AL_LA_LdS 13,8 ÷ 15,0 18,0 18,0 92 0 0 22 7,8

Tabella 8: Riepilogo dei valori caratteristici dei parametri di resistenza al taglio e deformabilità caratteristici

dove:

' = peso di volume;

cu = coesione in termini di sforzi totali;

u = angolo di attrito in termini di sforzi totali;

c’ = coesione in termini di sforzi efficaci;

’ = angolo di attrito di picco in termini di sforzi efficaci;

M = modulo edometrico;

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6. VALUTAZIONE AZIONE SISMICA

6.1. CATEGORIA DI SOTTOSUOLO

Le NTC 2018 prevedono che, qualora le condizioni stratigrafiche e le proprietà dei terreni siano chiaramente riconducibili alle categorie definite nella Tab. 3.2.II, ai fini della definizione dell’azione sismica di progetto si può fare riferimento a un approccio semplificato che si basa sulla classificazione del sottosuolo in funzione dei valori della velocità di propagazione delle onde di taglio Vs.

La classificazione del sottosuolo si effettua in base alle condizioni stratigrafiche ed ai valori della velocità equivalente di propagazione delle onde di taglio, Vseq (in m/s), definita dall’espressione:

m s

V Vs h

N

i Si

i

eq

30 /

,

1 ,

) 30

(

con:

hi = spessore dell’i-esimo strato;

Vs,i = velocità delle onde di taglio nell’i-esimo strato;

N = numero di strati;

H = profondità del substrato, definito come quella formazione costituita da roccia o terreno molto rigido, caratterizzata da Vs non inferiore a 800 m/s.

Per depositi con profondità H del substrato superiore a 30 m, la velocità equivalente delle onde di taglio VSeq

è definita dal parametro VS30, ottenuto ponendo H=30 m nella precedente espressione e considerando le proprietà degli strati di terreno fino a tale profondità.

Le prove Masw eseguite all’interno dell’area in oggetto hanno permesso di determinare i seguenti valori di Vs 30:

Indagine Profondità Vs30 (m/s)

MASW 2014 (da p.c. a – 30,00 m da p.c.) 217

(da – 1,5 m da p.c. a – 31,5 m da p.c.) 231

MASW 2012 (da p.c. a – 30,00 m da p.c.) 225

(da – 1,0 m da p.c. a – 30,0 m da p.c.) 235

Tabella 9: Valori di Vs30 determinati dalle prove Masw effettuate in sito

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Il valore della velocità delle onde sismiche di taglio Vs nei primi 30 metri di profondità determinati grazie all’elaborazione delle prove MASW (217 - 235 m/s), permettono di attribuire ai suoli di fondazione delle opere in progetto la Categoria C “Depositi di terreni a grana grossa mediamente addensati o terreni a grana fina mediamente consistenti con profondità del substrato superiori a 30 m, caratterizzati da un miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di velocità equivalente compresi tra 180 m/s e 360 m/s”.

NTC 2018 - Tab. 3.2.II – Categorie di sottosuolo che permettono l’utilizzo dell’approccio semplificato.

Categoria Caratteristiche della superficie topografica

A

Ammassi rocciosi affioranti o terreni molto rigidi caratterizzati da valori di velocità delle onde di taglio superiori a 800 m/s, eventualmente comprendenti in superficie terreni di caratteristiche meccaniche più scadenti con spessore massimo pari a 3 m.

B

Rocce tenere e depositi di terreni a grana grossa molto addensati o terreni a grana fina molto consistenti, caratterizzati da un miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di velocità equivalente compresi tra 360 m/s e 800 m/s.

C

Depositi di terreni a grana grossa mediamente addensati o terreni a grana fina mediamente consistenti con profondità del substrato superiori a 30 m, caratterizzati da un miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di velocità equivalente compresi tra 180 m/s e 360 m/s.

D

Depositi di terreni a grana grossa scarsamente addensati o di terreni a grana fina scarsamente consistenti, con profondità del substrato superiori a 30 m, caratterizzati da un miglioramento delle proprietà meccaniche con la profondità e da valori di velocità equivalente compresi tra 100 e 180 m/s.

E Terreni con caratteristiche e valori di velocità equivalente riconducibili a quelle definite per le categorie C o D, con profondità del substrato non superiore a 30 m.

Tabella 10: Categoria di suolo di fondazione

6.2. AMPLIFICAZIONE TOPOGRAFICA

Per la determinazione dell’azione sismica locale occorre considerare anche il contributo derivante dalla morfologia superficiale Per condizioni topografiche complesse occorre predisporre specifiche analisi di Risposta Sismica Locale; nel caso in cui la topografia non presenti particolare complessità, è possibile adottare la seguente classificazione:

NTC 2018 - Tabella 3.2.III - Categorie topografiche

Categorie Caratteristiche della superficie topografica (anni)

T1 Superficie pianeggiante, pendii e rilievi isolati con inclinazione media i ≤ 15°

T2 Pendii con inclinazione media > 15°

T3 Rilievi con larghezza in cresta molto minore che alla base e inclinazione media 15° ≤ i ≤ 30°

T4 Rilievi con larghezza in cresta molto minore che alla base e inclinazione media i > 30°

Tabella 11: Categorie in base alle caratteristiche toporgrafiche

L’area in esame ricade nella categoria T1.

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6.3. VITA NOMINALE DELL’OPERA

La vita nominale di un’opera strutturale VN è intesa come il numero di anni nel quale la struttura, purché soggetta alla manutenzione ordinaria, deve potere essere usata per lo scopo al quale è destinata La vita nominale dei diversi tipi di opere è quella riportata nella Tab 2.4.I delle NTC 2018 e deve essere precisata nei documenti di progetto.

NTC 2018 - Tabella 2.4.I - Valori minimi della Vita nominale VN di progetto per i diversi tipi di costruzioni

Tipi di costruzione Vita Nominale VN (anni)

1 Costruzioni temporanee e provvisorie 10

2 Costruzioni con livelli di prestazioni ordinari 50

3 Costruzioni con livelli di prestazioni elevati 100

Tabella 12: Parametri per il calcolo della vita nominale da NTC 2018

Le opere in progetto appartengono alla Classe 2 con VN 50 anni.

6.4. CLASSE D’USO

Le costruzioni sono suddivise in quattro classi d’uso, la cui definizione viene di seguito sinteticamente riportata:

 Classe I: Costruzioni con presenza solo occasionale di persone, edifici agricoli.

 Classe II: Costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, senza contenuti pericolosi per l’ambiente e senza funzioni pubbliche e sociali essenziali. Industrie con attività non pericolose per l’ambiente. Ponti, opere infrastrutturali, reti viarie non ricadenti in Classe d’uso III o in Classe d’uso IV, reti ferroviarie la cui interruzione non provochi situazioni di emergenza. Dighe il cui collasso non provochi conseguenze rilevanti.

 Classe III: Costruzioni il cui uso preveda affollamenti significativi. Industrie con attività pericolose per l’ambiente. Reti viarie extraurbane non ricadenti in Classe d’uso IV. Ponti e reti ferroviarie la cui interruzione provochi situazioni di emergenza. Dighe rilevanti per le conseguenze di un loro eventuale collasso.

 Classe IV: Costruzioni con funzioni pubbliche o strategiche importanti, anche con riferimento alla gestione della protezione civile in caso di calamità. Industrie con attività particolarmente pericolose per l’ambiente. Reti viarie di tipo A o B, di cui al DM 5/11/2001, n. 6792, “Norme funzionali e geometriche per la costruzione delle strade”, e di tipo C quando appartenenti ad itinerari di collegamento tra capoluoghi di provincia non altresì serviti da strade di tipo A o B. Ponti e reti ferroviarie di importanza critica per il mantenimento delle vie di comunicazione, particolarmente dopo un evento sismico. Dighe connesse al funzionamento di acquedotti e a impianti di produzione di energia elettrica.

(41)

NTC 2018 - Tabella 2.4.II - Valori del coefficiente d’uso Cu

Classe d’uso I II III IV

Coefficiente Cu 0,7 1,0 1,5 2,0

Tabella 13: Parametri per il calcolo del coefficiente d’uso da NTC 2018

Le opere previste dalla Variante urbanistica appartengono alla Classe II con CU = 1,0

6.5. PERIODO DI RIFERIMENTO

Le azioni sismiche su ciascuna costruzione vengono valutate in relazione ad un periodo di riferimento VR che si ricava, per ciascun tipo di costruzione, moltiplicandone la vita nominale VN per il coefficiente d’uso Cu:

U N

R

V C

V  

In relazione alla destinazione d’uso prevista, per determinare il tempo di ritorno sono stati quindi considerati i seguenti parametri delle opere in progetto quali:

 Tipo di costruzione: “Opere ordinarie, ponti, opere infrastrutturali e dighe di dimensioni contenute o di importanza normale”.

 Classe d’uso II: “Costruzioni il cui uso preveda normali affollamenti, industrie con attività non pericolose per l‘ambiente, ponti e reti viarie la cui interruzione non provochi situazioni di emergenza, dighe il cui collasso non provochi conseguenze rilevanti”.

Da questi due parametri si ottiene il periodo di riferimento della costruzione che è dato da:

50 1 50  

N U

R

V C

V

Le forme spettrali previste dalle NTC sono caratterizzate da prescelte probabilità di superamento e vite di riferimento.

A tal fine occorre fissare:

 la vita di riferimento VR della costruzione;

 le probabilità di superamento nella vita di riferimento PvR associate a ciascuno degli stati limite considerati, per individuare infine, a partire dai dati di pericolosità sismica disponibili, le corrispondenti azioni sismiche.

Fissata la vita di riferimento VR, il tempo di ritorno è desunto dalla seguente espressione:

) 1 ln(

VR

R

R

P

T V

 

Qualora l’attuale pericolosità sismica su reticolo di riferimento non contempli il periodo di ritorno TR

corrispondente alla VR e alla PvR fissate, il valore del generico parametro p (ag,Fo,T*c) ad esso

(42)

corrispondente può essere ricavato per interpolazione, a partire dai dati relativi ai TR previsti nella pericolosità sismica, utilizzando l’espressione seguente:

 

1

1 2 1 1

2

1

log log log

log ) log(

 

 

 

 

 

 

R R R

R

T T T

T p

p p p

nella quale:

 p è il valore del parametro di interesse corrispondente al periodo di ritorno TR desiderato;

 TR1, TR2 sono i periodi di ritorno più prossimi a TR per i quali si dispone dei valori p1 e p2 del generico parametro p

I valori dei parametri ag ,F0, T*c relativi alla pericolosità sismica su reticolo di riferimento nell’intervallo di riferimento sono forniti nelle tabelle riportate nell’Allegato B delle NTC.

Nei confronti delle azioni sismiche gli stati limite, sia di esercizio che ultimi, sono individuati riferendosi alle prestazioni della costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali e gli impianti.

Gli stati limite di esercizio sono:

 Stato Limite di Operatività (SLO): a seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, non deve subire danni ed interruzioni d'uso significativi;

 Stato Limite di Danno (SLD): a seguito del terremoto la costruzione nel suo complesso, includendo gli elementi strutturali, quelli non strutturali, le apparecchiature rilevanti alla sua funzione, subisce danni tali da non mettere a rischio gli utenti e da non compromettere significativamente la capacità di resistenza e di rigidezza nei confronti delle azioni verticali ed orizzontali, mantenendosi immediatamente utilizzabile pur nell’interruzione d’uso di parte delle apparecchiature.

Gli stati limite ultimi sono:

 Stato Limite di salvaguardia della Vita (SLV): a seguito del terremoto la costruzione subisce rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e significativi danni dei componenti strutturali cui si associa una perdita significativa di rigidezza nei confronti delle azioni orizzontali; la costruzione conserva invece una parte della resistenza e rigidezza per azioni verticali e un margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni sismiche orizzontali;

 Stato Limite di prevenzione del Collasso (SLC): a seguito del terremoto la costruzione subisce gravi rotture e crolli dei componenti non strutturali ed impiantistici e danni molto gravi dei componenti strutturali; la costruzione conserva ancora un margine di sicurezza per azioni verticali ed un esiguo margine di sicurezza nei confronti del collasso per azioni orizzontali.

Le probabilità di superamento nel periodo di riferimento PVR, cui riferirsi per individuare l’azione sismica agente in ciascuno degli stati limite considerati, sono riportate nella tabella 3.2.I delle NTC 2018.

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